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Capitolo 1: Inquadramento Regionale
1.1 La Piana Campana
L’area vulcanica dei Campi Flegrei si colloca nel settore meridionale della Catena Appenninica, nella Piana Campana, margine occidentale dell’Appennino.
Figura 1.1 Schema strutturale del margine tirrenico dell’Italia centro–meridionale con i distretti vulcanici
plio-quaternari (da Acocella et al., 1999).
La Piana Campana è una depressione tettonica formatasi durante il Plio-Pleistocene limitata a NO, NE e SE da piattaforme carbonatiche mesozoiche e a SO dalla costa Tirrenica. Lo sprofondamento massimo della piattaforma carbonatica è di
4 circa 5 km (Ippolito et al., 1973). Il graben è delimitato a Nord dai rilevi carbonatici del Monte Massico e a sud dal monti Lattari ed è interrotto da un alto strutturale con direzione ENE-OSO in corrispondenza della caldera dei Campi Flegrei e delle isole di Ischia e Procida (Carrara et al., 1973; Rapolla et al., 1989). Questa depressione è colmata da depositi quaternari di origine vulcanica costituiti sia da lave basaltiche e andesitiche che da tufi andesitici e da piroclastiti ai quali sono intercalati depositi clastici di ambiente marino e di ambiente transazionale e/o continentale (Ortolani F. & Aprile F., 1978).
Figura 1.2 Schema geologico – strutturale della Piana Campana (da Orsi et al., 1996).
Scandone (1979) collega l’origine della Piana Campana ai complessi eventi tettonici che hanno accompagnato l’apertura del Mar Tirreno e la rotazione antioraria della penisola Italiana col conseguente allungamento ed assottigliamento del proprio
5 margine occidentale. Questi eventi hanno portato ad una risalita regionale del mantello e causato un’intensa fase di vulcanismo (principalmente potassico), sulla crosta continentale assottigliata lungo il bordo peri-Tirrenico.
Dati sismici a riflessione hanno messo in evidenza che sia il basamento carbonatico che la sovrastante successione sedimentaria e vulcanica sono tagliati da faglie oblique a direzione NO-SE/NNO-SSE, da faglie normali a direzione E-O/ONO-ESE e da faglie orientate NE-SO (Bruno et al., 1998).
Nella Piana Campana le principali aree vulcaniche quaternarie sono il distretto vulcanico del Somma-Vesuvio e dei Campi Flegrei. Le più antiche testimonianze di vulcanismo nella piana sono state trovate nei pozzi geotermici di Parete e Villa Literno dove lave andesitiche e basaltiche ad affinità calc-alcalina sono state perforate per oltre 1,5 km (Ortolani F. & Aprile F., 1978).
1.2 La provincia Comagmatica Romana
La provincia comagmatica Romana è una delle tre provincie magmatiche individuabili lungo la zona di cerniera tra la catena appenninica e il margine orientale del Tirreno collegate al magmatismo plio-quaternario che ha interessato il margine appenninico
(Washington H.S., 1906; Appleton J.D., 1972; Civetta L. et al., 1987;
Ferrara G. & Tonarini S., 1985;).
La provincia comagmatica Romana comprende una serie di centri vulcanici distribuiti su una fascia di 6000 km2 di estensione che, da Firenze, attraversando il Lazio, raggiunge l’area campano-lucana. Da nord a sud abbiamo i Vulsini, i Cimini, i Colli Albani, gli Ernici, Roccamonfina, i Campi Flegrei, l’isola d’Ischia, il Complesso Somma-Vesuvio. Quasi tutti i centri vulcanici si sono formati su versante occidentale della catena, in zone in cui i lineamenti tettonici ad andamenti appenninico si intersecano con quelli ad andamento antiappenninico. L’unico centro localizzato nella porzione orientale della catena è il Vulture.
L’inizio dell’attività vulcanica che ha portato alla formazione dei complessi della Provincia comagmatica Romana viene fatto risalire a circa 1 Ma e i prodotti più recenti sono quelli delle eruzioni storiche dei Campi Flegrei, di Ischia e del Vesuvio.
I prodotti dell’attività dei centri della Provincia Comagmatica Romana sono caratterizzati da composizioni alcalino-potassica, in particolare Appleton (1972) in base
6 a parametri mineralogici e chimici effettuò una distinzione tra i prodotti del vulcano di Roccamonfina in due gruppi: una serie “bassa in potassio” (LKS) e una serie “alta in potassio” (HKS). Queste distinzioni sono state poi riconosciute anche per quasi tutti gli altri centri appartenenti alla provincia comagmatica Romana. La serie bassa in potassio comprende rocce al limite della saturazione che da K-basalti passano a trachibasalti, latiti ed arrivano a trachiti; le rocce della serie alta in potassio mostrano, invece, marcati gradi di sottosaturazione con termini da leucititici a fonolitici, fino ad arrivare, in alcuni casi, a termini estremamente evoluti come melilititi caratterizzati da oltre il 90% di feldspatoidi.
Diverse ipotesi sono alla base dell’origine del magmatismo Romano: l’origine da una crosta profonda (Marinelli, 1966; Capaldi et al., 1972), l’interazione tra mantello superiore e crosta (Turi & Taylor, 1976; Vollmer, 1977), la fusione di un mantello arricchito in LILE (elementi liofili a largo raggio ionico) (Cox et al., 1976; Carter et al., 1978; Vollmer & Hawkesworth, 1980) e l’interazione con la crosta durante i processi di frazionamento (Taylor et al., 1979; Vollmer & Hawkesworth, 1980).