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U NIVERSITÀ DI P ISA

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Academic year: 2021

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U NIVERSITÀ DI P ISA

D IPARTIMENTO DI C IVILTÀ E F ORME DEL S APERE

C ORSO DI L AUREA IN S TORIA E CIVILTÀ

T ESI DI L AUREA M AGISTRALE

S ANTI , V ESCOVI ED É LITES LOCALI NEL

M EZZOGIORNO FRA X I E X II SECOLO . I NTORNO ALLA T RASLAZIONE DI S AN

N ICOLA A B ARI (1 087 )

Relatore

Prof. Mauro R ONZANI

Correlatore: Laureando:

Prof. Giuseppe P ETRALIA Nicolò G ALLUZZI Dott. Alberto C OTZA

Anno Accademico 2019-2020

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Indice

Abbreviazioni ...

Introduzione. N OMEN O MEN : UN S ANTO E UNA C ITTÀ ... 1

Oggetto dello studio: le Historiae translationis s. Nicolai ... 3

Gli studi sulla traslazione di san Nicola e sulle Historiae translationis ... 8

Struttura della tesi ... 16

Capitolo 1. C ONTESTO , F ONTI E A UTORI ... 19

1009-1089: Il Secolo Breve di Bari ... 19

Le fonti e gli autori ... 37

Cronache e Annali ... 37

I documenti ... 40

Le Historiae translationis ... 48

Capitolo 2. C ITTÀ , S ANTI E V ESCOVI NELLE H ISTORIAE DI N ICEFORO E G IOVANNI A RCIDIACONO ... 57

Fra populus e vulgus: l’Historia translationis di Niceforo ... 57

Majestas omnipotens per mortalium actiones. L’Historia di Giovanni Arcidiacono.. 69

Fratture e resilienze. Contesto di produzione e funzione delle Historiae translationis ... 81

Capitolo 3. U N C ULTO PER D UE . S ANTI E R ELIQUIE FRA B ARI , C ANOSA , V ENEZIA E B ENEVENTO ... 102

Una sede, due santi. Lo scontro fra Bari e Canosa per il culto di san Sabino ... 102

Bari o Venezia. Dov’è san Nicola? ... 113

Bari e Benevento: una città santa per due ... 120

Conclusioni ... 127

Mappe e ricostruzioni ... 134

Bibliografia ... 139

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Abbreviazioni

Adventus

:

Adventus S. Nycolai in Beneventum (BHL 6206), a cura di G. C

ANGIANO

, Atti della società storica del Sannio 2 (1924), 131-162

An.Lit.

:

M

ONACHI

A

NONYMI

L

ITTORENSIS

, Historia de translatione sanctorum magni Nicolai ejusdem avunculi alterius Nicolai Theodorique martyris pretiosi de civitate mirea in monasterium s. Nicolai de Littore venetianum. 6 dec. 1100, in Recueil des Historiens des Croisades, Historiens Occidentaux, V, Paris 1895, pp. 253-292

Annales Barenses: Annales Barenses (605-1043), ed. G.H. P

ERTZ

, in M

GH

, SS V, Hannover 1844, pp. 51-56

Anonimo Barese: A

NONYMUS

B

ARENSIS

, Chronicon (855-1149), ed. L.A. M

URATORI

, in R

IS

V, Milano 1724, pp.147-156

C

DB

, I: Codice Diplomatico Barese, I, Le pergamene del Duomo di Bari (952-1264), a cura di G. B. N

ITTO

D

E

R

OSSI

e F. N

ITTI

D

I

V

ITO

, Bari 1897

C

DB

, IV

:

Codice Diplomatico Barese, IV. Le pergamene di S. Nicola di Bari. Periodo greco (939-1071), a cura di F. N

ITTI

D

I

V

ITO

, Trani 1900

C

DB

, V: Codice Diplomatico Barese, V. Le pergamene di S. Nicola di Bari. Periodo normanno (1075-1194), a cura di F. N

ITTI

D

I

V

ITO

, Trani 1902

Inventio s. Sabin

i:

I

OHANNES

A

RCHIDIACONUS

, Historia inventionis s. Sabini episc.

Canusini, in Act. SS. Febr. II, pp. 329-331

Lupus

:

L

UPUS

P

ROTOSPATARIUS

, Rerum in regno neapolitano gestarum breve chronicon, ed. G.H. P

ERTZ

, in M

GH

, SS V, Hannover 1844, pp. 52-63

N.Ben: N

ICEPHORUS

C

LERICUS

, Translatio S. Nicolai in Varum, in N. P

UTIGNANI

, Istoria della vita, de’ miracoli e della traslazione del gran taumaturgo S. Niccolò, arcivescovo di Mira, padrone e protettore della città e della provincia di Bari, Napoli 1771, pp. 551-568

N.Vat: Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. Lat. 6074, ff. 5v-10v

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Introduzione

N OMEN O MEN : U N S ANTO E UNA C ITTÀ

Nomen omen. Ma prima ancora: annus omen. Infatti, credo sia una bizzarra coincidenza il fatto che il 23 febbraio scorso, qualche giorno prima che io scrivessi – per ultime – queste prime pagine di una tesi dedicata alla cultura e alla storia barese, ci lasciasse una delle figure più importanti del pensiero contemporaneo meridionale, Franco Cassano. Un pensiero, il suo, che ha irrimediabilmente condizionato l’approccio della mia e delle generazioni precedenti al proprio territorio e al posizionamento rispetto al macro-contesto economico, sociale e politico. Cassano, infatti, era stato autore nel 1996 del pensiero meridiano, un contributo che tentava di dare dignità e riscatto al Sud e allo spazio mediterraneo come possibilità di ridefinizione della modernità, dello sviluppo della globalizzazione inconsapevole ed incontrollata. Nell’ottica di “ripensamento della frontiera”, il Mezzogiorno non veniva più considerato come confine fra i mondi che si erano contrapposti fino alla caduta del muro di Berlino del 1989, ma come ponte nel Mediterraneo, in un riposizionamento proprio della Puglia e del suo capoluogo, Bari, città di homines novi, che guarda verso l’Oriente: un altro mare, un altro orizzonte, un altro destino.

1

Nella riscrittura del destino di questa regione e della città, il culto di s. Nicola ha da sempre rappresentato lo strumento necessario di qualsiasi strategia di rinnovo degli orizzonti, grazie alla sua natura stessa di ponte, di legame indissolubile con l’Oriente.

Così, dopo il 1989, grazie al culto di s. Nicola, Bari si trovò a vivere un ruolo nel contesto

1 Cfr. F. CASSANO, Mal di Levante, Bari 1997, p. 4, per il pensiero meridiano cfr. anche ID., Il pensiero meridiano, Bari 1996. Sin dal 1989, alcuni studi hanno osservato un rinnovamento degli scambi economici e culturali fra l’Italia meridionale e l’Est Europa, i quali esistevano prima della seconda Guerra Mondiale, cfr. G. VIESTI, I vicini sono tornati. Italia, Adriatico, Balcani, Bari 2002.

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geopolitico ed economico, e con sé convertì la Puglia da scia del Nord italiano a portatice di possibilità.

2

Il trinomio Mediterraneo – Bari - san Nicola, in realtà, nel corso dell’ultimo ventennio non ha dato i frutti sperati, soprattutto per le dinamiche militari che hanno contrassegnato l’area meridionale ed orientale, e di conseguenza per i flussi migratori. Eppure, il Mediterraneo rimane un orizzonte di cui Bari vuole farsi portatrice e rappresentante grazie al culto di s. Nicola. Non è un caso che, per la candidatura a Capitale italiana della cultura 2022, il comune di Bari abbia presentato come tema “la ricchezza semantica, culturale e valoriale della storia di san Nicola, motivo di ispirazione del suo programma culturale di Bari 2022, che intende declinare attraverso sei archetipi (mitemi) dell’universo nicolaiano: il sacro, la luce, il mare, l’oriente, il dialogo, il femminile.” Di fatto, “il rapporto di identificazione tra san Nicola e Bari è millenario, profondo e trasversale ad ogni ceto sociale, credo religioso e quartiere della città. In alcuni frangenti così forte, da apparire simbiotico. Ogni anno il culto nicolaiano, attraverso la festa patronale di maggio e il corteo storico, aumenta la sua portata e testimonia la grande adesione popolare ad esso, tra sacro e profano. […]. San Nicola è un simbolo internazionale che ha reso nei secoli Bari riconoscibile in tutto il mondo, con un forte interessamento da parte dei paesi slavi e dell’area mediterranea.” Non solo Bari e san Nicola: “il Mediterraneo è un’unità geopolitica che deve scoprire una sua nuova declinazione con al suo interno nuovi e virtuosi percorsi politici. Bari e la Puglia, per lo stretto legame con il Medio Oriente e il continente africano, sarebbero il naturale avamposto di questi nuovi percorsi; il naturale elemento di composizione all’interno di una struttura inter-mediterranea nella quale l’ondata migratoria fosse vista come una risorsa e non come una minaccia.”

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Concedendoci un’iperbole, possiamo pensare che la città abbia conosciuto una tensione simile a quella appena citata già un millennio prima, con la traslazione di san Nicola. Nel 1087, quando un gruppo di baresi trafuga dalla città di Myra, odierna Demre, in Anatolia, le reliquie di san Nicola e le trasferisce a Bari, viene messo in atto proprio un tentativo di riposizionamento della città nello spazio mediterraneo, una strategia dovuta

2 Per un inquadramento di Bari in questo processo, e del ruolo che ebbe il culto di s. Nicola in questo fenomeno cfr. F. LAVIOSA, Modern routes of hope and journeys of faith in the Mediterranean: Apulia and saint Nicholas of Bari, in ‹‹Mediterranean studies››, 18 (2009), pp.

197-212.

3 Cfr. https://www.baricapitale2022.it/ da cui è scaricabile il dossier del programma.

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a quel sisma che era stata sedici anni prima la conquista normanna (1071) e il distacco della realtà barese dall’universo bizantino, quindi il bisogno di ridefinire la centralità di cui aveva goduto come capitale del catepanato bizantino.

Da questo momento, proprio come mostra il focus del progetto per la candidatura a Capitale italiana della cultura, san Nicola entra indissolubilmente nel destino e nell’identità della città barese. Appunto, nomen omen. Tanto che Raffele Licinio introduceva il suo intervento alle decime Giornate normanno-sveve, dichiarando “che prima della traslazione delle reliquie di san Nicola, nel 1087, Bari non esiste”. Sono persuaso, in realtà, che una baresità come stato d’animo comune esistesse già precedentemente (e cercherò di dimostrarlo), perché vi era già un senso di comunità di specifica identificazione. Ma è vero, anche, che il culto di san Nicola plasma in maniera indelebile questa identità. Tanto che ancora Licinio simpaticamente ammette, rovesciando la dichiarazione precedente, che poco dopo la costruzione della basilica Bari non esiste. Lo storico barese si riferiva alla distruzione della città per volontà del re Guglielmo il Malo nel 1156, da cui però fu risparmiata la basilica, tanto che quando l’ebreo Beniamino da Tudela vi passò seguendo il suo itinerario, la chiamò Colo di Bari.

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Oggetto dello studio: le Historiae translationis s. Nicolai

Nell’ottica di studiare il contesto politico, sociale ed economico di Bari nell’XI secolo, quindi, non si può prescindere da una considerazione profonda e critica dell’evento della traslazione.

Un fatto come quello di una traslazione è sempre un evento traumatico: performa il contesto ricevente, trasformandone l’identità e il senso di appartenenza alla comunità.

Questo tipo di evento però non capita per caso, ma viene voluto e cercato, spesso per

4 Cfr. R. LICINIO, Bari e la terra, in Itinerari e centri urbani nel Mezzogiorno normanno- svevo. Atti delle decime giornate normanno-sveve. Bari, 21-24 ottobre 1991, a cura di G. MUSCA, Bari 1993, pp. 121-146, in part. pp. 121-124. Per la città come stato d’animo comune cfr. R. S.

LOPEZ, Le città nell'Europa post-carolingia, in I problemi comuni dell'Europa post-carolingia,

«II Settimana di studio del Centro italiano di studi sull’alto Medioevo», 1955, pp. 547-574, in part. pp. 551-552. Per l’itinerario di Beniamino da Tudela, cfr. C. COLAFEMMINA, L’itinerario pugliese di Beniamino, «Archivio storico pugliese», 28 (1975), pp. 81-100, in part. p. 99.

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rispondere a situazioni particolari contingenti. Luigi Canetti ha inquadrato la questione in termini che vale la pena riportare:

“Il carattere 'collettivo' del furto, cioè i moventi e le finalità urbanocentriche, si riflettono anche sulla natura civica e le valenze pubblicistiche del nuovo segnacolo patronale. La rapina (non sempre dichiarata come tale) è a vantaggio dell'intera comunità urbana e delle sue autorità civico-religiose (vescovi, aristocrazie proto- comunali), che sono in genere i criptocommittenti del furto. Quando le intenzioni furtive vengono lasciate trapelare (onore e dignità accresciute per il santo nella nuova comunità), sono però mascherate e presentate come il frutto di circostanze fortuite o provvidenziali […]. Si tratta di comunità urbane in fase di incipiente e talora vertiginosa crescita demografica, economico-mercantile e militare (nel caso di Venezia, siamo ai prodromi della creazione di una vera e propria talassocrazia mediterranea, da cui Bari, stretta fra Bizantini e Normanni, aveva ormai tutto da perdere). Conseguenti sono perciò rivalità e tensioni reciproche e interne, per la cui soluzione il dotarsi di nuovi e prestigiosi centri e di culto (fonte di rinnovata identità, poteri e rendite) poteva ancora costituire una risorsa molto importante. Il movente del furto si radica dunque, anche se non necessariamente, in una situazione di particolare emergenza (tensioni politiche ed economiche, casus belli, calamità naturali), che poteva richiedere l'intervento di un rappresentante dell'invisibile di potenza ed efficacia riconosciute o accreditate per il tramite di una visione (inventio o revelatio, preludio alla translatio).”5

Avvicinandomi all’argomento, tuttavia, ho ritenuto opportuno restringere ulteriormente il campo ai racconti agiografici che riportano la traslazione. Sull’evento del trasferimento delle reliquie di san Nicola a Bari, infatti, vi sono fonti di diversa natura: da quelle cronachistiche, a quelle documentarie, ma soprattutto racconti agiografici.

Rispetto all’avvenimento, come vedremo, sono state recepite almeno quattro historiae.

Fra queste, ci concentreremo soprattutto su quelle di Niceforo e di Giovanni arcidiacono, le quali sicuramente provengono dall’ambiente barese, mentre le altre sono state redatte

5 Cfr. L. CANETTI, Mnemostoria e archeologia rituale delle traslazioni di reliquie tra Antichità e Medioevo, in Liturgia e agiografia tra Roma e Costantinopoli. Atti del I e II seminario di studio (Roma-Grottaferrata, 2000-2001), a cura di K. STANTCHEV, S. PARENTI, Grottaferrata 2007, 131-152, in part. p. 134.

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all’esterno e posteriori rispetto alle prime due. Naturalmente, la diversa natura della fonte obbliga a considerare un approccio diverso, che diventa ancora più complesso nel caso di quelle che sono historiae translationis, le quali veicolano un significato religioso, culturale e sociale. Quale? È questa la domanda da cui sono partito, la necessità di dover interrogare il testo da un altro punto di vista, e non come fonte diretta del fatto. L’interesse verso questo tipo di scrittura è stato sollecitato dalle diverse modalità con cui i due autori riportano l’evento, applicando in maniera evidente uno stile linguistico alternativo, tempistiche differenti, difforme selezione dei fatti. Queste differenze, chiaramente, non possono trovare spiegazione nell’evento in sé, il quale è sempre lo stesso, ma inversamente nel processo e nelle cause di produzione del testo e nelle intenzioni dell’autore.

Le fonti agiografiche diventano, così, uno strumento di “sacralizzazione dello spazio”, in quanto contribuiscono al processo di costruzione di un culto, e quindi della tradizione e della memoria collettiva.

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Su questo genere di testi sono stati scritti numerosi contributi. Uno dei più importanti è quello di Patrick Geary del 1978, il quale ha il merito di aver messo in mostra come le ragioni delle traslazioni siano fortemente legate ai singoli contesti della comunità

6 “La nostra conoscenza del fenomeno è quasi sempre mediata da un testo agiografico, cioè una fonte orientata dall’agiografo in funzione della ‘costruzione’ del culto del santo alla quale è chiamato a contribuire, fissando al contempo la memoria locale o interpretandola nuovamente.

Anche se torneremo in seguito sui caratteri di questa tipologia di fonti, è bene chiarire subito che il racconto di traslazione non era considerato solamente un testo edificante o per il culto, ma parte integrante del processo di salvezza di Dio, che si attuava anche mediante la sua volontà di sacralizzare i luoghi attraverso le reliquie dei santi.”, M. PAPASIDERO, Translatio sanctitatis. I furti di reliquie nell’Italia meridionale, Firenze 2019, in part. p. 20. Specificatamente rispetto all’esperienza barese: “Frequentissimi sono nel campo dell’agiografia i casi di santi le cui vicende risultano intimamente connesse con quelle di una città: basti pensare a san Pietro e Roma, san Gennaro e Napoli, sant’Ambrogio e Milano. Ma, in nessuno di questi o in altri casi si è verificato un processo di piena identificazione come quello tra san Nicola e Bari, e questo è un fatto tanto più rilevante in quanto il contatto tra il culto nicolaiano e la città pugliese è posteriore di circa sette secoli all’epoca in cui è vissuto il santo. Con la traslazione del 1087 il taumaturgo di Myra veniva completamente sradicato dal suo mondo, dall’ambiente nel quale era nato, aveva esercitato il suo ministero e conseguito fama di santità: da Nicola di Myra diventa subito Nicola di Bari.

[…] alcuni cronisti tedeschi, pure del XII secolo, designarono Bari come porto di san Nicola”, G.

OTRANTO, San Nicola e Bari, in San Nicola e la sua Basilica, a cura di G. OTRANTO, Milano 1987, pp. 61-71, in part. p. 66.

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committente, ma soprattutto di aver dato dignità al sottogenere dei furta.

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Infatti, come ha chiarito lo studio di Marco Papasidero, all’interno del macro-genere delle translationes, possiamo individuare più sotto-categorie, caratterizzate dalle diverse modalità di trasferimento delle reliquie: abbiamo il donum, ovvero quando le reliquie vengono donate da un soggetto ad un altro; l’acquisto, ovvero quando il soggetto che vuole entrare in possesso dei resti del santo le ottiene dietro pagamento di somme di denaro o corrispettivi di valore; abbiamo le inventiones, cioè il ritrovamento delle reliquie lì dove non ce le si aspettava; infine abbiamo proprio i furta, racconti caratterizzati da una sottrazione mediante l’utilizzo della forza o dell’inganno, a beneficio della comunità ricevente e con la disapprovazione di quella che fino ad allora aveva detenuto la custodia.

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Come vedremo, le historiae che andremo a leggere rientrano a pieno titolo nel genere dei furta, narrando il “rito di passaggio” delle sacre reliquie nella “vita della città”: Bari cambia la sua storia col Santo.

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I testi, infatti, riportano alcuni elementi distintivi di una narrazione sulle traslazioni: dal gruppo dei trafugatori che agiscono per il bene della comunità intera, alla presenza di criptocommittenti dal profilo politico o ecclesiastico che giustificano a livello istituzionale l’evento, la presenza di ritualità liturgiche, la comunità avversa ed ovviamente la volontà divina ed il santo. Vi sono poi dei topoi narrativi che tradiscono dispositivi culturali e della memoria. Essi hanno la funzione argomentativa di veicolare il messaggio agiografico, trasmettendo i valori della mentalità comune. Per esempio, fra i motivi del trafugamento vi è spesso il culto non onorevole o il disinteresse, il quale facilita il furto per abbandono, quindi l’azione del trafugatore con inganno o forza diventa un atto devozionale e una messa in sicurezza delle reliquie, tale da giustificare il ricordo alla forza o all’inganno, i quali sono anche espedienti di realismo.

7 Cfr. J. GEARY, Furta sacra. La trafugazione delle reliquie nel Medioevo, Milano 2000 (ed.

orig.: Furta sacra. Thefts of relics in the central Middle Ages, Princeton 1990).

8 Non si pensi, tuttavia, che sia possibile in qualunque caso attribuire in maniera netta ad ogni esperienza una tipologia agiografica. A volte, infatti, possiamo trovare elementi riferibili a più tipologie. A tal proposito, nel Terzo capitolo potremo osservare proprio due altri tipi di racconti, l’Historia inventionis s. Sabini che tratta appunto l’inventio di s. Sabino nella cattedrale barese, e l’Historia translationis s. Nicolai in Venetia che è riconducibile più ai generi del donum o dell’acquisto. Su queste tipologie cfr. M. PAPASIDERO, Il genere dei furta sacra: aspetti letterari e funzioni comunicative del testo agiografico, in ‹‹Rivista di storia della Chiesa in Italia››, 71 (luglio-dicembre 2017), pp. 379-410, in part. pp. 381-382.

9 Cfr. PAPASIDERO, Translatio sanctitatis…, cit., pp. 79-80.

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Ciò che cambia fra i testi di Niceforo e di Giovanni è come questi elementi vengono disposti sullo scacchiere, e questo dipende dalla funzione che il testo specifico doveva avere: è vero che l’agiografia è il mezzo ecclesiastico più naturale per veicolare ed espandere il culto, ma i testi sulle vitae e le translationes dei santi vengono utilizzati soprattutto durante le liturgie, quindi avevano una capacità di pervasività nella coscienza civica e collettiva del pubblico laico non indifferente.

La categorizzazione del furtum, quindi, oltre a risultare utile ai fini dello studio dei modelli di memoria agiografica dell’Occidente latino medievale, è utile per considerare il testo come uno strumento di comunicazione con una finalità pratica nel tempo presente,

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nella misura in cui l’autore seleziona gli eventi da narrare e utilizza determinate modalità a seconda del senso che vuole conferire e del messaggio che vuole trasmettere.

Il proposito di avvicinarmi a questi testi perseguendo determinate linee, ovvero interrogandomi sul contesto di produzione, cercando di individuare le motivazioni dell’autore e chiarire il messaggio che si vuole trasmettere e quindi riconsiderare il nesso fra autore, lettore e contesto, scaturisce dal mio accostamento agli studi sulla produzione storiografica medievale delle realtà comunali toscane del pieno Medioevo, condotti da Alberto Cotza.

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Nel suo lavoro sulla storiografia toscana e il rapporto con la dimensione politica, l’approccio originale di Cotza si modella sulla ricerca della causa scribendi del testo, quindi sull’interrogazione del contesto e dei motivi che hanno portato l’autore a scrivere, il chiedersi “quale sia il significato di scrivere una storia degli eventi in un determinato

10 Cfr. PAPASIDERO, Translatio sanctitatis…, cit., pp. 103-127. Scrivere la memoria significa non solo riferirsi agli eventi trascorsi, essa infatti “attraverso la rappresentazione del passato che essa fornisce, contribuisce a giustificare il presente e progettare il futuro in una prospettiva sociale”, cfr. A. MASTRUZZO, Scrittura e memoria collettiva. A proposito di un recente saggio di Jan Assmann, in ‹‹Scrittura e Civiltà››, 22 (1998), pp. 371-386, in cui vi è la recensione al contributo di J. ASSMANN, La memoria culturale, Torino 1997 (ed. or. Das kulturelle Gedächtnis:

Schrift, Erinnerung und politische Identität in frühen Hochkulturen, 1992) il quale è stato importante nel recupero del concetto di “memoria collettiva” del sociologo Maurice Halbwachs, come frutto dell’esercizio di ricordo costante dei quadri sociali. Secondo questa lettura, i racconti delle traslazioni sono finalizzati anche a dare maggior efficacia identitaria della città.

11 Cito qui solo la tesi di dottorato A. COTZA, Storiografia e politica. Origini e sviluppi, forme e usi della storiografia dagli anni della riforma della Chiesa all'età di Innocenzo III, Tesi di dottorato di ricerca, XXX Ciclo, Università di Pisa, rimandando anche alla bibliografia ivi riportata.

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contesto politico”, di qui “la dinamica che si sviluppa fra testo e contesto si pone come un modo nuovo per studiare la storia politica, intesa come interazione tra soggetti al centro dell’agone politico”.

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Pur tenendo conto delle diverse tipologie di testi di cui mi sono occupato, credo che l’approccio di Cotza sia originale e utile anche nell’ottica di una rilettura e riconsiderazione delle fonti agiografiche della traslazione di san Nicola, affinchè possano emergere in maniera più chiara alcune risposte, ma altrettanto aprire ulteriori domande.

Gli studi sulla traslazione di san Nicola e sulle Historiae translationis

La disamina storiografica sui racconti della traslazione è sempre stata legata fortemente ad una interpretazione dell’evento stesso. Anche in questo studio, proprio in vista di comprendere a pieno il contesto e le cause di produzione mi sono dovuto interrogare sul trafugamento in sé: quale gruppo sociale potrebbe averlo promosso? Per quale motivo?

L’evento e i racconti sono stati di gran lunga gli argomenti più dibattuti sia dalla letteratura scientifica dedicata alla città e al territorio, sia dalla pubblicistica locale. Ma soprattutto, questi studi sono stati fortemente legati alla disputa fra la cattedrale e la basilica di San Nicola, che ha caratterizzato la storia della città dal XVII al XX secolo.

Senza addentrarci nelle disamine che vedremo successivamente, all’arrivo delle reliquie, in città, venne costruita una basilica, creando di fatto un punto di riferimento religioso (e non solo) alternativo alla cattedrale. Questa basilica, nei primi anni, venne retta dall’abate Elia, il quale, due anni dopo il 1087, venne eletto anche arcivescovo. Probabilmente questa situazione rese fluido e poco chiaro il profilo giuridico della chiesa, tanto che alla morte di questi, nel 1105, il suo successore - solo come rettore della basilica e non come arcivescovo – Eustazio, chiese e ottenne da Pasquale II l’esenzione da qualsiasi diritto nei confronti della cattedrale, scatenando uno scontro giurisdizionale plurisecolare fra i due poli. A questo bisogna aggiungere che, mentre il racconto di Niceforo è probabilmente vicino all’ambiente della basilica, l’Historia di Giovanni arcidiacono è sicuramente a

12 Cfr. Ibid., p. 21-22.

(13)

9

vantaggio dell’ambiente arcivescovile. Queste premesse ci aiutano a comprendere come mai i primi grandi studiosi dell’evento della traslazione, il gesuita Antonio Beatillo e il canonico della basilica Niccolò Putignani, rispettivamente nel 1620 e nel 1770, abbiano esorcizzato la versione di Giovanni a favore del racconto di Niceforo, il quale si prestava bene ad una rivendicazione dell’indipendenza della chiesa di S. Nicola dalla cattedrale, che intanto avanzava pretese.

13

Soprattutto a questi, rispondeva Michele Garruba, arcidiacono della cattedrale, nella sua Serie critica, rimarcando come nel racconto di Giovanni emerga la dipendenza originaria della basilica dalla cattedrale.

14

Sulla scorta di alcuni studi del primo Novecento e dello spirito romantico di Francesco Carabellese, il quale proponeva una societas sancti Nicolai che avrebbe organizzato la traslazione nell’ottica di una indipendenza cittadina, il canonico della basilica Francesco Nitti di Vito, editore anche delle pergamene dell’Archivio, nel 1937 pubblicava uno studio complessivo sulle fonti dell’evento, con tanto di riedizioni delle historiae.

15

Secondo il Nitti, sia il racconto di Niceforo che quello di Giovanni sarebbero stati rivisti e rimodellati alcuni decenni dopo la traslazione. La leggenda più affidabile sarebbe quella scritta a Kiev, nella quale traspare una collaborazione fra i baresi e i miresi e non si fa

13 Cfr. L’archivio della Basilica di S. Nicola di Bari. Pergamene e carte, a cura di G. CIOFFARI, Bari 2008,in part. pp. 50-52; Le opere dedicate a s. Nicola e alla sua traslazione sono in A.

BEATILLO, Historia della vita, miracoli, traslatione e gloria dell’illustrissimo confessore di Christo d. Nicolò, arcivescovo di Mira e patrono della città di Bari, Napoli 1620; N. PUTIGNANI, Vindiciae vitae et gestarum sancti thaumaturgi Nicolai archiep. Myrensis diatribae, I-II, Neapoli 1753-1757; ID., Istoria della vita, de’ miracoli e della traslazione del gran taumaturgo S. Niccolò, arcivescovo di Mira, padrone e protettore della città e della provincia di Bari, Napoli 1771, pp.

68-71. Sul Beatillo cfr. anche A. PETRUCCI, Antonio Beatillo, in Dizionario biografico degli italiani, 7 (1970). Il Beatillo è autore anche di una storia della città di Bari, fra le più importanti dell’epoca, cfr. A. BEATILLO, Historia di Bari principal città della Puglia nel Regno di Napoli, Napoli 1637.

14 Cfr. M. GARRUBA, Serie critica de’ sacri pastori Baresi, Bari 1844.

15 Per alcuni contributi di inizio secolo, funzionali all’approccio del Nitti, cfr. F. GUERRIERI, Dell’antico culto di S. Nicola in Bari, ‹‹Rassegna Pugliese››, 19 (1902), pp. 257-262; lo studio di Carabellese, il quale, a prescindere dalla lettura fuorviante, rimane una pietra miliare della storiografia pugliese, cfr. F. CARABELLESE, L’Apulia e il suo comune, Bari 1905, pp. 77 ss. e 190 ss.; G. PRAGA, La traslazione di S. Niccolò e i primordi delle guerre normanne in Adriatico,

‹‹Archivio storico per la Dalmazia››, 6 (1931), pp. 3-23; del Nitti cfr. soprattutto F. NITTI DI VITO, La traslazione delle reliquie di San Nicola, ‹‹Iapigia››, 8 (1937), 295-411; ma anche ID., La ripresa gregoriana di Bari (1087-1105) e i suoi riflessi nel mondo contemporaneo politico e religioso, Trani 1942. Sull’inaffidabilità delle edizioni dei testi delle historiae nello studio del 1937 cfr. infra Cap. 1, nota 109.

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cenno ad alcuno scontro in città all’arrivo delle reliquie. Proprio i contrasti che caratterizzano la leggenda di Niceforo, il cui originale non è ancora rinvenuto, sarebbero una interpolazione dovuta alla contesa fra cattedrale e basilica che sarebbe scoppiata nel 1112, quando Riso, posto sulla sede arcivescovile per succedere a Elia, avrebbe rivendicato i diritti episcopali sulla basilica, nonostante nel 1105 Pasquale II avesse concesso l’esenzione a Eustazio. Allora, secondo il Nitti, sarebbe stata creata la leggenda di Giovanni arcidiacono e sarebbero stati prodotti alcuni documenti falsi che avrebbero dato alla cattedrale la giurisdizione sulla corte. La basilica avrebbe risposto, quindi, rafforzando in maniera netta il contrasto nella stesura originale di Niceforo.

Il Nitti, quindi, presentava una lettura delle leggende e della documentazione, nel contesto delle dispute giurisdizionali fra basilica e cattedrale, affinchè potesse dimostrare la palatinità della Basilica ab antiquo. A suo avviso, l’interpolazione delle Historiae di Giovanni e Niceforo e l’inaffidabilità dei documenti che legavano la basilica alla cattedrale - ovvero i diplomi di Roberto il Guiscardo del 1084, di Ruggero Borsa del 1087, un diploma di Costanza del 1117 che conferma la donazione all’arcivescovo Riso e un diploma di Federico II nel 1216 – dimostrava l’attività di falsificazione operata nelle fucine del capitolo. Ora, se il documento del Guiscardo del 1084 potrebbe essere effettivamente un falso, riguardo il documento del 1087 di Ruggero Borsa, sulla linea di Mènager, potremo vedremo come essa che sia autentica.

16

Sembra, quindi, che la corte catepanale, proprio in quanto sede del potere bizantino, fosse rientrata nelle proprietà dei duchi normanni subito dopo la conquista del 1071. Solo nel giugno 1087, probabilmente sotto richiesta del vescovo di Bari Ursone, Ruggero l’avrebbe donata all’arcivescovo in modo che potesse essere utilizzata per la costruzione della chiesa dedicata a san Nicola.

D’altra parte, il fatto che nel 1105, appena divenuto rettore della chiesa, Eustazio abbia richiesto a Pasquale II l’esenzione dei diritti nei confronti della cattedrale, dimostra che prima di quel momento evidentemente la basilica, in modo informale o formale, era di fatto legata all’episcopio.

Nel 1942, il Nitti avrebbe riaffermato la tesi precedente, inquadrando lo stesso evento in una lotta fra fazioni, definibili sia politicamente che religiosamente: la traslazione

16 Vedi anche la nostra lettura del documento, cfr. infra pp. 38-39.

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rispondeva ad un contrasto interno alla città, fra una fazione vibertina (scismatica)

17

e filobizantina, quindi aristocratica capitana da Ursone, ed un’altra gregoriana, filo- normanna e borghese di Elia. Queste considerazioni, però, mancano di una base solida di documentazione.

Ci sono anche studi che invertono la lettura del Nitti: per esempio, Vera von Falkenhausen avalla l’idea secondo la quale fosse Elia il vibertino nel contesto barese.

18

L’ipotesi di una città, o una parte di essa, tesa al vibertismo deriva da una lettura di Holtzmann di un passo della cronaca di Lupo protospatario, e ripresa dal Praga.

19

Infatti, al testo riferito all’anno 1087, il cronista annota la traslazione di san Nicola e l’elezione di Vittore III vivente adhuc Clemente papa;

20

anche nella nota dell’anno 1089, ricordando la deposizione delle reliquie e la consacrazione di Elia da parte di Urbano II, Lupo scrive ancora vivente adhuc predicto papa Clemente. Inoltre, nel Vat. Urb. Lat. 983, che riporta il testo di Lupo, all’anno 1089, al posto di vivente vi è qui [Elia] venerat cum predicto papa Clemente, e quindi sarebbe Elia lo scismatico. Tuttavia, ammesso che quello del ms.

Vat. Urb. Lat. 983 sia un errore di trascrizione,

21

i passi dimostrerebbero al massimo un vibertismo del cronista, e non della città o di alcuni dei suoi protagonisti.

La proposta di Nitti di Vito di una frattura religiosa all’interno della città, venne superata qualche tempo dopo da Francesco Babudri, il quale, nonostante fosse allievo del Nitti, riaffermò la vicinanza di Ursone a Gregorio VII e Roberto il Guiscardo, e quindi la

17 Con questo termine si fa riferimento a Wilberto (Guilberto), vescovo di Ravenna, il quale venne eletto papa scismatico nel 1080 dall’imperatore Enrico IV, nell’ottica di contrapposizione con Gregorio VII.

18 Cfr. V. FALKENHAUSEN, Bari bizantina: profilo di un capoluogo di provincia (secoli IX- XI), in Spazio, società, potere nell’Italia dei Comuni, a cura di G. ROSSETTI, Napoli 1986, pp.

195-227.

19 Cfr. W. HOLTZMANN, Studien zur Orient-politik des Reformpapsttums und zur Entstehung des ersten Kreuzzurges, in ‹‹Historische Vierteljahrsschrift›› 22 (1934), pp. 167 ss.

20 Cfr. il testo integrale infra Cap 1, p. 35, nota 70.

21 A proposito delle difficoltà di costruire, per gli Annali di Lupo, una edizione critica e una revisione dello stemma dei manoscritti adeguata, cfr. E. D'ANGELO, Prolegomena to a new edition of Lupus Protospatharius's "Annales", in Latin Culture in the eleventh century.

Proceedings of the Third international conference on Medieval latin studies (Cambridge, 9-12 September 1998), a cura di M. W. HERREN, C.J. MCDONOUGH e R.G. ARTHUR, 2002, pp. 167–

185.

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difficoltà di affermare un suo vibertismo.

22

Anche il bizantinista Agostino Pertusi ha sostanzialmente rifiutato l’idea di due aree religiose in città: piuttosto si tratterebbe di uno scontro di egemonia politica fra Ursone e i committenti dell’impresa, mentre Elia svolgerebbe sostanzialmente un ruolo di moderazione fra le parti, addirittura rivestendo una continuità rispetto all’operato di Ursone.

23

Uno degli studi più recenti, quello di Silvia Silvestro, riprende la lettura religiosa, anche se le conclusioni sono difficili da condividere.

24

Il suo contributo vorrebbe, infatti, dimostrare che ci sarebbe stato un asse decisivo, nell’atto della traslazione, fra Elia, il papa Vittore III e i normanni, in un’ottica tutta benedettina. La Silvestro afferma che il racconto di Niceforo potrebbe essere stato scritto dopo la bolla di Pasquale II del 1105, ad hoc per diffondere la versione dei sostenitori della basilica, ovvero di una sostanziale origine statale della chiesa. Di qui l’idea che il testo agiografico originale sia quello di Giovanni, mentre il testo di Niceforo sia stato prodotto soltanto dopo per rivendicare l’indipendenza della basilica nel XII secolo. Il problema è il fatto che la Silvestro, per avallare la sua ipotesi, si appoggia unicamente al Mabillon e l’Ughelli, quindi agli studi del XVII secolo inoltrato, per affermare che la Basilica in origine fosse un nuovo monastero benedettino cittadino.

25

C’è da dire che il lessico tanto religioso quanto civile,

22 Cfr. F. BABUDRI, Le note autobiografiche di Giovanni Arcidiacono barese e la cronologia dell'arcivescovato di Ursone a Bari (1078-1089), in ‹‹Archivio storico pugliese››, 2 (1949), pp.

132-146. Per il contributo che il Babudri ha fornito alla storia locale barese cfr. M. VITERBO, Francesco Babudri (1879-1963), in ‹‹Archivio storico pugliese››, 16 (1963), pp. 200-202.

23 Cfr. A. PERTUSI, Ai confini fra religione e politica. La contesa per le reliquie di San Nicola fra Bari, Venezia e Genova, in ‹‹Quaderni Medievali›› 5 (1978), pp. 6-56, in part. pp. 39-41

24 Cfr. S. SILVESTRO, Santi, reliquie e sacri furti. San Nicola di Bari fra Montecassino e Normanni, Napoli 2013.

25 È da riconoscere l’azione che i signori normanni condussero nei confronti dei grandi cenobi dell’Italia meridionale, da Cava e Montecassino, a Venosa, S. Eufemia e Mileto, azione che il Mènager lesse come espressione di una politica ecclesiastica antibizantina, Cfr. R. MENAGER, Les fondations monastique de Robert Guiscard, duc de Pouille et de Calabre, in Quellen und Forschungen aus Italienischen Archiven und Bibliotheken, Band XXXIX, Tubingen 1959, pp. 1- 116, cfr. il più aggiornato V. LORÈ, Monasteri, principi, aristocrazie. La Trinità di Cava nei secoli XI e XII, Spoleto 2008. Ma come si può desumere da una mappatura dei centri, essi furono presenti soprattutto nella zona calabro-lucana e campana, assenti totalmente in Puglia. In ogni caso è da ricordare che non può essere individuata una generale politica monastica omogenea da parte dei normanni, cfr. F. PANARELLI, Le istituzioni ecclesiastiche legate alla conquista. I monasteri, in I caratteri originali della conquista. Diversità e identità nel Mezzogiorno (1030-1130). Atti delle sedicesime giornate normanno-sveve (Bari, 5-8 ottobre 2004), a cura di R. LICINIO, F. VIOLANTE, Bari 2006, pp.349-370. La lettura di S. Nicola come monastero benedettino era stata già confutata

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13

nell’ambito barese, sembra molto fluido e poco chiaro, come avremo modo di notare in più occasioni in seguito, quindi “il monasterium non significa necessariamente monastero, ma può anche indicare una chiesa officiata da un monaco oppure un piccolo priorato di due o tre monaci”.

26

Credo, invece, che si possa tranquillamente riconoscere nella basilica sin da subito un santuario, o per dirla con le parole di Pina Belli d’Elia, un

“reliquiario monumentale”.

27

Nella lettura di Francesco Nitti, possiamo individuare anche un altro approccio che ha influenzato la considerazione delle historiae translationis. In effetti, quasi tutti i contributi del Novecento hanno interpretato l’evento attraverso un approccio marxista, individuando gli agenti in una borghesia mercantile emergente, a discapito della vecchia aristocrazia bizantina. Questo approccio vigeva anche prima dell’influenza della teoria del dualismo italiano sulla storiografia barese,

28

basti pensare allo stesso Nitti o ad Armando Perotti, che nel 1907, a tal proposito scriveva che “sommersa l’antica nobiltà

dal Putignani, cfr. PUTIGNANI, Vindiciae…, cit., pp. 310-311 e 326-328, ed ancora ID., Istoria della vita…, cit., pp, 423-425-433. Anche il Nitti di Vito pensa che sin dalle origini la Basilica avrebbe avuto un corpo misto fra chierici e monaci, cfr. NITTI, La traslazione…,cit., pp. 498-500.

Anche G. CIOFFARI, Storia della Basilica di S. Nicola di Bari, Bari 1984, pp. 147, si è interrogato sul passaggio da abati a priori alla guida della Basilica. Ma il titolo potrebbe far riferimento innanzitutto al ruolo che avevano ricoperto Elia ed Eustazio prima di guidare S. Nicola, e che solo dopo il 1130 la Basilica si sia dotata di una struttura priorile più regolare.

26 Cfr. H. HOUBEN, La Chiesa di Bari alla fine dell'XI secolo, in Il Concilio di Bari del 1098.

Atti del Convegno Storico Internazionale, a cura di S. PALESE e G. LOCATELLI, Bari 1999, pp.

91-107, in part. p. 101, nota 53.

27 Sulla chiesa come “shrine”, cfr. P. OLDFIELD, Sanctity and pilgrimage in Medieval Southern Italy. 1000-1200, Cambridge 2014, in part. p. 59; per le considerazioni della Belli d’Elia, cfr. P.

BELLI D’ELIA, Puglia romanica, Milano, 2003, p. 107.

28 Alcune considerazioni sulla scuola barese in G. PETRALIA, Economia e società del Mezzogiorno nelle Giornate normanno sveve: per un bilancio storiografico, in Il Mezzogiorno normanno-svevo fra storia e storiografia. Atti delle ventesime giornate normanno-sveve (Bari, 8- 10 ottobre 2012), a cura di P. CORDASCO e M.A. SICILIANI, Bari 2014, pp. 237-268. La teoria del dualismo persegue una dipendenza della produzione meridionale dagli agenti e dalle reti commerciali settentrionali, in un meridione caratterizzato da un’economia agraria ed importatrice di materiali finiti, ed un settentrione manifatturiero e bancario. In sostanza l’idea era quella di un Nord comunale ed un Mezzogiorno feudale, cfr. D. ABULAFIA, Le due Italie. Relazioni economiche fra il regno normanno di Sicilia e i comuni settentrionali, trad. it Napoli 1991, la critica forse più importante in S.R. EPSTEIN, Poteri e mercanti in Sicilia. Secoli XIII-XVI, Torino 1996; un punto di vista a mio parere ancora più costruttivo in G. PETRALIA, La nuova Sicilia tardomedievale: un commento al libro di Epstein, in ‹‹Revista d’historia medieval››, 5 (1994), pp. 137-162.

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14

altomedievale, non ancora subentrata quella feudale imposta dai conquistatori, dalla mercatura e dal mare era nata questa nuova classe dirigente”.

29

La stessa impronta sarà centrale ed egemone nel panorama storiografico barese per tutto la seconda metà del Novecento. Così, se il Babudri, nella pubblicistica locale, fra i traslatori riconosceva mercatores e nobiles, a titolo esemplificativo della tendenza della scuola barese, uno studioso fine come Pasquale Corsi affida un ruolo preminente alla “borghesia mercantile”

e celebra il trionfo del “ceto commerciale e marinaro”, mentre per Gian Battista Bronzini la traslazione fu essenzialmente un “fatto di potere” fra una “borghesia mercantile e l’autorità ecclesiastica” e l’esito fu “un atto di valore della marineria bizantina”. Inoltre, sempre secondo Bronzini, Niceforo riporta essenzialmente una cronaca dei fatti, rendendo retoricamente alcune parti “meno edificanti di quanto ne è il contenuto”, in Giovanni invece è più evidente l’intento nazionalistico e il trionfo del cattolicesimo.

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Anche Charles Jones, nella sua monografia dedicata al santo, nonostante riconosca nella traslazione una iniziativa filo-bizantina, ritiene Niceforo rappresentativo proprio della “vecchia borghesia”, mentre Giovanni avrebbe risposto per difendere l’uomo del Guiscardo, Ursone, ignorando la “gregorianità” di Elia e il vibertismo di Ursone.

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Ma a partire degli anni ’80, alcuni studi hanno superato il paradigma marxista.

Tornando alla lettura della Falkenhausen, secondo la studiosa quello della traslazione sarebbe stato il tentativo da parte di tutta una città di creare un “patrono dei cittadini”, che potesse recuperare la supremazia sia politica che religiosa che stavano perdendo, a causa tanto della conquista normanna, quanto per il vescovo voluto dal Guiscardo, Ursone, più sbilanciato a favore di Canosa. In sostanza si tratterebbe di uno scontro fra baresi e Ursone, quindi contro il rappresentante del potere politico normanno. La stessa lettura propone Agostino Pertusi. Nel suo studio, lo storico precisa che una definizione delle fazioni sulla base di una parte filo-bizantina e un gruppo normannofilo, sarebbe troppo limitante, perché in tutti i racconti i gruppi sembrano compositi. Piuttosto, si tratterebbe

29 Cfr. A. PEROTTI, Bari ignota, Bari 1927, p. 178.

30 Cfr. P. CORSI, Bari e il mare, in Itinerari e centri urbani…, cit., pp. 91-119, in part. 112- 113; cfr. G. B. BRONZINI, Agiografia di corte e agiografia di popolo, in San Nicola e la sua Basilica…, cit., pp. 314-323. Per questa lettura cfr. anche infra Cap. 3, pp. 75-76, note 74 e 75.

31 Cfr. C. W. JONES, San Nicola. Biografia di una leggenda, Bari 1983 (ed. or.: Saint Nicholas of Myra, Bari and Manhattan. Biography of a legend, University of Chicago 1978), in part. pp.

198-202.

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dell’iniziativa “privata”, una operazione di un gruppo che si spiegherebbe in una ottica di contrasto locale. Pertusi quindi fa emergere il significato politico di un culto patronale,

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ma sempre su un piano interno. Pertusi, riprendendo Babudri, sottolineò l’importanza dell’evento nel rilancio del culto in tutto lo spazio cristiano, esclude l’indirizzo di vibertismo. Per il bizantinista, è riduttivo pensare al partito dei mercanti e di Elia filo normanno, e l’aristocrazia e Ursone filobizantini. Il contrasto deriverebbe dal fatto che chi aveva compiuto l’impresa, l’aveva vista come iniziativa privata, quasi una operazione commerciale, e quindi la traslazione riguarda più “l’interno politico che la politica estera”.

Anche il direttore dell’archivio della basilica nicolaiana, padre Gerardo Cioffari, parlava ancora dell’ “ambiente marinaresco e commerciale” come committente del racconto di Niceforo, e del testo di Giovanni come il tentativo di dare all’evento una tensione universalistica in tutta l’Europa cristiana. Il suo merito è quello di aver condotto degli studi approfonditi sul testo di Giovanni, elaborando anche una delle edizioni critiche disponibili.

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Secondo Cioffari, i due testi non sono sovrapponibili, perché se il primo è scritto in funzione di un gruppo, quello di Giovanni elogia tutta la città. Credo che questo intervento sia un importante passo in avanti negli studi, ma il piano cittadino e sovracittadino spesso non sono livelli separati, perché uno incide sull’altro. Per questo credo che fra i due testi vi siano comunque delle relazioni che è giusto chiarire e giustificare.

Sembra, quindi, che alcune ipotesi sollevate all’inizio del secolo scorso, soprattutto quelle del Nitti di Vito, siano state superate definitivamente grazie ai contributi di Vera von Falkhenausen e Agostino Pertusi. Pasquale Corsi e Gerardo Cioffari hanno contribuito ulteriormente ad affinare la lettura dei due testi agiografici, ma sempre nell’ottica di un contesto interpretato secondo categorie superate. Mi è parso quindi,

32 Dello stesso avviso anche P. CORSI, La traslazione delle reliquie, in San Nicola e la sua Basilica…, cit., pp. 37-47 e ID., La traslazione di san Nicola. Le fonti, Bari 1987, il quale nel tempo ha riconsiderato e rivisto alcune sue posizioni precedenti.

33 Cfr. in particolare cfr. G. CIOFFARI , Storia della Basilica di S. Nicola di Bari, , Bari 1984, e ID., Giovanni Arcidiacono: L’Historia translationis sancti Nicolai nell’Europa medievale, in Alle origini dell’Europa. Il culto di San Nicola tra Oriente e Occidente, Italia-Francia. Atti del Convegno (Bari, 2-4 dicembre 2010), a cura di G. CIOFFARI e A. LAGHEZZA, Bari 2011, pp. 43- 108; tra gli altri cfr. anche ID., L’abate Elia : il benedettino che costruì la basilica di San Nicola, Bari 2007; Pellegrini a San Nicola di Bari nella storia, Bari 2007, La leggenda di Kiev, Bari 1980, San Nicola nella critica storica, Bari 1987.

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necessario, mettere innanzitutto a sistema gli elementi interessanti già emersi, e individuarne altri attraverso un ritorno al testo. Infondo “i loro [degli studiosi precedenti]

inevitabili errori e lacune o le loro interpretazioni sono, del resto, correlabili alle difficoltà dell’indagine, alla carenza di idonei strumenti ed alla mentalità e cultura dominanti nel loro tempo”

34

, ed è giusto che anche questo tempo e i nuovi approcci possano dare il loro contributo, come dimostrano due studi di Alasdair Grant e Paul Oldfield, i quali hanno interrogato il quadro politico e sociale della città di Bari, proprio attraverso una riconsiderazione dei racconti agiografici sulla traslazione di san Nicola.

35

Struttura della tesi

Lo studio è strutturato in tre capitoli. Il primo capitolo è diviso in due parti. Nella prima abbiamo cercato di comporre il contesto storico, la fase politica, economica e sociale e quindi i fatti che caratterizzano la storia della città di Bari durante tutto l’XI secolo, nella misura in cui l’evento della traslazione sia comprensibile soprattutto in relazione ai fenomeni di lungo corso che riguardano la gestione del potere, l’élite locale e le dinamiche ecclesiastiche. Centrale in questo discorso sarà il passaggio dal dominio bizantino a quello normanno, in particolare potremo notare come protagonisti delle scelte sociali, religiose e civili quotidiane siano i gruppi sociali dirigenti, che operano secondo norme e consuetudini locali e che di volta in volta si servono della sovrastruttura dominante, che sia bizantina o normanna, per garantire la conservazione del potere. Nella seconda parte discuteremo delle fonti relative alla traslazione. Innanzitutto affronteremo le cronache cosiddette baresi, quindi quelle di Lupo protospatario e dell’Anonimo barese. A tal proposito, avanzeremo delle osservazioni circa la lettura di questi due autori, utili anche

34 Cfr. M. SPAGNOLETTI, La traslazione di san Nicola e la storiografia barese, in ‹‹Archivio storico pugliese››, 39 (1986), pp. 101-132, in part. p. 132.

35 A. GRANT, Byzantium’s Ashes and the Bones of St. Nicholas: two translations ad Turning Points, 1087-1100, in Trends and turning points. Constructing the Late Antique and Byzantine World, a cura di M. KINLOCH e A. MACFARLANE, Leiden 2019, 247-265, P. OLDFIELD, Hagiography and Urban Life: Evidence from Southern Italy, in Hagiography and the History of Latin Christendom, 500-1500, a cura di HERRICK K., Leiden 2019, pp. 314-333. Oldfield è autore anche di due studi che sono stati importanti nell’elaborazione di questo studio: ID., Sanctity and pilgrimage in Medieval Southern Italy. 1000-1200, Cambridge 2014, ID., Urban Panegyric and the Transformation of the Medieval City, 1100-1300, Oxford 2019, di cui i meriti sono ben presentati nella recensione di E. FAINI, Paul Oldfield, “Urban Panegyric and the Transformation of the Medieval City”, in ‹‹Storicamente››, 15-16 (2019-2020), pp. 1-4.

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a prescindere dalla questione di cui ci stiamo occupando. Poi affronteremo l’analisi di quei documenti che riportano maggiormente tracce della traslazione e dei suoi effetti a livello istituzionale e sociale. Questi documenti sono molto importanti, perché chiaramente ci offrono una lettura indipendente dai due autori dei racconti, quindi sono degli elementi di confronto essenziali. Infine introdurremo la discussione sulle fonti agiografiche, accennando anche a quelle non baresi.

Nel secondo capitolo affrontiamo il fulcro di questo studio, ovvero una rilettura dei testi prima di Niceforo e poi di Giovanni. Abbiamo cercato di tenere in conto, oltre che il lessico, ciò che viene messo in mostra e cosa no, tentando anche di spiegare i motivi di queste scelte. Nella terza parte abbiamo cercato di chiarire ancora meglio il contesto di produzione dei due testi. Questo proposito ci ha portati inevitabilmente a individuare alcuni elementi che credo contribuiscano ad una riformulazione dei ruoli, dei motivi e degli effetti dell’arrivo di san Nicola a Bari.

Nel terzo capitolo abbiamo affrontato la lettura di altre tre Historiae. La prima riguarda il ritrovamento delle reliquie di s. Sabino nella cattedrale di Bari, nel 1091, anch’essa scritta da Giovanni arcidiacono. Questa lettura ci dà l’occasione di ragionare ancora sul rapporto città-culto in relazione alla costruzione di una identità forte. Le altre due narrazioni ci presentano una traslazione delle reliquie di san Nicola ma questa volta a Venezia, e un tentativo di appropriarsi, da parte di Benevento, del culto nicolaiano.

Interrogandoci sulle motivazioni di questi due ultimi testi, abbiamo cercato di toccare, seppur in maniera incompleta, l’aspetto economico degli effetti della traslazione a Bari e il nuovo ruolo che la città pugliese assunse nel contesto del Mezzogiorno e del Mediterraneo.

Questo studio parte da molto lontano, eppure allo stesso modo lo sento vicino. Negli ultimi anni, seguendo diversi corsi universitari pisani, ho avuto l’opportunità di approfondire le grandi linee storiografiche passate e attuali che attraversano la storia medievale del Mezzogiorno, che in qualche modo è casa. Ho avuto, così, la possibilità di approcciarmi ai nuovi studi che tendono a dare dignità propria alla storia della città meridionale,

36

smarcandola dal confronto serrato con l’esperienza comunale dell’Italia

36 Cfr. soprattutto gli studi di G. VITOLO, In palatio communis. Nuovi e vecchi temi della storiografia sulle città del Mezzogiorno medievale, in Città e territori nell’Italia del Medioevo:

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settentrionale, pregiudizio che ha compromesso per molto tempo la comprensione dei fenomeni del Sud Italia rispetto al Nord.

37

Proprio in questo senso, ho iniziato a rivalutare le dinamiche politiche, economiche e sociali della città di Bari fra l’XI e il XII secolo, imbattendomi nel processo di costruzione dell’identità cittadina. Sulla base di quanto precedentemente detto, è comprensibile come sia finito a soffermarmi sul tema della traslazione di san Nicola e delle narrazioni che riportano l’evento.

Chiaramente, questo è un piccolo contributo che richiede ulteriori approfondimenti e studi, ma che ambisce a stimolare il dibattito storiografico sulle modalità di approccio e sulla natura del contesto che contraddistinse Bari, nel suo processo di costruzione della sua identità.

studi in onore di Gabriella Rossetti, a cura di G. CHITTOLINI, G. PETTI BALBI e G. VITOLO, Napoli 2007, pp. 243-294; Città e contado nel Mezzogiorno tra Medioevo ed età moderna, a cura di G. VITOLO, Salerno 2005; P. OLDFIELD, City and community in Norman Italy, Cambridge 2009; ID., The Bari charter of privileges of 1132: articulating the culture of a new Norman monarchy, ‹‹History Research››, 88 (242), 2015, pp. 577-598. Ma anche Città e vita cittadina nei paesi dell’area mediterranea. Secoli XI-XV. Atti del Convegno Internazionale in onore di Salvatore Tramontana (Adrano-Bronte-Catania-Palermo, 18-22 novembre 2003), a cura di B.

SAITTA, Roma 2006; La conquista e l’insediamento dei Normanni e le città del Mezzogiorno italiano. Atti del Convegno Internazionale di Studi (Salerno-Amalfi, 10-11 novembre 2017), Amalfi 2019; di recente pubblicazione è il convegno Cisam Oltre l’alto medioevo: etnie, vicende, culture nella Puglia normanno-sveva (Savelletri di Fasano, 21-24 novembre 2019), Spoleto 2020, il quale continuava il percorso iniziato in Bizantini, Longobardi e Arabi in Puglia nell’Alto medioevo. Atti del XX Congresso internazionale di studio sull’alto medioevo (Savelletri di Fasano, 3-6 novembre 2011), Spoleto 2012, e anche la recente monografia di V. RIVERA MAGOS, Milites Baroli. Signori e poteri a Barletta fra il XII e il XIII secolo, Napoli 2020. Ma soprattutto una guida importante è stata C. WICKHAM, City and society in twelfth-century Italy and the example of Salerno, in Salerno nel XII secolo. Istituzioni, società, cultura. Atti del Convegno internazionale (Raito di Vietri sul Mare, 16-20 giugno 1999), a cura di P. DELOGU, P. PEDUTO, Salerno 2004, pp. 12-26.

37 Cfr. i moniti mossi da M. DEL TREPPO, Medioevo e Mezzogiorno: appunti per un bilancio storiografico, proposte per un’interpretazione, in Istituzioni e società nella storia d’Italia. Forme di potere e struttura sociale in Italia nel Medioevo, a cura di G. ROSSETTI, Bologna 1977, pp.

249-283; cfr. anche S. CAROCCI, Signorie di Mezzogiorno. Società rurali, poteri aristocratici e monarchia (XII-XIII secolo), Roma 2014, in part. pp. 17-38; a titolo di esempio per coloro i quali feudalità e monarchia sarebbero all’origine della gravosa questione dell’arretratezza meridionale cfr. R. D. PUTNAM, Making Democracy Work. Civic Traditions in Modern Italy, Princeton 1993;

la critica più serrata è probabilmente in S. LUPO, Usi e abusi del passato. Le radici dell’Italia di Putnam, in ‹‹Rivista Meridiana›› 18 (1993), pp. 151-168, (http://www.rivistameridiana.it/files/Lupo,-Le-radici-dell-Italia-di-Putnam.pdf).

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Capitolo 1

C ONTESTO , F ONTI E A UTORI

1009-1089: Il Secolo Breve di Bari

Sin dal IX secolo, Bari ha rivestito un ruolo centrale nelle strategie geopolitiche di Bisanzio, per la corsa al Mediterraneo occidentale contro i musulmani. La città pugliese, infatti, garantiva un nodo nevralgico nei rapporti coi principati longobardi - quindi anche con l’impero d’Occidente - al fine di ostacolare qualsiasi possibilità di alleanza coi saraceni, tentativi adombrati nelle lotte fra i ducati del IX secolo. Inoltre, il controllo di Bari consolidava le operazioni in corso sui Balcani: i bizantini, proprio in quel periodo, stavano sottomettendo gli Slavi illirici, e un avamposto sulle coste pugliesi garantiva sia una base strategica per manovre avvolgenti in caso di ribellioni, che un presidio di difesa.

1

Non sembra un caso che i bizantini mettano in atto una strategia di espansione nei territori dei principati longobardi proprio in concomitanza con la perdita della Sicilia, e in questo piano Bari è centrale: liberata dal controllo dell’emirato saraceno nell’871 dall’imperatore Ludovico II e tornata nell’area longobarda, dopo meno vent’anni i bizantini ne fecero sede del thema di Longobardia,

2

sfruttando le lotte e l’indebolimento dei principi longobardi. Bari, quindi, da subito divenne un punto di riferimento per il

1Cfr. G. MUSCA, C. COLAFEMMINA, Tra Longobardi e Saraceni: l’emirato e P. CORSI, Dalla riconquista al catepanato, in Storia di Bari. Dalla preistoria al Mille. I, a cura di R. CASSANO, G. MUSCA, M. PANI, Bari 1989, pp. 284-311, 315-344.

2 Un sistema amministrativo basato su circoscrizioni di natura militare, ciascuna governata da uno stratego che comandava l’esercito che sussisteva in quell’area, cfr. CORSI, Dalla riconquista al catepanato

, cit.,

p. 322.Per un elenco degli strateghi del thema longobardo, dall’892 al 969, cfr. V. FALKENHAUSEN, La dominazione bizantina nell’Italia meridionale dal IX all’XI secolo, Bari 1978,pp. 78-85.

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territorio bizantino in Italia meridionale, con una costante stabilizzazione della presenza bizantina nella città, stimolando anche un’integrazione tra la classe dirigente locale d’origine longobarda e le autorità bizantine.

Le dinamiche politiche e sociali che caratterizzano Bari a fine XI secolo, sembrano affondare le proprie radici agli albori del secolo in questione, quando, nel 970, la città accrebbe il suo ruolo nel reticolato amministrativo dell’Italia meridionale bizantina, con la promozione del thema a Catepanato d’Italia, per volontà dell’imperatore Niceforo Foca.

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Sin dall’inizio, infatti, la città era stata protagonista di alcuni scontri che prefigurano un tessuto sociale e politico vivace, con i suoi interessi e le sue contraddizioni. Il primo e più importante episodio nella memoria storica cittadina è sicuramente la rivolta, dal 1009 al 1012, di Melo, esponente del ceto dirigente locale, probabilmente anche l’unica finalizzata ad una indipendenza della città rispetto al potere politico bizantino.

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Secondo la tradizione storiografica ottocentesca, Melo avrebbe tentato di liberare dal governo

“straniero” la propria città.

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In realtà, fu il tentativo da parte di una parte del ceto dirigente locale di ricollocare la città entro l’area di riferimento dei principati longobardi e dell’imperatore d’Occidente, da cui Melo si rifugiò in esilio – dopo la resa barese

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- e ricevette il titolo di dux Italiae, forse in prospettiva di una campagna militare per riconquistare il Mezzogiorno bizantino.

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3 Cfr. CORSI, Dalla riconquista al catepanato

, cit., p. 332; V.

FALKENHAUSEN, La dominazione bizantina…, cit., pp. 28-51.

4 Cfr. G. MUSCA, P. CORSI, Da Melo al Regno normanno, in Storia di Bari. Dalla conquista normanna al ducato sforzesco. II, a cura di G. MUSCA, F. TATEO, Bari 1990, pp. 5-13.

5 Fra tutti cfr. G. PETRONI, Della storia di Bari dagli antichi tempi sino all’anno 1856, I, Napoli 1857; G. DE BLASIIS, La insurrezione pugliese e la conquista normanna nel secolo XI, I, Napoli 1864.

6 È interessante notare come negli Annales barenses venga riportata la resa della città, intendendola come un accordo fra il notabilato locale e il nuovo catepano Basilio Boioannes, cfr.

Annales Barenses (605-1043), ed. G.H. PERTZ, in MGH, SS V, Hannover 1844, pp. 51-56 (da ora Annales Barenses), in part. p. 53: “1013. Hoc anno obsessa est Bari a catepano Basilio cognomento Sardonti, et completis diebus sexaginta unum fecit pacem cum ipsis, et ipse intravit castellum Bari, ubi sedes est nunc Graecorum magnatum”.

7 Per alcune notizie generali su Melo cfr. P. BERARDO, Melo da Bari, in Dizionario Biografico degli italiani, 73 (2009). Secondo Giosuè Musca, Melo e suo cognato Datto avrebbero organizzato la rivolta strumentalizzando il malcontento popolare contro i funzionari bizantini, covato a causa di una congiuntura metereologica, sulla base di un passo degli Annali di Lupo

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