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L orgoglio delle proprie radici. Non si cancella il passato

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Academic year: 2022

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L’orgoglio delle proprie radici

…Non si cancella il passato

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I contenuti ed i pareri espressi nel presente libro sono da considerarsi opinioni personali dell’Autore, che non possono, pertanto, impegnare l’Editore, mai e in alcun modo.

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Gustavo Rinaldi

L’ORGOGLIO DELLE PROPRIE RADICI

…Non si cancella il passato

Lettere, articoli, spunti

Traduzioni di Francesca Rinaldi

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www.booksprintedizioni.it

Copyright © 2021 Gustavo Rinaldi Tutti i diritti riservati

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“Questo libro è dedicato a mia moglie Clara, a mia figlia Francesca e alle mie nipotine Elena e Laura.”

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“Un particolare ringraziamento agli amici Paolo Carzana e Salvatore Libischi, miei correttori di bozze, per la loro preziosa collaborazione.”

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Prefazione

Ho letto recentemente che il Sud, e col Sud la Sicilia, le province dell’ex Regno delle Due Sicilie, tranne poche ec- cezioni, devono rassegnarsi al ruolo che hanno svolto e che continuano a svolgere da 160 anni a questa parte, da quan- do, cioè, è stata fatta la cosiddetta unità d’Italia: quello di essere quasi esclusivamente un mercato di consumo e un bacino di mano d’opera.

Sembra che altro non si possa sperare. Il tutto perché uno sviluppo adeguato del Sud metterebbe in crisi, forse in ginocchio, l’economia del Nord e così, allora, la colonizza- zione del Regno delle Due Sicilie, messa in atto, immedia- tamente, dai conquistatori piemontesi, deve poter conti- nuare.

È possibile accettare supinamente una condizione di in- feriorità nello stesso ambito territoriale, nello stesso Stato?

C’è un solo governo o ce ne sono due? C’è un solo Presiden- te della Repubblica o ce ne sono due? Ovvia la risposta:

uno. E allora perché esistono due Italie, accidenti!?

Perché, percorrendo la Penisola, in autostrada, per fer- rovia, in aereo, si avverte un cambiamento così radicale quando ci si sposta a Sud della capitale?

Perché continua a mancare la mano d’opera al Nord e al Sud cresce la disoccupazione?

Perché solo a Napoli la tangenziale è a pagamento?

Siamo un popolo di fessi noi meridionali? È una do- manda, spero, provocatoria. Mi auguro che non debba di- ventare un’asserzione, un’affermazione.

È inconcepibile, infatti, che altri meridionali come me, consapevoli di tali ingiustizie, non si battano per annullar-

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le, non facciano nulla neanche nel segreto della cabina elettorale.

“La verità è tanto più difficile da sentire quanto più a lun- go la si è taciuta”.

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Non è polemica sorpassata

Venerdì 30 gennaio 1987. Su Il Giornale viene pubblicata la seguente lettera, nella rubrica La parola ai lettori, col titolo

“Una polemica sorpassata”:

“Caro direttore, ritengo che soltanto conoscendo la pro- pria storia, antica e recente, un popolo possa vivere con pienezza il proprio presente, garantire la propria dignità, i propri diritti, il proprio futuro; e quindi sviluppare rapporti paritari e proficui con qualsiasi altro popolo.

Per questo la Liga Veneta, movimento popolare e federa- lista veneto ed europeo ritiene necessario far conoscere tut- ti quegli aspetti della storia e della realtà sociale, morale ed economica del Veneto, così come dei rapporti con i popoli vicini, che le istituzioni italiane tendono a tacere o a misti- ficare.

Alcuni nostri manifesti relativi alla storia recente del po- polo veneto sono divenuti oggetto di polemiche, segno que- sto della loro attualità. Al riguardo vorrei soltanto ricorda- re che a partire dal 1815 e fino al 1866, salvo una parentesi di piena sovranità nel 1848-49, il Veneto fu organizzato quale Stato autonomo esterno rispetto all’Impero asburgi- co, al quale era collegato attraverso leggi e meccanismi isti- tuzionali che garantivano alle popolazioni venete ampi spazi di autonomia, benessere, mantenimento degli usi e dei diritti tradizionali.

Per questo, quando nel 1866 le forze del Regno d’Italia attaccarono il Veneto, tale attacco fu inteso dai veneti stes- si come un’aggressione ed una minaccia alle loro terre ed alle loro famiglie, alla loro società ed alla loro cultura, e come tale fu respinto. È innegabile che il nerbo delle forze

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regolari e volontarie che per terra a Custoza e per mare a Lissa respinsero l’attacco sabaudo fosse costituito da vene- ti. Lo confermano, oltre ai documenti dell’epoca ed alla ro- busta ed univoca memoria popolare, i nomi dei caduti.

Tutto ciò ed altre cose ancora Liga Veneta, in sintonia con il Consiglio regionale del Veneto, ha ricordato e conti- nua a ricordare, non nel nome di vuote nostalgie o di un regionalismo ambiguo, ma per contribuire a rendere più consapevole e completa la costruzione dell’Europa. Ed è qui doveroso ricordare le “Giornate delle Genti e delle Re- gioni d’Europa” e l’estensione alla Baviera e all’Ungheria della Comunità Alpe-Adria, esempi concreti di cooperazio- ne europea sviluppati da noi veneti al di sopra dei confini di stato e delle barriere ideologiche”.

Franco Rocchetta Capo Gruppo della Liga Veneta al Consiglio Regionale del Veneto

La redazione de Il Giornale così rispondeva:

“Fossi stato al posto del signor Rocchetta avrei evitato questa rettifica che non rettifica nulla, e anzi tristemente conferma l’esattezza della segnalazione fattaci da un letto- re. Con spavalda ostinazione la Liga Veneta ripete che

‘quando nel 1866 le forze del Regno d’Italia attaccarono il Veneto, tale attacco fu inteso dai veneti stessi come un’aggressione ed una minaccia…’.

Ma il vero punto è un altro: il vero punto è che non ha senso risuscitare oggi, passioni e risentimenti cancellati dal tempo. Non ha più ragion d’essere la polemica antiaustria- ca che pure dominò il nostro Risorgimento e le vicende dell’irredentismo. Ma ha ancor meno ragione d’essere la polemica antitaliana degli italiani. Solo chi vuole rimestare in acque torbide, politiche ed elettorali, può trarre dal ri- cordo di Custoza motivi di divisione, non di riconciliazio- ne. Se questo avviene, come asserisce il signor Rocchetta

‘in sintonia con il Consiglio regionale del Veneto’, tanto peggio per quel Consiglio”.

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