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GIOVANNI PIERLUIGI DA PALESTRINA

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ANNO XIV. N. 1-6 GENNAIO.GIUGNO 1944 l<BB. POST.

L A PoRTA ORIENTAL E

RIVISTA GIULIANA DI SJORIA POLITICA E ARTÈ

GIOVANNI PIERLUIGI DA PALESTRINA

NEL 350• ANNO DALLA MORTE

L'uomo, riconoscendo lddio, può attirarlo nella sua cerchia ristretta, ma amandolo può anche abbracciar l'infinito, e questa è la beatitudine òi cui è lecil-0 goder sulla terra ( 1). Questa conclusione - cui giunge il Burck- ha1~ctt riel famoso saggio sulla civiltà -del rinascimento in. Italia, trova la confer,rna e una ~·iprova nell'opera e nell'arte di Giovanni Pierluigi da Palestrina. L'indole deHa sua opera maggiore tul.ta tende a finalità reli- giose e tutta è rivolta al riconoscimento e alla edificazione d'Iddio; la Sua arte si sottrae ai limi.ti imposti alle capacità della maggioranza degli uomini, le sorvola -e s'innalza· verso l'infln~to, e rivela jn ast.razioni rH pure linee sonore-riflessi divini.

Poche volte in arte, mai altra volta in musica, il sentimento mistico si ac_cordò _con quello artistfoo, e con esso sì fuse in 1111a cosi potenl-e. espre- sione eome avvenne nell'opera -palestriniana. Ossequiente ai dogmi del cattolicesimo, Palestrina si attenne severamente ad essi e ad essi ricon- dusse la com-posizione della messa. Il suo genio artistico,. quant'altri mai genuino ·p9tè fare ciò senza incorrere ·in strettoie e sen:rn., .pur tuttavia, delimitare al solo mondo cattolico la destinazione della sua mistica espo- sizione, - come per certi aspetti fece il ·suo contemporaneo Tommaso Ludovico da Vittoria. Ovunque, quanti hanno .palese o latente in sè stessi il senso del misticismo e la capacità istintiva di abbandonarsi al -potere della musica sempre, ascoltando Palestrina, si esaltarono. Non mai si disse, nè si dirà, delle musiche palestriniane soltanto che esse (<piaccionou.

Game di fronte a Michelangelo, così di fronte a Palestrina,. il concetto 11piacere" non si adegua al rapporto <li sì alto pensare ed esprimere. Qni è l'espressione dell'arte veramente grande che avvolge l'animo umano.

lo domina e - a.Jmeno per qualche istante - B'li rivela ciò che esiste nl di là. Nella Cappella Sistina, davanti alla disperala scena del Giudizio Universale, Palestrina esprime profondità e intensità cosi fatte del sentire.

(1) JACOPO BURCKHARDT, «La civi1tb·del R,iua.1eimeuto in. ltalia'll. Tard. It.

Firenze 1921; II. M'T.

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GIUSTO ZAMPIERI

E là lo raggiunge e là egli appare essere stato per l'arte de' suoni, ciò che Michelangelo è stato per le arti figurative (2).

Palestrina, pertanto - è staio detto da moltì - è prima di tutto il ma._g-giore musicista del cattolicesim.o, cosi' com.e Giovanni Sebastiano Bach è stato considerato, più tardi, il mag.s;iore musicista del luteranesimo.

Veramente vi è immensa diversità tra un aTtista religioso vissuto all'età del nostro rinascimento, - anzi, nel caso di Palestrina, del più maturo nostro rinascimento - e un fervido credente protestante della prima metà del settecento. I nostri nomini del rinascimento, e gli artisti più degli altri, quando erano religiosi, - anche se religiosi fervidissimi, come. pe.r concorde testimonianza dei contemporanei sembra sia stato il Palestrina -pur sempre erano p€rò intrisi spiritualmente di indiv,idualismo anzi- tutto, erano reli,,-iosi tutti · in modo diverso uno dall'altro, e ciascun,, a. proprio modo. Il luteranesimo, affermatosi dopo la Guerra dei Trenta anni, un secolo più tardi, - cioè all'età di Bach - , era già. più che or- dine, disciplina del pensiero soprattutto. che tendeva a.d unificare i pro- positi e gli animi dei tedeschi. E come tale, anche musicalmente veniva a completarsi e ~i concludeva in modo intimamente diverso da quello che era stato lo spirito originale. l'espressione rhe a.veva cara.tterizzato sem- pre il pensiero e l'opera degli artisti-creatori del rinascimento italiano.

Similari dunque, per taluni atteggiamenti, ma comunque profondamente diverse si rivela.no le religiosità di 'Bach e di Palestrina.

A parte ciò, soltanto· per certi aspetti è possibile e legittimo un riavvicinamento dell'arte dei due maestri. Solo che Bach è stato nell'età moderna ben più conosciuto e meglio, - dopo il i829 - (3) da tutto il mondo musicale che non Palestrina. E lo è tuttora. Conosciuto - in- tendiamo-- non di nome soltanto; chè il nome di Palestrina riempl 1, bocca di quanti si occuparono di musica dal cinquecento in giù fino ai giorni nostri (4). Ma conosciuto, ben s'intende, davvero nelle sue opere.

Bach inoltre, luterano di nascita e quanl'a.ltri mai convinto, rispecchia, sl, i caratteri del protestantesimo e della fede luterana. E' stato persino

(2) E' stato già detto ch'egli «può fradu,·re in note i capolavo,-i del Beato A nyelico o di Michelangelo~. (Cfr.: ALB. CAMETTI, «Palestrina» Milano 192 pag. 869) . .Il riav- vicinamento può essere fatto s{)ontaneamente da quanti si son trovati un Venerdì Santo a R.oma e poterono assistere alla funzione nella Cappella Papale. Dal Venerdì di Passione dell'anno 1560, in poi, tutti gli turni si eseguisce l'«Improperia1' paleslriniana, sul testo:

«che ti feci o popolo mio, e come ti offesi'? Rispondimi. Io ti trassi dall'Egitto e tu preparasti la croce al tuo Redentore. ecc. ecc, Il canto di Palestrina compenetra e si fonde con Ja terribile visione degli affreschi del Giudizio Universale.

(B) Anche i tedeschi avevano scordato Gio\'anni Sebnstiano Bach nella seconda metà del settecento e nei primi decenni dell'ottocento. E' ben noto come Mendellò.SOhn. nel 1829, abbia provveduto - con In «Singakademie» di Berlino - ad una memorabile riesumazione de11a Passione secondo S. Matteo. Cominciò a11ora il culto per l'arte ba- chiana, e quella. che è stata definita la «Bach-Renaissance»,

(4) E' stato detto un tempo potersi ripetere di Palestrina, ciò che Tommaseo disse, a' suoi tempi, di. Dante: E' nu1la indla bocca di tutti, nella mente di pochi, ne1 cuore cli ne11u.no ..

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,GIOVANNI PIERLUIGI DA PALESTRINA

d'etto che egli ha fatto per la chiesa ,protestante, con la musica, quanto [,utero aveva fatto con la parola, Del resto possono ritenersi suffìcenti a g-iust,ificar questa asserzione, l'impiego che egli fece del corale protestante e la ,·asta trattazione di esso_ Eld è superfli10 _sottolineare come, _ 1>rtisti- camente e 11iusicalrnente, i suoi corali abbiano fascino e suggestione anche per i non protestanti. Per a!lri aspetti dell'opera sua anch'egli si svincokt a sua volta dalla chiusa cerchia della musica protestanlB ed anche, in

~enere, dalla musica religiosa. E' ben risa.puto come un giorno Bach non abbia sa,pulo esimersi dal comporre secondo i\ rito cattolico una mess.1 che musical menti\ è un capolavol'O (5). Palestrina - noi pensiamo - mai avrebbe fai.lo analogo strappo, e non una sola eccezione alla propria credenza ascetica. Sollo questo punto di-vista, il retto pensare, l'ortodos- sia religiosa del maestro latino, potrebbe ad o.~ni modo essere anche giudicata ·ma.g.giore, più pura, di quella del maestro sassone: se non si tenesse conio di talune circostanze determinanti, quanto mai significative.

Prima di tutto della \unga durata -della t.radizione cattn!ica, tant-0 più antica di quella protestante; e - conseguentemente - del fatto che quando Bach andò a vivere a Lipsia, trovò che in alcune chiese di quel!~

città, la l1tnrgia cattolica non ancora era bandita del lutto.

Ma altre interferenze si notano facilmente tra i modi di essern dei due ma.estri. Alcune sono dovute alla diversità dei rispettivi ambienti ed epoche nei quali sono vissuti. Altre sono dovute invece a ragi_oni più profonde: ad un diverso' modo, nei due di affiorare della concezione arti- st.ica. Fondamentale· e atto a spiilgare e -giustificare in buona parte la ra- gione per cui nell'età moderna. l'opera bachiana godette tanto più larga conoscenza di quella palestriniana, è il fatl-0 che Palestrina non curò affatto le forme istrumentali. Egli non scrisse neppure nna pagina per istru1nenti., non per l'organo, antico e tradizionale dominatore ~del tem- pio cd stiano (6). S'ha l'impressione che e1'1i ritenesse la sola voce umana degna e capace di interpretare con suoni l'espressione ch'ei voleva mani- festare e rendere. E, come tutti sanno, trattò soltanto forme polifoniche vocali sia nel campo della musica religiosa, sia in quello della musica profana.

(il) Lu meua in si minore, scritta per l'Elettore di Sassonia cbr. - pur f'..ssendo il 1-110 pae.c.c pt·otesta?lf.e - erasi dato Al cattolicesimo. Per lo pi1'1 essa è cit:Afa., - insieme t·on la Pnssione secondo San Matteo - <1unle copolavoro <li llach. T..11 messa in si minore, è ben risaputo. non è rerò l'unica composi~ione di Bach sul teiit.o J,otino. In latino sono i <loe orotori cli Nnt.a1e e cli Pasqua; su testo l11tino s<'ris$e nlcuni motetti, le piccol<'·

messe che costituiscono un comprome:so tra il rilf\ prot.e~tantc e il rito roUoJìco, o,•,~

più volte i temi sono presi dal Cm,to Gregori(lflo, che è nlternato :i Cm-ali lute-rani., ett, ccc. Tutti questi lavori potrebbero essere argomento di molte osserv~zioni e rilievi sul- l'ortodossia. protestante di Bach, r:he nei tardi anni della sua vitn con disapp11nto rim- proverò al fig-lio Cristiano B. d'essersi convertito al cnttolicesimo, quando venne in Ht11ia, per poter ottenere un posto d'organista al Duomo di Milano.

(6) Unica eccezione, ma. trascurabile nel complesso dell'opera palcstrinirma, sono

J?li •Otto llice·rca1·i pe1· organo» e gli undici «Esercizi sopra 1a scala» che figurano nel

XXXII vo.lume de11e Opere Complete (Breitkopf.). Son piccole cose d'indole pedagogica.

T quattro Madriqal-i ridotti per 1-iuto die figurano nel Fronimo di Vincenzino Galilei, sono trascrizioni del Galilei stesso. (Cfr. VINCENZO GALILEI: Fronimo. Dialogo sopra l'arte del bene intavolare, et 1·ettamentc sonarc la_ muaica negli ,t.-rumcnt·i artificiali .... (Venezia, Scotto 1568 e rist. ).

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GIUSTO ZAMPIERI

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Si potrebbe suworre che per )ui gli istrumenti musicali fossero qual- che cosa di fatuo, di inconsistente. Quasi dei giocattoli. Congegni artifi- ziosi, mezzi-meccanid (7) suscettibili perpetuamente a riduzioni, a cam- biamenti e ad alterazioni. di forma, di timbro, di sonorità. Dunque non adatti all'austerità e purezza della musica sacra, non a quel carattere di eterna durata, a quella tendenza a perpetuarsi che è nell'opera d'arte e nell'artista che la crea. Bach, invece, coltivò molto la musica istrumen- tale e la trattò in singolare modo: suonava egli stesso, e cercò e raggi.unse l'eccellenza <lei suono degli is\rumenti e ne temperò .Ja accordatura (8). Ora va ricordato che, per le forme istrumentali, -gradatamente - dal 1600 in giù - si poterono dimenticare quasi del lutto quelle corali del nostro cinquecento. L'orchestra si uni al coro, i virtuosi cantanti. ed anche le can\a\rici, trovarono un loro posto e la loro parte nelle chiese e -- infine - sotto l'influenza dello stile melodrammatico, divennero di moda le grandi messe, spesso piuttosto clamorose eh.e solenni, e le· cantate sacre con istnimenti.

I tre secoli e mezzo che son passati dalla morte di Palestrina, sono stati anzitutto i secoli dell'opera e della musica istrumentale. La messa ed il motel/o pales\riniani - e con essi, nel campo della musica profana, il .madrigale - finirono nell'oblio quasi totale. Da oltre un secolo a questa ,parte e più, non erano ben conosciuti, neppure dalla maggioranza dei mi- gliori musicisti. Non si conoscevano più nemmeno i criteri necessari iper la loro esecuzione; non i sistemi di trascrizione della scrithera (9), della notazione delle musiche palestriniane. Solo si dpetevano - fino a farli divenire luoghi com.uni - i giudizi circa la loro_ perfezione e grandezz.a che precedentemente, sempre concordi, avevano formulati i dotti e i ero-

(1) Si può riallacci.ne uo siffatto concetto a11a classificazione della. musica come potè essere capita dal pensiero medioevale; cioè mu,ica nahtrolill seu oocali, (h.umcma, civilis ecc.), e musica mechaniea seu instrumentalis. Nei primi secoli del cristianesimo, nelle chiese el'!i vietato l'uso degli istrumenti insieme col canto; le sole voci sono per- messe. Così uno scrittore del IV0 -V0 secolo. E a questo proposito PETER WAGNEH dice: «non bi,ogna dimenticare che i primi cristiani erano costTetti dalle circo.,tonze a ripudiare gli .,frumenti, per non mettersi a rischio a; ,olle-vare, a profitto dei loro tiemici, quel tielo misterioso che nascondetia. le loro a.8semblee, Se il cristianesimo avesse potuto penetrare nel mondo senza incontrare tante difffooltà.. per certo il canto ecclesicutico am-eb&e a'C'Uto un ben dfoerso s-r,olgimento. I cristiani avrebbero, senza rlv.bbio, contierlito a loro profitto tutto l'apparato i!trum.entale di quel tempo .. ecc. ecc, (Cfr. P. Wagner;

«Origine e s-vi1uppo del conto Liturgico>) Ed. it. Siena 1910. Cop .. L

(8) E' nozione elementare di quanti si occupano di musica, come la p1·atica attuazioni' dd ~i,tema temperato eq-uabile sia dovuta a Giovanni Sebastiano Bach, ( «Il clat1ieem.balo

·ben temperato» 1122; II011#). La stessa «intonazione» seguì d'ora in poi una diversa

disciplina di que11a che precedentemente regoli;iva l'intonazione delle musiche prettamente vocali. 11 temperamento equabile connaturato nella musica istrumentale moderna, er::t ancora sconosciuto ai cantori del cinquecento. La teoria, a metà circa di quel secolo, ne enunciava i principi del maggiore e del minore e la eonsistenza (Zarlino 1558); nella pra- . tica. dell'insegnamento e nell'esercizio perduro.va però l'uso tradizionale degli otto modi, cioè i quattro autentici e i quattro plagali, che sono alJn base anche nella composi1.ione polifonica vocale-del secolo XVJ0 , e della concezione musicale palestriniana.

(9) E' risaputo come la notazione del cinquecento sia ancora basata sul menaunrliamo, ienzo le ,barre dì. di-i,isione, la mancanza delle quali ~omplicherebbe non lievemente b.

nostra notazione d'oggi.. L'aspetto esteriore della notazione qua(b-ata o proporziona1e non è sempre familiare ai musicisti pratici d'oggi. Ma essa, - con il suò corredo di re-

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GIOVANNI PIERLUIGI DA PALESTRINA

nisti delle età anteriori. E non si ebbe più il modo, per lungo tempo, di sentire musiche sue, nè di maestri della sua scuola; o si ebbero solo rara•

mente e in interpretazioni inadeguate, allestite da maestri abituati a tutt'altre musicoo e di ben altro stile.

Il 1·isorgere di una div,ersa e meglio nutrita coltura musicale, le ricerche e gli studi moderni della musicologia - ora bruscamente inter- rotti e sospesi dagli eventi - poterono, appena negli anni relativamente recenti, restituire l'immenso tesoroJ e rimettere_ novamente a contatto i pubblici con la potente, insuperabile arte palestrmiana.

***

L'importanza dell'arte palestrinana è stata, nel passato, più volte considerata da un punto di vista dal quale non sarebbe stato possibile ab- bracciare per intero tutta la. sua portata. Il Palestrina riassume nell'opera propria un insieme di pensiero, di modi di s-entire, di concepire ed espri- mere e un complesso di procedimenti tecnici,_ che costituiscono in arte un linguaggio completo e compiuto in sè ste,srn. Un lingnaggio che, dopo di lui, non poteva progredire ulteriormente. L'opera sua segna, appunto, il vertice massimo cui poterono innalzarsi le forme vocali polifoniche. E, raggiunto il più alto punto della linea elittica ascendente ad .esse riservata, avvenne ciò che sempre è avvenuto di tutte le forme artistiche: giunte al massimo della loro possibilità, ivi sostano ~Jcun tempo e, apparentemente, si reggono sullo stesso piano d'altezza. Ma in realtà, con g'1i autori mi- nori e con i continuatori, il loro splendore già è compromesso. Comincia la decadenza. Darsi una ragione suffìcente di ciò, è più disagevole ogg·i per i generi di musica puramente vocale - la messa, il rnotetto, il madri

gole circa le lìgatu·rae, circa la colora tura ecc. ecc, costituisce ed attesta una profonda diversità .tra l'arte polifonica vocale dell'età palestriniana, e l'arte musicale moderna.

Questa, ordinate le voci in «partitura» precisate le frazioni di 'liiisu-ra (o battuta) nel tempo forte e nel tempo debole, - in 1·ealtà rende meno chiaru e meno comprensibile, priina di tutto, l'andatura ritmica di un compònimento vocale polifonico. Ma oggi ·pet l'esecuzione, non sarebbe possibile us~re la notazione originale del 500, sconosciuta. u1 cantori (e spesso anche ... al maestro direttore del coro). E avvenne negli anni passati eh,~

lungi dal tentar di compenetrare la natura, l'indole, degli incisi melodici e delle melodie trace1·so il testo lettera·1·i-0 soprattuttQ (com'è necessario ad un'efficace interpretazione di siffatti componimenti), spesso,. preoccupati dell'esatta osservanza del tempo forte e -debole, fino a cader nella monotonia esasperante, - si curava pedantemente il ritmo tal qual•!

,q,pare dalla scrittura moderna, con le sbarre di divisione, «Trattandosi cli 1m a:uto·re classico, - si diceva - è doveroso osseroare meticolosamente il ritmo scritto anzitutto, cd evitm·e ... ogni tempo rubato». Per cui l'imagine musicale veniva, storpiata e la tipka espressione dell'opera d'arte cinquecentesca, syaniva soffocata da un ritmm·e isocrono che le tl improprio, Anàlogamente avveniva l'arbitrario uso dei «piani» e «fo1·t·i», della pronuncia della parola, ecc. ecc .. E così avveniva un pò dappertutto, ancora negli ultimi decenni dell'ottocento; e così, verosimilmente, anche a Trieste. Trovo difatti, nella mia biblioteca, un curioso opuscolo di critica e pole1nica, non privo d'intèresse, che mi autorizza a dire ciò. (Cfr. GIUSTO BUTTIGNONI, «La messa lste cbnfe:Jsor di Palèstrina a S. Giusto,, Trieste Tip. Werk, 1894.) nel centenal"io della morte di Palestrina) E - ripensando e ricordando Trieste, - mi piace qui menziònare ancora una volta, il povero niaestro Romeo Bartoli, . triestino, veramente benemerito per le magistrali, artistiche interpretazioni di musiche cinquecentesche italiane, ch'egli f$eppe realizzare merito all'eccezionale intuito, e privilegiato, ch'egli aveva e che lo rese illustre e apprezzatissimo non soltanto a Milano - ove finì i suoi giorni -- ma in tutta Italia,

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GIUSTO ZAMPIERI

gaie, che non -per le forme istrumentali e la sinfonia orchestrale. Anzi- tutto i più oggi hanno qualche familiarità con l'orchestra e non hanno sentito, in proporzione - e non sempre bene eseguite - che poche ese- cuzioni corali di rnusiche a cappella, cioè senza istrumenti. Ma il ,pro- cesso evolutivo è analogo. Il rrwtetto e il madrigale, hanno avuto il loro secolo d'orn nel cinquecento. Già alla fh,1e di quel secolo è largamente diffuso lo stile motettistico e rnadrigalesca, ed esso serve alle ,più ardite ed impensate espressioni (iO). Ed altra cosa è 11wtetta, e madrigale, ed ama stile motetistico e madrigalesca. Il vero e proprio 11wtetto della scuola romana, il tipico m,adrigale della scuola veneziana non sono più trattati allo stesso modo. La loro fioritura. è ormai finita. Proprio come avvenne, in tempi a noi più vicini, della ;.,infonia in quattro tempi: Sam- martini, - Haydn, - Mozart e -poi Beethoven. Dopo di lui e fino a Brahms, la sinfonia si mantiene ad altezze notevoli - se pur non mai pari a Beethoven; ma, al fine, .. di vere e pl'oprie sinfonie non se ne scrivono più. La loro storia è chiusa, pare che neppure si possa formarsi più la tecnica adeg·uata. Si parlerà quindi di stile sinfonico, d\ sinfoni- smo, di poem:i sinfonici; di derivati - insomma. - che sono altra e di- versa cosa.

Ora, nel vagliare il valore storico e la -portata estetica -dell'arte .pa- lestriniana, avvenne pl'eeisamente che si potè capire - attraverso là sua opera - tutta int;,ra un'epoca, una scuola e il suo stile. Ma non si potè mai delineare con efficace evidenza tutta intera la personalità di questo artista, veramente grande, che ha avuti tanti e tanti seguaci e imitatori, ma che lutti supera con la propria individualità. Individualità - si po- trebbe aggiungere - di difficile identificazione e che non può essere iden- tificata e definita con semplici ed unilaterali osservazioni d'indole musi- cale soltanto, data la grande altezza ove emerse. Pel' cui, fin qui almeno, quasi tutti i biografi, - dal Ba,ini (ii) in giù - finirono col parlare della sua epoca, con il condensare nel suo nome e nella sua vita l'età più tipica e più bella e, per cer.ti aspetti, la più forte e fattiva della stol'ia della mu- sica italiana, ma solo in parte seppero rievocare e far ,rivivere idealrn-ente la flgma del grande musicista del rinascimento. E, per quando riguarda l'ope'ra sua, essa fu sempre studiata e capita in rapporto all'epoca in cui è vissuto e quale prodotto di essa ·soltanto, e in primo luogo, piuttosto che

(10) fl.L'ANIFJPARN.\SO» (l,59,t), - fl.Le veglie cli Siena ovvero i varii Jmmori <le/la m:usica m<Klenuu (I6Q,I,), di ORAZIO VECCI: ~L-0. fJUzzia se;iile• (1598), di ADRIANO BANCHIERI, ecc. e.cc.

(11) L'opcto. <li GIUSEPPE BAINI, 11,Memo·rie stol"ico critiche della 1ii'ta e delle Opere di GiotJarini Pierluigi da Pale,trina ... » (Roma 1828. 2 volumi) è pur tuttavia non solo di singolare importnn?.a per la storia della musicn in generale, - e come tale uno dei 1,il1 notevoli lavori delle. letterstura storico-musicale del secolo XIX, ma altresì, H tutt'oggi, opera fondamentale per la conoscenza e lo studio dell'opera palestrinì::ma FRA N- CESCO KANDLER (di Klosterneuburg 1792-1881) ne compilò un largo riassunto in tede-

~c.o, che venne pubblicato, dopo la sua morte, nel 1884, Da quel momento hanno inizio In serie di opere e gli studi critici sul P. e un più approfondito Yllglio della sua essen~'l artistica e della sua portata. Seguirono le opere di W. Bae-umker (Friburgo 1817) di Fran- rc.~co Su1:erio Haberl (1879 in Cikilienkalender; 1882 ibid; 1894 in Kirchenmusikalìchei;

Jahrbuch; 169,t·, Regensburg, ecc. ecc. L'Haberl è - tra quanti seguirono al Daini -- tutt'oggi il maggiore e più importante: studib l'opera del Prenestino tutta la vita, si può

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GIOVANNI PIERLUIGI DA PALESTRINA

quale esp.-essione del suo genio e della sua individualità. Ciò può anche spiegare come ,più volte nel passato sieno state scambiale con musiche di Palestrina, musiche del Vittoria, del Morales, dell'Ingegneri, ecc. (12).

Uno studio di indagine sulla personalità del Palestrina, sull'individualis- mo palestriniano, resta tuttora ad essere compiuto.

Si insiste ancor sempre sul grande merito acquisito dal Palestrina per aver egli salvata la polifonia alla chiesa cattolica; in un momento in cui la si voleva bandire. Ignorando per lo più che cosa veramente sia stata, e in che cosa precisamente essa sia consist.ita, sempre si è parlalo soprattutto di una ,riforma palestriniana». In alcuni testi di storia della musica - in molti - questa determinazione appare quale un vero e pro- prio svarione; un errore dello scrittore, che avrebbe dovuto esprimere il concetto dicendo «Palestrina e la riforma protestante». Vale a dire la musica sacra di Palestrina e quella della riforma. In altri testi è sempli- cemen~ detei-minazione impropria .. Difatti, con il termine (<riformai> si vuol significare il ristabiliment.o di una cosa, di un .principio, di un cri- terio, nello stato o forma debi-ta sua .. E può essere riforma più o meno pien,a e vera, e se è vera riforma è anche intera. Premesso, ciò non è dif- ficile il vedere e il constatare come l'.aleslrina, in realtà, non abbia 1·ifor- mato nulla. Formatasi la sua educazione musicale alla scuola di maestri fiamminghi, egli ne seguì la tecnica e ne assimilò da principio la maniera.

Poi si delineò uno stacco della• sua espressività, genuinamente e sola- mente sua, per cui giunse al primato.

La musica religiosa liturgica - dunque la musica della rnessa in primo luogo - in omaggio ad un'antica assiomatica prescrizione del

dire, e - fondato nel 1879 il Palestrina--Ferein, provvide, per sottoscrizione, alla pubblicn- _zione dell'Ope1"a Omnia, ch'era stata iniziata nel 1862, dal De Witt, dal Rauch, Espagnè e Uommer. OD.I X0 al XXXI11° volume (Ediz .. Ereitkopf) lu monumentale opera di re\·i- r:ioue_ è tutta dell'Haberl. Vennero poi gli studi e le ricerche del Weinmann dell'lfrspru11a, del .TVeissenbdcli, dell'Einstein, del Fellerer, del Kurthen, di Peter Wagner, dello Scheriug e di altri. Dopo qut:sti ricm·deremo il danese Knu.d Jeppesen, l'inglese Kendri Pjne 1925, e tra i francP,si gli studi di Mich~le Brenet (recte :Marie Bobillier) e quelli del Tiersot pubbl. in Rivista Musicale ltal. 1G25. Dopo il Baini, in Jtalia appena nell'ultimo decennio dello scorso secolo, vediamo una fioritura, - timida e modesta al confronto con qunn- to si è fotto altrove, e. in Germanio.. - Le opere e gli scritti italiani pilt notevoli woo quelli del CASCIOLJ {lB!H,); del Cnrdùtalc C. Retpighi -(1899) di Al~. Gametti al quale si de- w,no pareccllie nuove notizie, e finalmente di MONS. RAFFAELE CASIMIRO CASIMIRI, mancato agli etudi prediletti cr è circa un anno, e che, con dottrinu e passione aveva por- tato, con studi particolari e specialiiv.ati, contributi nuovi cli ric-ercn e di critica, e elle .stava curando - auspice il Governo - un'edizione nazionale ittdiuna delle opere complete del P., che ancora non esiste e che, dopo pochi volumi, rimane, almeno per il momento, bruscumente troncata per l'inattesa dolorosa scomparsa del Casimiri. (Cfr, il catalogo Bibliografico del Carnetti; Milano 192,'i, e la nota bibl. del Dìz. di Carlo Schmi.dl IJI) 2)9 -220).

(12) Già il Baini, a' suoi tempi, restituì al Victoria ed anche al Morales alcune com- posiz.ioni falsamente attribuite al Palestrina - anche l'Hllbcrl, - e ciò è meno compren- sibile, _: potè attribuire al Palestrina alcuni Responsori 1.:he sono, invece, di MARCO ANTONIO JNGEGNERI; e fino al 1897, anno in cui. l'Ho.ber! stesso rettificò l'errore commesso si continuò a considerarli opera del P. Tra questi responsorii va annoverato il famoso «'l'eneb,·ae factae s1mt» che ancor oggi appare tratto r.ei nostri programmi du con- certo, con il nome di Palestrina, anzichè deli'lngegneri; colpa, in parte, all'inesatta stampu che ne diede la Casa Ricordi pochi a~1ni or sono,

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GIUSTO ZAMPIERI

1,ito cattolico, •-·· non può essere che quella dell'antifona.rio, cioè del Libro dei libri, della Bibbia musicale. Ciò analogamente a quanto è dis- posto da antica regola per la Bibbia in rapport-0 al testo letterario. Regola e prescrizloni che si spieg·ano insieme con lo spirito universalistico del pensiero religioso cattolico. L'antica messa nwnodica aveva, ·di.fatti, alla base il recitativo de~ canto prim_it.ivo cristiano che, sillabico e aderente alla parola, e soltanto diatonico, era stato tramandato da secolo a secolo immutato, immutabile ed anonimo (13). Avrebbe dovuto rimanere tale nei tempi; ma si con·ose e si alterò. E quando il canto polifonico penetrò nel sacro tempio e t1·ovò ,proprie regole e le prime sanzioni, si stabili che la trarna polifonica dovesse necessariamente venir sem-pre intessuta sur un tema sacro, - cioè su incisi melodici e cantilene dell'antifonario - , e che non dovesse mai essere di invenzione del compositpre. Si ebbe così il ucantuS finnusu, cioè il (<cantus prius .factus)) che costituì il cdenor)) (14), cioè il oonlenuto della composizione polifonica religiosa e che fu d'obbli·

go im-prescindibile ai discantores e ai primi contrappuntisti. Con il .pro- gredire però dell'arte vocale polifonica, con le rifioriture dell'arte pro- fana - che vieppiù rigogliosamente, come l'ornato, la pittura e la sta- tuaria, varcavano le porte delle chiese e magnificamente vi entravano r-ecandovi sempre nuove luci, più af_fascinanti .bagliori e ben sentiti canti, -ad un daw momento questo cantus firmus venne abbandonato. I com- posit01·ì non ne vollero più sapere. O, abituati come lo erano a scrivei-e i loro lavod sem,pre sur un terna dato, per .avere maggiori risorse e lpOSSi-

1.>ilità andarono a cercarlo nella canzone -popolare, t-ra le melodie dei soldati ( come ·per la famosa miss e de l' lwmme armèe ( 15)) o, peggio, tra i canti erotici ,più in voga. Il conh'appunto intanto continuava a per- fezionarsi, dava sempre più faciìe m-odo a raffinatezze e complicazioni tecniche. Con i compositori della seconda scuola fiamminga - che dominò la musica in Italia. proprio all'epoca del giovane Palestrina - più non bastarono sei od otto voci usate conte-mporaneamente, ma se ne usarono fino a dodici, a ventiquattro... a trentasei... L'artifizio, regolato dalle

(13) Questa disposizione tendeva a preservare quella parte della liturgia che ha p.iù facili ed istintive relazioni col sentimento personale, il canto, impedendole ogni possibile rleviazione verso il sog9cttii:is111-0. Circa l'origine di questi canti e In loro ano11imia. son hen noti i moderni studi di ZEV! JDELSSON (1928) che dimostrano i rapporti con l'an- tiw canto liturgico E::braico. Tesi, cui del resto, accennò già a' suoi tempi il Padre M"AR- T]SJ. (~ifr. G. B. MARTINI Storia della musica J l15i),

( B) Dn te11eo -tenere. Affidato nel coro preferibilmente alla più forte e più facil- mente pt:rcepibile dE::llc quattro voci naturali, generò il termine tenore 1>er ìndicare Ja w,ce pili acuta delle voci maschili. Ma lungo· tutto il Medio E\"O e fino a.ll'età di Palestrina r. oltre, indi<:ò non la voce che lo riproduceva (o ("he poteva indifferentE::mente essere il ooprano, il contralto, o il basso) ma la melodia stessa, o l'_jnciso melodico du elaborarsi.

Dn ciò anche la divisione in music~ sacra liturgica, cioè sur un tenor e mm·ica rnligio.~a o :isacra 1e11za tt:nOT. Sacra liturgica è per definizione la messa; sen1,a tettor è il motetto e:

sono le altre fo1·me minori. Si usò impropriamente la parola teno1· anche per temi presi da melodie esttanee all'antifonario, e profane.

(15) Si conoscono più di 20 o 24 messe scritte da Yari autori trn la fine del quuttro- cento (Busnois, Dufuj, ecc. ecc.) e la seconda metà del cinqu·ecenlo (Joesquin Dessprez, ).forales ·ecc.) inte.s~ute sul tema della canzone de l'ho.mme urmtfo. Era questa una can•

zone soldntE::scn di nnticn data, che rimase popolarissima. pe.-dei secoli anche in Italia, li

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GIOVANNI P!ERLUlGI DA PALESTRINA

mani abilissime dei compositori, scaltriti ormai nell'adoperare-imitazioni,

;,ughe e canoni, divenne gran m-erito: sorse allora un virtuosis1no cOn- m,ppuntistico che piacque e interessò. Esso divenne presto fine a sè stesso, e da solo costituì il pregio di un componiment-0 al quale anche le parole erano divenute presso che inutili, e semplice "scusa per far apri la bocca 11i co11tori ... Moltissimi gli esempi rimasti di silatte composizioni della prima metà del cinquecento: Lutero - con riferimento anche al sistema di notazione, di ·scritturazione allora in mm - le chiamò «musiche in cui i compositori fa11110 ciò che vogliono le note; non queste ciò che vogliono -i compositori)).

!<;gli, J..utero, ammoniva intanto per conto proprio che, come il -pre•

gare ha da essere atto sincero, bene capito, espresso lrancamenl-e dai fe- deli nella parlata loro propria, - e non d'obbligo in latino che i più lassù non· -conoscevano, e, .come le donnette in chiesa, .storpia vano e bia- scicavano malamenle, ___, così il canto doveva essere rinnovato nel tempio;

doveva essere sentito e bene scelto, ma non doveva sempre; forzatamente venir preso dai ruderi dell'antico canto cristiano. Questo, - soffocato ctall'accavalla.rsi delle molte voci, rallenta.lo .fino a cadere net n011 senso pe,· la voluttà di porre molte note in contrappunto sopra. una sola nota, - più. qon lo. si udiva, più nulla esprimeva: era divenuto inutile.

E' per .proprio conto, e ai tìni del protestantesimo egli. ad-0tlò il co- rale, dett-0 appunto corale luterano. La chiesa romana se ne a.dombrò e al Concilio di Trento, dotti prelati e cardinali discussero anche di ciò. Ma nulla oonclusero praticamente, P.roposero un ,~tomo al ·puro canto mo- nodico del sesto secolo, dell'età di Papa Gregorio I., Al canto gregoriano.

Ciò naturalmente, non .poteva_ riuscir _gradito a. quanti ama.vano, ormai da tempo, le espressioni ,imotive della polifonia ch_e si minacciava. di escludere dalla chiesa cattolica e che era, vecchia conquista della musica europea, ed era -penetrata quanto mai intimamente nel senso art.istico-mu- sicale di tutti.

E' in questo moment-0 che assurge a particolare importanza di fronte al ca.tlolices1mo la messa di Palestrina.

testo letterario, pubblicato la prima volta dnl Pernè nel Dictionnaire h-istoriq1.1e des 1)11.llli- ci,ms di Chol'On e Fajolle (Piwis, IEII0-11, Il pag. 871), è il seguente:

fl'.Lome, Lome, lome armé

«Et Robi-net tu m'O$ la. mo-l"t do1mé

«Q1umd t.11 t'e,, 11as.

11 padre ~larlini osserva come il tema di questa «ce,-ta canzone provenzale» sia sen-ito a moltissimi autori i quali «gareggiando f1·a di loro, fecero couoscefe quanto eccellente foa,e ii_1. loro if!-tutte le sue parti l~A,-te del contrappunto)) (Cfr. G. B. MARTIN! «.Esemplare 0

111a sagyw fondame11ta1e ... d, contrappunt.o sopra il canto /e1-»io ... » (Bologna, 17'14-15. J, 351., .._ li testo è ~ifer!to anche in M. BJl,ENET: Pale,h'ina. Paris, Alcan, 1906-1919, pagg.

11;-178) Ln meloiha d1 questa canwne si ·prestava a fur sfoggio di virtuosismo tecnico; ciò spiega _come l'abbiano usata tanti maestri fiamminghi, e anche lo spagnolo Morales il Pnlestrma e poi ancora tra gli italiani Giacomo Carissimi nel seicento. Il Palestrina ' - che, come il Desprez e il 1\forales, scrisse. 2 messe su questo tema, - volle evidentem~nte affermare la sua abilità tecnica, non affatto minore cli que1l$ dei fiamminghi. E ne fece un capolavoro,

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10 GIUSTO ZAMPIERI

***

E' ben nota la leggendaria narrazione, ripetuta da molti anche in questi ultimi giorni, circa la composizione della Missa Papae M arcelli, e della parte che avrebbe avuta Palestrina al Concilio di Trento. Altret- tanto nole sono, da parecchi anni, le rettifiche di studiosi e biografi. E' inutile ,~peterle.

Palestrina no ha mai partecipato ad alcuna delle sedute del Concilio òi Trento, ove non è mai stato .. Non sci·isse affatto pe1· incal'ico del Con- cilio la messa famosa ma molto prima: probabilmente l'aveva già scritta quando il cardinale Marcello Cervini_ non ancora era stato eletto Papa.

Solo il 7 aprile 1555, co:l nome di Marcello li', il Cervini succedeva a Papa Giulio Ili'. Ma soli 21 giorm dal suo pontificato moriva, colpito da apoplessia. Palestrina avrebbe voluto dedicare a lui - che gli era stato amico e l'aveva protetto - l'opera che appare quale un modello inwpe- rabile di semplicità, di purezza e di mistica espressione: Non fece a tempo, chè Pa·pa Marcello venne improvvisamente a morte. Più ta1·di, nel i56ì però, jnseri questo lavoro nel suo secondo libro di messe dedicato a Filip- po Il' di Spagna (16). Nella prefazione egli accenna al nuovo indirizzo dello stile della messa, ma non parla affatto del Concilio di Trento, nè altrimenti risulta che questo vi abbia in alcun modo influito. La storia, ben si sà; non è latta di congetture e di supposizioni, ma di fatti. Senza eccessivi scrupoli nè rispetto alla verità storica, l'Agazzari nel 1607 aveva creala la leggenda che tale messa fosse stata scritta in seguito alle deci- sioni del Concilio di Trento, con il proposito di salvare la polifonia dal bando dalle chiese cattoliche {17). Negli anni successivi ripeterono la

(16) Nell'edizione delle Opere complete (Haberl) questo secondo libro di messe trova posto nel voi. XI: «Missa1·um .•• liber sec11ndtu» - Roma, Eredi Dorico, 1561 - Contiene 7 messe: De Beata Virgine, Inviolata, Sine Nomine, Ad fugam (a quattro voci), Aspice Domine, Sah,um me fac (a cinque voci), Miua Popae Marcelli (a sei voci). Pare sia stato il Cardinale Vitelli a suggerire la dedica al Pontefice Marcello II0Altri avreb- bero consigliato Palestrina di dedicarla a Filippo 11°, che molto l'avrebbe gradita, ma il Vitelli consigliò, invece, di dedicare al Re di Spagna il volume completo e che compren- deva anche la messo. Papae Marcelli, ma di dare a quesb. un nome che la. dimostrasse composta per. Roma, e già dedicata ad un Papa.

(1:7) Cfr. AGOSTINO AGAZZARI: «Del sonare sopra 'l basso con tutti li stm- menti e dell'uso loro nel conse·1·to)). Jn "Siena, uppresso Domenico Faldni ... 1607. (.R.frta·m- -pa a11a.!tatica, Milano, 1933), a pag. 11, si legge: «Ma ,e alcun.o ·mi. dice,se che a s·uonar l'opel'e antiche piene di fughe, e contrappunti, non è ba.stevole il bauo; a ciò riB"Jwndo~,wn essere in uso più simil cantilene per la confusione, e ZUJ)pa delle -parole, che dalle fughe lunghe ed intrecciate nascono: ed onco perchè non hanno vaghezza poichè cantandosi a tutte le -voci non si .sente ne periodo, ne senso; essendo per le fughe interrotte e sopra- pasto anzi. nel medeaimo tempo ogni 1lOce canta parole differenti. clall'altr,i: il che Cl!Jli h-11om.ini intendenti e giudicWri dispiace, e poco mancò, che per queata cagion-e n{> jM3e Rbandita la musica da .wanta Chiesa, da un Sommo Pontefice, se da Gio"Dan Palestrina non fosse stato pi·eso 1-iparo, '11t.Ostrandu d'essere "Dit-io e erl'ore de' compositori e non de1la musica: ecl ù confenn.at·ione di questo fece la messa intitolata: MISSA A PAPA.E MAR- CELLL.> Questo testualmente, il passo incrimin'lto e famoso che generò e diffuse la leggenda, . Passo che si presterebbe a molte considerazioni, e che testimonia anche del rapido cambiamento degli stili musicali, dopo l'nv,·ento dello stile monodico accompagnato, e lo sviluppo del ba.tao numerato e del ba1u10 contimio. Coo essi s'inizia ~ a pochi anni dalla morte di Pa]estrina - il lun_go periodo d'incomprensione del suo stile e della gran- ,)ezza della sua, arte,

(11)

GIOVANNI PIERLUIGI DA PALESTRINA li

stessa versione, evidentemente prendendola dall'Agazzari, Adriano Ban- chieri (1609) Agostino Pisa (1611) Giambattista Doni (1647) ,,.e poi ancora il Liberati (168,) ... ed altri, Nel settecento la leggenda era più che mai rit-enuta attendibile e veniva divulgata anche da Andrea Adami (1711) (18).

Nel secondo settec<into pochi si curarono della vita e dell'opera del Pa- leskina, se si eccettuino il Bumej, il sapiente e dotto padr-e Martini, ;1 suo allievo Paolucci (19) e qualche altro. Nello scorso secolo, dopo che il Baini nel 1828 pubblicò le memol'ie sulla vita del Palestrina e risuscitò l'i9_t,eresse degli studiosi circa l'importanza e grandezza della sua opera, la leggenda - pur essendo stata riconosciuta tale dallo st-esso Baini che le negò ogni fond~mento di verità - ricomparve, e quanti in seguito scrissero dc storia della musica, la ripeterono copiandosi l'un dall'altro.

La vicenda di questa famosa messa 8, in realtà, assai più schietta e semplice. Il 2 agosto del 1564 Papa Pio IV' •pubblicò il motu proprio Alias nonnulas .constitutiones)), con il quale dava ordine di predisporre la pra- tica attuazione delle decisioni del Concilio di Trento. Insieme con le altre anche quelle che si riferivano alla musica liturgica. Di questa zelanti e intelligentissimi, se ne occuparono particolarmente i cardinali Carlo Bor- i·omeo e Vitellozzo Vitelli. In casa di quest'ultimo convennero il 28 aprile, ott-o cantori scelti (20) «ad decantandas aliquo1 missas et probandum si verba i.ntellegerentur prout Reverendissi1nis placet». Quali messe siano state eseguite in questa occasione, non è -precisato da alcun documento.

Ma sono quanto mai sintomat.ici e significativi due fatti che non sfuggi~

rono ai più attenti ricercatori e studiosi della vita e dell'opera del Pale·

strina. Anzitutto in un codice la cui stesura è di quei giorni, accolte vicino a messe del maestro di Anversa Noel Baudoujn, dello spagnolo Melchiorre Robledo e di Giovanni Maria Rosso - maestro alla corte di Mantova, figu- rano ben tre messe di Palestrina, tra le quali la Missa Papae Marcelli.

Poi, dal 6 giugno dello stesso anno, viene concesso al Palestrina un soprassoldo di tre scudi mensili, e la concessione è così- motivata nel diario della Cappella Vaticana: (<Ex causa diversarurn compositionum musica- liurn quas hactenus edidit et est editurus ad c<>mmodum dictae capellae,).

(18) Cfr.: ANDREA ADAMI; «O:;serv<izimii zwr ben ·l'IJ.golm_·e il com dei cantoti flel)(t Cappell(f. Pontificia tanto nel.le f1111zioni'. onTi1iarie che st ram·dinarie». Homn. _,J. <fo' Uoui 1'111. Famosa opera, concepita nel periodo in cui dominarono per(, idee completa- mente diverse da quelle del secolo XVI0; e l'Accademia degli Areadi, - alla quale anche

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ritrntt.o del Palestrina.

(19) li padre Mart.ini nel suo trattato di contrappunto di.fama mondiale, dà l'anH- lisi ben 24 composizioni sncre (primo volume) e tre profane (secondo voi.), del Palestrina.

11

Paolu.cci, a sua

,·olt.a,

ne analizza altre 5. Sono analisi

condotte

con singolare dottrina

e

senso rli compenetrazion~ estetica, -Cfr. G. B. MARTINI: «Esemplare o sia .<iaggio Jonda- men.tale di. confrapp·unto fugato» .•• Bologna, 2 voi .1714,-15. Fr. GIUSEPPE PAOLUCCI:

«Arie pmtica di contrapptmfo dimostrata con (l,~empi ... » Venezia, 3 vol l'iGS - 66 - 72.

(20) Quatt.ro di questi cantori erano italiani, tre erano spagnoli, uno solo e:ra fiam"!ingo. Può essere. sottolineata la presenza tra questi cantori di un solo fiammingo.

Gli spagnoli erano in quei giorni in grande auge: il momento in cui ad essi a Rorùa ve- nivano fatti ponti d'oro, (Morales, Escobedo, Robledo, più tardi il Victoria ecc,),

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