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In condizioni non patologiche, per mantenere in equilibrio i processi di distruzione e formazione dei componenti della matrice extracellulare, le MMPs sono regolate principalmente da specifici inibitori tissutali, i TIMPs.

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Riassunto

Tutti i tessuti sono organizzati in compartimenti separati uno dall’altro dalla matrice extracellulare (ECM). Tale matrice è costituita da tessuto connettivo in continuità con le membrane basali, mentre quest’ultime sono formate da un fine intreccio di collagene e da specifiche proteine. Tra i vari enzimi coinvolti nella degradazione dell’ECM giocano un ruolo fondamentale le Metallo Proteasi di Matrice (MMPs); delle endopeptidasi zinco dipendenti.

In condizioni non patologiche, per mantenere in equilibrio i processi di distruzione e formazione dei componenti della matrice extracellulare, le MMPs sono regolate principalmente da specifici inibitori tissutali, i TIMPs.

1

Quando tale equilibrio viene a mancare, si può avere lo sviluppo di una grande varietà di patologie tra cui l'infiammazione, le metastasi tumorali, le malattie respiratorie, il danno del miocardio, gli aneurismi e il rimodellamento vascolare, e di conseguenza, l’inibizione delle MMPs, rappresenta un passo importante per la cura di tali malattie.

Argomento del mio lavoro di Tesi è stato lo sviluppo e la sintesi di una nuova serie di derivati arilsolfonici capaci di inibire selettivamente la MMP-12, enzima individuato come target preferenziale nella cura della COPD e di altre malattie infiammatorie.

In particolare mi sono occupata della sintesi di analoghi del composto 1 sviluppato in precedenza dal gruppo del Prof. Rossello,

2

che aveva dimostrato buona attività inibitoria nei confronti della MMP-12, MMP-2 e-13 e una buona selettività verso MMP-1 e MMP-14 nei saggi in vitro sugli enzimi isolati.

1 Murphy G.; Nagase ; H.; Progress in matrix metalloproteinase research, Molecular Aspects of Medicine 2008, 29, 290-308.

2 Rossello, A.; Nuti, E.; Orlandini, E.; Balsamo, A.; Panelli, L.; Inhibitors of zinc proteases thioaryl substituted and their use. PCT WO2008015139.

(2)

Al fine di migliorare l’idrofilia di questa molecola, conservandone tuttavia il profilo di selettività, si è pensato di mantenere la porzione bifenilsolfonica che ben si inseriva nella tasca S

1

’ dell’enzima lipofila e profonda, e di inserire nuovi sostituenti polari al posto del metossile presente in posizione para sull’ultimo anello aromatico. In particolare si è scelto di introdurre sostituenti basici quali il gruppo amminico, dimetilamminico, morfolinico e sostituenti ammidici quali il gruppo acetoammidico e tert-butossicarbammico

Sono stati quindi preparati i composti di formula generale 2 e 3, che sono stati poi testati in vitro sulle principali MMPs mediante saggio spettrofluorimetrico.

Dai dati ottenuti è risultato che il composto migliore della serie era il derivato morfolinico 2c,

l’unico acido idrossammico sintetizzato. Come previsto dai calcoli di docking, questo

composto presentava un’attività paragonabile a quella dell’acido idrossammico 1 ma, rispetto

a questo, aveva una maggiore selettività rispetto alla MMP-1 e alla MMP-9 oltre che una

maggiore idrofilia. 2c presentava infatti una selettività MMP-12/MMP-1 di 2000 volte e una

selettività MMP-12/MMP-9 di 60 volte, mentre l’attività su MMP-2 e MMP-13 era del tutto

paragonabile a quella del composto 1.

(3)

Introduzione

(4)

Gli organismi superiori –come è ampiamente noto- sono esseri pluricellulari. Purtroppo, quando si riporta questa evidenza, molto spesso ci si dimentica che essi possiedono anche una matrice extracellulare (ECM), il cui peso secco è addirittura superiore a quello di tutte le corrispondenti cellule messe insieme.

La matrice extracellulare è un complesso stabile ma dinamico di macromolecole altamente idrofile disposte secondo un’ordinata intelaiatura tridimensionale intorno alla maggior parte delle cellule del nostro organismo. La matrice è una sorta di gel spugnoso nelle cui maglie sono stipate le cellule e comprende una fase acquosa nella quale sono disperse fibre (collagene, fibre reticolari ed elastiche) e macromolecole di natura essenzialmente polisaccaridica (glicosamminoglicani) e proteica (proteoglicani e glicoproteine), che fanno da impalcatura di sostegno a vasi sanguigni, vasi linfatici e fibre nervose

La ECM non svolge solo una funzione strutturale di sostegno, conferendo agli organi forma e consistenza, ma protegge anche le cellule da traumi e consente un flusso incessante di molecole (nutrienti, mediatori chimici, farmaci e sostanze di rifiuto) tra il compartimento ematico e quello cellulare. Essa, inoltre, esercita una profonda influenza sul comportamento cellulare (adesione, diffusione, migrazione).

La degradazione della matrice extracellulare è un processo strettamente correlato allo

sviluppo e al rimodellamento tissutale. Tra le principali famiglie di enzimi capaci di degradare

la matrice extracellulare vi sono le Metalloproteasi di Matrice (MMPs). Un turnover

sbilanciato ed elevato dell’ECM mediato da una eccessiva attività delle MMPs comporta una

degradazione esagerata del collagene e di altri componenti dell’ECM. Questa eccessiva

degradazione spesso risulta coinvolta in numerosi processi patologici, tra cui l’invasione di

cellule tumorali e la formazione di metastasi, la degradazione tessutale propria dei processi

infiammatori di vari organi, alcune patologie polmonari, la sclerosi multipla, alcune patologie

(5)

della cute e disordini cardiovascolari come ad esempio l’aterosclerosi, aneurismi e infarto del

miocardio. Alla luce di questo è facile capire come le MMPs rappresentino un importante

bersaglio per la ricerca farmaceutica già da diversi anni

i

.

(6)

Capitolo 1: Le Metalloproteasi di Matrice

1.1. Classificazione e funzioni.

Le MMPs, dette anche matrixine, fanno parte di una famiglia multigenica di enzimi metallo dipendenti, funzionalmente e strutturalmente correlati, normalmente presenti nella matrice extracellulare. Sono endopeptidasi multidominio zinco dipendenti, che operano una specifica attività proteolitica su gran parte dei costituenti della matrice extracellulare ma anche su proteine non di matrice. Infatti, inizialmente si pensava che la loro funzione fosse solamente correlata al mantenimento dell’omeostasi della matrice extracellulare (ECM) ma in realtà si è scoperto che tali enzimi hanno una funzione molto più ampia che comprende:

 regolazione dello sviluppo cellulare attraverso l’interazione con fattori di crescita e recettori presenti sulla superficie cellulare, ma anche tramite la liberazione di fattori di crescita sequestrati nella ECM;

 blocco dell’angiogenesi tramite la degradazione dell’ECM e la digestione di plasminogeno ad angiostatine e del collagene di tipo XVIII ad endostatine;

 regolazione dell’apoptosi;

 alterazione della motilità cellulare;

 effetti sul sistema immunitario;

 modulazione della bioattività delle chemochine

ii

.

Fino ad oggi sono state descritte almeno 26 MMPs umane che condividono vari domini

proteici e presentano un’elevata omologia strutturale. Esse vengono tradizionalmente

classificate in base al loro specifico substrato biologico in 4 sottofamiglie: Collagenasi,

Gelatinasi, Stromelisine e Metalloproteasi di Membrana (MT-MMPs). Queste ultime, a

(7)

differenza delle altre sottofamiglie, sono ancorate alle membrana plasmatica cellulare. Risulta comunque difficile includere all’interno di queste sottofamiglie alcune MMPs di recente scoperta che vengono quindi classificate, in base alla loro struttura (come ad esempio le Matrilisine) oppure in base al loro meccanismo d’azione (Tab 1.1).

Tab1.1: Classificazione e funzione delle MMPsiii.

(8)

Le Collagenasi -1 -2 e -3 (MMP-1, -8, e -13) presenti nel genere umano degradano tutte il collagene fibrillare ma presentano differente affinità per i vari tipi di collagene: I, II e III. La Collagenasi-1 o MMP-1 o Collagenasi Interstiziale ha maggiore affinità per il collagene di tipo III, la Collagenasi-2 o MMP-8 o Collagenasi Neutrofila ha maggiore affinità per il collagene di tipo I, mentre la Collagenasi-3 o MMP-13 ha come substrato preferito il Collagene di tipo II. La MMP-18 o Collagenasi-4 non è presente nell’uomo. Tutte le Collagenasi svolgono la loro attività proteolitica a livello di un specifico sito dando come sottoprodotti ¾ e ¼ di frammenti di collagene.

Le Gelatinasi comprendono la Gelatinasi A (MMP-2) e la Gelatinasi B (MMP-9) che degradano invece il Collagene di tipo IV presente nelle lamine basali, e sono inoltre in grado di idrolizzare il Collagene di tipo IV, V e XI e altre proteine come la fibronectina, la laminina e l’elastina. La MMP-2 degrada anche il collagene di tipo II e III. Il meccanismo di rottura della tripla elica del collagene prevede innanzitutto il legame del collagene all’enzima, cui segue una tripla attività elicasica che mette a nudo i legami che verranno infine idrolizzati. La capacità di sciogliere la tripla elica del collagene è propria sia delle Collagenasi che delle Gelatinasi. Le Gelatinasi sono inoltre in grado di degradare il collagene denaturato, la gelatina.

Le Stromelisine, Stromelisina-1 (MMP-3) o Proteoglicanasi, Stromelisina-2 (MMP-10),

Stromelisina-3 (MMP-11) non hanno attività elicasica e degradano componenti della matrice

extracellulare come i proteoglicani e proteine quali la laminina e la fibronectina e partecipano

all’attivazione di altre MMPs. Mentre le Stromelisine -1 e -2 sembrano essere funzionalmente

e strutturalmente correlate, non è ancora ben noto il ruolo e il substrato preferito dalla

Stromelisina-3 espressa nel tumore al seno e perchè inattiva gli inibitori della Serina proteasi

(serpine). Questa funzione serpinasica, tipica anche di altre MMPs fa supporre che vi sia un

intreccio tra le cascate enzimatiche delle proteasi a serina e delle metalloproteasi

iv

. La

Stromelisina-3 viene attivata a livello intracellulare ad opera delle furine.

(9)

Le Matrilisine (MMP-7 e MMP-26), a differenza delle altre sottofamiglie di MMPs, sono prive di un dominio C-terminale (dominio emopexinico). La MMP-7, detta anche PUMP-1, espressa a livello delle cellule epiteliali, degrada molti elementi dell’ECM ma anche molecole presenti sulle superfici cellulari. La MMP-26, detta anche Endometasi, è espressa dalle cellule dell’endometrio ed opera su una vasta gamma di substrati tra cui l’elastina, la fibrina e il fibrinogeno. La MMP-26, a differenza delle altre MMPs, è in gran parte accumulata intracellularmente.

Le 6 Metalloproteasi di membrana (MMP -14, -15, -16, -17, -24 e -25) oltre ad idrolizzare

componenti della ECM come i proteoglicani, la gelatina, la fibronectina, intervengono in

prima linea nell’attivazione delle altre metalloproteasi della matrice, infatti, la MMP-2 viene

principalmente attivata grazie al loro intervento. Esse vengono denominate MT-MMPs e

numerate da 1 a 6. La struttura, ancorata alla membrana cellulare, è costituita del dominio

emopexinico. Hanno un inserto di furin-like e sono tutte caratterizzate dall'attivazione

intracellulare del pro-enzima. Le MMPs di membrana (MT-MMPs) comprendono tre classi. Il

primo gruppo delle MT-MMPs è caratterizzato dalla presenza di un dominio transmembrana a

singola catena dalla parte C-terminale ed un piccolo dominio citoplasmatico. A tale gruppo

appartengono le: MT1-MMP, MT2-MMP, MT3-MMP e MT5-MMP. Il secondo gruppo, a cui

appartengono la MT4-MMP e la MT6-MMP, è legato alla membrana citoplasmatica dal

glicosil-fosfatidil-inositolo. Il terzo gruppo manca del dominio emopexinico, è legato alla

membrana citoplasmatica da una àncora segnale dalla parte N-terminale a cui segue un

piccolo peptide citoplasmatico. Inoltre presenta dal lato C-terminale un caratteristico array di

cisteine a cui segue un dominio Ig-like. A tale gruppo appartiene solo la MMP-23 distinta in

MMP-23A ed MMP-23B codificate da 2 geni distinti ma con stessa sequenza aminoacidica

v

,

è espressa prevalentemente nei testicoli, prostata ed ovaie suggerendo uno importante ruolo

nel processo riproduttivo.

(10)

Non fanno parte dei gruppi precedenti 6 matrixine che quindi vengono elencate a parte. Esse sono la Metalloelastasi (MMP-12), che è espressa prevalentemente nei macrofagi, perchè è fondamentale nella migrazione di questi, e degrada l’elastina; la (MMP-19) detta anche RASI (Rheumatoid Arthritis Synovial Infiammation) il cui nome si riferisce al suo ritrovamento nel plasma di pazienti affetti da artrite reumatoide; l’Enamelisina (MMP-20) che digerisce l’amelogenina ed è stata individuata nello smalto dei denti e la (MMP-21) che è stata scoperta di recente nell’uomo e di cui non si conoscono ancora i substrati ma è noto che possiede un’attività gelatinolitica. La (MMP-27) è espressa prevalentemente nei linfociti B e digerisce la gelatina, mentre la (MMP-28) o Epilisina è espressa in vari tessuti come ad esempio: nel polmone, testicoli, placenta, tratto gastrointestinale e a livello cardiaco e viene iperespressa nel tessuto cartilagineo in pazienti affetti da osteoartrite e artrite reumatoide.

1.2. Struttura.

Nonostante la vasta gamma di enzimi appartenenti a questa famiglia di proteasi, ci sono importanti caratteristiche strutturali comuni a tutte le MMPs. Infatti, i membri della famiglia condividono a partire dell’estremità N-terminale un pre-dominio, che funge da peptide segnale per la secrezione, un dominio propeptidico, un dominio catalitico con uno ione Zn catalitico e con un altro ione Zn e due o tre ioni Ca strutturali ed infine un dominio C- terminale detto dominio emopexinico implicato nel riconoscimento del substrato e dei TIMP il quale è presente in tutte le MMPs tranne che nelle Matrilisine (Fig1.1 ).

Figura 1.1: Domini peptidici delle MMPsvi.

(11)

Le Metalloprotaesi di Membrana presentano nell’estremità C-terminale un dominio transmembranale addizionale responsabile del loro ancoraggio alla superficie cellulare e in alcune MT-MMPs anche un dominio citosolico.

Le matrixine sono sintetizzati sotto forma di pre-proenzimi. All’estremità N-terminale hanno

un peptide segnale o pre-dominio di 17-29 amminoacidi che dirige l’enzima nel reticolo

endoplasmatico e che poi verrà rimosso per dare luogo al corrispondente proenzima ovvero

proMMP. Infatti, le MMPs vengono normalmente secrete in forma inattiva sotto forma di

zimogeni e richiedono, quindi, attivazione tramite la rimozione di un pro-dominio N-

terminale contenente circa 80 residui amminoacidici. Questa latenza è dovuta alla presenza a

livello del propeptide di un residuo di cisteina in una sequenza PRCxxPD altamente

conservata presente in tutte le MMPs tranne che nella MMP-23, dove la sequenza è

modificata. La cisteina, tramite il suo gruppo tiolico, si trova a coordinare lo ione di zinco(II)

catalitico insieme ad altre tre istidine del sito attivo bloccando ulteriori interazioni con lo ione

Zn. La rimozione del propeptide, ad opera di altre proteasi, fa venire meno l’interazione Zn-

cisteina ed il gruppo tiolico viene sostituito da una molecola di H

2

O rendendo lo Zn

disponibile ad interagire con il legame peptidico di suoi substrati; per tale motivo, il

meccanismo d’attivazione delle MMPs viene chiamato “cysteine switch mechanism” (Fig

1.2). La rimozione della sequenza propeptidica non è un requisito necessario per l’attivazione

delle MMPs, infatti perché si abbia l’attivazione occorre solamente disturbare l’interazione

Zn-tiolo. Questo può avvenire grazie alla presenza di agenti chimici quali: agenti ossidanti,

detergenti, gruppi organo-mercurici ed ureici che provocano cambiamenti conformazionali e

facilitano l’ingresso della molecola di H

2

O

vii

. La proteolisi del Pro-dominio può avvenire a

livello intracellulare come nel caso delle MT-MMPs, infatti, quest’ultime sono caratterizzate

dalla presenza in questo dominio di un motivo che riconosce la furina e perciò sono

idrolizzate a livello dell’apparato del Golgi da una “furina-like” convertasi. Le MMP-23A e

MMP-23B includono un segmento transmembranale in questo dominio.

(12)

Figura 1.2: Meccanismo d’attivazione delle MMPsviii.

La porzione di proteina contenente l’atomo di Zn rappresenta il sito attivo delle MMPs ovvero

il dominio catalitico. Tale dominio è di solito il “target” di tutti gli inibitori sintetici che, per

questo motivo, contengono di solito un gruppo capace di chelare lo Zn. Esso è costituito da

circa 170 residui amminoacidici ed ha forma sferica caratterizzata da 5 foglietti β che

contengono 2 filamenti paralleli e uno antiparallelo, tre α-eliche e loops di collegamento

(Fig1.3).

(13)

Figura 1.3: Struttura terziaria del dominio catalitico delle MMPs. Gli atomi di Ca sono rappresentati con sfere grigie e quelli di Zn con sfere bluix.

L’atomo di Zn contenuto a livello di una sequenza conservata (HExGHxxGxxH) è coordinato da 3 istidine ed una molecola di H

2

O; in più è presente un residuo di acido glutammico, necessario per l’attività proteasica. Il dominio catalitico possiede un ulteriore ione zinco strutturale e 2 o 3 ioni calcio che servono a stabilizzare la struttura tridimensionale dell’enzima. Le Gelatinasi (MMP -2 e -9) hanno 3 domini fibronectina–tipo II inseriti nel dominio catalitico, formati ciascuno da 2 foglietti β antiparalleli ed una α-elica corta. Queste ripetizioni servono per l’interazione con il collagene e la gelatina. Nel loop di collegamento si trova un residuo di metionina che forma una struttura particolare denominata Met-turn e funge da supporto per la struttura dello Zn.

Il sito catalitico delle MMPs è dotato di alcuni sottositi dove il substrato si inserisce a seconda

delle caratteristiche chimico fisiche, pronto per essere scisso (Fig. 1.4). Questi sottodomini

vengono indicati come S1, S2, S3, S1’, S2’, S3’ mentre vengono chiamati rispettivamente P1,

P2, P3, P1’, P2’, P3’ le porzioni del peptide che interagiscono con i sottositi.

(14)

Figura 1.4: Rappresentazione del dominio catalitico delle MMPs. Le 6 tasche del sito di legame-MMP sono rappresentate come modelli di riempimento spazialex.

I sottodomini S1 e S3 formano una regione poco profonda che da un lato confina con il IV β strand. S3 accoglie bene una prolina, ma generalmente le differenze tra i membri delle MMPs in S1 e S3 sono sottili. Ben più selettiva è la porzione S1’: l’analisi cristallografica ha infatti dimostrato che questa tasca costituisce un elemento discriminante tra gli enzimi, perchè è selettivo il legame che instaura con P1’. S1’ viene infatti chiamata specific loop perchè vi si legano rigorosamente solo i peptidi o gli inibitori che ne rispettano le caratteristiche chimiche.

Inoltre essa è flessibile e si adatta bene al substrato che vi si introduce. Generalmente è una tasca profonda, quasi una sorta di tunnel che attraversa la proteina e va ad accogliere la catena laterale di un residuo del substrato che poi andrà a formare la nuova estremità N-terminale dopo la rottura del legame peptidico. La tasca S1’ di tipo profondo è caratteristica delle MMP-2, MMP-9, MMP-8 e MMP-13, fanno eccezione la MMP-1, MMP-7, e la MMP-11 dove la tasca è occlusa rispettivamente da un’arginina, da una tirosina e da una glutammina.

La regione S2’ è esposta al solvente e lega preferibilmente porzioni P2’ idrofobiche, mentre

S3’ è ancora poco nota nelle MMPs (Fig 1.5).

(15)

Figura1.5: Sito catalitico della MMP-2xi.

Un dominio linker detto “hinge region”, flessibile e ricco di residui di prolina, connette il

dominio catalitico al dominio C-terminale ovvero dominio emopexinico che deve il suo nome

alla sua omologia con l’emopexina, una proteina plasmatica. Le MMP-12 e -23 non

presentano la regione hinge. Il dominio emopexinico ha la forma di un cilindro ed è costituito

da quattro moduli di emopexina ognuno dei quali forma una lamina del foglietto β a 4

filamenti antiparalleli. I quattro moduli disponendosi a cuneo formano un poro che contiene

generalmente uno ione Ca(II) e uno ione cloruro. E’ presente un legame solfidrico tra il I e il

IV modulo. Tale dominio è molto importante per determinare la specificità verso un

determinato substrato, inoltre, gioca un ruolo importante nell’attivazione della proMMP-2 e

nella dimerizzazione della MT1-MMP e MMP-9

xii

. Il dominio emopexinico è mancante nelle

Matrilisine, mentre le MT-MMPs hanno un ulteriore segmento che le ancora ad un α-elica

transmembranale e in alcune MT-MMPs anche un dominio citosolico.

(16)

1.3. Meccanismo d’azione.

Il meccanismo d’azione delle MMPs è stato determinato in base a studi strutturali. Il carbonile ammidico di un polipeptide si inserisce nel sito attivo formando un’interazione elettronica con lo ione Zn catalitico e in seguito subisce l’attacco di una molecola d’ H

2

O. Il residuo di glutammato adiacente al primo residuo di istidina è essenziale per la catalisi; esso funge da base che strappa un protone dalla molecola di H

2

O facilitando l’attacco nucleofilo dell’H

2

O sul carbonio carbossilico del legame peptidico. Quindi, si forma un intermedio tetraedrico tra il carbonio carbossilico e l‘azoto ammidico, stabilizzato dalla formazione di un legame a idrogeno con il backbone di un residuo di alanina. L’azoto accetta il protone dell’H

2

O che gli viene trasferito da parte del glutammato. A questo, segue l’idrolisi del legame peptidico (Fig 1.6).

Figura 1.6 : Meccanismo della proteolisi mediata dalle MMPs.

In generale, le MMPs idrolizzano legami peptidici lì dove sono presenti residui

amminoacidici con catena laterale idrofobica (ad es.: leucina, isoleucina, metionina,

fenilalanina o tirosina. Questa catena laterale si va a posizionare nel sottosito S1’ la quale

forma e dimensione varianei vari sottotipi di MMPs.

(17)

1.4. Regolazione delle MMPs.

La degradazione e la sintesi dei componenti della ECM devono essere necessariamente in mutuo equilibrio. La maggior parte delle MMPs non sono costitutivamente espresse, ma la loro espressione è indotta in risposta a stimoli specifici che comprendono fattori di crescita, ormoni, citochine infiammatorie, interazioni cellula-matrice o cellula-cellula e trasformazioni cellulari. La loro attività enzimatica è invece controllata dall’attivazione dello zimogeno (proMMP) e dall’inibizione dell’enzima attivo mediante inibitori endogeni.

Figura 1.7:Inibitori tissutali delle MMPs nell’ambiente pericellularexiii.

In vivo, le matrixine sembrano essere attivate da proteasi tissutali o del plasma e tra queste, la plasmina sembra avere un ruolo chiave nell’attivazione delle Collagenasi e delle Stromelisine.

Inoltre, gli stessi membri della famiglia delle metalloproteasi sono in grado di attivarsi l’un

l’altro. Le proMMPs vengono attivate a livello dell’ECM dopo la loro secrezione, ma alcune

MMPs, come nel caso delle MMP-11, -28 e tutte le MT-MMP, sono attivate a livello

(18)

intracellulare ad opera delle furine. Infatti, queste MMPs possiedono a livello dell’estremità C-terminale del loro propeptide una sequenza di riconoscimento per la furina: KX(R/K)R.

In tutti i casi, l’attivazione richiede la distruzione dell’interazione cisteina-Zn e la rimozione del propeptide.

L’attività proteolitica delle MMPs è controllata, infine, dalla presenza di inibitori endogeni. I più importanti tra questi sono gli inibitori non specifici α2-macroglobuline simili e gli inibitori specifici delle MMP: i TIMPs (Tissue Inhibitors of Metallo Proteinases).

L’α2-macroglobulina umana è una glicoproteina plasmatica tetramerica presente in gran quantità in tutti i distretti dell’organismo che comprende 4 subunità proteiche identiche, ciascuna del peso di 180kDa. Essa riesce ad inibire la maggior parte delle proteasi ed agisce inglobandole all’interno della sua struttura. Il complesso α2-macroglobulina-proteasi, così formato, viene rapidamente riconosciuto da un recettore specifico (LDL receptor-related protein-1) e riassorbito per endocitosi.

Gli inibitori tissutali endogeni delle matrixine, i TIMPs, sono una famiglia di proteine capaci di inibire l’attività delle MMPs attraverso legami non covalenti diretti verso forme attive o pre-attive di MMPs in rapporto stechiometrico. Esiste un equilibrio fine tra la concentrazione di MMP attiva e quella del suo inibitore TIMP. Uno sbilanciamento di questo equilibrio a favore dei TIMPs comporterebbe un effetto stabilizzante nei riguardi dell’omeostasi dell’ECM e quando tale equilibrio viene a mancare, si può avere lo sviluppo di una grande varietà di patologie. Come quella delle matrixine, anche l’espressione dei TIMPs è controllata durante il rimodellamento tissutale.

Ad oggi si conoscono 4 sottotipi di TIMPs: TIMP-1, -2 -3 e -4. Sono polipeptidi con 2 domini

distinti, un dominio N-terminale formato da 125 residui amminoacidici, e un piccolo dominio

C-terminale formato da 65 residui amminoacidici.

xiv

Ciascuno dei 2 domini presenta 3 ponti

disolfuro conservati, che aiutano a stabilizzare la struttura tridimensionale del peptide (Fig

1.7).

(19)

Figura 1.8: Rappresentazione a nastro del TIMP-2. I ponti disolfuro sono rappresentati in giallo xv

TIMP-1 e TIMP-3 sono delle glicoproteine mentre TIMP-2 e TIMP-4 non contengono carboidrati. I TIMPs sono in grado di inibire tutti i sottotipi di MMPs ma anche altre Metallo Proteasi come le ADAMs. L’estremità N-terminale è responsabile della funzione inibitoria e comprende 2 sequenze amminoacidiche: Cys1-Thr-Cys-Val4 e Glu67-Ser-Val-Cys70 connesse tramite un ponte disolfuro. Le due sequenze si introducono nel sito attivo della MMP e mediante il gruppo amminico terminale e il carbonile della Cys 1, allontanano la molecola d’acqua e chelano in maniera bidentata lo zinco catalitico. L’estremità C-terminale invece lega preferibilmente le pro-MMPs.

Figura 1.9: Rappresentazione 3D del TIMP-1 (in rosso) inserito nel dominio catalitico della MMP-3 (in blu).

L’atomo di Zn è rappresentato con una sfera rosa e i ponti disolfuro in giallo.

(20)

Il TIMP-1 è un inibitore mediocre delle MT1-MMP, MT3-MMP, MT5-MMP e MMP-19 ed inibisce preferenzialmente l’attività della Collagenasi-1, mentre il TIMP-2 è capace di inibire tutte le metalloproteasi, in particolare è un forte inibitore della Gelatinasi A e B (per la Gelatinasi A è un attivatore quando presente a basse concentrazioni ed un inibitore alle alte concentrazioni). Sia l’espressione del TIMP-1 che del TIMP-2 può essere indotta in varie linee cellulari e tessuti in risposta a fattori di crescita e alle citochine. L’espressione del TIMP-2 è largamente costitutiva.

Diversamente dagli altri membri della famiglia dei TIMPs, il TIMP-3 si trova legato alla superficie cellulare, ed ha la capacità di inibire l’enzima convertente il TNF-α (TACE), la Collagenasi-1, le Gelatinasi A e B e la Stromelisina-1 tanto efficientemente quanto il TIMP-1.

Il quarto inibitore tissutale delle MMPs è un potente inibitore della Matrilisina e della Gelatinasi A similmente al TIMP-2, ma anche della Collagenasi-1 e della Stromelisina-1. Il TIMP-4 è espresso nel tessuto cardiaco dell’adulto, nel rene, nella placenta, nel colon e nei testicoli.

Sebbene la funzione fisiologica meglio conosciuta dei TIMPs sia la loro capacità di regolare la proteolisi della ECM mediata dalle MMPs, recentemente sono state riconosciute altre importanti funzioni attribuite ai TIMPs. Infatti, TIMP-1 e TIMP-2 hanno attività eritroide potenziante, sono inoltre capaci di stimolare la crescita di vari tipi di cellule compresi cheratinociti e fibroblasti.

1.5. Inibitori sintetici delle MMPs.

Una sbilanciata attività delle MMPs si può tradurre in numerose patologie gravi a carico del

sistema nervoso centrale e periferico, dell’apparato gastrointestinale e dell’apparato muscolo-

scheletrico. Per questo, lo sviluppo di inibitori sintetici delle MMPs efficaci e selettivi

potrebbe rappresentare la soluzione a tali patologie, ed è proprio per questo motivo che, negli

(21)

ultimi 20 anni, numerose industrie farmaceutiche hanno rivolto il loro interesse verso tale settore

xvi

.

Lo sviluppo degli inibitori sintetici delle MMPs si è basato inizialmente sullo studio delle sequenze peptidiche riconosciute da tali enzimi (approccio substrate-based) generando dei composti peptidomimetici. Più recentemente sono stati sintetizzati anche inibitori non peptidici, grazie all’ottenimento di informazioni strutturali dettagliate dai complessi enzima- inibitore cristallizzati ed analizzati con la cristallografia a raggi X e con tecniche di NMR multidimensionale. Una molecola, per essere un efficace inibitore delle MMPs, deve presentare almeno 3 requisiti:

i. un gruppo funzionale capace di chelare lo zinco catalitico (es. idrossamato, carbossilato, tiolato, fosfinato). A questi gruppi funzionali viene attribuita la sigla ZBG (zinc binding group);

ii. almeno un gruppo funzionale in grado di stabilire un legame a idrogeno con il backbone dell’enzima;

iii. una o più catene laterali capaci di stabilire interazioni Wan der Waals con i sottositi del dominio catalitico dell’enzima

xvii

.

Paragonando inibitori aventi ZBG diversi ma con il resto della struttura uguale, emerse che

l’attività inibitoria calava nell’ordine idrossamato > fosfinato > carbossilato. Il gruppo

idrossamato agisce come un chelante bidentato, con ciascun atomo di ossigeno ad una

distanza ottimale (1.9-2-3 A) dallo zinco catalitico; la posizione dell’azoto suggerisce che sia

protonato e che formi un legame a idrogeno con un ossigeno carbonilico dello scheletro

dell’enzima (Fig 1.10).

(22)

Fig 1.10: Interazione dell’idrossamato con la tasca catalitica delle MMPs.

La maggior parte degli inibitori delle MMPs sintetizzati appartengono alla categoria degli idrossamati dato che composti contenenti un gruppo idrossamato sono gli inibitori più potenti.

Essi, comunque, presentano gli inconvenienti di una rapida escrezione per via biliare e della suscettibilità all’idrolisi al corrispondente acido carbossilico in vivo. Un altro problema consiste nella tossicità associata agli idrossamati dovuta alla degradazione metabolica ad idrossilammina. Tuttavia, la sostituzione del gruppo idrossamato con altri gruppi, come tiolo e fosfinato, conduce a composti con gli stessi problemi farmacocinetici. Anche il carbossilato agisce come un chelante bidentato; esso presenta un’affinità di legame per l’enzima significativamente ridotta ma dà luogo a composti meno tossici

xviii

.

Esempi di inibitori interessanti delle MMPs comprendono gli idrossamati: marimastat, RO-

32-3555, AG-3340 e BAY 12-9566 (Fig 1.11). Il marimastat è un inibitore ad ampio spettro,

attualmente in fase III dello sviluppo clinico.

(23)

Figura 1.11: Inibitori delle MMPs ad ampio spettroxix.

Dati i risultati insoddisfacenti ottenuti in campo clinico dalle terapie che facevano uso di

inibitori a largo spettro (attivi su un numero elevato di enzimi), attualmente la ricerca si è

rivolta alla progettazione e sintesi di composti selettivi.

(24)

Capitolo 2: La MMP-12

2.1. Espressione e funzioni.

La MMP-12 o Metalloelastasi, una proteasi zinco-dipendente che viene secreta come pro- enzima di 54 kDa, è conosciuta per essere espressa nei macrofagi. Essa svolge un ruolo fondamentale nei processi di migrazione dei monociti e dei macrofagi attraverso le membrane basali digerendo appunto l’elastina e numerose altre proteine della membrana basale come il collagene di tipo IV, la fibronectina, la laminina, l’entactina, e proteoglicani, ma può idrolizzare anche proteine non di matrice come l’inibitore della serin α-1 proteinasi del plasma, il plasminogeno, per formare l’angiostatina. In particolar modo, la MMP-12 è coinvolta nella degradazione dell’elastina a livello della parete degli alveoli polmonari. Infatti, è stato osservato, che una sua iperespressione è collegata a numerose patologie come l’enfisema polmonare e la malattia polmonare cronica ostruttiva (chronic obstructive pulmonary disease COPD). Topi privati del gene codificante per MMP-12 non sviluppano

enfisema in risposta all’esposizione a fumo di sigarette, dimostrando il ruolo della proteina in questa infiammazione cronica.

E’ stato stimato che solo negli USA 16 milioni di persone sono affette da COPD, la quale nei prossimi 50 anni sarà responsabile della morte di milioni di persone nel mondo; per cui, lo sviluppo di inibitori selettivi per la MMP-12 ha un enorme potenziale terapeutico.

2.2. Inibitori sintetici della MMP-12.

Il dominio catalitico della MMP-12, come nel caso delle altre MMPs, ha forma globulare e

comprende, oltre allo ione zinco catalitico e lo ione zinco strutturale, 3 ioni calcio con

differente affinità per l’enzima che contribuiscono a stabilizzare la conformazione attiva del

(25)

sito catalitico irrigidendo i loop di connessione

xx

. In particolar modo, la tasca S1’ del domino catalitico della MMP-12 è un lungo canale idrofobo aperto al solvente.

Fig 2.1: Ilomastat

L’ottenimento della struttura a raggi X dell’enzima cristallizzato ha permesso di ottenere

inibitori sintetici potenti nei confronti della MMP-12 come l’ilomastat con IC

50

=1nM (Fig

2.1), ma studi clinici hanno dimostrato la mancanza di specificità d’azione che si traduceva

nella comparsa di effetti collaterali non accettabili, quali infiammazione articolare e dolori

muscolo-scheletrici, attribuiti all’interazione di tali inibitori con altri sottotipi di MMPs. Da

tali studi si evince, dunque, che per aumentare la selettività ed evitare gli effetti indesiderati

associati all’utilizzo di inibitori ad ampio spettro, è necessario che il design di nuovi inibitori

si basi sull’utilizzo di strutture contenenti un debole gruppo chelante lo zinco e specifici

gruppi (P1’) che interagiscono con la sottotasca S1’, ossia la regione del sito attivo con

minore omologia strutturale tra le varie MMPs

xxi

(Tab 2.1).

(26)

Tab 2.1: Variabilità nella composizione aminoacidica a livello del dominio catalitico di alcune MMPs.

Per ottenere inibitori altamente selettivi della MMP-12, il gruppo di Devel et al

xxii.

ha preparato una libreria di peptidi fosfinici con la formula generale p-Br-Ph-(PO2-CH2)-Xaa’- Yaa’-Zaa’-NH

2

. I peptidi fosfinici sono capaci di mimare lo stato di transizione del substrato dell’enzima svolgendo una potente azione inibitoria verso varie zinco-proteasi. Per indirizzare tale attività verso la MMP-12, i peptidi preparati presentavano un sostituente R che si inseriva nella sottotasca S1’ del dominio catalitico della MMP-12 e due residui amminoacidi P1’ e P2’

che interagivano rispettivamente con le sottotasche S2’ e S3’ (Fig 2.2). In particolare, il sostituente R presentava un anello isossazolico che serve ad orientare la porzione P1’ nella giusta posizione. Tale libreria è stata testata su 10 MMPs e varie zinco proteasi.

Figura 2 2: Libreria di peptidi fosfinici con la formula generale p-Br-Ph-(PO2-CH2)-Xaa’-Yaa’-Zaa’-NH2

(27)

Ruolo della porzione P1’:

Tali composti avevano attività modesta nei confronti delle MMP -1 e -7. Questo era probabilmente dovuto alle ridotte dimensioni della sottotasca S1’ in tali enzimi incapace di accogliere una lunga ed ingombrante catena. Per quanto riguarda l’attività inibitoria verso la MMP-12, gli inibitori con sostituente R

3

erano più potenti, mentre quelli con sostituente R

2

erano più selettivi.

Ruolo della porzione P2’:

La presenza in questa posizione di un residuo aminoacidico aromatico abbassava la selettività verso la MMP-12, mentre la presenza di una prolina aumentava la selettività e diminuiva la potenza dell’inibitore. La maggior selettività si manifesta con la presenza di un glutammato nella porzione P2’.

Ruolo della porzione P3’:

Confrontando vari inibitori che presentavano nella porzione P1’ la catena R

2,

nella porzione P2’ un residuo di glutammato e nella porzione P3’ vari residui aminoacidici tra cui asparagina, glutammina, aspartato e glutammato, quello sostituito con glutammato (composto 2) mostrava la maggiore selettività verso la MMP-12 mentre la sostituzione con residui

aminoacidici basici diminuiva marcatamente la selettività. L’inibitore contenente R

3

nella posizione P1’ e 2 residui di glutammato nelle posizioni P2’ e P3’ (composto 1) mostrava la stessa selettività del composto 2 ma una potenza maggiore (Tab 2.2).

Tabella 2.2: Valori dei Ki dei composti 1 e 2 verso varie MMPs.

(28)

Attraverso uno studio di Molecular Modeling, si è visto che nel composto 1 il residuo di glutammato in posizione P2’ si inseriva nella sottotasca S2’ in prossimità di un residuo di treonina (Thr239). Ad eccezione delle MMP -1 e -7, le MMPs possiedono in tale posizione residui aminoacidici idrofobici. Inoltre il residuo di glutammato in posizione P3’ si inseriva nella sottotasca S3’ per trovarsi vicino ad un residuo di lisina (Lys177); la maggior parte delle MMPs presentano in tale posizione un residuo di prolina. Dunque, la selettività del composto 1 potrebbe essere dovuta all’interazione diretta del glutammato con tali residui nella MMP-12,

oppure alla presenza in queste posizioni di residui idrofobi nelle altre MMPs che costituiscono un ambiente sfavorevole per la catena laterale del glutammato.

Questi studi dimostravano che le dimensioni e la struttura della porzione P1’ contribuiscono significativamente alla potenza e selettività dell’inibitore verso la MMP-12, ma sono altrettanto importanti per la selettività le porzioni P2’ e P3’ dell’inibitore.

3

Il composto 3 (acido (S)-2-(8-(methoxycarbonylamino)dibenzo[b,d]furan-3-sulfonamido)-3-

methylbutanoico), sintetizzato dal gruppo Mansour et al

xxiii

, mostrava in vitro un’elevata

potenza e selettività verso la MMP-12 e, testato su un modello di topo affetto da

infiammazione polmonare MMP-12 indotta, dimostrava essere efficace anche in vivo

mantenendo un buon profilo di selettività verso le MMPs (Tab 2.3).

(29)

Tab 2.3: Profilo di attività e selettività del composto 3.

Il carbossilato si comportava da ZBG, mentre la porzione bifenilica si ineriva nella tasca S1’

del sito attivo. L’anello furanico si trovava a contatto con il solvente. La sostituzione in posizione 8 dell’anello fenilico con un carbammato e la presenza di un angolo diedro di 30°

tra i due fenili rappresentavano dei fattori importanti per quanto riguarda la selettività dell’inibitore date le grandi dimensioni della tasca S1’ della MMP-12.

Mediante vari studi di metabolismo in vitro, si era visto che il carbammato 3 risultava possedere un t

1/2

> 60min e attualmente, esso è in fase preclinica di sviluppo.

Esistono anche degli inibitori delle MMPs non zinco chelanti, i cosiddetti “exosite-binders”.

Sono inibitori allosterici non competitivi che non presentano un ZBG.

4

Un studio effettuato da Dublanchet et al

xxiv

, descriveva una nuova classe di inibitori della

MMP-12 capaci di inibire l’attività proteolitica dell’enzima senza interagire con lo zinco

catalitico, ma legando siti distanti da quello attivo. Il legame dell’inibitore con l’enzima

provocava un cambiamento della conformazione dell’enzima con conseguente riduzione del

(30)

potere catalitico. La cristallografia a raggi X mostrava un’interazione di tipo idrofobico di tali inibitori con i residui aminoacidici presenti nella tasca S1’ della MMP-12 (Fig 2.3). Il composto 4 rappresenta il lead di questa classe di inibitori e manifesta un potere inibitorio a concentrazioni micromolari.

Figura 2.3: Struttura a raggi X del dominio catalitico della MMP-12 complessato con il composto 4. Le regioni idrofobiche sono colorate in marrone, mentre quelle polari sono in blu.

Gli inibitori delle MMPs non zinco-chelanti rappresentano, pertanto, un ulteriore approccio

promettente verso il raggiungimento della selettività, visto che i siti allosterici non sono

condivisi da molte MMPs.

(31)

Parte sperimentale

(32)

Capitolo 3:Introduzione alla parte sperimentale

3.1. Progettazione, sintesi e risultati biologici.

La MMP-12 (o metalloelastasi dei macrofagi) è un enzima appartenente alla famiglia delle Metalloproteasi della matrice extracellulare (MMPs), delle zinco-endopeptidasi responsabili del rimodellamento della matrice extracellulare, coinvolte nella morfogenesi degli organi, nello sviluppo embrionale, nel rimodellamento osseo, nella rimarginazione delle ferite e nell’angiogenesi. Nei tessuti adulti la MMP-12 viene principalmente prodotta dai macrofagi e sembra essere coinvolta nelle malattie infiammatorie acute e croniche dei polmoni associate ad un intenso rimodellamento delle vie aeree.

xxv

Infatti la MMP-12 è capace di degradare diversi substrati, tra i quali anche l’elastina che è il principale costituente delle pareti degli alveoli polmonari. Studi recenti

xxvi

hanno dimostrato la presenza di alti livelli di MMP-12 nei tessuti polmonari dei malati di COPD (malattia polmonare cronica ostruttiva), una malattia in rapida crescita nel mondo che è caratterizzata da uno stato di infiammazione cronica del tessuto polmonare. La conseguenza a lungo termine è un vero e proprio rimodellamento dei bronchi, che provoca una riduzione consistente della capacità respiratoria. I farmaci attualmente usati in terapia sono i broncodilatatori (quali i β

2

agonisti o gli anticolinergici), che però rappresentano solo un trattamento sintomatico e non rallentano il progredire della patologia.

Inoltre è stato dimostrato

xxvii

che topi MMP-12 knockout sono resistenti all’enfisema dopo esposizione cronica al fumo di sigaretta.

Questi dati suggeriscono che la MMP-12 giochi un ruolo importante nella distruzione del

tessuto polmonare e possa quindi essere considerata un target interessante per lo sviluppo di

(33)

inibitori selettivi da essere usati in terapia per la COPD e per altre malattie infiammatorie. A riprova di questo, recentemente è stato descritto in letteratura un inibitore selettivo della MMP-12, AS111793

1

(Figura 1), capace di prevenire l’infiammazione indotta da esposizione al fumo di sigaretta nel topo.

NH

HN O

HO

OH O

N O N

S

AS111793

Figura 1.1

Sfortunatamente fino ad oggi solo pochi inibitori delle MMPs hanno raggiunto lo sviluppo clinico e nessuno è ancora entrato in commercio. Questo perché molti inibitori delle MMPs a largo spettro testati sui tumori o l’osteoartrite hanno mostrato di provocare effetti collaterali quali dolore e rigidità articolare noti come “sindrome muscolo scheletrica” (MSS) e sebbene questi effetti siano reversibili dopo la sospensione della cura, hanno gravemente ostacolato i trials clinici

xxviii

. Anche se in passato l’inibizione di enzimi come la MMP-1 e MMP-14 era stato ritenuto responsabile di questi effetti collaterali, la causa effettiva di questa patologia non è ancora chiara. Per questo attualmente la ricerca si è orientata verso lo sviluppo di inibitori selettivi delle MMPs target nelle varie malattie al fine di ridurre la probabilità di insorgenza di questa sindrome durante la terapia.

Quasi tutti gli inibitori delle MMPs (MMPI) sono costituiti da un gruppo chelante capace di

legare lo ione zinco catalitico (detto Zinc Binding Group o ZBG) e porzioni idrofobiche P1,

P1’e P2’ che vanno ad interagire con siti di riconoscimento dell’enzima S1, S1’, S2’ (Figura

2).

(34)

Figura 2. Comune farmacoforo per MMPI sintetici.

Di particolare importanza è la tasca idrofobica S1’, detta anche “tasca di selettività”, perché ha dimensioni e forme diverse nelle varie MMPs e può quindi essere sfruttata per modulare la selettività degli inibitori nei confronti dei vari enzimi. Questa tasca ha dimensioni ridotte nella MMP-1, MMP-7 e MMP-11, mentre è un canale largo e profondo nella MMP-2, MMP-13, MMP-9 e MMP-8 (detti perciò “enzimi a tasca profonda”). Tra gli ZBG, il gruppo idrossammato è risultato spesso il più usato per la sua alta affinità per lo ione zinco, riscontrata nell’elevata potenza degli inibitori che lo possiedono. Questi composti si comportano come inibitori competitivi poiché il ligando compete con il substrato naturale per il legame con lo zinco nel sito catalitico dell’enzima.

Nel gruppo di ricerca nel quale ho svolto la mia Tesi di laurea vengono da tempo studiati gli

inibitori delle MMPs quali potenziali agenti antitumorali o antiinfiammatori. Argomento del

mio lavoro di Tesi è stato lo sviluppo e la sintesi di una nuova serie di derivati arilsolfonici

capaci di inibire selettivamente la MMP-12 quali potenziali agenti terapeutici nella cura della

COPD e di altre malattie infiammatorie, quali l’enfisema e l’artrite reumatoide. In particolare

mi sono occupata della sintesi di analoghi del composto 1 (Figura 3), sviluppato in

precedenza dal gruppo del Prof. Rossello, che aveva dimostrato buona attività inibitoria nei

(35)

confronti della MMP-12, MMP-2 e-13 e una buona selettività verso MMP-1 e MMP-14 nei saggi in vitro sugli enzimi isolati (Tabella 1).

SO2

O

NH O

OH

1

Figura 3.

Tabella 1.

La MMP-12 è una proteasi zinco-dipendente che viene secreta come pro-enzima di 54 kDa e poi si attiva autocataliticamente. Recentemente, è stata risolta la struttura cristallina del dominio catalitico della MMP-12 complessato con un inibitore avente un acido idrossammico come ZBG.

xxix

Si è visto che la tasca S1’ è larga e si estende come un canale all’interno della proteina. Questa caratteristica fa sì che la MMP-12 faccia parte del gruppo delle MMPs a tasca profonda, quali MMP-2 e MMP-13.

Uno studio di docking del composto 1 effettuato nel sito catalitico della MMP-12 (pdb:1rmz) aveva evidenziato che l’interazione principale tra inibitore e proteina era quella tra l’NH dell’idrossammato e il carbossile dell’Ala78, e che era questa a determinare l’orientazione dell’inibitore all’interno della tasca S

1

’ (Figura 4).

IC

50

(nM)

MMP-1 MMP-2 MMP-9 MMP-12 MMP-13 MMP-14

1 8300±360 9.7±0.30 94±3.2 4.8±0.40 25±2.4 700±60

(36)

Figura 4. Docking dell’inibitore 1 nel sito catalitico della MMP-12.

Al fine di migliorare l’idrofilia di questa molecola, conservandone tuttavia il profilo di selettività, si è pensato di mantenere la porzione bifenilsolfonica che ben si inseriva nella tasca S

1

’ dell’enzima lipofila e profonda, e di inserire nuovi sostituenti polari al posto del metossile presente in posizione para sull’ultimo anello aromatico. In particolare si è scelto di introdurre sostituenti basici quali il gruppo amminico, dimetilamminico, morfolinico e sostituenti ammidici quali il gruppo acetoammidico e tert-butossicarbammico (Figura 5).

Figura 5.

Uno studio di docking condotto sugli acidi idrossammici 2a-e ipotizzati, aveva infatti previsto

che una modifica della molecola in questa posizione non avrebbe significativamente alterato

le interazioni tra l’inibitore e l’enzima, poiché i gruppi polari si sarebbero venuti a trovare al

di fuori del tunnel lipofilo S1’, in una zona della proteina accessibile al solvente.

(37)

In particolare dal docking sembrava che i gruppi più promettenti fossero il dimetilamminico e il morfolinico, in quanto i composti 2b e 2c non solo mantenevano l’interazione con Ala78 come il composto lead 1, ma ristabilivano un legame a idrogeno fondamentale, tra l’ossigeno del solfone e l’NH della Leu77, tipico degli inibitori a struttura solfonammidica. In particolare per l’inibitore morfolinico 2c questa interazione era doppia e si instaurava tra entrambi gli ossigeni solfonici e i gruppi amminici di Ala78 e Leu77 (Figura 6).

Figura 6. Docking del composto 2b (magenta) e 2c (verde) nel sito attivo della MMP-12. In giallo sono riportati i legami a idrogeno, in magenta le interazioni con lo zinco catalitico.

Tenendo conto dei risultati incoraggianti dello studio di docking, sono stati quindi sintetizzati i derivati 2a-e riportati in Figura 5. Oltre a questi si è deciso di preparare anche gli analoghi di 1 sostituiti sul carbonio in α all’idrossammato rispettivamente con un sostituente lipofilo

come il gruppo allilico, composto 2f, e con un sostituente polare come una catena n-

propilpiperazinica, composto 2g, al fine di verificare l’effetto di tali sostituzione sull’attività

inibitoria. Infine si è pensato di sintetizzare un probabile metabolita del derivato morfolinico,

il composto 2h ossidato sull’azoto, al fine di valutarne il mantenimento dell’attività in seguito

a metabolismo di primo passaggio (Figura 7).

xxx

(38)

Le vie sintetiche seguite per l’ottenimento degli inibitori sono descritte negli Schemi 1-6. Solo per il derivato morfolinico è stato possibile arrivare all’ottenimento dell’acido idrossammico desiderato 2c con buone rese, per gli altri inibitori la sintesi si è fermata agli acidi carbossilici precursori, rispettivamente i composti 3a-f e 3h, a causa delle basse rese delle vie sintetiche intraprese. Gli acidi carbossilici sono comunque utilizzati in letteratura

,xxxi

come ZBG alternativi agli acidi idrossammici perché, sebbene meno efficaci come chelanti per lo zinco, possiedono una maggiore stabilità metabolica e una migliore farmacocinetica. Per questo abbiamo ritenuto comunque utile testare tutti gli acidi carbossilici di tipo 3 ottenuti sulle principali MMPs riservandoci di portare a termine la sintesi degli acidi idrossammici corrispondenti mediante vie sintetiche alternative.

Figura 7.

Nello Schema 1 è riportata la sintesi del derivato α-sostituito con un gruppo allilico, 3f.

L’etere tioarilico 4 è stato ottenuto mediante una reazione tipo Ullmann rame-catalizzata

xxxii

a

partire dall’acido 2-iodofenilacetico e dal 4-bromobenzentiolo commerciali. L’acido

carbossilico 4 è stato poi protetto come estere etilico per reazione con etanolo in presenza

acido cloridrico a 90 °C per 18 h. L’estere così ottenuto 5 è stato poi convertito

nell’intermedio bifenilico 6 mediante coupling di Suzuki con l’acido 4-metossifenilboronico,

usando Palladio tetrakis(trifenilfosfina) come catalizzatore e Na

2

CO

3

come base, in una

miscela toluene/H

2

O a 85 °C. Il tioetere 6 è stato quindi ossidato con Oxone® a t. a. per dare

il solfone corrispondente 7, il quale è stato poi alchilato con bromuro di allile in presenza di

(39)

NaH in DMF. E’ stato così ottenuto l’estere 8 che per saponificazione con NaOH a riflusso ha fornito il carbossilato corrispondente 3f.

Nello Schema 2 è riportato il tentativo fatto per sintetizzare il derivato sostituito in α con la catena n-propilpiperazinica.

Schema 1:

La Boc-piperazina commerciale è stata alchilata con 1,3-dibromopropano in presenza di trietilammina in CH

2

Cl

2

per dare la catena piperazinica 9. Questa è stata fatta reagire con l’intermedio protetto 6 usando come base sodio idruro in DMF o NaHMDS in THF. In entrambi casi non è stato possibile isolare l’intermedio desiderato alchilato 10.

Schema 2:

Nello Schema 3 è descritta la sintesi del derivato morfolinico 2c. Il tioetere precedentemente

descritto 5 è stato prima ossidato a solfone 11 per trattamento con Oxone ed è stato poi

sottoposto a reazione di Suzuki nelle condizioni viste prima con l’acido 4-

morfolinofenilboronico per dare l’estere etilico 12. L’estere così ottenuto 12 è stato poi

saponificato con NaOH in diossano a 40 °C per dare l’acido carbossilico 3c che, per

trattamento con O-(tert-butildimetilsilil)idrossilammina in presenza di EDC e successiva

cromatografia a fase inversa, ha fornito l’acido idrossammico corrispondente 2c come

cloridrato.

(40)

L’N-ossido del derivato morfolinico, il composto 3h, è stato invece sintetizzato a partire dal prodotto 5 che è stato prima sottoposto a coupling di Suzuki e poi ossidato con Oxone a dare l’estere 14. Quest’ultimo ha poi fornito l’acido carbossilico corrispondente per saponificazione con NaOH in diossano seguita da trattamento acido per HCl (Schema 4)

Schema 3:

Schema 4:

I derivati 3b,d sono stati preparati come riportato nello Schema 5. L’acido carbossilico 4, precedentemente descritto, è stato protetto come estere tert-butilico per trattamento con N,N- DMF-di-tert-butilacetale in toluene ed è stato quindi ossidato con Oxone a dare l’estere solfonico 16. Per reazione di quest’ultimo con l’opportuno acido arilboronico nelle condizioni di Suzuki in presenza di K

3

PO

4

come base in una miscela di diossano/H

2

O sono stati preparati i derivati para-sostituiti 17b,d i quali, per idrolisi acida con acido trifluoroacetico in CH

2

Cl

2

, sono stati convertiti negli acidi carbossilici corrispondenti 3b,d.

Infine, gli acidi carbossilici 3a,e sono stati sintetizzati come riportato nello Schema 6. Per

reazione del derivato 5 con acido 4-acetammidofenilboronico nelle condizioni di Suzuki è

stato ottenuto l’intermedio bifenilico 18 che è stato poi ossidato a solfone 19. Quest’ultimo

per idrolisi basica con KOH a riflusso, seguita da trattamento acido per HCl, ha fornito l’acido

carbossilico 3a come cloridrato. L’acido carbossilico 3e è stato poi ottenuto per trattamento di

3a, avente il gruppo amminico in para libero, con di-tert-butil dicarbonato in presenza di

Na

2

CO

3

.

(41)

Schema 5:

Schema 6:

Gli acidi carbossilici 3a-f e 3h e l’acido idrossammico 2c così sintetizzati sono stati poi testati in vitro sulle principali MMPs umane ricombinanti mediante saggio spettrofluorimetrico,

utilizzando un peptide fluorogeno di sintesi come substrato per gli enzimi.

xxxiii

I dati di attività sono riportati in Tabella 2 e sono espressi come IC

50

(nM). Il composto lead 1 da cui si è partiti per sviluppare la SAR e il suo corrispondente acido carbossilico 20 sono stati riportati in Tabella 2 come riferimento.

Tabella 2.

Dai dati ottenuti risulta che il composto migliore della serie è il derivato morfolinico 2c,

l’unico acido idrossammico sintetizzato. Come previsto dai calcoli di docking, questo

composto presenta un’attività nanomolare (8.5 nM) sulla MMP-12 paragonabile a quella

dell’acido idrossammico 1 (4.8 nM) ma, rispetto a questo, ha una maggiore selettività rispetto

alla MMP-1 e alla MMP-9 oltre che una maggiore idrofilia. 2c presenta infatti una selettività

MMP-12/MMP-1 di 2000 volte e una selettività MMP-12/MMP-9 di 60 volte, mentre

l’attività su MMP-2 e MMP-13 è del tutto paragonabile a quella del composto 1. Tra gli acidi

carbossilici sintetizzati il composto più promettente risulta ancora il derivato morfolinico 3c,

omologo dell’idrossammato 2c, a riprova dell’effetto positivo sull’attività che ha

l’inserimento di questo gruppo in P1’ indipendentemente dalla natura dello ZBG presente

nella molecola. 3c ha un’attività 44 nM sulla MMP-12 e conserva una buona selettività nei

confronti di MMP-1 e -9. Anche il derivato dimetilamminico 3b presenta una buona attività

(42)

sulla MMP-12 (66 nM) ma, rispetto a 3c, mostra una diminuita selettività nei confronti di MMP-1 e MMP-9. Tutti gli altri derivati della serie presentano un’attività inibitoria più bassa su tutte le MMPs testate sia rispetto all’analogo carbossilato del composto lead, 20, che rispetto al derivato morfolinico 3c.

E’ interessante notare che tutti gli acidi carbossilici, a differenza degli acidi idrossammici corrispondenti, presentano una maggiore attività sulla MMP-2 che sulla MMP-12, a riprova che la natura dello ZBG influisce sul profilo di selettività oltre che sulla potenza d’azione.

L’inserimento di un sostituente lipofilo in α causa un leggero calo di attività, come si vede dai

dati del composto 3f rispetto a quelli di 20, suo analogo non sostituito. Infine, l’ipotetico

metabolita ossidato di 3c, il composto 3h, sebbene meno attivo del precursore mostra di

mantenere una certa attività sugli enzimi testati.

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