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Quando si deve interpretare l assenza di una risposta come una risposta positiva? Come funziona nel pubblico e nel privato?

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Cos’è il silenzio assenso?

16 Marzo 2021 | Autore: Carlos Arija Garcia

Quando si deve interpretare l’assenza di una risposta come una risposta positiva? Come funziona nel pubblico e nel privato?

«Chi tace acconsente», recita un vecchio modo di dire. Una frase coniata più di 700 anni fa da Papa Bonifacio VIII che è valido ancora oggi, in determinate circostanze, per la Pubblica Amministrazione con un’altra espressione: quella del silenzio assenso. Che cos’è il silenzio assenso? È, sostanzialmente, un modo escogitato dal legislatore per coprire l’inerzia della burocrazia. In parole semplici: il

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silenzio dell’amministratore di fronte ad una richiesta del cittadino si traduce in una risposta positiva, cioè in un assenso, trascorso un certo periodo di tempo.

Non vale sempre e non è automatico. Ci sono dei limiti, uno dei quali – forse tra i più importanti, è, appunto, quello temporale. Non è che il silenzio diventa assenso se la Pubblica Amministrazione non risponde immediatamente ad una istanza. Per non lasciare spazio ad eventuali dubbi, è stata approvata un’apposita legge una trentina di anni fa [1] che stabilisce che cos’è il silenzio assenso, quando può essere attuato e quando, invece, non viene applicato. Dopodiché, è intervenuta in merito la cosiddetta Riforma Madia della Pubblica Amministrazione [2], che ha cambiato qualche carta in tavola. Vediamo.

Silenzio assenso: che cos’è?

Il silenzio assenso è stato introdotto nel nostro ordinamento, come detto, per colmare qualche lacuna della Pubblica Amministrazione. Può capitare – e capita spesso – che un ente statale, territoriale o locale sbagli un determinato atto o che una procedura non sia del tutto chiara. Il cittadino, a questo punto, chiede (possibilmente per iscritto) un chiarimento o un parere dell’Amministrazione interessata. Il problema è che non sempre la risposta arriva in tempi utili (quando arriva). Ecco a che cosa serve il silenzio assenso: se l’amministratore non rispetta un certo limite di tempo per risolvere il dubbio del cittadino, tale silenzio viene interpretato come una risposta positiva.

Dice, infatti, la legge: «Fatta salva l’applicazione che riguarda la dichiarazione di inizio attività, nei procedimenti ad istanza di parte per il rilascio di provvedimenti amministrativi il silenzio dell’amministrazione competente equivale a provvedimento di accoglimento della domanda, senza necessità di ulteriori istanze o diffide». A condizione, continua il testo, che la stessa Amministrazione non comunichi all’interessato entro i tempi stabiliti il provvedimento di diniego.

Mettiamo il caso che un cittadino debba presentare una domanda di sanatoria edilizia. E che, dopo un certo tempo, l’Amministrazione non gli abbia fatto sapere nulla, cioè non gli abbia dato una risposta positiva o negativa in merito. In questo caso, il silenzio assenso è valido, ma solo se ci sono tutti i requisiti formali e sostanziali necessari.

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Ciò significa che, al fine dell’applicazione del silenzio assenso, deve essere stata presentata per iscritto tutta la documentazione necessaria a spiegare e a motivare la richiesta, in questo caso, di sanatoria.

È importante sottolineare che nei rapporti tra il cittadino e la Pubblica Amministrazione, il silenzio assenso è valido solo se c’è un’istanza di parte, cioè se c’è una precisa richiesta del cittadino, come può essere il caso di chi deve chiedere un permesso di costruire.

In caso contrario, cioè se non c’è l’istanza di parte ma c’è un’iniziativa della Pubblica Amministrazione, si applica l’esatto contrario, vale a dire il silenzio diniego. Può capitare, ad esempio, quando si chiede il rimborso di una tassa pagata per sbaglio o la cancellazione di un debito: in questi casi, chi non ottiene risposta è perché la sua istanza non è stata accolta. Dovrà rivolgersi, in questo caso, ad un giudice, se la vuole spuntare.

Silenzio assenso: quando non è valido?

La pratica del silenzio assenso non è valida se la Pubblica Amministrazione ha adottato qualche strumento di autotutela, come possono essere l’annullamento d’ufficio o la revoca del provvedimento. Inoltre, non è possibile applicare il silenzio assenso per i procedimenti amministrativi che riguardano:

paesaggio, ambiente e patrimonio culturale;

pubblica sicurezza e difesa nazionale;

cittadinanza, immigrazione e asilo;

pubblica incolumità;

salute;

situazioni in cui è prevista dalla normativa Ue l’adozione di uno specifico provvedimento amministrativo;

i casi soggetti alla disciplina relativa alla dichiarazione d’inizio attività.

Silenzio assenso: la Riforma Madia

Nel 2015, il ministro della Pubblica Amministrazione e della Semplificazione, Marianna Madia, firmò la riforma che porta il suo nome e che ha introdotto alcune novità sul silenzio assenso nei rapporti tra gli enti pubblici.

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Da allora, la disciplina si applica alle richieste di pareri e nullaosta di qualsiasi tipo, sempre nell’ambito dei rapporti tra le amministrazioni, compresi i gestori dei servizi pubblici. Il meccanismo funziona così: l’amministrazione invia la richiesta di un parere ad un altro ente pubblico il quale, dalla data in cui ha ricevuto la richiesta, ha 30 giorni per rispondere, che diventano 90 per le sovraintendenze.

Altrimenti, il silenzio deve essere interpretato come un assenso. Tale silenzio può essere interrotto una sola volta per chiedere ulteriori chiarimenti in merito alla domanda presentata e per un massimo di altri 30 giorni.

Resta valida la deroga negli ambiti sopra citati (paesaggi, beni culturali, salute, ecc.), per le quali il termine per rispondere è quello citato dei 90 giorni.

Altra novità introdotta dalla Riforma Madia riguarda l’autotutela, cioè la possibilità data ad una Pubblica amministrazione di revocare un atto ritenuto sbagliato e di sostituirlo con un altro giusto. In questo ambito, il silenzio assenso ha un termine di 18 mesi, dopodiché il provvedimento non può più essere sostituito.

Significa che, ad esempio, chi ha chiesto un’autorizzazione per avviare dei lavori edili in casa, dopo un anno e mezzo non si vedrà annullare il permesso ottenuto.

Purché, come detto, il cittadino abbia tutti i requisiti validi.

Silenzio assenso: come funziona tra privati?

Nei rapporto tra privati, è sempre valida la regola del silenzio rigetto, visto che un privato non è sempre tenuto a rispondere alla richiesta di un altro privato.

Ciò non vuol dire che il silenzio seppellisca tutto: se l’istanza è legittima ed è stato subìto un danno, il privato che ha chiesto dei chiarimenti potrà rivolgersi al tribunale e chi ha deciso di tacere dovrà prendersi le sue responsabilità, compreso l’eventuale risarcimento.

Si pensi, ad esempio, a chi ha messo da poco un impianto di aria condizionata in casa andato in tilt quando era ancora in garanzia: se l’azienda che lo ha installato non risponde alla richiesta del cliente, incorre nell’inadempimento contrattuale, con tutte le conseguenze.

[1] Legge n. 241/1990.

[2] Legge n. 124/2015 nota come Riforma Madia.

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