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Vissuta nel Dhamma, morta nel Dhamma

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Academic year: 2022

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Vissuta nel Dhamma, morta nel Dhamma

di S.N. Goenka

Igatpuri, India, 1995

Articolo commemorativo per Vimala Goenka, assistente senior di Vipassana e cognata di Goenka, morta improvvisamente a 52 anni, nell’aprile del 1995.

Vimala entrò nella nostra famiglia a diciannove anni, sposando mio fratello minore, Radhe Shyam.

Era il 1961, abitavamo tutti a Rangoon e all’epoca tutta la famiglia si dedicava a Vipassana sotto la guida illuminata del mio Maestro, Sayagyi U Ba Khin.

Vimala proveniva da una famiglia colta di Calcutta, e per lei Vipassana era qualcosa di nuovo. Nel giro di pochi mesi, tuttavia, decise di provarla. Fin dal primo corso, aderì alla pratica senza difficoltà e incominciò a nuotare nel Gange del Dhamma come un pesce nell’acqua. Era laureata in scienze, e l’aspetto scientifico della meditazione affascinava la sua intelligenza. Partecipò a parecchi corsi di dieci giorni condotti da Sayagyi, e lui era molto soddisfatto dei suoi progressi. Mattino e sera, Vimala meditava in casa con la famiglia, e la domenica si univa a tutti noi per la meditazione al centro, alla presenza di Sayagyi.

Nel 1965, a causa dei cambiamenti sopravvenuti nel clima politico birmano, Radhe Shyam e Vimala,

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si trasferirono in India. A quel tempo, nessuno dei nostri familiari residenti in India praticava Vipassana, né il paese ne offriva l’opportunità. Tuttavia Vimala e Radhe mantennero la loro meditazione quotidiana, e se avevano bisogno di chiarimenti li ricevevano per iscritto da Rangoon.

Nel giugno del 1969, mi recai in India per riportare il gioiello di Vipassana nel suo paese d’origine. I miei primi corsi furono organizzati grazie all’impegno di familiari e di colleghi birmani che già praticavano ed erano in India da qualche tempo.

Dopo il secondo corso, a Madras, andai ad abitare con Radhe Shyam e Vimala a Tadepalligudam.

Pensavo che, una volta scaduto il mio permesso di tre mesi, sarei tornato in Birmania, ma continuavano a venirmi in mente le parole di Sayagyi: “Sono passati venticinque secoli, ed è giunta l’ora del risveglio per Vipassana. Oggi in India vi sono molti che hanno accumulato páramì (qualità positive) e che ti sosterranno”.

Vimala e Radhe Shyam erano convinti che dovessi rinunciare all’idea di ripartire. Vimala in particolare aveva fiducia che si sarebbe realizzata la predizione di Sayagyi, riguardo al risveglio di Vipassana.

Sorse un problema spinoso quando si trattò di tenere un terzo corso, a Sarnath, il sacro luogo dove Gotama il Buddha impartì il suo primo insegnamento, il Dhammacakka-pavattana-sutta (Il discorso sulla messa in moto della ruota del Dhamma, n.d.r.). e dove Sayagyi desiderava ardentemente vi si tenesse un corso. Mentre i primi due corsi erano stati frequentati da laici che ne avevano sostenute le

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spese, il corso di Sarnath sarebbe stato frequentato principalmente da monaci. E a questi non si potevano richiedere donazioni, necessarie per lo svolgimento di un corso, né ritenevo possibile chiedere ai miei parenti di sostenere le spese. Essi non erano neppure meditatori, e poi sostenevano già con generosità i costi della mia permanenza indiana.

Incominciai a pensare che, a Sarnath, non sarebbe stato possibile tenere un corso. Poi, la mia mente fu traversata come da un lampo: ”Chi sono io per voler trovare una soluzione? Sarà il Dhamma a risolvere questa difficoltà. Io sono solo un mezzo.

Se Vipassana è destinata a rinascere in India, si manifesterà di sicuro una soluzione”. E sollevato, procedetti con tranquillità nei preparativi per il viaggio imminente.

Qualche ora dopo, un taxi mi aspettava fuori di casa per portarmi in stazione. Vimala arrivò di corsa per salutarmi, e timidamente mi offrì qualcosa chiuso in un fazzoletto, da cui caddero alcune monete. Risultò che, fin da quando era arrivata in India, aveva risparmiato una somma ogni mese, per le spese correnti. Tutti suoi risparmi erano in quel fazzoletto. Piena di felicità, mi disse: “Questo potrà servirti per i corsi”. Come aveva avuto quest’ispirazione? Io non avevo espresso a nessuno le mie preoccupazioni finanziarie. Tutto ciò andava certamente attribuito al Dhamma!

Sapevo anche che, in quel periodo, ogni membro della famiglia riceveva il minimo necessario per le necessità quotidiane. Eppure, da queste magre risorse, Vimala era riuscita, con diligenza, a mettere da parte qualcosa. Cercai di oppormi, ma insistette

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e mi mise i soldi in valigia. Il mio cuore si riempì di gratitudine e gli occhi di lacrime. Ancora oggi, quando ci penso, sento il cuore e la mente colmarsi di mudita (gioia per il bene altrui), e mi dico: “Sadhu, sadhu, sadhu!” (n.d.r. espressione di ringraziamento:

ben fatto, ben fatto, ben fatto n.d.r.

Dopo il corso a Sarnath e un quarto a Calcutta ritornai da Radhe Shyam e Vimala. Ci fu un altro corso a Tadepalligudam, nello stabilimento di proprietà della famiglia. Vimala registrò i discorsi serali e li trascrisse a mano, con grande cura. Questo le richiese un impegno notevole, ma lei dichiarò che l’ascolto delle audiocassette la introduceva nella corrente del Dhamma, e che quindi era una gioia, non un peso.

In seguito, Radhe Shyam e Vimala servirono il Dhamma come assistenti senior e coordinatori delle pubblicazioni sul Dhamma. Nel 1995 Vimala mise mano alla revisione di cinque miei discorsi pubblici in hindi, che completò il primo aprile. Il giorno dopo era impegnata col marito a condurre un corso di un giorno, a Bombay. Nel pomeriggio incominciò a non sentirsi bene, e chiese al marito di condurla a casa; appena arrivata, Vimala insistette perché lui ritornasse al corso.

Era decisa ad affrontare il suo malessere da sola, e così fece. Quando, a corso terminato, Radhe Shyam ritornò a casa, lei giaceva immersa nel sonno eterno.

Non aveva chiamato nessuno, e si era spenta in silenzio. Da qualche tempo soffriva di asma, ed era solita dire che il suo male era un grande maestro di Dhamma. Probabilmente, con l’avvicinarsi della fine, l’asma era peggiorata. Avrebbe potuto telefonare

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a qualcuno della famiglia, ma evidentemente questa grande devota del Dhamma aveva preferito andarsene praticando consapevolezza ed equanimità, invece di mettersi in agitazione, chiedendo aiuto.

Quando, durante la meditazione, gli studenti provano qualche dolore insopportabile, spesso raccomandiamo loro di osservare le sensazioni che si manifestano nei palmi delle mani con obiettività, mente calma e silenziosa. Era quanto Vimala insegnava, e lei praticava ciò che insegnava. Nel suo corpo senza vita, il viso irradiava una pace straordinaria, i palmi erano aperti nella posizione che si assume in meditazione per osservarne le sensazioni. Meditando così, era chiaro che aveva accolto la morte con equanimità.

Pubblicato in:

Notiziario Vipassana hindi, 1995. Notiziario Vipassana Italia, 1997

Revisione a cura di Biblioteca Vipassana, 2011

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