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CAPITOLO II Al di là dell’oceano: formazione e consolidamento della Repubblica Argentina tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo

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CAPITOLO II

Al di là dell’oceano: formazione e consolidamento

della Repubblica Argentina tra la fine del XIX e

l’inizio del XX secolo

El Gobierno federal

fomentará la inmigración europea; y no podrà restringir, limitar ni gravar

con impuesto alguno la entrada en territorio argentino de los extranjeros que traigan por objeto labrar la tierra, mejorar la industria, introducir y enseñar

las ciencias y las artes1

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2.1 In Argentina2

Il primo contingente di leonfortesi giunse in Argentina nella decade del 1880. Stabilitosi a Buenos Aires si spostò, dopo pochi anni, a La Plata, attirato dalle opportunità di lavoro che la nuova città offriva nei settori più disparati3.

Nella storia di questi pionieri si manifesta tutta la complessità del fenomeno migratorio, legato ad aspetti demografici, culturali, sociali e - non ultimo - alla situazione economica, politica e legislativa, tanto dell‟area di partenza, quanto di quella di destinazione.

Nel caso dell‟Argentina, questa disposizione è connessa soprattutto alle politiche di popolamento e colonizzazione, allo sviluppo dell‟agricoltura cerealicola, al bisogno di manodopera per le opere di urbanizzazione4,

2

Nell‟impossibilità di effettuare un‟esaustiva rassegna bibliografica ci limitiamo a citare alcune tra le opere più significative sulla storia dell‟America Latina e dell‟Argentina che costituiscono un punto di partenza per lo studio sistematico dei problemi trattati nel presente capitolo.

Sulla storia dell‟America Latina passim:

M. Carmagnani, La grande illusione delle oligarchie. Stato e società in America Latina, Torino, Loescher, 1981; Id, C. Vangelista, I nodi storici delle aree latino-americane.

Secoli XVI-XX, Torino, Otto Editore, 2001; M. Carmagnani, L’altro Occidente …, op.

cit.; R. Cortés Conde, Hispanoamérica: la abertura al comercio mundial. 1850-1930, Buenos Aires, Coleccion America Latina Editorial Paidós, 1974; T.H. Donghi, Historia

contemporánea de América Latina, Madrid-Buenos Aires, Alianza Editorial, 2008;

A.Rouquié, L’America Latina ..., op. cit. . Sulla storia dell‟Argentina passim:

C. Altamirano, B. Sarlo, Ensayos argentinos. De Sarmiento a la vanguardia, Buenos Aires, FCE, 2000; N. Botana, El orden conservador: la politica argentina entre 1880 y

1916, Buenos Aires, Hyspamerica, 1975; G. Di Tella, Argentina, sociedad de masas,

Buenos Aires, Eudeba, 1966; Id, M. Zymelman, Las etapas del desarrollo económico

argentino, Buenos Aires, Editorial Universitaria de Buenos Aires, 1967; T.H. Donghi, Historia Argentina, Buenos Aires, Paidós, 1972; R. Falcón, Democracia, conflicto social y renovación de ideas (1916-1930), Buenos Aires, Sudamericana, 2000; E. Gallo, La pampa gringa, Buenos Aires, Editorial Sudamericana, 1982; G. Germani, Estructura social de la Argentina, Buenos Aires, Editorial Sudamericana, 1955; F. Luna, Breve historia de la sociedad argentina, Buenos Aires, Editorial El Ateneo, 2009; A. Prieto, El discurso criollista en la formación de la Argentina moderna, Buenos Aires,

Sudamericana, 1988; L.A. Romero, Sectores populares, cultura y politica: Buenos Aires

en la entreguerra, Buenos Aires, Sudamericana, 1995; Id, Argentina. Crónica total del siglo XX, Buenos Aires, Aguilar, 2000; Id, Breve Historia contemporánea de la Argentina, Buenos Aires, Fondo de Cultura Económica, 2001; J.L. Romero, Las ideas políticas en Argentina, Buenos Aires, Fondo de Cultura Económica, 1975; A. Rouquié, Poder militar y sociedad política en la Argentina, vol. I., hasta 1943, Buenos Aires,

Emecé, 1981; Id, Argentina hoy, México, Siglo XXI editores, 1982; J. Suriano, La

cuestíon social en Argentina, 1870-1943, Buenos Aires, La Colmena, 2000.

3

Sulla fondazione di La Plata e i suoi primi popolatori passim: M.R. De Luca, Familias platenses, Buenos Aires, Ruben Mario, 2002.

4 Su questi temi passim: J. Djenderedjian, Gringos en las pampas, Buenos Aires, Sudamericana, 2008; F.J. Devoto, Historia de la Inmigración ..., op. cit.; F. Luna, Breve

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all‟ambito legale, nel quale si sviluppò l‟emigrazione di massa tra il XIX e il XX secolo.

A questo proposito, vale la pena di sottolineare quanto difficile possa risultare sviluppare un discorso organico sull‟Argentina, perché come Stato unitario ha subito, nel tempo, diversi mutamenti dal punto di vista geografico, politico ed istituzionale. Non è semplice stabilire con precisione, ad esempio, limiti e confini del Paese per tutto il secolo XIX, come non si può parlare di una coscienza di appartenenza al territorio nazionale da parte dei suoi abitanti, per la maggior parte immigrati5. Dalla destituzione del viceré spagnolo - con la rivoluzione del 25 maggio del 1810 - e per almeno sette decadi, l‟Argentina conobbe numerose guerre civili tra le province, governate dai «caudillos» che dominarono la scena politica del Paese per tutta la prima metà dell‟Ottocento, grazie all‟appoggio di veri e propri eserciti privati. Il nodo centrale della contesa rimaneva quello posto sin dalla nascita delle Province Unite del Sud America, ossia la forma di governo più idonea per amministrare un territorio così vasto ed eterogeneo. Il disaccordo tra unitari - facenti capo alla Provincia di Buenos Aires - e federali - in cui si riconoscevano la maggioranza delle province - consegnò il territorio a guerre intestine e ad un vero e proprio periodo d‟anarchia, superato solamente nel 1829, quando Juan Manuel Rosas estese la sua autorità a tutte le province che si riconobbero nella Confederazione Argentina. Il regime di Rosas, venne rovesciato nel 1852 dal generale Justo Urquiza, ex governatore della Provincia di Entre Ríos. La caduta di Rosas, tuttavia, non risolse i problemi che affliggevano il Paese, dal momento che i conflitti non accennarono a diminuire. Urquiza cercò di ordinare costituzionalmente il Paese, introducendo la prima Costituzione federale, in base alla quale egli stesso divenne il primo presidente della Repubblica Argentina6. La

Fe (1870-1895), in AA.VV., Euroamericani, Vol. II, Torino, Fondazione Giovanni

Agnelli, 1987, pp. 13-23; L.A. Romero, Breve historia contemporánea …, op. cit. 5 F.J. Devoto, Historia de la Inmigración …, op. cit. pp. 11-42; Id, In Argentina, in P. Bevilacqua, A. De Clementi, E. Franzina (a cura di), Storia dell’emigrazione italiana.

Arrivi, op. cit., pp. 25-26; A. Serrano, Origen y formación del pueblo argentino, Paraná,

Editorial de Entre Ríos, 2005, pp. 89-99.

6 La Costitituzione del Maggio del 1853 definisce l‟Argentina come una Repubblica federale, al cui vertice fu posto un presidente, capo anche del Consiglio dei Ministri. Sede del governo Nazionale fu Paranà, capoluogo della provincia di Entre Ríos. La Costituzione del 1853 sancì la separazione dei tre poteri - esecutivo, legislativo e

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Provincia di Buenos Aires si oppose al progetto e si arrivò ad un vero e proprio conflitto, risoltosi a favore della Repubblica Argentina, nel 1859, quando la Provincia di Buenos Aires si unì alla Confederazione. Si trattò, tuttavia, di una vittoria effimera, dato che Buenos Aires fu presto teatro di una ribellione che, estesasi a tutta la Provincia, fu sedata a fatica dal governo; la rivolta porteña consegnò un Paese profondamente diviso sotto il profilo politico, sociale ed economico. La Provincia di Buenos Aires, guidata dalla sua capitale, prosperava e si modernizzava grazie al boom dei prezzi della lana e del cuoio; la Confederazione restava, invece, estremamente povera. La posizione di supremazia della Provincia porteña venne suggellata nel 1862, quando il Capo della Guardia Nazionale di Buenos Aires, Bartolomé Mitre, venne eletto alla presidenza della Nazione, grazie all‟appoggio dell‟esercito7. Da questo momento ebbe inizio il vero e proprio processo di costruzione del Paese che passò attraverso continue rivolte, sul fronte interno, ed estenuanti conflitti con i Paesi limitrofi, come la guerra contro il Paraguay che si protrasse dal 1865 al 1870. Nel decennio successivo, sotto la presidenza di Nicolàs Avellaneda, s‟intraprese la colonizzazione della Pampa fino al Rio Negro che culminò nella cruenta «guerra del deserto» che, sotto la guida del Generale Julio A. Roca, rese disponibili vaste aree per l‟agricoltura e l‟allevamento. Nel 1880, inoltre, venne raggiunta la vera e propria pacificazione politica, quando la Provincia di Buenos Aires accettò la trasformazione della città in Capitale Federale8. L‟Argentina del 1880, in cui arrivarono i primi leonfortesi, era profondamente diversa da quella dei tempi Rosas. Il Paese aveva conosciuto un‟espansione visibile in tutti i campi: le reti ferroviarie si erano moltiplicate e il valore della terra era duplicato grazie alla facilità dei collegamenti e alla massiccia

giudiziario - ma conferì al sistema politico argentino una forte impronta presidenzialista. L‟esecutivo, eletto dal popolo, aveva il diritto d‟intervenire nelle province per imporre la forma repubblicana e federale (art.6), Essa organizzò, così, un potere autoritario al fine di assicurare l‟ordine nel Paese, il cui progresso era affidato, secondo la formula di Alberdi, all‟immigrazione europea, che il governo federale s‟impegnava a fomentare e a facilitare (art.25).

Sulla Costituzione cfr.: T.H. Donghi, Historia contemporánea …, op. cit., p. 251. Per consultare il testo integrale della Costituzione del 1853:

www. dircost.unito.it.

7 Su B. Mitre cfr.: F. Luna, Breve historia ..., op. cit., pp. 76-78.

8 T.H. Donghi, Historia contemporánea …, op. cit, pp. 249-259; F. Luna, Breve historia

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immigrazione che si era riversata in Argentina; tutto ciò aveva provocato un aumento vertiginoso delle esportazioni.

Attorno alle province di Santa Fe e Cordoba, grazie al lavoro degli immigrati, si era sviluppata la «pampa cerealicola», mentre le città crescevano e si modernizzavano.

Dal punto di vista politico, le istituzione statali apparivano delineate, ma solo negli elementi basilari, dato che perduravano ancora diversi problemi nel sistema fiscale, in quello giuridico e amministrativo e, soprattutto, che con l‟accentuarsi di alcune anomalie del sistema finanziario argentino erano sorti nuovi problemi di ordine sociale. Su questo piano, si affermarono nuovi attori sociali: la borghesia urbana - che con il suo stile di vita moderno ed europeo modificò profondamente le abitudini e l‟architettura delle città – e la classe operaia che offrì terreno fertile ai nuovi movimenti politici, nati in opposizione alla politica delle tradizionali oligarchie di governo. Tutto questo mentre più di un milione di immigrati iniziavano ad integrarsi nel Paese, ponendo non pochi problemi al tentativo di costruzione di un sentimento nazionale e d‟identificazione con le sue istituzioni9.

Rimaneva, inoltre, da affrontare la questione fondamentale del ruolo dell‟Argentina nel nuovo ordine economico globale; a questo proposito, si preferì il rafforzamento dell‟alleanza con la Gran Bretagna per espandere la produzione della lana e promuovere l‟industrializzazione. Per parte sua, questa iniziò a soffrire la concorrenza mondiale di Paesi come la Germania e gli Stati Uniti d‟America, contro la quale scelse di chiudersi nel suo monopolio imperiale e aumentare gli investimenti in Argentina. Tra il 1880 e il 1913 il capitale britannico nel Paese platense crebbe di quasi venti volte; nacquero i primi prestiti ipotecari sulle terre e gli investimenti nelle imprese pubbliche e dei servizi.

La politica economica della Gran Bretagna lasciò un vasto campo d‟azione agli impresari locali e ai grandi proprietari terrieri che riuscirono a sfruttare le nuove opere di collegamento del Paese per l‟espansione dell‟agricoltura e dell‟allevamento. Tutto questo richiese una grande quantità di manodopera e, in questo senso, la promozione

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dell‟immigrazione può essere considerata come un aspetto delle attività promosse dallo Stato per stimolare la crescita economica10, sin dai primi decenni dell‟Ottocento11

.

10 L.A. Romero, Breve historia contemporánea …, op.cit., pp. 16-28. 11

Uno dei primi atti della Giunta rivoluzionaria fu quello di accogliere gli stranieri provenienti da nazioni che non erano stati in guerra contro l‟Argentina. Nel 1812 si stabilì la distribuzione delle terre agli agricoltori e il libero ingresso degli stranieri uguali, per diritti, ai cittadini. Sotto il governo di Las Heras, nel 1824, nacque la prima Commissione d‟Immigrazione per il reclutamento di lavoratori e artigiani in Europa e, soprattutto, nel 1853 la Costituzione platense riconobbe nel suo preambolo pari diritti e garanzie a tutti coloro che risiedevano sul suolo argentino. E‟ interessante notare, inoltre, che l‟impianto della Costituzione del 1853 in materia immigratoria non fu modificato dalle riforme successive.

Su questi temi cfr: M. Olivieri, Un siglo de legislación en materia de inmigración.

Italia-Argentina 1860-1960, in “EML”, anno 1, agosto-settembre 1987, num. 6-7, pp.

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2.2 Economia, politica ed immigrazione italiana in Argentina tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo

L‟immigrazione di massa in Argentina fu un importante elemento propulsore per la crescita del Paese. A questa, infatti, furono legate tutte le iniziative più importanti per la costruzione e il consolidamento del nuovo Stato: le politiche di colonizzazione nelle province del Litorale e della Pampa umida; la politica di «conquista del deserto», dalla quale provennero le terre che furono trasferite, a costi minimi, alla produzione e alla vendita; gli investimenti fatti per i servizi igienici, di trasporto e la costruzione degli edifici pubblici nelle città. Finalmente alleggerita dal peso della miseria pre e post rivoluzionaria l‟Argentina si avviò verso una vera e propria modernizzazione. Le grandi città europee divennero un vero e proprio modello di sviluppo per le realtà urbane platensi e, soprattutto, a Buenos Aires si cominciarono a costruire strade, teatri, palazzi in stile francese e pavimentazioni. La presenza degli immigrati - nelle città come nelle campagne - modificò profondamente i rapporti tra le zone rurali e quelle urbane; ciò sia in relazione all‟espansione di un mercato locale – per via delle nuove abitudini di consumo che gli immigrati avevano importato in Argentina – e sia per le nuove tecniche e possibilità di coltivazione che resero il Paese uno dei principali esportatori di beni primari nel mercato internazionale, ricevendo consistenti crediti ed investimenti da parte dagli Stati esteri.

La crescita e il processo di consolidamento dello Stato argentino, almeno fino alla prima decade del Novecento, avvenne proprio grazie a questi prestiti che permisero ai vari governi di finanziare le politiche di ammodernamento e crescita del Paese. A sua volta, le notizie confortanti sulla situazione economica argentina – che giungevano in Europa grazie alle reti create dai primi immigrati – attiravano nuova manodopera12. In questa prima fase, le politiche statali13, varate a sostegno dell‟immigrazione, ebbero un ruolo secondario14

, dato che si trattò

12 G. Rosoli, Las imágenes de América ..., op. cit., pp. 3-21. 13

Sulla politica immigratoria argentina passim: M Olivieri, Un siglo de legislación ..., op. cit.

14 Sul tema è interessante l‟osservazione di Fernando Devoto: aunque se ofrecía a los

recién llegados un conjunto de servicios, en el marco del Hotel de Inmigrantes, debe recordarse que algo más de la mitad de los recién llegados no se alojaba en él, sino que

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prevalentemente di un‟immigrazione attratta spontaneamente. Si consolidarono, infatti, le reti sociali degli immigrati che sostennero i nuovi arrivati molto più dei servizi d‟accoglienza e di propaganda, predisposti dalla «Ley de inmigracíon y colonización» del 1876, promulgata sotto la presidenza Avellaneda15.

Le altre iniziative statali a sostegno dell‟immigrazione furono essenzialmente16: l‟alloggio gratuito presso l‟«Hotel de Inmigrantes»17; il biglietto gratuito in treno per raggiungere la destinazione finale; i servizi offerti dall‟«Oficina de Colocaciones»; la creazione delle «Oficinas de Propaganda», aperte in Europa nel 1886 e la politica dei biglietti prepagati adottata tra il 1887 e il 1890.

L‟economia e le reti sociali influirono profondamente anche nel calo degli ingressi, registratosi nella decade del 1890, quando la crisi che investì l‟Argentina provocò un forte indebitamento dello Stato, il crollo delle esportazioni, il peggioramento delle condizioni degli immigrati e la diffusione di una pratica speculativa sui terreni, che peggiorò le condizioni dei coloni.

Fino al 1890, infatti, l‟evoluzione dei termini dello scambio finanziario aveva favorito essenzialmente i beni primari, di cui l‟Argentina era produttrice. La caduta dei prezzi di questi prodotti portò a conseguenze catastrofiche, anche perché i governi non furono più in grado di pagare i debiti contratti con i Paesi europei. Di fatto, quindi, la strategia del

eran recibidos en el puerto o se dirigían inmediatamente a casas de amigos y parientes.

cit. in F.J. Devoto, Historia de la Inmigración ..., op cit. p. 250.

15 La legge n.817 del 1876, nota come «legge Avellaneda», regolava l‟immigrazione e la colonizzazione. Creava il Dipartimento Generale dell‟Immigrazione, dipendente dal Ministero dell‟Interno (art.1); dava la facoltà all‟Esecutivo di nominare agenti per fomentare l‟emigrazione e promuovere una continua propaganda; di certificare la condotta e le attitudini dell‟immigrante; d‟intervenire nei contratti di trasporto e in alcuni casi nel pagamento dei biglietti (art.4). L‟Esecutivo poteva nominare anche commissioni d‟immigrazione in punti strategici del Paese per ospitare, collocare e trasportare gli immigrati (art.8); riconosceva una serie di vantaggi agli immigrati che fissavano la residenza nel paese (arts. 14; 51; 53). Definiva immigrante lo straniero maschio minore di 60 anni che viaggiava in II o in III classe in navi a vapore o a vela (art.12).

Per il testo integrale della legge n. 817: www.dircost.unito.it.

16 Vale la pena di ricordare che già sotto la presidenza Mitre (1862-1868) furono create le prime agenzie in Europa per la promozione dell‟immigrazione in Argentina; con Sarmiento (1868-1874) fu promossa l‟immigrazione di insegnanti europei e sotto la presidenza Avellaneda (1974-1880) fu varata la legge numero 817 sull‟immigrazione. 17 Sulla storia di questo istituto passim: J.L. Farjat, G. Swiderski, La inmigración.

Historia ilustrada y memoria audiovisual. Los viajes y arribos, Buenos Aires, Grafica

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credito esterno accelerò la crisi della decade del 1890 e impedì una crescita costante del Paese anche nelle decadi successive. In tale situazione crollarono anche i tassi immigratori, benché valga la pena di sottolineare che più che le condizioni reali dell‟economia argentina, ancora una volta a scoraggiare i nuovi arrivi furono sia le informazioni negative che gli immigrati diffondevano nei paesi di provenienza e sia il crollo delle rimesse18. I saldi migratori decrebbero per tutta la decade del 1890 e molti furono coloro che preferirono ritornare in patria.

(Tabella 11)

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F.J.Devoto, Storia degli italiani in Argentina, Roma, Donzelli, 2007, pp. 242-267.

TABELLA 11: immigrazione straniera totale e saldo immigratorio totale: 1880-1910 Periodo Immigrazione Totale ( in migliaia) Saldo Immigratorio Totale ( in migliaia) 1880-1890 868 638 1891-1900 648 320 1901-1910 1.764 1.120

Fonte: Nostra elaborazione su dati provenienti da:

Archivo General de la Nacíon di Buenos Aires,d‟ora in poi AGNBS, Ministerio del Interior, Memorias, anni: 1880, 1881,1883,1887,1892,1893, 1899, 1910, 1911;

M.C. Nascimbene, Origini e destinazioni degli italiani in

Argentina, in AA.VV. Euroamericani, Vol. II, op. cit. p. 70;

J.L.Farjat, G. Swiderski, La inmigración ..., op. cit.

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Il recupero economico fu lento e andò di pari passo con la ripresa dei flussi immigratori. Lo Stato argentino cercò di superare la crisi economica attraverso la fondazione di nuove colonie, specie nelle province del Litorale, per espandere le superfici da adibire a colture. Il deprezzamento dell‟oro favorì, poi, gli investimenti nel settore agricolo e le esportazioni ripresero vigore, dato che le speculazioni avevano abbassato il prezzo dei terreni, ma non quello dei prodotti agricoli. L‟immigrazione venne considerata, ancora una volta, un aspetto importante della ripresa argentina, tanto è vero che si cercò di fomentarla artificialmente. Tra il 1888 e il 1890, il governo Celman varò la politica dei biglietti prepagati per aumentare il numero degli ingressi e favorire, al tempo stesso, l‟immigrazione dall‟Europa del nord19.

La scelta di promuovere l‟immigrazione artificiale si pose solo in apparente contraddizione con le politiche precedenti. Se è vero, infatti, che Alberdi e Sarmiento si erano pronunciati a favore del binomio tra progresso e popolamento del territorio, è altrettanto vero che lo stesso Alberdi nel 1873 si era affrettato a chiarire che:

Gobernar es poblar, en el sentido que poblar es educar, mejorar, civilizar […] Más para civilizar por medio de la población, es preciso hacerlo con poblaciones civilizadas. Gobernar es poblar sin echar en olvido que poblar puede ser apestar, embrutecer, esclavizar, según que la población trasplantada o inmigrada, en vez de ser civilizada, sea atrasada, pobre, corrompida20.

Immigrazione spontanea, dunque, ma a patto che risultasse chiaro che:

todo lo que es espontáneo ha comenzado por ser artificial21.

L‟iniziativa si rivelò, tuttavia, un parziale fallimento, sia perché l‟immigrazione spontanea superò quella artificiale, sia per l‟idea che si

19

A pesare su questa posizione dell‟elite argentina fu il tentativo di ostacolare il netto predominio della collettività italiana, sia per il peso quantitativo esercitato nei confronti delle altre comunità che per la sua capacità di organizzarsi in centri e strutture che ne difendevano le tradizioni e la cultura. Su questi argomenti passim: M.C. Nascimbene,

Historia de los italianos en la Argentina (1835-1920), Buenos Aires, CEMLA, 1986;

20 J.B. Alberdi, Bases y puntos de partida para la organización política de la República

Argentina, in M. Olivieri, Un siglo de legislación en materia de inmigración. .., op cit.

p. 228. 21

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diffuse, presso le elite governative, sull‟inadeguatezza al lavoro delle nuove collettività22, favorite dall‟immigrazione artificiale23.

Seppure non agevolata dalle politiche immigratorie di fine secolo, infatti, la collettività immigrata più importante continuava ad essere quella italiana, per il suo peso quantitativo e per la capacità di organizzazione. Tra la fine del XIX e l‟inizio del XX secolo l‟emigrazione italiana assunse caratteri massivi. (Tabella 12)

Sorse, così, una vivace polemica politica sui reali vantaggi dell‟emigrazione, sulle precarie condizioni di navigazione, sulle speculazioni degli agenti d‟emigrazione24. Questo confronto si tradusse, in Italia, nella legge varata dal governo Crispi nel 1888 che garantiva la libertà di emigrare e che, di fatto, legalizzava la questione degli agenti25. La legge rimase in vigore fino al 1901, quando - dopo diverse discussioni parlamentari - venne approvata la prima trattazione giuridica organica in materia migratoria che, fra le altre cose, istituì il Commissariato Generale dell‟Emigrazione, dipendente dal Ministero dell‟Interno e che, in linea generale, delineò una prima politica di protezione degli emigrati italiani26.

In Argentina - secondo il censimento nazionale del 1895 - gli immigrati rappresentavano il 25% della popolazione totale; di questi il 12, 5% era di origine italiana, mentre gli spagnoli - seconda nazionalità presente –

22 Oltre agli spagnoli, ai francesi, ai belgi e ai britannici, la politica dei biglietti prepagati favorì l‟ingresso nel paese di nuovi gruppi come gli olandesi e gli ebrei della Russia cfr.: F.J. Devoto, Historia de la Inmigración …, op. cit. p. 252.

23 L‟allora direttore del Dipartimento sulle Migrazioni Juan Alsina - tra i principali fautori della politica dei biglietti prepagati - pochi anni dopo confessò che la stessa aveva attirato «il basso fondo delle città» e che, pertanto, era preferibile ritornare all‟immigrazione spontanea. Su questo argomento cfr.: F.J. Devoto, Historia de la

Inmigración ..., op cit., pp.247-261.

24 Su questi temi passim: R. De Felice, L’emigrazione e gli emigranti nell’ultimo secolo, in “Terzo Programma”, n.3, 1964; C. Ianni, Il sangue degli emigrati, Milano, Galzerano editore, 1965; F. Manzotti, La polemica sull’emigrazione nell’Italia fino alla Prima

Guerra mondiale, Roma, Dante Alighieri, 1969.

25 M. Vernassa, Alle origini dell’interessamento italiano per l’America Latina …, op. cit.

26 La legge del 29 dicembre 1901, creò anche un consiglio consultivo per i servizi di emigrazione con medici e ispettori sia nei porti d‟imbarco che a bordo; un Ufficio di protezione, informazione e avviamento al lavoro nei principali paesi di destinazione, dipendente dal Ministero degli Affari Esteri; abolì gli agenti e sub agenti. Nello stesso anno venne inoltre varata una legge che affidò al Banco di Napoli la tutela delle rimesse degli immigrati.

Su questi argomenti passim: G. Rosoli, (a cura di), Un secolo di emigrazione italiana

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erano solo il 5%. A livello occupazionale predominavano le professioni legate alla terra, anche se gli immigrati risultavano presenti nei settori più disparati27.

27

F.J. Devoto, Historia de la Inmigración ..., op cit., pp. 264-265.

TABELLA 12: immigrati italiani in % sul totale dell‟immigrazione (saldi immigratori) Periodo % 1857-60 79 1861-70 65 1871-80 44 1881-90 57 1891-1900 62 1901-10 45 1911-20 12 1921-30 42

Fonte: M.C. Nascimbene, Caratteristiche demografiche della

fase nord-occidentale, in AA.VV., Euroamericani, Vol.II, op.

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La composizione regionale e professionale dei flussi italiani non si mantenne costante, tanto che gli studiosi sono concordi addirittura nel distinguere due fasi: quella «nord-occidentale» e quella «meridionale»28. Questa distinzione poggia sulla prevalenza che gli italiani del nord29 ebbero nei flussi in ingresso fino alla fine dell‟Ottocento, quando l‟ondata migratoria dal Sud spezzò questo predominio.

Favorita dall‟apertura di nuove linee navigazione dai porti di Napoli e Palermo, l‟emigrazione meridionale si contraddistinse per un alto tasso di mascolinità e per una preferenza per le destinazioni urbane, spiegabile con la minore specializzazione occupazionale dei nuovi immigrati.

La meridionalizzazione dei flussi avvenne soprattutto nei primi anni del Novecento, per la massiccia emigrazione dalla Puglia e dalla Sicilia. Per i flussi isolani la meta Argentina fu sempre seconda rispetto agli Stati Uniti d‟America, anche se vi furono delle aree dalle quali si emigrò quasi parimenti verso il nord e il sud America; una di queste fu la Provincia di Catania, dove era presente la piccola proprietà che, venduta o data in garanzia, permetteva di pagare il biglietto per le destinazioni sudamericane, fornendo manodopera specializzata nei lavori agricoli30. (Tabella 13)31

28 M.C. Nascimbene, Storia della collettività italiana in Argentina (1835-1965), in AA.VV., Euroamericani, Vol. II …, op. cit., pp. 209-427.

29 Provenienti soprattutto da Piemonte, Lombardia e Veneto, su questo argomento passim: M. Tirabassi, I motori della memoria. Le piemontesi in Argentina, Torino, Rosenberg & Sellier, 2010.

30

A. De Clementi, Di qua e di là dell’Oceano …, op. cit.

31 Per un‟analisi statistica dell‟emigrazione italiana su base regionale passim: M.C. Nascimbene, Historia de los italianos en la Argentina …, op. cit.; Id, Italianos hacia

América: los flujos emigratorios regionales y provinciales peninsulares con destino el Nuevo Mundo. 1876-1978, Buenos Aires, Centro de Estudios sobre inmigración, 1994.

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TABELLA 13: Italia. province di maggiore emigrazione per l‟Argentina (oltre 40.000 emigranti dal 1876 al 1915)

Regione Province Tot. Emigranti

( 1876-1915) Piemonte Torino Cuneo Alessandria Novara 95.626 90.759 90.807 40.990 Veneto Udine 49.636 Lombardia Milano Pavia 47.743 80.963 Liguria Genova 84.640 Marche Macerata 81.344 Basilicata Potenza 78.722 Abruzzi Chieti 53.867 Campania Salerno 56.817 Calabria Cosenza Catanzaro 131.390 59.797 Sicilia Catania 67.725

Tot. Emigrazione per l‟Argentina (1876-1915) 1.110.782 emigranti

Fonte: M.C. Nascimbene., Caratteristiche demografiche …, op. cit., p.285.

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L‟aumento dei flussi in entrata fu accompagnato da una generale crescita del Paese platense. Tra il 1892 e il 1913 si quintuplicò la produzione di grano; le esportazioni totali si moltiplicarono di cinque volte, grazie anche alla disponibilità delle prime celle frigorifere che dal 1900 permisero l‟esportazione della carne congelata. Il settore industriale raggiunse livelli importanti specie nelle zone del Litorale e intorno alla Capitale Federale32.

Nasceva, così, una società magmatica e piena di contraddizioni; gli stranieri erano estranei tra loro, separati non solo dalle differenze nazionali, ma soprattutto regionali e linguistiche. Allo Stato spettò, così, il compito di integrare i compositi elementi di questa società in formazione, attraverso la definizione di un‟identità nazionale che produsse numerosi dibattiti e polemiche, aventi ad oggetto la

nazionalizzazione degli immigrati – specie quelli italiani -

quantitativamente predominanti e particolarmente restii ad abbandonare gli usi, i valori e le tradizioni dei paesi di provenienza.

32 L.A. Romero, Breve historia contemporánea ..., op.cit, p. 16-28; F. Luna, Breve

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2.3 Il dibattito sull’immigrazione: «civilizzare e nazionalizzare» Cuando ingresé a la escuela primaria, mis condiscípulos me endilgaron el apodo de “Napole”, o cuando querían incitarme aún más, me lanzaban el epiteto de “Gringo de m...” lo que me producía un tremendo escozor, llegando a protagonizar reyertas callejeras. Pienso que esto último produjo en mi un rechazo, un bloqueo psicológico hacia todo aquello que tuviera relación con lo “gringo”. Yo quería acriollarme.33

Le parole di Alberto Salamone - figlio di immigrati leonfortesi - suggeriscono almeno due considerazioni; la prima sui pregiudizi di cui furono vittime in Argentina gli immigrati italiani e la seconda sui processi identitari delle seconde generazioni; temi che sono strettamente correlati alle politiche di nazionalizzazione messe in atto dalle elite al potere, tra il XIX e il XX secolo 34.

Ad aprire le polemiche fu Sarmiento che pure aveva riposto grossa fiducia nell‟immigrazione, la quale - attraverso il popolamento delle aree periferiche - avrebbe dovuto portare a compimento l‟opera di «civilizzazione» e modernizzazione del Paese. Visitando le colonie, Sarmiento mutò la sua idea, quando si rese conto che i coloni non erano interessati alla politica e lasciavano ai «criollos» il ruolo di cittadini. La sua polemica fu concretamente rivolta alle scuole italiane, che pretendevano di educare «italianamente» i figli degli immigrati e che ispirò una delle prime iniziative di nazionalizzazione dello Stato argentino: la legge del 1883 che stabiliva che l‟educazione dovesse essere laica e nazionale35.

Sul terreno politico le discussioni furono meno accese, ma comunque presenti. Uomini come Estanislao Zeballos, José Manuel Estrada e Carlos Tejedor furono, ad esempio, accesi fautori delle politiche di nazionalizzazione degli immigrati. Nel 1887 il governo Roca sostenne un

33 J.C. Salamone, Historia y genealogia ..., op cit. p. 5. 34

R. Gandolfo, Inmigrantes y politica en Argentina: la revolución de 1890 y campaña

en favor de la naturalización automática de residentes extranjeros, in “EML”, anno 6,

aprile 1991, n.17, pp. 23-56.

35 La laicizzazione della vita pubblica voluta dal Presidente Roca faceva parte di una sua precisa strategia politica volta ad ottenere l‟appoggio dei suoi grandi oppositori - Mitre e Sarmiento - che si credeva possibile solamente spostando la discussione dalla lotta politica all‟amministrazione dello Stato.

Su questi argomenti cfr.: T.H. Donghi, Historia contemporánea …, op. cit., pp. 337-339.

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progetto in base al quale gli immigrati, se proprietari alfabetizzati, dopo due anni di residenza avrebbero potuto iscriversi ai registri elettorali ed essere considerati argentini. Questo atteggiamento d‟integrazione forzata degli immigrati, specie degli italiani, fu attenuato dalla crisi della decade del 1890, quando prevalsero posizioni neutrali, benché restasse ancora forte la paura che il governo italiano potesse sfruttare i connazionali nel Paese, per mettere in atto politiche coloniali e avanzare pretese di egemonia in Sud America.

Il pregiudizio contro gli italiani si manifestò in vari campi, anche se il suo emblema fu il romanzo naturalista di fine XIX secolo. Sono questi gli anni in cui la polemica antitaliana si trasformò in ostilità nei confronti dei meridionali, divenuti protagonisti dei flussi migratori in Argentina; non è un caso che il poema nazionale - il Martin Ferro di Hernandez - ci consegni uno dei ritratti più crudi del «pa - politano» o, ancora, che «Genaro» in En la sangre diventi il simbolo dell‟inferiorità che i meridionali porterebbero nel sangue e nei tratti somatici; e poco importava se il protagonista fosse indicato ora come napoletano, ora come calabrese, dato che ad essere inferiore era il meridionale in sé, come dimostrato «scientificamente» dal darwinismo sociale. José Ramos Mejía, dal canto suo, in Las multitudes argentinas si premurò a sottolineare l‟odore di stalla dell‟italiano; ciò sia in riferimento alla sua origine contadina e sia per sottolineare la sua sola utilità in Argentina: «lavorare come un bue»36. Nell‟opera, Mejía pose anche la questione della nazionalizzazione, dicendosi convinto che spettava all‟elite argentina il compito di civilizzare gli immigrati e non il contrario.

La questione della nazionalizzazione degli immigrati e soprattutto dei loro figli divenne centrale agli inizi del Novecento, dato che - oltre al loro impatto sociale - gli immigrati cominciavano ad avere un peso preoccupante anche nella politica e nella promozione dei «partidos de ideas»37, come quello Socialista e l‟Unión Cívica Radical38. In termini generali, questi nuovi movimenti politici si presentarono come partiti

36 Su tale tema cfr.: F.J. Devoto, Italiani in Argentina: ieri e oggi in “Altreitalie”, luglio-dicembre 2003, pp. 4-17.

37 T.H. Donghi, El enigma Yrigoyen, in www.historia.radicales.org. 38

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organizzati attorno ad una radicale idea di cambiamento, in aperto contrasto con le oligarchie di governo tradizionali. In realtà l‟unico partito veramente nuovo fu quello Socialista, nato nel 1882 e che riuscì ad affermarsi nell‟Argentina d‟inizio Novecento, per la comparsa di un nuovo attore nella scena sociale del Paese: la classe operaia. Insieme a questa, ben presto presero a diffondersi, specie tra gli immigrati, anche i messaggi anarchici39.

L‟elite argentina guardò con preoccupazione a questo fenomeno che cercò di contrastare con una serie di iniziative volte a sostituire una coscienza nazionale a quella di classe. Già dalla fine del XIX secolo, sorsero, così, diversi progetti per l‟integrazione degli immigrati. Terreno privilegiato fu, ancora una volta, quello educativo, nel quale s‟inserì la proposta dell‟allora deputato Marco Avellaneda di diffondere la cultura argentina, attraverso la conoscenza della lingua. Lo spagnolo divenne obbligatorio nelle scuole, perché strumento basilare per la promozione di una cultura unitaria e argentina. La questione educativa fu ripresa con forza tra il 1908 e il 1913 con la presidenza nazionale del Consiglio di Educazione assunta da Mejía, che fece dell‟educazione un vero e proprio rituale patriottico. Oltre alle materie umanistiche, infatti, un ruolo centrale fu svolto da un sorta di liturgia civica basata sull‟inno, sui canti patriottici, sul culto della bandiera e su una sistematica avversione per le scuole straniere.

Oltre all‟educazione patriottica il progetto di nazionalizzazione fu perseguito attraverso due strumenti: la legge sul servizio militare obbligatorio - varata sotto la presidenza Roca nel 1901 – e quella sul voto obbligatorio, approvata dalla presidenza Roque Sáenz Peña nel 1912. Nelle intenzioni dei suoi fautori l‟obbligatorietà del servizio militare avrebbe dovuto costruire una coscienza unitaria di appartenenza,

39

Su questi temi passim: M. Cavarozzi, Populismo y “Partidos de clase media” (notas

comparativas), Buenos Aires, Cedes, 1976; M.A. Cornblit, Immigrantes y empresarios en la politica argentina Buenos Aires,, Instituto di Tella, 1966; F.J. Devoto, Storia degli italiani in Argentina ..., op. cit.; T.H. Donghi, Historia contemporánea ... op. cit.; G.

Germani, Politica y Sociedad en una época de transición (De la sociedad tradicional a

la sociedad de masas), Buenos Aires, Paidós, 1962; J. Panettieri, Los Trabajadores en tempo de la inmigración masiva (1870-1910), Buenos Aires, Centro Editor de America

Latina, 1967, pp. 86-87; J.L. Romero, Las ideas políticas ..., op. cit.; A. Rouquié,

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superando l‟eterogeneità culturale della società platense, attraverso l‟«amore per la bandiera»40

.

La riforma militare si completò in quella politica del 1912. La legge elettorale si proponeva sia l‟ampliamento della cittadinanza e sia il rispetto della minoranza; in realtà l‟intenzione di Sáenz Peña non fu tanto il mutamento delle regole politiche, quanto l‟obbligatorietà del voto che -insieme all‟educazione patriottica e alla legge del 1901 - avrebbe potuto risolvere il problema della cittadinanza e dell‟integrazione delle seconde generazioni.

La riforma elettorale avrebbe dovuto sancire il passaggio alla democrazia, ma questa transizione avvenne con molta imprecisione, dato che non fu accompagnata da una reale trasformazione delle istituzioni in senso democratico. Ciò permise ai partiti e alle oligarchie tradizionali di rimanere radicati all‟interno della macchina statale; cosa che si sposava, peraltro, con l‟atteggiamento sostanzialmente conservatore del Paese. Non stupisce, così, che il maggiore beneficiario di questa transizione incompleta fu la UCR, ossia il movimento meno innovativo tra i nuovi partiti, nati alla fine del XIX secolo; la sua dirigenza condivideva, infatti, lo stesso passato delle oligarchie tradizionali e i meccanismi del consenso rimasero basati sul predominio de «los caudillos» nelle varie province del Paese. La UCR, tuttavia, si presentò con un radicale programma di cambiamento della politica e della vita del Paese che si diffuse in un‟Argentina alle prese con nuovi fermenti sociali - ai quali la tradizionale politica oligarchica non riusciva a dare adeguate risposte - ma restia ad assecondare il messaggio rivoluzionario dei partiti anarchici e socialisti. L‟affermazione della UCR a livello nazionale avvenne, quindi, in contemporanea al processo di democratizzazione, avviato dalla legge del 1912; un processo che si realizzò, tuttavia, solo formalmente come dimostrò anche il parziale fallimento degli obiettivi concreti che la stessa legge si era posta. In realtà, infatti, la conquista della cittadinanza si diffuse lentamente nella società e la maggioranza degli immigrati continuò a non partecipare alla vita elettorale del Paese; ma le iniziative per l‟integrazione ebbero esito positivo per le seconde generazioni di

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immigrati. Integratesi nella società argentina, i discendenti furono spesso i detrattori più accaniti dei propri connazionali, che sentivano estranei nella lingua, nella cultura e nelle abitudini41.

Chiaramente le seconde generazioni conservarono qualcosa della cultura originaria dei padri, ma rivendicavano il loro essere argentini in senso pieno. Dall‟inevitabile dialogo degli immigrati non solo con i membri del loro gruppo etnico, ma anche con altri gruppi d‟immigrati e la cultura del Paese ospite, si produsse un vero e proprio processo di reinvenzione identitaria. Lo sviluppo dinamico dell‟identità del popolo argentino - in un Paese in contemporanea formazione dal punto di vista istituzionale - rese l‟Argentina non un «crisol de razas», ma una società in cui eterogenei elementi etnici si trovarono a coesistere nelle loro differenze; una situazione, questa che necessitava di una democratizzazione degli istituti statali, dove queste differenze avrebbero potuto e dovuto esprimersi in modo pacifico. Cosa che non avvenne sul piano sostanziale42.

A questo proposito, vale la pena di sottolineare che mentre il processo di nazionalizzazione delle masse creò, lentamente, un‟identità argentina formale e rituale, la stessa politica non riuscì a costruire realmente una società ordinata che si riconoscesse in determinate gerarchie e modelli dominanti; nel tempo questo pluralismo culturale - che avrebbe potuto rappresentare la ricchezza dell‟Argentina - si trasformò nella sua debolezza, dato che, nel tentativo di fissare un ordine sociale, non si sperimentò la via della condivisione e del pluralismo democratico, ma quella dell‟imposizione e dell‟autoritarismo.

In sintesi, accadeva che mentre nel Paese si discuteva formalmente di nazionalizzazione, di inclusione e si rendeva obbligatorio il voto, la stessa elite si chiudeva nei suoi circoli e nei suoi club, che fornirono

41

Il processo di nazionalizzazione coinvolse, infatti, molteplici campi: dalla letteratura, alla musica, al cibo, dato che l‟obiettivo principale era quello di «ripulire gli immigrati» dai retaggi culturali dei loro genitori.

42 Su questo tema cfr.: F.J. Devoto, Historia de la inmigración en la Argentina, op. cit., p. 319; Id, Storia degli italiani in Argentina, op. cit., pag.311; R. Freurdlich de Seefeld,

La integración social de extranjeros en Bs. As. Según sus pautas matrimoniales: ¿Pluralismo culturale o crisol de razas? ( 1860-1923), in “EML”, año 1, abril 1986,

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all‟Argentina d‟inizio Novecento una classe di governo oligarchica ed esclusiva. Dal canto loro, le masse immigrate di prima generazione si chiusero in se stesse, rimanendo scarsamente solidali con il resto del Paese. Accanto a questi due poli cresceva una seconda generazione che - pur non riconoscendosi nella patria d‟origine dei genitori - stentava a trovare modelli e stimoli nella politica elitaria dell‟Argentina. In questo contesto, può essere meglio compresa l‟ascesa di un nuovo soggetto politico come la UCR che, ben presto, si consolidò a livello nazionale attorno alla figura di H. Yrigoyen, primo presidente eletto secondo il voto universale, segreto e obbligatorio, voluto dalla riforma del 1912.

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2.4 L’Argentina del Centenario tra luci ed ombre

La situazione dell‟Argentina d‟inizio XX secolo era il prodotto delle diverse e contrastanti fasi economiche e politiche che il Paese aveva vissuto nel secolo precedente. Sul fronte internazionale l‟Argentina era ancora legata alla politica britannica che, proprio in questi anni, subiva la concorrenza di nuove e vecchie potenze. Il predominio inglese rimase saldo fino al 1929, quando la crisi della finanza mondiale portò il Paese platense sotto l‟egemonia statunitense; tuttavia già dal primo decennio del Novecento, la Gran Bretagna subì la concorrenza di altri mercati sul piano delle esportazioni argentine, rimanendo invece principale riferimento per le importazioni43.

Gli importanti mutamenti sul fronte internazionale furono accompagnati da altrettanto significativi cambiamenti interni, giacché la crisi del modello di potere europeo produsse la nascita di un eclettismo ideologico e di una situazione di ambiguità politica che accompagnò l‟Argentina fino al 1930.

In questa prima decade del Novecento si consolidarono i primi movimenti operai urbani a Buenos Aires, anche sulla scia dell‟affermazione di nuovi soggetti politici in netto contrasto con le tradizionali oligarchie di governo. Nel caso platense non si può ancora parlare di un vero e proprio coinvolgimento delle classi popolari, quanto di un rafforzamento di quelle classi medie che iniziarono a rivendicare un maggiore spazio nella vita politica44. La lotta contro le oligarchie

43 In America Latina il passaggio dall‟interventismo europeo all‟egemonia nordamericana è sancito dalla guerra venezuelana nel 1902. Il Venezuela, infatti, era debitore insolvente di creditori britannici e tedeschi che decisero di intervenire in modo armato nello Stato sudamericano. L‟opinione pubblica recepì negativamente questo ritorno all‟uso della forza e gli Stati Uniti d‟America, dal canto loro percepirono con preoccupazione queste ingerenze europee in America Latina. In quell‟occasione un ruolo di primo piano fu svolto dal Cancelliere argentino Drago che richiamandosi al corollario Roosevelt alla dottrina Monroe, dichiarò inaccettabile l‟uso della forza per risolvere questioni finanziarie, anche quando ad essere insolventi fossero stati gli Stati. In questo modo, gli Stati Uniti d‟America assunsero un ruolo di primo piano nelle relazioni finanziarie che si stabilirono dall‟inizio del Novecento in avanti.

Su questi temi passim: M. Carmagnani, C. Vangelista, I nodi storici delle aree

latino-americane …, op. cit.; M. Carmagnani, L’altro Occidente …, op. cit.; T.H. Donghi, , Historia contemporánea …, op. cit.; A. Rouquié, L’America Latina … op. cit.

44 In questa fase storica, la mobilitazione dei settori popolari ebbe carattere massivo solo in Messico durante la rivoluzione iniziata nel 1910 per porre fine al governo del «tirano honrado», Porfirio Diaz, e finita ufficialmente nel 1917 con la promulgazione della nuova Costituzione.

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tradizionali fu condotta con mezzi e motivazioni differenti che però non arrivarono in nessun caso a modificare realmente la struttura sociale ed economica del Paese, creando un vero e proprio distacco tra le idee di rinnovamento e obiettivi concreti assai modesti. Questa distanza fu ravvisabile in uno dei movimenti che – partendo proprio dall‟Argentina - nel primo dopoguerra segnò un importante momento di riforma per tutto il Sudamerica: quello della «Riforma Universitaria». Ispirandosi alla rivoluzione russa e a quella messicana i riformisti ambirono al cambiamento degli statuti universitari per aumentare il peso decisionale degli studenti, provenienti non dagli strati popolari, ma dalle classi medie45, vere e proprie beneficiarie dell‟ampliamento delle basi sociali dello Stato, realizzato dalla riforma elettorale Sáenz Peña.

La crescita dell‟economia d‟esportazione produsse, quindi, importanti mutamenti sia sul fronte internazionale, che su quello interno. La specializzazione dell‟Argentina nell‟esportazione di beni come i cereali, il mais, la lana e successivamente la carne, per un verso la legò a mercati più vasti di quello britannico; per un altro verso portò alla nascita embrionale di attività semindustriali che, pur non creando un vero e proprio processo d‟industrializzazione interna, ebbero come conseguenza alcuni dei suoi principali corollari come: l‟urbanizzazione e la nascita di una classe media urbana - dedita al commercio e alla piccola industria – come della manodopera salariata. L‟economia d‟esportazione raggiunse i suoi livelli maggiori durante la prima guerra mondiale, quando non solo venne meno la concorrenza europea, ma soprattutto crebbe la domanda di carne per sfamare i soldati. Questa crescita fu accompagnata da un certo ottimismo: i trentotto mila Km di rete ferroviaria che nel 1914 riuscirono a collegare le varie zone del Paese, la realizzazione del porto artificiale di Buenos Aires e di La Plata, la crescita del prodotto interno lordo e degli introiti dello Stato contribuirono a diffondere nell‟opinione pubblica una

Sulla rivoluzione messicana passim: A. Córdova, La ideologia de la Revolución

Mexicana. La formación de nuevo regimen, México, Ediciones Era, 1973; T.H. Donghi, Historia contemporánea …, op. cit.; F. Ricciu, Le grandi rivoluzioni del XX secolo - La Rivoluzione Messicana, Milano, Dall'Oglio, 1968.

45 Il movimento della riforma universitaria travalicherà i confini del mondo accademico e condurrà ad una politicizzazione del corpo studentesco, dal quale peraltro proverranno i principali leaders riformisti sudamericani Victor Raúl Haya de la Torre e lo stesso Fidel Castro.

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sorta di fiducia illimitata nelle potenzialità di crescita dell‟Argentina. Questo atteggiamento di euforia si estese anche all‟ambito culturale e sociale46; così che i problemi della multiforme e composita società platense - nata dalla massiccia immigrazione - avrebbero trovato una loro soluzione grazie al naturale e libero gioco delle forze economiche, demografiche e sociali.

In questo clima di ottimismo si svolsero i festeggiamenti del Centenario della Rivoluzione di Maggio, vera e propria occasione che l‟Argentina sfruttò per mostrare al mondo i successi ottenuti nei campi più disparati: da quello economico, a quello sociale e politico. La popolazione partecipò con entusiasmo ai festeggiamenti, seguendone gli eventi, i dibattiti, le mostre e accogliendo con orgoglio gli illustri visitatori stranieri, giunti nel Paese per l‟occasione. Poeti come Rubén Darío e Leopoldo Lugones levarono i loro canti all‟Argentina e profonde trasformazioni si verificano in campo culturale; si affermarono nuove e popolari manifestazioni artistiche come il tango e la farsa; si avviò un processo di liberazione femminile che trovò nei vari congressi e dibattiti del Centenario importanti occasioni di propaganda e denuncia; si affermò, ancora, una nuova concezione dell‟intellettuale, affrancato dalla politica e impegnato nell‟arte letteraria a tempo pieno.

In realtà quello che non appariva dai festeggiamenti ufficiali fu il malessere sociale crescente dei lavoratori agricoli e urbani; la repressione delle voci dissidenti e anarchiche e un sistema politico basato sull‟arbitrio e sulla mistificazione della democrazia47

. Accanto all‟euforia del Centenario, iniziò a svilupparsi, ben presto, un certo clima di sfiducia e pessimismo. Seguendo i modelli della sociologia positivista, alcuni degli spiriti più riflessivi arrivarono a formulare una diagnosi precisa: la società argentina era inferma e gran parte delle cause erano attribuibili agli immigrati che - in quanto corpi estranei - avevano concorso alla dissoluzione dello spirito nazionale e del suo legame con la tradizione spagnola. Una certa idea nazionalista ispirata al contemporaneo clima

46

A. Diego, Mundo urbano y cultura popular, Buenos Aires, Sudamericana, 1990; L.A.

Romero, Sectores populare ... op. cit; O. Terán, Vida intelectual en el Buenos Aires

fin-de-siglo (1880-1910), Buenos Aires, FCE, 2000.

47 F. Luna, Breve historia ..., op. cit. pp. 114-138; L.A. Romero, Breve Historia

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europeo si diffuse in Argentina nella prima decade del Novecento e trovò il suo apice nei festeggiamenti, quando: i bimbi per bene si

compiacevano di ostentare agli stranieri l’inno nazionale48 .

Benché esistesse una diagnosi precisa sull‟infermità della società platense, diverse furono le soluzioni promosse dall‟oligarchia al potere. Alcuni si dissero favorevoli ad un atteggiamento conciliatore e riformista; altri optarono per un‟attitudine intransigente e repressiva. Particolari preoccupazioni destarono le tensioni e le richieste di riforme, sempre più violente, dei lavoratori della campagna. La situazione nelle varie regioni della «Pampa gringa» era di generale insoddisfazione per il peggioramento delle condizioni dei coloni49, dovuto all‟affermarsi di un‟agricoltura estensiva, basata sugli affitti. Ciò portò alla nascita di un nuovo attore sociale dello sviluppo agricolo argentino: «los chacareros», sottoposti a varie pressioni50.

La caduta dei prezzi internazionali del 1911, insieme ad una prolungata siccità, rese critica la loro posizione. La situazione si fece particolarmente tesa nel sud della Provincia di Santa Fe, da dove nel giugno del 1912 partì un‟imponente rivolta che si estese in tutta la «Pampa gringa», denominata «El Grito de Alcorta». «Los chacareros» chiedevano soprattutto la discesa dei canoni d‟affitto e il prolungamento dei contratti. La protesta venne risolta in modi diversi nelle varie province, ma pochi furono i risultati raggiunti, tanto è vero che nuovi conflitti esplosero nei decenni successivi. Il risultato più importante che «los chacareros» ottennero dopo la protesta fu la nascita della «Federacion Agraria Argentina »51.

La situazione risultava complessa anche nelle grandi città come Buenos Aires e Rosario, dove la massiccia immigrazione aveva creato molteplici problemi d‟integrazione e definizione dell‟identità delle realtà metropolitane. Se, per un verso, dalla contaminazione tra le eterogenee

48 L.A. Romero, Breve Historia contemporánea …, op. cit., p. 35. 49 F.J. Devoto, Storia degli italiani in Argentina …, op cit., pp. 250-282. 50 L.A. Romero, Breve Historia contemporánea …, op. cit., pp. 15-28. 51

La Federación Agraria Argentina, d‟ora in poi FAA, è un‟organizzazione di produttori agricoli fondata in Argentina nell‟agosto del 1912, in seguito alla protesta del «Grito de Alcorta». Da questo momento in poi la FAA s‟impegnerà costantemente a reclamare e rivendicare i diritti dei lavoratori agricoli nei confronti dei proprietari terrieri e delle autorità.

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culture nacquero manifestazioni spettacolari come: il lunfardo e il tango; per un altro verso la presenza di lavoratori adulti, stranieri e analfabeti - spesso dispersi e segregati - rappresentò un terreno fertile per la penetrazione del messaggio rivoluzionario e anarchico. Di fronte all‟anarchismo, lo Stato accentuò la sua attitudine repressiva, specie nel 1910, quando gli scioperi e le proteste raggiunsero il loro apice52. Contemporaneamente, si affermò un nuovo attore sociale del panorama urbano: l‟operaio specializzato, generalmente con un‟educazione di base e, in molti casi, nato in Argentina, deciso, adesso, ad affermarsi socialmente. Questa nuova classe operaia rappresentò il terreno più fertile per la penetrazione del messaggio socialista che, a differenza di quello anarchico, promosse il miglioramento della situazione sociale in maniera graduale e attraverso le riforme.

Altro settore molto attivo e importante nelle realtà urbane fu quello del sindacato; i sindacalisti, come i socialisti, erano a favore delle riforme graduali, ma si mostravano meno legati alla lotta politica e di partito53. L‟attività sindacale fu molto importante per un‟azione di rivendicazione permanente che riuscì ad apportare significativi miglioramenti nelle condizioni di lavoro, a partire dalla diminuzione dell‟orario lavorativo. Tuttavia, essa non bastò ad esprimere tutte le inquietudini sociali, specie quelle delle classi medie, i cui esponenti videro nell‟ascesa individuale

52 Gli strumenti utilizzati dal governo contro i disordini sociali furono eterogenei; tra questi a partire dalla prima decade del Novecento si fece un uso esteso e indiscriminato della La «ley número 4144 o de Residencia». Sancita nel 1902 - in seguito al primo sciopero generale organizzato intorno al porto di Buenos Aires - essa prevedeva 5 articoli che davano al governo la possibilità di espellere dal Paese tutti gli stranieri la cui condotta comprometteva la sicurezza nazionale o l‟ordine politico. La legge fu utilizzata contro gli anarchici e gli estremisti e coincise, peraltro, con un irrigidimento della politica argentina nei confronti dell‟immigrazione, testimoniata anche dalle pratiche di controllo e selezione degli immigrati sul terreno sanitario. Il diffondersi di queste pratiche, rispondenti alle prospettive biologico - razziste del positivismo sociale provocò anche nel 1911 un grosso incidente diplomatico con l‟Italia, noto come «conflitto sanitario», che indusse il governo italiano a proibire per alcuni mesi l‟emigrazione in Argentina.

Su questi temi cfr.: F.J. Devoto, Historia de la inmigración ..., op. cit., pp. 289-293; G. Rosoli, Il Conflitto sanitario tra Italia e Argentina del 1911, in F.J. Devoto, G. Rosoli (a cura di), L’Italia nella società argentina, Roma, CSER, 1988.

53 Il sindacalismo in Argentina fu strettamente legato ad alcune grandi associazioni, come quelle dei ferrovieri, dei lavoratori portuali e navali. Esso contribuì ad arginare la conflittualità nel Paese, svolgendo un‟importante opera di negoziazione tra i lavoratori e lo Stato. In alcuni casi i risultati furono visibili come la proposta progettuale del Codice del Lavoro avanzata nel 1904 dall‟allora ministro Joaquín V. González, di stampo bismarckiano e la creazione del «Departamento Nacional del Trabajo» nel 1907. Su questi temi cfr.: L.A. Romero, Breve historia contemporánea … op. cit. pp. 32-36.

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l‟unico modo per arrivare ad un riconoscimento sociale e quindi ad esercitare un peso maggiore nei settori del potere. Di fronte a questo progressivo risveglio della società argentina, il sistema di governo, messo in piedi dalla tradizionale oligarchia, non resse e i nuovi soggetti politici come la UCR furono pronti a sfruttare la situazione, resa ancora più favorevole dalla riforma elettorale del 1912.

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2.5 I governi radicali e la transizione democratica: 1916-1930

La legge elettorale n. 8.871 - meglio conosciuta come «Legge Sáenz Peña» - istituì un nuovo regime elettorale, basato sul suffragio universale maschile, segreto e obbligatorio, per tutti i nati in Argentina e per tutti i maggiori di diciotto anni che si fossero nazionalizzati. Essa poneva come obiettivi principali un consistente ampliamento della cittadinanza e la tutela delle minoranze54. In realtà nessuno di questi i risultati fu raggiunto in modo soddisfacente, dato che la maggioranza degli immigrati continuò a non nazionalizzarsi55 e che la stessa legge non fu accompagnata da una reale trasformazione dei meccanismi di funzionamento dell‟apparato politico, basato ancora sugli schemi della tradizionale politica oligarchica.

Secondo i membri della tradizionale elite di governo, i nuovi partiti - organizzatisi tra la fine del XIX e l‟inizio del XX sec. attorno ai programmi di mutamento sociale - non avrebbero fatto presa sull‟elettorato argentino, perché tradizionalmente conservatore; dunque, la riforma elettorale non avrebbe rappresentato un pericolo per i loro privilegi di potere. Alle prime elezioni nazionali - svoltesi nel 1916 secondo la nuova formula elettorale - la UCR trionfò, invece, con trecentosettantacinque mila voti contro i duecentocinquanta mila raccolti da tutti gli altri partiti e H. Yrigoyen divenne il primo presidente della nazione eletto a suffragio universale. Attorno a questa inaspettata affermazione della UCR si sviluppò, ben presto, un‟intensa discussione.

54 Secondo la legge del 1912, infatti, i 2/3 delle cariche dovevano andare alla forza che avrebbe vinto le elezioni; mentre il restante terzo andava alla seconda forza elettorale. Essa preveda, peraltro, il sistema della «lista incompleta», ossia la possibilità che l‟elettore aveva di votare anche solo i 2/3 dei candidati, dato che risultavano eletti i candidati che avessero preso la maggioranza dei voti a prescindere dalla lista. Il primo banco di prova della riforma elettorale furono le elezioni che si svolsero nelle province di Santa Fe e Buenos Aires nel 1912; mentre il primo test nazionale fu l‟elezione presidenziale svoltasi nel 1916 che consacrò la UCR alla guida del paese.

Sulla legge elettorale del 1912 passim: H.A. Diaz, Ley Sáenz Peña: pro y contra, Buenos Aires, Centro Editor América Latina, 1983; T.H. Donghi, Vida y muerte de la

Republica verdadera (1910-1930), Buenos Aires, Emecé Editores, 2007.

55 Il problema della cittadinanza si risolverà solamente col passare del tempo ed in modo naturale con l‟esaurirsi delle prime generazioni d‟immigrati. Nelle prime decadi del Novecento, invece la cittadinanza si diffuse molto lentamente anche per il persistere di un certo modello etnico legato al luogo d‟origine promosso dalle varie associazioni, prime fra tutte quelle italiane.

Su questo argomento passim: M.C. Nascimbene, Historia de loso italianos …, op. cit.; L.A. Romero, Breve Historia contemporanea …, op. cit.

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Yrigoyen divenne un vero e proprio problema sia per la destra che per i suoi rivali di sinistra; ci si chiedeva quali fossero le ragioni di un così ampio successo, tanto più che la personalità del nuovo presidente era alquanto riservata e molto lontana da quella degli altri dirigenti politici56. In realtà, la UCR - pur facendo parte di quei «partiti d‟idee»57, sviluppatesi in contrapposizione alle oligarchie tradizionali - non era poi così «nuovo» come partito; la sua dirigenza e i meccanismi di consenso, infatti, erano tradizionalmente basati sulla figura del «caudillo» che concedeva favori ed impieghi, in cambio di voti; mentre del tutto innovativo era il messaggio di rinnovamento e rigenerazione del Paese che Yrigoyen aveva portato avanti con intransigenza fin dai tempi della rivoluzione del 1893. Ma l‟ambiguità con cui venne vista l‟esperienza politica di Yrigoyen e del suo partito risiedeva proprio in questo corto circuito prodottosi tra la rigenerazione delle pratiche di governo - che avrebbe dovuto iniziare con l‟esperienza radicale - e l‟esigenza di doversi rifare ai vecchi costumi politici propri degli antichi regimi. Non sarebbe stato facile evitare questa contraddizione, dato che i meccanismi della politica non erano cambiati e soprattutto che lo stesso Yrigoyen era un uomo della cosiddetta «generazione degli anni „80»; in tale sistema si era formato e questo sistema si guardò sempre bene dal riformare. Non a caso non cambiò radicalmente il sistema della proprietà della terra, limitandosi a correggere alcune concessioni e le vendite irregolari; non modificò nemmeno il comportamento neutrale dello Stato negli affari economici, né le sue relazioni con i capitali stranieri, pur cercando nel

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A questo proposito così si esprime Félix Luna: Qué misterioso hechizo cautivó el

alma de tantos argentinos durante tantos años a la figura de Hipólito Yrigoyen? Jamás pronunció discursos, escribía farragosamente, no se mostraba en público, detestaba ser fotografiado. En las escasas campañas electorales en que estuvo presente, se encerraba en un hotel y sólo salía de allí para regresar. No pisó nunca la mayor parte del territorio argentino. Administraba su silencio: eso sí, magistralmente, cit in: F. Luna, Hipólito Yrigoyen, a 150 años de su nacimiento.Un promotor de la democracia, in www.historiaradicales.org;

Dello stesso parere T. Halperin Donghi e Luis Alberto Romero: De todas maneras,

tampoco ellos podían entender demasiado bien por qué Yrigoyen lograba despertar esas adhesiones que, efectivamente, despertaba. Si esto era un enigma, un problema, un factor irritante, tardó bastante tiempo en transformarse en el problema central de la política argentina. cit in: T.H. Donghi, El enigma Yrigoyen ..., op. cit.

H. Yrigoyen, un misterioso dirigente que nunca hablaba en público, pero incansable en la tarea de recibir a los hombres de su partido, se convertió en un lider de dimensión nacional, cit. In: L. A. Romero, Breve Historia contemporánea …, op. cit., p. 36.

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Figura

TABELLA 12: immigrati italiani in % sul totale  dell‟immigrazione   (saldi immigratori)  Periodo  %  1857-60  79  1861-70  65  1871-80  44  1881-90  57  1891-1900  62  1901-10  45  1911-20  12  1921-30  42

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