CAPITOLO IV
Materiali e Metodi
Studio osservazionale di coorte prospettico, della durata di circa 40 mesi, eseguito presso la II
Clinica Ortopedica Universitaria di Pisa, con funzione di valutazione clinico strumentale dei pazienti
sottoposti ad intervento chirurgico di artroprotesi totale d’anca.
Questa tesi descrive i risultati ottenuti dall’analisi degli effetti correlati al design di un tipo di protesi
tra quelle utilizzate all’interno della II Clinica Ortopedica.
4.1 Scopo dello studio
Lo scopo di questo studio è stato di valutare l’outcome della protesi totale d’anca Acuta®Agilis®
(Adler®) ed in particolare gli effetti sulla densità ossea periprotesica nelle aree di Gruen a livello
femorale e nelle aree di DeLee-Charnley a livello cotiloideo, in modo da definire il trend che il design
di questo impianto determina sul riassorbimento osseo. Tale valutazione può predire la longevità e
la stabilità dell'impianto a lungo termine. A tale scopo i pazienti sono stati valutati con un follow-up,
oltre che clinico e radiografico, anche densitometrico, al fine di associare un eventuale
riassorbimento osseo periprotesico ad un’alterazione di carichi assiali dovuti al nuovo impianto. Ciò
perché il successo a lungo termine di un impianto protesico è frutto di delicati meccanismi che si
creano tra osso e protesi. Infatti l'impianto protesico altera sempre la biomeccanica e la fisiologica trasmissione dei carichi a livello articolare con conseguente adattamento dell'osso, il quale è
sottoposto ad una perdita intraoperatoria acuta ed una cronica quale adattamento morfostrutturale
alla nuova biomeccanica. Quindi il riassorbimento osseo periprotesico che si realizza a medio –
lungo termine dopo l'impianto della protesi totale dell'anca, rappresenta l'evento che ne condiziona
4.2 Selezione dei pazienti
Presso la II Clinica Ortopedica dell'Università degli studi di Pisa, dal Gennaio 2013 al Giugno 2014
sono stati eseguiti 316 interventi di protesi totale d'anca.
Dall'analisi dei dati emerge che in media i pazienti si sottopongono a questo intervento ad un'età di
circa 70 anni, il paziente più giovane ha 20 anni, mentre il più anziano ha 94 anni.
Del totale dei pazienti, 194 sono di sesso femminile (61%) e 122 sono di sesso maschile (39%).
L’impianto Acuta®-Agilis® (Adler®) è stato utilizzato in 73 pazienti di cui 42 di sesso maschile e 31
di sesso femminile. L’età media di questi pazienti al momento dell’intervento è di 65 anni con un minimo di 40 anni ed un massimo di 80.
In 58 casi si trattava di artrosi primitiva, in 7 casi, di necrosi asettica della testa femorale, 3 erano
esiti di displasia congenita dell’anca, 2 erano casi di artrosi-post traumatica, 2 casi su frattura ed un
caso era rappresentato da esiti di frattura a seguito di cut-out di chiodo endomidollare.
All’interno dello studio sono stati arruolati quei pazienti, con impianto Acuta®-Agilis® (Adler®)
operati nel suddetto periodo, che hanno completato il follow up a 40 mesi; questi erano in 31 (18
uomini e 13 donne) e presentavano al momento dell’intervento un’età media di 62 anni, in un range
compreso tra 40 e 78 anni.
I pazienti sottoposti ad intervento chirurgico con una diagnosi iniziale di coxartrosi primitiva erano
25, in 3 presentavano necrosi avascolare della testa del femore (di cui 1 paziente ha eseguito
l'intervento bilateralmente a distanza di 1 anno l'uno dall'altro), e 3 casi presentavano una diagnosi
iniziale di esiti di displasia congenita.
4.3 Metodo e tempi di valutazione
Tutti i pazienti sono stati operati con la stessa tecnica operatoria secondo la via di accesso
postero-laterale di Gibson Moore.
La valutazione preoperatoria è stata effettuata con studio radiografico dell’anca ed una valutazione
clinica con l'ausilio della scheda Harris Hip Score (HHS) per definire il grado di coxalgia e limitazione
La scelta dell’impianto Acuta®-Agilis® (Adler®) è stata determinata dal riscontro radiografico preoperatorio di una morfologia del femore cosiddetta a “calice di champagne” con un ISF (indice di
svasatura femorale) maggiore di 4.7 e dunque con un canale diafisario piuttosto ristretto rispetto alla
larghezza endostale dellʼepifisi prossimale.
La scheda HHS (Figura 27), attraverso un sistema di punteggi che è basato su un totale di 100 punti,
prevede la valutazione di quatto parametri, ciascuno dei quali ha un relativo punteggio: • dolore (44
punti); • Funzionalità (47 punti); • Range articolare (5 punti);
• Deformità (4 punti) per un totale di 100 punti.
Figura 1: Harris Hip Score
Il dolore e la capacità funzionale sono i parametri che più incidono sul punteggio finale, infatti sono
tra i principali motivi per cui un paziente si sottopone all'intervento e sono tra i fattori che creano più
aspettativa sul risultato dell'operazione. Più raramente i motivi che portano all'intervento sono il range articolare ROM (range of motion) e le deformità, per questo hanno un punteggio totale minore
rispetto agli altri due parametri.
L'analisi della funzionalità dell'articolazione è stata suddivisa in attività quotidiane (14 punti massimi)
valutazione, sono stati infatti individuati tre parametri diversi che contribuiscono al risultato finale: l'utilizzo o meno di ausili alla deambulazione, la presenza o meno di zoppia e la distanza massima
di cammino. Il range articolare è importante solo se influenza la funzionalità, per questo in questa
scheda ha un punteggio massimo basso. I movimenti valutati sono: la flessione, l'abduzione, la
rotazione esterna, la rotazione interna, l'adduzione. Non tutti i movimenti hanno la stessa
importanza, per esempio i primi 45° di flessione sono più importanti dei movimenti che si collocano
tra i 90° fino ai 130°. Infine è valutata la deformità, ognuna delle seguenti costituisce una deformità
significativa: una contrattura in flessione permanente superiore a 30°, adduzione fissa di più di 10°,
rotazione interna fissa maggiore di 10° o una dismetria maggiore di 3,2 cm tra i due arti inferiori [56].
La valutazione del BMD è stata eseguita mediante utilizzo di DEXA Hologic Explorer con sistema
“Metal Removal”, analizzando, come approvato in tutta la letteratura, le 7 aree di Gruen per lo studio
dello stelo e le 3 aree di DeLee-Charnley per lo studio della componente acetabolare. Ciascun
paziente arruolato nello studio ha, infatti, eseguito controlli densitometrici secondo il seguente
schema:
T1: a circa 30 mesi dall’impianto;
T2: a circa 40 mesi dall’impianto. In tale occasione è stata inoltre effettuata valutazione
densitometrica dell’anca controlaterale (T controlaterale) per valutare il BMD da utilizzare
come confronto della situazione basale.
Inoltre follow-up radiografici e clinici postoperatori sono stati eseguiti, come di consueto, a 1 mese,
a 3 mesi, a 6 mesi, ad un anno ed a due anni dall’intervento.
La valutazione clinica postoperatoria con compilazione di schede HHS è stata effettuata assieme
alla valutazione densitometrica (T1-T2).
Durante tutto il follow-up sono state annotate le complicanze ed esclusi i pazienti che hanno
4.4 Risultati
Dopo il follow-up medio di 40 mesi con un massimo di 46 mesi ed un minimo di 31, abbiamo potuto
dimostrare i seguenti risultati:
Nessun paziente ha subito reimpianto chirurgico; Non si sono verificate lussazioni di protesi;
E’ stato riscontrato 1 caso di infezione dei tessuti molli soprafasciali trattati con toilette chirurgica e terapia antibiotica mirata;
1 caso ha presentato calcificazioni visibili radiograficamente ma clinicamente non rilevanti; Nella maggioranza dei casi nei controlli post-operatori sono stati ottenuti risultati
soddisfacenti con scarsa o assente sintomatologia oggettivata da un HHS medio superiore
a 92 punti; l’HHS, infatti, è aumentato da 92.6 punti al T1 a 93.3 punti al T2;
La dismetria degli arti, misurata nel post operatorio con una radiografia in antero-posteriore del bacino in ortostasi, è risultata nella maggior parte dei casi inferiore al mezzo centimetro
(0,3 cm di media); in 8 casi la dismetria è stata maggiore di 0,5 centimetri ma comunque
inferiore al centimetro ed in un caso superiore al centimetro con minus di 1,6 centimetri dal
lato operato; da precisare che si trattava di un’anca displasica con una dismetria nel
preoperatorio di 2,4 cm.
Radiograficamente non sono state evidenziate alterazioni come mobilizzazioni o strie di radiolucenza sullo stello; tuttavia si segnalano 4 casi (13%) in cui, a livello della zona di
contatto tra il calcar e la svasatura prossimale dello stelo per l’invaso del colletto protesico,
a distanza di circa un anno dall’intervento, si è creata una sottilissima stria di radiolucenza
con sclerosi marginale probabilmente legata all’assenza di rivestimento poroso in tale
regione; infatti, in questa porzione la protesi è liscia e non permette dunque che si realizzino
i fenomeni di ingrouth e ongrowth relativi alla stabilità secondaria.
All’analisi DEXA, le variazioni del BMD nelle 7 aree di Gruen nel periodo T1-T2 hanno evidenziato un decremento esclusivamente nella zona laterale-superiore (R2) con valore
dell’1.2%, un aumento importante in R3 ed R7, un modesto aumento in R4, R5 e R6 ed un valore costante in R1; rispetto al controllo del femore controlaterale si è evidenziato un
decremento del BMD in particolar modo a livello di R7 e R4 (Tabella 3, Figura 28). Nel dettaglio:
R1 è rimasto costante nell’arco del periodo T1-T2 ad una valore di BMD di 0,99 g/cm2;
nel femore controlaterale invece il valore medio è stato di 0.98g/cm2.
R2 ha mostrato un modesto calo del BMD da 1,80 g/cm2 a 1,78 g/cm2 tra il controllo
al T1 e quello al T2; 1,82 g/cm2 è stato il valore rilevato nel femore controlaterale.
R3 ha mostrato un trend in crescita da 2.08 g/cm2 al T1 a 2.14 g/cm2 al T2; nel femore
controlaterale il valore è stato di 2.04 g/cm2.
R4 ha, anch’esso, mostrato un costante trend in crescita tra T1 e T2, passando da
un valore di 1,89 g/cm2 a 1,90 g/cm2; valori comunque inferiori rispetto al femore
controlaterale dove il valore medio rilevato è stato di 2.02 g/cm2.
R5 ha mostrato un aumento lineare del BMD tra 2.04 g/cm2 al T1 e 2.07 g/cm2 al T2.
Nel femore controlaterale il valore medio è stato di 2.02 g/cm2.
R6 ha mostrato un aumento costante e lineare del BMD tra 1,65 g/cm2 al T1 a 1,69
g/cm2 al T 36; 1.76 g/cm2 è stato il valore ottenuto controlateralmente.
R7 invece ha mostrato un trend in crescita dal T1 al T2 passando da un valore di 1,15
g/cm2 a 1.22 g/cm2, valori comunque inferiori rispetto al BMD di 1.36 g/cm2 del femore
controlaterale.
T1 T2 T Controlat
Media DS Media DS Media DS
R1 Trocantere 0,99 0,24 0,99 0,24 0,98 0,20 R2 Lat Sup 1,80 0,45 1,78 0,44 1,82 0,27 R3 Lat Inf 2,08 0,35 2,14 0,32 2,04 0,25 R4 Apice 1,89 0,31 1,90 0,30 2,02 0,25 R5 Med Inf 2,04 0,35 2,07 0,31 2,02 0,36 R6 Med Sup 1,65 0,39 1,69 0,40 1,76 0,29 R7 Calcar 1,15 0,31 1,22 0,35 1,36 0,22
Tabella 1: medie dei valori ai controlli densitometrici a T1, T2,Tcontrolaterale e relativa deviazione standard (DS) nelle Aree di Gruen.
Figura 2: Risultati delle 7 aree di Gruen di un nostro paziente
Secondo l’analisi statistica condotta mediante Test U di Mann-Whitney a campioni
indipendenti (Tabella 4), confrontando di dati ottenuti nelle diverse aree di Gruen al T2 e nel
femore controlaterale (T Controlaterale), i risultati non si sono dimostrati statisticamente
significativi (0.27>p>0.9); questo sta a significare che le differenze che si sono ottenute dal
confronto dei risultati sono da imputare al caso e che proiettando le medie su un maggior
numero di casi le differenze tenderebbero a diminuire o ad annullarsi.
Aree di Gruen T1-Tcontrolat P R1 0.90 R2 0.27 R3 0.72 R4 0.38 R5 0.70 R6 0.72 R7 0.46
Tabella 2: Risultati secondo test U di Mann-Whitney per confrontare medie dei valori delle Aree di Gruen in T2 e Tcontrolaterale
0,70 0,75 0,80 0,85 0,90 0,95 1,00 T1 T2 T Controlat BM D (g /c m 2)
R1 Trocantere
1,55 1,60 1,65 1,70 1,75 1,80 1,85 T1 T2 T Controlat BM D (g /c m 2)R2 Lat Sup
1,90 1,95 2,00 2,05 2,10 2,15 2,20 T1 T2 T Controlat BM D (g /c m 2)R3 Lat Inf
1,75 1,80 1,85 1,90 1,95 2,00 2,05 T1 T2 T Controlat BM D (g /c m 2)
R4 Apice
1,80 1,85 1,90 1,95 2,00 2,05 2,10 T1 T2 T Controlat BM D (g /c m 2)R5 Med Inf
All'analisi DEXA, gli indici del BMD delle 3 aree di DeLee-Charnley hanno evidenziato mediamente i seguenti risultati (Tabella 5, Figura 29):
Nella zona periferica laterale R1 ha mostrato un decremento da 1,70 g/cm2 a 1.23
g/cm2 nel periodo T1-T2; 1,07 g/cm2è stato il valore medio ottenuto a livello
dell’acetabolo controlaterale.
Nella zona centrale R2 è passato da un valore di 1,59 g/cm2 al T1 ad un valore di
1,14 g/cm2 al T2; nel cotile controlaterale ha mostrato un valore di 1,13 g/cm2.
Nella zona periferica mediale R3 ha mostrato un calo del BMD da 1,74 g/cm2 a 1,59g/cm2nel periodo T1-T2; 1.47 g/cm2 è il valore ottenuto a livello controlaterale. 1,50 1,55 1,60 1,65 1,70 1,75 1,80 T1 T2 T Controlat BM D (g /c m 2)
R6 Med Sup
1,10 1,15 1,20 1,25 1,30 1,35 1,40 T1 T2 T Controlat BM D (g /c m 2)R7 Calcar
T1 T2 T Controlat
Media DS Media DS. Media DS
R1 Lat Sup 1,70 0,61 1,23 0,32 1,07 0,35
R2 Med Sup 1,59 0,45 1,14 (*) 0,41(*) 1,13(*) 0,34(*)
R3 Med Inf 1,74 0,35 1,59(*) 0,42(*) 1,47(*) 0,36(*)
Tabella 3: medie dei valori ai controlli densitometrici a T1, T2, Tcontrolaterale e relativa deviazione standard (DS) nelle
Aree di De Lee-Charnley. (*) = cambiamenti significativi tra T2 e Tcontrolaterale (p<0,05)
Figura 3: Risultati Dexa nelle 3 aree di DeLee-Charnley di un nostro paziente.
Anche a livello acetabolare i valori ottenuti sono stati analizzati mediante il test U di
Mann-Whitney a campioni indipendenti (Tabella 5 e Tabella 6) ed i risultati si sono dimostrati
significativi statisticamente nelle regioni R2 e R3 al T2 e al Tcontrolaterale (p<0,05). Risulta
inoltre evidente che, proiettando le medie su un maggior numero di casi, la significatività
statistica tende ad aumentare.
Il fatto che nelle aree di DeLee-Charnley si siano ottenuti valori di BMD più elevati al T1
rispetto ai valori ottenuti al T2 e che questi ultimi siano più simili a quelli del T controlaterale
è probabilmente dovuto alla reazione dell’osso a seguito dell’alesatura del fondo del cotile e
del successivo impatto della spongiosa nel momento dell’impianto della coppa acetabolare;
infatti la struttura ossea di tipo spongioso a livello cotiloideo risente maggiormente del
press-fit reagendo con un’iniziale aumento di densità, in quanto stimolata, per poi normalizzarsi, a
Aree di DeLee Charnley T1-Tcontrolat P R1 0.08 R2 0.02 R3 0.02
Tabella 4: Risultati secondo test U di Mann-Whitney per confrontare medie dei valori nelle Aree di DeLee-Chernley in T2 e Tcontrolaterale
I risultati per area nelle zone di DeLee-Charnley sono descritti nei seguenti grafici:
1,00 1,10 1,20 1,30 1,40 1,50 1,60 1,70 1,80 T1 T2 T Controlat BM D (g /c m 2)
R1 Lat Sup
I risultati del BMD nelle varie aree di Gruen sono stati successivamente correlati con due fattori che posso influenzarne la variazione: l’età ed il sesso.
I pazienti sono stati dunque suddivisi in 4 fasce di età:
Gruppo A (< 45 anni) Gruppo B (45-59 anni) Gruppo C (60-74 anni) Gruppo D (>75 anni). 1,00 1,10 1,20 1,30 1,40 1,50 1,60 1,70 T1 T2 T Controlat BM D (g /c m 2)
R2 Med Sup
1,00 1,10 1,20 1,30 1,40 1,50 1,60 1,70 1,80 T1 T2 T Controlat BM D (g /c m 2)R3 Med Inf
Valori più elevati di BMD nelle diverse aree di Gruen (Grafico1) si sono ottenuti nei pazienti appartenenti al gruppo A e B, mentre i gruppi C e D hanno mostrato valori inferiori e simili al
T2 ma differenti se confrontati con l’arto controlaterale. Se prendiamo in considerazione in
particolare i pazienti del gruppo D dove si osserva che il BMD del femore controlaterale è
maggiore rispetto a quello del femore operato, possiamo dire che abbiamo una migliore
reattività in termini di BMD nell’osso protesizzato fino ai 75 anni.
Grafico 1: correlazione BMD /età
Si è visto inoltre come l’età possa contribuire alla variazione del BMD in particolare a livello
delle aree R1, R2 ed R7 di Gruen ma non a livello delle altre aree.
Per quanto riguarda invece le differenze di genere (uomo/donna) si è osservato che valori
più elevati di BMD si sono ottenuti nei pazienti di sesso maschile (Grafico 2) e si è visto come il sesso possa contribuire alla variazione del BMD in particolare a livello delle aree R3, R4
ed R5 di Gruen ma non a livello delle altre aree.
1,20 1,40 1,60 1,80 2,00 2,20 2,40 T1 T2 T Controlat Va lo re m ed io B M D (g /c m 2)
BMD Gruen/Età
Grafico 2: correlazione BMD/sesso
Andando infine ad analizzare i dati correlando i valori del BMD e il punteggio HHS al controllo finale (T2), abbiamo osservato che i pazienti che hanno presentato un migliore outcome
clinico hanno dei valori medi di BMD nelle aree di Gruen superiori rispetto a quei pazienti che
hanno ottenuto un punteggio basso dell’HHS (Grafico3).
Grafico 3: Correlazione BMD/HHS
4.5 Discussione
L'esperienza maturata dalla II Clinica Ortopedica dell'Università di Pisa con l’impianto
ACUTA-AGILIS® (Adler®) ha dimostrato che si tratta di una valida alternativa negli interventi di atroplastica
1,2 1,3 1,4 1,5 1,6 1,7 1,8 1,9 2 T1 T2 T Controlat Va lo re m ed io B M D (g /c m 2)
BMD Gruen/Sesso
Donne Uomini 1,20 1,30 1,40 1,50 1,60 1,70 1,80 1,90 2,00 Gruen T1 Gruen T2 Va lo re m ed io B M D (g /c m 2)BMD Gruen/HHS
primaria di anca e che riconosce quindi un’indicazione ben più ampia rispetto a quella per cui era stato progettato originariamente questo tipo di stelo (ovverosia per il trattamento soprattutto di anche
displasiche), sebbene ci si debba limitare a femori particolarmente dritti e a ”calice di champagne” e
cioè con un alto rapporto fra la larghezza endostale dellʼepifisi prossimale di femore e quella del
canale diafisario (ISF> di 4,5).
Rispetto ad altre esperienze, come quella di Brodner et al. che hanno preso in considerazione i
risultati a cinque anni di 100 pazienti sottoposti ad artroplastica totale d’anca non cementata, l'età
massima dei nostri pazienti risulta più alta (63 anni contro 60). Questo introduce l’importante
correlazione tra l’età e la qualità ossea. Una buona qualità ossea è, infatti, fondamentale per il
successo dell'intervento e la stabilità secondaria; l'osteointegrazione dipende anche da una
sufficiente fissazione primaria che è impossibile raggiungere in assenza di buon bone stock. Come
nel nostro studio Brodner et al. hanno potuto constatare come l’età incida sul BMD periprotesico con
una relazione inversamente proporzionale, come nel sesso maschile si possano ottenere valori più
elevati di BMD ed infine come il BMD possa essere correlato all’outcome clinico [72].
I nostri pazienti hanno recuperato una buona articolarità, in particolare durante tutto il follow-up (in
media 40 mesi), hanno mostrato quasi tutti una scarsa o nulla sintomatologia clinica (HHS medio
maggiore di 92,9 punti) ed assenza, fatta eccezione per 1 caso, di dolore di coscia, complicanza
che, se pur nella maggior parte dei casi transitoria, è presente quando vengono utilizzati steli
standard non cementati.
Riteniamo che questi risultati incoraggianti siano da imputare soprattutto al materiale con cui è
costituita la protesi, il titanio. Le leghe più utilizzate per il design degli steli femorali non cementati
sono la lega cobalto-cromo-molibdeno e la lega titanio-alluminio-vanadio. L'elasticità delle leghe al titanio è più vicina a quella dell'osso rispetto alle leghe cobalto-cromo; teoricamente questo dovrebbe
produrre meno dolore alla coscia e meno stress shielding; inoltre il cromo-cobalto è noto essere
citotossico e molti lo considerano un potenziale agente cancerogeno.
Confrontando questo risultato con la letteratura internazionale, se ci basiamo sul risultato della
abbiamo ottenuto un risultato migliore. Infatti Zhang et al. riportano un HHS medio al follow up finale a 4 anni di 85 punti, valore inferiore rispetto al nostro risultato (HHS medio maggiore di 92) [73].
La maggior parte dei pazienti (67%) mostra una dismetria inferiore al mezzo centimetro. Questo
risultato è dovuto soprattutto alla modularità del collo, che permette al chirurgo di adattare il più
possibile l'impianto al paziente. La maggior parte delle protesi sono state impiantate con un collo
standard (con un angolo di 135° e una antiretro-versione di 0°). A nostro modo di vedere il corretto
planning operatorio e quindi un corretto livello dell'osteotomia sono fondamentali.
Dal punto di vista radiografico durante il nostro follow-up le componenti femorali e acetabolari hanno
mostrato nel complesso un’ottima osteointegrazione; tuttavia in 4 pazienti (13%) sono state
riscontrate strie di radiolucenza a livello dell’area 7 di Gruen in corrispondenza della svasatura
prossimale dello stelo per l’invaso del colletto protesico, che non hanno influito assolutamente sul
risultato clinico e che, in ogni caso, si sono mantenute stabili e senza andamento progressivo.
Questo risultato è in linea con la letteratura internazionale, infatti anche Parry et al., durante il follow
up a 2 anni di 51 steli conici, non hanno riscontrato segni di mobilizzazione, fatta eccezione per
quattro componenti femorali (8%) con strie di radiolucenza a livello delle aree 1 e 7 di Gruen [74].
Come complicanze dobbiamo registrare, oltre ad un caso di dismetria di 1,6 centimetri in un
paziente displasico con un minus di 2,4 centimetri nelle radiografie preoperatorie e che comunque
non compromette il funzionamento dell'impianto, 1 caso di infezione soprafasciale risolta con toilette
chirurgica e ciclo di terapia antibiotica mirata.
In questa specifica protesi è fondamentale raggiungere il contatto tra la superficie distale della
protesi e la corticale femorale. Occorre, infatti, ottenere l'adattamento della protesi senza però
intaccare la sua integrità morfologica e morfometrica.
E' importate quindi pianificare bene durante la fase preoperatoria tutti questi passaggi chiave.
Lo stelo ACUTA(Adler®), a nostro avviso, rappresenta una valida alternativa nei pazienti
“selezionati" e la valutazione DEXA viene descritta ad oggi come lo strumento più affidabile con cui
valutare il rimodellamento osseo dopo intervento di sostituzione totale dell’anca (utilizzando design
di steli differenti) e l'analisi delle 7 zone periprotesiche di Gruen è il protocollo più comunemente
Non bisogna dimenticare comunque che, nei casi di mobilizzazione asettica dello stelo protesico, lo stress shielding viene descritto come il maggior responsabile e che tale evento dipende strettamente
dal tipo di mezzo di fissazione, dal design protesico, dai materiali usati, dai rivestimenti, dalla tecnica
e dai fattori intrinseci del paziente.
Il nostro studio, infatti, evidenzia che questo tipo di stelo non cementato garantisce anche dopo un
follow-up a 30 e 40 mesi, una sicurezza in termini di riassorbimento osseo periprotesico così come
registrano le casistiche internazionali di follow-up a lungo termine.
Dopo valutazioni cliniche seriate, Rx ripetute e DEXA, abbiamo potuto verificare un trend
sostanzialmente positivo nel rimodellamento osseo in tutte le aree di Gruen ad accezione della zona
R7 ed R4 di Gruen che però non si è dimostrato statisticamente significativo e che comunque verrà
seguito nel tempo. Da segnalare comunque che nessun paziente ha mai lamentato dolore in tale
regione.
Prendendo in considerazione infine le tre aree di Delee-Charnley, in tutte le tre zone, si è evidenziato
un rimodellamento con una più «fisiologica» omogeneizzazione della trabecolatura ossea, associata
alla riduzione della sclerosi preesistente.
4.6 Conclusioni
La nostra esperienza con questa protesi ha dato risultati in linea con la letteratura nazionale ed
internazionale.
La protesi ACUTA-AGILIS (Adler®) è una sintesi delle acquisizioni nel campo dell'ingegneria
biomedica e della tribologia, ma l'evoluzione tecnologica e scientifica in questo campo non si è
arrestata e continua a produrre nuovi rivestimenti e design protesici.
A nostro avviso l'utilizzo di questi impianti va riservato a chirurghi esperti che sappiano selezionare
correttamente i pazienti, che siano in grado di eseguire un corretto planning e sappiano prevenire e
trattare le eventuali complicanze.
Comunque, visti i risultati ottenuti nel nostro studio che coincidono con quelli della letteratura per
basso tasso di complicanze intra e post-operatorie, è possibile concludere che, con le corrette indicazioni rappresentate principalmente dalle caratteristiche morfologiche del femore, l’impianto
ACUTA AGILIS Adler® risulta un impianto stabile, sicuro e con un buon pattern di rimodellamento
osseo periprotesico, assicura buoni risultati a lungo termine e prospetta una discreta longevità della