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Storia della Germania

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Academic year: 2022

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Storia della Germania a cura di Enza Collotti

Gianfranco Rago11a

Gustav Landauer anarchico ebreo tedesco

Editori Riuniti UP, Roma 2010, pp.447

Solidamente costruita sulla base del fondo Landauer dcli' Archivio dell'Istitu­

to di storia sociale di Amsterdam, di fon­

di archivistici berlinesi e di un ampio spoglio di fonti a stampa a cavallo tra '800 e '900, questa biografia di Gustav Landauer illustra la figura di un'interes­

sante personalità del mondo politico-in­

tellettuale tedesco tra la fine dell'800 e la nascita della repubblica di Weimar. Figu­

ra eclettica, pensatore non sistematico, scrittore prolifico, Landauer (1870-1919) appare rappresentativo di un filone della cultura tedesca che si collocò costante­

mente in rapporto dialettico con il movi­

mento operaio, cui rimproverava burocra­

tismo e determinismo, senza mai perdere il senso di un suo profondo e autonomo protagonismo. Radicato nella filosofia classica tedesca, da Kant a Fichte e so­

prattutto a Nietzsche, Landauer esercitò un indubbio fascino sul mondo culturale della sua epoca proprio in virtù del suo eclettismo, che rende particolarmente si­

gnificativa la ricerca sulla rete delle sue relazioni intellettuali· e dei suoi interlocu­

tori minuziosamente condotta da Ragona.

Traduttore di Kropotkin, seguace di Proudhon, saggista e critico letterario,

«Passato e presente», a. XXX (2012), n. 87

dotato di una straordinaria vitalità cultu­

rale, Landauer non si lascia incasellare in nessuna categoria dottrinale e ideologica tradizionale, rispetto alle quali fu sempre eretico, per cui sfugge a qualsiasi tentati­

vo di racchiuderlo in una definizione ri­

gida. L 'A. analizza con equilibrio e con finezza la complessità della sua figura, cercando di sciogliere le molte sfumature del suo "anarco-socialismo», che lo vide impegnato in prima persona nelle pole­

. miche di fine secolo con l'Internazionale socialista. Tuttavia, alcuni punti fermi del suo apparato dottrinale sono indivi­

duabili, al di là del suo fermo antistatali­

smo. A ragione Ragona individua in que­

st'ultimo la presunta "antipolitica" di Landauer (fin dall'inizio; p. 11), come critica del potere, «rifiuto della politica tradizionale, del partito, del parlamenta­

rismo e in generale della democrazia procedurale».

Sicuramente centrale nella considera­

zione della figura di Landauer è la com­

mistione di messianismo ebraico e di utopia sociale libertaria. Il rapporto in­

tenso con Martin Buber, maturato relati­

vamente tardi nella vita di Landauer, è significativo sia del suo ebraismo (rispet­

to al quale Landauer fu ancora una volta un eretico) sia del suo socialismo (pp.

282-310) .. Altrettanto importante fu la sua concezione del processo rivoluziona­

rio e del superamento del capitalismo, superamento pacifico mai identificato

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lì I

190 SCHEDE

con· un unico atto rivoluzionario. Per Landauer la pratica del cooperativismo e la pedagogia libertaria dovevano essere le leve di un'azione permanente destina­

ta a iealizzarc la trasformazione sociale, in sintonia per la seconda parte con un altro grande poeta libertario: Erich MUh­

sam.

La. guerra mondiale alimentò un altro filone del pensiero di Landauer che emer­

se tardivamente, il pacifismo. E su que­

st'ultimo terreno egli, a dispetto di .chi vedeva iff lui un eversore, coltivò un inte­

resse particolare (di cui non avrebbe po­

tuto vedere le conclusioni illusode) per il presidente Wilson. I suoi presupposti co­

munitari e la sua predilezione per la de­

mocrazia diretta non potevano non coin­

volgere Llndauer nella rivoluzione di no­

ve�bre in Germania, nella stagione dei consigli. Alla metà di novembre del 19 I 8 fu cooptato in Baviera nel consiglio rivo­

luzionario dei lavoratori;nell'aprile del 1919 alla proclamazione della repubblica dei consigli in Baviera fu nominato com­

missario del popolo per l'istruzione po­

polare, alla quale dedicò gli ultimi suoi progetti.L'esperimento consiliare .non durò più di una settimana, spazzato via dalla controrivoluzione e dalla violenta repressione delle soidataglie dei Corpi franchi: anarchico non• violento, idealista e «politico di confme, anarchico e socia­

lista insieme» (p. 452), il I O maggio del 1919 Landauer fu tra le vittime più illu­

stri della controrivoluzione. Libertario ed ebreo, anticipò emblematicamente la sor­

te che gli eredi dei Corpi franchi, i nazi­

sti, avrebbero riservato pochi lustri dopo nella patria tedesca ai diversi.

· Enzo Co/lotti

C/audius To.rp ·

Konsum und Politik in der Weimarer Republik

Vandenhoeck & Ruprecht, Gottingen 20ll,pp.382

Tra i molti studi che continuano a uscire sulla repubblica di Weimar questo

di Torp è sicuramente 11110 dei più origi­

nali e dei più stimolanti. Affronta un problema che può apparire soltanto a os­

servatori superficiali secondario, ma che già alla metil del secolo scorso avveni­

menti politici e crisi cconmnico-sociali avevano posto ul centro delle sorti di un sistema democratico (basti pensare a Roosevelt): il ruolo del consumatore co­

me soggetto politico, al centro di molti studi nel)a sociologia e nella politologia soprattutto statunitensi e meritevole di attenzione in una dimensione comparata, che è una parte solo accennata e non svi­

luppata compiutamente nel lavoro del re­

sto già molto denso di Torp.

I consumi dei quali si occupa l' A. non sono quelli del consumismo dei tempi nostri ma, semplificando al massimo, quelli dei beni di prima necessità, che giustificano l'interventismo dello stato a tutela appunto dei consumatori, quasi a prefigurare un ordinamento razionale del consumo. La ricerca dell'A. prende le mosse dal passaggio nella Germania sconfitta del 1918. dalle ristrettezze im­

poste alla popolazione dall'economia di guerra (razionamento dei generi a)imen­

tari. e controlli di vario tipo) al tentativo di restituire alla popolazione, con parti­

colare riguardo ai ceti più deboli, con un adeguato livello dei rifornimenti, un equilibrato tenore di vita collettivo e un . giusto. livello dei prezzi. Un nucleo di problemi che illumina molto bene la re­

lazione con .la cittadinanza, che fu ogget­

to di ampio dibattito soprattutto nei pri­

mi anni di · fondazione anche costituzio­

nale della prima repubblica tedesca e che investe .direttamente pure il rapporto non sempre immediatamente percettibile tra politica dei consumi e cultura politica.

Il campo di ricerca affrontato da T�rp è assai più vasto di quanto non sembn a p1ima vista, poiché non investe solta�t�

il terrenò del consumo dei beni matenah ma anche ir consumo culturale, secondo una. tradizione che ha illustri precedenti nella. sociologia weimariana (basti ricor­

dare il nome di K.racauer). Fondata su

una ricognizione molto ampia di fonti - archivi dei dicasteri economici, delle as­

sociazioni dei consumatori, pubblicazio­

ni periodiche di categoria oltre che stam­

pa generalista - l'indagine studia in pri­

mo luogo il livello dell'interventismo statale senza trascurare peraltro il ruolo delle amministrazioni comunali, in cui il colore politico dei partiti assume un peso forse anche più evidente nell'indirizzare il tipo e la qualità dell'intervento. Basta dare un'occhiata alle tabelle (pp. 222-23) sull'intervento delle amministrazioni nel­

le città con 200.000 abitanti e oltre per quanto riguarda rifornimenti di acqua, erogazione di gas, impianti sportivi, tra­

sporti urbani, investimenti per teatri e or­

chestre, per avere un'idea del peso dell'intervento pubblico nei settori consi­

derati.

Tra i molti filoni che tocca questa ri­

cerca emergono anche problemi che co­

noscevamo in altri contesti, come la poli­

tica di controllo del consumo dell'alcool, un vecchio tema della storia del movi­

mento operaio, che offre l'occasione per spunti sui destinatari di genere dell'inter­

vento pubblico. Accanto al pubblico ma­

STORIA DELLA GERMANIA .191

cap. IV. Si tratta infatti di un settore in cui non sempre è appropriato usare la �a­

tegoria del consumo ma subentra nell'ot­

tica della politica culturale pubblica il concetto della cultura, della formazione (nell'accezione classica di Bildung), cbe richiede quindi distinzioni e sottigliezze interpretative, senza le quali le realizza­

zioni culturali della repubblica di Wei­

mar, non a caso così odiate e· cancellate dai nazisti, sarebbero difficilmente com0 prensibili, specialmente per quanto ri­

guarda il teatro e la musica, nei quali fu fatto un investimento che · non ha alcun confronto in nessun altro paese d'Europa.

Considerazioni analoghe si potrebbero fare anche a proposito di altri settori.for­

se anche più noti e visibili, come l'edili­

zia comunale, che sottolineano l'amp.iez­

za e la dimensione della ricerca e che ne fanno una lettura particolarmente impe­

gnativa.

� Peter Longerich

Joseph Goebbels. Biographie Siedler Verlag, MUnchen 2010, pp. 910 schile, sotto altri rispetti le associazioni Tra i protagonisti del Terzo Reich delle casalinghe sottolineano il ruolo del- Goebbels è sicuramente, dopo Hitler, il le donne come consumatrici (in quanto più biografato, colui sul quale più ricca e madri e protagoniste della gestione dei diversificata è la pubblicistica prodotta bilanci familiari) e come tali come prota- ormai in più di 60 anni dalla fine della goniste nella formazione di una coscien- guerra. Più che legittimo perciò doman, za politicizzata dei consumatori. Di fron- darsi quale nuovo contributo può· veriire te alla estrema densità di una trattazione da questo ponderoso volume - 700 pagi­

. che affronta i settori più diversi del con- ne di testo e poco meno di 200 tra note e sumo, cercando almeno in teoria di fissa- bibliografia - ad. opera di un autorevole re le necessarie distinzioni concettuali, il studioso del nazismo. Scrittore tutt'altro lettore avrebbe desiderato un maggiore che avaro, autore fra l'altro di un'impor­

approfondimento di taluni filoni. tante biografia di.Himmler, Longerich ri­

Nell' epoca della cultura di massa, che a prende in esame la figura di· Goebb.els s�

Weimar appunto· celebrò uno dei suoi cui. I' ambiguità tra propaganda e realt_a momenti più significativi, la problemati- immanente alla sua collocazione al verti­

ca dell'intervento pubblico di fronte al ce del potere nazista ha creato una vera e consumo culturale, in particolare in rap, · propria mitologia, che si è �limentata an­

porto. alfa produzione cinematografica che post mortem. c�� · le c1r�o?tanze r�­

ma non· solo, assume un rilievo del tutto manzesche del smc1d10-om1c1d10 collettt­

speciale, come sottolinea l' A. in un inie- vo del suo nude; familiare sulla scia del ressantissimo paragrafo (pp. 269-91) del suicidio del Fiihrer.•

(3)

192 SCHEDE

Un riesame complessivo della figura di Goebbels probabilmente si imponeva dopo che l'lnstitut filr Zeìtgeschichte di Monaco di Baviera ha portato a compi­

mento la pubblicazione dell'edizione cri­

tica del suo Tagebuch, 32 volumi che so­

no insieme diario personale e cronaca del regime, la più completa disponibile che, depurata dell'autoincensamento con il quale Goebbels esalta se stesso, rap­

presenta pur sempre una fonte di primis­

sima rilevanza per la ricostruzione stori­

ca. Il lavoro di Longerich procede lungo due direttrici principali: la ricostruzione storica in senso stretto del ruolo svolto da Goebbels tra gli artefici del regime e la ricerca delle motivazioni alla base del­

la sua vicinanza e fedeltà al FUhrer, che fece sì che spesso anche nella sua vita privata la presenza di Hitler si presentas­

se come una componente indissolubile.

Nell'equilibrio tra queste direttrici della ricerca ci sembra che l' A. insista troppo nell'attribuire alle componenti psichiche della personalità cli Goebbels - il suo narcisismo e il suo «mai appagato biso­

gno di riconoscimento», come si esprime - la molla principale dei suoi comporta­

menti, mettendo in ombra gli aspetti più strettamente politici della sua ispirazio­

ne. Dotato di un temperamento iperatti­

vo, Goebbels arrivò a cumulare nel corso degli anni ingenti porzioni di potere.

L'idea che tutto ciò sia stato possibile solo per smodata ambizione di potere e non anche per le dinamiche interne al re­

gime nelle quali Goebbels si mosse ope­

rando scelte funzionali al sistema non appare del tutto convincente.

Viceversa, la minuziosa analisi cui l' A. sottopone i passaggi dell'ascesa po­

litica di Goebbels è assai utile per infran­

gere il mito ricorrente nella pubblicistica di una· sorta · di inarrestabile ascesa del genio della propaganda nazista. Il discor­

so sui limiti delle sue competenze e sulla rivalità cui andò incontro, al dì là di og­

gettivi ostacoli di carattere amnùnistrati­

vo o politico, nella costruzione della sua carriera, riportano la figura di Goebbels

sul terreno reale della lotta politica all'interno del regime e delle tensioni in­

terne che ne caratterizzarono lo sviluppo e anche la tenuta. I capitoli sugli anni dal 1933 al 1939 in cui Gocbbels pose le ba­

si strutturali del dominio pressoché asso­

luto sul controllo dell'opinione pubblica (pp. 209-421) risultano centrali nel pro­

cesso di omogeneizzazione della società tedesca, con la creazione degli strumenti che avrebbero consentito di acquisire il monopolio non solo dell'informazione ma anche della formazione dello spirito pubblico. Se anche non riuscl a monopo­

lizzare interamente il controllo della vita culturale, il ministero della Propaganda acquisì un'importanza strategica ben al di là del campo della comunicazione po­

litica in senso stretto. Se si pensa alla ca­

pacità con la quale seppe realizzare il controllo su tntti gli strumenti mediatici - la stampa, la radio, il cinema -, facen­

do leva inoltre sulle grandi campagne di massa promosse a sostegno del regime, dai falò dei libri proibiti ai pogrom con­

tro gli ebrei, sarebbe difficile sottovalu­

tare il peso specifico che la personalità di Goebbels assunse nel regime. Così co­

me la sua opera fn fondamentale per la preparazione psicologica del popolo te­

desco alla guerra, altrettanto lo fn negli anni del conflitto per la tenuta del fronte interno.

È chiaro che per quest'ultima parte lo scarto tra la propaganda e la realtà si sa­

rebbe rivelato particolarmente stridente, una volta vennta meno la fase dei trionfi nùlitari che avevano a loro volta alimen­

tato ed esaltato sino al ridicolo una pro-.

paganda trionfalistica. Vero è che le con: dizioni della guerra inasprirono anche I confiitti interni con altri esponenti del re­

gime (ad es. con il ReichspressechefDie­

trich) e resero più difficili anche i rap­

porti personali tra Goebbels e il FUhrer impegnato nei suoi compiti milit�ri.

Guerra, guerra totale, disfatta totale,

titola l' A. l'ultima parte sul periodo 1939-1945 (pp. 423-673), apparentemen­

te la più scontata, ma in realtà queJla che

riserva non pochi spunti problematici:

basterebbe pensare alle divergenze - tut­

tavia mai esplose - con Hitler sulla poli­

tica nei territori orientali occupati o ai crescenti conflitti con gli altri dignitari del regime nella gestione dell'ultima fase della guerra.

Una considerazione in particolare ci pare risulti chiara da questa ampia ricer­

ca, ed è forse la sua acquisizione princi­

pale: il ruolo politico relativamente se­

condario giocato da Goebbels, che si conferma come il protagonista e il capo della propaganda nazista ma non certo come il consigliere politico di Hitler che non fu mai.

Enzo Co/lotti Friedrick Kellner

"Vernebelt verdunkelt sind allcHirne".

Tagcbilcher 1939-1945 Hrsg van Sascha Feuchert, Erwin Leibfried, Jiirg Riecke e Markus Roth

Wallstein Verlag, Gottingen 2011, 2 voll., pp. 1128

Friedrich Kellner era un funzionario di grado intermedio dell'amministrazio­

ne giudiziaria di una cittadina dell'Assia non lontana da Francoforte. Iscritto al Partito socialdemocratico negli anni del­

la repubblica di Weimar, nel periodo na­

zista della sua vocazione politica con­

servò soprattutto l'orrore della guerra e un fervente pacifismo, virtù difficilmen­

te conciliabili con l'ideologia dominan­

te. Non a caso comincia a scrivere que­

sto diario il 26 settembre 1938, alla vigi-.

lia del patto di Monaco, quando spirano 1

1 · già i venti di guerra. Vuole fissare sulla Carta le opinioni correnti dei suoi concit- 1 t�dini che sente circolare intorno a sé,

I

ncavandone il ritratto di un popolo ac- 1 cecato dalla propaganda, che evidente­

i rnente corrisponde a corde segrete della i sua anima, e cessa di scrivere il 17 mag­

i

gjo 1945, quando le ostilità sono già fi­

i n11e e gli americani insediano l' ammini­

i ' ' I

STORIA DELLA GERMANIA 193

straziane provvisoria anche nella sua cit­

tadina.

Si tratta di un documento. per molti versi straordinario, finito nelle mani di un _nipote �ell'autore, figlio del figlio emigrato pnma della guerra negli Stati Uniti e ritornato in Germania come sol­

dato americano. Riemerso. tardivamente e quasi casualmente dalle carte del nipo­

te, come ricostruiscono attentamente i curatori di questa edizione ( con la èolla­

borazione dello stesso nipote Robert Martin Scoli Kellner) in appendice al sec condo volume, non è un racconto a tutto tondo della vita quotidiana sotto il Terzo Reich ma una sorta di corpo a corpo quotidiano tra l'autore e i protagonisti della grande opera di mistificazione che immerse i tedeschi in un mondo fittizio, in cui le parole avrebbero dovuto pesare più dei fatti. Pochi testi come questo danno il senso del distacco dalla realtà su cui contavano gli artefici del ristretto vertice nazista; un libro da mettere insie­

me ai diari di Goebbels e di Klemperer e alle cronache ricostruite da Kempowslà per rendersi conto dello sdoppiamento di prospettiva cui erano sottoposti i tede­

schi sotto il nazismo e degli strumenti con i quali i gestori del potere speravano di realizzare la costruzione del consenso.

L'autore. del diario è consapevole sin dalle prime pagine di essere «un predica­

tore nel deserto» (p. 18), con accenti quasi profetici: nell'agosto del 1939, nel­

la previsione dell'aggressione alla Polo-.

nia,. scrive con tutta semplicità: «Nessu­

no pensa che domani potrà essere ricac­

ciato (il nostro esercito) dalla sua terra con Io stesso "diritto"» (p, 17). Il 26 set­

tembre 1938 aveva annotato: «Il mio punto di vista: la guerra dovrà portare al­

la ragione l'intero popolo. Purtroppo di essa dovranno soffrire i pochi tedeschi dotati di ragione e intelletto, è destino.

Soltanto quando tutti saranno riportati al­

la consapevolezza, ossia quando avranno a sentire la guerra nel loro stesso paese,

· crescerà "forse" una generazione che farà fuori tutti i brutajjtedeschi, presun-

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tuosi e mìllantatori» (p. 15). Un'affenna­

zione quasi programmatica. Già il 13 set­

tembre 1939 può constatare: «Sci anni di propaganda nazionalsocialista di fatto hanno completamente annebbiato i cer­

vellì del popolo tedesco. Incredibile - ma purtroppo vero» (p. 21), Oscillando continuamente tra ingenuità e indignato stupore il diarista mette il dito su tutte le ferite che il Reich nazista infligge ai suoi vicini e a una parte del suo stesso popo­

lo: gli ebrei, oggetto di ripetute indignate note (pp. 33, 38, 61 e passim) e di altret­

tanto facili profezie: «Un giorno i prota­

gonisti (die Ttiter) saranno scomparsi, ma i risultati delle loro azioni continue­

ranno a vivere» (p. 38). Sono pochi frammenti di un ininterrotto rosario di infauste previsioni. Dopo l'invasione della Norvegia, altro che «azioni eroi­

che»: «Nessuno si accorge che ci stiamo comportando conie cani rabbiosi» (p. 63, 10 aprile 1940).

L'invettiva del!' A. sì rivolge più con­

tro il popolo tedesco che contro la tiran­

nia e la bonzocrazia, più contro le poten­

ze estere che non hanno capito la perico­

losità di Hitler ( «questo clown della sto­

ria universale», p. 65), più contro i gene­

rali che disonorano l'esercito tedesco ag­

gredendo alle spalle la Francia, calpe­

stando Belgio e Olanda, come se nessu­

no avesse . .;ai previsto l'aggressività del, la Germania nazista: dagli anatemi di Kellner si salva soltanto Churchill, inter­

venuto all'ultimo momento a salvare l'Inghilterra. Le sconfitte italiane in Gre- eia e in Africa fanno facilmente prevede­

re la scomparsa.dell'Italia dal Mediterra­

neo: un altro passo falso dei progetti na­

zisti, al pari dei bombardamenti delle città inglesi che ebbero in risposta il ter­

rore aereo sulle città tedesche.

Kellner è animato dall'incrollabile certezza che la Germania vada incontro a una colossale catastrofe. L'aggressione all'Urss e gli immancabili trionfi delle prime settimane, accompagnati dalla cer­

tezza di tanti conformisti che il colosso sovietico sarebbe stato abbattuto in. po-

che settimane, non lo scuotono dal suo incessante esercizio di leggere sollo le menzogne della propaganda il lento pro­

cedere di un popolo verso la sua perdi­

zione; il 28 ottobre 1941 da un soldnto in licenza apprende i «terribili orrori» per­

petrati in Polonia contro gli ebrei (p.

191 ), altro segnale che rafforza la sua convinzione che soltanto sul terreno del­

la giustizia e delle amichevoli relazioni tra popoli sarebbe possibile avviare svi­

luppi pacifici: da buon socialdemocratico è antibolscevico ma anche, sulla base dell'esperienza della prima guerra mon­

diale, ha introiettato l'orrore per la guer­

ra. Alla vigilia di Stalingrado è più che mai convinto di poter affermare che «a questa guem1 totale farà seguito la scon­

fitta totale» (p. 399).

Le poche citazioni che abbiamo potu­

to fare in questa sede servono solo a dare un'idea del valore di questa testimonian­

za, rimasta sepolta nell'oblio quasi ine­

splicabilmente per tanti decenni, quasi un ininterrotto grido di protesta contro il lungo «sonno dell'Europa» dinanzi al montare della minaccia nazista e la rive­

lazione della segreta sofferenza di un te­

desco dinanzi al lento ma inesorabile suicidio della Germania.

Enzo Co/lotti Ordnung und Vernichtung.

Die Pollzei im NS-Stàat

Hrsg vo11 der Deutschen Hoclzschule der Polizei, Miinstei·,

und Florian Dir/, Mariana Hausleifller, Martin Hèilzl und A11dreas Mix

Sandstein Verlag, Dresden 2011, pp.320

Viene qui pubblicato il catalogo della omonima mostra promossa dalla De?t­

sche Hochschule der Polizei ed allestita presso il Deutsches Historisches M?­

seum di Berlino (1 ° aprile-31 lugl10 2011). L'esposizione, attraverso una im­

ponente mole di materiale fotogr�fic�, archivistico, pubblicistico, di mamfestt,

distintivi e altri oggetti di uso corrente, illustra con grande rigore scientifico ma anche in una forma accessibile al grande pubblico in quale misura la polizia tede­

sca si legò nel suo insieme al regime na­

zist_a, divenendo uno degli organi princi­

pali del terrore e della distruzione dei più elementari diritti umani. Viene cosl defi­

nitivamente sfatata una leggenda che era stata tenacemente propagata nella Re­

pubblica foderale (Brd) nell'era Ade­

nauer sino ad anni relativamente recenti e che, in perfetta analogia con quanto era avvenuto per la Wehm1acht, aveva attri­

buito esclusivamente alla cerchia delle SS e della Gestapo la responsabilità dei crimini perpetrati dallo Stato nazista, ac­

creditando la falsa immagine che la Poli­

zia criminale c la stessa Polizia d'ordine avessero mantenuto un comportamento

"apolitico" e "altamente professionale" e avessero continuato ad agire nella sfera del diritto.

li catalogo, corredato da puntuali di­

dascalie e da brevi ma densi saggi di ri­

costruzione storica che ripercorrono le vicende dei diversi apparati della polizia tedesca dagli anni di Weimar al periodo nazista, dimostra non solo l'adattamento e la sostanziale continuità delle strutture organizzative, delle immagini del nemico e del personale in servizio durante la re­

pubblica nel nuovo scenario segnato, do­

po l'avvento al potere di Hitler, dagli ar­

resti di massa e dalla pers.ecuzione capil­

lare degli oppositori politici, ma anche il loro inglobamento dapprima nello Stato discrezionale e razziale e in seguito nelle azioni di repressione, di "pulizia etnica"

e di genocidio nell'Europa occupata du­

rante .la seconda guerra mondiale. È ap­

pena il caso di aggiungere che, come è ampiamente illustrato nella mostra, il centro motore di questi processi furono la Gestapo e l'Ufficio di sicurezza delle SS. Tuttavia, il contributo più originale dei volume è rappresentato dalle pagine dedicate alla Polizia d'ordine e alla Poli­

zia criminale. Dopo la centralizzazione d1 tutti gli apparati nell'ambito dell'Uffi-

195

cio centrale per la sicurezza del Reich entrambe svolsero un ruolo fondamenta:

le nell'assecondare, già nella fase prece­

dent� lo scatenamento della guerra, tutti i passz verso la radicalizzazione del regi­

me nella persecuzione di tutti gli "estra­

nei" alla Volksgemèinschaft, dagli ebrei ai cosiddetti «asociali», ai Sinti e Rom, attraverso gli arresti, le ricorrenti razzie e l'invio nei campi di concentramento.

Da questo punto di vista emblematica appare la fusione della Polizia criminale con la Gestapo avvenuta nel 1936 e l'azione sistematica svolta dalla prima nel campo della «igiene razziale», e cioè dell'estirpazione dalla «comunità popo­

lare» di tutti. i soggetti «devianti», dalla criminalità comune agli omosessuali, al ribellismo giovanile, agli emarginati so­

ciali, ai «renitenti al lavoro». In tale cono testo molto opportunamente si mette in luce la competenza diretta della Polizia criminale nella segregazione, nell'inter­

namento e poi nella deportazione e nello sterminio dei Sinti e Rom del Grande Reich. In seguito, durante la· guerra, la Polizia d'ordine svolse una funzione centrale nel controllò del territorio nei paesi occupati e nel ·sistema di repressio­

ne contro gli avversari politici e i movi­

menti. della Resistenza, nonché contro le componenti delle popolazioni sottomesse che per· motivi ideologici o razzistici vennero private di ogni diritto o condan­

nate direttamente allo sterminio. Tra i di­

versi ambiti sono qui documentati la lot­

ta antipartigiaoa e la connessa «guerra ai civili» che caratterizzò soprattutto, ma non solo, le aree balcaniche, la Polonia e i territori sovietici occupati, la sorve­

glianza e il rastrellamento dei ghetti, il controllo dei treni e l'invio degli ebrei verso i cainpi di sterminio, ma anche omicidi di massa in tutto simili a quelli perpetrati dalle Einsatzgruppe� delle _s�, l'impiego coatto dei lavoraton stramen, il trapianto dei Volksdeutschen e l'espul­

sione delle popolazioni residenti dalle aree geografiche destinate alla «germa­

nizzazione». Per parte loro, durante la

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196 SCHEDE

guerra i funzionari della polizia crimina­

le collaborarono strcHamcnte con la Ge­

stapo nella difesa del cosiddetto fronte della madrepatria, comminan<lo. le misu­

re più estreme contro i "nemici interni", i disertori, i lavoratori stranieri e i prigio­

nieri di guerra, pmtecipando alle esecu­

zioni di massa che insanguinarono la Germania alla vigilia del crollo del Ter­

zo Reich, mentre nei territori occupati proseguirono su scala più allargata e vio­

lenta l'azione già intrapresa negli anni '30 e volta al «risanamento» della so­

cietà e all'annientamento di «banditi», criminali, asociali e Zige1mer.

Ma i meriti di questo volume non si esauriscono qui. Esso, infatti, non elude un altro tema scottante, e cioè l'estrema difficoltà con cui nel secondo dopoguer­

ra all'interno della polizia della Brd si procedette a una "resa dei conti" con il passato nazista. A differenza che nella Ddr, laddove, sia pure all'insegna dei ca­

noni dell'ideologia ufficiale di Stato, venne portata a termine una radicale epurazione degli elementi compromessi con il regime hitleriano, nella Germania di Adenauer si assistette ad una impres­

sionante continuità del personale e dei funzionari di polizia, alla mancata san­

zione della maggioranza dei crimini da essi commessi, al reintegro nel servizio o all'esercizio di cariche pnbbliche anche da parte di soggetti coinvolti in massacri e in azioni criminali. Convergevano in questo senso la volontà delle forze di go­

verno di non turbare la «riguadagnata se­

renità» del popolo tedesco e comporta­

menti di diffusa omertà tra i «vecchi ca­

merati». Una fortunata pubblicistica da parte di personaggi autorevoli che aveva­

no ricoperto nel periodo nazista posti di responsabilità negli apparati di polizia, e di cui vengono ricostruiti i profili biogra­

fici, contribuì a scagionare la Polizia d'ordine e la Polizia criminale e coloro che, ai diversi livelli, vi avevano fatto parte o avevano sfruttato per le loro car­

riere le molte opportunità offerte dal re­

gime.

Soltanto nel 1958, l'istituzione della Ze11trale Stelle con sede a Lu<lwigsburg, volta a perseguire i crimini nazisti per­

petrati al <li fuori dei confini del Reich, avviò, tm gli altri, una serie <li processi rivolti specificamente agli appartenenti ai battaglioni della Polizia <l'ordine coinvolti in operazioni <li sterminio <li massn nella Polonia occupata (emblema­

tica la vicenda del Battaglione 101). Al di là del loro spesso deludente esito giu­

diziario, tali procedimenti, accanto alle spinte nella società civile ad «osare più democrazia» e all'impegno di una nuova storiografia non più condizionata dai precedenti orientamenti nazionalconser­

vatori, contribuirono in misura determi­

nante alla rinascita della sfera pubblica e al riconoscimento da parte dei pubblici poteri della memoria critica del passato nazista come parte integrante .dell'iden­

tità democratica della Brd. Tutto. ciò avrebbe aperto la strada anche ad una assunzione di responsabilità rispetto a tale passato da parte delle stesse autorità di polizia di numerosi Uinder. La stessa promozione di questa mostra costituisce in questo senso un segnale di indubbia rilevanza.

Claudià Natoli

Vom literarischcn Zentrum

� Kerstin Schoor

zum literarischcn Ghetto Wallstein Vedag, Géittingen 2010, pp.579

È stato autorevolmente detto che la storia della letteratura ebraico-tedesca si identifica con la storia intellettuale di Berlino. Basterebbe questa constatazion_e per comprendere il significato di una n­

cerca preziosa e minuziosa come quella presentata dalla Schoor, docente _all_a Freie Universitlit di Berlino, che cosutm­

sce una smta di censimento di quanto gli scrittori ebrei di lingua tedesca h�nilo prodotto negli anni della persecuz10ne nazista. È un catalogo impressionan�e anche soltanto dal punto di vista quanu-

tativo in cui si sommano gli scritti appar­

si in pubblico, ovviamente per il solo pubblico ebraico, fin quando fu consenti­

ta una attività editoriale agli ebrei in Germania (ossia formalmente fino al 1943), la cui cessazione definitiva coin­

cise con le grandi deportazioni e quindi con il venir meno del pur ristrello pub­

blico al quale questa attività era riserva­

ta, e gli scrilli costrelli dall'ostracismo razzista a rimanere consegnati negli ar­

chivi. Lavorando su moltissime fonti a stampa e d'archivio -tra queste in parti­

colare quelle dello Yad Yashem di Geru­

salemme e dell'Archivio letterario di Marbach - l'A. ha ricomposto il quadro d'insieme di una produzione letteraria che in buona parte risulta inedita al pub­

blico odierno.

Come sottolinea l'A, pur dopo l'emorragia <lell'emigrnzione intellelluale ebraica in Germania rimasero allivi non meno di un migliaio di autori ebrei, 146 tra giornali e riviste ebraiche, concentrati per la maggior parte a Berlino, come vuole evidenziare sin dal titolo il libro.

Questo significò l'esistenza di una lelle­

ratura ebraico-tedesca profondamente di­

versa da quella che si sviluppò nell 'emi­

grazione, per il fatto stesso di doversi esprimere sotto la dittatura nazista e di non potersi in alcun modo prnnunciare contro il regime: un dato• tutt'altro che secondario per considerare la problema­

ticità dell'approccio alla sua valuta.zione.

Una delle ragioni certamente per le quali l' A. sottolinea l'assenza di studi nel campo specifico storico-lètterario attenti nei confronti di questa letteratura, gene­

ralmente trascurata perché semplicemen­

te noil conosciuta o di difficile reperic mento COllle attesta per l'appunto la pre­

sente ricerca.

Merito dell'A. è quello di avere colto con finezza che la «ricostruzione di un capitolo dimenticato dello sviluppo della storia della letteratura in Germania,, (p.

30) implica una lettura tra le righe lonta­

na dalla rozzezza della letteratura nazista

STORIA DELLA GERMANIA 197 come dall'impronta antinazista della let­

teratur� �elJ'emigrazione. Da questo punto d1 vista l' A. pone giustamente l'in­

terrogativo su cosa potesse significare fare cultura specificatamente ebraica nel­

le condizioni date, per concludere analiz­

zando le ragioni per le quali era impossi­

bile realizzare quell'assùnto, e non solo per l'estrema · interiorizzazione in cui le condizioni esterne costringevano gli au:

tori e per l'impossibilità di un dibattito che fuoriuscisse dalla propria ristretta soggettività. Nonostante il fallimento (verrebbe di dire inevitabile) di qualsiasi tentativo di affennare una specifica iden­

tità culturale ebraica nel quadro imposto.

dalla persecuzione, l'A. non rinuncia· al tentativo di periodizzare.le tappe dell'at•

tività culturale ebraica, parallelamente allo sviluppo della persecuzione e al suo inasprimento progressivo, dopo il po­

grom del novembre 1938 e soprattutto dopo la chiusura definitiva di ogni possi­

bilità di emigrazione nell'autunno del 1941 nonché l'inizio delle deportazioni da Berlino e dell'imposizione del lavoro forzato agli ebrei sopravvissuti (il ben noto caso di Victor Klemperer) in matri-

monio misto. ·

Nella storia della ricezione di questa letteratura I' A. rievoca brevemente la sorte che essa subì dopo il 1945 nelle due parti della Germania divisa, incon­

trando per ragioni diverse sostanziale incomprensione anche perché si trattava di un fenomeno non conosciuto e co­

munque non inquadrabile in nessuna ca­

tegoria precostituita. Di questo libro co­

sì affollato di nomi non abbiamo fatto citazioni di autori, pur consentendo con I' A. che la figura probabilmente più no­

tevole che emerge in questo panorama è quella della poetessa e narratrice Ger­

trud Kolmar, nelle cui lettere la Sc�oor rinviene la traccia della «accrescmta importanza di Spinoza per l'in�ellettua­

lità ebraica in Germania dopo il 1933»

(p, 448). Enzo Collolli

(6)

198 SCHEDE

Zwangsarbcit. Dic Deutschcn, clic Zwangsarbcit.er und dcr Krié.g Beg/eilbmul wr A11sstellung, hrsg1•011 Volkhard K11igge, Rikola-G111111ar Lil11gc11a11 und Je11s-Christia11 \Vag11er ìm Auftrag der Stiftung Gedenkstiillen Buchenwald und Mi1te/ba11-Dora Druckhaus Gera, Weimar 2010, pp.253

Si tratta del catalogo dell'omonima ..

esposizione, promossa dalla Stiflung Ge­

denksttitten Buchenwald und Mittelbau­

Dora, ente moltò attivo che si avvale di un comitato scientifico internazionale presieduto da Norbert Frei, inaugurata il 27 settembre 20 I O allo Jildisches Mu­

seum di Berlino, divenuto ormai un luo­

go _di elaborazione culturale e proposta

visuale a tutto campo.

Il tema del lavoro forzato sotto il Ter­

zo Reich è stato oggetto negli ultimi die­

ci anni di una crescente attenzione, con�

nessa con l'apertura dell'ennesima (e con ogni probabilità ultima) stagione. di risarcimenti collettivi. Nel 2000 è stata creata col precipuo compito di provvede­

re a. indennizzare gli Zwa11gsarbeiter la fondazione Erinnerung, Verantwortung und Zukunft, con un capitale iniziale di circa 5,2 miliardi di euro, provenienti per . metà dal bilancio federale e per. metà da grandi aziende tedesche. Tale iniziativa si è' chiusa nel 2007 e ha riguardato solo marginalmente i prigionieri italiani, sia perché gli internati militari sono stati esclusi dagli indennizzi, sia perché i rap­

porti coi paesi occidentali erano stati re­

golati da· restituzioni operate nel dopo­

guerra. La fondazione ha in ogni caso abbinato alla gestione delle E11tschiidi­

gt111ge11 la promozione di un ampio spet­

tro di· progetti scientifici e didattico,di­

vulgativi. Anche grazie al suo appoggio negli ultimi anni si· sono dunque molti­

plicate ricerche sul tema, a cui si· sono affiancate raccolte di documentazione e testimonianze, l'apertura di portali inter­

net o mostre locali, nonché l'avvio di un lavoro di catalogazione di materiali ar-

chivistici su larga scala promosso dal Bundesarchiv. La stessa fondazione ha infine sostenuto e patrocinato l'org;miz­

zazionc dell'importante esposizione ber­

linese che qui presentiamo.

La mostra lm dunque inteso riallac­

ciarsi a tale ciclo di studi e iniziative, proponendo per la prima volta una rap­

presentazione organica e articolata del fenomeno del lavoro coatto. Si tratta di uno sforzo pienamente riuscito, dato che i curatori hanno costruito un percorso ca­

pace di coniugare chiarezza ed efficacia espositiva con l'attenzione a restituire quadri categoriali, momenti periodizzanti e complessità analitica. Ampia la mole di documenti visivi, materiali d'archivio, carte e grafici in gran parte inediti, rac­

colti grazie ad un sondaggio in numerosi archivi pubblici e privati tedeschi, ma anche statunitensi ed esteuropei. Un'im­

mediata esemplificazione delle vicende degli Zwangsarbeiter è affidata a una se­

rie di percorsi biografici corredati da vi­

deointerviste, parte di un più ampio pro­

getto di raccolta di testimonianze su sca­

la europea perseguito negli ultimi anni.

Seguendo un modello ormai collauda­

to, data la ricca tradizione di mostre sto­

riche sull'esperienza nazista nell'area germanofona, l'esposizione si articola secondo uno schema quadripartito: una prima sezione dedicata alla Vorgeschich•

te, ovvero all'elaborazione di una _serie di politiche e normative negli anni '30, le due sezioni centrali relative alla radi­

calizzazione ed estensione del fenomeno su scala europea negli anni di guerra, e una quarta sui problemi apertisi · nel· do­

poguerra.

Nella prima parte (Assuefazione. Vio­

lenza ed esclusione prima della guerra 1933-1939) sono inquadrati sia J'istitu·

zione del servizio del lavoro obbligatorio come elemento essenziale delle politiche sociali e giovanili del regime, sia le spe­

cifiche normative riguardanti categorie considerate indegne di far parte della Volksgemeinschaft, quali avversari politi­

ci, «sfaccendati» e criminali comuni. Un

npprofo�dimcnto �- dedicato alle _misure unticbrmchc predisposte a seguito del pogrom del novembre 1938. Il percorso intende dimostrare come il lavoro coatto non fu un "effetto collaterale" del con­

flitto europeo, ma al contrario fosse stato concepito fin dall'inizio come strumento dell'ordine razziale nazista, che affidava alla comunità "ariana" c<l agli esclusi dei ruoli ben distinti nella macchina produt­

tiva.

Le due ampie sezioni centrali si con­

centrano sulla guerra europea e sbalzano con chiarezza l'intreccio fra diverse cen­

trali operative, quali l'organizzazione controllata dal plenipotenziario per l'im­

piego della manodopera Sauckel, la Todi, la rete di strutture produttive sotto­

posta a Hermann Giiring. Altro merito della mostra è quello di fornire un chiaro e dettagliato inquadramento di un'altra questione già nota genericamente al grande pubblico, ovvero il coinvolgi­

mento di numerosi complessi industriali privati nella gestione della manodopera coatta. Ampia attenzione è fornita da una parte alle diverse tipologie di lavoratori e lavoratrici coinvolte, dall'altra alla com­

plessa rete di strutture che ne assicurava­

no l'internamento: dai campi per lavora-·

tori ai campi per prigionieri di guerra, fi­

no ai ghetti, che divennero gigantesche macchine di sfruttamento della manodo­

pera ebraica nel quadro dello sterminio.

Conseguentemente sono illustrate con chiarezza le differenti condizioni di vita sperimentate dai/dalle lavoratori/lavora­

trici, sia in relazione ai luoghi in cui era­

no confinati (dalle fattorie alle· grandi fabbriche) sia in relazione alla loro posi­

zione nella -gerarchia razziale disegnata dal nazismo. Ampio spazio è dedicato dunque alla vita quotidiana, nonché alle_

prescrizioni, alle proibizioni e infine alle angherie ed alle molteplici forme di vio­

lenza a cui furono sottoposti. . In particolare ]a terza sezione è dedi­

cata al «servizio del lavoro nel Reich», che implicò iltrasferimento di milioni di persone nell'area sotto il diretto contro]-

lo tedesco: tale punto di vista intende m�ttere al centro un altro nodo interpre­

t,�t1vo l_ungamente trascurato, ovvero· Ja d1mens10ne capilla're che assunse t'im­

piego di lavoratori non tedeschi anche · nelle camp_agne e nei piccoli centri, e che dunque aveva un carattere assolutamente visibile e implicava per larghi strati della popolazione la necessità di scegliere nel quotidiano come interagire con i mecca­

nismi di sfruttamento.

La quarta sessione ripercorre le com­

plesse vicende delle displaced persons · negli• anni immediatamente successivi al­

la liberazione nonché l'organizzazione dei soccorsi. La mostra si conclude con un 'interessante documentazione sul diffi­

cile processo di elaborazione e riconosci- . mento delle responsabilità relative al la­

voro forzato: ci si sofferma innanzitutto­

sulla difficoltà degli organismi giudiziari alleati e della magistraturn tedesca .a in­

teragire con questo tema fino a ripercor•

rere la pluridecennale questione dei ri­

sarcimenti, i cui ritardi e i cui esiti non pienamente soddisfacenti sono. sottoli­

neati senza alcun tipo di autocensura ri-.

spetto al dibattito politico recente.

Chiudono il catalogo una serie di sag­

gi di studiosi tedeschi (Dieter Pohl, Diet­

mar Siil3, Constantin Goschler), che han­

no il merito di fare il punto in forma sin­

tetica sull'avanzamento degli studi e sul­

le più importanti questioni relative al la­

voro coatto. · ·

Come altri fortunati precedenti pro­

mossi da istituzioni tedesche, la mostra si connette strettamente alle risultanze di una lunga stagione storiograf!ca; essa può avere non solo un ruolo d1 efficace mediazione di conoscenze presso un pubblico non specialista, ma è anche un 'utile occasione per ?na �essa. a punto . e un'ulteriore intemaz10nal1zzaz�one d�l dibattito: anche solo l'ave! fatto mte�a?1- re una così ampia mole dt d?cum�nh m­

fatti rafforza e precisa quadrt stonografi­

ci consolidati, fungendo da _sumo!o per ulteriori ricerche e appr?fo?d1menu.

Da segnalare anche il sito (wv.:w -�us­

stellung-zwangsarbeit.org), penod1ca-

(7)

200 SCHEDE

mente aggiornato e ricco di materiali d?�umenti e schede didattiche, disponi�

b1lt anche in traduzione inglese e russa. Francesca Cavarocchi

Christoph V. Schminck-Gustavus Winter in Gricchenland, Krieg, Ilesatzung, Shoa 1940-1944 Wallstein Verlag, Géittingen 2010, pp . 344

Professore di storia del diritto a Bre­

ma, Schminck-Gustavus è oggi anche uno dei maggiori specialisti di storia ora­

le, il metodo con il quale ha raccolto preziose testimoniante di protagonisti di drammi che toccano da vicino anche la nostra storia, dalle vicende degli internati militari italiani nel Terzo Reich (1989) alla tragedia di Cefalonia (1995). La sua ricostruzione della • barbara uccisione di un giovane polacco deportato per il lavo­

ra forzato nel Reich e condannato per aver tentato di tornare in patria preso da acnta nostalgia è stata tradotta in Italia nel J 994: libro nel quale si incrociano e si integrano le competenze giuridiche dell' A., il suo rigore critico e la sua grande sensibilità umana.

Anche l'ultimo libro che qui segnalia­

mo fa parte della sua rivisitazione del Terz? Reich dalla parte degli offesi. Per quasi nn decennio, impadronitosi della lingua neogreca Schminck-Gustavus ha interrogato anziani testimoni greci e i lo­

ro discendenti sulle condizioni del loro paese e della loro quotidianità sotto l'oc­

cupazione italiana e tedesca. Da questo contesto è nato questo bellissimo Inverno i� Grec�a,.che si può dividere in due par­

� ben d1stmte . Nella prima l'A. sviluppa Ii racconto dell'occupazione attraverso i s?oi di_aloghi con i vecclù sopravvissuti ai quah spiega l'intento della sua indagi­

ne: «A me - precisa in uno dei frammen­

ti. di. 1uesti incontri - interessa la quoti­drnmta della guerra. Come l'ha vissuta la

"�ente semplice": donne, bambini, anzia­

°;1" '.P· 1 IJ

(

II teatr� della sua ricerca è 1 Epiro, un area particolarmente interes-

sante per s�g�ia�e

i!

confronto tra la pre­

senza dcgh Jtalmm e dopo l'armistizio del settembre 1943 l'occupazione tede­

sca. Nel ricordo della popolazione questo confronto ricorre frequentemente: in sin­

tesi l'Italia fa la parte di «una potenza d'occupazione mite» (p. 65). L'A. non ha alcun interesse a forzare le parole le tinte di questa storia, vorrebbe tratt�re anche i soldati tedeschi (e austriaci) con la stessa umanità con la quale si accosta alla testimonianza dei sopravvissuti, ma nella loro memoria sono ancora impressi episodi di sopraffazione e soprattutto quella atmosfera di paura che fa da sfon­

do a questa parte del loro racconto.

L'epicentro del quale è rappresentato nel marzo del I 944 dalla deportazione degli ebrei da Joannina, la capitale dell'Epiro.

Nell'avvicendarsi dell'inasprimento della· situazione che si verifica con la presenza dei tedeschi ogni elemento del­

la realtà perde qualsiasi chiaroscuro tutti i contorni appaiono netti: gli occu�anti da una parte, i partigiani dall'altra, in mezzo odiatissimi i «collaboratori». Il terzo capitolo ricostruisce la tragica vi­

cenda della deportazione degli ebrei già d�pr�dati di tutto, sicché anche i più ab­

b1enll non avrebbero avuto più neppure i mezzi per tentare di fuggire e di mettersi in salvo. II 25 marzo 1944 furono carica­

ti sui camion dai quali furono trasferiti ad Auschwitz 1.870 ebrei, dal campo di sterminio ne tornarono 112. Una storia come tante altre analoghe nell'Europa nazista. E come in tante altre analoghe situazioni i pochi sopravvissuti non ritro­

varono più neanche le loro case ormai o�cupate da altri né i resti di piccoli pa­

trimoni ormai dispersi e saccheggiati, sicché la più parte di essi emigrò verso altri lidi, molti, comprensibilmente, in Palestina e poi in Israele. Sin qui la vi­

cenda degli ebrei ricostruita con mano maestra da un autore che si rivela anche un autentico scrittore.

Qui comincia la seconda parte del It­

bro, quasi un altro libro dentro il libro. E il quarto e ultimo capitolo, un centinaio

-

di pagine, L'Istruttoria. A questo punto Jo scrittore cede la penna al giurista. Con perizia e pazienza certosina Schminck­

Gustavus ricostruisce l'organigramma della struttura della Sicherheitspolizei che realizzò la deportazione degli ebrei dalla Grecia per seguirne le vicende giu­

diziarie nella Gerrn�nia del dopoguerra, qualora qualche pedma di quella struttu­

ra fosse stata chiamata a rendere conto dei crimini commessi. Quest'ultimo ca­

pitolo è in realtà un capitolo dell'ammi­

nistr1;2ione della giustizia nei primi de­

c.enm della Bu.n�esrepublik per quanto nguarda la pumz1one dei crimini nazisti Non entriamo nei dettagli tecnici eh�

l' A. domina con mano esperta. Arrivia­

�o alla conclusione: nel caso della Gre­

crn, da supporre in analogia con tanti al­

tri casi relati vi ad altre parti dell'Europa occupata, nessuno è mai stato ritenuto r��ponsabile delle azioni commesse: non c. e �n responsabile principale, le imputa­

z10m sono state sempre derubricate a re­

spo.nsabilità secondarie, quindi tutti man­

d_a11. �ss�lti e in alcuni casi addirittura n_ab1htat1 o riutilizzati nell'amministra­

z1o?e de.Ila giustizia. Bisognava arrivare ag!1 anm '70, all'opera di uomini come Fntz Bauer, per indurre la giustizia tede­

sc.a � .modificare la giurisprudenza sui cnm1m nazisti . Schminck-Gustavus · non alza mai la voce, non polemizza, il risul­

tato. devastante che egli mette in eviden­

za n�ulta dalla sua semplice ricostruzio­

ne d1. fa_tti e carriere più convincente di qualsiasi possibile denuncia polemica.

Enzo Co/lotti Ecknrt Conze-Norbert Frei-

Peter Hayes-Moshe Zimme11nann Das Amt und die Vergangenheit.

�eutsche Diplomaten 1m Dritten Reich und in der Bundersrepubblik

Kari Blessing Verlag, Miinchen 2010, pp. 879

S_i tratta di uno degli studi più impor­

tanti ma al tempo stesso più discussi pro-

STORIA DELLA GERMANIA 201 dotti negli ultimissimi anni dalla storio­

fafia ted.esca. Nonostante Io studio della 1plomaz1a tedesca sotto il nazi·sm s· I� ?� terreno vergme, in quanto le com-. o non phc1t� del corpo diplomatico con il Ter­

zo Re1ch .furono già oggetto del processo della. W.Ilhelmstrasse celebrato dagli a?'lencam. ne.I 1949 nonché di alcuni stu­

di• � commcrnre da quelli pionieristici di Clmstopher Browning e Hans-J"

0.. h urgen

. osc er soprattutto, che già sollevarono il �ro.blema delle complicità dello Au­

s,wart1g�s Ami con la progettazione e I a11uaz10ne della «soluzione finale» il test� qui segnalato appare come la rider­

ca più approfondita sin qui prodotta.

. Lo scalpore da essa suscitato non de­

nva ta�to dalle novità rivelate quanto probabilmente dalle circostanze dalle quali essa ha preso le mosse, rompendo una sorta di cortina di silenzio stesa sull"attività del dicastero dalla corpora­

zione dei diplomatici, interessati a copri­

re corresponsabilità e a presentare Io Au­

swiirtiges Amt sotto il nazismo come un covo di cospiratori e di resistenti. Questa cortina fumogena che aveva resistito per decenni si è finalmente dissolta a seguito della decisione del ministro degli Esteri, il verde Joschka Fischer, di nominare (e di finanziare) nel 2005 una commissione di storici con l'incarico di indagare i tra­

scorsi del dicastero e del corpo dei diplo­

matici grazie anche ali' accesso a fonti documentarie mai prima esplorate. I quattro membri della commissione - due tedeschi, un inglese e un israeliano - so­

no per l'appunto gli autori del volume, responsabili in solido del suo contenuto non essendo indicata la paternità indivi­

duale delle sue singole parti.

Il volume è nato quindi da un braccio di ferro tra il ministro e I' establishment del dicastero, che non ebbe di meglio da rinfacciare a Fischer i suoi trascorsi da sessantottino più o meno barricadiero.

Era in realtà la vendetta contro la rottura di un tabù e di un silenzio che aveva fin troppo a lungo. i�pedit? �na seria i�da­

gine sui. segretl d1 fanugha della diplo-

(8)

mazia. Sin qui le cri1ichc all'operato del­

la commissione, ma in realtà le reazioni al gesto . politico. di Fischcr si possono considerare scontate. Meno plausibili ap­

paiono le critiche mosse da uno elci più autorcvolì storici della Bunclesrepublik, Hans Mommsen, che rimproverò fra l'al­

tro al gruppo degli storici cli avere accet­

tato un lavoro su commissione alle di­

pendenze cli un determinato finanziatore:

una critica a dir poco curiosa da parte dì uno storico che per conto e con i soldi della fondazione Volkswagen realizzò la ricerca sul lavoro for1.ato nelle officine Volkswagen, senza che nessuno ponesse in dubbio la validità della sua ricerca o il fatto che egli potesse essere stato condi­

zionato nel suo lavoro dai soldi ciel com­

mittente. Probabilmente a scuotere le co­

scienze ci deve· essere altro, ben al ·c1i là dei dubbi sollevati da Mommscn.

li volume si divide in due parti; la pri­

ma è dedicata a Il passato dello Amt (pp.

25-318); la seconda a Lo Amt e il passato (pp. 319-712). Come si comprende la prima parte studia il comportamento dei diplomatici sotto il nazismo, la seconda la sorte dei diplomatici che avevano se

vito ì nazisti dopo il 1945. In entrambe le fasi la ricerca studia comportamenti indi­

viduali e coeve condizioni strutturali del dicastero e delle sue diramazioni, gli in­

trecci e le rivalità di competenze al loro interno e nei confronti di altre articola­

zioni dell'organizzazione statale. Se già poteva dare fastidio che si sollevasse il velo steso suU' epoca nazista, non rneno irritante e impertinente deve essere sem­

brato che si volesse indagare sulle carrie­

re di coloro che erano passati in modo indolore dal servizio del Terzo Reich alla diplomazia del dopoguerra, tanto più che gli autori sono assolutamente consapevo­

li che ì diplomatici non erano meri tecni­

ci ma -·per la loro formazione culturale, generalmente nazfonalconservatrice - tendevano a identificarsi con ì presuppo­

sti e le finalità della politica del nazional­

socialismo e in particolare in funzione del suo espansionismo.

Se è vero che l'organizzazione diplo­

matica esercitò una funzione di primo piano nel complesso progetto di Nuovo Ordine europeo, non meno rilevante fu il suo intervento in tutti gli nspctti della politica nazista che riguardassero anche marginalmente i rapporti con l'estero.

Certamente centrale è, come già rilevato in passato dai pochi studi esistenti, la parte che lo Auswarliges Ami ebbe nello sterminio degli ebrei, come attività non solo cli fiancheggiamento ma anche pre­

paratoria, ben al di là della circostanza che l'ente fosse tra le istituzioni statali presenti alla conferenza di Wannsee: es­

so non fu solo a conoscenza dei progetti cli sterminio, fu anche coprotagonista del­

la loro attuazione. Il coinvolgimento dello Auswlirtiges Ami nella soluzione finale esce così da una compartecipazione su­

balterna ed emerge in tutta la sua presen­

za in prima linea. I pochi diplomatici che vi si opposero non rappresentavano la categoria: Adam van Trott zu · Solz se rion fu proprio solo fu certamente un outsider.

Sicuramente è· questa caratterizzazio­

ne complessiva del ruolo della diploma­

zia che non è piaciuta a una parte di stt1- diosi ma soprattutto di opinione pubbli­

ca. E ancor meno è piaciuto sapere lo ze­

lo con il quale i diplomatici all'estero parteciparono alla persecuzione degli emigrati antinazisti infierendo sugli emi­

granti: più di uno sarà stato sorpreso nell'apprendere che Ernst von Wei�­

sacker, il padre dello stimato ex presi­

dente della Repubblica federale, ali' epo­

ca in cui era ambasciatore a Berna diede il suo benestare alla privazione della cit­

tadinanza nei confronti di Thomas Mann.

Un episodio che smentisce ogni leggen­

da sulla solidarietà dì classe della buona borghesia e che conferma invece la co�­

vergenza della vecchia élite con il regi­

me nazionalsocialista.

Nel complesso più scontata appare la vicenda delle continuità personali, e con esse della continuità di mentalità, che ac­

compagnò il travaso del personale diplo-

malico dal vecchio al nuovo assetto. Qui, al caso, al ùi lit della scontata assolutoria generale che come in ogni settore dell'apparato pubblico fu praticata con il favore della guerra fredda (come hanno mostrato fra l'altro studi recenti di Nor­

bert Frci), può destare qualche meravi­

glia la quantità dei casi individuali dei quali si sostanzia quella che gli autori definiscono una «tipica storia tedesca, una storia paradigmatica sia con riguardo al nazionalsocialismo sia con riguardo alle ripercussioni del Terzo Reich e al modo cli affrontare il passato nazista do­

po il 1945» (p. 21).

E11w Collo/li

Sybille Stei11bachcr

Wic dcr Sex nach Deutschland kam.

Dcr K:unpf um Sittlichkcit und ,\nstanc

.l in cler friihen Bunclcsrepublik S1ccller Verlag, Mtinchcn 2011, pp.576

STORIA DELLA GERMANIA 203 dal nazionalsocialismo (come p st f l' I o , . ra a tro della società razzista) eresuppo- sul] mfluenza esercitata dalle Chiese (so­

pr�ttutto da quella cattolica) ai finì di o:1enta:� la 11:orale sessuale come fattore

�1. st_ab_ihzz_az1?ne politica e sociale; con l ms1�tuo ncl)iamo a valori tradizionali e alla' n�aluta�1one. non s.oltanto. implicita dell etica _dei tempi del Kaiser. Il lungo e alla fine mconcludente dibattito al Bun­

d�stag sulla legge contro le pubblicazio­

lll oscene, ,sul quale si soffenna opportu­

�a_,�ente

!

A. (pp. 65-85), connota agli m1z1 dcgh anni '50 la complessità delle

!mplicazioni che avrebbe comportato. un mtervento deciso con il pretesto di tute­

lare i giovani e i rischi di incorrere in una vera e propria censura. a detrimento della libertà di stampa e di espressione e di ripetere errori che certo non avevano giovato alla repubblica di Weimar.

La spinta al rinnovamento nel dibatti­

to sui comportamenti sessuali viene col­

locata dall'A. alla metà degli anni '50, quando irrompono anche nella società te­

desca le vedute e i risultati del celebre rapporto Kinsey, che fece entrare nei di0 scorsi di tulli inedite informazioni sui comportamenti sessuali di uomini e don-·

ne e diede luogo a quella che fu definita una «americanizzazione» del dibattito.

Appare questo, cui sono dedicate le oltre cento pagine del secondo capitolo, il vero spartiacque non tanto nei compor­

tamenti quanto nella ricaduta pubblica del dibattito e nella maturazione dì un'opinione pubblica sempre più insoffe­

rente del controllo statale sulla morale sessuale e della sua funzione di strumen­

to di ordine sociale.

. Si ':atta di un'assai originale ricerca d1 stona della mentalità e del costume nel �an_ipo ancora poco frequentato dagli

�tud10s1 della storia della sessualità, che incrocia approcci e ambiti disciplinari molto diversi e che reca un interessante contrJbuto alla conoscenza dei primi de­

cemu della Repubblica federale da un'angolatura non usuale. Sfatando un luogo comune che indica nel 1968 il cli­

scrinùne tra una visione tradizionale del­

la morale sessuale e la sua liberalizzazio­

ne, Steìnbacher tende viceversa a sottoli­

neare come sin dal 1945 coesistano e e_onfliggano nella società (non necessa­

namente nelle istituzioni) spinte assai di­

verse che sottolineano come nel conflitto sulla sessualità si rispecchino nella realtà progetti diversi di ordinamento sociale.

. Attenta a. rintracciare. convergenze. e

!vergenze tra processi politici e prassi . c1ale e culturale, I' A. si sofferma am­

P1amente per quanto riguarda il· primo decennio dalla fine ciel Terzo Reich sulJ'eredità del controllo della morale sessuale esercitato soprattutto sui giovani

Rapportata agli sviluppi politici questa fase che segna fra l'altro l'aumento del con;umo erotico (con il trionfo non solo nella stampa dell'industria erotica) com�

indice e simbolo del crescente tenore d1 vita coincide a grandi linee con la con­

clusione del cancellierato di Adenau�r, ossia con la fine di quella che

J'.�·

chia­

ma un'epoca di prudede, aHa v,��lm d71_1a rottura definitiva dì schemi traclmon�!J m una società in profonda trasformazione,

(9)

204 SCHP.llll

sempre più proiettata verso i consumi e il predominio dei mezzi di comunicazione di massa, E non a caso la studiosa presta accurata attenzione alle ricadute sui mc•

dia e soprattutto sul cinematografo, quasi fosse un sismografo registratore del nuo­

vo interesse prestato alla sessualità dentro e fuorì l'istituzione matrimoniale tradi­

zionale. Le pagine sul nuovo modo· di trattare la ses,ualità nella stampa di in­

trattenimento si leggono con particolare interesse nel costante raffronto con gli standard americani assunti a modello e prefigurazione degli sviluppi dell'avveni­

re prossimo della società tedesca.

Tutto ciò non deve fare credere che gli stimoli suggeriti dai rapporti Kinsey non incontrassero ostilità e voci fo1te­

mente contraddittorie. L' A. sottolinea anzi la tenace opposizione alla diffusione anche solo dei rapporti dello studioso americano da parte di ambienti c]ericali e anche di note personalità accademiche e scientifiche nella Bundesrepublik - il nome forse più conosciuto fra di esse è quello del sociologo Helmut Schelsky, che· nella diffusione delle conoscenze provenienti dall'America intra".'edeva, non senza accenti addirittura razzistici, con il superamento della morale sessuale tradizionale la disgregazione tout court della società.

Paradossalmente, sembra noturc l' A., mentre Schelsky deplorava e denunciava l'incremento del consumo erotico la Re­

pubblica federale si apprestava a diven­

tare uno dei centri più importanti di pro­

duzione dell'industria dell'erotismo. Ba­

sti ricordare in proposito la crcaiione di quel grande Konzem dell'erotica che ri­

sponde al nome di Beate Uhse, che è tra i protagonisti della terza parte del libro.

A significare la nuova concezione della sessualità che era anche espressione del­

la società uscita dal miracolo economico basti citare alla fine degli anni '60 que­

sta conclusione dell 'A.: «La ''quotidia­

nizzazionc" del sesso, che era comincia­

ta con l'ondata Kinsey, era ormai da tempo parte integrante del (nuovo) stile di vita» (p. 346).

Naturalmente, il libro contiene molto più di quanto non abbiamo riferito in queste note, sul rapporto con la legisla­

zione in materia sessuale, sui problemi della liberazione della donna, al di là di spunti non completamente sviluppati (ad es. a proposito del confronto con la mo­

rale sessuale della DDR). E in via preli­

minare e metodologica postula il pieno inserimento della storia della sessualità nella Zeitgeschichte, fuori da una pro­

spettiva alla Foucault.

Enw Co/lotti

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