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A) Ruolo della γ-glutamiltransferasi (GGT) nell’uptake cellulare dell’acido ascorbico

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Academic year: 2021

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Riassunto

L’equilibrio redox cellulare svolge un ruolo fondamentale negli organismi viventi, contribuendo alla modulazione di numerosi processi biologici, quali ad es.

l’attivazione di fattori di trascrizione, la progressione del ciclo cellulare, la trasmissione di segnali intracellulari.

Il glutatione (GSH) é il più importante sistema di regolazione degli equilibri redox cellulari. I tioli proteici, in particolare, possono andare incontro a una vasta gamma di modificazioni reversibili regolate dal GSH, quali ad es. S-glutationilazione, S- nitrosilazione e formazione di disolfuri. Il GSH svolge gran parte della sua attività di regolatore dello stato redox in qualità di cofattore o substrato di numerosi enzimi, quali GSH perossidasi, deidroascorbato reduttasi, glutaredoxina, GSH-transferasi, γ- glutamil transferasi.

Oggetto di questa tesi é stato lo studio di nuovi aspetti biochimici e funzionali di due dei enzimi glutatione-dipendenti, la γ-glutamil transferasi (GGT) e le glutatione transferasi-omega (GSTO), da tempo studiati nei laboratori presso cui ho svolto la mia attività di ricerca.

In particolare, le nostre ricerche si sono sviluppate secondo le seguenti linee:

A) ruolo della γ-glutamiltransferasi (GGT) nell’uptake cellulare dell’acido ascorbico.

B) la traslocazione nucleare della GSTO1 come marker di progressione tumorale nell’Esofago di Barrett.

C) meccanismi d’espressione delle GSTO in linee cellulari umane.

Descriveremo separatamente queste tre linee di ricerca.

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A) Ruolo della γ-glutamiltransferasi (GGT) nell’uptake cellulare dell’acido ascorbico

Introduzione e obiettivi

L'acido ascorbico (AA) o vitamina C svolge un importante ruolo negli organismi viventi sia come cofattore di enzimi, sia come sistema antiossidante. Nell’espletare queste funzioni l’AA va incontro ad ossidazione prima a radicale semideidroascorbato (SDAR) e, successivamente, a deidroascorbato (DHA).

E’ stato ampiamente dimostrato che le cellule di mammifero sono in grado di ridurre molto velocemente ed efficientemente le forme ossidate dell’AA, ripristinando la forma funzionalmente attiva della vitamina C. Questi meccanismi permettono di mantenere una concentrazione costante di AA, nonostante la continua ossidazione da parte dei radicali liberi. La riduzione del DHA può inoltre svolgere un ruolo importante nella captazione della vitamina C da parte delle cellule. Molti tipi cellulari infatti possono acquisire la vitamina C sotto forma di DHA. Quest'ultimo viene infatti trasportato all’interno delle cellule con un meccanismo di diffusione facilitata mediato dai trasportatori del glucosio (GLUTs) e rapidamente ridotto ad AA all’interno delle cellule.

Un uptake rapido ed efficiente di AA é stato descritto in molte linee cellulari tumorali umane. In particolare é stata suggerita la presenza nel compartimento extracellulare dei tumori di attività in grado di ossidare l’AA a DHA, favorendo pertanto l’uptake della vitamina C da parte delle cellule tumorali; nessuna caratterizzazione di tale attività ascorbato-ossidasica é stata però fornita.

Un’alta attività di GGT è stata osservata in numerosi tumori maligni umani ed è da tempo considerata come un marker precoce di progressione neoplastica in modelli di carcinogenesi sperimentale. Quest’ultimo aspetto ha portato ad ipotizzare che la GGT possa fornire alle cellule tumorali degli importanti vantaggi sia in termini di sopravvivenza che di crescita.

Numerose evidenze sperimentali raccolte nel nostro ed in altri laboratori hanno messo in evidenza come la GGT espleti un’importante azione "proossidante"

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nell’ambiente extracellulare. E' stato infatti osservato che cisteina e cisteinil-glicina, prodotti dell’attività dell’enzima, sono in grado di interagire con gli ioni dei metalli di transizione presenti in tracce nell'ambiente extracellulare promovendone la riduzione e innescando, di conseguenza, un ciclo redox con l’ossigeno con produzione di anione superossido ed acqua ossigenata.

Alla luce delle suddette premesse, lo scopo del presente studio é stato quello di valutare se la GGT della plasma membrana possa esercitare un’attività ascorbato- ossidasica, consentendo l’uptake della vitamina C da parte delle cellule tumorali sotto forma di DHA. Dato il noto ruolo antiossidante dell’AA, tale fenomeno darebbe luogo ad un’aumentata resistenza delle cellule tumorali nei confronti di eventi ossidativi, compresi quelli indotti da molti farmaci antineoplastici e dalla radioterapia.

Risultati e discussione

In sistemi in vitro acellulari l’attivazione della GGT causa, insieme con la nota idrolisi del GSH, l'ossidazione dell'AA a DHA; tale ossidazione viene inibita sia dal complesso serina/acido borico (SEB), inibitore competitivo della GGT, sia dalla presenza degli enzimi superossido dismutasi e catalasi nel mezzo di incubazione. I dati ottenuti sembrano dunque indicare che l’azione proossidante della GGT è in grado di promuovere l’ossidazione dell’AA.

Abbiamo successivamente valutato se anche cellule con diversa attività di GGT potessero promuovere l’ossidazione dell’AA extracellulare. Sono state usate due diverse linee di cellule tumorali derivanti dalla stessa metastasi subcutanea di melanoma umano, il clone Me665/2/60 (“clone 60”) con una elevata attività GGTasica (26 mU/mg di proteina) ed il clone Me665/2/21 (“clone 21”) con livelli molto bassi di attività (0,2 mU/mg di proteina). La stimolazione dell’attività GGTasica nel clone 60 ha come effetto principale, parallelamente all’idrolisi del glutatione, un forte aumento dell'ossidazione dell’AA extracellulare e, contemporaneamente, un aumento significativo (circa tre volte) della concentrazione dell’AA intracellulare. Al contrario, si osservano solo minime variazioni nella concentrazione dell’AA extracellulare e nei livelli intracellulari di vitamina C

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quando l’attività GGTasica è stimolata nel clone 21. Se però incrementiamo l’attività GGTasica del clone 21, mediante transfezione transiente con il cDNA della GGT umana, le cellule acquisiscono una capacità di ossidare l’AA extracellulare e di aumentare i livelli intracellulari di vitamina C in maniera paragonabile a quella del clone 60.

I dati ottenuti ci hanno portato quindi ad ipotizzare che gli aumentati livelli intracellulari di vitamina C siano dovuti al trasporto e alla riduzione intracellulare del DHA prodotto dall’attività della GGT. Abbiamo pertanto condotto esperimenti allo scopo di valutare il possibile coinvolgimento dei trasportatori GLUT nella captazione del DHA. Abbiamo osservato che la captazione di vitamina C é significativamente ridotta sia in presenza di elevate concentrazioni di glucosio, il normale substrato dei GLUT, sia in presenza di citocalasina B, inibitore non competitivo dei GLUT.

Sulla base di questi dati possiamo dunque affermare che la GGT può svolgere un’azione ascorbato ossidasica nell’ambiente extracellulare, consentendo l’uptake cellulare di vitamina C sotto forma di DHA. Questo meccanismo potrebbe rendere ragione, almeno in parte, dell’elevata captazione di vitamina C riscontrata in numerosi tumori.

B) La traslocazione nucleare della glutatione transferasi Omega 1 (GSTO1) come marker di progressione nucleare nell’Esofago di Barrett.

Introduzione e obiettivi

L’esofago di Barrett (EB), descritto per la prima volta nel 1950 dal Dr. Norman Barrett, é una condizione patologica in cui l’epitelio squamoso distale dell’esofago viene rimpiazzato da epitelio colonnare intestinale con cellule caliciformi. Si osserva nel 5%-15% degli individui con reflusso gastroesofageo cronico e si ritiene che tale metaplasia sia una conseguenza dell’insufficienza dei meccanismi difensivi della

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mucosa esofagea nei confronti del danno cronico operato dai costituenti del reflusso gastroesofageo: ioni idrogeno, pepsina, tripsina, acidi biliari, ecc.

Gli adenocarcinomi (AC) rappresentano la più grave complicanza dell’esofago di Barrett: i pazienti con tale malattia hanno un rischio 30-125 volte più elevato di sviluppare un carcinoma esofageo rispetto alla popolazione generale. L’insorgenza del carcinoma é in genere preceduta da varie forme di displasia nell’epitelio metaplastico. Pertanto é di fondamentale importanza il riconoscimento della displasia nei pazienti con Esofago di Barrett.

Recentemente é stata descritta una nuova famiglia di proteine ampiamente diffuse nei mammiferi. A causa della loro omologia con le glutatione transferasi (GST), sono state incluse in una nuova famiglia denominata glutatione transferasi omega (GSTO).

Per quanto appartengano alla superfamiglia delle GST, queste proteine non mostrano le tipiche attività delle GST, ma hanno viceversa tutta una serie di caratteristiche che le indicano come “stress response proteins” di piccolo peso molecolare, esercitando funzioni di protezione nei confronti di varie forme di stress ossidativo, chimico e termico. Considerate queste funzioni protettive delle GSTO, abbiamo intrapreso uno studio al fine di verificare se un’aumentata espressione della GSTO1 (la forma più diffusa nell’uomo) o una sua traslocazione nel nucleo (tipico comportamento delle stress proteins) possano costituire un meccanismo di resistenza delle cellule all’ambiente ostile, fattore che potrebbe avere un ruolo determinante nella progressione dell’epitelio di Barrett verso la displasia e successivamente il cancro.

Risultati e discussione

Lo studio é stato condotto in collaborazione con l’UO di Grastroenterolgia dell’AOUP.

Sono stati esaminati 46 pazienti, 33 uomini e 12 donne, con un’età media di 62,8 (+/- 14). Di questi 44 presentavano Esofago di Barrett (EB), mentre 2 mostravano un adenocarcinoma conclamato. Tra i pazienti con EB, 22/44 non mostravano displasia, 7/44 mostravano diplasia di basso grado (DBG), 9/44 displasia di alto grado (DAG).

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Su 6/44 non é stato possibile fare diagnosi certa di displasia e pertanto sono stati classificati come "indeterminati per la displasia".

Il nostro studio ha avuto lo scopo di evidenziare la localizzazione della GSTO1 tramite tecniche di immunoistochimica a livello della mucosa metaplastica di Barrett distinguendo localizzazione esclusivamente citoplasmatica, esclusivamente nucleare o diffusa (sia nucleare che citoplasmatica). L’anticorpo utilizzato é stato prodotto nel nostro laboratorio tramite immunizzazione di conigli New Zealand con la GSTO1 umana ricombinante. Data l’omologia di struttura, l’anticorpo mostra una leggera interazione anche con la GSTO2, forma che però é particolarmente espressa solo a livello del testicolo. L’esame con RT-PCR di un frammento di biopsia ha confermato che la GSTO1 é la forma prevalentemente espressa nella mucosa di Barrett.

In tutti i preparati l’anticorpo diretto contro la GSTO1 evidenzia una immunoreattività più intensa nelle cellule epiteliali ed una molto sfumata nelle strutture mesenchimali. L’intensità della colorazione non risulta significativamente diversa nei vari gradi della patologia. Al contrario la distribuzione della colorazione all’interno delle cellule epiteliali appare diversa nei vari livelli di progressione della patologia. Nei 22 casi senza displasia, 13 mostravano localizzazione citoplasmatica, 5 colorazione diffusa e solo 4 prevalente colorazione nucleare. Al contrario tutti i casi con chiara displasia, sia di basso grado (7 casi) sia di alto grado (9 casi), mostravano una localizzazione prevalentemente nucleare della GSTO. La prevalenza della localizzazione nucleare tra i casi senza displasia e quelli con diplasia é significativamente diversa (p< 0,0001). Dei 6 casi non definiti per la displasia, 2 mostravano colorazione nucleare, 2 citosolica e 2 diffusa. Dei 2 casi di adenocarcinoma, uno mostrava prevalente localizzazione nucleare, mentre l’altro mostrava prevalente localizzazione nucleare nelle aree più differenziate e diffusa in quelle meno differenziate.

In conclusione questi dati ci indicano che la traslocazione nucleare della GSTO1 può essere un marker di diplasia nell’Esofago di Barrett. Questo dato é infatti costantemente presente in tutti i casi di diplasia, mentre é presente solamente in 4/22 casi di malattia di Barrett senza displasia. Questo dato fa anche supporre che la

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traslocazione di GSTO1 svolga una funzione specifica nella progressione dell’Esofago di Barrett verso la neoplasia.

In studi preliminari su cellule HeLa abbiamo osservato che lo shock termico (44°C x 120 min) causa una netta traslocazione nucleare della GSTO1, comportamento condiviso da molte stress protein di piccolo peso molecolare in situazioni di stress cellulare.

Per quanto siano necessari ulteriori studi per precisare il ruolo biologico della traslocazione nucleare di GSTO1, la determinazione istochimica della localizzazione di GSTO1 nei campioni bioptici potrebbe fornire uno strumento diagnostico utile per incrementare la specificità e la sensibilità della diagnosi di displasia nella malattia di Barrett.

C) Meccanismi d’espressione delle Glutatione transferasi Omega (GSTO) in linee cellulari umane

Introduzione e obiettivi

Nonostante le Glutatione Transferasi-Omega siano state identificate da alcuni anni, niente é attualmente noto circa i meccanismi che regolano l’espressione di queste proteine. In questo studio abbiamo valutato due possibili meccanismi: la stimolazione con TNFα e l’effetto della densità cellulare.

Il primo modello é stato scelto perchè é noto che altre GST e shock protein sono indotte dal TNFα. La scelta del secondo modello deriva invece da nostri esperimenti preliminari, nel corso dei quali abbiamo osservato in varie linee cellulari umane che l’aumentata densità cellulare porta ad una forte sovraespressione delle GSTO.

L’espressione densità-dipendente é un meccanismo già noto per molte proteine, quali ad es. la hsp27 e la fosfoenolpiruvatossichinasi. Sono stati trovati implicati, a seconda dei casi, vari meccanismi, quali l’instaurarsi delle connessioni tra cellule o tra cellule e substrato, l’ipossia pericellulare, la produzione di fattori diffusibili come ad es. NO, il ciclo cellulare, ed altri.

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Risulati e discussione a) Trattamento con TNFα

Il trattamento del clone Me665/2/21 (clone 21) con TNFα porta ad un’aumentata espressione della GSTO valutata tramite immunoblotting. Tale aumento é massimo alla dose di TNFα di 10 ng/ml. Poiché, come già detto nella descrizione della precedente linea di ricerca, l’attuale anticorpo contro la GSTO1 interagisce, sia pur debolmente, anche con la GSTO2, non é possibile affermare con sicurezza che l’aumentata espressione sia totalmente a carico della GSTO1. Effettuando la RT- PCR con due coppie di primer specifici per le due forme, si osserva che il trattamento con TNFα induce l’aumento del mRNA della sola GSTO1. Si può quindi concludere che l’aumentata espressione causata dal TNFα é a carico della GSTO1 e che é causata, almeno in parte, da un aumentata trascrizione genica.

E’ noto che molti effetti della stimolazione con TNF-α sono mediati dall’attivazione del fattore nucleare NFkB. Tale attivazione è stata confermata anche nel nostro modello sperimentale tramite EMSA (Electrophoretic Mobility Shift Assay).

Esperimenti con il partenolide (inibitore di NFkB), hanno mostrato che l’inibizione dell’attivazione di NFkB blocca anche l’aumentata espressione di GSTO1 indotta dal TNF-α. Questi dati fanno pertanto supporre che il gene per la GSTO1 faccia parte del pattern di geni la cui trascrizione è regolata da NFkB.

b) Effetto dell’aumento della densità cellulare sulla espressione della GSTO

Il modello ad alta densità è stato ottenuto tramite due diversi approcci: 1) analisi nel tempo (ogni 24 ore a partire dalla semina fino a 96 ore) di campioni con lo stesso numero iniziale di cellule (4,8x103 cellule/ cm2); 2) analisi nel medesimo tempo, ovvero dopo 24 ore di crescita, di campioni di cellule seminate a diverse densità (4,8x103 e 38,4x103 cellule/cm2). Tale studio è stato inizialmente condotto su una linea di melanoma umano (clone 21); successivamente è stato esteso ad altre linee cellulari umane con crescita in adesione, come un secondo clone della linea di melanoma (clone 60) e le HeLa. In tutti i casi si è osservato che ad un’aumentata

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densità cellulare corrisponde un notevole incremento delle GSTO valutato determinando sia la quantità della proteina tramite Immunoblotting, sia la quantità dei relativi mRNA tramite RT-PCR. Con questo secondo metodo abbiamo verificato che l’incremento riguarda lo mRNA sia della GSTO1 che della GSTO2, anche se la prima appare più coinvolta.

La modulazione dell’espressione di proteine da parte della densità cellulare é, come detto nella introduzione, un fenomeno noto e i meccanismi coinvolti possono essere molti: giunzioni cellulari, variazioni del ciclo cellulare, ipossia pericellulare, ecc. Lo studio è stato quindi approfondito vagliando tutte queste possibilità

Per verificare se l’induzione fosse dovuta all’instaurarsi delle connessioni tra cellule o tra cellule e substrato, gli esperimenti sono stati ripetuti utilizzando linee cellulari la cui modalità di crescita è in sospensione, come le U937, le Jurkat e le Kg1A.

Anche in tali esperimenti si é osservata la sovraespressione densità-dipendente delle GSTO, escludendo pertanto un ruolo delle giunzioni nella regolazione dell’espressione delle GSTO.

E’ stata quindi valutata l’ipotesi di una relazione tra l’aumento dell’espressione delle GSTO e il ciclo cellulare, supponendo che l’aumentata densità cellulare provochi un incremento delle cellule in G0/G1. Utilizzando l’analisi al FACS con Ioduro di Propidio, si é però verificato che, nelle nostre condizioni sperimentali, non si avevano variazioni significative della distribuzione cellulare nelle varie fasi del ciclo.

Abbiamo successivamente valutato il ruolo della ipossia pericellulare, ossia quell’ipossia locale che si viene a creare tra cellule adiacenti all’aumentare della densità cellulare. Per mimare l’ipossia abbiamo utilizzato il cobalto cloruro (CoCl2), una sostanza che, competendo con il Fe2+ per il legame al sensore di O2, riproduce uno stato simile a quello dell’ipossia cronica pur in presenza di livelli normali di O2. Il risultato di questi esperimenti non ha mostrato fenomeni d’induzione a carico delle GSTO. L’ipotesi è stata ulteriormente valutata mantenendo cellule ad alta densità in agitazione per 24 ore: questo trattamento, che impedisce il formarsi di un’ipossia pericellulare, non evita la sovraespressione delle GSTO densità-dipendente.

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Abbiamo successivamente preso in esame la possibilità che l’induzione fosse dovuta ad un fattore diffusibile. Per questo motivo sono stati allestiti esperimenti con l’uso di piastre da co-colture in cui abbiamo seminato le stesse cellule ma a due densità diverse (alta e bassa) in due distinti settori separati da una membrana millipore. Lo scopo era quello di valutare se le cellule ad alta densità producessero un fattore diffusibile, in grado di indurre l’espressione delle GSTO nelle cellule a bassa densità.

Il risultato negativo dell’esperimento depone a sfavore della presenza di un fattore diffusibile. Non si può escludere tuttavia che il fenomeno sia dovuto a un fattore molto labile che possa agire solo se le cellule sono a stretto contatto.

Fattori diffusibili estremamente labili sono rappresentati dalle specie reattive dell’ossigeno (ROS). I ROS possono effettivamente essere prodotti nell’ambiente extracellulare da molti tipi cellulari tramite attività enzimatiche, quali NADPH- ossidasi e GGT. Abbiamo pertanto voluto verificare l’ipotesi che la sovraespressione densità-dipendente delle GSTO sia dovuta a una produzione extracellulare di ROS.

Attualmente abbiamo condotto esperimenti preliminari, trattando cellule HeLa ad alta densità con superossido dismutasi (SOD). Tale trattamento inibisce completamente la sovraespressione delle GSTO, riportandola ai valori basali osservati nelle colture a bassa densità. Tali dati dovranno essere confermati con l’uso di altri sistemi antiossidanti, anche al fine di individuare possibilmente le specie molecolari maggiormente coinvolte.

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