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70 2.3 Thomas Herzog e l’architettura bioclimatica

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Academic year: 2021

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2.3 Thomas Herzog e l’architettura bioclimatica

“[parlare di] un edificio come di una pelle e non solamente come di una protezione, qualcosa che respira, che regola, nel senso più ampio della parola, le condizioni climatiche e ambientali tra interno ed esterno… [usare il termine] pelle in analogia a quella delle creature umane…”68

“Circa metà dell’energia utilizzata in Europa è consumata nella gestione degli edifici.”69 Il lapidario preambolo della Carta Europea per l’Energia solare ne sintetizza il contenuto. Buona parte dei consumi energetici finisce nella conduzione, illuminazione e riscaldamento di uffici e abitazioni. Un consumo quotidiano che pare inevitabile! Il gruppo di architetti, tra cui Renzo Piano, che nel 1996 sottoscrisse la Carta, pensava invece che edifici adeguatamente progettati potessero assorbire dall’ambiente esterno, in maniera naturale e a costo zero, l’energia necessaria per queste funzioni.

Principale progettista dell’architettura bioclimatica è il tedesco Thomas Herzog70: un architetto che ha infranto i confini tra questa

68 A. Battisti, F. Tucci, Ambiente e Cultura dell’Abitare, op. cit., p. 9 e p. 239. 69 Il trattato della Carta dell’energia e il protocollo della Carta dell’energia

sull’efficienza energetica e sugli aspetti ambientali correlati sono entrambi entrati in vigore il 16 aprile 1998. Il trattato ha come obiettivo l’istituzione di un quadro giuridico per promuovere una cooperazione a lungo termine nel settore dell’energia, basata sui principi enunciati nella Carta europea dell’energia.

Le disposizioni più importanti del trattato concernono la tutela degli investimenti, lo scambio di materiali e prodotti energetici, il transito e la soluzione delle controversie. Gli obiettivi del protocollo sono:

- la promozione di politiche di efficienza energetica compatibili con lo sviluppo sostenibile;

- la creazione di condizioni quadro che inducano i produttori e i consumatori ad utilizzare l’energia per quanto possibile in maniera economica, efficiente e rispettosa dell’ambiente;

- l’incoraggiamento della cooperazione nel settore dell’efficienza energetica, in europa.eu.

70 Cfr. nota 37 a pag. 34.

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disciplina, l’ingegneria e la fisica. Capace di controllare l’intero ciclo di costruzione dell’edificio, dalla lavorazione dei materiali alla realizzazione finale, Herzog è stato in grado, in entrambi i campi, di escogitare soluzioni geniali e innovative.

L’opera costruita di Herzog è del tutto coerente e coesa con l’attività di ricerca che nei valori ambientali e nei fattori climatologici ricerca gli elementi fondativi dell’iter progettuale e delle forme costruttive, queste ultime contrassegnate, in generale, dal carattere autonomo, indipendente rispetto alle tendenze stilistiche dell’architettura internazionale degli ultimi decenni.

Il controllo microclimatico degli spazi interni è sempre subordinato allo sviluppo di un’architettura degli involucri che ricerca strategicamente un’attenta integrazione strutturale ed impiantistica. Architettura con Laurea al Politecnico di Monaco (1960-65), dove avvia il percorso accademico (1965-69) proseguendo poi all’Università di Stoccarda (1969-72). Nel 1972 risulta vincitore della Borsa di studio di Villa Massimo a Roma e consegue il Dottorato in “Costruzioni pneumatiche” presso l’Università di Roma.

A partire da questa fase formativa Thomas Herzog sviluppa una biografia scientifica che trova nel quadro della ricerca e della docenza pubblica, da una parte, e della libera attività progettuale e professionale, dall’altra, i due poli interagenti di un operare orientato a colmare i vuoti fra teoria e pratica.

Nel 1971 apre il proprio studio di architettura con Verena Herzog.

Dal 1973 è professore all'Università di Kassel, dal 1986 è al Politecnico di Darmstadt, dal 1993 - come Ordinario - al Politecnico di Monaco, dal 2000 è Decano della Facoltà di Architettura della T. U. München.

Se l’ambiente accademico costituisce per Herzog il luogo istituzionale di avvicinamento ai materiali e alle tecnologie, è la forte crisi energetica, che emerge lungo il corso degli anni Settanta del Novecento, a segnare l’evoluzione della sua biografia scientifica.

La riflessione critica sul ruolo dell’architetto-costruttore quale responsabile di scelte ambientali, porta Herzog a maturare - da pioniere - una visione anticipatrice rispetto a quanto il quadro professionale - solo più recentemente - ha codificato all’interno della concezione di un’architettura sostenibile.

Il forte interesse per la sperimentazione di materiali, sistemi costruttivi e soluzioni tecnologiche innovative (interagenti con gli apparati impiantistici e le forme strutturali) consente a Herzog di produrre significativi lavori di ricerca per conto di Istituzioni pubbliche (fra le quali la Commissione Europea a Bruxelles, l’Associazione Tedesca di Ricerca, la Lega Ambiente tedesca) e di aziende industriali private.

Tale attività trova - simmetricamente - una forte tensione divulgativa nell’insegnamento universitario, nella partecipazione ad Esposizioni internazionali legate a temi ambientali ed energetici e - più recentemente - in mostre personali: Francoforte (2001); Roma (2002); Tokio (2003); Ascoli Piceno, Napoli, Pescara, Milano (2005).

Nel 2007 ha ricevuto la Laurea Honoris Causa in Architettura presso la Facoltà di Ferrara.

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Youth Educational Institute, Windberg, (1987-1991)

A Windberg nella Bassa Baviera, in Germania, Herzog progetta lo Youth Educational Institute che si inserisce in un piccolo villaggio medievale costruito attorno a un monastero nel XII secolo. (Fig. 23)

Fig. 23 Lo Youth Educational Institut

La costruzione, realizzata per fornire circa 100 posti letto per i giovani ospiti del monastero (che contiene una piccola scuola) risponde a requisiti di flessibilità e adattabilità. La proposta di progetto fornisce inoltre indicazioni per un’ottimizzazione in chiave bioecologica della sistemazione degli spazi aperti verdi attorno al monastero stesso.(Fig. 24)

Per consentire il risparmio energetico dell’edificio, lo studio Herzog und Partner produce un’accurata analisi dei periodi d’uso dei diversi spazi interni, fino a proporre nel progetto l’uso di materiali costruttivi diversi e una netta separazione tra le zone utilizzate per più ore rispetto a quelle utilizzate per brevi periodi.

Le camere da letto sono tutte localizzate nella parte orientata a sud dell’edificio, il che consente, oltre al piacere per chi vi soggiorna di una vista spettacolare, di sfruttare gli apporti solari del periodo di maggiore insolazione per il loro riscaldamento. Le stanze vengono utilizzate solo per poche ore durante il giorno, ma continuativamente durante la notte, e a temperature relativamente basse.

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Fig. 24 L’edificio in rapporto con il campanile

La facciata sud assolve anche alla funzione del mantenimento del calore all’interno. Un terzo di tale facciata è vetrato, mentre i restanti due terzi sono stati realizzati prevedendo un sistema d’involucro molto particolare, che si rifà addirittura al sistema di funzionamento dei peli dell’orso polare bianco, un muro di grande spessore, verniciato esternamente di nero come la cute dell’orso polare, al quale è stato anteposto un elemento dello spessore di alcuni centimetri traslucido, denominato TWD, Transluzente Waermeddaemmung (letteralmente: isolamento termico traslucente).

Questo elemento - formato da piccolissimi tubi trasparenti di policarbonato - lavora, come l’insieme dei peli dell’orso bianco, quale accumulatore termico con un eccezionale rendimento di assorbimento di calore sin dalle prime ore di luce, e al contempo permette un’efficace conservazione dell’energia termica guadagnata esercitando un altissimo potere d’isolamento termico verso l’esterno nelle ore notturne.

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La luce infatti lo oltrepassa e, grazie all’effetto serra che si sviluppa sia all’interno dell’elemento stesso che nello spazio che lo distanzia dal muro, riscalda lentamente la parete interna che, per inerzia termica, durante la notte (5-6 ore dopo) cede all’edificio il calore accumulato. La temperatura interna della superficie del muro raggiunge il suo valore massimo a mezzanotte circa.

Grazie a questo sistema, nei periodi invernali l’edificio riesce a mantenere al suo interno in modo naturale una temperatura confortevole (una media di circa 20 gradi, mentre sulla superficie interna del muro stesso non si è mai registrata una temperatura inferiore ai 18 gradi).

Nel periodo estivo l’intera facciata sud (elementi vetrati ed elementi traslucidi) è protetta dal surriscaldamento dal consistente sporto della copertura, poggiata su lunghe travi a sbalzo, e da schermi esterni con lamelle orientabili. Nella parte orientata a nord sono localizzati gli impianti sanitari, i depositi e l’area di ingresso dell’edificio.

Questi spazi assolvono a funzioni che vengono svolte per brevi periodi e necessitano perciò di un minor riscaldamento o, ad esempio nel caso delle docce, di un alto riscaldamento, anche se limitato in questo caso a solo due o tre ore al giorno. (Fig. 25)

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Design Center, Linz, (1989-1993)

Fig. 26 Il Design Center

Il lungo edificio del Design Center di Linz (Figg. 26-27) è interamente ricoperto da una volta di pannelli di vetro. All’interno dei pannelli in vetro camera dell’involucro esterno è stata inserita una griglia retro-reflettente di 16 mm di spessore, rivestita da un lato di un sottile strato di alluminio puro.

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La griglia riflette soltanto i raggi diretti del sole - è orientata ad arco secondo l’orbita solare - ma lascia passare la luce del giorno che dall’alto penetra in modo diffuso: l’interno rimane illuminato senza surriscaldarsi o abbagliare i visitatori.

Da allora i pannelli inventati da Herzog sono stati utilizzati e prodotti in gran quantità. I prospetti di testa, esposti rispettivamente a nord e a sud, non hanno elementi vetrati e sono costituiti da pareti ventilate. Il raffrescamento dell’edificio è garantito dall’inserimento di bocche di immissione di aria fredda collocate a pavimento e da aperture in copertura.

Il padiglione 26 nella Deutsche Messe, Hannover, (1994-2000)

Il padiglione 26 nella Deutsche Messe di Hannover (Figg. 28-29) è un vasto spazio espositivo che comprende tre campate da 70 metri con nuclei di servizio a ogni estremità.

La copertura è appesa a quattro telai a forma di A in acciaio e le pareti sono curtain wall di vetro con rivestimento di legno per i nuclei di servizio in calcestruzzo.

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Fig. 29 Schemi di ventilazione e illuminazione

- Ventilazione meccanica: 1-2-3-4 raffreddamento, 5-6 riscaldamento. - Sistema d’illuminazione naturale: 1 Luce solare diretta; 2 Schemi solari esterni; 3 Vetrocamera tripla con griglie d’illuminazione; 4 Luce naturale diffusa; 5 Lamelle per la deflessione della luce; 6 Soffitto a specchio.

- Sistema di illuminazione artificiale: 1 Tubo di vetro con corpi illuminanti ai lati; 2 Illuminazione indiretta attraverso il soffitto a specchio; 3 Striscia illuminante sospesa.

La ventilazione dello spazio si basa sullo spostamento dell’aria che non viene indotta dal pavimento ma da grandi tubi vetrati che corrono lungo la linea della struttura di sostegno, a quattro metri dal pavimento. L’aria fresca si dirige verso il basso distribuendosi sul pavimento, viene poi trasportata verso l’alto dal calore generato all’interno dello spazio stesso, per poi essere espulsa attraverso aperture continue al colmo di ogni zona. Le aperture sono controllate da ribalte regolabili. Per il riscaldamento è possibile commutare il sistema di ventilazione in una modalità dove l’aria preriscaldata viene

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iniettata orizzontalmente mediante ugelli regolabili a lunga gittata. La luce naturale penetra nel padiglione mediante grandi aperture nel prospetto nord, lungo i principali supporti strutturali e attraverso le griglie luminose presenti nella copertura in corrispondenza dei punti più bassi delle campate sospese e quindi attraverso gli elementi per la deflessione dell’illuminazione incanalata verso il lato inferiore della copertura sospesa e in basso. L’illuminazione artificiale segue gli stessi principi: i sistemi attivi e quelli passivi sono integrati e di reciproco aiuto.

“I miei progetti possono apparire innovativi (e a volte irritanti) e alcuni sono effettivamente dei veri e propri prototipi. Penso d’altra parte che il loro apparente carattere innovativo sia più da legare ad un’attitudine conservativa che mi spinge a mantenere vivo il senso più profondo degli ideali del movimento moderno. Il mio scopo è quello di rendere qualsiasi incarico professionale un’occasione per dare forma ad un prodotto edilizio sostenibile - con la mente libera da qualsiasi concezione architettonico - formale predefinita […] Continua sempre a sorprendermi quanto efficacemente accenti tematici innovativi del pensiero riescano a condurre a nuove reali forme di architettura.” 71

Abitazioni sociali sulla Holzstrasse, Linz, (1994-1999)

Il condominio sulla Holzstrasse a Linz è composto da 400 alloggi distribuiti su due stecche parallele, di diversa lunghezza, orientate secondo l’asse nord-sud. I due corpi si presentano come una successione di segmenti, ritmati dalle serre solari: questi contengono i 5 piani destinati ad alloggi ed il piano interrato è occupato dal parcheggio, la cui ventilazione naturale sfrutta lo spazio libero trattato a verde che distanzia i due volumi. (Fig. 30)

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Fig. 30 Il prospetto con le logge solari

Parte importante del progetto è costituito dagli atri vetrati centrali a copertura apribile con schermatura regolabile, che provvedono alla ventilazione naturale, oltre a costituire uno spazio pubblico piacevole e verde di accesso agli alloggi. La copertura vetrata nei mesi freddi funziona da serra solare che accumula calore e garantisce così un notevole risparmio energetico contribuendo al riscaldamento degli

I flussi dell’aria nell’atrio vetrato: a) inverno, giorno e notte; b) estate, giorno e notte (senza vento); c) estate, giorno e notte (con vento).

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alloggi ad essa adiacenti.

Durante i mesi estivi i flussi ascensionali di aria calda fuoriescono dalle aperture in copertura, mentre l’aria più fresca viene richiamata dal basso, raffrescando le parti massive dell’edificio nelle ore notturne.

Particolare cura è stata riservata alla progettazione della flessibilità dei 400 alloggi ottenuta con l’uso di partizioni interne mobili, che possono modificare l’alloggio in varia maniera a seconda delle necessità degli utenti e dei cambiamenti che possono avvenire nel futuro.

Solar City, Linz, (1995-2004)

Un altro importante intervento di Herzog è Solar City sempre a Linz. Per la progettazione delle prime 630 case la città di Linz si è avvalsa della consulenza e dell’intervento di progettisti del calibro di Norman Foster, Richard Rogers e Thomas Herzog. Insieme all’ingegnere tedesco Norbert Kaiser, specializzato in ingegneria tecnologica ambientale, il gruppo ha preso il nome di READ group (Renewable Energy in Architecture and Design). Come consulente è presente anche lo studio di Renzo Piano.

Si tratta del più vasto esperimento insediativo per quanto riguarda la costruzione sostenibile. Il principio base su cui si fonda è la volontà di promuovere metodi di costruzione a basso costo, a livello internazionale. (Fig. 31)

I parametri di sostenibilità comprendono l’attenzione a raggiungere la massima densità possibile, la massima flessibilità tipologica, uno studio attento della viabilità: vale a dire ove sia possibile promuovere e facilitare la viabilità pedonale o ciclabile, tutto il centro dell’insediamento sarà reso libero dal traffico automobilistico. Le singole abitazioni sfruttano l’orientamento del terreno, prevedono

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Fig. 31 Solar City, Linz e il Danubio

serre, giardini d’inverno, balconi ed affacci, in modo da usufruire al meglio il clima e la natura circostante.

Ma la progettazione della città solare prevede anche la partecipazione attiva dei futuri utenti che si occuperanno in prima persona della sistemazione di alcune aree adiacenti alle abitazioni e di alcuni spazi pubblici.

Non ultima, la maggiore innovazione in campo energetico riguarda la fornitura di energia: la città non dipenderà infatti dalla rete energetica esterna; al contrario sarà in grado di co-generare energia attraverso l’uso di impianti solari che, in futuro, renderanno il quartiere in grado di essere autonomo nonché di restituire una parte del surplus energetico alla rete urbana.

I diversi gruppi di progettazione coinvolti hanno sviluppato il piano di insieme per poi calarsi nel dettaglio delle unità d’abitazione, riuscendo nell’obiettivo di realizzare la massima densità ammessa in un contesto ben integrato, in cui alloggi sul libero mercato affiancano alloggi in edilizia sovvenzionata, in un ambiente in grado di esprimere un’elevata qualità sociale. Il nome stesso di Solar city sottolinea

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l’impegno dei progettisti a utilizzare in modo intensivo gli apporti energetici solari. Costruzioni compatte, orientate a sud, facciate a guadagno solare diretto, ventilazione naturale, uso di luce naturale sono le scelte che maggiormente caratterizzano il progetto. Pannelli solari e fotovoltaici contribuiscono in modo significativo al contenimento dei consumi energetici. L’insediamento è inserito in una zona interessante dal punto di vista naturalistico. Le aree boschive che si estendono lungo il Danubio costituiscono un sito ad alta valenza ambientale e il progetto le collega al nuovo quartiere attraverso percorsi ciclo-pedonali accompagnati nel loro sviluppo da estese ed attrezzate aree per il tempo libero.

Lunghezzina 2, Roma

Nel corso del 2004 il Comune di Roma ha avviato una serie di concorsi che pongono in primo piano gli aspetti sperimentali sulle questioni ambientali ed energetiche.

Il primo importante bando di concorso ha avuto per oggetto un intervento di edilizia residenziale pubblica nell’area del Piano di Zona di Lunghezzina 2. Il progetto vincitore è stato quello del gruppo diretto da Thomas Herzog, Fabrizio Tucci e Alessandra Battisti, in corso di realizzazione. (Fig. 32)

I criteri che hanno caratterizzato la proposta progettuale di Herzog-Tucci-Battisti sono legati alla progettazione bioclimatica: l’attento studio dei caratteri specifici del luogo in termini di relazione con il contesto biofisico e microclimatico; il rispetto delle indicazioni delle Norme Tecniche di Attuazione del Piano di Zona di Lunghezzina 2; la risposta alle richieste del Bando di offrire tipologie miste rispondenti alla Normativa Nazionale e al Regolamento Edilizio del Comune di Roma; lo studio e la sperimentazione di soluzioni architettoniche bioclimatiche adatte alle condizioni climatiche di Roma, innovative dal punto di vista morfologico/tecnologico; la consapevolezza della

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Fig. 32 Il progetto di Lunghezzina 2

necessità di far uso di precise procedure bioecologiche e di specifici materiali bioedili.

L’intervento, dato il carattere sperimentale e la natura di vero e proprio progetto-pilota, ha concretizzato quello che i progettisti considerano una sorta di decalogo di strategie eco-compatibili utilizzabili negli edifici: massimizzazione del riscaldamento naturale passivo, ottimizzazione del raffrescamento naturale passivo, diffuso impiego della ventilazione naturale, controllo e potenziamento dell’illuminazione naturale, controllo del comfort termoigrometrico e mitigazione dell’umidità relativa, potenziamento dell’isolamento naturale, impiego dei processi di evapotraspirazione con uso di essenze vegetali, predisposizione all’integrazione architettonica di solare attivo, sia fotovoltaico per produzione di energia elettrica, che collettori solari per produzione di energia termica, ottimizzazione della gestione ecologica delle acque, impiego di sistemi avanzati di raccolta e riciclaggio locale dei rifiuti. Il progetto prevede la costruzione di due edifici a blocco di 4 piani l’uno; particolare

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attenzione è stata posta al sistema dei vuoti, trattati come spazi intermedi semiaperti con la presenza di essenze vegetali a foglia caduca che ottimizzano le prestazioni differenziate in base alle stagioni.

Elementi di accentuazione qualificativa degli edifici sono: l’atrio-serra bioclimatico, chiuso con vetratura d’inverno e totalmente schermato e aperto d’estate; la chiostrina centrale, chiusa in sommità d’inverno e aperta d’estate; il corpo scala baricentrico tra atrio e chiostrina, quale elemento-filtro tra l’uno e l’altra caratterizzato da pareti parzialmente apribili nelle mezze stagioni e totalmente apribili d’estate; lo spazio a tutta altezza con sbocco esterno situato a nord e correlato al funzionamento della torre di climatizzazione.

Il progetto di Lunghezzina tenta di insegnare agli utenti l’uso di nuove tecnologie, di mostrarle con discrezione, componendo facciate regolate dalla geometria leggera delle lamelle che si aprono di giorno e si chiudono di notte senza esagerare nella tecnologia spettacolo.

Il lavoro di Herzog può essere sintetizzato dalle sue stesse parole: “[…] Ricordiamo che Téchne, in greco, vuol dire arte. Nell’epoca che noi valutiamo come uno degli apici della maturità estetica umana, arte e tecnica erano una cosa sola. La competenza nel trattare i materiali era considerata arte. Così per me non c’è divergenza tra tecnica ed estetica. Moltissimi oggetti, macchinari o edifici, che assolvono esigenze esclusivamente funzionali solitamente sono anche molto brutti. Lo scopo dell’architetto è proprio quello di controllare e integrare tutti questi aspetti: funzione, tecnologia ed estetica. Quello che non mi interessa è la moda. Perché la moda è un fatto transitorio mentre gli edifici costano un sacco di soldi e richiedono un’enorme quantità di lavoro. Per le costruzioni eco-sostenibili, poi, ci vogliono delle soluzioni durature, il contrario del transitorio. L’estetica non è, per me, un automatismo, ma frutto di ricerca. Richiede controllo, richiede competenza sul campo formale […] Ma ho capito una cosa in

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tutti questi anni di attività: ciò che veramente convince gli architetti è l’esempio. Vedere dei begli edifici realizzati secondo questi principi è la migliore forma di promozione.”72

Bibliografia

A. Battisti, F. Tucci, Ambiente e Cultura dell’Abitare, Editrice Librerie Dedalo, Roma, 2000.

I. Macaone, Dall’architettura al progetto, Franco Angeli, Milano, 2004.

M. Petranzan G. Neri, F. Purini, La città uguale, Il Poligrafo casa editrice, Padova, 2005.

M. Peticca, Parole … Aforismi, digressioni, note e racconti brevi di architettura, Editrice Libra, Melfi 2005.

M. Trisciuoglio, Scatola di montaggio, Carocci editore, Roma, 2008.

A.A.V.V., Dizionario dell’architettura del xx secolo, Istituto dell’ Enciclopedia Italiana, Roma, 2003.

S. Varanelli, Herzog, l’arte che nasce dalla natura, dalla rivista Il Nuovo, del 07.10.02.

A.A.V.V., Architettura e città, Di Baio Editore, Milano, 2006.

Siti Web www.biosis.it www.sapere.it www.dibaio.com www.fierarimini.it www.Edilportale.it

www.xfaf.it/ Herzog Lectio Magistralis alla Facoltà di Architettura di Ferrara www.iuav.it

72 S. Varanelli, T. Herzog, l’arte che nasce dalla natura, dalla rivista Il Nuovo, del

Figura

Fig. 23 Lo Youth Educational Institut
Fig. 25 Il prospetto con i pannelli di TWD
Fig. 26 Il Design Center
Fig. 28 Il padiglione 26
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