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2.2 – Riferimenti normativi per l’inquinamento acustico

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2.2 – Riferimenti normativi per l’inquinamento acustico

Come descritto nell’introduzione del DPCM 1 Marzo 1991 “Limiti massimi di esposizione al rumore negli ambienti abitativi e nell’ambiente esterno”, i limiti massimi di accettabilità delle concentrazioni e i limiti massimi di esposizione relativamente all’inquinamento acustico sono divenuti, a partire dai primi anni Novanta, una priorità nel lavoro del Ministro dell’Ambiente e del Ministro della Sanità. Il decreto menzionato è solo il primo dei provvedimenti presi in materia, cui seguirà nel 1995 la più completa “Legge quadro sull’inquinamento acustico” (Legge n°447 del 26 Ottobre 1995) che metterà ordine nelle competenze di Stato, Regioni, Province e Comuni nel definire limiti, zone a rischio e metodologie da seguire per realizzare piani di abbattimento delle emissioni. La Legge quadro 447 stabilisce anche gli oneri relativi agli enti gestori di fonti inquinanti, fra cui spiccano, in particolare, i gestori della rete stradale e ferroviaria, quest’ultima di nostro interesse per questo lavoro di tesi. Nel seguito richiameremo brevemente le leggi e i decreti che regolano la materia acustica nel nostro paese e in Europa, soffermandoci in particolare sulle norme e sugli articoli che si focalizzano sull’ambito ferroviario e sugli interventi di mitigazione del rumore. Infine raccoglieremo il tutto in un’analisi completa che raccolga tutto ciò che riguarda specificatamente il rumore provocato dalle ferrovie. Per apprezzare l’evoluzione della normativa nell’ambito di studio, presenteremo le diverse norme in ordine cronologico.

2.2.1 – DPCM 1 marzo 1991

In Italia il primo concreto strumento di intervento legislativo contro l’inquinamento acustico è stato reso esecutivo, peraltro con pesante ritardo rispetto ad altri paesi europei, nel 1991, con l’emanazione, il 1 marzo di quell’anno, del DPCM dal titolo “Limiti massimi di esposizione al rumore negli ambienti abitativi e nell’ambiente esterno”. Fino a quel momento, la materia era stata regolata principalmente dall’art. 844 del Codice civile (“Immissioni”) e dall’art. 659 del Codice Penale (“Disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone”), norme che, a tutt’oggi, conservano, in alcune occasioni, attualità e applicabilità. Il DPCM del 1 marzo 1991 mira chiaramente a tutelare la «qualità ambientale e l’esposizione umana al rumore in attesa dell’approvazione di una legge quadro stante la grave situazione di inquinamento acustico attualmente riscontrabile nell’ambito dell’intero territorio nazionale ed in particolare nelle aree urbane».

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Il decreto stabilisce in sintesi:

 l’obbligo di stesura da parte dei Comuni di una classificazione del territorio comunale in zone acusticamente omogenee in relazione alle diverse destinazioni d’uso del territorio stesso (tabella 3);

 i limiti massimi di esposizione al rumore all’interno delle suddette zone, distinti a seconda che il tempo di riferimento sia diurno (dalle 6 alle 22) o notturno (dalle 22 alle 6) (tabella 4);

 le modalità di misura del livello sonoro quantificato in modo univoco tramite il Livello di pressione sonora continuo equivalente ponderato “A” (LAeqT) e le penalizzazioni nel caso di rumori con componenti impulsive o tonali. LAeqT esprime il livello energetico medio del rumore ponderato in curva A, nell’intervallo di tempo considerato ed è definito dalla relazione:

=

dt

p

t

p

T

L

A AeqT 2 0 2

)

(

1

log

10

in dB(A) (25)

avendo indicato con:

 pA il valore istantaneo della pressione sonora ponderata secondo la curva A

 p0 il valore della pressione sonora di riferimento

 T l’intervallo di tempo di integrazione

Nell’Allegato A del decreto sono elencate tutte le definizioni relative alle grandezze cui si fa riferimento nel decreto stesso (riprese e integrate successivamente dalla Legge 447 e dal DM 16 marzo 1998), mentre nell’Allegato B vengono stabilite sia la strumentazione che le modalità di misura del rumore (anch’esse integrate con il DM 16 marzo 1998).

Il decreto introduce inoltre un criterio di notevole importanza: in tutte le aree indicate in tabella 4, escluse quelle ubicate in zona 6 (aree esclusivamente industriali), devono essere rispettati sia il limite assoluto di esposizione al rumore sia il limite differenziale.

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CLASSE I

Aree particolarmente protette

Aree nelle quali la quiete rappresenta un elemento di base per la loro utilizzazione, aree ospedaliere, scolastiche, aree destinate al riposo ed alto svago, aree esidenziali rurali, aree di particolare interesse urbanistico, parchi pubblici ecc.

CLASSE II

Aree destinate ad uso prevalentemente residenziale

Aree urbane interessate prevalentemente da traffico veicolare locate, con bassa densità di popolazione, con limitata presenza di attività commerciali ed assenza di attività industriali e artigianati.

CLASSE III

Aree di tipo misto

Aree urbane interessate da traffico veicolare locale o di attraversamento, con media densità di popolazione con presenza di attività commerciali uffici, con limitata presenza di attività artigianati o con assenza di attività industriali; aree rurali interessate da attività che impiegano macchine operatrici.

CLASSE IV

Aree di intensa attività umana

Aree urbane interessate da intenso traffico veicolare, con atta densità di popolazione, con elevata presenza di attività commerciati e uffici, con presenza di attività artigianati, te aree in prossimità di strade di grande comunicazione e di linee ferroviarie: le aree portuali con limitata presenza di piccole industrie

CLASSE V

Aree prevalentemente industriali

Aree interessate da insediamenti industriati e con scarsità di abitazioni.

CLASSE VI

Aree esclusivamente industriali

Aree esclusivamente interessate da attività industriati e prive di insediamenti abitativi.

Tab. 3 - Suddivisione del territorio comunale in zone acusticamente omogenee

Classi di destinazione d’uso del territorio Valori diurni in dB(A) Valori notturni in dB(A)

I - Aree particolarmente protette 50 40 II - Aree prevalentemente residenziali 55 45

III - Aree di tipo misto 60 50

IV - Aree di intensa attività umana 65 55 V - Aree prevalentemente industriali 70 60 VI - Aree esclusivamente industriali 70 70

Tab. 4 - Valori dei limiti massimi di esposizione al rumore (LAeq) relativi alle classi di destinazione d’uso del territorio

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Per chiarire meglio il concetto di limite differenziale bisogna introdurre le seguenti definizioni:

livello di rumore ambientale La: rappresenta il livello continuo equivalente di

pressione sonora prodotto da tutte le sorgenti di rumore esistenti in un dato luogo e durante un determinato tempo;

livello di rumore residuo Lr: rappresenta il livello continuo equivalente di

pressione sonora che si rileva quando si escludono le specifiche sorgenti disturbanti.

In base al criterio del limite differenziale, lo scarto tra livello di rumore ambientale e livello di rumore residuo deve rispettare le seguenti condizioni:

• La – Lr < 5 dB(A) nel periodo diurno • La – Lr < 3 dB(A) nel periodo notturno

Tale verifica riguarda le sorgenti sonore selettivamente identificabili, che costituiscono la causa del disturbo (dette sorgenti specifiche); la misura per stabilire la differenza (La – Lr) deve essere effettuata all’interno delle abitazioni a finestre aperte e nel tempo di osservazione del fenomeno acustico. Nel DPCM 1 marzo 1991 si trovano già affrontati, sebbene in forma di bozza, i criteri principali che ancora oggi, come si vedrà nei paragrafi successivi, disciplinano il settore della tutela dall’inquinamento acustico in Italia. Quel testo di legge, tuttavia, risentiva di una profonda mancanza di sistematicità, oltre che di pesanti lacune: ciò rendeva impossibile affrontare in modo concreto i diversi problemi di interesse (competenze, scadenze, controlli e sanzioni). È quanto la disciplina successiva ha tentato di colmare.

2.2.2 – DPCM n. 377 del 10 agosto 1988

Il problema dell’inquinamento acustico deve essere affrontato non solo in termini di vigilanza e risanamento, ma anche e soprattutto in termini di prevenzione: pertanto anche nel DPCM n. 377 del 10 agosto 1988, che attiene specificamente alla valutazione di impatto

ambientale (VIA), sono contenute regole e disposizioni in materia. Nell’ambito della VIA, il

rumore viene riconosciuto come fattore ambientale e viene prescritto uno studio della ricaduta ambientale del fonoinquinamento causato dalla realizzazione delle grandi opere (infrastrutturali e

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produttive) che contenga “la specificazione delle emissioni sonore prodotte e gli accorgimenti e le tecniche riduttive del rumore previsti”.

Le norme tecniche relative a quel decreto sono state emanate mediante il DPCM del 27 dicembre 1988 e prescrivono che “la caratterizzazione della qualità dell’ambiente in relazione al rumore dovrà consentire di definire le modifiche introdotte dall’opera, di verificare la compatibilità con gli standards esistenti, con gli equilibri naturali e la salute pubblica da salvaguardare e con lo svolgimento delle attività antropiche nelle aree interessate” e sanciscono che tali definizioni e verifiche avvengano sia attraverso la definizione della mappa di rumorosità, le cui modalità sono state codificate, a loro volta, nelle norme internazionali ISO 1996-1:2003 e 1996-2:2003, sia tramite la stima delle modificazioni introdotte dalla realizzazione dell’opera in questione. Le norme ISO cui si fa riferimento riguardano la definizione delle grandezze rilevanti per la descrizione del rumore ambientale, le tecniche di misura da utilizzare (ISO 1996-1:2003) e le disposizioni relative alla redazione delle mappe del rumore (ISO 1996-2:2003).

2.2.3 – Legge quadro n. 447 del 26 ottobre 1995

La prima disciplina organica italiana in materia di inquinamento acustico è stata emanata nel 1995. Si tratta della Legge 447 del 26 ottobre 1995 e costituisce a tutti gli effetti una legge quadro. Successivamente si analizzeranno i punti maggiormente significativi della legge, ponendo l’accento soprattutto sugli aspetti connessi alle infrastrutture di trasporto.

Oggetto della tutela di questa normativa sono l’ambiente esterno e l’ambiente abitativo: quest’ultimo viene definito come “ogni ambiente interno ad un edificio destinato alla permanenza di persone o comunità” a esclusione degli “ambienti destinati ad attività produttive” per cui si rinvia alla speciale disciplina (decreto legislativo n. 277 del 15 agosto 1991, decreto legislativo n. 626 del 19 settembre 1994 e decreto legislativo n. 494 del 14 agosto 1996).

L’inquinamento acustico viene definito, in relazione agli effetti che produce, come “l’introduzione di rumore nell’ambiente abitativo o nell’ambiente esterno tale da provocare fastidio o disturbo al riposo e alle attività umane, pericolo per la salute umana, deterioramento degli ecosistemi, dei beni materiali, dei monumenti, dell’ambiente abitativo o dell’ambiente esterno o tale da interferire con le legittime fruizioni degli ambienti stessi” e viene distinto a seconda che esso provenga da sorgenti sonore fisse o da sorgenti sonore mobili.

Questa differenziazione fa chiarezza su un punto lasciato vuoto dal DPCM del 1 marzo 1991 che si limitava definire una sorgente sonora come “qualsiasi oggetto, dispositivo, macchina o impianto o essere vivente idoneo a produrre emissioni sonore”. In nome di tale enunciato poteva accadere che non venissero riconosciute come fonti di inquinamento alcuni tipi di

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sorgente. Nella legge quadro vengono invece puntualmente definite e individuate le cosiddette

sorgenti fisse. Esse sono:

a) gli impianti tecnici degli edifici: ascensori, impianti di riscaldamento o di condizionamento, gli apparecchi per uso domestico e per attività umane, gli impianti idraulici ed elettrici, ecc.;

b) le installazioni unite agli immobili anche in via transitoria il cui uso produca emissioni sonore (per esempio, i sistemi di allarme);

c) le infrastrutture: stradali, ferroviarie, aeroportuali, marittime, industriali, artigianali, commerciali, agricole,;

d) i parcheggi;

e) le aree adibite a stabilimenti di movimentazione merci; f) i depositi dei mezzi di trasporto di persone e merci;

g) le aree adibite ad attività sportive e ricreative (per esempio i campi di tiro a segno, gli stadi, le discoteche, ecc.).

Le sorgenti mobili non sono invece state elencate nella legge; pertanto la loro definizione è per esclusione. Sono sorgenti mobili tutte le sorgenti sonore che non siano sorgenti fisse (per esempio, le automobili prive di marmitta, i rumori prodotti da animali domestici, gli antifurto delle auto, ecc.). È chiara, a questo punto, la distinzione fra l’infrastruttura di trasporto e il traffico ad essa correlato, che rientra fra le sorgenti fisse, e i singoli veicoli che sono invece da considerarsi sorgenti mobili.

Per entrambe le categorie di sorgente vengono determinati due tipi di valore limite:

 i valori limite di emissione : valori massimi di rumore che possono essere emessi da una sorgente sonora, misurati in prossimità della sorgente stessa;

 i valori limite di immissione: valori massimi di rumore che possono essere immessi da una o più sorgenti sonore nell’ambiente abitativo o nell’ambiente esterno, misurati in prossimità dei ricettori. I limiti di immissione si distinguono a loro volta in:

o assoluti: determinati con riferimento al livello equivalente di rumore ambientale;

o differenziali: determinati con riferimento alla differenza tra livello equivalente di rumore ambientale e il rumore residuo.

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Oltre ai limiti di immissione e di emissione, inoltre, vengono introdotti due nuovi parametri per caratterizzare i fenomeni acustici, i valori di attenzione e i valori di qualità, fatto che rende evidente come, con questa legge, a differenza di quanto accadeva con il DPCM del 1 marzo 1991, si sia voluto prestare attenzione sia alla tutela della salute, sia al conseguimento di un clima acustico ottimale per il comfort delle persone.

I due parametri sono valori di controllo e di requisito che permettono una migliore gestione delle politiche per la difesa dall’inquinamento acustico; la legge li definisce in questi termini:

 valore di attenzione: valore di rumore che segnala la presenza di un potenziale rischio per la salute umana o per l’ambiente;

 valore di qualità: valore di rumore da conseguire nel breve, nel medio o nel lungo periodo con le tecnologie e le metodiche di risanamento disponibili, per realizzare gli obiettivi di tutela previsti.

La legge quadro non determina tutti i valori considerati, ma indica che devono essere stabiliti in funzione:

• della tipologia della sorgente (fissa o mobile); • del periodo della giornata (diurno o notturno):

• della destinazione d’uso della zona da proteggere (in base alle sei classi individuate nel DPCM del 1 marzo 1991).

Naturalmente, poiché si tratta di una legge quadro, vengono fissati solo i principi generali, demandando ad altri organi di stato (Ministero dell’Ambiente, dei Lavori Pubblici, della Sanità, Regioni, Province, Comuni, ecc.) l’emanazione di tutta una serie di provvedimenti (decreti ministeriali, DPCM, regolamenti di attuazione, leggi regionali, ecc.) che possono essere di natura amministrativa, tecnica, costruttiva e gestionale. In particolare tali provvedimenti devono riguardare:

 le prescrizioni relative ai livelli sonori massimi e ai metodi di misurazione;

 le procedure di collaudo e omologazione che attestino la conformità dei prodotti alle prescrizioni relative ai limiti ammissibili (per le sorgenti mobili);

 gli interventi di riduzione del rumore, a loro volta distinti in: o attivi: adottati sulle emissioni delle sorgenti;

o passivi: adottati nei luoghi di immissione o lungo la via di propagazione;

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 i piani del traffico, piani dei trasporti urbani, provinciali, regionali, piani per la pianificazione del traffico stradale, ferroviario, aeroportuale e marittimo;

 la pianificazione urbanistica con particolare attenzione alla localizzazione delle attività rumorose e dei ricettori particolarmente sensibili.

Senza entrare nel merito della ripartizione delle competenze fra i vari enti (Stato, Regioni, Province, Comuni) è utile ricordare che la legge quadro prevede, dal punto di vista amministrativo, un complesso sistema di pianificazione acustica. Vengono individuati, infatti:

 piani pluriennali per il contenimento delle emissioni sonore per lo svolgimento di servizi pubblici di trasporto (di competenza dello Stato);

 piani triennali di intervento per la bonifica dall’inquinamento acustico (di competenza delle Regioni);

 piani di risanamento acustico (di competenza dei Comuni).

Come si può facilmente constatare, con questa legge si completa il quadro di controllo sul territorio avviato con l’obbligo della predisposizione di piani di classificazione acustica introdotto dal DPCM del 1 marzo 1991. Tale controllo parte da una gestione a livello locale, il territorio comunale, per arrivare a un coordinamento a livello regionale e statale. A livello comunale, per esempio, le competenze possono essere così riassunte:

• obbligo di redigere il piano comunale di classificazione acustica (PCCA); • coordinamento tra PCCA e gli strumenti urbanistici già adottati;

• adozione di piani di risanamento acustico (PRA);

• controllo del rispetto della normativa all’atto del rilascio delle concessioni edilizie relative a nuovi impianti e infrastrutture adibiti ad attività produttive, sportive, ricreative e a servizi commerciali polifunzionali;

• adozioni di regolamenti per l’attuazione della disciplina statale e regionale per la tutela dall’inquinamento acustico e adeguamento dei regolamenti di igiene e sanità.

La legge quadro demanda alle Regioni il compito di stabilire le modalità, le scadenze e le sanzioni per la redazione dei piani di classificazione acustica comunali, mentre dà indicazioni specifiche per quello che riguarda i piani di risanamento acustico. Essa stabilisce infatti l’obbligo di stesura di un PRA da parte di un Comune ogni qualvolta si verifichino, all’interno del piano di classificazione acustica adottato, o il superamento dei valori di attenzione o situazioni di contatto

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fra aree i cui valori massimi di qualità si discostino in misura superiore a 5 dB(A). A livello pratico questo vuol dire che il Comune deve predisporre il piano di classificazione acustica del territorio, intervenire con piani di risanamento se si verificano, fra le varie zone, situazioni di incompatibilità impossibili da evitare in fase di elaborazione del PCCA (per esempio, la presenza di un ricettore sensibile all’interno di una zona di classe superiore) e infine procedere a periodici controlli per accertare il rispetto dei limiti massimi consentiti all’interno delle diverse zone.

I piani di risanamento acustico costituiscono un efficace strumento nelle mani delle amministrazioni comunale anche nel caso in cui non ci siano situazioni da risanare, ma si voglia perseguire il raggiungimento dei valori di qualità, nel rispetto del principio informatore della legge che è la tutela della salute del cittadino (in questi casi vengono indicati come “piani di miglioramento acustico”). Naturalmente i piani di risanamento (o miglioramento) devono adeguarsi ai piani triennali di intervento per la bonifica dall’inquinamento predisposto dalle Regioni e devono recepire i contenuti dei piani pluriennali per il contenimento delle emissioni sonore prodotte dai servizi pubblici essenziali (quali linee ferroviarie, strade statali, autostrade ecc). elaborati dallo Stato.

Altri due punti importanti definiti all’interno della legge quadro riguardano:

1. l’obbligo di fornire, su richiesta del Comune, una documentazione di impatto acustico relativa alla realizzazione, alla modifica o al potenziamento delle seguenti opere: aeroporti, strade, ferrovie, discoteche, circoli privati, impianti sportivi e ricreativi;

2. l’ obbligo di allegare una valutazione previsionale di clima acustico alla richiesta di realizzazione di: scuole, ospedali, case di cura e riposo, parchi pubblici, nuovi insediamenti residenziali posti in prossimità delle opere descritte al punto 1.

2.2.4 – DPCM 14 novembre 1997

Il DPCM del 14 novembre 1997, dal titolo “Determinazione dei valori limite delle sorgenti sonore”, è molto importante perchè stabilisce i valori dei limiti di immissione, di emissione, di qualità e di attenzione previsti dalla legge quadro: esso sostituisce e integra il DPCM del 1 marzo 1991.

2.2.4.1 – I valori di immissione

I valori di immissione costituiscono la rumorosità complessiva immessa da tutte le sorgenti nell’ambiente esterno (si parla di valori assoluti di immissione) o nell’ambiente abitativo (si parla di valori differenziali di immissione).

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I valori limite assoluti di immissione ricalcano quelli già indicati nel DPCM del 1 marzo 1991, così come sono le stesse le classi di destinazione d’uso del territorio (tabella 6). Per quanto riguarda i valori limite differenziali di immissione, viene ripreso il concetto, già stabilito nel DPCM del 1 marzo 1991, di differenza tra la rumorosità dovuta a tutte le sorgenti presenti (La) e la rumorosità residua (Lr), quella cioè che si avrebbe eliminando le sorgenti di rumore specifiche (criterio del livello differenziale).

Classi di destinazione d’uso del territorio Valori diurni in dB(A) Valori notturni in dB(A)

I - Aree particolarmente protette 50 40 II - Aree prevalentemente residenziali 55 45

III - Aree di tipo misto 60 50

IV - Aree di intensa attività umana 65 55 V - Aree prevalentemente industriali 70 60 VI - Aree esclusivamente industriali 70 70

Tab. 5 - Valori limite assoluti di immissione (LAeq)

I limiti assoluti e differenziali di immissione devono essere verificati contemporaneamente, tranne nei seguenti casi, dove vale solo il limite assoluto:

 nelle zone di classe VI;

 per le infrastrutture di trasporto (all’esterno delle fasce di pertinenza);  per i servizi ed impianti a servizio comune dell’edificio disturbato stesso  (ascensore, centrale termica);

 quando il livello di immissione, è inferiore a:

o 50 dB(A) di giorno e 40 dB(A) di notte se misurato a finestra aperte; o 35 dB(A) diurni e 25 dB(A) notturni se misurato a finestre chiuse.

È inoltre importante sottolineare che i valori limite assoluti di immissione non si applicano all’interno delle fasce di pertinenza delle infrastrutture di trasporto. In esse i limiti assoluti di immissione sono indicati nei rispettivi decreti attuativi della legge quadro che stabiliscono la larghezza delle fasce di pertinenza per le diverse tipologie di infrastruttura e i valori massimi di immissione al loro, come si vedrà in modo specifico per le infrastrutture ferroviarie (DPR del 18 novembre1998).

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2.2.4.2 – I valori di emissione

I valori limiti di emissione rappresentano il valore massimo di rumore prodotto da una singola sorgente e sono strutturati in modo del tutto simile a quelli di immissione ma sono inferiori numericamente di 5 dB (tabella 6). I valori indicati in tabella sono riferiti sia alle sorgenti fisse che a quelle mobili. A differenza della legge quadro, dove si prescriveva di misurare la rumorosità della sorgente in prossimità della sorgente stessa, il DPCM del 14 novembre 1997 prescrive di effettuare i rilevamenti e le verifiche in corrispondenza degli spazi utilizzati da persone o comunità. Questa prescrizione è valida per tutte le sorgenti fisse, mentre per la rumorosità prodotta dalle sorgenti mobili si rimanda, laddove previsto, alle norme specifiche di omologazione e certificazione delle stesse.

Classi di destinazione d’uso del territorio Valori diurni in dB(A) Valori notturni in dB(A)

I - Aree particolarmente protette 45 35 II - Aree prevalentemente residenziali 50 40

III - Aree di tipo misto 55 45

IV - Aree di intensa attività umana 60 55 V - Aree prevalentemente industriali 65 55 VI - Aree esclusivamente industriali 65 65

Tab. 6 - Valori limite assoluti di emissione (LAeq)

Da un rapido confronto fra le due precedenti tabelle si ricava che, per esempio, in una zona di classe III il rumore prodotto da una singola sorgente sonora non può superare i 55 dB(A) diurni e i 45 dB(A) notturni, mentre il rumore immesso da tutte le sorgenti non può superare i 60 dB(A) e i 50 dB(A) rispettivamente.

2.2.4.3 – I valori di qualità

I valori di qualità, definiti precedentemente come i valori da raggiungere nel breve, medio o lungo termine per realizzare gli obiettivi di tutela previsti, dipendono anch’essi dalla destinazione d’uso del territorio e sono, pertanto, strutturati come i valori limite assoluti di immissione ma risultano di 3 dB inferiori, tranne che per le aree in classe VI dove coincidono con essi (tabella 7).

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Classi di destinazione d’uso del territorio Valori diurni in dB(A) Valori notturni in dB(A)

I - Aree particolarmente protette 47 37 II - Aree prevalentemente residenziali 52 42

III - Aree di tipo misto 57 47

IV - Aree di intensa attività umana 62 57 V - Aree prevalentemente industriali 67 57 VI - Aree esclusivamente industriali 70 70

Tab. 7 - Valori limite assoluti di qualità (LAeq)

2.2.4.4 – I valori di attenzione

Un discorso a parte deve essere fatto per i valori di attenzione. Essi rappresentano i livelli soglia che segnalano la presenza di un potenziale rischio per la salute umana e, quindi, sono valori che, se superati, fanno scattare la necessità di predisporre un piano di risanamento acustico. Proprio per questo motivo il decreto suddivide i valori di attenzione a seconda che i livelli equivalenti (misurati o calcolati) siano riferiti ad un’ora o siano relativi ai tempi di riferimento (diurno o notturno). Infatti una misurazione effettuata per un periodo di un’ora è più penalizzante, dal punto di vista acustico, di una misurazione effettuata in tutto il periodo diurno (o notturno), in quanto, se il fenomeno è confinato solo in alcuni momenti della giornata, la misurazione fatta proprio in quei momenti non dà una stima veritiera del clima acustico generale della zona.

In base a quanto detto, i valori di attenzione corrispondono ai limiti assoluti di immissione se il livello equivalente è riferito al tempo di riferimento (tabella 8), mentre corrispondono agli stessi limiti aumentati di 10 dB nel periodo diurno e 5 dB nel periodo notturno, se il livello equivalente è riferito ad un’ora (tabella 9).

Classi di destinazione d’uso del territorio Valori diurni in dB(A) Valori notturni in dB(A)

I - Aree particolarmente protette 50 40 II - Aree prevalentemente residenziali 55 45

III - Aree di tipo misto 60 50

IV - Aree di intensa attività umana 65 55 V - Aree prevalentemente industriali 70 60 VI - Aree esclusivamente industriali 70 70

Tab. 8 - Valori limite assoluti di attenzione (LAeq) calcolati per il tempo di riferimento

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Classi di destinazione d’uso del territorio Valori diurni in dB(A) Valori notturni in dB(A)

I - Aree particolarmente protette 60 45 II - Aree prevalentemente residenziali 65 50

III - Aree di tipo misto 70 55

IV - Aree di intensa attività umana 75 60 V - Aree prevalentemente industriali 80 65 VI - Aree esclusivamente industriali 80 75

Tab. 9 - Valori limite assoluti di attenzione (LAeq) calcolati per il tempo di un’ora

2.2.4.4 – Le fasce di pertinenza

Il DPCM del 14 novembre 1997 si occupa, specificatamente, delle infrastrutture di trasporto stabilendo la non applicabilità dei valori assoluti (di immissione e di emissione) fissati dal decreto stesso all’interno delle fasce di pertinenza delle singole infrastrutture. Ne consegue, quindi, che la regolamentazione dei valori limite di immissione per questo tipo di sorgente sonora si articola in più decreti.

È opportuno fare un breve specchio riassuntivo per facilitare il riferimento ai diversi testi di legge e per chiarire quali sono i limiti da applicare:

 all’ interno delle fasce di pertinenza:

1. tutte le sorgenti presenti, ad esclusione dell’infrastruttura stessa, devono rispettare, nel loro insieme, i limiti di immissione previsti dal DPCM in oggetto;

2. l’infrastruttura di trasporto, considerata singolarmente, deve rispettare i limiti previsti nel decreto attuativo di riferimento (ad esempio il DPR del 18 novembre 1998 per le infrastruttureferrovie).

 all’ esterno delle fasce di pertinenza, l’infrastruttura concorre al raggiungimento dei limiti assoluti di immissione previsti dal DPCM del 14 novembre 1997, ma ad essa non si applica il criterio del limite differenziale.

È chiaro, a questo punto, che la fascia di pertinenza di una infrastruttura non costituisce una zona territoriale autonoma, dotata di propria classe di rumorosità. Infatti, la classificazione acustica del territorio viene fatta come se l’infrastruttura non ci fosse o, meglio, tenendo conto della sua presenza solo i termini di traffico prodotto.

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Alle zone limitrofe alle infrastrutture di trasporto viene attribuita, solitamente, la classe IV (aree interessate da intenso traffico, aree in prossimità di strade di grande comunicazione e di linee ferroviarie), ma non è detto che l’estensione di tali zone sia uguale alla larghezza delle fasce di pertinenza dell’infrastruttura.

La distinzione, come già visto precedentemente, viene fatta solo in fase di verifica del rispetto dei limiti di immissione all’interno delle fasce: il rumore prodotto dalla sola infrastruttura deve essere considerato separatamente e sottostare ai limiti per

esso previsti mentre, per ciò che concerne le altre sorgenti sonore, la presenza dell’infrastruttura e della relativa fascia risultano del tutto ininfluenti e il rumore da esse prodotto è soggetto ai limiti di immissione e di emissione previsti per la classe di appartenenza del territorio.

2.2.5 – DM del 16 marzo 1998

Il DM 16 Marzo 1998, dal titolo “Tecniche di rilevamento e di misurazione dell’inquinamento acustico” nasce in relazione al bisogno di avere una procedura specifica e normalizzata per la misura del rumore. A tale scopo ricordiamo come un intero allegato (Allegato B) del DPCM del 1 Marzo 1991 cercasse di descrivere nel dettaglio tali procedure; il decreto che andiamo ora a presentare mira a specificarle ulteriormente.

La norma, nella sua prima parte, indica quali debbano essere i requisiti degli strumenti di misura utilizzati (di norma fonometri) e a quali classi debbano appartenere. Inoltre devono subire un attento processo di calibrazione prima e dopo le misure, in modo da assicurare l’affidabilità della misura stessa. Tuttavia, la parte più importante del documento risiede nei tre allegati, che specificano rispettivamente:

o le definizioni importanti (Allegato A) o il metodo di misura (Allegato B)

o il metodo di misura in ambito ferroviario (Allegato C) o la presentazione di risultati (Allegato D).

Riguardo l’Allegato A, che fornisce le definizioni più importanti, ne riportiamo di seguito un suo estratto, che va ad integrarsi con i termini e le espressioni già viste in occasione del DPCM del 1 marzo 1991 e della legge quadro n. 447 del 26 ottobre 1995.

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 Tempo di riferimento (TR): rappresenta il periodo della giornata all'interno del quale si eseguono le misure. La durata della giornata è articolata in due tempi di riferimento:

o quello diurno compreso tra le h 6.00 e le h 22.00 ; o quello notturno compreso tra le h 22.00 e le h 6.00.

 Tempo a lungo termine (TL): rappresenta un insieme sufficientemente ampio di TR all'interno del quale si valutano i valori di attenzione. La durata di TL è correlata alle variazioni dei fattori che influenzano la rumorosità di lungo periodo.

 Livelli dei valori efficaci di pressione sonora ponderata “A” (LAS, LAF e LAI): esprimono i valori efficaci in media logaritmica mobile della pressione sonora (ponderata “A”) LPA secondo le costanti di tempo “slow”, “fast” e “impulsive” (i rispettivi valori massimi si esprimono come LASmax, LAFmax e LAImax).

 Livello continuo equivalente di pressione sonora ponderata “A” (LAeqT): valore del livello di pressione sonora ponderata “A” di un suono costante che, nel corso di un periodo specificato T, ha la medesima pressione quadratica media di un suono considerato, il cui livello varia in funzione del tempo (avevamo già parlato di questo valore nel decreto del 1 marzo 1991 (formula 24), tuttavia, riteniamo importante riportare la definizione che la norma in analisi dà di questo valore.

 Livello continuo equivalente di pressione sonora ponderata “A” relativo al tempo a lungo termine (LAeqTL): il livello continuo equivalente di pressione sonora ponderata “A” relativo al tempo a lungo terminepuò essere riferito:

a) al valore medio su tutto il periodo con riferimento al livello continuo equivalente di pressione sonora ponderata “A” relativo a tutto il tempo TL, espresso della relazione:

=

= N i L TL Aeq i R T Aeq

N

L

1 ) ( 1 , 0 , ,

10

1

log

10

in dB (A) (26)

Come abbiamo già visto, il tempo TL è in realtà un insieme di TR. In questa prima procedura di suddivide il tempo di TL nei suoi N sottomultipli TR, quindi si inserisce il livello continuo equivalente di ciascun TR all’interno della formula riportata sopra per ottenere il livello totale.

(16)

b) al singolo intervallo orario nei TR. In questo caso si individua un TM di 1 ora all’interno dei TO nel quale si svolge il fenomeno in esame. LAeq,TL rappresenta il livello equivalente di pressione sonora ponderata “A” risultante dalla somma degli M tempi di misura TM, espresso dalla seguente relazione:

=

= M i L TL Aeq i R T Aeq

M

L

1 ) ( 1 , 0 , ,

10

1

log

10

in dB (A) (27)

 Livello sonoro di un singolo evento (SEL): è dato dalla formula:

=

dt

p

t

p

t

SEL

t t A 2 1 2 0 2 0

)

(

1

log

10

in dB (A) (28)

dove (t2 – t1) è un intervallo di tempo sufficientemente lungo da comprendere l’evento e t0 è la durata dell’evento stesso.

 Livello di rumore ambientale (LA): è il livello continuo equivalente di pressione sonora ponderato “A”, prodotto da tutte le sorgenti di rumore esistenti in un dato luogo e durante un determinato tempo. Il rumore ambientale è costituito dall’insieme del rumore residuo e da quello prodotto dalle specifiche sorgenti disturbanti, con l’esclusione degli eventi sonori singolarmente identificabili di natura eccezionale rispetto al valore ambientale della zona. È il livello che si confronta con i limiti massimi di esposizione:

a) Nel caso dei limiti differenziali è riferito a TM b) Nel caso dei limiti assoluti è riferito a TR

 Livello differenziale di rumore (LD): differenza tra il livello di rumore ambientale (LA) e quello di rumore residuo (LR). Come abbiamo già osservato, le misurazioni dell’inquinamento acustico provocato da infrastrutture quali linee ferroviarie o stradali non vengono svolte come qualsiasi altra misura acustica qualora decidessimo di valutare i livelli di pressione sonora entro la relativa “fascia di pertinenza”; tuttavia, una volta usciti da tale fascia tali sorgenti vengono equiparate a tutte le altre e contribuiscono al livello sonoro più generale.

(17)

In quest’ultimo caso, quindi, ha senso proporre il metodo di misurazione riportato nell’allegato B della norma in analisi, nell’ottica di valutare l’ammissibilità del “rumore ferroviario” nelle zone esterne alla relativa “fascia di pertinenza”.

Riguardo all’argomento centrale di questo lavoro di tesi, ricopre un ruolo importantissimo l’Allegato C del DM 16 marzo 1998, in quanto riguardante proprio la metodologia di misura del “rumore ferroviario” (l’allegato D, invece, riguarda esclusivamente la “presentazione dei risultati” ed essendo per noi di scarso interesse lo trascureremo).

Come in occasione delle “misure in esterno” descritte nell’Allegato B, anche in questo caso più specifico è necessario porre l’attenzione sulle condizioni atmosferiche contingenti, badando al rispetto delle regole descritte. È necessario quindi rispettare le seguenti regole per una corretta misurazione:

a) assicurarsi condizioni atmosferiche accettabili e svolgere la misura in una giornata di traffico ferroviario standard;

b) il microfono (dotato di cuffia anti-vento) deve essere posto a 1 m da qualsiasi superficie riflettente, posizionato a 4 m d’altezza e rivolto verso il passaggio dei convogli;

c) lo strumento deve essere impostato con costante di tempo Fast.

d) la rilevazione deve permettere di individuare distintamente il passaggio dei singoli convogli potendone individuare il profilo temporale LAF(t), il livello di esposizione sonora (LAE) e deve verificarsi che ad ogni convoglio il livello LAFmax raggiunto superi di almeno 10dB il rumore residuo;

e) la misura deve durare non meno di 24 h.

Una volte prese tutte queste accortezze il livello di pressione sonora equivalente relativo al periodo TR sarà dato dalla formula:

k

T

L

n i L T Aeq i AE R

=

=1 ) ( 1 , 0 0 ,

10

log

(

)

10

in dB(A) (29)

avendo indicato con:

 TR il periodo di riferimento (notturno o diurno)  n il numero di transiti avvenuto nel periodo TR

 k una costante (k = 47.6 dB(A) nel periodo diurno e k = 44.6 dB(A) nel periodo notturno)

(18)

2.2.6 – DPR del 18 novembre 1998

Secondo l’art.11 della legge quadro in materia acustica, specifiche sorgenti sonore, quali sono anche le infrastrutture ferroviarie, devono dotarsi di appositi regolamenti che disciplinino la prevenzione ed il contenimento dell’inquinamento acustico proveniente dalle sorgenti stesse. A tal proposito, il DPR del 18 Novembre 1998 (“Regolamento della legge quadro in materia ferroviaria”) si propone come regolamento ad hoc per l’ambito ferroviario. Lo stesso regolamento, inoltre, mira a riempire le lacune lasciate dalla normativa precedente riguardo ai limiti e alle disposizioni valide all’interno di quelle che vengono chiamate “fasce di pertinenza” dell’infrastruttura, occupandosi, nel contempo di dare piena definizione di queste ultime. La norma viene articolata in due parti, offrendo limiti e trattamenti differenti fra infrastrutture esistenti e di nuova realizzazione, oltre che fra infrastrutture la cui velocità di progetto è inferiore a 200 km/h e infrastrutture in cui la velocità di progetto supera tale valore.

Definendo con “infrastruttura” l’insieme di materiale rotabile, binari, stazioni, scali, parchi, piazzali e sottostazioni elettriche (art.1), si definisce “esistente” ogni infrastruttura già in esercizio all’entrata in vigore della presente legge; mentre è di “nuova realizzazione” ogni linea non ancora in esercizio alla data di cui sopra. Ovviamente ad infrastrutture già esistenti possono affiancarsi elementi di nuova realizzazione originando così (nel caso non esistano aree intercluse non di pertinenza) un “affiancamento di infrastrutture di nuova realizzazione a infrastrutture esistenti”, oppure una “variante” se si tratta di un nuovo tratto in sostituzione di uno già esistente per una lunghezza inferiore a 5 km (dopo i quali si parla, evidentemente, di tratto di nuova realizzazione). La norma prende in esame tutti questi casi, raggruppando fra di loro le infrastrutture esistenti, le varianti e le infrastrutture di nuova realizzazione che si affiancano a quelle già esistenti (chiameremo d’ora in poi queste infrastrutture come “infrastrutture di tipologia A”); e trattando a parte le infrastrutture di nuova realizzazione (che chiameremo d’ora in poi come “infrastrutture di tipologia B”). Vengono successivamente definite le “fasce di pertinenza” dell’infrastruttura:

a) Per le infrastrutture di tipologia A e per quelle di tipologia B con velocità di progetto inferiore a 200 km/h, la fascia è larga 250 m a partire dalla mezzeria del binario più esterno ed estesa da entrambe le parti dello stesso. In questi 250 m si individuano 2 sotto-fasce denominate rispettivamente “fascia A” (estesa per i 100 m più vicini alla mezzeria del binario più esterno) e “fascia B” (comprendente la rimanente parte);

(19)

b) Per le infrastrutture di tipologia B con velocità di progetto superiore a 200 km/h la “fascia di pertinenza” si estende ai lati del binario per 250 m a partire dalla mezzeria dello stesso, senza suddivisioni ulteriori in sotto-fasce.

L’inquinamento acustico provocato dal trasporto ferroviario va quindi analizzato secondo due aspetti: il primo limitatamente alla “fascia di pertinenza”, entro la quale la ferrovia rappresenta la sorgente inquinante preponderante, e il secondo al di fuori delle fasce, dove il rumore ferroviario viene aggiunto agli altri già presenti nell’ambiente. Se nel primo caso è ovvio come debba essere il gestore del servizio ad occuparsi del rispetto dei limiti imposti dalla normativa, nel secondo caso è sempre il gestore a doversi occupare dell’eventuale risanamento solo per la parte che gli compete (ecco quindi spiegata l’analisi del DPCM del 16 novembre 1997 che abbiamo visto in precedenza).

L’unico caso in cui sia il titolare della concessione edilizia (e non il gestore del servizio) a doversi occupare degli interventi di contenimento, è quello in cui si parli di aree non ancora edificate poste nei pressi di infrastrutture esistenti. Tenuti validi, quindi, i limiti imposti dal DPCM del 16 novembre 1997, per le zone esterne alle fasce di pertinenza, esponiamo qui di seguito i limiti validi entro le fasce di pertinenza stesse: per le infrastrutture di tipologia B con velocità di progetto superiore a 200 km/h abbiamo:

 50 dB(A) di limite diurno e 40 dB(A) di limite notturno, se la fascia contiene ospedali, scuole, case di riposo, ecc. (ciò significa che all’interno delle strutture stesse, con misurazioni svolte secondo il DM del 16 Marzo 1998, eseguite all’esterno degli edifici, non devono essere superati i limiti di immissione riportati sopra);

 65 dB(A) diurno e 55 dB(A) notturno, altrimenti.

Per le infrastrutture di tipologia A o quelle di tipologia B con velocità di progetto inferiore a 200 km/h abbiamo:

 50 dB(A) diurno e 40 dB(A) notturno, se la fascia contiene ospedali, scuole, case di riposo ecc. indipendentemente se tali elementi sono in fascia A o B.

Altrimenti:

 70 dB(A) diurno e 60 dB(A) notturno, se in fascia A;  65 dB(A) diurno e 55 dB(A) notturno, se in fascia B.

(20)

Tali limiti vanno aggiunti a quelli richiamati nel DPCM del 16 novembre 1997 e rappresentano dei valori da non superare, pena l’adozione di appositi piani di bonifica e di dispositivi per il contenimento del rumore, da parte del gestore dell’infrastruttura stessa (normalmente RFI). Per quanto riguarda le infrastrutture di tipologia B, il primo provvedimento da prendere riguarda l’aspetto progettuale stesso, ovvero le nuove linee devono cercare di toccare territori quanto meno abitati possibili, in modo che sia maggiore il limite ammesso (vedi i diversi limiti per le diverse classi di utilizzo del territorio riportati nel DPCM del 14 Novembre 1997) e di tenersi più lontano possibile da ospedali, scuole e quant’altro.

La norma, comunque, prevede il caso di incompatibilità con i limiti da essa stessa imposti, ovvero prevede il caso in cui la disposizione mutua fra linee e centri abitati, o altri fattori rendano impossibile l’abbattimento del rumore fin sotto i valori imposti. Per questo motivo sono imposti dei limiti tassativi da rispettarsi (indipendentemente dal tipo di infrastruttura):

 35 dB(A) notturno per ospedali, case di cura e case di riposo;  40 dB(A) notturno per tutti gli altri recettori;

 45 dB(A) diurno per le scuole.

Il contenimento delle emissioni entro tali limiti prevede provvedimenti attuati sotto la supervisione di un’apposita commissione attuata con specifico decreto ministeriale. Più in generale, i gestori delle infrastrutture dovranno prevedere appositi piani di bonifica acustica da prevedersi in caso di superamento dei limiti di legge, oltre che accantonare una percentuale dei ricavi annuali (7%) per interventi mirati in tal senso. La normativa mira a responsabilizzare anche i costruttori del materiale rotabile, imponendo loro (art. 6) appositi limiti di emissione da rispettarsi al momento di costruzione e ad ogni successiva revisione (ogni 6 anni o ogni 5 nel caso di materiale rotabile con velocità di esercizio superiore ai 200 km/h).

2.2.7 – DM del 29 novembre 2000

Il DM del 29 Novembre 2000 (“Criteri per la predisposizione, da parte delle società e degli enti gestori dei servizi pubblici di trasporto o delle relative infrastrutture, dei piani degli interventi di contenimento e abbattimento del rumore”), obbliga i gestori di attività inquinanti sotto l’aspetto acustico (ad esclusione di Comuni, Province e Regioni) ad individuare aree dove i limiti non vengono rispettati ed a elaborare di conseguenza appositi piani di contenimento delle emissioni.

(21)

L’iter competente a ciascun gestore di servizi di trasporto e infrastrutture prevede come primo passo quello di individuare tutte le zone interessate dal superamento dei limiti imposti dalle leggi descritte sopra. Nel caso si sovrappongano zone con limiti differenti (come due fasce di pertinenza di diverse infrastrutture) si fa ovviamente riferimento ai limiti più stringenti (ovvero, se un limite è posto a 40dB e l’altro a 50dB, sarà il primo, ovvero quello più vincolante, ad dover essere considerato).

Tale attività viene aggiornata nel tempo dato che cambiamenti nel traffico (o nuove realizzazioni) possono comportare un aggiornamento dei controlli svolti. I dati così rilevati vengono trasmessi ai Comuni, alle Regioni e agli altri enti ritenuti competenti, seguiti entro 18 mesi da un piano di contenimento ed abbattimento dell’inquinamento acustico. Seguono poi, per la maggior parte dei casi un periodo di 15 anni entro i quali i provvedimenti devono essere attuati (e le emissioni devono quindi tornare entro i limiti). I piani così presentati devono prevedere:

a) l’individuazione degli interventi e le relative modalità di realizzazione;

b) la presenza di infrastrutture concorrenti al superamento dei limiti: è ovvio come il superamento dei limiti imposti dalla legge sia dovuto alla contemporanea emissione di diverse sorgenti. La norma stessa (Allegato 4) suggerisce un metodo per calcolare in quale percentuale si possa stabilire la “responsabilità” di un intervento e, quindi, quale debba essere il contributo dei diversi gestori coinvolti nell’operazione.

c) l’indicazione dei tempi di esecuzione e dei costi previsti: nell’Allegato 3 la norma suggerisce quali possano essere dei prezzi ragionevoli di esecuzione di alcune fra le più comuni opere di risanamento previste.

d) il grado di priorità di ciascun intervento: nell’Allegato 1 della legge stessa si riporta il metodo di calcolo dell’indice di priorità stesso, che è basato sul grado di superamento del limite imposto per la zona in questione e per il numero di recettori esposti al “rumore”, avendo l’accortezza di aggiungere un coefficiente moltiplicativo per zone sensibili quali ospedali o scuole.

e) eventuali interventi attuati sui recettori. Come suggerito dall’art. 5 della norma gli interventi possono svolgersi su 3 direttrici: fonte del rumore, via di propagazione e recettori. Quest’ultimo intervento, tuttavia, risulta, oltre che invasivo nei confronti del recettore stesso, anche una soluzione abbastanza parziale, in quanto permette di risolvere il problema solo per alcuni soggetti ed in alcuni casi non completamente (si pensi all’installazione di finestre fono-isolanti).

(22)

Per questo motivo si permette una soluzione simile solo qualora altre soluzioni si siano rivelate irrealizzabili dal punto di vista tecnologico o tecnico o siano eccessivamente penalizzanti dal punto di vista economico.

L’aspetto acustico viene dunque trattato alla stregua di ogni altro inquinamento, responsabilizzando i gestori sulle emissioni effettivamente accettabili e sulle eventuali procedure di abbattimento/contenimento attuabili. L’operato di tali gestori viene controllato dal Ministero dell’Ambiente, dalle Regioni e dai Comuni, ai quali ogni 31 marzo di ogni anno devono essere inviati, da parte dei vari enti gestori, aggiornamenti riguardo l’entità dei fondi accantonati per interventi di risanamento (art.10 della legge quadro) e circa lo stato di avanzamento degli interventi previsti o già conclusi (per informare gli enti competenti della loro manutenzione).

2.2.8 – Direttiva 49/2002/CE

Nel presente lavoro il problema dell’inquinamento acustico è stato affrontato facendo riferimento finora alla legislazione tuttora vigente in Italia. È tuttavia opportuno, per completare il quadro fin qui sinteticamente tracciato, fare un breve cenno anche alla normativa europea e in particolare alla direttiva 2002/49/CE del Parlamento Europeo (25 giugno 2002) relativa alla determinazione del rumore ambientale, che è stata recepita in Italia con il decreto legislativo n. 194 del 19 agosto 2005.

Le novità introdotte dalla direttiva sono molte e la loro integrazone all’interno della normativa nazionale comporta difficoltà legate soprattutto al fatto che essa introduce descrittori acustici diversi da quelli previsti dalla legge quadro n. 447 del 26 ottobre 1995. Si riportano i punti salienti della direttiva:

1. utilizzo di nuovi descrittori acustici e, conseguentemente, specifiche metodologie di

calcolo;

2. introduzione di mappature acustiche strategiche per gli agglomerati urbani e per le zone extraurbane vicine alle infrastrutture;

3. adozione da parte degli Stati membri di piani d’azione, a scadenze prefissate, volti alla riduzione dell’inquinamento acustico laddove necessario e alla conservazione della qualità acustica qualora questa sia buona;

4. attenzione rivolta alla informazione e consultazione della popolazione relativamente al rumore e ai suoi effetti;

5. identificazione e conservazione delle aree di quiete.

(23)

I descrittori acustici e le metodologie di calcolo

La direttiva si pone come obiettivo quello di migliorare il livello di tutela della salute e dell’ambiente dal punto di vista acustico attraverso l’utilizzo di descrittori e metodi, armonizzati a livello comunitario, per la determinazione dei livelli di esposizione, lasciando ai singoli Stati membri il compito di determinare i valori dei livelli massimi di esposizione in modo da tener conto delle specifiche esigenze locali. La direttiva individua, quali descrittori acustici comuni per tutti gli Stati membri, i seguenti parametri:

o Lden (livello giorno-sera-notte) come indicatore generale di disturbo;

o Lnight (livello del rumore notturno) come indicatore per i disturbi del sonno.

I descrittori acustici indicati servono per elaborare le mappature acustiche strategiche, devono essere determinati sul periodo di un anno e sono così definiti:

+

+

=

12

10

10

4

10

10

8

10

10

24

1

log

10

night evening day L L L den

L

in db(A) (30)

avendo indicato con:

 Lday il livello sonoro medio a lungo termine ponderato «A», definito alla norma ISO

1996-2: 1987, determinato sull'insieme dei periodi diurni di un anno;

 Levening il livello sonoro medio a lungo termine ponderato «A», definito alla norma ISO

1996-2: 1987, determinato sull'insieme dei periodi serali di un anno;

 Lnight il livello sonoro medio a lungo termine ponderato «A», definito alla norma ISO

1996-2: 1987, determinato sull'insieme dei periodi notturni di un anno;

Il calcolo di Lden prevede la divisione delle 24 ore del giorno in 3 periodi (giorno, sera, notte) : la direttiva consiglia di considerare la durata del giorno pari a 12 ore (fascia 07:00-19:00), quella della sera pari a 4 ore (fascia 19:00-23:00) e quella della notte pari a 8 ore (fascia 23:00-07:00), ma lascia agli Stati membri il compito di adattare la durata in modo da facilitare l’implementazione della norma nelle legislazioni nazionali.

(24)

Il livello Lnight è il livello sonoro medio a lungo termine ponderato «A» così come definito nella norma ISO 1996-2:1987, relativo a tutti i periodi notturni di un anno e in cui la durata della notte è di 8 ore (o come eventualmente modificato dal singolo stato membro).

Per quanto riguarda il periodo di determinazione dei due descrittori, la direttiva fa riferimento a un anno inteso come anno di osservazione per l’emissione acustica e anno medio sotto il profilo meteorologico. Il valore dei descrittori acustici ai fini della mappatura acustica strategica può essere determinato mediante misurazione o calcolo. Per ciò che riguarda la misurazione, il punto di misura deve essere posto sulla facciata più esposta alla sorgente specifica e a un’altezza pari a 4 metri, considerando solo il livello sonoro incidente e tralasciando il suono riflesso dalla facciata degli edifici. È chiaro che descrittori a lungo termine come Lden e Lnight si prestano in modo particolare ad essere determinati attraverso il calcolo: per questo motivo la direttiva prevede dei metodi provvisori di previsione lasciando comunque la facoltà agli Stati membri di utilizzare altri metodi, autorizzati dalle legislazioni nazionali, purchè si dimostri che forniscono risultati equivalenti a quelli ottenuti con i metodi provvisori raccomandati.

I “modelli provvisori” per il calcolo, riportati nell’Allegato 2, sono:

 ISO 9613-2:1996 per il rumore dell’attività industriale;  Documento 29 ECAC.CEAC per il rumore aeroportuale;  Metodo francese NMPB-Routes.96 per il rumore stradale;  Metodo olandese RMR-96 per il rumore ferroviario.

Le mappature acustiche strategiche

Le mappe acustiche strategiche sono delle rappresentazioni di dati che possono riguardare aspetti diversi. La direttiva prevede, infatti, che si possano realizzare delle mappature relativamente a:

• situazioni di rumore precedenti, esistenti o previste in funzione di un • descrittore acustico;

• superamento di un valore limite;

• numero stimato di ricettori esposti a specifici valori di un descrittore • acustico;

• numero stimato di persone che si trovano in una zona esposta al rumore.

(25)

All’interno della direttiva vengono date indicazioni riguardo i tempi di predisposizione delle mappature strategiche relative a:

• agglomerati con più di 250000 abitanti;

• assi stradali su cui transitano più di 6 milioni di veicoli all’anno; • assi ferroviari su cui transitano più di 60000 convogli all’anno; • aeroporti principali.

Le mappe acustiche strategiche devono soddisfare requisiti specifici ed essere riesaminate e rielaborate in funzione della necessità, almeno ogni cinque anni a partire dalla prima compilazione.

I piani d’azione

I piani d’azione sono i piani destinati a gestire i problemi legati all’inquinamento acustico e i relativi effetti che le autorità competenti devono mettere a punto sulla base delle indicazioni contenute nelle mappe strategiche. All’interno dei piani d’azione devono essere previste tutte le misure atte a diminuire il rumore nelle zone in cui i livelli massimi sono superati oppure ad evitare l’aumento di rumore nelle zone silenziose. Così come per le mappe acustiche strategiche sono previsti sia i termini entro cui le autorità competenti devono predisporre i piani sia la rielaborazione dei piani stessi almeno ogni 5 anni.

L’informazione della popolazione

La direttiva assegna un ruolo importante alla consultazione e informazione della popolazione, la cui partecipazione attiva alla trattazione del problema è considerata un elemento chiave per la risoluzione programmatica e sostenibile dello stesso. Per questo motivo ci sono disposizioni specifiche affinché le mappe strategiche e i piani d’azione siano resi disponibili e divulgati al pubblico in modo chiaro, comprensibile e accessibile.

Le aree di quiete

L’ambito di applicazione della direttiva riguarda il rumore ambientale “cui è esposto l’essere umano in particolare nelle zone edificate, nei parchi pubblici o in altre zone silenziose degli agglomerati, nelle zone silenziose in aperta campagna, nei pressi delle scuole, degli ospedali e di altri edifici e zone particolarmente sensibili al rumore.” È evidente l’intenzione di voler preservare la tutela acustica delle cosiddette ”zone di quiete”, in quanto considerata un elemento indispensabile alla loro fruizione.

Riferimenti

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