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I La biografia intellettuale di Mohandas Karamchand Gandhi

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I

La biografia intellettuale di Mohandas Karamchand Gandhi

Storicamente è riuscito, sia pur limitandosi in pratica com'è proprio di tutti gli ideali, a provocare una delle più vaste rivoluzioni del mondo. E il segreto della sua forza è lì, nello spirito europeo introdotto nell'anima dell'India dal possente respiro. Viceversa, gli europei hanno qualche cosa da apprendere dal Mahatma indiano. E il suo libro riuscirà, non ho dubbio, edificante per chi ha animo disposto a intendere che cosa sia fermezza nel culto della verità, e cioè carattere, e spirito religioso, e forza di volere: materiali costruttivi indispensabili per ogni umanità, sotto qualunque cielo, in qualunque tempo, per qualunque programma di vita, con qualunque sistema politico. E gl'italiani che non hanno nella propria letteratura libri di questo genere, scritti con sì profonda ispirazione religiosa, impareranno a conoscere in Gandhi un grande scrittore1.

Giovani Gentile

Gandhi nacque il 2 ottobre del 1869 a Porbandar, capitale di un piccolo principato omonimo della costa occidentale dell'India, da un'agiata famiglia appartenente alla casta dei commercianti, i modh bania. Durante le ultime generazioni i Gandhi goderono di una certa notorietà: il nonno, il padre e lo zio ricoprirono l'incarico di diwan ossia di primo ministro del re di Porbandar.

Crebbe in una comunità profondamente religiosa dove ebbe la possibilità di ascoltare molte discussioni teologiche, santi e saggi dei diversi culti religiosi frequentarono la sua casa in visita al padre. Il suo spirito subì l'influenza del visnuismo e del jainismo2, due culti che considerano ogni forma di vita opera di

1 G. Gentile, Prefazione a M. K. Gandhi, Autobiografia, Milano, Treves, 1930, p. 23. 2 Il visnuismo (o vaisnavismo) è il culto di Visnu, e costituisce uno dei due grandi filoni

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Dio e per questo sacra. Uno dei brani che influenzò il suo pensiero politico fu scritto dal poeta medievale Narasasya, dedicato al dio Visnu:

Il vero visnuita è colui che conosce e sente come suoi i lamenti del prossimo. Sempre pronto a servire, mai si vanta.

Si inchina a ognuno e non disprezza alcuno, mantenendo puri il pensiero, la parola e l'azione. Benedetta è la madre di un simile uomo. Si volge a tutti con sguardo equanime. Si è liberato della brama, e riverisce ogni donna come fosse sua madre. La lingua gli verrebbe meno se tentasse di pronunciare il falso. Non invidia la ricchezza degli altri.

I legami dell'attaccamento al mondo non lo tengono. Ha la mente profondamente radicata nella rinuncia. In ogni istante è intento a recitare il nome di Dio. Tutti i luoghi sacri sono sempre presenti nel suo corpo.

Ha conquistato avidità, ipocrisia, passione e ira3.

Nel 1882 Mohandas, per volontà dei genitori, si sposò secondo la

tradizione induista all'età di 13 anni con una sua coetanea di nome Kasturba, con la quale condivise il resto della sua vita ed ebbe quattro figli maschi. Kasturba proveniva da una famiglia benestante, ma non aveva ricevuto nessuna istruzione in quanto donna. Fu Gandhi, successivamente, a insegnarle a leggere e scrivere.

1.1 Gli studi a Londra

Dopo la morte del padre, avvenuta nel novembre del 1885, la famiglia di Gandhi si trovò in difficoltà economiche. Due anni più tardi Gandhi, all'età di diciotto anni, s'iscrisse all'università di Dubai ma con esiti non molto positivi. Si sentiva insoddisfatto e malinconico, perché lontano da casa. Così, insieme al fratello Lakshmidas, si rivolse a un vecchio amico di famiglia per chiederne consiglio. Il bramano, di nome Mavji Dave, criticò i suoi progetti scolastici e propose a Mohandas di studiare in Inghilterra dove in tre anni poteva diventare

una corrente riformatrice e nonviolenta dell'induismo.

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procuratore legale e aspirare alla carica di diwan, come il padre.

Con il consenso della madre, nel 1888 si trasferì a Londra per studiare giurisprudenza, ma ciò fu motivo di contrasto con i membri della casta che lo espulsero formalmente4. Gandhi non si perse d'animo e seguì con il suo progetto.

A Londra si aprì alle diverse influenze della cultura occidentale, conobbe il cristianesimo, e subì il fascino della vita borghese dedicando tempo e denaro al vestire e alle dizioni di ballo, pur senza tardare a rinunciarvi. Condusse una vita sobria, disciplinata e solitaria, faceva lunghe passeggiate che lo aiutavano a

tenersi in buona salute e si ammalò raramente. Frequentava ristoranti vegetariani e conobbe diverse organizzazioni impegnate nel promuovere il vegetarianismo. Divenne parte del comitato esecutivo della London Vegetarian Society e partecipò attivamente alla rivista "The Vegetarian" dove, tra il febbraio e il giugno del 1891, firmò una serie di dieci articoli. Nei suoi scritti espresse una severa critica

all'importazione di alcool in India da parte degli inglesi e contestò la tesi per cui la debolezza fisica degli indiani era causata dell'assenza di carne nella loro

alimentazione. Piuttosto l'attribuiva alla scellerata usanza dei matrimoni infantili con tutte le conseguenze negative che essi comportavano. Il vegetarianismo scoperto da Gandhi in Inghilterra gettava le radici nei moderni principi socialisti e umanitari allora propagati da diversi gruppi, alcuni dei quali nascevano proprio in quel periodo.5

1.2 Avvocato in Sud Africa

Dopo tre anni di permanenza in Inghilterra ritornò in India nel luglio del 1891. Non riuscì a esercitare la sua professione di avvocato, e dopo l'insuccesso della prima causa a Bombay dovuto al suo imbarazzo e all'incapacità di condurla, decise di aprire un ufficio a Rajkot, dove iniziò ad aiutare altri avvocati, scrivendo ricorsi e petizioni. Occasionalmente aveva provveduto agli affari legali del

4 La casta vietava i viaggi all'estero perché le abitudini di altri popoli, come quello europeo che mangiava carne e vedeva libera la relazione uomo donna, poteva indurre in peccato i seguaci della religione indù. Cfr. M. K. Gandhi, La mia vita per la libertà, Roma, Newton Compton, 1978, pp. 49-50.

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principe regnante e sperava di arrivare col tempo, a ricoprire incarichi governativi, ma un incidente, che lo vide protagonista di un litigio con un rappresentante britannico pregiudicò la sua futura carriera. Vide con chiarezza l'atmosfera di snobismo e di meschini intrighi che dominavano la vita di corte. Si convinse che bisognava essere un ignobile parassita per far estrada in quell'ambiente e vi rinunciò volentieri6.

Nel 1893 una ditta commerciale di Porbandar, la Dada Abdulla & Co., con importanti interessi commerciali in Sud Africa, chiese a Mohandas di difenderla in un caso giudiziario molto intricato nel Transvaal . Al caso vi lavoravano già diversi avvocati europei, ma i proprietari, essendo indiani, richiedevano qualcuno capace di dare pareri secondo il punto di vista indiano e che fosse in grado di badare alla corrispondenza che si teneva prevalentemente in inglese.

Nel maggio dello stesso anno Gandhi partì per il Sudafrica per ricoprire il nuovo incarico che gli era stato offerto.

Nel 1883 il Sudafrica era costituito da quattro colonie: il Natal, il Capo di Buona Speranza, il Transvaal e lo Stato libero dell'Orange. Gli olandesi, chiamati anche boeri, si erano insediati in quei territori nel XVI secolo e avevano portato con sé schiavi provenienti dalla Malesia, Giava e altre isole del pacifico.

Risiedevano stabilmente lì da due secoli prima che arrivassero gli inglesi, nel 1806, sottraendo loro il Capo e nel 1843 il Natal. Gli inglesi furono attratti per la fruttuosa fonte di commercio che si poteva realizzare grazie all'esportazione di zucchero, tè e caffè, dovute all'estese piantagioni adatte al clima. I locali non volevano lavorare per gli stranieri, così si stabilì un accordo con il governo inglese dell'India per l'invio di braccianti indiani sottoposti a uno specifico contratto7.

I lavoratori indiani che partivano per il Sudafrica appartenevano alle classi più povere. Essi sottoscrivevano un contratto di lavoro che li impegnava a

coltivare la terra per un periodo di cinque anni in cambio di vitto e alloggio per sé e per le loro famiglie oltre a un mensile di dieci scellini. Al termine del contratto il datore di lavoro avrebbe dovuto sostenere le spese per il rimpatrio, oppure i lavoratori potevano rimanere se firmavano un nuovo contratto di lavoro, o ancora potevano trattenersi in veste di liberi lavoratori se ottenevano un apprezzamento 6 Cfr. Y. Chadha, cit., pp. 53.

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di terra concesso dal governo del valore equivalente al costo del viaggio di ritorno8.

Oltre ai lavoratori a contratto c'erano gli indiani che svolgevano attività di venditori ambulati, commercianti, mercanti, artigiani e professionisti. Questi erano liberi perché avevano pagato le spese di viaggio per conto proprio. Così, uomini di affari inglesi e olandesi si trovavano a dover affrontare la rivalità degli indiani nell'agricoltura e nel commercio. Sia i coltivatori che i mercanti indiani erano abili concorrenti nella vendita dei loro prodotti, avevano un morigerato tenore di vita, riuscendo a risparmiare sulle spese materiali e sul lavoro, potevano praticare prezzi più competitivi di quelli degli inglesi e degli olandesi9. Questo

pose i coloni bianchi nella posizione di limitare agli indiani la possibilità di immigrare e stabilirsi liberamente in Sud Africa. Furono emanate una serie di provvedimenti, le cosiddette "leggi di incapacità": esse vietavano agli indiani di detenere proprietà privata se non in aree circoscritte; imponevano il pagamento di una testatico di tre sterline per poter entrare nel Transvaal; negava loro il diritto di voto; impediva di uscire dopo le nove di sera se non muniti di un lasciapassare e di servirsi dei marciapiedi.

Nel vedere le sofferenze della gente di colore, costretta dall'apartheid a inaccettabili soprusi di cui egli stesso fu più volte vittima, Gandhi abbracciò la causa della liberazione dei poveri dalle catene dell'ingiustizia e dell'oppressione. A Pretoria fondò la prima associazione per il riscatto sociale della comunità indiana, intraprendendo un'azione di lotta contro la privazione dei diritti civili e politici. Così Gandhi descrisse le leggi razziali di quegli anni:

Nel 1885 nel Transvaal fu emanata una legge molto severa, leggermente modificata nel 1886: l'emendamento stabiliva che gli indiani pagassero un testatico di tre sterline come tassa di entrata nel Transvaal; non era loro permesso possedere terreni se non in zone a loro assegnate e in pratica nemmeno allora diventavano proprietari. Non potevano votare. Tutto ciò era sancito dalla legge speciale per gli asiatici, per i quali valevano le stesse leggi esistenti per la gente di colore. Secondo queste leggi gli indiani non potevano camminare sui

8 Ibid. 9 Ibid.

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marciapiedi pubblici e non potevano uscire di casa dopo le ventuno senza permesso, benché l'applicazione di quest'ultima norma fosse elastica per quanto concerneva gli indiani10.

Intanto la causa per cui era stato chiamato in Sud Africa andava per le lunghe e a vantaggio dei soli avvocati. Gandhi aveva un ruolo secondario nel processo ma grazie alle azioni di protesta e alle rivendicazioni fatte a favore della comunità indiana era diventato piuttosto noto e rispettato. Propose, dunque, ai due antagonisti di giungere a un compromesso risolvendo la disputa con un arbitrato che vedeva entrambe le parti uscire con dignità dal contenzioso.

Dopo il successo della causa legale attraverso l'arbitrato, decise di impegnarsi nel ruolo di "mediatore civile" nelle cause successive che fosse chiamato a difendere, utilizzando la riappacificazione privata. Intraprese così la carriera di avvocato tra la numerosa comunità indiana presente in Sudafrica e vi restò vent'anni, fino al 1914. Il soggiorno sudafricano rappresentò l'esperienza decisiva per la maturazione del pensiero nonviolento e per la sua vocazione politica.

La prima causa politica che Gandhi decise di difendere riguardava un emendamento alla legge di voto che cancellava tutti gli indiani della colonia dalle liste elettorali. Nel 1894, nonostante le condizioni sfavorevoli, circa duecentomila indiani liberi godevano del diritto di voto in quanto sudditi della regina Vittoria in possesso dei requisiti economici necessari11.

In quegli anni Gandhi dedicò molto tempo allo studio delle diverse religioni. Partecipò attivamente ai dibattiti e allo scambio di idee religiose, incontrando le comunità delle diverse confessioni. Conobbe e approfondì la religione mussulmana, studiò il Corano e lesse molti libri sull'islam. Continuò la sua indagine e conoscenza della Bibbia e del cristianesimo evangelico ma il testo che segnò profondamente la sua ricerca religiosa in quegli anni fu il libro di Tolstoj Il Regno di Dio è in voi12. In questo modo riuscì a comprendere e

interagire con una gamma di persone molto ampia dal punto di vista religioso, 10 M. K. Gandhi, Gandhi la mia vita per la libertà, cit., 1978, p. 128.

11 Cfr. Y. Chadha, cit., pp. 57.

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economico e sociale, propagando il rifiuto dell'intoccabilità dei più poveri previsto dalle caste religiose indiane13. Riuscì, infatti, a immedesimarsi in loro,

permettendo un'unione importante e necessaria all'interno del movimento di lotta per i diritti civili e politici in Sudafrica. Riuscì anche a coinvolgere le donne nella vita politica attiva, nelle manifestazioni e nelle pratiche di disubbidienza civile, cosa impensabile nell'India di quei tempi.

Fu allora che, sulle tracce dell'insegnamento nonviolento di Tolstoj e, più tardi, di Thoreau, apprese i principi della disobbedienza civile e della non-resistenza al male con la violenza, riuscendo a sperimentare la forza della nonviolenza. Comprese, dunque, che la fonte ispiratrice della nonviolenza è l'energia spirituale e, attraverso l'approfondimento dello studio delle diverse religioni, scoprì la stupefacente assonanza tra l'insegnamento morale della Bhagavadgita14 e il discorso evangelico delle beatitudini.

Fu tra i promotori della più importante organizzazione politica indiana in Sud Africa, il Natal Indian Congress, di cui divenne segretario. Riuscì a farsi ammettere come avvocato presso la Corte suprema del Natal, potendo così portare avanti le iniziative in difesa della comunità in veste di avvocato e ottenendo il rispetto della stampa.

Nel 1896 tornò in India come rappresentante della sua comunità con il compito di informare i compatrioti degli oltraggi che subivano gli indiani in Sud Africa. Scrisse un breve saggio dal titolo The Grievances of the British Indians in South Africa. Era un compendio dei numerosi memorandum, petizioni, circolari e volantini da lui presentati alle autorità del Natal, di Londra e di Calcuttta, allora capitale dell'India. Per il colore della sua rilegatura divenne noto come il Libretto Verde. Vennero stampate diecimila copie ed inviate a giornali e uomini di spicco indiani. Tenne discorsi pubblici dove denunciò le difficoltà degli indiani nella 13 Il sistema delle caste fu istituzionalizzato gradualmente lungo tutto il corso del 1° millennio

a.C., quando emerse la suddivisione fondamentale tra le quattro caste dei sacerdoti (brahmana), dei guerrieri (ksatriya), dei mercanti e degli artigiani (vaisya), dei servi (sudra). A esse si aggiunse, al grado più basso della scala sociale, la casta degli intoccabili (paria), a cui erano riservate le mansioni e le prestazioni più umili e degradanti. Tra questi gruppi ‒ cui si apparteneva per nascita e che vennero in seguito articolandosi in un complicato sistema di sottocaste ‒ regnava una rigida separazione, che quasi sempre era espressa da divieto del contatto (oltre che della mobilità) tra le caste. (cit. Treccani)

14 Bhagavadgita, letteralmente Canto del Divino, è un poema religioso, ha valore di testo sacro, ed è tra i testi più popolari e amati tra i fedeli dell'Induismo.

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colonia del Capo, nello stato libero dell'Orange e nel Transvall15.

Al suo ritorno in Sud Africa Gandhi portò con sé la famiglia. Prese casa a Durban, in una grande villa dove vi abitavano alcuni ospiti non paganti, il

commesso e gli assistenti dell'ufficio. Tutti partecipavano alla vita comune assumendosi alcune incombenze domestiche e desinando insieme senza

distinzioni di religione o casta. L'autosufficienza e la parsimonia erano i principi guida della convivenza nella casa.

Nel 1899 con lo scoppio della guerra boera, Gandhi decise di partecipare a fianco degli inglesi. Egli riteneva che per la rivendicazione di uguali diritti da parte degli indiani era necessario adempiere ai propri doveri di cittadini,

collaborando con il governo di sua maestà nella guerra in corso. Gli indiani non combatterono mai in prima linea. Gandhi organizzò un corpo di ambulanza di oltre milleduecento indiani, tutti volontari, che lavoravano come barellieri e inservienti medici. Alla fine della guerra la comunità indiana ricevette una medaglia di riconoscimento per i servizi resi alla corona inglese ma senza mutare nei fatti il comportamento degli inglesi nei confronti degli indiani.

Dall'ottobre del 1901 al novembre del 1902 Gandhi ebbe un interludio indiano dove tornò con la famiglia e svolse il lavoro di avvocatura. Cercò di conoscere e partecipare più da vicino alle attività del Congresso che aveva ancora una struttura rudimentale e una capacità di organizzazione povera e inefficace. Richiamato in Sudafrica dagli amici del Natal, decise di ripartire portando con sé alcuni giovani istruiti per continuare la sua opera al servizio della comunità, ma lasciò la famiglia a Santa Cruz, in India.

Rientrato in Sud Africa inviò molti appelli alle autorità del Transvaal e del Natal, a quelle britanniche e ai leader indiani. Scrisse ai giornali del Sud Africa, dell'India e dell'Inghilterra, criticando le leggi e i disegni di legge a sfavore degli indiani, che colpivano le licenze dei commercianti, l'immigrazione, il lavoro a contratto e il diritto di voto. Tutto questo lavoro non poteva però colmare la lacuna dell'informazione proveniente dalla stampa e sentiva la necessità di un giornale indiano che desse voce alle opinioni e alle aspirazioni della comunità indiana. Così nel giugno del 1903 fondò la rivista "Indian Opinion", uno 15 Cfr. Y. Chadha, cit., pp. 75.

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strumento politico di grande importanza, dirigendone l'orientamento e

investendovi parte dei suoi risparmi16. La rivista aveva sede a Durban, a circa

cinquecento kilometri da Johannesburg. Nell'ottobre del 1904 Gandhi andò a Durban in treno per verificare personalmente la situazione della tipografia e controllare l'andamento finanziario del processo di stampa. Nel viaggio in treno lesse con immenso interesse il libro di Ruskin Unto This Last, datogli in prestito dall'amico Henry Polak, che lo accompagnò alla stazione. Il libro conteneva saggi sui principi di economia politica che contrastavano l'idea dominante degli

economisti classici per i quali il fondamento della società era la ricchezza materiale, ritenendo invece, che la solidarietà umana fosse il vero motore della vita degli uomini poiché spinti dal desiderio di instaurare rapporti di aiuto e cooperazione fra loro17.

Così Gandhi descrisse nella sua Autobiografia l'impatto che il pensiero di Ruskin ebbe nella sua vita: "Mi fu impossibile interrompere la lettura di quel libro, una volta iniziata, ne fui affascinato. Il viaggio da Johannesburg a Durban durava ventiquattro ore; il treno arrivò in serata, la notte non riuscii a prendere sonno, decisi di cambiare la mia vita, cioè di perseguire gli ideali del libro"18.

Più tardi lo tradusse in lingua guajarati con il titolo di Sarvodaya (il

benessere di tutti). Propose ai suoi collaboratori di trasferire la redazione di Indian Opinion in una fattoria dove ciascuno avrebbe lavorato la terra con la stessa paga minima di tre sterline al mese e avrebbe dedicato parte del tempo libero alla stampa e alla pubblicazione della rivista. Acquistarono un podere a Phoenix e costruirono una comunità autosufficiente in grado di mantenersi con la partecipazione e il lavoro di tutti i membri.

La rivista contribuì in modo considerevole a sostenere il movimento di lotta per i diritti degli indiani in Sud Africa, e la comunità riuscì pian piano a trovare il giusto equilibrio per andare vanti.

Nel 1906, in seguito a una campagna contro il pagamento delle tasse richieste dal governo dello Zululand, scoppiò una ribellione portata avanti dai contadini zulù19. Ancora una volta, Gandhi, deciso nel rispettare i doveri di

16 Cfr. Y. Chadha, cit., pp. 110.

17 Cfr. M.K. Gandhi, Autobiografia, cit., p. 189. 18 M. K. Gandhi, La mia vita per la libertà, cit., p. 272. 19 Cfr. Y. Chadha, cit., pp. 117.

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cittadino dell'impero partecipò a fianco degli inglesi costituendo un corpo di ambulanza di trenta volontari indiani 20. Oltre ad accompagnare i feriti

all'ospedale, i volontari svolsero mansioni infermieristiche, sopratutto in soccorso agli zulù, ai quali ripulivano le ferite poiché i medici europei si rifiutavano di prestargli cure.

1.3 L'11 settembre di Gandhi

Quando Gandhi fu di ritorno dalla guerra, a Johannesburg, venne a conoscenza di un'ordinanza che metteva a dura prova la dignità degli indiani in Sud Africa, prevedendo una revisione completa delle leggi sugli asiatici. Si imponeva agli indiani di età superiore di otto anni, uomini e donne, di sottoporsi alla schedatura delle impronte digitali e di ottenere un certificato di registrazione che dovevano portare sempre con sé. La mancanza del certificato significava la perdita del diritto di rimanere nel Transvaal, la possibilità di essere multati, deportati o arrestati. La polizia poteva introdursi nelle case degli indiani senza mandato per pretendere di visionare i certificati. Il progetto di legge,

comunemente conosciuto come Black Act , rischiava, se approvato nel Transvaal, di essere riproposto in altre regioni del Sud Africa.

L'11 settembre del 1906 fu convocata un'assemblea degli indiani Sud Africani presso il teatro ebraico di Johannesburg. Dopo un'accesa discussione fu deciso di intraprendere un'azione di disobbedienza civile collettiva nel caso il Black Act fosse diventato legge. Così prese vita la prima campagna di resistenza nonviolenta che sarebbe durata otto anni. Una lotta politica che vedeva messa in pratica il principio del satyagraha, del risveglio della popolazione pronta a rifiutare la paura, la violenza, la rassegnazione al "male minore". Da quel

momento la nonviolenza moderna prese forma nella sua realtà pratica. Una forza che nasceva come conseguenza alle esperienze di violenza e di ingiustizia subita, attraverso la consapevolezza di non poter far altro che resistere, di rischiare e di mettersi in gioco fino alle più estreme possibili conseguenze, accettando la 20Cfr. M.K. Gandhi, Una guerra senza violenza. La nascita della nonviolenza moderna, (tr. it. di

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sofferenza e le punizioni derivanti dalla disobbedienza alle leggi dello Stato per rispettare una legge superiore, che è quella della coscienza morale21.

Successivamente, una rappresentanza degli indiani in Sud Africa, tra cui Gandhi, fu inviata in Inghilterra per presentare al segretario di stato per le colonie, allora Lord Elgin, una petizione che chiedeva di negare l'approvazione

all'ordinanza. Gandhi riuscì a presentare la questione indiana in Sud Africa a diverse commissioni parlamentari sia tra i laburisti che tra i liberali, da cui ottenne pieno appoggio e provvidero a porre la questione davanti al Colonial Office. Al suo ritorno in Sud Africa Gandhi apprese la notizia che la mozione non fu approvata dal segretario di stato, ma che a partire dal primo gennaio 1907 il Transvaal sarebbe divenuto un governo autonomo con la capacità di emanare leggi senza avere più bisogno dell'approvazione del governo inglese,

riproponendo la mozione senza più ostacoli. Così avvenne. La legge fu approvata il 22 marzo ed entrò in vigore nel luglio del 1907. Veniva così richiesto a tutti gli indiani di registrarsi presso gli uffici amministrativi per ottenere il lasciapassare entro il 31 luglio.

Gandhi e i suoi seguaci risposero formando la Passive Resistance Association attraverso la quale diffusero informazione riguardo il Black Act e promossero il rifiuto della registrazione così come veniva stabilito dalle direttive. Il boicottaggio degli uffici che rilasciavano i permessi fu quasi totale22.

Centri di registrazione furono aperti uno dopo l'altro in tutte le località indiane. "I volontari destinati al compito di picchettare tali uffici ricevettero dei distintivi, e vennero divisi in squadre ciascuna agli ordini di un capitano. Si trattava per lo più di ragazzi fra i dodici e i diciotto anni; avevano ordini severi di non maltrattare coloro che avevano provveduto a registrarsi, dovevano obbedire alla polizia e in caso di arresto seguire gli agenti alla centrale tranquillamente senza protestare. Se si fossero verificate atrocità ai loro danni da parte delle forze dell'ordine, avrebbero sofferto in silenzio"23.

Con il progredire della lotta, Gandhi decise di attribuire un nome più 21 Cit. F. C. Manara, Johannesburg, 11 settembre 1906: il problema delle origini del satyagraha,

in L'11 settebre di Gandhi (a cura di R. Atrieri), Pisa, Centro Gandhi, 2007, p.43. 22 Cfr. Y. Chadha, cit., p. 131.

23 F.C. Manara, Una forza che dà vita. Ricominciare con Gandhi in un'età di terrorismi, Milano, Unicopli, 2006, p. 105.

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appropriato al movimento indiano, chiamando tutti a partecipare per sostituire il termine "resistenza passiva", che oltre ad essere considerato dai molti l'arma dei deboli, portava in seno un'idea ben diversa della lotta nonviolenta a cui egli pensava.

Così tramite Indian Opinion indisse pubblicamente la ricerca per un nuovo nome da attribuire al movimento. Un residente di Phoenix Farm propose il

termine sadagraha che significa saldezza in una buona causa. Gandhi preferì una parola leggermente diversa satyagraha. Dove satya, (verità), implica l'amore e agraha la (fermezza) implica la forza. Con satyagraha si voleva indicare la ricerca della verità e degli sperimenti pratici messi in atto per trovarla. Il movimento indiano satyagraha indicava la Forza che nasce dalla Verità e dall'amore o nonviolenza. Esiste una diversità

filosofico-culturale nella concezione gandhiana di verità, difficile da comparare con la filosofia occidentale. Ha un significato molto più ampio di quello di "verità" o "veridicità" inteso nel senso comune strettamente cognitivo ed epistemologico. È un principio olistico e inclusivo e precede ogni altro valore o virtù umana24.

Questa nuova forma di lotta si voleva distinguere dalla "resistenza passiva" per la sua forza che non era di natura fisica bensì spirituale (è pura "forza

dell'anima"), a disposizione di chi vuol lottare e resistere contro la falsità, l'ingiustizia o l'oppressione sottomettendosi volontariamente alla sofferenza personale senza mai fare soffrire l'avversario25. "Il satyagraha postula la conquista

dell'avversario attraverso la sofferenza della propria persona"26. La resistenza

passiva, invece, è considerata preparatoria all'uso della forza quando giunge l'occasione opportuna per utilizzarla contro il nemico fomentando odio e rancore.

La prima campagna satyagraha stava avendo successo. Solo il cinque per cento della popolazione ubbidì alla legge del Black Act ritirando il certificato. Gandhi continuava a mandare comunicati stampa invitando la popolazione alla non-collaborazione e per questo fu arrestato.

La protesta continuò e con essa la disobbedienza civile che condusse in 24 F.C. Manara, Una forza che dà vita, cit., p. 75.

25 F. C. Manara, Una forza che dà vita, cit., 2006, p. 105. 26 Cfr. M.K. Gandhi, Una guerra senza violenza, cit., 2005, p. 107.

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prigione centinaia di indiani. Gandhi dedicò il suo tempo in carcere alla lettura: lesse Ruskin, Socrate, Tolstoj, Huxley, i Dialoghi di Platone, le Vite di Carlyle, i saggi di Bacone. La mattina leggeva il testo sacro indù: la Bhagavad Gita e a mezzogiorno il Corano27.

Di fronte all'incapacità delle autorità di gestire il fenomeno di

non-collaborazione, con continui arresti tra gli indiani perché rifiutavano di mostrare il certificato, il 30 gennaio del 1908 Gandhi fu convocato dal generale per

raggiungere un accordo. La proposta del generale Smuts prevedeva che gli indiani si registrassero presso gli uffici competenti volontariamente, nelle modalità che sarebbero state concordate tra il governo e la comunità indiana. La registrazione doveva avvenire in modo volontario e in cambio avrebbero ottenuto l'eliminazione delle leggi che limitavano i diritti di libertà degli indiani. Il governo giustificava la necessità di dichiarazione della presenza indiana per una consapevolezza dei flussi migratori ed evitare la presenza clandestinità degli asiatici.

Una volta che la maggior parte della popolazione indiana si fosse registrata il Black Act sarebbe stato revocato. Gandhi, lasciato libero, ritornò a Johannesburg dove si tenne una grande assemblea per discutere la situazione. Il punto principale contestato fu quello di doversi registrare prima che la legge fosse stata abrogata.

Con queste parole Gandhi cercò di rassicurare coloro che erano in disaccordo: "Anche se l'avversario si comporta slealmente con lui venti volte, il satyagrahi è pronto a fidarsi di lui per la ventunesima volta, poiché una fiducia implicita nella natura umana è l'essenza stessa del suo credo. Inoltre, dire che, fidandoci del governo noi facciamo il suo gioco è palesare un'ignoranza dei principi del satyagraha. Supponiamo che noi ci registriamo volontariamente, ma il governo venga meno alla sua parola e infranga la sua promessa di abrogare la legge. Non potremmo, allora, fare ricorso al satyagraha? Se noi ci rifiutassimo di mostrare al momento appropriato i certificati di registrazione che ci facciamo rilasciare, la nostra registrazione non avrebbe alcun valore, e il governo non potrebbe distinguerci dagli indiani che potrebbero entrare nel Transvaal clandestinamente. Dunque, che ci sia o che non ci sia una legge in vigore, il governo non può esercitare un controllo su di noi senza la nostra cooperazione"28.

27 Cfr. Y. Chadha, cit., p. 132.

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Per alzata di mano la maggioranza degli indiani aderì all'accordo promosso da Gandhi29.

La mattina seguente, nel tentativo di registrarsi, Gandhi fu aggredito violentemente da un gruppo di indiani che erano contrari al rispetto dell'accordo, lo picchiarono con un bastone, lasciandolo per terra svenuto. Egli non si lasciò intimorire e, ripresosi dalle percosse, chiese il certificato, rilasciando le impronte digitali di tutte e dieci le dita e non solo quelle dei pollici, così come era richiesto dalla legge. Dopo dieci giorni di convalescenza rilanciò la campagna per

promuovere l'adesione agli accordi relativi la registrazione.

Il generale Smuts, intanto sottopose all'approvazione un disegno di legge che convalidava la certificazione volontaria senza però revocare il Black Act. Gli indiani sottoposero al governo una petizione che poneva come limite massimo per la revoca della legge il 16 agosto 1908, lo stesso giorno in cui la nuova legge sugli asiatici doveva essere approvata30. Per quel giorno fu convocata un'adunanza

pubblica e furono raccolti certificati in ogni luogo con l'intenzione di compiere una cerimonia pubblica mettendo al rogo i certificati.

A partire da quel momento le carceri cominciarono a riempirsi. Gandhi fu arrestato il 7 ottobre mentre rientrava dal Natal, perché non presentò il certificato di registrazione e rifiutò di acconsentire alla richiesta di lasciare le impronte digitali31. Gli fu inflitta una condanna al pagamento di una ammenda di

venticinque sterline o in alternativa la reclusione ai lavori forzati per due mesi. Gandhi scelse la seconda. Fu imprigionato nel carcere di Volkrust dove nonostante le nove ore di lavoro a cui doveva adempiere, riuscì a leggere il testo di Thoreau Civil Disobedience, preso in prestito dalla biblioteca della prigione e concluse la traduzione in gujarati del testo di Ruskin Unto This Last che aveva iniziato nel precedente periodo di detenzione. Fu rilasciato il 12 dicembre e raggiunse la moglie a Durban, dove si trovava in cura perché gravemente malata. Il 25

febbraio, tornando da Johannesburg, fu arrestato per non aver esibito il certificato di registrazione e gli fu data una condanna al pagamento di 50 sterline o in alternativa una pena detentiva di tre mesi ai lavori forzati. Durante il periodo di 29 Cfr. Y. Chadha, cit., 1998, p. 135.

30 Cfr. Y. Chadha, cit., 1998, p. 138. 31 Cfr. Y. Chadha, cit., p. 141.

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prigionia dedicò il suo tempo libero alla lettura delle opere di Emerson, Mazzini, Thoreau, Ruskin, Tolstoj, oltre ai testi sacri dell'India32. Venne rilasciato il 24

maggio del 1909 e nel giugno dello stesso hanno fu inviato insieme al musulmano Sheth Haji Habib per difendere gli interesse degli indiani Sud Africani in Inghilterra, in vista dell'impegno da parte dei governi del Natal, Transvaal, Colonia del Capo e dell'Orange di creare un'Unione federale del Sud Africa. La nuova Unione avrebbe avuto uno status di dominion all'interno

dell'impero britannico e per questo fu deciso di inviare una delegazione indiana a Londra. Il soggiorno a Londra non riuscì a dare i risultati sperati. I negoziati politici non progredivano secondo le aspettative, anche se Gandhi riuscì a

incontrare diversi rappresentanti del governo britannico e sensibilizzare l'opinione pubblica della causa degli indiani in Sud Africa. Prese contatti con diverse

personalità importanti che sostenevano la causa e condividevano il rifiuto della violenza, tra questi Tolstoj, a cui chiese nell'ottobre del 1909 l'autorizzazione di tradurre e pubblicare la Lettera a un indù di Tolstoj. Questo saggio fu scritto in risposta a Tarak Nath Das, giovane direttore del "Free Hindustan", un giornale rivoluzionario pubblicato a Vancouver, nella Columbia britannica. Das aveva domandato a Tolstoj se il popolo indiano non avesse il diritto di scrollarsi di dosso il giogo del dominio britannico, ricorrendo alla violenza e al terrorismo. Tolstoj gli rispose affermando che era un errore incolpare gli inglesi per la loro presenza in India. Se gli indiani erano stati ridotti in schiavitù con la violenza, ciò era accaduto "perché essi sono vissuti con la violenza, vivono con la violenza, e non riconoscono l'eterna legge dell'amore, connaturata nell'umanità ... Se l'uomo vivesse in conformità con le leggi dell'amore (che include in sé la non-resistenza), ... e per questo partecipasse ad alcuna forma di violenza, non solo le centinaia non asservirebbero i milioni, ma nemmeno i milioni riuscirebbero ad asservire un solo uomo. Non resistete al male"33.

Nel novembre del 1909 intraprese il viaggio di ritorno in Sud Africa durante il quale lavorò incessantemente per la traduzione in gujarati di una Lettera a un indù di Tolstoj e sviluppò le idee più importanti del libro Hind Swaraj, L'autogoverno dell'India , pubblicato in due puntate l'11 e il 19 dicembre 32 Cfr. Y. Chadha, cit., p. 144.

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del 1909 sul periodico di "Indan Opinion", nel 1910 fu stampato come opuscolo per divulgarne i principi34. In questo libro Gandhi espose una critica radicale alla

civiltà occidentale, denunciò i mali della modernità e indicò i possibili rimedi per liberare la società da una falsa civiltà che condurrebbe l'umanità alla catastrofe. "Hind Swaraj, infatti, ha aperto la strada a una forza capace di unificare il mondo, non nella circolazione delle merci o nell'omologazione degli stili di vita, ma su una base morale, ponendo l'unità di tutti, dell'Oriente e dell'Occidente, sul principio religioso della nonviolenza"35.

Ritornato in Sud Africa ottenne molte donazioni economiche da privati, industriali, filantropi indiani, per portare avanti la lotta satyagraha in Sud Africa. La donazione più cospicua fu fatta da un ricco amico di Gandhi, un architetto, Hermann Kallenbach, il quale acquistò una fattoria di 450 ettari a Lawley, a trentacinque chilometri da Johannesburg, e gliela mise a disposizione senza pretendere alcun affitto, perché vi fondasse un nuovo ashram36.

Nel 1910 abbandonò la sua professione di avvocato e andò a vivere nella comunità agricola insieme alla sua famiglia e altre quaranta persone. Gandhi chiamò questa colonia "Fattoria Tolstoj" in ricordo del grande scrittore russo.

L'obiettivo della comunità fu quello di rendere la fattoria un luogo attivo di industriosità, dove risparmiare denaro e rendere le famiglie autosufficienti37.

" Alla fattoria, arance, albicocche e prugne crescevano in una tale

abbondanza che durante la stagione i satyagrahi potevano averne a sazietà e anche in sovrabbondanza.

La sorgente era a circa cinquecento iarde di distanza dai nostri alloggi, e l'acqua doveva essere trasportata con secchi sostenuti da aste portate a spalla.

Qui insistemmo sull'idea di non dovere avere alcun servo per i lavori di casa e, per quanto si poteva, neppure per i lavori agricoli o di muratura. Ogni cosa, dunque, dalla cucina alla selezione dei rifiuti, veniva fatta con le nostre mani"38.

Così i satyagrahi nella fattoria Tolstoj si preparavano a portare avanti la 34 R. Altieri, Presentazione a M. K. Gandhi, Vi spiego i mali della società moderna. Hind

Swaraj, Pisa, Centro Gandhi, 2009, p. 13.

35 M. K. Gandhi, Vi spiego i mali della società moderna, cit., p. 17. 36 Cfr. Y. Chadha, cit., p. 167.

37 Cfr. M. Gandhi, Vi spiego i mali della società moderna, cit., p. 216 38 M. K. Gandhi, Una guerra senza violenza, cit., p. 212.

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lotta, incuranti di quando sarebbe terminata. Pur di sconfiggere il Black Act con la disobbedienza civile, erano disposti a sopportare qualsiasi sofferenza39.

Nel 1910 il leader nazionalista indiano, nonché membro del consiglio imperiale del viceré, Gopal Krishna Gokhale40, promosse dei dibattiti al consiglio

legislativo dell'India a cui propose una mozione a favore della proibizione del reclutamento di manodopera sotto contratto in Natal, mozione che fu accolta41.

Gokhale studiava la lotta in Sud Africa da tempo, quando comunicò al Segretario di Stato per l'India la sua intenzione di recarvisi per conoscere di persona la questione indiana. Il ministro approvò la sua missione. Gandhi, che perorava da tempo la visita del leader indiano in Sud Africa, ritenendola necessaria per avvicinare gli indiani del Sud Africa a quelli dell'India, ne rimase entusiasta42. Il

22 ottobre del 1912 Gokhale sbarcò a Cape Town dove Gandhi lo aspettava per accoglierlo. Si trattenne un mese e Gandhi gli fece da guida per mostrargli le condizioni degli indiani in Sud Africa, visitò la Fattoria di Tolstoj dove si trattenne qualche giorno e volle soggiornare alle stesse condizione degli altri membri.

Partecipò a comizi e assemblee pubbliche, incontrò ministri importanti. Il 12 novembre ebbe un incontro con i generali Botha e Smuts con i quali discusse della politica di governo. "A colloqui terminati, Gokhale riferì a Gandhi che tutto era stato sistemato in maniera soddisfacente. Il Black Act sarebbe stato revocato, la tassa capitale di tre sterline sugli indiani ex contrattisti sarebbe stata abolita e la limitazione dell'immigrazione asiatica si sarebbe esplicitamente basata su criteri sociali ed economici, e non razziali"43. Ma una volta partito Gokhale, Smuts non

mantenne la promessa fatta e in parlamento annunciò l'impossibilità di abolire la tassa capitale annua di tre sterline sugli ex contrattisti indiani. Questo insulto, così definito da Gandhi, fu l'input per la ripresa della disobbedienza civile. Fu deciso di chiudere la fattoria Tolstoj e iniziarono i preparativi per la lotta, nel frattempo si venne a creare un nuovo motivo di malcontento che dette anche alle donne la possibilità di partecipare. L'evento che fece scaturire l'indignazione avvenne nel 39 Cfr. M.K. Gandhi, Una guerra senza violenza, cit., p. 233.

40 Cfr. J. M. Brown, Gandhi, Prigioniero della speranza, Bologna, Mulino, 1995, p. 171. 41 Cfr. M.K. Gandhi, Una guerra senza violenza, cit., p.2 34.

42 Ivi.

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marzo del 1913, quando una sentenza della Corte suprema dichiarava legali solo i matrimoni celebrati secondo i riti cristiani e registrati da un ufficiale di stato civile, rendendo le donne indù, mussulmane e parsi delle concubine e i loro figli illegittimi. La causa, presentata davanti al tribunale del Capo, vedeva protagonista una donna musulmana alla quale era negato il ricongiungimento familiare nella regione del Capo, dove il marito si era trasferito per lavoro, perché il suo

matrimonio non era riconosciuto dalla legge.

Gandhi, inizialmente contrario alla partecipazione delle donne al satyagraha, dovette cambiare idea:

... Noi non ritenevamo allora opportuno mandare delle donne in prigione in una terra straniera. Non sembrava esserci alcun motivo adeguato per inviarle in prima linea, ed io, da parte mia, non potevo trovare abbastanza coraggio da portarle al fronte. Un altro argomento era che sarebbe stato spregevole per il nostro essere uomini se avessimo sacrificato le nostre donne nel resistere ad una legge che era rivolta soltanto contro gli uomini. Ma ora ebbe luogo un evento che implicava un particolare affronto alle donne, e che dunque non lasciava alcun dubbio nelle nostre menti sull'opportunità di sacrificarle44.

Il 15 settembre la moglie di Gandhi, Kasturba, partì da Durban per

raggiungere Volksrust con altre quattro donne e dodici uomini, tutti membri della comunità di Phoenix, al fine di attraversare la frontiera del Transvaal. Attraversare la frontiera senza permesso era un reato punibile con la prigione. Di conseguenza il gruppo fu processato e condannato a tre mesi di prigione e ai lavori forzati45.

La prigionia delle donne procurò grande scalpore in India e determinò una forte reazione sugli indiani in Sudasfrica. Tremila operai delle miniere di carbone di Newcastle intrapresero lo sciopero, lasciarono le cave e si riversarono nelle città, il loro esempio fu seguito da ondate sempre maggiori di operai provenienti da tutte le parti. Gandhi si diresse a Newcastle, incontrò i lavoratori e ascoltò le loro lamentele: "Questi lavoratori non avevano case proprie. I proprietari delle miniere costruiscono case per loro, accendono luci sulle loro strade e li

44 M.K. Gandhi, Una guerra senza violenza. cit., p. 247. 45 Cfr. M.K. Gandhi, Una guerra senza violenza. cit., p.253.

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riforniscono di acqua, con il risultato che gli operai sono ridotti ad uno stato di completa dipendenza"46.

Organizzò una marcia con l'intento di attraversare la frontiera del Transvaal, senza che nessuno avesse il certificato di lasciapassare, in segno di protesta.47 Il 6 novembre 1913 Gandhi, con il suo esercito, formato da 2037

uomini, 127 donne e 57 bambini48, partì da Newcastel per raggiungere

Charlestown. In due giorni riuscirono a percorrere cinquantotto chilometri a piedi, grazie anche al sostegno ricevuto dai commercianti e dalla popolazione indiana che incontrarono lungo la strada, che offrivano ai pellegrini viveri e accoglienza. Varcarono la frontiera senza che i poliziotti potessero impedirlo. Costoro rimasero spiazzati di fronte al grande numero di dimostranti che si presentarono. Passata la frontiera si spinsero fino a Palmford, una cittadina a dodici chilometri da

Volksrust e qui Gandhi fu arrestato. Di fronte a un pubblico ministero in dubbio, che non ebbe il tempo materiale di prepararsi al processo, Gandhi chiese il rilascio su pagamento di una cauzione, e fu liberato previo versamento di 50 sterline. Gandhi si unì di nuovo alla marcia, ma fu arrestato una seconda volta a Standerton e una terza a Teakworth. Mentre a Standerton Gandhi fu rilasciato su cauzione a Teakworth Gandhi rifiutò di pagare l'ammenda e preferì nove mesi di reclusione ai lavori forzati. Non passò molto tempo che anche gli altri leader del movimento furono arrestati.

Intanto i manifestanti continuarono la marcia in direzione della fattoria di Tolstoj, ma quando furono nei pressi di Johannesburg furono bloccati e fatti salire su treni speciali diretti al Nedal:

I lavoratori indiani a contratto furono rispediti alle miniere di Newcastel dopo essere stati condannati a vari periodi di reclusione da scontare all'interno della zona mineraria, designata per l'occasione come sezione staccata delle carceri di Dundee e Newcastel. I dipendenti europei dei proprietari delle miniere furono nominati carcerieri, e il lavoro nelle miniere divenne parte delle sentenze. Ma i prigionieri si rifiutarono di scendere nel bacino carbonifero, resistendo a frustate e percosse. Essendosi diffusa la

46 Cfr. M.K. Gandhi, Una guerra senza violenza. cit., p. 257. 47 Cfr. M.K. Gandhi, Una guerra senza violenza. cit., p. 260. 48 Cfr. M.K. Gandhi, Una guerra senza violenza. cit., p. 270.

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notizia di tali eccessi, in tutto il Natal i lavoratori indiani uscirono in strada per scioperare in difesa dei loro connazionali, ma vennero subito caricati dalla polizia militare a cavallo. In una località gli scontri causarono diversi morti49.

La campagna satyāgraha del Sud Africa fece scalpore in India e nelle altre colonie dell'impero. Il governo dell'Unione subiva pressioni dal viceré e dalle autorità britanniche. Gandhi fu rilasciato e si rimise alla guida della lotta. Ma proprio in quel periodo ci fu un grande sciopero degli impiegati europei che rendeva estremamente delicata la posizione del governo. Gandhi rifiutò

d'intraprende nuovamente la lotta in un momento in cui il governo si trovava in piena difficoltà50. Questa decisione determinò un'atmosfera più congeniale con il

governo e attraverso una fitta corrispondenza e una serie di incontri Gandhi trattò con il generale Smuts per un accordo. Il 21 gennaio del 1914 fu raggiunto un accordo provvisorio a cui seguì il 30 giugno un'intesa che prese corpo in un disegno di legge, l'Indians' Relief Bill, presentato al parlamento dell'Unione51.

Secondo questa legge, tutti i matrimoni monogami celebrati secondo la tradizione indù, musulmana e parsi vennero riconosciuti validi, mentre la tassa di tre sterline veniva abolita e gli arretrati cancellati. Per quanto riguarda il lasciapassare, un certificato di domicilio recante l'impronta del pollice del titolare diveniva prova sufficiente del diritto di accedere al territorio dell'Unione. " E così, dopo otto anni, la grande lotta satyagraha si concluse, e parve che gli indiani del Sud Africa fossero ora in pace"52.

Così si concluse il periodo di lotta politica per Gandhi in Sud Africa:

La ventennale campagna politica gandhiana, esordita con garbate rimostranze, era oramai arrivata a livello della consapevole violazione e degli arresti di massa. Furono coinvolti il governo britannico, Sud Africano e indiano e i vari settori dell'opinione pubblica di ciascuno dei tre paesi in grado di influenzare le decisioni politiche. Ebbe termine solo quando il governo di Pretoria, messo alle strette dalla resistenza passiva e da uno

49 J. M. Brown, cit., p. 183.

50 Cfr. M.K. Gandhi, Una guerra senza violenza. cit., p. 270. 51 J. M. Brown, cit., p. 187.

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sciopero dei minatori indiani, e rimproverato pubblicamente in India dal viceré Hardinge, accettò di nominare una commissione d'inchiesta sui problemi indiani53.

1.4 Il ritorno in India

Nel 1915 Gandhi fece ritorno in India. Nel primo anno si astenne dalla vita pubblica e politica. Decise, infatti, di viaggiare per l'India per conoscere e capire i problemi del suo paese. Viaggiò per tutto il periodo rigorosamente in terza classe e conobbe da vicino quelle che erano le problematiche e le sofferenze degli ultimi. Alla fine del viaggio decise di fondare un ashram ad Ahmedabad, al quale dette il nome di satyāgraha, dove andò a vivere insieme alla famiglia e portò avanti gli stessi principi e le stesse regole attuate nelle comunità di Phoenix e nella fattoria di Tolstoj in Sud Africa. Il primo fra tutti era la produzione di beni locali necessari per la sussistenza. Questo principio diventò una delle pratiche di lotta nonviolente che diffuse poi in tutta l'India, quando la popolazione cominciò a risentire della mancanza del lavoro per la produzione di beni e dell'aumento dei prezzi dovuti all'importazione di prodotti dall'Inghilterra. Gandhi promosse l'idea di

un'economia etica in tutta l'India: "Gli indiani dovevano combattere la malattia del materialismo, aggrappandosi alla loro antica civiltà e seguendo uno stile di vita i cui principi di autosufficienza e compassione avrebbero prevalso sui mali dell'estrema povertà, del consumismo e della violenza economica"54.

Questo principio fu alla base delle prime due azioni politiche di Gandhi. La prima per rispondere alle ingiustizie subite dai contadini del distretto di Champaran, nel Bihar, ai quali era concesso l'affitto dei terreni solo a condizione che producessero indaco in certe aree. Tale produzione indiretta dell'indaco, permetteva ai piantatori di scaricare sugli affittuari i costi e le perdite della produzione dell'indaco. Questa pratica divenne più comune sopratutto quando la produzione di indaco si era fatta sempre meno remunerativa a causa

dell'introduzione dell'indaco sintetico che sostituiva la tintura naturale. Gandhi 53 J. M. Brown, cit., p. 69.

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denunciò pubblicamente la situazione dei contadini nei villaggi, trovando seguito tra il popolo. Il commissariato e il magistrato del distretto però, temendo

agitazioni e perturbazione della quiete pubblica gli ordinarono di andarsene dal Champaran, ma Gandhi fece atto di disubbidienza civile, spiegò alla corte i motivi per cui intendeva trattenersi nel distretto e accettò in modo volontario la pena che doveva scontare per tale atto, ritenendo che la legge morale che lo impegnava in tale azione fosse superiore alla legge ingiusta dell'autorità. Gandhi fu lasciato libero, indagò e pubblicizzò la questione del Champaran riuscendo ad ottenere una commissione d'inchiesta che portò l'assemblea legislativa del Biharad ad

approvare una legge che aboliva il sistema di produzione indiretta dell'indaco e abbassava l'affitto dei terreni per i contadini.

La seconda azione politica di Gandhi riguardò invece le industrie tessili di Ahmedabad, nella sua regione natale, il Gujarat. Il 1918 era un periodo di crisi nelle relazioni industriali, in conseguenza della guerra si avvertivano gli effetti dell'inflazione bellica che gravava sull'industria, la quale per mantenere alti i propri profitti, optò per abbassare i salari dei propri operai, decidendo di eliminare l'indennità che era stata introdotta nel 1917 per trattenere manodopera nelle città dopo lo scoppio di una grave epidemia. Gandhi riuscì a svolgere un'azione sindacale importante, organizzò riunioni di massa e promosse una campagna di lotta che prevedeva il voto di non riprendere il lavoro affinché non fosse ottenuto un adeguato aumento. Seguirono scioperi e manifestazioni pacifiche. Infine Gandhi decise di raccogliersi in preghiera e digiunare fino a quando il negoziato non fosse stato accolto. In pochi giorni si giunge a una soluzione pacifica, dove l'onore delle parti coinvolte fu ugualmente rispettato. Questo esito fu possibile anche grazie alle relazioni e al dialogo che Gandhi riuscì a intessere con i proprietari delle fabbriche, alcuni dei quali gli erano amici.

Per Gandhi i sindacati dovevano sviluppare meccanismi protettivi verso i lavoratori piuttosto che coercitivi nei confronti dei datori di lavoro, al fine di promuovere unità nell'interesse reciproco delle parti e non di avversione. Questa esperienza di lotta portò Gandhi a comprendere che il digiuno ispirato a questioni pubbliche era realisticamente efficace. Successivamente, dopo aver acquisito la giusta esperienza, sviluppò una propria teologia e pratica del digiuno elaborando il

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concetto e mettendo a punto regole precise, definendolo parte del suo essere. Così si esprimeva nel 1925: "Come posso anche fare a meno dei miei occhi, per

esempio, così posso fare a meno dei digiuni. Quello che i miei occhi sono per il mondo esterno, i digiuni lo sono per l'interiorità"55.

La lotta per l'indipendenza e l'autogoverno ebbe inizio nel marzo del 1919 in risposta alla proposta di legge così detta Rowlatt, dal nome del presidente della commissione istituita dal governo inglese per condurre un'inchiesta sul

movimento rivoluzionario in India. Secondo tale legge l'India doveva essere tenuta sotto un regime speciale limitando le libertà dei cittadini indiani. "La legge autorizzava arresti senza processo e processi senza diritto di appello per coloro che venivano sospettati di provocare sedizione e la condanna a due anni per ogni indiano trovato con volantini sediziosi in tasca"56. Gandhi comprese la necessità di

modificare la dura realtà del dominio imperiale inglese sull'India e la necessità di avviare la lotta nonviolenta per l'indipendenza indiana, lo swaraj.

Per Gandhi questo era un processo che doveva partire da una capacità di autogoverno individuale prima ancora che collettivo. Alla Conferenza politica del Gujarat nel 1917 definì lo swaraj così:

In una nazione accesa dalla passione per lo swaraj se ne dovrebbe vedere un risveglio in tutti gli aspetti della sua vita. Il primo passo verso lo swaraj giace dentro di noi.

Un grande verità: «come con l'individuo, così con l'universo» è applicabile qui come ovunque.

Se siamo dilaniati dai conflitti interni, se ci allontaniamo dalla retta via, se invece di controllare le nostre passioni siamo noi a essere controllate da esse, lo swaraj non può avere senso per noi. Il governo di sé stessi è il primo passo.

Poi la famiglia. Se il dissenso regna supremo nelle nostre famiglie, se fratelli litigano fra loro, se membri di una stessa famiglia non possono vivere insieme; se le famiglie comuni, ad esempio, che gioiscono nell'autogovernarsi si dividono per liti familiari, come possiamo considerarci

55 "Young India", 3 dicembre 1925 , in The Collected Works of Mahatma Gandhi (CWMG), vol. XXIX, New Delhi, Publications division, 1968, p. 290

56 R. Gandhi, Gandhi, The Man, His People and the Empire, London, Haus Books, 2007, pp. 205-206.

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idonei allo swaraj?

Ora le caste. Se i membri delle caste diventano gelosi l'un l'altro, se le caste non riescono a gestire le loro questioni in modo ordinato, se i più anziani pretendono un'importanza speciale, se i membri diventano convinti di avere sempre ragione e così mostrano la loro incapacità di autogoverno in una sfera così limitata, come possono essi essere pronti per il governo nazionale? Dopo la casta la città. Se non sappiamo gestire le questioni delle nostre città, se non riusciamo a tenere pulite le strade delle nostre città, se non riusciamo a controllare in modo disinteressato i servizi per i cittadini per un governo civile e coloro i quali sono responsabili degli affari di tutti sono negligenti o egoisti, come possiamo pretendere un potere più grande?57

Il significato che Gandhi dava allo swaraj metteva in evidenza gli obiettivi morali che erano alla base di una riforma sociale che comprendeva: l'unità indo-mussulmana, l'abolizione dell'intoccabilità e l'avvicinamento delle classi più colte e gli abitanti dei villaggi, il miglioramento delle condizioni sanitarie,

l'avanzamento sociale delle donne, lo swadeshi (che era il consumo di prodotti indiani), il sarvodaya ( il benessere di tutti nessuno escluso), tutto parte di un progetto che poteva essere attuato attraverso il metodo del satyāgraha .

Gandhi decise che la disobbedienza civile era lo strumento di lotta nonviolento più idoneo per contrastare l'applicazione della legge Rowlatt.

Promosse l'hartal che era una forma radicale di protesta simbolica, un'espressione di cordoglio per comunicare dolore, determinazione e ribellione e che vedeva l'interruzione delle attività di vita quotidiana di tutti i cittadini per un periodo di ventiquattro ore. Comprendeva: l'interruzione del lavoro, la chiusura dei negozi, la cessazione di ogni forma di acquisto o vendita e nessuna forma di prestazione di servizio, per dedicarsi alla preghiera e al digiuno. L'hartal venne fissato il 30 marzo e uno successivo il 6 aprile riuscendo ad ottenere un seguito incredibile in tutta l'India tanto che Gandhi definì tale evento "uno spettacolo meraviglioso"58.

Ma in entrambe le giornate ci furono momenti di violenza che portarono Gandhi a fare tre giorni di digiuno per penitenza e a proclamare pubblicamente la 57 The Collected Works of Mahatma Gandhi, CWMG, vol. XIV, New Delhi, Publications division, 1965, p.56.

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sospensione del Satyāgraha. Mentre le manifestazioni di lotta nonviolenta venivano portate avanti in tutto il paese, nel Punjab il governo fece un atto orribile, i soldati aprirono il fuoco su una folla di gente radunata in un'assemblea di un piazzale circondato da case e basse mura, causando 379 morti e 1137 feriti tra cui donne e bambini. Il massacro provocò un grande scalpore in tutta l'India, determinando una forte unione tra la popolazione indiana e anche tra i membri del Congresso, tra nazionalisti e moderati, convinti a unirsi alle iniziative del

Mahatma Gandhi.

Nel maggio del 1919 Gandhi assunse il controllo del settimanale Young India e della rivista in lingua gujarati Navajivan, che utilizzò per educare il pubblico al satyāgraha e informare sulla campagna del khadi (vestito indiano filato a mano). La campagna promuoveva il boicottaggio delle merci tessili straniere e invitava tutti gli indiani, sia ricchi che poveri, di vestire in khadi59 per

boicottare le stoffe inglesi. Gandhi riteneva che la produzione casalinga del khadi riuscisse a porre rimedio alla povertà provocata dalla disoccupazione nel periodo invernale dei contadini indiani. Tutti avrebbero dovuto filare e tessere a mano almeno un'ora al giorno, egli stesso dette esempio filando tutti i giorni almeno un'ora. Inoltre questa attività permise di includere le donne nel movimento per l'indipendenza.

Sempre nel 1919 Gandhi entrò a fare parte del partito del Congresso Nazionale Indiano pur senza assumere nessuna carica ufficiale. "Il Congresso di Nagpur adottò una nuova costituzione, stilata da Gandhi, che lo trasformò da poco più di un circolo di discussioni a uso delle classi medio-alte in un'organizzazione politica efficace ben strutturata, con un Working Committee (comitato esecutivo) un All-India Committee (comitato pan-indiano) e vari comitati provinciali con ramificazioni a livello di distretto, città e persino di villaggio"60.

Nel 1920 Gandhi partecipò alla conferenza tra indù e mussulmani svoltasi a Delhi per decidere sulla questione del califfato che voleva essere abolito dal governo inglese. Promosse un'alleanza tra il partito del Congresso Nazionale 59 Gandhi stesso indossava sempre il dhoti, abito contadino bianco, fatto in khadi, che divenne poi l'uniforme del Partito del Congresso Indiano. L'importanza culturale di questa lotta nel settore tessile che Gandhi condusse fece sì che il khadi divenne la stoffa simbolo della lotta per

l'indipendenza indiana e il charka, l'arcolaio, il simbolo nella bandiera dell'India. 60 Y. Chadha, cit., p. 249

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Indiano (a maggioranza indù) e il Movimento Khilafat (musulmano), convinto che per resistere al governo inglese bisognava porre fine a ogni forma di cooperazione con esso. Gandhi concluse la conferenza con queste parole:

I mussulmani hanno approvato una risoluzione molto importante. Se le condizioni di pace non sono favorevoli a loro - che Dio ce ne scampi - essi cesseranno di cooperare con il governo. E' un diritto inalienabile del popolo di rifiutarsi alla cooperazione. Non siano tenuti a conservare i titoli e onori governativi, o a continuare a servirlo; se il governo ci tradirà in una questione importante come quella del califfato, non possiamo fare altro che ricorrere alla non-cooperazione. Abbiamo il diritto di non cooperare con il governo in caso di tradimento61.

Nel 1922 Gandhi fu arrestato nell'ashram di Sabarmati e fu processato con l'accusa di sedizione per l'avvio della campagna di disobbedienza civile di massa lanciata a Bardoli. Durante il processo si dichiarò colpevole e invitò il giudice a dargli la massima pena prevista per quel delitto. Gli fu inflitta una pena a sei anni di reclusione e fu imprigionato nel carcere di Yeravda.

Durante gli anni del carcere Gandhi continuò il suo lavoro manuale all'arcolaio e dedicò sei ore al giorno allo studio e all'elaborazione dei suoi scritti. Cominciò la stesura dei capitoli che costituirono l'elaborazione più significativa del suo pensiero politico, Satyagraha in South Africa62, dove descrisse le azioni di

lotta nonviolenta intraprese in Sud Africa. Riuscì a completare in carcere trenta capitoli del libro, mentre gli altri venti capitoli furono redatti una volta libero. Nel gennaio del 1924 fu ricoverato d'urgenza a causa di un'appendicite acuta, ci furono diverse dimostrazioni pubbliche per richiedere la sua scarcerazione e il 5 febbraio fu rilasciato incondizionatamente. La situazione in India durante l'assenza di Gandhi nella vita politica del paese peggiorò, l'alleanza con i mussulmani si dissipò, il movimento Khilafat cessò di esistere e la lotta di non-cooperazione si esaurì. Per tutto l'anno successivo Gandhi viaggiò per l'India allo scopo di promuovere il khadi riuscendo a formare, nel settembre dello stesso anno 61 M. K. Gandhi, Gandhi la mia vita per la libertà, Roma, Newton Compton, 1978, p. 434. 62 Tradotto in italiano col titolo: Una guerra senza violenza, cit.

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una All-India Spiners' Association, associazione pan-indiana di filatori con agenzie in ogni distretto al fine di coinvolgere attivisti politici scelti, per portare avanti le future campagne di disobbedienza civile. Dopo due anni di silenzio politico, Gandhi ritornò sulla scena politica nel 1928, a seguito di una serie di avvenimenti importanti che segnarono il destino dell'India.

1.5 La marcia del sale

Verso la fine dell'anno precedente il governo britannico aveva nominato una commissione per le riforme, diretta da sir John Simon. Essa era "formata esclusivamente da parlamentari britannici tutti bianchi, che dovevano riferire al parlamento britannico affinché potesse prendere decisioni sul futuro dell'India e parve un'evidente negazione della promessa imperiale di aumentare la

partecipazione indiana al governo del loro paese. L'unica possibilità riconosciuta agli indiani era quella di deporre di fronte alla commissione itinerante"63. La

commissione fu, invece, boicottata da tutti i partiti indiani e il sentimento di dissenso verso questa forma di dominio fu manifestato da cortei pacifici in tutta l'India. Gandhi ritenne la commissione Simon "un insulto organizzato contro un'intera popolazione"64, infatti l'istituire una commissione esterna per

l'elaborazione delle riforme di governo dell'India era un affronto alle richieste provenienti dagli ambienti politici indiani. Il Congresso di Calcutta, nel dicembre 1928, aveva mandato esplicitamente al viceré Lord Irwing, attraverso il

documento Nehru, la richiesta di una costituzione indiana come dominio federale, lasciando al governo britannico un anno di tempo per accettarla altrimenti il Congresso avrebbe avviato una campagna di non-cooperazione nonviolenta. Il governo britannico, presieduto dal laburista Ramsay MacDonald, rifiutò di concedere lo statuto di protettorato.

L'azione di protesta prese forma al congresso di Lahore tenutosi nel dicembre del 1929, dove si confermò lo swaraj (l'autogoverno) come l'obiettivo nazionale per l'India e la scelta del satyagraha come mezzo di lotta. Così, il 12 63 J. M. Brown, cit., p. 329.

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marzo del 1930, iniziarono gli atti di disobbedienza civile per ottenere

l'indipendenza dal Raj. La manifestazione simbolica più importante fu la marcia del sale. Gandhi, accompagnato da settantotto seguaci, percorse trecentottanta chilometri a piedi per raggiungere il mare sulla spiaggia di Dandi e qui, il 5 aprile, disobbedì alle legge del 1882, la Salt Act, che proibiva la raccolta e la produzione del sale poiché monopolio del governo, attraverso un semplice gesto di raccolta del sale sulla spiaggia. In ogni villaggio che attraversava, il Mahatma ricevette ospitalità dalla popolazione, tenne discorsi pubblici, spiegò e promosse la causa del khadi, ottenendo grandi consensi e l'adesione alla marcia di centinaia di migliaia di persone. L'evento ebbe grande risonanza mediatica in tutto il mondo e in India ovunque la gente si impegnò a produrre e rivendere il sale. Il governo tentò di placare con la repressione il movimento di disobbedienza e il 4 maggio Gandhi fu arrestato.

La scelta di quest'azione di disobbedienza alle legge sulla tassa del sale fu fatta per la profonda convinzione dell'ingiustizia che Gandhi riteneva si facesse nei confronti della parte più povera della popolazione indiana. Così presentò su Young India il 27 febbraio del 1930 la sua scelta:

Dopo l'aria e l'acqua, il sale è forse l'elemento più indispensabile alla vita. È l'unico condimento dei poveri (...) Quando il momento arriverà, i civili che opporranno resistenza avranno ampie opportunità di condurre con la massima efficacia una campagna contro la tassa nella maniera più efficace. L'illegalità risiede in un governo che ruba il sale alla gente, costringendola a pagare carissimo il prodotto rubato. Quando il popolo acquisterà la consapevolezza del proprio potere, avrà tutto il diritto di riprendersi ciò che gli appartiene65.

Durante i giorni che seguirono, la repressione inglese fu molto violenta, vi furono carcerazioni di massa e atti di violenza furono perpetrati contro la

popolazione che in segno di protesta aveva invaso le saline.

I comitati del Congresso furono banditi in tutta l'India e circa centomila sathyagrahi furono arrestati. Dopo la prima Round Table Conference di Londra 65 CWMG, vol. XLII , New Delhi, Publications Division, 1970, pp. 499-501.

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del 1930, per deliberare sul futuro dell'India, Gandhi e molti altri leader furono liberati. Nel febbraio del 1931 cominciarono i colloqui di Gandhi con Lord Irwing, il viceré dell'India, che si conclusero con il Patto di Delhi il quale sanciva in via di principio una condizione di uguaglianza fra l'Inghilterra e L'India.

Il patto prevedeva che le questioni costituzionali sarebbero state

approfondite in una Round Table Conference a Londra, mentre la compagna di disobbedienza civile doveva venire sospesa. Le comunità delle aree costiere avrebbero avuto il permesso di raccogliere il sale per proprio uso e consumo; i prigionieri politici, a eccezione di quelli coinvolti in attività violente, sarebbero stati rilasciati. Lord Irwing accondiscese, suo malgrado, al picchettaggio pacifico dei negozi, ma non ci doveva essere alcuna pressione nei confronti dei

commercianti che guadagnavano da vivere vendendo stoffe straniere66.

La Conferenza si tenne a Londra nel settembre dello stesso anno allo scopo di dare una nuova Costituzione all'India, ma le intenzioni degli inglesi andavano verso un'altra direzione.

Se il Congresso sosteneva di parlare a nome di tutta l'India, il governo britannico era dell'opinione che ciascuna minoranza (mussulmani, sikh, intoccabili, cristiani, parsi ed europei) dovesse venire protetta e garantita prima della concessione dell'autogoverno. [...] Il tema dominante, ad ogni modo, si rivelò la questione dei rapporti fra indù e musulmani, e com'era prevedibile il governo britannico ricavò immense possibilità di manovra dalla composizione variegata delle delegazioni, la quale rese piuttosto agevole mettere gli uni contro gli altri e aggrovigliare ulteriormente le cose coinvolgendo sikh e intoccabili. Un leader della Muslim League era molto vicino alla verità quando affermò alla conferenza: «è la vecchia massima

divide et impera. Ma qui c'è una divisione dei compiti: a noi il divide e a voi

l'impera». I lavori del comitato s'incagliarono sulla questione degli elettorati separati, richiesti da tutte le minoranze, compresi gli intoccabili e con la sola eccezione dei sikh67.

Dopo il fallimento della Conferenza di Londra Gandhi tornò in India 66 Cfr. Y. Chadha, cit., p. 299.

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alquanto deluso poiché la questione dell'indipendenza non venne realmente affrontata. Annunciò la possibilità di una nuova campagna di non-collaborazione nonviolenta con il governo, ma fu arrestato in base alla Regulation XXV del 1827 che consentiva di tenerlo in reclusione finché piacesse al governo. Oltre trentamila persone furono condannate per crimini politici, dopo aver partecipato alla

disobbedienza civile avviata da Gandhi.

Questa politica di repressione fu portata avanti dal nuovo viceré Freeman-Thomas, che prese il posto di Lord Irwing. Intanto il governo MacDonald fece sapere con una serie di provvedimenti che avrebbe istituito elettorati separati per gli intoccabili. A seguito di tale notizia, ancora nella prigione di Yeravda, Gandhi intraprese un digiuno ad oltranza per protestare contro tale provvedimento, non perché ritenesse che gli intoccabili non dovessero avere una rappresentanza nelle assemblee legislative, ma perché riteneva di vitale importanza che le classi emarginate si riconoscessero come facenti parte dell'induismo e non come comunità religiose al di fuori di esso. Dopo sei giorni di digiuno del Mahatma, i capi casta giunsero a un accordo per cui furono concessi alle classi emarginate 171 seggi nelle assemblee provinciali, contro i 71 prospettati da MacDonald.

Indù e classi emarginate avrebbero votato insieme, ma gli harijan avrebbero da prima scelto, mediante elezioni primarie, una lista di quattro candidati per ciascun seggio, fra i quali il corpo generale dei votanti indù avrebbero poi operato la selezione finale. In questo modo gli indù non avevano altra scelta che votare uno di loro, e al contempo veniva impedito alle caste superiori di escludere dalla vita politica i candidati più agguerriti; anche il sistema degli elettorati comuni sarebbe stato così mantenuto68.

Fu firmato, così, il 24 settembre del 1932 il documento noto come patto di Yeravda tra indù e harijan. Il 26 settembre Gandhi, appresa la notizia di

accettazione del patto da parte del governo, pregò con una assemblea di duecento persone, dopodiché pose fine al digiuno bevendo succo d'arancia .

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