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Inquadramento geografico e politico dell’Ager Pisanus

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Academic year: 2021

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INTRODUZIONE

Alpheae veterem contemplor originis urbem quam cingunt geminis Arnus et Ausur aquis.

Conum pyramidis coeuntia fulmina ducunt;

intratur modico frons patefacta olo.

Sed proprium retinet communi

in gurgite nome net pontum solus scilicet arnus adit

(Rutilio Namaziano, De Reditu suo)

“ Ammiro finalmente la città di Alfea, di origine antica, che l’Arno e l’Auser cingono con gemine acque.

I due fiumi, alla loro confluenza, formano un cuneo piramidale la cui fronte evidente s’insinua con una sottile lingua di terra; ma soltanto l’Arno nel percorso

unificato conserva il proprio nome fino a raggiungere il mare “

In questo lavoro di tesi si tratteranno argomenti legati a Pisa, nata nel IX secolo a.C. La provenienza degli ecisti è stata a lungo dibattuta: dapprincipio si è accettata la leggenda contenuta nelle fonti antiche secondo la quale la città fu fondata da greci provenienti dall’Elide, stanziati in una città chiamata Pisa1; successivamente, grazie a ricerche archeologiche, si è potuto stabilire che essa fu un centro etrusco2 e rimase tale fino a quando il territorio divenne oggetto d’interesse della futura potenza del Latium Vetus3. L’inserimento nell’orbita di Roma avvenne gradatamente, a cominciare dal III secolo, ma Pisa, e tutta l’Etruria, divennero parte della storia romana effettivamente a cominciare dalla creazione della Regio VII4 nel 7 a.C. (Strab., V, 2, 1-9; Plin., Nat. Hist., III, 50 – 53).

1 Virgilio, Aen, X, vv. 179 – 180; Claudiano, De Bello Gildonico, vv. 482 -483; Servio Ad Aen., X, 179; AMPOLO 2003, pp. 39 – 43.

2 BRUNI 2003, p. 45.

3 Per approfondimenti sulle leggende legate alla fondazione di Pisa: BRUNI 1998; CAMPOREALE 2004, pp. 380 – 382.

4 Plinio nella Naturalis Historia riporta la suddivisione in 11 regiones voluta da Augusto: l’Etruria costituiva la VII regio che confinava con la nona, ovvero la Liguria, il cui limite era segnato dal letto del Magra, e con la prima comprendente Lazio e Campania. (PASQUINUCCI 1992, p. 67).

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A partire dalla deduzione della città pisana (tra il 41 e il 27 a.C.5), si verificarono dei cambiamenti strutturali al sistema politico, sociale ed economico.

L’obiettivo della tesi è illustrare il cambiamento nell’organizzazione produttiva con l’avvento della romanizzazione focalizzandosi sul ciclo manifatturiero dell’opus doliare.

La volontà di affrontare tale argomento si lega alla necessità di raccogliere e uniformare i dati forniti dalle ricerche casuali o programmate attuate nel territorio dell’antico ager pisanus negli ultimi vent’anni cercando di arrivare a più conclusioni di tipo storico – archeologiche.

L’analisi geografica, fisica, storica di Pisa, contenuta nel I capitolo, introduce all’argomento, ovvero allo studio dei luoghi di produzione e commercio del materiale edile di età romana.

Trattando le tematiche relative all’opus doliare ho ritenuto opportuno delineare un quadro degli studi effettuati nel secolo scorso e in quello attuale sull’argomento di discussione, evidenziando così anche problemi, interrogativi inerenti la materia in sé, i marchi di fabbrica, ovvero i bolli, elementi fondamentali per la ricostruzione della produzione, per gli studi storici – prosopografici (vd. cap. II).

Il materiale edile ha dato un notevole contributo per la conoscenza dell’economia romana.

I bolli godono di una caratteristica che li distingue dagli altri materiali epigrafici: essi hanno una completezza d’informazioni che raramente si riscontra nei reperti antichi, sebbene la quantità e la qualità dei dati desumibili varii a seconda dei luoghi e del periodo di produzione.

L’interesse per tale categoria di manufatti nacque sul finire del XIX secolo con H. Dressel6: la sua riflessione spinse i successori ad approfondire le indagini archeologiche mettendo al centro lo studio dei reperti bollati: sono un esempio il lavoro di Bloch7, della Setala8 e di Helen9.

Bloch capì il grande apporto che potevano dare alla conoscenza degli edifici antichi i materiali da costruzione tramite la semplice lettura delle informazioni riportate su di essi,

5 PASQUINUCCI 1995, pp. 311 – 317.

6 DRESSEL 1891.

7 BLOCH 1947.

8 SETALA 1977.

9 HELEN 1975.

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come ad esempio l’anno esatto della costruzione della struttura e il nome del fornitore del materiale.

Mentre per Roma (quella che è stata definita dalla Steinby “area urbana”10) si ha un quadro esaustivo dell’industria laterizia, per quanto riguarda l’Italia centrale, meridionale e le isole esso rimane limitato: ciò è dipeso dall’inferiore disponibilità di reperti e dalla mancanza di uno studio tipologico – paleografico ben strutturato; le conoscenze si basano su rinvenimenti casuali, le pubblicazioni dei materiali riguardano zone ristrette non sufficienti per svolgere analisi comparative, o per ricavare conclusioni sulla realtà di riferimento. L’unica eccezione è lo studio della zona nord adriatica, in particolare delle regioni Friuli-Venezia-Giulia, Veneto e Emilia Romagna effettuato da Claudio Zaccaria11. Altra difficoltà per quanto riguarda i materiali di area- extraurbana, è data dal minor numero d’informazioni contenute nei bolli (per esempio sono assenti le date consolari), per cui è più difficile dare una cronologia esatta ai manufatti e il numero di conclusioni di tipo storico si riduce enormemente.

L’individuazione di fornaci, i confronti tra produzioni ed esami attenti della struttura dei bolli, sono requisiti fondamentali per una migliore conoscenza della produzione laterizia extraurbana; essa fornisce interessanti prospettive per la conoscenza del livello sociale dei privati domini delle figlinae e la natura del loro interesse per questo genere di produzione12(vd. cap. IV).

Dato che i bolli d’area pisana non riportano né la data consolare, né quegli elementi distintivi utili per le conclusioni tipologiche e cronologiche, (i signa o forme sviluppatesi in momenti ben individuabili), la datazione è stata ottenuta dal ritrovamento in situ e quindi dalla lettura stratigrafica, in altri casi si è fatto ricorso all’identificazione prosopografica, in altri ancora all’analisi delle caratteristiche epigrafiche.

Sono stati esaminati i dati relativi ai luoghi di produzione e di rinvenimento del materiale edile all’interno dell’ager Pisanus, riferibili ad un periodo in cui questo ciclo produttivo si diffonde e s’ingrandisce per mano di famiglie di rilievo legate al mondo politico romano e alla produzione di terra sigillata italica e tardo italica (vd. cap. IV e V).

10 STEINBY 1974 - 1975.

11 ZACCARIA 1993.

12 TORELLI 2000, pp. 311-321.

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Capitolo 1

Inquadramento geografico e politico dell’Ager Pisanus

Adnectitur septima, in qua Etruria est ab amne Macra, ipsa mutatis saepe nominibus.

Umbros inde exegere antiquitus Pelasgi, hos Lydi, a quorum rege Tyrrheni, mox a sacrifico ritu lingua Graecorum Tusci sunt cognominati. primum Etruriae oppidum Luna, portu nobile, colonia Luca a mari recedens propiorque Pisae inter amnes Auserem et Arnum, ortae a Pelopidis sive a Teutanis, Graeca gente. vada Volaterrana, fluvius Caecina, Populonium, Etruscorum quondam hoc tantum in litore.

(Plinio, Nat. Hist. 3.50)

Introduzione

Il territorio che fornì le basi per lo sviluppo di Pisa romana è caratterizzato da una profonda diversità nelle sue compagini; ciò che ne ha reso possibile la crescita è stata la stretta integrazione tra attività produttive, vie d’acqua e di terra.

L’intersecarsi di motivazioni economiche e produttive ha fatto si che la storia dei singoli luoghi diventasse comune a tutta l’area, rendendo le tessere parte di un unico mosaico.

Per poter meglio comprendere la nascita di una produzione è necessario precisare il luogo, il momento storico e le modalità che costituirono il criterio imprescindibile per la prosecuzione dell’attività: partendo da questi presupposti, nel capitolo si farà riferimento alle caratteristiche fisiche, geomorfologiche della piana di Pisa, le cui peculiarità furono ampiamente sfruttate, modificate e valorizzate durante l’età della romanizzazione.

1.1. Studio del territorio

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L’odierna città della Toscana settentrionale sorse su una pianura alluvionale formata dal fiume Arno che tutt’oggi l’attraversa, alla confluenza dello stesso e del Serchio, così come è attestato in varie fonti letterarie antiche: Strabone (5.2.5, C 222), Plinio (Nat. Hist. 3,50), Rutilio Namaziano (1. 566-570).

Le ricerche effettuate in questi anni hanno permesso di ricostruire l’assetto della città, sorta a ridosso di un complesso sistema lagunare costiero, in una regione segnata dalla presenza di fiumi, canali e corsi d’acqua minori: il contesto ambientale e l’ubicazione delle fonti idriche non sono rimasti invariati nel tempo. L’evoluzione è stata messa in moto sia da fattori naturali, sia antropici: da una parte sono intervenuti l’innalzamento del livello del mare e l’arretramento della linea di costa, dall’altra l’abbandono delle difese idriche legate al sistema centuriato registratosi a partire dalla crisi politica, economica, demografica che la città pisana conobbe in età tardo antica13.

Ricerche topografico-archeologiche sono state effettuate in alcune aree dell’Etruria Settentrionale costiera, nella zona compresa fra Bassa Versilia (Pietrasanta), il Monte Pisano, il fiume Era e la bassa Val di Cecina, corrispondente approssimativamente, nell’assetto municipale, all’ager Pisanus (il cui confine settentrionale coincideva con l’antico corso del Versilia, quello meridionale con il fiume Fine e quello orientale molto probabilmente con il fiume Era)14.

Fig. 1 - Confini dell'Ager Pisanus.

La pianura pisana è l’esito di processi geologici avvenuti in un lungo intervallo di tempo, durante il quale l’azione incessante dell’Arno ha giocato un ruolo determinante. Essa comprende quell’area della Toscana costiera che si estende dal lago di Massaciuccoli fino a Livorno: è limitata a Nord dal Monte Pisano e dalla Dorsale di Viareggio, a sud dalle Colline Pisane, dai Monti di Casciana e dai Monti Livornesi; la separa dal mare una fascia costituita da sedimenti sabbiosi e limo - argillosi che si protende per 7 km.

13 M. PASQUINUCCI, 2004, pp. 61-72.

14 PASQUINUCCI - MENCHELLI, 1995, 209-217.

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Dal punto di vista strettamente geologico, la pianura è l’esito dello sprofondamento di un’area interessata dalla formazione e dal consecutivo sollevamento dell’Appennino Settentrionale verificatosi a partire dal Miocene superiore (circa 10 milioni di anni fa). Alla fase tettonica compressiva ha fatto seguito quella distensiva, che ha generato un bacino all’interno del quale, con il passare del tempo, si sono accumulati sedimenti di varia origine fino a raggiungere 2000 metri di spessore, visibili oggi nelle zone limitrofe della pianura.

Dal punto di vista fisico, la piana di Pisa presenta condizioni differenti man mano che si passa dalla zona costiera a quella pedemontana. La superficie è costituita da sabbie e calcareniti risalenti al Pleistocene (1,8 milioni - 10.000 di anni a.C.) e da depositi alluvionali risalenti all’Olocene15, distribuiti uniformemente su tutto il territorio, composti da sabbie, limo e argilla. Durante le glaciazioni i bacini di sedimentazione si trovavano in zone continentali e proseguivano in zone prossimali alla costa e ciò ha provocato la formazione di dune, tomboli, lidi - un tempo lagune comunicanti con il mare -, stagni e paludi (per es. lago di Massaciuccoli e lago di Porta).

I movimenti tellurici e l’alternanza di fasi di sedimentazione e di regressione marina, uniti alle variazioni climatiche hanno apportato cambiamenti di grande rilevanza all’interno del paesaggio pisano: la costa era molto più arretrata rispetto all’attuale linea di riva; Strabone infatti nella sua Geografia (V libro) ci dice che la città di Pisa distava 20 stadi dal mare (4 km circa).

15 Suddivisione utilizzata in cronostratigrafia per definire l’età di formazione delle rocce nell’età Quaternaria.

L’Olocene è un periodo geologico facente parte dell’epoca Quaternaria (o Neozoica) iniziato circa 12 000 anni fa e tutt’ora in corso.

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Fig. 2 - Carta geomorfologica della Pianura Settentrionale di Pisa (PASQUINUCCI 1988, fig. 10).

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1.2.Romanizzazione di Pisa

Solo labili tracce ci consentono oggi di cogliere e ricostruire la fase romana della città di Pisa; osservando alcuni indizi si può comprendere il peso che ebbe l’avvento della romanizzazione sull’organizzazione del territorio: basterà osservare la diffusione dei toponimi prediali di origine latina che punteggiano l’area16. Per quanto riguarda la porzione di territorio considerata, oltre alle tracce sul terreno, ottimi agganci temporali sono forniti anche dalle poche fonti letterarie a disposizione.

1.2.1 III secolo a.C.

La documentazione scarsissima relativa alla fase antecedente all’arrivo dei romani in Etruria non permette di precisare con esattezza il modo e l’evento che portarono all’avvicinamento tra Roma e Pisa; probabilmente il tutto avvenne in maniera spontanea e graduale o forse a seguito della sconfitta di Volterra (298 a.C.) Pisa offrì spontaneamente l’appoggio, o meglio porti e scali di centrale importanza durante i conflitti militari. Le prime testimonianze che confermano il supporto logistico risalgono alla I guerra punica.

La città attraversata dall’Arno comparve nelle fonti romane nel 225 a.C.: Polibio17 narra dell’arrivo al porto di Pisa del console C. Attilio Regolo proveniente dalla Sardegna recatosi con due legioni dopo l’insediamento di un governo romano stabile.

L’amicizia e la fedeltà nei confronti di Roma sono documentate durante la seconda guerra punica: nel 218 a.C. P. Cornelio Scipione, padre dell’Africano, sbarcò con il suo esercito a Pisa e qui fece ritorno dopo aver lasciato le truppe al fratello impegnato negli scontri a Marsiglia18.La lealtà è confermata dal fatto che le navi cartaginesi non fecero ricorso all’attracco pisano per far sbarcare i soldati destinati a soccorrere Annibale19; inoltre Pisa non si unì alle città dell’Etruria che impaurite dal progressivo avanzamento della potenza romana, nel 209 a.C. diedero vita ad una rivolta20. La salda alleanza dovette essere

16 PIERI 1919.

17 Polibio, II, 27, 1; 28, 1.

18 Livio XXI, 26; XXI, 39; Polibio III, 41, 4; III 56, 5.

19 Polibio III, 96, 9.

20 Livio XXVII, 21; XXVII, 38; XXX1, 2; XXX1, 10.

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motivata dalle ripetute incursioni che i confinanti Liguri facevano nel territorio pisano, invasioni che la città da sola difficilmente riusciva a fronteggiare21.

A partire dal III secolo a.C. Pisa occupò un ruolo centrale nel corso delle operazioni belliche contro le popolazioni Liguri. Da questo momento viene indicata come provincia22, ovvero sfera di competenza di un magistrato, console o pretore investiti del compito di difendere il territorio; inoltre a seguito dei servigi resi a Roma essa godette della condicio di civitas foederata23 che le conferì un elevato grado di indipendenza.

1.2.2. II secolo a.C.

Roma costruì un sistema di basi portuali lungo la costa tirrenica includendo la città attraversata dall’Arno; quest’ultima assicurò una posizione più salda nella zona centro settentrionale della penisola italica all’urbe divisa dal Tevere. Il legame ormai instauratosi tra Roma e Pisa è confermato dal fatto che la prima non esitò ad inviare aiuti per combattere i Liguri (nel 195 a.C. il pretore P. Porcius Laeca venne inviato <<ut a tergo Liguribus esset24 >>) e dall’utilizzo del porto della seconda da parte di M. Porcio Catone per inviare le truppe destinate a combattere in Spagna25.

Le fonti ci informano che nel 193 a.C., all’inizio della guerra contro i Liguri, il prefectus M.

Cincio annunziò a Roma l’arrivo dei Liguri nel territorio di sua competenza ovvero quello pisano, ingerenza che a fatica venne contrastata dal console Q. Minucio Thermo: egli, riunito l’esercito ad Arezzo, andò in soccorso alla città ormai assediata da 40000 Liguri26. Per un anno Minucio Thermo si trattenne per la difesa del territorio senza mai ottenere successi degni di nota. Le incursioni degli apuani si ripetettero fino al 187 a.C. Da qui prese avvio la vera lotta contro i Liguri, contesa che vide Pisa al centro dei combattimenti per la posizione che ricopriva: essa dominava al tempo stesso la costa, gli sbocchi della valle della Garfagnana e i valichi dell’Appennino tosco – emiliano. Nel 185 a.C. M. Sempronio

21 BRUNI 1998, pp. 237 – 239

22 Nel 195 a.C. la provincia di Pisa venne assegnata al pretore P. Porcius Laeca (Livio XXXIII, 43); nel 188 a.C. venne assegnata al console M. Valerio Messala; nel 178 a.C. Pisa, indicata ancora come provincia, fu sotto la guida del pretore Ti. Claudius (Livio XLI. 5).

23 C.I.L. XI, 1 p. 273 - BANTI 1943, p. 126.

24 Livio, XXXIII, 43.

25 Livio XXXIV, 8.

26 Livio XXXV, 3; XXXV, 21.

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Tuditano riuscì a sbloccare definitivamente le comunicazioni con il porto di Luni27. Data la situazione non ancora stabile, il Senato nel 182 a.C. deliberò affinché fossero posti a Pisa gli accampamenti invernali dell’esercito28. Roma inferse un duro colpo nel 180 a.C. quando intraprese la pulizia etnica dei Liguri Apuani e la deportazione di 47000 uomini nel Sannio. Le pressioni diminuirono ma non cessarono, infatti nel 176 a.C. vennero mandati a Pisa i duumviri navales con la flotta per fermare i Liguri dal mare29 e nel 175 a.C. il territorio venne nuovamente devastato30. Ciononostante gli avvenimenti bellici condotti dai romani si rivelarono molto fruttuosi: cessarono le incursioni della popolazione nord- tirrenica nelle campagne e si mise in moto la macchina del commercio.

Nel 180 a.C. Pisa fornì a Roma il territorio su cui fondare una colonia di diritto latino, Lucca31. Non è chiaro se la cessione sia avvenuta in maniera spontanea come segno di riconoscimento nei confronti della potenza che l’aveva liberata dal nemico ligure, oppure sia stato un atto imposto da Roma alla quale premeva la deduzione di una colonia nella valle del Serchio; tale manovra assicurò ai romani la definitiva vittoria sui Liguri; per converso la città pisana ne risultò limitata sia dal punto di vista territoriale sia dal punto di vista del commercio: con la fondazione delle colonie di Lucca e di Luni (177 a.C.) si ridimensionò il territorio controllato dalla “città alfea”: i confini furono fissati dalla Versilia propria, al crinale del Monte Pisano, ai fiumi Era e Fine. Oltre tali confini si estendevano i

“domini” lunensi32, lucchesi e volterrani33. Il confine pisano-lunense venne segnato prendendo come punto di riferimento il corso del fiume Versilia e andò a comprendere l’area che si estendeva tra l’immediato entroterra di Pietrasanta e la collina. La suddivisione non avvenne in maniera del tutto pacifica e silenziosa: nel 168 a.C. fu richiesto al Senato di Roma di derimere una controversia sorta tra pisani e lunensi. I primi rivendicavano il diritto di proprietà sui terreni espropriati dai coloni, mentre i secondi dichiaravano di non aver commesso alcuna usurpazione poiché avevano ottenuto la

27 Livio XXXIX, 3.

28 Livio XL, 17, 7.

29 Livio XLI, 17.

30 Livio XLI, 19.

31 Livio XL, 43, 1.

32 VAGGIOLI 1995, pp. 126 -127; MARCUCCETTI 1995.

33 Le zone d’influenza di Volterra si definiscono in base alla diffusione di particolari rituali o di determinate classi e tipologie di oggetti: a Vada si utilizzavano le caratteristiche urnette di alabastro e travertino prodotte a Volterra, mentre a Castiglioncello non vi è alcun ritrovamento simile, segno dell’appartenenza all’Ager Pisanus (BANTI 1943, p. 71).

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concessione direttamente dai triumviri incaricati della deduzione. A tal proposito venne istituita una commissione formata da cinque membri, tra i quali Q.Fabio Buteone, pretore nel 181 a.C. e triumviro per la deduzione di Lucca. Purtroppo le fonti tacciono sulla risoluzione finale34.

La fine della guerra contro i Liguri comportò una riduzione d’importanza in campo militare e di ricchezza, fino a quel punto garantita dai soggiorni occasionali della flotta e quelli più lunghi dell’esercito.

1.2.3. I secolo a.C.

Non si hanno testimonianze scritte che c’informano esplicitamente sulla data in cui Pisa divenne municipium, ma molto probabilmente la trasformazione dello status avvenne contemporaneamente alle altre città dell’Italia peninsulare, ovvero in seguito alla guerra sociale (90 – 89 a.C.). Che Pisa fosse un municipium non ci sono dubbi perché nel Paolo Festo ( 155 L), si menzionano esplicitamente i Pisani tra gli esempi di una categoria di municipes. Sempre nello stesso periodo Pisa venne iscritta alla tribù Galeria 35.

Dalla seconda metà del I secolo a.C. la storia si fa sempre meno ricca di notizie, ma è lecito pensare che Pisa fosse soggetta alle vicende delle lotte civili degli ultimi anni della repubblica, che ebbero come esito finale la deduzione delle colonie cesariane. Tra il 41 e il 27 a.C., forse in seguito alla battaglia di Azio, a opera di Ottaviano venne dedotta una colonia di veterani intitolata Colonia Iulia Opsequens Pisana (CIL, XI 1420; Plinio, Ep.

17)36.

Dalle notizie che si ricavano dalle epigrafi si deduce che Pisa non ebbe un’amministrazione particolare, ma del tutto conforme all’ordinamento coloniale romano. A capo di essa venne posto un collegio di magistrati, il duovirato che rimaneva in carica per un anno; i duumviri erano eletti e governati secondo la lex coloniae e a seconda dei fatti da derimere erano coadiuvati da un consiglio composto da dieci uomini, solo occasionalmente vi era un

34 PASQUINUCCI – CECCARELLI LEMUT 2008, p 19.

35 CIL, XI, 1, 1436.1440. 1441. 1449.1462.1488.1524.1524 a. VI 2530. X 5912; FRACCARO 1939, p. 226; ARIAS – CRISTIANI – GABBA 1977, pp. 83-96.

36 MUNZI - TERRENATO 1994, pp. 31-42; PASQUINUCCI 1995, pp. 311-317. Tutt’oggi sussistono dubbi riguardo la fondazione di Pisa: alcuni studiosi sostengono sia stata fondata dopo Azio (KEPPIE 1983, pp. 77-79; pp. 173-174), altri in età cesariana (FOLCANDO 1996, p. 103) e da ultimo in età triumvirale (VOLPONI 1975; SANGRISO 1999, pp. 47- 50).

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praefectus37. Al termine del mandato gli ex- magistrati entravano a far parte del senato locale.

La deduzione della colonia comportò interventi urbani, la centuriazione di parte del territorio e un capillare popolamento rurale che interessò anche le aree collinose dell’ager Pisanus meridionale.

Dalle sopravvivenze si è potuto stabilire che la mensura utilizzata per la suddivisione del territorio fu di 20 actus (710 m circa); decumani e cardi vennero fissati sul terreno con un orientamento NE-SW, e declinati in modo leggermente differente nei vari settori a seconda delle caratteristiche idriche e morfologiche della superficie. Una peculiarità della centuriazione pisana è la parcellizzazione del terreno tramite canali: tale espediente, comune nei terreni ricchi di acque superficiali assicurava il drenaggio delle aree soggette ad impaludamento e le comunicazioni per il trasporto delle merci. Lo spazio così organizzato portò all’edificazione di fattorie - villae in prossimità dei limites centuriali;

concentrazioni di reperti disseminati nel territorio (che solitamente hanno un’estensione compresa tra i 1100 e i 2000 m2) ne rivelano l’originaria presenza. Ancora non si può stabilire con certezza se le villae andarono ad installarsi in luoghi non interessati da precedenti insediamenti o se ci fu una rioccupazione-riorganizzazione del territorio. Si suppone che ad oriente di Pisa siano stati tracciati almeno 16 cardini e fra l’uno e l’altro rientrassero quattro o cinque centurie: risulterebbero così 60 o 75 centurie, cioè 12.000 o 15.000 iugeri di terreno.

Non si conosce esattamente il numero di veterani dedotti nella colonia, né la misura dei lotti concessi38. Molto probabilmente nell’ager Pisanus venne eseguita un’assegnazione secondo norma; sappiamo dalle fonti gromatiche che in età triumvirale i veterani ricevevano estensioni di terreno proporzionali al grado militare, al valore dimostrato in guerra, alla qualità del suolo; da Cesare in poi, si ritiene che abbiano ricevuto lotti con un’estensione pari a 25 e i 50 iugera39.

La centuriazione dell’ager Pisanus avvenne in una fase successiva rispetto alle limitrofe zone lucchesi e lunensi, non solo perché prima del III secolo non esisteva un’autorità centrale abbastanza forte da amministrare una riorganizzazione del territorio così importante, ma anche per fattori geografici – ambientali: a quell’epoca Pisa s’affacciava su

37 CIL, XI, 1, 1420.

38 FRACCARO 1939, p. 226.

39 PASQUINUCCI 1994, p. 192.

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una laguna estesa tra Montramito (Massarosa) e i Monti Livornesi che impediva la coltivazione in grandi porzioni del territorio.

Evidenti sopravvivenze della sistemazione agraria e catastale si rintracciano dalla riva meridionale antica del lago di Massaciuccoli fino a Coltano, e verso est, sino alla riva sinistra dell’Era; dall’osservazione del territorio centuriato si può stabilire con certezza che il fiume, insieme all’affluente Cascina, segnava il confine orientale della Colonia Iulia Opsequens40.

Fig. 3 - Centuriazione del territorio compreso tra Ponsacco e Cascina (CIAMPOLTRINI 1981).

Ciò che archeologicamente non può essere rintracciato lo si ricava dalla toponomastica:

oltre i numerosi nomi di luogo di origine centuriale derivati da termine o da limite presenti sia nella Valdiserchio sia nel Valdarno, più eloquente è il toponimo Decumano sopravvissuto nel Medioevo, attribuito ad un rio attestato a Cascina e anche ad un luogo, detto ad Dagumano, nominato nel 1116 nel territorio di Settimo41.

Le sopravvivenze dei limites sono più marcate nei territori maggiormente elevati e stabili, rappresentati dai dossi fluviali lungo l’Arno, il Serchio e l’antico corso dell’Auser. Nell’area compresa tra Pisa e Cascina sono ancora evidenti le tracce dell’antica centuriazione che invece mancano totalmente nella zona a nord di Pisa, soggetta regolarmente nel corso dei

40 CIAMPOLTRINI 1981 a), p. 43.

41 CECCARELLI LEMUT – PASQUINUCCI 1991, p. 136.

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secoli a periodi di esondazione e successivi impaludamenti, che hanno prodotto l’obliterazione degli antichi assi centuriali. In zona S. Rossore è stato rinvenuto il punto d’incrocio tra un canale centuriale e il fiume Auser. Nelle zone adiacenti al letto del fiume, seppur incluse nel sistema centuriato, non veniva praticata l’agricoltura perché frequentemente interessate dalle esondazioni. A tale conclusione si è giunti tramite l’analisi dei pollini; i risultati provano che l’area è rimasta sostanzialmente incolta42.

L’orientamento degli assi ortogonali nel centro urbano di Pisa si evince dall’osservazione dell’andamento delle strutture rinvenute in Piazza Duomo e dai Bagni di Porta a Lucca:

N/S- E/W.

La centuriazione del territorio conferì un’organizzazione organica al centro pisano che fino all’età repubblicana era rimasto privo di una pianificazione: esso era costituito da piccoli nuclei abitativi addensati nella zona dell’attuale centro storico43. L’area occupata dalle più antiche abitazioni sembra essere circoscritta dalle necropoli44 dislocate in zone periferiche del settore in esame, ciascuna delle quali doveva essere di riferimento all’agglomerato insediativo adiacente.

L’abitato romano sembra essersi sviluppato nel settore N-E di quello attuale, ovvero nella porzione in cui più a lungo si sono conservate indicazioni toponomastiche come civitate vetera,45 a le grotte, petricio.

A causa della sovrapposizione dell’abitato medievale a quello più antico e dei cambiamenti geomorfologici a cui è stato sottoposto il territorio, rimangono poche evidenze archeologiche di età romana; i decreti in onore di Gaio e Lucio Cesari46 (2 - 4 d.C.) documentano l’esistenza di un Augusteum situato nel Foro, ancora visibile e apprezzabile nella totale monumentalità delle origini nel V secolo quando Rutilio Namaziano (De Reditu I, 576 - 577), nel viaggio verso la Gallia potè ammirare la statua del padre consularis Tusciae et Umbriae (417 d.C.). Ponendo la “Carta di Bonanno” e la “Pianta del Gentilesimo” come basi incontrovertibili per la ricostruzione dell’impianto urbanistico

42 CAMILLI-SETARI, 2005, p. 25.

43 CIAMPOLTRINI 1981 a), pp. 43-44.

44 BANTI 1943, pp. 88 – 92.

45 Zona in cui si credeva ci fosse un piccolo tratto dell’antica cinta muraria (GELICHI 1998, p. 82).

46 Decreta Pisana ovvero disposizioni della colonia emanate dopo la morte di Lucio e Gaio Cesari, figli adottivi di Augusto: nel primo viene fatto l’elenco degli edifici che dovevano rimanere chiusi per l’anniversario del lutto (templi, bagni pubblici, botteghe e luoghi di spettacolo); inoltre con esso si decretava l’acquisto a spese pubbliche di un terreno sul quale erigere un’ara commemorativa per la morte di Lucio accanto alla quale doveva porsi un cippo con incisa la deliberazione presa dai cittadini della Colonia Obsequens Iulia Pisana (ARIAS – CRISTIANI – GABBA 1977, pp. 83- 96; SEGENNI 2002, pp. 379-393; SEGENNI 2003, pp. 87-91).

(15)

pisano eruditi del XVIII secolo come Flaminio del Borgo, Anton Felice Mattei collocarono il foro romano in Piazza dei Cavalieri. La supposizione è stata corroborata dall’osservazione dell’impianto medievale e moderno della città; così B. Pace, N.

Toscanelli, in un primo tempo e poi Neppi Modona, L. Banti, C. Di Spigno, P. Bocci e G. A.

Mansuelli fissarono nell’area di San Sisto in Corte Vecchia il cuore del tessuto urbano romano.

Fig. 4 - Localizzazione del centro urbano in età romana secondo gli studi degli eruditi dell'800 e inizi del '900. Veduta di Chiesa San Sisto in Cortevecchia.

A partire dagli studi di E. Tolaini è stata dimostrata la mancanza assoluta di scientificità delle piante del Gentilesimo e del Bonanno. Le indagini archeologiche effettuate dai primi anni Novanta del XX secolo nel centro storico hanno smentito le passate ricostruzioni riguardo all’organizzazione del centro romano47.

Sotto il livello di frequentazione attuale di Piazza dei Cavalieri sono state trovate alcune sculture ornamentali di piccolo modulo che indicano la presenza di domus di un certo rilievo. Le ceramiche rinvenute danno ulteriore prova delle finalità degli spazi; le classi appartengono al tipico corredo in uso nelle villae e nelle domus pisane durante l’età imperiale48.

La presenza di laterizi di età romana negli strati sottostanti una struttura alto-medievale individuata mediante uno dei sondaggi effettuati nell’area della piazza e il reimpiego nella stessa, costituisce un ulteriore indizio della vicinanza di edifici antichi49.

In prossimità di Piazza dei Cavalieri è stata messa in luce una domus di età tarda repubblicana, un’altra in Piazza Dante50 databile all’età augustea.

47 BRUNI 2000 b), pp. 7 -10.

48 BRUNI 2000 b), pp. 27 – 28; COSTANTINI 2007, p. 269.

49 BRUNI 2000 b), pp. 27 -28.

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In C.I.L. XI,1, 1420 - 21, sono menzionate una costruzione termale (sicuramente anteriori alle terme di Porta a Lucca), tabernae, un teatro e un anfiteatro che potrebbe essere identificato in quelle strutture con un andamento curvilineo individuate in via S. Zeno durante gli scavi per la costruzione dell’Istituto di Fisiologia (1908) 51; di esse restano solo dei grafici conservati nel Museo di S. Matteo fatti per conto dell’associazione Pisana per l’Arte. Oltre alle scoperte archeologiche, non più verificabili, la toponomastica fa supporre che un tempo in via san Zeno sorgesse un teatro: difatti il luogo conserva il nome Parlascio che in lingua longobarda indicava i luoghi di spettacolo e gli anfiteatri romani52.

Fig. 5 – Rilievo dei resti dell’anfiteatro romano in via san Zeno (MASETTI 1964, p.

18).

Le maggiori evidenze archeologiche di età romana provengono dagli scavi in Piazza dei Miracoli53. Negli ultimi decenni del I secolo venne ristrutturato il settore corrispondente all’attuale Piazza del Duomo, prossimo a quello dove nel corso dell’età flavia venne realizzato il complesso termale dei Bagni di Nerone54. Durante la prima età imperiale l’area è stata oggetto di un complesso ed articolato fenomeno urbanistico in parte conseguente al rimodellamento risalente alla deduzione coloniale. Grazie all’assenza di un’attività edilizia diffusa è stato possibile rintracciare nell’area nord-occidentale, a poche decine di cm dal piano attuale, i resti di domus che componevano il quartiere urbano della città tra II sec. e III sec. L’attuale Piazza del Duomo era occupata da abitazioni, sui cui livelli di abbandono s’impostò nel V-VI secolo una fase cimiteriale costituita da fosse terragne, per la maggior

50 PASQUINUCCI 1993, pp. 95- 104.

51 I lavori di costruzione dell’edificio hanno restituito reperti di varia tipologia: ceramica fine (quella più antica è aretina), frammenti di anfore, laterizi e oggetti in bronzo (BANTI 1943, p. 88).

52 BANTI 1943, p. 87; STORTI 1986, p. 97; GARZELLA, p. 2.

53 ALBERTI – PARIBENI 2006, pp. 211 – 213.

54 BRUNI 1992 – 1993, P. 183.

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parte realizzate utilizzando bozze di pietra già impiegate nell’alzato delle costruzioni romane.

1.2.4. I secolo d.C.

I cambiamenti urbanistici che interessarono la parte nord occidentale della città potranno essere meglio colti se inseriti all’interno di un discorso più ampio di carattere storico; nel I secolo d.C. l’intera penisola italica fu attraversata da un periodo di crisi che ebbe ripercussioni pesanti su molte “catene produttive”. La regressione economica non sfiorò minimamente le città di Florentia e di Pisa; in esse si condensarono gentes senatorie che portarono al dissolvimento dei ceti imprenditoriali55. I fattori che permisero alla città pisana di non cadere nel baratro della stagnazione economica furono il ricco entroterra che diede la linfa necessaria per la sopravvivenza degli scambi commerciali, e il successo delle produzioni locali che venivano esportate in tutto il Mediterraneo e lungo il limes (sigillata in particolar modo)56.

In piccoli centri, come Coltano e Stagno57, è stato raccolto materiale ceramico (soprattutto anfore) che prova il perdurare dei traffici marini e transmarini.

La Colonia Iulia Opsequens mantenne un certo grado di ricchezza che s’espresse attraverso oggetti artistici ispirati ai modelli urbani, destinati a liberti o libertini assurti alle magistrature locali58e tramite le ristrutturazioni urbanistiche di cui si è fatta menzione precedentemente.

Crebbe in maniera proporzionale alla ricchezza il numero degli insediamenti: all’interno della città si distribuirono uniformemente villae e fattorie59; ad esse s’affiancò radamente la grande proprietà di cui la villa di Massaciuccoli costituisce un esempio. Le villae di grandi dimensioni e caratterizzate dalla presenza di mosaici, colonne, statue erano ubicate soprattutto nella fascia costiera, lungo la via Aurelia e nella fascia collinare retrostante.

L’organizzazione degli spazi e la diffusione degli insediamenti rimasero invariati fino al III

55 CIAMPOLTRINI 1981 b), pp. 37 – 42; CIAMPOLTRINI 1982, pp. 2 -10; FABIANI, 2002 (b), 11 (2), pp. 99 - 112.

Il monumento dell’Augustale Constans a Lucca (I secolo d.C.) è la testimonianza dell’ascesa di quei ceti composti da liberti che individuano nel rango dell’augustale uno strumento per l’autoaffermazione nella comunità.

56 CITTER 1997, 134–135.

57 MENCHELLI 1984, pp. 255–266.

58 CIAMPOLTRINI 1981 a), pp. 41-55.

59 PARIBENI – PASINI – CARRERA, 2007, pp. 278 – 284.

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secolo d.C., eccezion fatta per la zona di Lavaiano, nel settore orientale dell’Ager Pisanus, dove a seguito di un dissesto idrogeologico la zona venne evacuata60.

1.2.5. II –III secolo d.C.

Le testimonianze epigrafiche mostrano che un momento importante per la città pisana si verificò sotto Antonino Pio, quando fu interessata da un forte rinnovamento edilizio ed urbanistico; Livio riferisce che a quell’epoca avvenne il ripristino della via Aemilia (142 d.C.) e il restauro di un edificio importante, forse il teatro.

Agli interventi dell’imperatore si affiancarono quelli dei Venuleii che si distinsero per la politica evergetica portata avanti nella città. A tale gens si deve la costruzione delle cosiddette “Terme di Nerone”, in prossimità di Porta a Lucca. Gli atti di liberalità di questa famiglia non si limitarono solo a Pisa, ma si riversarono anche sull’attiguo centro lucchese che nel II secolo, a seguito della crisi del secolo precedente, si trovava in uno stato di degrado, reso evidente dall’improvviso abbandono delle campagne circostanti alla città61.

Nel passaggio tra II e III secolo d.C. si registra un marcato momento di cesura; a partire da questa fase si delinearono tendenze che diedero avvio all’assetto tardoantico della regione:

cominciarono a sbriciolarsi le strutture augustee, si spopolarono le campagne e si ridimensionò l’ampiezza del tessuto urbano. Contemporaneamente scomparvero gentes senatorie da tempo inserite nell’amministrazione municipale romana per far spazio a nuove famiglie eminenti, alcune di rango senatoriale di origine non locale.

Archeologicamente la rottura si coglie dai corredi funebri, dove vengono a mancare le stele funerarie (elementi caratterizzante della fase storica precedente e oggetto simbolo di una certa classe sociale), mentre nei contesti produttivi – abitativi tale cesura si evince dalla diffusione dell’anfora di Empoli62.

La situazione rimane immutata nelle fattorie localizzate lungo la costa, sia a nord della città, sia in prossimità del Portus Pisanus fino al IV – V secolo d.C. : dai materiali recuperati si legge una continuità di vita e un ininterrotto scambio di mercanzia tramite i commerci transmarini63; mentre alle zone più interne, prossime alle rive dell’Arno, toccò altra sorte: nel III secolo d.C. a causa dell’assenza di un’amministrazione centrale forte come nelle fasi antecedenti, l’operazione di regimentazione delle acque non venne più

60 PASQUINUCCI – MENCHELLI 2002, p. 145.

61 CIL XI, 1, 1525.

62 CIAMPOLTRINI 1998 a), p. 225.

63 PASQUINUCCI – MENCHELLI 2002, p. 137; DUCCI – PASQUINUCCI – GENOVESI 2007, pp. 238 – 241.

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praticata provocanìdo dissesti nei settori d’interesse ed il conseguente abbandono di numerosi insediamenti64.

Tra III-IV secolo d.C. le città di Pisa, Volterra Lucca e Luni, pur avendo subito una compressione di spazi territoriali e politici detennero il ruolo di principali nuclei aggregativi, amministrativi e di consumo.

1.2.6. IV – V secolo d.C.

Dopo la stasi dei secoli precedenti nel IV secolo si verificò una rinnovata attività edilizia che interessò l’intera Etruria Settentrionale divenuta, a seguito della riforma di Diocleziano, Tuscia: furono intraprese costruzioni rivolte sia al centro urbano sia ai centri minori rurali e della costa.

La struttura economica resse fino al V secolo d.C. : le attività manifatturiere da più tempo radicate nel territorio resistettero e proliferarono (la produzione di armi a Lucca65, la cantieristica navale a Pisa66). Il paesaggio agrario pisano era dominato dalle grandi villae rurali, alcune note archeologicamente, altre citate nelle fonti letterarie67: nate in seguito al rafforzamento della grande proprietà, in esse furono impiantate attività produttive gestite dalle aristocrazie senatorie, locali e urbane68.

I porti, quello di Santo Stefano ai Lupi e di Vada Volterrana, continuarono ad essere punti di riferimento nelle tratte dei commerci marini e nel traffico delle merci del territorio retrostante. Una prova del fatto che essi non subirono mai una battuta d’arresto viene da Rutilio Namaziano: portum quem fama frequentat Pisarum emporio divitiisque maris”69. Nonostante i capovolgimenti politici che interessarono la Tuscia, non si verificarono cambiamenti sostanziali nelle strutture preesistenti. I Goti, una volta giunti, s’inserirono nelle dinamiche economiche dell’Alto Tirreno con uno spirito di continuità rispetto alla strutture e gruppi politici anteriori: un esempio proviene dall’area volterrana, ove un esponente della secolare gens dei Caecina – il console Caecina Decius Albinus- continuò a rivestire cariche pubbliche sotto il regno di Teodorico. Lo stesso spirito di continuità si

64 PASQUINUCCI – MECUCCI- MORELLI 1997, p. 241.

65 Lucensis spatharia: Not. Dign. Oc. IX, 29.

66 Claud., Bell. Gild., 483.

67 Rutilio Namaziano cita la villa a Triturrita di Protadius presso Portus Pisanus; egli era un membro dell’aristocrazia senatoria che lasciata la carica pubblica, a causa del cambio di potere, si era ritirato nella sua residenza lungo la costa ove era ancora possibile ricavare ricchezza svolgendo le vecchie attività economiche.

68 CIAMPOLTRINI 1990, P. 377.

69 Rut. Nam. De red. I 475 – 486.

(20)

legge dai rinvenimenti archeologici: l’anfora di Empoli continua ad essere esportata dai porti dell’Ager Pisanus (lo dimostrano i ritrovamenti nel quartiere portuale di Vada Volterrana)70.

1.2.7. VI secolo d.C. – fino alla nascita del Medioevo

Il quadro politico – economico rimasto sostanzialmente immutato per secoli crollò allo scoppiare della guerra goto–bizantina che portò con sé carestia e povertà, sia nelle zone interne sia sulla costa della Tuscia71.

Nel 533 Narsete, dopo aver messo in ginocchio l’Italia centrale, ottenne la resa di Pisa e di Volterra. Seppur la città fosse al centro di zone coinvolte in avvenimenti bellici, essa sino al 603 - data in cui avvenne la definitiva conquista longobarda - godette di una posizione relativamente autonoma fra Bizantini e Longobardi: formalmente essa rimaneva bizantina, ma metteva a disposizione servigi di carattere militare a favore dei secondi.72

L’arrivo dei Longobardi nel contesto urbano è testimoniato dalla presenza di tombe con corredo e da un’area delimitata con funzione sacrale rinvenute in Piazza Duomo73. Contestuali a queste tracce archeologiche sono i sepolcreti di VIII – X secolo di Piazza dei Cavalieri74.

Ciò che l’archeologia ci riferisce, e di cui le fonti letterarie tacciono è che Pisa dai tempi della romanizzazione subì cambiamenti, in particolare a partire dal III secolo d.C. : i nuclei produttivi ed economici, che un tempo erano diffusi capillarmente sulla rete territoriale, si proiettarono esclusivamente sui centri portuali che non subirono mai momenti d’arresto poiché furono sfruttati per le importanti operazioni militari dapprima dei bizantini e poi dei longobardi75.

70 PASQUINUCCI – MENCHELLI2006, pp. 46 – 47.

71 Procopio, II, 20; III, 5; III, 6; IV, 33; IV, 34.

72 CONTI 1962-63, pp. 150-166; CONTI 1998, pp. 1-16; PASQUINUCCI – MENCHELLI 2006, pp. 49 – 50.

73 CIAMPOLTRINI 1993 a), pp. 595 - 597.

74 ALBERTI – BALDASSARRI – GATTIGLIA 2006, p. 140.

75 PASQUINUCCI – MENCHELLI 2006, pp. 43 – 53.

(21)

1.3. Risorse e produzione

Le diverse componenti del sistema insediativo pisano, ovvero la città, i porti (e approdi), i centri di produzione agricoli e manifatturieri, hanno dato vita ad un sistema economico ben integrato, dipendente dalle attività e dalle risorse dal territorio circostante; ciò ha garantito la tenuta delle strutture economiche pisane sino all’età tardo antica.

Nei secoli precedenti alla romanizzazione esistevano centri produttivi e vie di comunicazione che favorirono il progredire e lo sviluppo del territorio, ma con l’avvento della colonizzazione tutti i fattori di crescita vennero razionalmente potenziati: il sistema porti/approdi (Isola di Migliarino, Portus Pisanus erano i principali poli), un’efficiente rete stradale e la possibilità della navigazione fluviale (per la quale costituiscono una significativa testimonianza le imbarcazioni rinvenute nell’area di Pisa San Rossore) favorivano le attività di import-export nei traffici di cabotaggio, di lunga distanza e nelle acque interne.

1.3.1 .Viabilità

Il sistema degli scali marittimi ramificato a nord e a sud della città, era collegato fin dall’età arcaica con il centro principale mediante un asse costiero che correva lungo il cordone litoraneo.

In età preromana vi era una viabilità maggiore, costituita dal percorso costiero e dalle strade che fiancheggiavano i letti dei fiumi, e una viabilità minore, ovvero i collegamenti fra gli insediamenti rurali e le città.

Durante gli anni della romanizzazione si provvide ad una razionalizzazione delle direttrici esistenti, all’apertura di vie nuove che comportarono l’arginatura dei corsi d’acqua, la sistemazione dei guadi, disboscamenti e costruzione di ponti e aggeri76.

Una volta avvenuta la deduzione coloniale, il sistema viario venne ultimato attraverso la creazione di una fitta rete di strade e canali costituenti i limites centuriali.

Vie d’acqua

76 PASQUINUCCI 1994, p. 198-200.

(22)

I principali corsi d’acqua della piana pisana sono l’Arno (Arnus) e il Serchio (Auser).

Grazie ad indagini

geomorfologiche e alla fotointerpretazione è stato possibile rintracciare gli antichi letti dei fiumi: l’Auser, quello che oggi viene chiamato Serchio proveniente dalla Garfagnana,

all’altezza della piana di Pappiana si

biforcava; un ramo confluiva in Arno attraverso il padule di Bientina, l’altro scorreva verso ovest e oltre la Stretta di Ripafratta si divideva in due rami: il principale confluiva in Arno a Pisa, scorreva vicino a quella che sarebbe diventata Piazza dei Miracoli e poi si gettava in Arno all’altezza degli Arsenali Medicei, il ramo secondario – l’Auserculum – diretto verso Occidente andava a sfociare all’altezza di Vecchiano77.

Per quanto riguarda l’Arno, dei tre rami a cui accenna Strabone (V, 5, 2) è possibile riconoscere, oltre all’attuale corso, quello meridionale molto probabilmente esistito fino al Medioevo78. Il percorso del fiume aveva un andamento più sinuoso dell’attuale, le anse si susseguivano a breve distanza l’una dall’altra, sia a monte sia a valle della città.

I due fiumi, fondamentali per il mantenimento delle attività produttive della zona vennero inseriti in età romana in un sistema di vie d’acqua, in parte già sfruttato precedentemente, integrato da una rete di canali che faceva di Pisa il naturale sbocco al mare della Lucchesia e del Valdarno.

Vie di terra

77 REDI 1991, pp. 4-5; BRUNI 2000 a), pp. 24 – 27; BRUNI – COSCI 2003, pp. 37 – 39.

78 Un documento del 983 ricorda un corso d’acqua nella zona di Stagno, a sud di Coltano, forse da associare al fl[uvius]

Arnu della Tabula Peutingeriana (DEGRASSI, 1984 - 1985, pp. 172 - 190).

Fig. 6 - Antico percorso dell'Auser ( BRUNI 2000 a), p. 54).

Fig. 7- Disegno con gli antichi percorsi dell'Auser e dell'Arno ( BRUNI 2000 a), p. 54).

(23)

La rete di comunicazione terrestre era costituita da vie locali che si allacciavano ai limites e alle strade a lungo percorso.

Le strade principali erano:

- l’Aurelia, realizzata con molta probabilità dall’ Aurelius ricordato in un miliario rinvenuto e conservato nell’area archeologica di Vulci. La strada che le fonti distinguono in Aurelia Vetus e in Nova 79, venne costruita probabilmente da magistrati diversi: il tratto che da Roma arrivava a Cosa o a Pisa80, secondo la maggior parte degli studiosi fu realizzata per intervento del censore del 241 a.C., C.

Aurelius Cotta.

L’arteria viaria venne costruita sfruttando antiche strade etrusche; essa nacque con l’intento di collegare Roma con le colonie fondate sulla costa tirrenica nel III secolo.

Ciò è da mettere in relazione con la politica espansionistica di Roma; la strada infatti assicurava spostamenti rapidi delle truppe, finalizzati alla difesa dei territori acquisiti.

In seguito al rafforzamento delle posizioni, i romani attuarono ulteriori prolungamenti fino a rendere l’asse viario fondamentale per i traffici nell’Alto Tirreno, poiché garantiva un veloce collegamento tra i porti a nord di Roma e la Narbonense.

L’Aurelia Nova è variamente interpretata: alcuni la vedono come regolarizzazione della Vetus, altri come prolungamento della stessa verso nord da Pisa al Portus Lunae e forse fino a Genova81. Essa correva dal fiume Fine per Castiglioncello, Quercianella, Montenero, Salviano, Portus Pisanus82, S. Piero a Grado, fino a giungere a Pisa. Passato il centro urbano la via proseguiva verso Albavola, S. Nicola di Palatino, andando a toccare i cordoni litoranei del lago di Massaciuccoli.

79 In un’iscrizione risalente all’età di Antonino Pio, recante il nome del curator della strada, (C.Popilius Carus Pedo) viene ricordata l’esistenza di un’Aurelia Vetus e di un’Aurelia Nova. (TORTORICI 1985).

80 Wiseman in un articolo del 1971 sosteneva che la via Aurelia collegasse Roma a Cosa (WISEMAN 1971, p. 28), mentre di opinione diversa è il Coarelli, il quale sostiene che l’arteria stradale collegasse Roma con Pisa (COARELLI 1988).

81 Secondo la teoria di F. Coarelli.

82 Nel tratto di strada Salviano-Portus Pisanus, gravitavano in età tardo repubblicana e imperiale siti legati alla produzione del vino che veniva del commercializzato tramite il porto vicino.

(24)

Il segmento stradale che andava da Portus Pisanus a S. Piero a Grado doveva essere costiero; parte dell’andamento del vecchio asse stradale è stato ricalcato dall’attuale via Aurelia.

Conferme sull’andamento del tracciato provengono dal ritrovamento di miliari: a S.

Piero a Grado è stato ritrovato un miliario del 375-378 d.C. indicante il IV miglio da Pisa.

- L’Aemilia Scauri, la via interna, prolungamento o variante dell’Aurelia Nova, fu opera del censore Aemilius Scaurus83 (115-109 a.C.): il ritrovamento di un miliario a nord di Cosa che reca il nome del censore ha fatto propendere per l’ipotesi che vede nell’arteria stradale un percorso alternativo alla via Aurelia, più interna rispetto a quest’ultima. L’asse viario sarebbe nato a seguito dell’incrementarsi del traffico sul percorso stradale più antico, ormai insufficiente ad assicurare rapidi collegamenti fra Roma e la costa alto tirrenica; passando da Pisa e Luni esso giungeva a Vada Sabatia o a Dertona.

Nell’Ager Pisanus il suo percorso può essere desunto grazie ai miliarii rinvenuti a Rimazzano84 e a Crocino: essa passava per Torretta vecchia e l’area ad ovest di Collesalvetti; giungeva a SSE della città pisana. A nord di questa proseguiva per la via S. Iacopo, Pontasserchio, Vecchiano, Massaciuccoli, Massarosa, Montramito.

La strada aveva quindi uno sviluppo pressoché rettilineo, parallelo alla linea di costa con svincoli perpendicolari che la collegavano direttamente alla via Aurelia all’altezza degli approdi.

83 Uno scrittore anonimo informa che M.Emilio Scauro aprì la via Emilia durante la sua censura. (De Viris Illustribus , Aem., 72, 8).

84 C.I.L. XI 6664. In questa iscrizione viene ricordato il restauro effettuato da Antonino Pio («viam Aemiliam vetustate dilapsam» ).

(25)

Fig. 8 - Viabilità e località di età romana (FABIANI 2006).

- Tra il 155 e il 123 a.C. venne costruita per volontà del console T. Quinzio Flaminino la via da Florentia a Pisa sulla riva sinistra dell’Arno, probabilmente realizzata per raccordare Arretium - Bononia a Pisae - Portus Pisanus.

Il tracciato è intuibile grazie alla sopravvivenza nelle zone d’interesse dei toponimi miliari romani o tramandati dalle fonti medievali; all’interno della città pisana esso doveva ricalcare le attuali via S. Martino e Toselli fino a raggiungere l’Arno, nei pressi di S. Cristina.

- La via a Luca Pisas seguiva grosso modo il tracciato via di Gello – Corliano - Rigoli- Molina di Quosa – Pugnano – Ripafratta – Montuolo - Lucca.

(26)

Fig. 9 - Ricostruzione del percorso della via a Luca Pisas.

La viabilità minore, realizzata nel corso del I secolo a.C. venne ricavata dai limites centuriali presenti nel territorio compreso tra Massarosa, Coltano e il fiume Era85.

85 CECCARELLI LEMUT - PASQUINUCCI 1991, p. 112.

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