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IL TURPILOQUIO IN KING DORK: UN’ANALISI ATTRAVERSO I CORPORA

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Academic year: 2021

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IL

TURPILOQUIO

IN

KING

DORK:

UN’ANALISI

ATTRAVERSO I CORPORA

1. Corpora: questioni definitorie

Dedico questo terzo e ultimo capitolo al progetto svolto in collaborazione con il professor Alessandro Lenci. Lo scopo è stato realizzare una rassegna dettagliata di termini rilevanti nell’ambito del turpiloquio che ho riscontrato nel corso della traduzione di King Dork e ho analizzato sulla base della loro frequenza d’uso in determinati contesti colloquiali. È evidente infatti che ogni termine o espressione assume un significato differente a seconda dello specifico contesto in cui lo stesso termine o espressione si trova.

Sulla base di questi presupposti, l’obiettivo è stato dimostrare come la maggiore o minore frequenza d’uso o occorrenza di un certo termine e/o espressione all’interno di un corpus non sia sempre la soluzione migliore in sede di traduzione. Questo non solo per logiche traduttive, ma anche alla luce del fatto che i corpora (anche quelli ben costruiti) rimangono il risultato di un’opera di selezione. Per questo motivo occorrerà operare una previa e accurata valutazione dei loro contenuti e della loro organizzazione interna.

Un traduttore oggi non può prescindere da un vaglio attento del numero sterminato di strumenti e messi a sua disposizione in rete; basti pensare ai vari tipi di dizionari (di lingua, combinatori, etimologici, storici ecc.), ai corpora di cui lo stesso Web funge ormai da utile banca dati, fino a tutti i dati prodotti delle nostre attività quotidiane, dalle e-mail, alle attività sui social quali Facebook, Twitter, Whatsapp, Instagram e altri. Anche queste ultime infatti possono essere delle ricche fonti di dati.

Se si assume il Web come banca dati, bisogna certamente considerare che le analisi operabili sul testo possono non essere totalmente affidabili. Possono però

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rappresentare – è questo il mio obiettivo – una sorgente importante da cui attingere per estrarre evidenze sul parlato spontaneo contemporaneo.

Posto che la correttezza linguistica deve sempre rimanere il focus per chi scrive o traduce, è altrettanto importante conoscere le grandi possibilità e alternative che una lingua offre. La questione si complica di fronte a traduzioni di romanzi per adolescenti o giovani adulti, dove lo slang, il turpiloquio, la “sgrammaticalità”, i neologismi e l’idioletto rendono peculiare un libro, anche se facilmente sottoponibili a censura. Come traduttrice di King Dork ho cercato di non tradire questi aspetti e di mantenermi quanto più possibile fedele al testo originale.

A tale scopo mi sono servita di corpora funzionali offerti dal Web tra i quali annovero il progetto Sketch Engine, COCA, Open American National Corpus, NCI English, Google Books, Google Books Ngram Viewer e altri. Per il ruolo primario che in particolare i primi due hanno avuto nello svolgimento della mia tesi, riporto di seguito una breve descrizione.

Sketch Engine è uno strumento di ultima generazione che consente di esplorare corpora di varie lingue. Sfrutta algoritmi che analizzano testi di milioni di parole per identificare nell’immediato gli elementi più tipici o più rari, inusuali e di recente ingresso di una lingua. È inoltre uno strumento utile per linguisti, lessicografici, traduttori, studenti e insegnanti. È la soluzione privilegiata nel mondo dell’editoria, delle università, delle agenzie di traduzione e negli istituti di lingua nazionale in tutto il mondo. Sketch Engine contiene 400 corpora pronti all’uso in più di 85 lingue, alcuni dei quali con un numero superiore a 20 miliardi di parole in grado di fornire esempi realmente rappresentativi di una lingua.1

Corpus of Contemporary American English (COCA) è invece il corpus più esteso e meglio bilanciato dell’American English ed è disponibile in maniera

1https://www.sketchengine.co.uk/.

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gratuita sul Web. COCA è uno dei più utilizzati per la lingua inglese a livello mondiale ed è collegato a molti altri corpora che offrono una visione senza pari delle variazioni dell’inglese. Contiene più di 520 milioni di parole di testo (con l’inserimento di 20 milioni di parole ogni anno dal 1990 al 2015) e si distribuisce equamente in testi parlati e scritti, di fiction, di riviste popolari, giornali e testi accademici.2 Di questo in particolare ho fatto abbondante uso nel corso della mia

traduzione alla luce della SL di King Dork, l’inglese americano appunto.

Ritengo a questo punto opportuno fornire una breve descrizione dei corpora. Un importante contributo a riguardo è offerto da Lenci, Montemagni, Pirrelli, che definiscono un corpus come:

una collezione di testi selezionati e organizzati in maniera tale da soddisfare specifici criteri che li rendono funzionali per le analisi linguistiche. I corpora testuali rappresentano la principale (anche se non

esclusiva) fonte di dati in LC (2005: 26).

Sebbene nascano allo scopo di favorire analisi di natura computazionale sui dati linguistici in essi contenuti, è indubbia la connessione con gli studi linguistici letterari e filologici; permettono infatti di realizzare analisi sull’uso sincronico e diacronico delle parole di uno o più testi appartenenti a un autore. La crescita della loro importanza corre in parallelo allo sviluppo dell’era informatica che permette oggi di sfruttare il computer massimizzandone gli usi al fine di:

- Immagazzinare quantità sempre crescenti di testi;

- Ottimizzare la loro esplorazione e ricerca dei dati linguistici interessanti;

- Sviluppare modelli computazionali della lingua (2005: 26-27).

2http://corpus.byu.edu/coca/.

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Oggi infatti l’approccio basato sullo studio dei corpora in contesto traduttivo assume un ruolo preminente in quanto fornisce un mezzo utile a gestire quantità ingenti di dati linguistici e tiene traccia di più fattori contestuali allo stesso tempo. Lo spiegano Biber, Conrad e Reppen, definendone le caratteristiche essenziali:

- It is empirical, analyzing the actual patterns of use in natural texts;

- It utilizes a large and principled collection of texts known as a “corpus,” as the basis of analysis;

- It makes extensive use of computers for analysis, using both automatic and interactive techniques;

- It depends on both qualitative and quantitative analytical techniques (1998: 3-4).

Ormai superati i vecchi approcci prescrittivi, il corpus-based approach rappresenta uno dei metodi preferenziali nell’ambito della traduzione negli ultimi anni e il suo interesse continua ad attrarre studiosi di vari ambiti, linguisti ma anche esperti di traduzione, che prestano attenzione al nuovo ruolo del traduttore e all’importanza stessa della traduzione (Olohan, 2004: 5).

Le tipologie e i parametri di definizione di un corpus sono molto vari e si distinguono in base a specifici criteri che riguardano: generalità (generale o specialistico); modalità (scritto, orale, misto); cronologia (sincronico o diacronico); integrità dei testi (testi completi o parziali); lingua (monolingue, bilingue o multilingue); codifica digitale (testi codificati vs annotati) e

dimensioni (estensione sulla base del numero di tokens o durata della

registrazione, in caso di testi parlati). Un’altra importante caratteristica dei corpora è stata infine identificata da Zanettin (2000: 329) e riguarda la loro

direzionalità (corpora uni-, bi- o multi-direzionali).

L’ultimo essenziale criterio di distinzione dei corpora, all’interno dei corpora generali, è il loro bilanciamento.

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Nella linguistica dei corpora il bilanciamento è infatti assunto come condizione essenziale per garantire la rappresentatività di un corpus che voglia essere plurifunzionale e trasversale rispetto alle diverse varietà di una lingua (Lenci, Montemagni, Pirrelli, 2005: 37).

Un corpus è bilanciato dunque quando riesce a restituire un’immagine quanto più fedele e rappresentativa di una lingua nel suo complesso. Un’accurata descrizione della popolazione di riferimento nonché la definizione dei confini spazio-temporali e la tipologia stessa dei testi sono la condizione sufficiente e necessaria per un corretto bilanciamento.

Un grande limite dei corpora e dello studio conseguente applicato alla traduzione rimane tuttavia quello del rumore, dell’informazione inutile o errata e di contro della data sparseness. Quest’ultima in particolare riguarda la rarità dei dati linguistici, ovvero di espressioni linguistiche presenti in misura limitata in un corpus. Data questa rarità, è spesso difficile ricavare modelli statistici affidabili, in quanto non è possibile sapere se quel dato raro sia comunque un evento regolare, o semplicemente un fenomeno casuale o errato (Lenci, Montemagni, Pirrelli, 2008: 46).

La questione della data sparseness è un problema comune oggi per gli studi sui corpora statistici basati su metodi Word-Sense Disambiguation (WSD). Lo sostengono Oliveira, Wong, Ho, Li e Dong nell’articolo “Overcoming Data Sparseness Problem in Statistical Corpus Based Sense Disambiguation”, e spiegano che:

Usually large amounts of data are required in the corpus to guarantee that all senses of an ambiguous word are presented. However, this is not easily achieved, especially for words that do not occur frequently in the training corpus. On the other hand, for languages that do not have large amount of digitized resources, the sparseness problem is even worse (2006: 1099).

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Bisogna tener presente che, per quanto ben costruito, un corpus è una rappresentazione parziale e arbitraria di una lingua. Per questo motivo, ancor più in sede di traduzione, occorrerà operare un attento vaglio delle fonti, dei dati e dei contesti in cui si colloca quel termine/espressione specifico in modo da valutare in che misura il risultato finale della traduzione sia valido o se invece tradisce la natura e le intenzioni del ST.

2. Un’analisi linguistica attraverso i corpora

Il mio metodo di indagine è consistito primariamente in un’attenta lettura dei capitoli selezionati per la traduzione e in una successiva selezione e analisi di termini, collocati ed espressioni idiomatiche più note in ambito osceno e volgare, a un livello prevalentemente lessicale. Per quanto interessanti, gli altri livelli fonetico, morfologico, sintattico, semantico avrebbero richiesto spazi e tempi non esauribili in questa sede. Infine ho riportato una descrizione dettagliata della frequenza d’uso di ciascuno, attraverso vari motori di ricerca e corpora. L’approccio adottato in questo lavoro è dunque corpus-based.

Il primo termine preso in esame è stato inevitabilmente dork in quanto dà il titolo al romanzo, King Dork appunto. L’etimologia, secondo l’Oxford Dictionary è fatta risalire agli anni Sessanta come variante di dirk ed è influenzato da dick, di cui mantiene un evidente carattere di offensiveness. Se si considera d’altronde il sostrato del romanzo, i Sessanta non sono poi un’epoca del tutto fuori luogo. Rimane certamente usato in ambito informale volgare, con una frequenza d’uso maggiore all’interno dello slang nordamericano, in riferimento a una “contemptible, socially inept person”.3 L’Urban Dictionary

invece lo definisce come:

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Someone who has odd interests, and is often silly at times. A dork is also someone who can be himself and not care what anyone thinks. Es. “You are such a dork.4

Dork nel corso dei capitoli compare assieme ad alcuni derivati e collocati quali dorkiness e sad-sack dork e assieme a sinonimi presenti con varie accezioni, che

sono spesso utilizzati con relativa funzione derogatoria. Li riporto a seguire, inserendoli in ordine crescente secondo diversi gradi di oscenità, da quella con accezione neutra a quella con maggiore forza negativo-offensiva:

Klutz > imbranato Goofy > scemo Moron > deficiente Dork > inetto Dopey > tonto Dweeb(y) > sfigato Jerk > stronzo Dick > coglione

Ciascuno dei singoli termini possiede un significato proprio, ma sono tutti in qualche modo connessi semanticamente, in quanto descrivono un individuo inetto con scarse capacità di relazione sociale. Si può trattare di un asociale chiuso nel mondo dei libri, dunque un nerd, un secchione o uno sfigato, oppure si tratta di uno che non possiede capacità di raziocinio; un tonto, uno scemo, un deficiente, un coglione appunto. Altri possibili traducenti italiani sono: fesso, cretino, babbeo, incapace, poveraccio, idiota, pollo.

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La mia soluzione a King Dork è “Re degli inetti”.5 Decido di modificare il

titolo senza tradurlo alla lettera e inserisco un complemento di specificazione. In questo modo si evita di operare interventi più forti sul titolo (che, di norma, spetterebbero all’editore in fase di revisione), e si mantiene la funzione descrittiva del termine, in riferimento al carattere e ai modi del piccolo protagonista.

Se si prende in considerazione lo spettro, “inetto” non sembra una scelta inappropriata. Questo perché mantiene una connotazione negativa e offensiva ma calibra i toni che, spostandoci verso poli esterni dello spettro, si alzerebbero fino a una connotazione troppo negativa del personaggio. Tom è invece semplicemente un quattordicenne socialmente impacciato. Oltre a dare una idea distorta del personaggio, i termini esterni, quali “stronzo” o “coglione”, aumenterebbero eccessivamente il livello dispregiativo e ci si allontanerebbe dalla denotazione originale tradendo gli scopi del romanzo stesso. Opto pertanto per una soluzione intermedia.

Dork è un termine fortemente geospecifico, in quanto registra una frequenza

d’uso maggiore nei corpora dell’American English rispetto a quelli British English. Basta operare un rapido vaglio dentro il corpus di Google Books aggiornato agli anni 2000 per rendersi conto di come, per la sezione americana, il termine presenti 5092 attestazioni, contro le sole 446 britanniche. I valori di frequenza d’uso più alti rimangono tuttavia nell’English Web TenTen13, dove

dork è presente con il valore di 15,763 attestazioni.

Un’ultima interessante considerazione si evince prendendo visione delle sue occorrenze nei libri su Google Books Ngram Viewer – secondo uno sviluppo diacronico. Non a caso si registra un’impennata a partire dai primi anni 2000,

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con particolari picchi attorno al 2006, anno al quale risale tra l’altro la pubblicazione di King Dork.

Un altro termine significativo è bookworming. Non rientra nell’ambito del puro turpiloquio ma mantiene un’accezione lievemente denigratoria. Dà inoltre il titolo a un capitolo breve ma essenziale del romanzo, in cui Tom Henderson sgattaiola nello scantinato e fruga tra scatoloni sbrindellati di libri, alla ricerca di informazioni sul passato del padre e sull’incidente in cui ha perso la vita. Si parte dalla definizione che danno rispettivamente l’OED e il Merriam-Webster:

1. (Informal) A person who enjoys reading.

(Especially formerly) the larva of a wood-boring beetle which feeds on the paper and glue in books.

2. A person unusually devoted to reading and study.

L’autore propone liberamente il termine verbalizzandolo in bookworming. In inglese è però attestabile solo nella funzione nominale di bookworm. Se si analizza la sua morfologia, in italiano si produce un lieve cambio di referente,

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ma rimane legato al campo semantico animale sia pur con una specializzazione e una maggiore caratterizzazione del referente: worm (verme) > topo. Da qui la resa “topo da biblioteca”, più affine ai modi d’uso della lingua target. Questo è confermato dalla definizione che si trova ad esempio nell’Oxford English Dictionary: nella sua seconda accezione descrive infatti il bookworm come la larva di un insetto xilofago che si nutre di carta e colla dei libri. La definizione conserva qualcosa della sua funzione etimologica anche in italiano; il modo di dire nascerebbe da una pratica comune tra i topi che nelle antiche biblioteche rovistavano tra i libri consumandone e rosicchiandone le pagine.6 La funzione

letterale dell’insetto/roditore rimarrebbe la stessa tra la cultura anglosassone/americana e quella italiana, nonostante il riferimento a due specie differenti di animale. Tuttalpiù si riscontra una connotazione peggiorativa della voce in italiano rispetto a quella più neutra dell’inglese.

In sede di traduzione la mia scelta è stata avvalorata da una rapida ricerca sul web, in particolare mediante l’English Web 2013 (enTenTen13) dove, al secondo posto nella lista delle frequenze, il termine figura in un contesto specifico, quella della recensione di un libro. Riporto la citazione:

For me, the hobby I miss the most when I am busy is reading. I have always been a bookworm, and I used to read every night for at least an hour before bed.7

Dall’analisi di questo esempio si può ricavare che il bookworm si riferisce a una persona che legge tanto, fino a perdere cognizione dello spazio e del tempo. Secondo le definizioni in altri dizionari, quali quelli che incorporano Corriere e Repubblica, il topo da biblioteca è un individuo che si aliena dalla realtà per rintanarsi nel mondo dei libri per ragioni di studio, al punto da risultare un inetto nella vita e nei rapporti sociali, che di fatto difficilmente mantiene. Il bookworm nella cultura anglofona sembrerebbe piuttosto riferirsi a un avido divoratore di

6http://dizionari.corriere.it/dizionario-modi-di-dire/T/topo.shtml.

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libri per diletto e non necessariamente per motivi di studio, e senza un’implicita connotazione negativa. Tuttavia, se ricontestualizzo il termine nell’ottica del libro e nella descrizione del protagonista, non mi pare un’idea eccessivamente fuorviante. Tom Henderson in fondo altri non è che un inetto, per quanto maturo per la sua età e per il livello scolastico. Anche in italiano la metafora del “topo da biblioteca” è di un certo impatto; ho deciso quindi di mantenerla perché credo restituisca la giusta immagine di inettitudine e disagio del giovane Tom.

Questo specifico capitolo, in termini di movimento, è molto dinamico. Era necessario rendere in maniera appropriata e fedele al ST lo sgattaiolare di Tom nel seminterrato buio e il suo frugare tra le cianfrusaglie e gli scatoloni polverosi. L’associazione a un atteggiamento animale del protagonista non è casuale perché è presente anche nell’originale. Pertanto la mantengo e la ripropongo nella mia traduzione (rif. in vari punti del capitolo come ad esempio “Little Big Tom came down and noticed me pawing through the books…” (p. 51) che traduco con “Little Big Tom era sceso e mi aveva notato con le zampe tra i libri”).

Il terzo termine degno di analisi è l’aggettivo sucky. Parto dalla definizione dell’Urban Dictionary e riporto due esempi di contesto significativi:

Sucky is a descendant of the word suck, but can have a different meaning depending on the context, and the type of person using the word.

• What a sucky day! > bad, gloomy day

• Get off my porch, you sucky fruitbag! > derogatory usage.8

Anche sucky è un termine con geolocalizzazione specifica, in quanto attestabile a partire dai primi anni Ottanta prevalentemente nell’area nordamericana più che in quella anglosassone, ed è presente a più alte frequenze nel linguaggio slang statunitense. Pur non essendo a mio avviso altrettanto

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peculiari, i traducenti italiani su questo ipotetico asse semantico assumono tuttavia significati variegati; li riporto di seguito:

Pessimo disgustoso di merda

spregevole schifoso del cazzo

Nel romanzo, l’aggettivo compare più significativamente nel capitolo finale, “Great book, changed my life, you know”. Tom lo utilizza per riferirsi alla vecchia copia del padre de Il Giovane Holden, da lui in principio tanto odiato a causa dell’assurda ossessione delle insegnanti a riproporlo ogni anno e costringerlo a studiare. Nel corso della storia tuttavia cambia opinione sul libro, non solo perché riconosce le affinità caratteriali con Holden Caulfield (motivo per cui inconsciamente lo odia all’inizio), ma perché leggerlo attentamente gli permetterà di conoscere meglio il passato del padre e di scoprire le circostanze misteriose in cui è morto.

L’aggettivo si incontra nella frase “Non bad for a sucky book you read only to suck up to teachers holding a gun to your head” (p. 322), che traduco “Niente male per un libro schifoso che leggi solo per leccare i piedi ai professori che ti puntano una pistola in testa”. Lo rendo con un derogatorio “schifoso”, nella combinazione sucky book/ libro schifoso, innanzitutto perché lo ritengo naturale e immediato all’orecchio italiano, soprattutto in vista di un target come quello di adolescenti e giovani adulti. In secondo luogo, trovo che questa connotazione sia la più consona nell’economia dell’intero romanzo e alla luce dei suddetti motivi di odio/amore del ragazzo verso il libro. In questo momento della trama, Tom ormai si è riappacificato con l’autore Salinger e con tutti quelli che attorno al romanzo hanno sempre creato un culto. Non prova più odio, per questo non avrebbe più motivo esprimersi con toni forti:

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“Look, it’s not even that bad of a book. I admit it. I can feel sorry for myself while pretending to be Holden Caulfield. I can. And I can see why the powers that be have decided to adopt it as their semiofficial alterna-bible” (p. 322). “Sentite, non è neppure così male come libro. Lo ammetto. Mi faccio pena da solo a far finta di essere Holden Caulfield. Davvero. E ora capisco perché i potenti hanno deciso di adottarlo come ufficiosa alterna-bibbia”.

Soluzioni estreme come libro “del cazzo” o “di merda” erano un’altra possibile opzione ma, a una valutazione complessiva dei sinonimi e del contesto, sarebbero risultati eccessivi e forzati. Come già evidenziato, a quel livello del romanzo infatti Tom si è ormai riappacificato col suo alter ego letterario Holden e con lo scrittore; usare toni accesi ora risulterebbe inappropriato. Opto dunque per una soluzione intermedia, “schifoso”, che mantiene una certa colloquialità e negatività semantica e un giusto grado di offensiveness ma mitiga i toni. L’atmosfera colloquiale infatti è già creata dal phrasal verb suck up to che lo segue e che rendo con “leccare i piedi”, in alternativa al più volgare “leccare il culo”. Due termini vicini con una così simile e forte carica derogatoria renderebbero infatti troppo acceso e volgare il discorso.

Mi limito a riportare le frequenze assolute del termine, pur consapevole che esse non sono confrontabili su corpora di grandezze diverse. Una ricerca all’interno del motore Sketch Engine riporta dati interessanti: se per l’aggettivo italiano si registra un’elevatissima occorrenza nel linguaggio colloquiale, con 22,655 risultati, la frequenza del corrispettivo inglese ha prodotto invece risultati singolari. Nel British National Corpus l’occorrenza è una sola (sintomatico di un limitato se non quasi inesistente uso del turpiloquio in area britannica). La frequenza d’uso di “sucky” sale alle 5,730 occorrenze nell’English Web Corpus 2013, a 827 nell’English Feed Corpus (2009 - 2015), a 102 nel ukWaC (British Web Corpus) e a soli 37 nel Corpus of Contemporary American English. Altre significative attestazioni sono le 21 occorrenze nell’English Wikipedia e le 6 nel NCI English.

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Come si è detto nel capitolo precedente, una delle realizzazioni del turpiloquio è quella in riferimento all’ambito sessuale (Battistella, 2005: 71-72). Di tali termini il libro presenta innumerevoli attestazioni, ma a mio avviso quella più densa di significato è homo. Sul testo si trova nella frase “Who lookin’ at, homo?” che rendo con “Cazzo guardi, finocchio”. La scelta di una resa semantica più forte e colorita è stata dettata dal tentativo di compensare le forme elise tipiche dello slang americano in cui si registrano, tra gli altri, ricchi usi di

clippings, quali homo (Mattiello, 2008: 141-147). Il caso in questione è chiara

abbreviazione della voce homosexual ma assume un valore maggiormente dispregiativo e offensivo rispetto al suo significato etimologico. Pertanto lo inserisco come prima accezione all’interno dello spettro, facendolo seguire da voci sinonimiche con un’intensità più o meno crescente di offensiveness (alcune possiedono invece lo stesso grado) e per ciascuna riporto a seguire le peculiari sfumature semantiche:

Homo Pansy Fag/ Faggot Bender Bugger Gay Swish Queer Poof/Poofter

Partendo da homo, esso nasce come termine neutro in riferimento generico all’essere umano di cui si hanno prime attestazioni a partire dal 1500; oggi invece assume una connotazione prettamente denigratoria, almeno in area anglofona; il corrispettivo italiano sembra infatti avere un colore semantico più neutro, lo definisce la Treccani: “Si contrappone per lo più a etero- (per es., nelle coppie omogeneo/eterogeneo; omologo/eterologo; omosessuale/eterosessuale; ecc.).9

La voce gay ha un uso estensivo ormai a livello internazionale e registra un’alta frequenza anche nella lingua italiana; non ha una carica eccessivamente

9http://www.treccani.it/vocabolario/omo/.

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dispregiativa (anzi rientra nel politically correct) e la Treccani lo descrive come “termine non connotato negativamente, e quindi preferito in alcuni contesti”.10

Per questa ragione è presente in larga misura anche all’interno del romanzo. La prima accezione di pansy è in riferimento a una tipologia particolare di pianta dal colore viola (la pansé o viola del pensiero) a cui si associa, per estensione semantica, un uomo dai gusti e atteggiamenti effeminati, una femminuccia appunto, tale è uno dei suoi principali traducenti (Mattiello, 2008: 174 e 232). In entrambe le lingue è sentito come un po’ datato e, tra i vari termini riferibili a un omosessuale, rimane comunque tra qa1uelli un po’ meno offensivi. Con swish il grado di turpiloquio si eleva, per lo meno se adottato nell’area nordamericana; degno di nota infatti è l’uso singolare e antinomico del termine in contesto britannico in cui, così come attestato nell’Oxford Dictionary, ha valore aggettivale e si riferisce a un qualcosa di “impressively smart and fashionable”.11

Per quanto concerne Fag/faggot (con le relative varianti faggy/faggoty) siamo di fronte a dispregiativi tipici dello slang statunitense. Con un’alta frequenza d’uso e grande potenza denigratoria, trovano i loro diretti corrispettivi italiani in “checca”, “frocio”, “finocchio” o “ricchione” a seconda dello specifico contesto in cui sono inseriti. Nel romanzo, un’attestazione più particolare è quella in funzione di pseudo-suffissazione nel cognome del protagonista (Tom Henderson). Sbeffeggiato e bullizzato dai compagni di scuola, gli si attribuiscono nomignoli e il cognome è storpiato in fag” o

“Hender-fuck” che riformulo, anteponendo il riferimento volgare e riproponendo il

cognome per esteso con “Frocenderson” o “Merdenderson”.

In un’altra parte del romanzo invece traduco con “finocchio” nella frase “They prefer to say ‘pussy’ instead, and hit you…” (p. 8) “Preferiscono

10http://www.treccani.it/vocabolario/gay/.

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chiamarti “finocchio” piuttosto, e picchiarti...” Pur non avendo pussy il significato originario di uomo omosessuale, lo traduco col referente maschile “finocchio”, nonostante il primo traducente italiano riguardi propriamente i genitali femminili. Mantengo comunque il riferimento a una donna (almeno per gli atteggiamenti effeminati) e lo stesso grado di offensiveness. Per le stesse ragioni utilizzo invece il sinonimo “checca” in un altro punto del romanzo: “Soon after our match had began the usual chant of ‘pussy, pussy, pussy’” (p. 164) che rendo con “L’incontro era cominciato da poco e già tutti avevano preso a intonare ‘checca, checca, checca’”. In inglese “pussy” è attestato in 314,800 testi (English Web 2013, enTenTen13).

Offensivo e informale è queer, che però in italiano non trova una traduzione specifica, per cui son validi i suddetti traducenti già menzionati.

Bugger ha un uso estensivo in area britannica e presenta sfumature

semantiche legate alla sodomia tanto che viene utilizzato soprattutto come verbo, con accezione letterale nel significato di “sodomizzare” e quello più metaforico, con carica notevolmente derogatoria (infinocchiare, inculare). Per questa ragione lo colloco nel polo più esterno dello spettro.

Le due accezioni rimanenti, bender e poof/poofter sono infine molto più usuali in area britannica: bender in particolar modo identifica “Someone who is bent, that is, not straight”.12 Se si analizzano le ragioni etimologiche dal verbo

to bend, piegarsi, è un termine molto evocativo e figurativo nella sua accezione

denigratoria. Anche poof/poofter è informale ma, a dispetto dei sinonimi visti fino a ora, le sue attestazioni nei vari dizionari (Oxford, Merriam-Webester, Cambridge e Urban Dictionaries) non presentano una sfumatura semantica altrettanto peculiare; è denigratorio ma generico e con un peso semantico poco consistente.

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Da quest’analisi consegue che la voce presenta una gamma di sinonimi più ampia in inglese che in italiano. Lascio aperto il dibattito se sia pura casualità o sia legato a un discorso più profondo relativo a tabù sociali e religiose in Italia.

Due considerazioni conclusive: la prima riguarda l’attestazione dei termini all’interno del corpus English Web 2013 (enTenTen13) che riporto di seguito. Specifico che l’affidabilità dei dati è relativa a causa dell’elevato rumore interno, nonché delle numerose valenze sinonimiche che alcuni termini presentano nei vari contesti. Consapevole di non poter analizzare nel dettaglio ciascuno di questi per ragioni di spazio e di tempo, mi limito in questa sede a riportare i dati in tabella:

Homo Gay Pansy Swish Fag/Faggot Queer Bender Poof/Poofter Bugger

38,433 814,159 14,262 26,146 18,822/9,094 73,398 31,123 14,739/438 31,188

Una seconda e ultima considerazione si basa invece sull’analisi comparata dell’occorrenza dei vari vocaboli all’interno di Google Books Ngram. Dal grafico che segue si può facilmente evincere come, a partire dagli anni ’90 e fino al 2008,13 si registri una prima impennata delle frequenze d’uso di gay

soprattutto intorno al 1998 e una successiva stabilizzazione negli anni successivi. Caso singolare è il comportamento dei suoi sinonimi che invece riportano minime se non quasi inesistenti attestazioni lungo tutto l’asse diacronico; questo alla luce di una crescente accettabilità di gay rispetto agli altri termini prevalentemente per ragioni di contesti d’uso, grado di maggiore informalità,

censorship e political correctness:

13 Google Ngram Viewer (o Google Books Ngram Viewer) utilizza un conteggio annuale di

n-grammi ricercati in varie fonti stampate dal 1500 al 2008. È da poco disponibile una versione più recente del 2009.

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Non esiste termine ingiurioso più usato e abusato del comune fuck. Nelle molteplici varianti morfologiche e nelle distinte funzioni grammaticali infatti l’English Web 2013 (enTenTen13) registra ben 871,365 attestazioni. L’italiano conserva tuttavia una sua geospecificità legata alla variazione diatopica, ovvero a un puro fattore regionale, che inevitabilmente si perde in inglese. Si pensi ad esempio alle varianti locali dei due termini diffamatori “minchia” e “figa”, di uguale forza espressiva ma riferenti agli organi genitali rispettivamente femminili nella variante settentrionale e maschili in quella meridionale.

Il diretto traducente italiano di fuck rimane usualmente “cazzo”, che si ritrova in espressioni di alta informalità presenti anche nel romanzo; riporto a seguire i due esempi più significativi:

“But I gotta say, her giggling like that in response to my powerful vocabulary, THC-enhanced and sarcastic or not, was pretty fucking charming” (p. 71).

“Ma mi tocca dirlo, quella sua risatina in risposta al mio ricco vocabolario, con quel tocco di THC, sarcasmo o meno era deliziosa, cazzo”.

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Il termine nell’originale è utilizzato in maniera molto comune con funzione avverbiale; l’italiano lo utilizza con una diversa funzione grammaticale, ovvero nominalizzandolo. Trasponendo “cazzo” e collocandolo in posizione di

end-focus si mantiene la stessa intensità e naturalezza e un simile grado di informalità

ed espressività anche nel target text.

Uno studio interessante a riguardo è quello nel saggio “Usi del turpiloquio nella traduzione filmica” di Pavesi e Malinverno (2000: 85) in cui si analizza il caso specifico di fucking e il modo in cui si colora di connotazioni negative o positive in base alle funzioni grammaticali, gli scopi e i significati che assume di volta in volta nei determinati contesti. Anche Paola Nobili nel saggio “Indignazione e satira nel film Lenny” trova che l’espressione triviale, con i suoi derivati e composti, sia altrettanto forte in italiano per “l’interdipendenza fra i suoi tratti fonologici e semantici” (2007: 19). Ritiene che questo turpiloquio possa essere valutato in un crescendo di minore o maggiore intensità e non necessariamente con significato osceno ma anche con funzione catartica o semplicemente umoristica e dissacratoria (2007: 20).

Un altro uso ad alta frequenza di fuck in contesto colloquiale (contesto in cui il controllo di offensiveness è minimo) è l’espressione “what the fuck?”, che riporto dal testo a p. 235:

“I gave her that look that said: ‘the fuck?’ (…) ’The fuck?’ I said, out loud I think, standing up”.

“Il mio sguardo pareva dirle: ‘che cazzo?’ (…) ’Che cazzo?’ Avevo detto, ad alta voce credo, alzandomi in piedi”.

Per quanto appartenente a un contesto gergale basso, in entrambe le lingue è una locuzione usata (e abusata) in contesti giovanili.

Un dato singolare emerso dall’analisi contrastiva sui corpora English Web 2013 (enTenTen13) e Italian Web 2010 (itTenTen) è un uso estensivo dell’espressione nell’inglese parlato, con le sue 18,670 attestazioni, contro le “sole” 2,524 in quello italiano. Dato a mio avviso tanto significativo da aprire

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LXXXIII

un possibile dibattito sulle diverse politiche di censorship nelle produzioni orali e scritte dei paesi anglofoni e italofoni.

Un ultimo termine appartenente all’area semantica del turpiloquio, comune e degno di nota è ass. L’Oxford Dictionary lo definisce: “(informal) Behave in a way that makes one look foolish or stupid”, con l’estensione semantica dell’accezione nello slang nordamericano “A person’s buttocks or anus”, “Women regarded as a source of sexual gratification”.

La mobilità della sua funzione grammaticale permette un impiego eclettico come verbo, nome e aggettivo in base al contesto. Nel romanzo è presente in tre esempi significativi:

1. “I still felt like a big ass saying it, though” p. 69 > “Ma mi sentivo comunque un gran coglione nel dirla”;

2. “The fourth time I tried Deanna Schumacher’s number, the answering machine message had been changed to ‘Look, asshole, I screen, so…’” p. 211 > “Al quarto tentativo di chiamare Deanna Schumacher, il messaggio della segreteria era cambiato in ‘Senti cazzone, lo vedo dal display, quindi…’”

“…’don’t be an hole’.” […] “He was just advising me not to be an

a-hole’” p. 261 > “’Non fare il co-one”. […] “’Mi stava solamente avvisando

di non fare il co-one’”. Interessanti nel testo i tentativi di autocensura dei personaggi;

3. “’Thanks for hanging up on me, ass’” p. 258 > “Grazie per avermi attaccato il telefono, stronzo”.

Esistono vari traducenti del termine in italiano, dal referente letterale (pur sempre volgare) “culo”, a termini con diversa estensione semantica più bassi e dispregiativi quali “coglione”, “stronzo”. Nel primo caso mantengo pressappoco

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LXXXIV

una traduzione letterale, nel secondo la difficoltà principale è stata mantenersi fedele all’intenzione dell’autore, ovvero proporre il turpiloquio però in maniera “epurata”. Elido parte del termine con il risultato di asshole, come forma di autocensura, dato che a pronunciare l’espressione è il sig. Teone, il diabolico professore di Tom Henderson. Nel terzo caso invece propongo la variante derogatoria “stronzo”, con riferimento all’ambito delle deiezioni piuttosto che a quello sessuale, in quanto la scena sta descrivendo una conversazione giovanile in cui la ragazza di Tom lo rimprovera per avergli attaccato il telefono in faccia. I toni sono colloquiali dunque “stronzo” suona naturale all’orecchio di un teenager italiano.

English Web 2013 (enTenTen13) registra un numero di occorrenze del termine pari al 580,234. A titolo esemplificativo riporto le combinazioni più frequenti all’interno del corpus: “God, what an ~”, “they’re pretty bad ~” e “a real pain in the ~”, tutti utilizzati con funzione invettiva. Tra le varianti combinatorie di ass si registrano composti comunissimi nello slang americano con le relative attestazioni. Le riporto di seguito:

bad-ass ass-kisser ass-head ass-backwards ass-licker

30,487 58 52 45 29

Come analisi conclusiva, inserisco il prospetto diacronico del termine, visionato attraverso il programma Google Books Ngram Viewer, che registra un aumento considerevole della sua frequenza d’uso significativamente nei picchi 2002-2004-2008:

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