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1 Analisi conoscitiva

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Academic year: 2021

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Non han sì aspri sterpi né sì folti

quelle fiere selvagge che ‘n odio hanno

tra Cecina e Corneto i luoghi colti.

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CAPITOLO 1

ANALISI CONOSCITIVA

1.1 Cecina Studio di geografia urbana

L’intervento di cui ci andiamo ad occupare nel presente documento si trova a Cecina, cittadina situata sulla costa tirrenica a sud di Livorno e nella cui provincia viene anche collocata amministrativamente. Al fine di comprendere nella loro globalità tutte le variabili che interessano il progetto, si riporta di seguito uno studio del territorio della cittadina toscana sia dal punto di vista ambientale che storico e sociale, cercando di far emergere come il centro sia sorto ed abbia creato la sua area di attrazione e di individuare quali siano le dinamiche di sviluppo ed i capisaldi territoriali da tenere in considerazione.

1.1.1 Storia del territorio

L’indagine storica ha come obbiettivo l’individuazione dei legami tra le componenti ambientali di natura fisica e quelle legate all’uomo ed alla sua presenza. La seguente analisi riguarda i periodi più rappresentativi per

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lo sviluppo e la definizione del contesto territoriale della città e cerca di evidenziare il legame tra sviluppo e dinamiche commerciali.

Paludi e malaria sono stati gli elementi determinanti ai fini dell'uso si è fatto che di questo territorio. E’ vero che in questa zona ci sono stati insediamenti etruschi prima e romani poi; sicuramente le condizioni della pianura erano migliori rispetto a quelle dell’epoca medicea, ma per quello che le nostre conoscenze ci permettono di sapere, ci sono sempre stati casi di malaria.

E’ certo comunque che la crescente denuncia di tali casi è significativa di una situazione che costantemente si aggravava e già sotto i romani lo spopolamento della regione era divenuto un fatto preoccupante1 dovuto forse anche alla crisi della coltura del grano, molto diffusa qui, ed anche alla decadenza dell’attività mineraria.

Del periodo successivo ai romani sappiamo poco e generalmente ci si riferisce a zone interne della Toscana laddove si ebbe l’insediamenti dei Goti e dei Longobardi.

Con l'avvento dei Franchi, la Toscana divenne un’importante terra di confine e vi si diffusero le istituzioni feudali detenute sia dai laici che da ecclesiastici. Nella zona di Cecina furono costituiti quei grandi latifondi

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che per molto tempo saranno sinonimo di arretratezza e miseria per gli abitanti.

E’ pensabile, studiando alcuni documenti, che la situazione descritta per i secoli precedenti, sia rimasta inalterata, con zone soggette all’inesorabile impaludamento e costante abbandono da parte degli abitanti, e più probabilmente che abbia continuato ad aggravarsi nei secoli successivi, tanto che con l’avvento dei Comuni, le notizie relative ad insediamenti sono riferite solo a zone collinari.

Si arriva così a grandi passi alla fine dell’epoca comunale, quando tutta la zona finisce col far parte della Signoria dei Medici che raggiunge l’apice della potenza politica con Cosimo I (1519-1574) divenuto primo Granduca di Toscana.

Con la riunificazione della Toscana da parte del Granducato si ebbe l’attuazione di numerose confische che ristabilirono il domino su vasti latifondi degli antichi proprietari. E’ forse in questo periodo che questa parte della Maremma vive il suo periodo più desolato, governata dai potenti di una città troppo lontana dagli interessi e dai problemi della campagna.

La dinastia medicea si concluse nel 1737, con la morte di Gian Gastone De Medici al quale, non avendo un erede diretto, fu fatto

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di Francesco I. All’epoca la grande tenuta di Cecina comprendeva anche parti degli attuali Comuni di Riparbella, Montescudaio e Bibbona.

L’attività economica era praticamente inesistente dal momento che la gestione di questi latifondi era limitata alla rendita fondiaria. L’unica coltivazione realizzata era quella estensiva del grano che non richiede le stesse cure che invece sono necessarie per altre piante, specie nella stagione estiva, quando invece la malaria faceva il maggior numero di vittime. Forse il fatto più sorprendente è che fin dal 1594 esiste nella zona, e precisamente presso il ponte sul Cecina, un forno fusorio ed una ferreria, alla quale ne seguirono altre due, rispettivamente nel 1602 e nel 1707. L’ubicazione di questi impianti nella zona deve esser fatta risalire alla relativa vicinanza delle miniere (Isola d'Elba e Campiglia), alle grandi estensioni boschive che assicuravano un sicuro approvvigionamento di legname ed alla vicinanza del corso d’acqua, necessario al movimento delle macchine.

I centri abitati erano piccoli villaggi e la popolazione scarsissima, le strade erano praticamente dei sentieri e in generale tutto il paesaggio della Maremma settentrionale nella prima metà del 1700 appariva desolato, con una struttura economico-sociale arretrata e abbandonata a se stessa. E’ certo che in queste condizioni la vita nella zona era molto difficile e

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significativo è il dato per cui la durata media della vita era fissata a 19 anni e mezzo.

Nella seconda metà del settecento, in tutta Europa si è manifestato un incremento di popolazione e di produzione dando inizio ad una fase di nuovo sviluppo dopo secoli di torpore. Questo processo si colloca più o meno nel momento di passaggio dai Medici ai Lorena al governo della Toscana.

Forse fu determinante, per gettare le basi del nuovo corso nel Granducato, il periodo della Reggenza (1735-1765), durante il quale ci furono personaggi di spicco che riuscirono a intuire l’importanza economica che poteva avere 1’agricoltura e ad essa dedicarono tutti i loro sforzi rilanciandola al di sopra del settore manifatturiero e mercantile.

I primi atti ufficiali della Reggenza, rivolti al potenziamento ed alla sistemazione della Maremma, furono sconfortanti dato che a niente valsero le immigrazioni forzate in queste zone di contadini lorenesi. Per molti versi si continuò a gestire la Maremma come avevano fatto i Medici, al solo scopo di trarne rendite, come fosse una colonia interna.

E’ di questa epoca il tentativo di lottizzare la Tenuta di Cecina, manovra poi conclusasi con la vendita della stessa, nel 1737, al Ginori che

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la ebbe con il Marchesato di Riparbella e 1'annessione di Bibbona, Casale Marittimo e Guardistallo.

Molti degli aspetti dell'iniziativa del Ginori sono caratteristici delta sua personalità giovane e ambiziosa. L’opera intrapresa per la colonizzazione della Tenuta si manifesta subito con la costruzione in brevissimo tempo di un palazzo alla foce del fiume Cecina cui seguì la bonifica della pianura retrostante, ancor prima di poter pensare all'insediamento di abitanti all'interno del villaggio stesso dato che la insalubrità del luogo aveva fatto molte vittime.

Figura 1: Vista del Palazzo fondato alla foce del fiume Cecina per volontà del Senatore Ginori nel 1740.

Gli sforzi del Ginori furono maggiormente rivolti ad altre attività piuttosto che all’agricoltura; vennero infatti iniziate attività marinare, tra

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cui la pesca del corallo, delle acciughe e delle sardine, attività portuali, anche costruzione di imbarcazioni fabbriche di reti, di cappelli di paglia, produzione di terrecotte artistiche. Tutte iniziative per le quali furono fatti venire specialisti dalle varie parti d'Italia per insegnare i diversi mestieri.

In questo modo il villaggio si rafforzò e vi furono stabiliti il fornaio, il fabbro, l'armaiolo, il calzolaio, nonché il giudice, il camarlingo, il cancelliere, il bargello e la guardia. Purtroppo verso il 1751 la gestione del Ginori andò in crisi; non molte sono le notizie relative a questo fatto anche se pare che probabilmente si sia trattato di rivalità personali con personaggi forse più potenti del Marchese stesso. Fatto sta che la Tenuta di Cecina divenne proprietà dello Scrittoio delle Regie Possessioni e le vicende di questo territorio dimostrano le difficoltà del governo a trovarne una sistemazione adeguata.

Nel 1772 la situazione peggiorò poiché la Tenuta fu data in affitto, riconducendo così la gestione ai vecchi sistemi medicei. Risale a questo periodo il nome delta località sul ponte sul Cecina, detta appunto Fitto di Cecina, che poi rappresenterà il nucleo originario dell’attuale agglomerato urbano della cittadina.

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erano dimostrati negativi comportando soltanto l’accumularsi di debiti. Inoltre gli allivellamenti nelle zone vicine erano stati fatti solo nelle parte collinari dal momento che effettivamente per i tipi di colture più in uso nelle piccole aziende mezzadrili (vino, olio, grano) erano maggiormente indicati i luoghi collinari che non la pianura. Solo verso la fine del regno di Pietro Leopoldo I, con la entrata in vigore delle leggi del 1784 in materia di livellamenti e del 1785 inerente il regime di mezzadria, la situazione, anche per la Tenuta, migliora notevolmente, grazie anche al1’aumento del prezzo del grano che mise in movimento tutti i possidenti della zona.

Ormai possiamo affermare che per la Maremma pisana si è innescato un meccanismo di trasformazione territoriale attraverso il quale si opera una serie di rinnovamenti proprio in quei settori che per secoli avevano reso statica la vita dell'area di Cecina. Le nuove bonifiche intraprese danno un impulso notevole alla nascente grande e media proprietà coltivatrice che fino ad ora era stata schiacciata dai latifondisti.

Nonostante tutte queste innovazioni, il paesaggio umanizzato non fu sensibilmente modificato nel corso del XVIII secolo, anche perché queste furono fondamentalmente trasformazioni conseguenti ad una volontà politica ben precisa, legate al governo centrale e che coinvolsero 1’iniziativa locale solo in minima parte. Forse l'esempio più significativo fu

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il riassetto della rete viaria ed il suo trasferimento sotto il controllo degli organi municipali, non tanto per dare maggior rilevanza al problema delle infrastrutture, quanto per poter avere un controllo maggiore su di esse da parte dei proprietari.

Verso la fine del secolo Leopoldo I dette inizio ad una grande opera di legislazione per tutta Ia Toscana. Essa ebbe un forte riscontro nell'area di nostro interesse permettendo l’avvio di nuove bonifiche che, tramite la crescita delle aree coltivabili, saranno determinanti nelle trasformazioni del territorio che seguiranno.

L’andamento demografico della pianura maremmana, relativo al XVIII secolo, sembra conservare le stesse caratteristiche dei secoli precedenti con una tendenza costante allo spopolamento. Questo fenomeno non si avverte invece nel Cecinese, dove l’esperienza del Ginori all'inizio del secolo aveva attirato nuovi abitanti, soprattutto a Cecina Mare, anche se una vera ripresa demografica si ha solo intorno al 1820, mentre si assiste al fenomeno della smisurata crescita dei lavoratori avventizi, provenienti per lo più dal Pistoiese e dal Casentino, che scendevano ad incrementare la popolazione presente sul territorio soprattutto nei periodi di raccolta del grano. Sono infatti di questa epoca i numerosi "Casoni", costruiti proprio

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testimonianza ad oggi grazie al nome che hanno lasciato al luogo dove sorgevano;un esempio è il “Casone della Cinquantina” di cui parleremo più avanti, costruito nel 1768.

E’ nel corso del predominio napoleonico che acquistano ancora più vigore gli effetti delle nuove tendenze sociali ed economiche con un notevole potenziamento di quella classe nuova sociale di medio grandi proprietari terrieri appena formata. Questi, costantemente presenti sul luogo, si erano inoltre sempre più infiltrati nelle amministrazioni pubbliche.

Sempre durante questo periodo si ha un rilancio dell’interesse al dissodamento dei terreni, ancora una volta dovuto al forte rincaro del prezzo del grano conseguente al blocco continentale attuato contro l’Impero; essendo quindi fortemente remunerative, anche l’arretrata agricoltura di questi luoghi divenne altamente redditizia a cui conseguì un notevole sforzo da parte dei possidenti per ampliare la produzione e conseguentemente anche le proprietà. Si rafforzano così le famiglie più potenti che assurgono a posizioni di egemonia nella vita dei piccoli paesi nei quali vivono.

E’ chiaro comunque che il breve lasso di tempo del dominio francese non portò sostanziali trasformazioni territoriali e soprattutto nell’uso del suolo. Mentre in pianura continuano a fallire i tentativi di creare nuovi

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poderi, la popolazione è in leggero aumento soprattutto a Castagneto, Bibbona e nel Cecinese, dove continua ad affollarsi nei borghi, creando non pochi problemi di alloggi e rendendo necessari restauri, ampliamenti e costruzioni di nuove case.

Il risveglio di tutte le attività verificatosi in Europa verso la prima metà del 1700, che i reggenti che si sono succeduti hanno cercato con ogni sforzo di far giungere fino alla Maremma, stava finalmente mostrando i suo effetti e dopo pochi anni dalla Restaurazione era completamente cambiata e quasi più niente rimaneva delle tristi paludi dei secoli precedenti.

Le trasformazioni verificatesi nel settore fondiario con tutti i vari passaggi dal regime latifondistico a quello capitalistico, l'apertura di nuove strade, la ricostruzione delta vecchia Aurelia, l’istituzione del Catasto, sono le basi vere e proprie della rinascita di questo tratto di costa.

Nella prima metà del diciannovesimo secolo si assistette all’impiego nell’agricoltura di forti capitali provenienti dalle città; nel caso specifico Livorno, i proventi di altre attività vengono qui investiti soprattutto nelle allivellazioni (1833-1845 circa) di Cecina e di Vada. Fra i molti nuovi proprietari alcuni si stabiliscono direttamente sui loro terreni e fra questi la famiglia Guerrazzi che rimarrà dal 1858 fino ai primi del 1900 nella tenuta

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L’opera di maggiore impulso fu rappresentato dal definitivo dissodamento della pianura, determinato dalla divisione delle due più grandi proprietà: quella granducale di Cecina e quella della Mensa Arcivescovile di Pisa a Vada. Da tutta questa serie di trasformazioni e miglioramenti uscì estremamente rafforzata la classe dirigente dell’epoca che aveva soppiantato, con la fine del secolo, quella di tipo feudale ed era andata ad occupare le posizioni di prestigio; è composta di possidenti (dottori, nobili, industriali, commercianti) che si insediano nelle posizioni di maggior rilievo municipale e prendono in mano la gestione dei poteri locali. A questa nuova classe si devono le scelte che impostarono all’epoca il tipo di conduzione agricola della Toscana in generale e dell’area cecinese in particolare e che dipesero prevalentemente dalla scarsità della popolazione.

Fra le varie ipotesi formulate in relazione al tipo di conduzione agricola, la via principalmente seguita fu quella della mezzadria poiché risolveva almeno due grandi problemi dei proprietari: il primo relativo alla mano d’opera che in questo modo da avventizia si trasformava in stabile e quindi era più a buon mercato anche nei periodi malarici; il secondo riguardo alle migliorie che si venivano a manifestare nei possedimenti; migliorie senza spese poiché apportate dal mezzadro stesso.

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Fu negli anni di poco successivi alle bonifiche che si manifestò la necessità di un riordinamento amministrativo, anche per mettere in risalto la nuova funzione assunta dalle zone pianeggianti.

L’importanza maturata dalle zone di pianura, a scapito dei paesi collinari, fu per certi versi conseguenza, per altri stimolo, alla formazione di nuovi centri abitati, fenomeno facilitato anche dall’ingente sforzo compiuto dal Granducato per rendere transitabile la zona; dal 1828 infatti fu iniziata la ricostruzione della via Aurelia come asse principale di attraversamento di tutta la Maremma e negli anni successivi furono ad essa collegati i centri della zona e migliorate le condizioni dei tracciati esistenti.

E’ in questi anni, dal momento che il riassetto stradale aveva rinvigorito molte attività, che si affaccia il problema della ferrovia tirrenica. Infatti dopo il 1844, anno di apertura delta prima linea ferrata toscana fra Pisa e Livorno, le concessioni si susseguirono a ritmo serrato. Net 1845 fu presentata la richiesta di concessione per la realizzazione della linea da Livorno al confine sud del Granducato, passante per la Maremma. Tale progetto però fallì insieme alla società che si era costituita per la sua realizzazione e non se ne parlò più fino al 1860.

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divennero sufficientemente autonomi nelle decisioni sulla sorte della loro comunità senza dover sottostare agli ordini provenienti dal governo centrale.

E’ certo importante notare che, con il progressivo prosciugamento della pianura e la conseguente messa a coltura dei terreni recuperati, si presentò per le zone pianeggianti il fenomeno di un notevole accrescimento demografico, chiaramente dipeso dalla forte incidenza immigratoria. Gli immigrati provenivano in buona parte dai vicini centri collinari. E’ nel contesto di questo rapidissimo sviluppo che nasce appunto Cecina, più precisamente nel 1835.

Del 1852 è la nascita dell’importante mercato agricolo sancita con una delibera del Consiglio Comunale di Bibbona, proprio per assecondare la naturale vocazione di polo terziario che Cecina ha mostrato sin dal primo sviluppo.

Quando la Toscana entrò a fare parte del Regno d’Italia, si ebbe una diminuzione di interesse da parte del potere centrale per i problemi della Maremma anche era evidente il posto notevole, se non centrale, che essa occupava nella politica granducale. E’certo che questo fatto va ricollegato alla problematica più generale che si trovava ad affrontare era il Regno e che andava ad unificare e riordinare amministrativamente lo Stato, a

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combattere l’analfabetismo, a dare una reale consistenza economica alla neonata Italia.

Nel 1860 l’economia era ancora essenzialmente di tipo agricolo. In questi anni lo sviluppo nella zona cecinese fu abbastanza veloce e costante, anche se certe residue difficoltà, come la malaria, rappresentarono sempre un ostacolo e vennero risolte solo dopo molto tempo.

Nel 1867 si ha per la prima volta la costituzione di un’associazione di possidenti, il ”Comizio Agrario” del circondario di Volterra.

Già nel 1860 si denuncia una petizione di braccianti cecinesi che lamenta la mancanza del lavoro a causa della trasformazione in corso, che con l'avvento della mezzadria vedeva sparire stipendi e manodopera.

Negli ultimi anni del secolo il sistema economico subì alcune mutazioni significative determinate dalla chiusura dell’impianto industriale che aveva caratterizzato la zona costiera per duecento anni, la Magona del ferro (1889). A seguito di ciò aprirono attività diversificate, tra cui

lavorazioni alimentari (pastificio), la fabbricazione di pipe di radica e fornaci di mattoni lungo il corso del fiume Cecina. Nacque anche una certa “industrializzazione” agricola con l’avvento di mulini, cantine e frantoi; si affermarono anche diversi artigiani che crearono una piccola tipografia. Il

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nucleo urbano affermo sempre di più quel ruolo di riferimento per i comuni vicini dal punto di vista degli scambi commerciali e dell’offerta di servizi.

Negli anni precedenti la Prima Guerra Mondiale si diffuse a Cecina 1’orticoltura ed ebbe cosi inizio 1’affitto dei terreni agricoli. Nei primi anni del XX secolo lo sviluppo industriale dei centri vicini (Piombino, Livorno, Rosignano Solvay) comincia a sottrarre braccia all'agricoltura. Fino al 1812, anno di nascita della grande industria chimica Solvay, erano praticamente assenti le forme più moderne di associazione industriale.2

Forse proprio perché stretta fra due grandi poli industriali, siderurgico a Piombino e chimico a Rosignano, che maggiormente Cecina mette in rilievo ed anzi accentua il carattere di specializzazione terziaria. Ecco quindi che i negozi si moltiplicarono e si intensificarono le iniziative commerciali in qualunque settore.

Crebbe continuamente anche l'importanza di questo nucleo urbano come centro di contrattazione ed il suo mercato assunse effettivamente un ruolo importante per tutti i comuni del comprensorio. Fu appunto questa caratteristica che fece di Cecina il maggiore, se non l’unico centro di commercializzazione dei prodotti della Maremma settentrionale.

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La Solvay nacque a Rosignano, e non a Cecina, non solo per motivi di tipo tecnico, per la vicinanza al colle per l’estrazione del calcare, per la minore distanza da Livorno, dove era più facile reperire manodopera qualificata, e per l’esistenza di un’unica proprietà di vaste dimensioni, quella dei Mastini e Brunicci, in contrapposizione alla frammentazione del territorio cecinese.

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Un’altra attività che agli inizi del XX sec. si stava sviluppando, anche questa prevalentemente a Cecina , e quella balneare. L’afflusso a Marina di Cecina di alcuni cittadini e soprattutto la presenza annuale di battaglioni di artiglieria the si esercitavano nel poligono costituito nel 1868, genera tutta una serie di attività commerciali e produttive.

E’ chiaro che l’evoluzione di Cecina e soprattutto quella demografica, crea ben presto grossi problemi anche urbanistici che furono con sufficiente ponderatezza studiati ed in parte risolti dagli amministratori dell’epoca; va a loro riconosciuto il merito di avere sempre visto i problemi di Cecina in una dimensione urbana.

La crescita dell’abitato fu indubbiamente un fatto qualitativo derivante dalla trasformazione del centro le cui radici devono essere ricercate nell’aumento della potenza economica acquisita dalla borghesia.

Con la fine della guerra mondiale e 1’avvento del fascismo, si assiste ad un quasi totale congelamento di tutte quelle aggregazioni sociali che rendevano quanto mai vivace la dinamica delle attività economiche esistenti nella zona.

Conseguentemente alla politica del regime, il carattere dell’economia locale rimase prettamente agricolo anche se tra il 1921 ed il 1932, erano

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sorte a Cecina piccole attività industriali, legate comunque al settore primario.

In definitiva, nel periodo tra le due guerre, continuarono ad evolversi le tendenze gia delineatesi nei primi anni del 1900: proseguì 1’esodo dai centri collinari verso la pianura, si definì completamente il ruolo di Cecina che dal 1906 divenne Comune autonomo e dal 1925 andò a far parse della nuova Provincia di Livorno.

1.1.1.1 Il fiume Cecina parte integrante della storia

Indiscusso protagonista di tutti gli avvenimenti che si sono susseguiti sul territorio è certamente il fiume, giocando un ruolo fondamentale nelle economie e nelle strategie delle comunità che si sono insediate lungo di esso, sia per le risorse ad esso legate, che per la pesante impronta sulla morfologia della zona.

Lungo il fiume avevano eretto i loro insediamenti i romani, come testimoniato dai resti di insediamenti lungo la via salaiola, che collegava Volterra con il porto di Vada, ed i reperti archeologici di una villa nella località San Vincenzino, che fanno pensare alla frequentazione della zona da parte di importanti famiglie patrizie. Dopo la caduta dell’impero la frequentazione di tali siti continuò fino agli inizi del medioevo ed è proprio

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in questo periodo che si individua la presenza delle prime fabbriche di terracotta.

Una volta andato in rovina il ponte costruito dai romani il passaggio sul fiume fu garantito da zattere galleggianti che si spostavano da una sponda all’altra; la presenza di un collegamento tra le due sponde sarà infatti un elemento sempre più condizionante nello sviluppo di nuovi insediamenti e attività lavorative per la zona. Il ponte fu ricostruito nel 1339 dai Pisani durante le loro guerre di conquista in maremma.

Fu ancora una volta la presenza del fiume a condizionare la politica granducale, sotto il dominio dei Medici, quando fu concentrato in questo territorio, divenuto Tenuta Reale, la lavorazione ed il commercio del materiale ferroso proveniente dalle miniere dell’isola d’Elba. Nel 1594 fu così costruito un nuovo ponte per i collegamenti con gli insediamenti sulla sponda sinistra del fiume, a cui seguì l’anno successivo l’edificazione del palazzo cosiddetto del Fitto, di un mulino e nel 1596 del forno fusorio chiamato Magona del ferro.

Tra il 1738 ed il 1754, quando Carlo Ginori era proprietario della tenuta, la foce del fiume venne adibita alla riparazione delle imbarcazioni e, con la costruzione di una villa, si dette inizio all’attività portuale.

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Il ponte fu ricostruito completamente in legno nel 1821 che, travolto da una piene venne successivamente rimpiazzato da uno in muratura nel 1853. La piena del 1907 demolì anche il ponte ferroviario, sostituito da uno provvisorio fino al 1913. I ponti attuali sono stati tutti costruiti dopo il secondo conflitto bellico quando quelli esistenti furono completamente abbattuti dai bombardamenti. L’ultimo cronologicamente ad essere realizzato è stato quello di Cecina mare, terminato nella seconda metà degli anni sessanta, in previsione dei lavori di sistemazione della foce e della realizzazione del porticciolo turistico.

Sprovvisto di argini, il Cecina rese i terreni a nord del paese e presso la foce soggetto a frequenti inondazioni, cominciando così ad essere fonte di serie preoccupazioni nel momento in cui iniziarono a svilupparsi i nuovi centri di Marina, Palazzi e Collemezzano. Il disagio creato dalle piene spinse il comune a costituire nel 1931 un consorzio per la difesa del fiume Cecina3 che si occupasse della realizzazione delle opere idrauliche necessarie alla messa in sicurezza ed allo sfruttamento delle risorse del corso d’acqua.

Per il suo ampio letto e per l’aver mantenuto la sua caratteristica naturale il Cecina è sempre stato una delle mete preferite per le gite fuori

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Secondo le fonti dell’archivio storico comunale il Consorzio fu costituito in forma provvisoria il 29 gennaio 1931in seguito agli ingenti danni riportati nell’alluvione dell’anno precedente.

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dall’abitato cittadino, luogo d’incontro per gli appassionati di pesca e quindi nodo cruciale per lo sviluppo turistico della cittadina e così per una città che vuole difendere e rivalutare il proprio patrimonio storico e ambientale esso diventa uno dei luoghi di riferimento. Tale nuova coscienza urbana si realizza nei progetti di riqualifica riguardanti il nuovo porto turistico ed il parco naturale.

1.1.2 Sviluppo urbano

Alla base di quel processo che ha dato al territorio cecinese la propria identità urbana sta il fatto che la nascita e lo sviluppo dell’agglomerato urbano siano avvenuti non tanto per la presenza diretta di grandi industrie, quanto in funzione del settore terziario ed anche la conformazione originaria del nucleo abitativo risente maggiormente delle caratteristiche della città borghese che non di quelle dei centri agricoli. Anche la maglia ortogonale delle vie infatti, pur essendo comunque conforme a quella lasciata in eredità dai canali di bonifica, traspare l’impostazione della città borghese ottocentesca.4

Cecina nasce sulla riva sinistra del fiume, in prossimità del ponte; tale posizione è dovuta sia alla sopraelevazione della zona, a riparo dalle

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inondazione, sia alla collocazione economicamente strategica su di una via di collegamento che si faceva crocevia delle più importanti arterie viarie che servivano la costa, in particolar modo la via Aurelia, la via Emilia e la via della Val di Cecina. E’ del 1853 il primo piano regolatore, nato dalla necessità di organizzare la struttura urbana secondo le esigenze della comunità. In questo senso è indicativo il fatto che alla costruzione di nuovi edifici si fece precedere la realizzazione delle strade e delle altre opere di urbanizzazione. Il paese in questo periodo è costituito da una fila di casamenti abbastanza vasti lungo la via Aurelia fino all’incrocio delle strade per Marina e Guardistallo (vedi figura 1).

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Nel 1863 l’inaugurazione della stazione individuò sul territorio un altro elemento urbanisticamente forte. Si venne così a rafforzare il ruolo di Cecina come nodo viario della maremma dato che qui si intersecavano le line che collegavano Follonica con Livorno e la costa con l’entroterra Volterrano.

Il piano successivo risale al 1886 e prevedeva la costruzione della Pretura, delle carceri, di una scuola e la lottizzazione di circa 36000 mq. Visto il progressivo intensificarsi dell’attività edilizia alla fine del secolo venne istituito un vero e proprio ufficio tecnico comunale e nel 1906 si dovette redigere un progetto di ampliamento dello strumento urbanistico.

Il terzo piano, che venne presentato nel marzo 1915 ad opera dell’ing. E. Giambastiani, seguiva la dinamica demografica in aumento estendendo l’abitato a sud della stazione ferroviaria attenendosi al classico schema a scacchiera che aveva caratterizzato il nucleo originario della città.

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Figura 3: Stato del paese al 1882.

Anche gli insediamenti nelle campagne in questo periodo crescono in maniera significativa.

Dopo la metà degli anni trenta vengono progettate e realizzate alcune importanti opere pubbliche tra cui la rete fognaria. Negli stessi anni, a nord del fiume, si sviluppa la frazione di San Pietro in Palazzi, all’incrocio di tre grandi arterie stradali, seguendo una conformazione urbana molto simile al capoluogo lungo la via Aurelia.

Dopo le distruzioni della seconda guerra mondiale, i cittadini di Cecina iniziarono la ricostruzione del paese. Il problema della ricostruzione fu affrontato dal piano del 1946, opera dell’architetto S. Muratori. I temi portanti della proposta progettuale, oltre alla programmazione più

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strettamente legata alla riedificazione, furono la mobilita e la distribuzione delle funzioni rare, il decongestionamento del centro urbano, la separazione del traffico leggero dalla via Aurelia , oltre che la definizione dello sviluppo edilizio della città secondo nuove strade, piazze e lotti che disegnavano la zona più vicina al centro abitato, in direzione sud, mantenendo la tendenza allo sviluppo lineare secondo lasse della via Aurelia. Il centro dell’abitato si sposta così verso sud seguendo la direzione di sviluppo naturale essendo sbarrata a nord dalla presenza del fiume. Sue principali previsioni , poi attuate, furono la formazione di una piazza tra il sottopasso per Marina e l’Aurelia e la creazione di un liceo scientifico che rispondeva alle esigenze nate dai rapidi sviluppi civili, morali e culturali della cittadina.

Il piano fu operante fino al 31 dicembre 1960. I suoi elaborati facevano riferimento ad uno strumento particolareggiato, con indicazioni in materia di acquisizione delle aree pubbliche e relativamente agli elementi morfologici dei nuovi edifici.

Alla fine degli anni sessanta l’amministrazione comunale commissionò il nuovo strumento urbanistico, approvato poi nel 1974. a cura degli architetti I. Insolera e C. Melograni. E’ significativo mettere in

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previsione del piano, hanno in qualche modo determinato l’attuale forma della città, divenendo vero e proprio riferimento per qualsiasi esperienza urbanistica futura; in particolare sono da rilevare l’introduzione della zona PEEP, della variante Aurelia, dell’area industriale di San Pietro in Palazzi, del villaggio scolastico e delle attrezzature sportive pubbliche ad esso integrate.

Riguardo a Marina si confermo la tendenza alla saturazione della fascia compresa tra via Ginori e viale della Repubblica, collocando cospicue quote di completamento soprattutto nella parte centrale, in posizione baricentrica rispetto ai due insediamenti.

A seguito del mutato quadro legislativo nazionale e con la nascita istituzionale delle Regioni nel 1977 si manifestò la necessita di un aggiornamento dello strumento urbanistico da poco approvato. In particolare emerse la necessità di inquadrare il nuovo piano all’interno di un ambito comprensoriale più vasto, comprendente i comuni di Bibbona, Casale Marittimo, Guardistallo e Montescudaio e di aggiornare le strategie territoriali in base ai criteri ed agli orientamenti di politica urbanistica, indicati dalle regioni, relativi al corretto dimensionamento dei piani e alla dotazione di spazi pubblici.5

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Fu così redatto uno strumento provvisorio in attesa del piano intercomunale di riferimento con l’obbligo di sottoporre gli interventi pubblici al parere dell’ente sovra ordinato. In tal senso si operò ridimensionando le aree destinate ad attività abitative di nuova espansione ed industriali e incentivando il recupero delle preesistenze, con l’obbiettivo di elevare gli standard pubblici e quindi la qualità della vita.

L’ultimo piano approvato, ed attualmente vigente, è il piano regolatore generale del 1990. Il progetto urbanistico del nuovo piano regolatore ipotizza una prospettiva di sviluppo articolata per un periodo di circa dieci anni, equivalenti a tre piani pluriennali di attuazione.

La proposta si basa su alcune considerazioni:

• Il territorio è un bene che deve essere gestito con attenzione e parsimonia anche in relazione ai costi che si debbono sostenere per la sua utilizzazione.

• Portare avanti scelte già maturate su aspetti specifici come il progetto fiume ed il nuovo ospedale di zona.6

• Riqualificare l’ambiente anche per la funzione turistica che rappresenta.

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• Individuare gli assi di collegamento con la costa senza interferire con la rete viaria urbana, che a sua volta dovrà essere pianificata a mezzo di un apposito piano del traffico.

• Intervenire sul centro urbano per equilibrare uno sviluppo che i precedenti strumenti avevano spostato verso i margini dell’agglomerato urbano.

Mentre l’abitato si estende verso nord raggiungendo i comuni collinari, per i nuovi assetti prevale la concezione di una migliore razionalizzazione delle risorse esistenti. In questo senso si auspica una riconversione delle aree dimesse dei settori agricolo industriali in attività economiche produttive, centri storico colturali, parchi tematici centri espositivi portando le zone periferiche ad essere parte integrante di un progetto il nuovo modello di città. I nuovi piani d’intervento hanno l’obbiettivo di collegare i comuni interessi esistenti tra Cecina e Marina unificando sul territorio quelle unità funzionali che rappresentano una prospettiva per il futuro sviluppo economico. Tra di esse viene annoverata anche la fornace Baggiani.

Grazie ad una stretta collaborazione tra ente pubblico e privato sono già state concretizzati molti degli interventi previsti dallo strumento; tra questi si ricordano il nuovo ospedale, la sistemazione di corso Matteotti e piazza della libertà, la sistemazione del centro di Marina e di viale Vittoria

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e mentre sono in opera i lavori di sistemazione del complesso della Magona, il comune ha dato il via libera per i lavori all’ex-zuccherificio.7

Nel 1998 infine è stata costituita un ufficio di piano per la redazione del piano strutturale di Cecina in base ai contenuti della nuova legge urbanistica regionale. Esso è stato approvato nel 2000 e rappresenta la base per il nuovo strumento regolatore, attualmente in fase di approvazione. I suoi contenuti possono essere suddivisi in due parti. Nella prima si offre un quadro generale delle conoscenze acquisite e di quelle invece ancora da acquisire, sotto forma di rappresentazione sommaria dei dati immediatamente disponibili, in materia di risorse territoriali, atti di programmazione in corso, ricognizione del PRG vigente e completamento del Quadro Conoscitivo. Nella seconda parte vengono individuate le linee di indirizzo e gli obiettivi del nuovo piano strutturale, con particolare attenzione al ruolo che potranno svolgere gli operatori privati in merito ai temi dello sviluppo urbanistico ed economico, dell’ambiente, delle aree agricole e dei grandi progetti.

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1.1.3 Quadro ambientale

Il comune di Cecina si estende per una superficie di 42,94 kmq, suddivisi tra una popolazione di 26272 abitanti8 e comprende, oltre alla città di Cecina, le frazioni di Collemezzano, Cecina Mare e San Pietro in Palazzi. Ha una configurazione simile ad una coda di rondine; a nord confina con i comuni di Rosignano Marittimo e Castellina Marittima, a est con quelli di Riparbella, Montescudaio, Guardistallo e Casale Marittimo, mentre a sud con il comune di Bibbona e ad ovest si affaccia sul Mar Tirreno.

1.1.3.1 Clima, idrografia, geologia e morfologia

Il clima di Cecina è caratterizzato da inverni miti ed estati non eccessivamente calde, con scarse piovosità in particolare nelle stagioni estive e nella fascia di territorio in prossimità del mare, tutto grazie alla presenza del mare che contribuisce ad attenuare le grandi escursioni termiche che caratterizzano le regioni dell’Italia centrale. La temperatura media annua è di 15°, la differenza tra le medie estive ed invernali di circa

8

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13° e le minime assolute scendono di rado sotto lo zero se non durante alcune notti invernali.

La velocità dei venti è generalmente moderata;i venti più violenti risultano essere quelli di mare in particolar modo libeccio (SO) e maestrale (NO). Cecina non ha in genere una piovosità molto elevata e le precipitazioni si concentrano per lo più nelle stagioni intermedie.

Piuttosto rare in tutta la provincia sono le nevicate.9

Il bacino idrografico è rappresentato dal fiume Cecina e dai sui affluenti. E’ questo l’unico fiume importante nella maremma settentrionale e il quinto in toscana per lunghezza e dimensione del bacino imbrifero. Tra i fiumi toscani è quello che in regime di magra ha le portate più basse anche se, per le forti pendenze e la poca permeabilità del suo bacino, sono sufficienti delle piogge scarse per determinarne un veloce incremento o addirittura piene improvvise e talvolta violente.

La pianura costiera di Cecina è inoltre solcata da una serie di piccoli corsi d’acqua intrabacinali, ridotti a fossi di bonifica. Si tratta per lo più di modesti canali, tagliati durante le ingenti opere idrauliche del diciottesimo secolo per prosciugare le aree palustri che si estendevano all’interno della duna costiera.

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Geologicamente l’assetto strutturale del territorio e delle aree circostanti è il risultato dei movimenti di compressione tettonica generati dalle fasi di corrugamento e sollevamento della catena Appenninica ed alle fasi successive di distensione. Nella bassa pianura costiera, dove in passato si trovavano terreni acquitrinosi, si trovano sabbie permeabili e calcareniti sabbiose, mentre lungo il fiume si trovano depositi alluvionali costituiti da sabbie, ghiaie ed argille derivanti dall’erosione delle formazioni affioranti.

Figura 4: Il fiume Cecina e il ponte ferroviario.

Cecina è inserita in una realtà morfologica più ampia: la cosiddetta “Costa degli Etruschi” che comprende anche i comuni di Bibbona,

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Castagneto Carducci, Sassetta, San Vincenzo, Campiglia Marittima, Suvereto, Piombino, Rosignano e Collesalvetti. Il profilo morfologico del territorio di questa area può essere schematizzato secondo la ripartizione in quattro formazioni principali. Una fascia di bassa collina, una di alta pianura, una di bassa pianura retrodunale e la zona di duna vera e propria altrimenti detta tombolo meridionale.

1.1.3.2 Risorse naturali e loro sfruttamento

Al giorno d’oggi si è maturata nella collettività che l’azione di enti pubblici e privati debba essere indirizzata a favore di uno sviluppo sostenibile, intendendo per sostenibile lo sviluppo volto a salvaguardare i diritti delle generazioni presenti e future a fruire delle risorse del territorio.10In questo paragrafo cercheremo brevemente di far emergere le potenzialità della zona e individuare quelli che sono i punti di fragilità da tenere sotto osservazione.

Il mare è una delle risorse più importanti del territorio cecinese e se oggi il suo sfruttamento è legato per lo più al fenomeno turistico, in passato è stato anche mezzo indispensabile per le attività produttive. Tra i fenomeni che interessano il litorale, il più attuale e preoccupante è sicuramente quello

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dell’erosione costiera. Tale costante arretramento della costa è influenzato principalmente dai forti venti di mare che battono la riviera e dall’azione della bocca del fiume. Inoltre la conseguente scomparsa delle dune mette a dura prova tutta la vegetazione costiera, che già risente della pressione antropica esercitata dal centro di marina. La salute delle pinete è aggravata anche da altri fattori come ad esempio la presenza di agenti inquinanti nell’aerosol marino; in merito lo stato ha ritenuto necessario sottoporre la boscaglia ad un regime classificandola Riserva Naturale Biogenetica, essendo difficoltosa la conservazione dei Tomboli

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La vegetazione spontanea del comune di Cecina, così come del resto di tutta la pianura maremmana è tuttora piuttosto ricca e rigogliosa ed è dominata da associazioni di specie sempreverdi sclerofille, mentre le fustaie sono molto limitate e si trovano soltanto nei boschi. La macchia ha acquistato un alto valore sociale per l’esteso uso a scopo ricreativo che ne viene fatto ed è quindi necessario conciliare le necessità di protezione con l’affluenza e la fruizione da parte dell’uomo. Di questa un patrimonio da salvaguardare è sicuramente la pineta demaniale, originariamente creata verso la fine del settecento dal Governo Granducale toscano e che negli ultimi venti anni è stata decimata da una grave moria di pini.

Il fiume, come si è detto, rappresenta un elemento imprescindibile per il comune di Cecina, sia da un punto di vista ambientale, che paesaggistico, che industriale, anche se oggi quelle attività che avevano segnato la rinascita nel dopoguerra sono ormai tutte giunte al termine.

L’inquinamento del fiume, causato da scarichi industriali e domestici, è stato arginato negli anni, ma non ancora del tutto eliminato. Per poter fruire a pieno della risorsa idrica che rappresenta è quindi necessaria un’opera di valorizzazione del fiume oltre che un ripristino delle qualità biologiche ed ideologiche del suo alveo.

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Dal punto di vista faunistico c’è da rilevare che l’instaurarsi di nuovi centri abitati, attività agricole ed industriali, ha fatto si che le pinete siano oggi poco popolate rispetto a un tempo.

Per quel che concerne l’inquinamento dell’aria, dall’analisi dei dati di qualificazione e quantificazione delle emissioni , non è ancora apparso prioritario attivare un monitoraggio della qualità dell’aria nel territorio del Comune di Cecina.

Dal punto di vista dello sfruttamento delle risorse energetiche infine si assiste ad un aumento nel corso degli anni dei consumi di combustibile (gas naturale in particolare) e dei consumi di energia elettrica, come confermato anche dalle stime dei fabbisogni relativi ai soli usi civili. Ad esso però fa riscontro una diminuzione dei consumi energetici presi nel loro complesso per gli usi industriali.

Questi elementi e queste considerazioni sono a buon ragione considerati degli indispensabili indicatori per le politiche territoriali, ed in questo senso Cecina ha già manifestato maturità con interventi e progetti che incentivassero e pianificassero un corretto sfruttamento delle ricchezze naturali che offre la zona.

Ne è un esempio l’Area Naturale Protetta di Interesse Locale che interessa il nostro progetto che è stato un primo vero e proprio passo per la

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programmazione di interventi di naturalizzazione del corso del Fiume Cecina e dei suoi affluenti al fine di una corretta tutela ambientale che potrebbe favorire anche una utilizzazione a scopo turistico ricreativo dell'alveo stesso pur riducendo la pressione antropica.

1.1.4 Servizi

E’ abbastanza evidente che la dotazione di servizi nel comune di Cecina è abbastanza singolare per le sue dimensioni; questo però se non si tiene in considerazione la precisa scelta politica di rendere questo centro capoluogo comprensoriale, atto a soddisfare una domanda non tanto interna, quanto esterna non solo nel periodo di afflusso turistico.

A questo sviluppo nel settore dei servizi pubblici e privati sembra essere correlabile il grado di istruzione dei cittadini, in costante aumento, che sta creando così un serbatoio di valide competenze in grado di rispondere al desolante calo occupazionale di industria e agricoltura.

Banche, istituti assicurativi, studi professionali, studi di consulenza specializzata, centri di elaborazione dati, agenzie di ogni genere, dal punto di vista del terziario avanzato, la città è in grado di rispondere ad esigenze diversificate coprendo gran parte dei segmenti di domanda del settore.

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A Cecina esiste una gamma pressoché completa di strutture scolastiche, il cui campo di attrazione va molto al di là dei limiti comunali e che recentemente si è arricchita di un polo tecnologico universitario.

Numerose sono anche le attrezzature sportive, più o meno tutte di proprietà comunale, che coprono quantitativamente quasi tutte le discipline.

Relativamente alle strutture ricreative e culturali alla biblioteca, la fonoteca, l’emeroteca, il teatro, si sono aggiunti il museo etrusco – romano e quello etnografico nel restaurato casone della Cinquantina.

Dal punto di vista infrastrutturale, il centro è situato nel cosiddetto corridoio tirrenico costituito dalla linea ferroviaria Pisa – Roma e dalla strada di grande comunicazione denominata Variante Aurelia. Queste due arterie sono però relativamente recenti e la direttrice principale del comune rimane ancora la strada statale Aurelia che taglia l’intero territorio da nord a sud interrompendosi soltanto in prossimità del centro storico.

A questo asse storico, attualmente oggetto di progetti ed interventi di riqualificazione, si sovrappone un reticolo di collegamento che segue la disposizione geometrica dell’abitato; su questa maglia, fatta eccezione forse per la via che porta a Marina, non si distinguono però percorsi attrezzati per una idonea canalizzazione del traffico.

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A livello di Piano Urbanistico è nato quindi l’obbiettivo di realizzare le condizioni normative ed operative per dotare Cecina di una Rete Urbana Principale che sarà determinante per decongestionare il centro e per concretizzare gli intenti di sviluppo ecosostenibile del territorio, dando risalto agli assetti della mobilita alternativa, ciclabile e pedonale.

1.1.5 Economia

Anche se l’importanza di Cecina è per lo più commerciale, non si possono negare le sue radici legate alla terra. Fino alla prima guerra mondiale l’attività economica prevalente era di tipo agricolo, e per produzione questo era il centro più importante di tutta la provincia di Livorno. Successivamente una crisi di tutto il settore ha notevolmente ridimensionato tale importanza e ad oggi l’agricoltura cecinese risente delle grandi questioni che riguardano l’intero segmento a livello nazionale.

La pesca fu introdotta dal Ginori, sebbene abbia costituito una sorta di consolazione dopo il sostanziale fallimento della pesca al corallo. Essa interessava sia il fiume, sia il mare e le tecniche introdotte allora sono le stesse che sono utilizzate oggi. A fare la differenza è invece la quantità di fauna ittica, ampiamente variegata come qualità di pesce, nel secolo scorso

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ha subito un brusco calo dovuto all’inquinamento delle acque ed alla distruzione da parte dell’uomo dei fondali marini.11

Il settore industriale non ha invece mai avuto un peso rilevante, forse anche per la presenza ingombrante degli importanti siti di Rosignano e Piombino. In ogni caso anche la piccola e media, che è sempre stata presente sul territorio, negli ultimi anni ha ridotto drasticamente il numero delle aziende e degli occupati. Una certa vitalità imprenditoriale è comunque da registrarsi nella zona sotto la spinta di altri settori come quello turistico.

E’ dall’ultimo dopoguerra che, grazie ad una politica attenta alla salvaguardia e valorizzazione del territorio e ad una maggiore consapevolezza delle sue risorse, Cecina ha progressivamente caratterizzata le proprie attività economiche su di un turismo di qualità, alto artigianato e terziario avanzato.

11

Per il recupero dell’attività ittica sono allo studio dei tecnici progetti per la rinaturalizzazione delle acque, il ripopolamento e la disciplina della pesca, al fine di restituire al territorio un’attività che fa parte della sua memoria storica.

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1.2 Rilevanze territoriali

Veri e propri edifici, che caratterizzino la città e ne identifichino l’immagine, il comune di Cecina non ne ha; questo perché l’abitato ha assunto una propria dignità in epoche più recenti rispetto ad altri agglomerati urbani della costa toscana e dei sontuosi edifici di inizio secolo, quasi nessuno è sopravvissuto al secondo conflitto bellico. Gli interventi sul territorio degli ultimi decenni però hanno saputo mettere l’accento su alcune rilevanze, valorizzandole non solo funzionalmente, ma anche assumendole a vero e proprio simbolo municipale.

Di seguito prenderemo in esame alcuni di questi siti, che possono essere assunti come veri e propri elementi di riconoscimento della cittadina.

1.2.1 Il casone della “Cinquantina”

La villa della Cinquantina si trova nella zona nord dell’abitato, al di là del fiume, nella strada che collega San Pietro in Palazzi al mare. La villa nasce nel secolo XVIII come luogo di ricovero di manodopera utilizzata stagionalmente in colture estensive delle zone allora malariche. Si trattava di locali estremamente poveri, un semplice tetto per dei braccianti che

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Con le bonifiche dell’Ottocento inizia il decollo vero e proprio della zona, con gli appoderamenti ed i contratti di mezzadria. Risalgono a quest’epoca i rifacimenti e le modifiche dei locali, alcuni costruiti ex novo, in modo da rendere possibile la lavorazione dei prodotti, soprattutto delle olive e del grano.

Nel 1868 la villa diventa proprietà di una famiglia livornese, che opera vasti ampliamenti, fino a farla diventare un’ampia e confortevole residenza signorile di campagna. Vi trascorrerà gli ultimi anni della sua vita F.D. Guerrazzi (morto nel 1873).

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Nel 1975 la villa, passata di proprietà attraverso varie famiglie viene acquistata dal Comune di Cecina, che decide di trasformarla in centro culturale e vi colloca il Museo Etrusco - Romano, per esporre pezzi etruschi e romani provenienti dall’area cecinese e collinare, nonché alcuni reperti marini e materiali appartenenti alla villa San Vincenzino. Il complesso è stato poi ulteriormente arricchito con la sistemazione del parco e la creazione di un ristorante, di un bar e del “Museo della vita e del lavoro nella Maremma Settentrionale” col fine di lasciare una testimonianza delle radici del territorio; all’interno del suo parco si svolgono numerosi appuntamenti culturali.

1.2.2 La villa romana di San Vincenzino

Il complesso archeologico Villa-Cisterna, in località San Vincenzino, rappresenta un centro di interesse di grande valore storico, per quanto riguarda lo studio dell’assetto territoriale della Bassa Val di Cecina, in epoca romana, di cui poco si conosce. Si deve parlare di complesso Villa-Cisterna, in quanto è quest’ultima struttura quella meglio conservata e che per la sua grande capacità di accumulo e distribuzione, ci fa supporre un

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è costituita da un corpo centrale, della capacità di circa 350 metri cubi, e da un cunicolo di distribuzione con vari pozzetti che affiorano ancora oggi in superficie. Sono ancora visibili i filtri e la cisterna è percorribile in tutta la sua lunghezza.

Se la cisterna è in ottimo stato di conservazione, altrettanto non può dirsi della Villa soprastante. Le dimensioni, lo sviluppo e la capacità della cisterna ci fanno presumere un complesso di grandi dimensioni e di intensa attività produttiva.

Figura 7: Interno della cisterna.

Attualmente gli scavi hanno interessato la zona termale e alcuni saggi intorno ai pozzetti di distribuzione, già scavati nell’800 e negli anni

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sessanta. Sono visibili alcuni ambienti termali ed un salone con tracce di un ricco mosaico; alcuni reperti fanno pensare anche ad un riadattamento per la lavorazione del ferro.

Sono emerse anche tracce di abbandono e di riuso in epoca Medievale, periodo a cui risalgono alcune tombe prive di corredo ritrovate nella struttura della villa. Mano a mano che gli scavi proseguono riceve sempre maggiori conferme l’attribuzione alla famiglia dei Cecina di questo grande complesso. Concordano in questo punto le fonti letterarie, toponomastiche e archeologiche.

Il complesso Villa-Cisterna di S. Vincenzino appartiene ad una vasta villa agricola di epoca imperiale, attiva in vario modo per molti secoli, ancora fiorente nel V secolo, quando fu visitata dal poeta latino Rutilio Namaziano ed è proprio grazie alla sua descrizione che sappiamo come il sito attuale coincida con quello della Villa di Albino Cecina, suo amico, di cui fu ospite.

1.2.3 I complessi industriali dismessi

Come abbiamo già detto il processo di deindustrializzazione della bassa Val di Cecina, ha portato ad un lento ed inesorabile declino del

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produzione, molto spesso accompagnata dall’abbandono di aree anche molto vaste. Le fabbriche dismesse sono andate incontro ad un processo di disgregazione sociale, prima che materiale, perdendo anche quel senso evocativo dei ritmi quotidiani di un passato operoso. Il recupero di questi enormi “reperti” industriali è oggi argomento assai attuale, tra volontà di testimoniare, necessità di rifunzionalizzare aree strategiche e, secondo molti, possibilità di codificare un linguaggio architettonico vero e proprio.

Nel comune di Cecina ci sono tre siti che per il loro peso storico, ma anche perla loro posizione e dimensione, grandi aree avviluppate dalla crescita della città, sono da considerarsi rilevanti, anche in prospettiva degli interventi che li andranno a interessare da qui a qualche anno.

Il primo di questi è il complesso della magona, voluto dal Granduca Ferdinando I nel 1596, quando volle insediare un forno fusorio nei pressi del palazzo del Fitto.

È questa una Ferriera, piuttosto che una Magona, ossia una fucina alla catalana, come sono quelle destinate alla produzione della ghisa, delle quali si ricordano nella zona le fucine di Follonica e di Pescia.

Per garantire l’approvvigionamento di legname inoltre fu posto un diritto esclusivo di taglio dei boschi nel raggio di otto miglia, dagli attuali

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confini con il comune di Bibbona fino al mare; quest’area è oggi riserva naturale sotto il monitoraggio del CNR.

Figura 8: Il complesso della magona dopo la realizzazione del polo tecnologico.

Le attività granducali delle “magone” terminarono nel 1836, a riserva della fucina principale di Follonica. Dopo più di mezzo secolo di inattività, all’inizio del 1900, la compagnia proprietaria della magona decise di trasformare l’impianto in una fornace per la produzione di laterizi, vista la facilità di estrazione dell’argilla per la vicinanza del fiume. Tra le attività di

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comprensorio con tre linee di produzione. La produzione cessò temporaneamente durante i due conflitti bellici, durante i quali i grandi locali della fabbrica furono usati come magazzini per le armi e riprese nel secondo dopoguerra, ma solo per un breve periodo di tempo data la crisi del settore.

I lavori per la riqualificazione dell’aria sono oramai inoltrati ed è costituito dalla realizzazione di un centro di ricerca e di sperimentazione dell’università di Pisa, da una zona residenziale mediante la lottizzazione dell’area, da attività commerciali e servizi

Sulla strada nuova che porta a marina si trovano i corpi di fabbrica dello zuccherificio che a partire dal 1899 ha svolto la sua attività di lavorazione della barbabietola per quasi un secolo.12

L’intera area, oramai abbandonata, verrà recuperata con la realizzazione di unità abitative, attività commerciali, cinema, sottopassi, piste ciclabili e rotatorie per collegare la zona con il centro. Nei corpi di fabbrica dell’impianto troverà posto anche una sala teatro polivalente, nata dalla collaborazione tra amministrazione pubblica e gli enti privati coinvolti nell’operazione.

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La chiusura definitiva risale al 1988 in seguito alle grosse difficoltà riscontrate dalla gestione a seguito delle nuove politiche nazionali e comunitarie.

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Figura 9: Lo zuccherificio come appare oggi, dopo anni di inattività.

Pur non essendo concentrati in un sito univoco, gli impianti per la produzione di laterizi, che si è sviluppata lungo il fiume, visto l’esistenza di cave di argille alluvionali, fa parte di una antica tradizione della zona, impostata sulla produzione di qualità e che soprattutto in passato era rappresentata sul territorio da industrie di una certa dimensione. Della innumerevoli attività nel settore sorte nella seconda metà dell’ottocento, quando anche la costa toscana veniva, seppur in modo effimero, toccata dal

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in attività, la fornace Bitossi sulla riva sinistra del fiume, grazie forse soltanto al tipo di produzione indirizzato più sulle terrecotte artistiche.

Gli altri siti, tra cui ricordiamo la fornace Niccolai, la fornace Chiavacci, la fornace Baggiani, la fornace Nencini oltre al già citato forno della magona, rappresentano un importante patrimonio architettonico, oltre che una testimonianza storica importante, e per questo nasce il bisogno di reintegrarli nella vita della comunità, facendo essi parte integrante del paesaggio campestre.

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Della fornace Baggiani parleremo più approfonditamente nel prossimo capitolo.

1.2.4 Il centro e le piazze

Il centro di Cecina è il simbolo della vita sociale e civile della città e raccoglie al suo interno tutte le attività, pubbliche e private, più rappresentative per l’economia e la politica del territorio. In questa zona infatti si trovano la Chiesa, il palazzo dei Congressi, gli uffici comunali, le sedi dei partiti politici e la maggior parte degli esercizi commerciali. Esso può esser fatto coincidere con il vecchio centro storico, costituito dal circondario di piazza Guerrazzi, che comprende la parte di via Aurelia, o corso Matteotti che dir si voglia, comprese tra piazza della Libertà e via Diaz e si estende longitudinalmente da piazza della stazione, fino a piazza Carducci, sede del municipio.

Come abbiamo già detto, non ci sono edifici rilevanti in cui riconoscere il centro della cittadina e scandire gli spazi urbani, ma esso ha comunque una sua connotazione ben precisa datagli dalla sistemazione delle piazze e dell’arredo urbano. Se un tempo queste avevano una vera e propria connotazione pubblica, ospitando i mercati, servendo da vero e

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elementi fondamentali della qualità estetica dello spazio urbano valorizzando al contempo l’architettura degli edifici che le cingono. In questo senso le ultime amministrazioni hanno saputo valorizzare questi spazi pubblici.

Figura 11: La sistemazione di largo Cairoli a Marina di Cecina.

Ne sono un esempio la sistemazione di piazza Carducci e di piazza Guerrazzi a Cecina, largo Cairoli a Marina e piazza Dei Mille a San Pietro in Palazzi.

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1.3 Il parco del fiume Cecina

E’ stato con l’istituzione dell’Area Naturale Protetta d’Interesse Locale (A.N.P.I.L.) denominata Parco fluviale del fiume Cecina, avvenuta con delibera del consiglio comunale. n. 684 del 30 dicembre 1997, che si è posto in modo definitivo l’attenzione su questa porzione di territorio interessando con l’azione di tutela tutte le aree golenali e le pertinenze geologiche, paesaggistiche e idrauliche del fiume, dal complesso dell’ex-Magona del Ferro all’abitato di Marina per un’estensione totale di circa 176 ettari. La costituzione di un’area naturale protetta è il primo passo per poter programmare interventi di rinaturalizzazione del corso d’acqua e dei suoi affluenti, intervenire per la eliminazione degli scarichi inquinanti e per favorire l’utilizzazione, a scopo turistico ricreativo dell’alveo fluviale che rappresenta pur sempre un elemento di rilevante interesse ambientale.

Nelle aree interessate sono da segnalare emergenze floristiche, che insieme alla vegetazione tipica delle zone palustri, quali Canna di palude (Phragmites australis), Larice (Carex sp.) e Giunco (Juncus sp.), costituiscono un ambito di notevole interesse ambientale. Sono inoltre da segnalare le formazioni arboree d’argine, di ripa e di golena quali il pioppo,

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Nell’area del Paduletto, oltre a questi, è possibile individuare una pineta di Pino domestico (Pinus pinea), con presenza sporadica del Pino d’Aleppo (Pinus Halepensis) del Pino Marittimo (Pinus Pinaster) e Leccio (Quercus Ilex).

Le caratteristiche ambientali riscontrabili nelle aree previste dal parco fluviale, per la loro conformazione, costituiscono un habitat per le specie ornitiche tipiche delle zone umide quali il Lodolaio (Falco subbuteo), la Gallinella d’acqua (Gallinula Chloropus), il Martin pescatore (Alcedo Atthis), il Gruccione (Merops Apiaster), la Cannaiola (Acrocephalus Scirpaesus), il Cannareccione (Acrocephalus arundinaceus), e il Pendolino (Reniz pendulinus).

Oltre a queste, si devono annoverare, nell’area del Paduletto, l’abbondanza del Picchio verde (Picus viridis), del Verdone (Carduelis Chloris) e tra i mammiferi, lo scoiattolo (Sciurus volgaris).

Mentre lungo il Fiume Cecina sono stati segnalati anche i seguenti lagomorfi: la Lepre comune (Lepus europeaus) e il Coniglio selvatico (Oryctolagus cuniculus).

Dal punto di vista geologico l’area è caratterizzata da terreno incoerente costituito da depositi alluvionali recenti ed attuali: depositi palustri, depositi di colmata, Rocce ofiolitiche: diabasi, gabbri, serpentini e

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in piccola parte da pillow lavas, depositi fluviali e marini antichi e forte presenza di terrazzati soprattutto nell’area della Magona del ferro.

Lungo il fiume invece si ha prevalentemente terreno incoerente costituito da depositi alluvionali e marini antichi terrazzati a media pericolosità di esondazione, oltre che ciottoli e isole sabbiose nel greto del fiume.

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1.3.1 Il sottosistema parco del fiume Cecina A1

Il sottosistema ambientale del parco del fiume Cecina rappresenta, sia per estensione: circa 525 ettari., che per significato, il tema centrale del progetto di riqualificazione territoriale obiettivo fondamentale del Piano Strutturale recentemente adottato dal comune di Cecina.

Il sottosistema individuato all’interno del piano strutturale amplia geograficamente l’ambito dell’A.N.P.I.L. al fine di mettere maggiormente in relazione una serie i capisaldi territoriali. Si supera, in tal modo, la logica pianificatoria dei “comparti isolati” per costruire un’intelaiatura generale dove il tessuto connettivo è valorizzato alla stregua delle singolarità e dove, soprattutto, ogni operazione di recupero, di trasformazione, di cambio d’uso è ricondotta all'interno di una strategia generale governata dal pubblico attraverso lo schema urbanistico direttore.

Il progetto tenta di restituire alla vita comunitaria le aree dismesse dell'ex - zuccherificio e in parte della Magona, il complesso della villa della Cinquantina, l’area archeologica di San Vincenzino, l’area della fornace Baggiani affinché ricomincino a funzionare con continuità, garantendo così la rivitalizzazione di tutto l’organismo territoriale; significativa in tal senso è anche la previsione del polo della nautica, collocato a cerniera tra il fiume

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e l’abitato di San Pietro in palazzi che contribuirà alla diversificazione funzionale all'interno del parco.

Gli obiettivi generali di un parco che superi le settorialità sia dal punto di vista dell’approccio disciplinare che a livello fruitivo, sono:

• una diversa dialettica tra salvaguardia e trasformazione del territorio, al fine di consentire un utilizzo equilibrato e coerente con le specificità locali;

• la riunificazione dei percorsi turistici nel tempo e nello spazio: non solo verso il mare, la pineta e la spiaggia, ma anche verso l’interno attraverso la valorizzazione degli itinerari archeologici, antropologici e naturalistici, con un uso esteso temporalmente a tutto l’anno;

• la formazione di soggetti imprenditoriali che possano assicurare la necessaria promozione e la successiva fase di gestione.

Dal punto di vista geografico il sottosistema è costituito da un’ampia fascia territoriale compresa tra l’asse di via Guerrazzi a nord e le prime propaggini edificate di Cecina e Marina con i ,due smarginamenti di villa Ladronaia e del polo della nautica, al suo interno accoglie il corso sinuoso del fiume Cecina con i due affluenti Linaglia ed Acquerta.

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cercato di appropriarsi con incerti risultati, come ad esempio la recente realizzazione di piste ciclabili ai margini dell’alveo fluviale; il tentativo, in questo caso è quello di relazionare, attraverso i percorsi e le funzioni tra loro collegate, tutti i gangli vitali di questo plesso territoriale, che accoglie al suo interno gran parte degli elementi di riconoscibilità di tutto l’ambito comunale cecinese.

Il parco del fiume Cecina si colloca inoltre al termine di un percorso fluviale collegato con tutto il comprensorio di vallata, per il quale può rivestire un mezzo fondamentale sia dal punto di vista della promozione turistica che per l’uso locale.

Non va dimenticata anche l’attività agricola che si esplica soprattutto nella parte rivolta verso il mare e che occorre gestire in maniera integrata con tutte le altre destinazioni d’uso; il paesaggio di bonifica in questo caso è caratterizzato da ampie superfici coltivate essenzialmente a seminativo con percorsi campestri rettilinei e la pressoché totale assenza di vegetazione arborea.

Gli itinerari, gli interventi e le funzioni principali che si possono individuare all’interno del sottosistema sono:

• il complesso di villa Guerrazzi, di cui si prevede il pieno sfruttamento delle potenzialità attraverso il recupero del patrimonio

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edilizio esistente e la collocazione di servizi culturali, espositivi e convegnistico-museali ad integrazione di quelli esistenti, oltre al collegamento attraverso un percorso trasversale all’area dell'ex-zuccherificio; per quest’ultimo è previsto il recupero con cambio di destinazione d’uso, ricettiva, commerciale e residenziale; contigua a questa c’è l'area archeologica con la villa romana di S. Vincenzino, che andrà opportunamente integrata al sistema generale di fruizione; le due rilevanze dovranno essere collegate con un percorso pedonale e ciclabile che mantenga i caratteri tipici della viabilità rurale, attraversando il territorio della bonifica nel senso nord-sud, anche attraverso il fiume, con una passerella;

• il complesso di archeologia industriale della Magona del Ferro, per il quale è in corso di realizzazione un progetto finalizzato alla creazione del polo tecnologico, dovrà essere collegato al sistema dei laghetti di Magona, testimonianza della precedente attività estrattiva- oggi ecosistema di discreto valore naturalistico utilizzato regolarmente dalla Solvay che ne devia le acque verso chiusa del gorile;

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• l’area della Magona e dei laghetti dovrà .essere collegata tramite una passerella sul fiume, al parco cerniera, in modo da consentire una maggiore integrazione con il parco del fiume nel suo complesso; • la denominata area per la cantieristica, ove si prevede la creazione di

un polo produttivo specifico per la nautica e strutture ad essa complementari, per fiere ed esposizioni; esso sarà collegato, attraverso la viabilità esistente al porto turistico;

• il porto turistico con il progetto di ampliamento, che costituisce l'elemento di testata e può essere collegato al sistema attraverso la previsione di percorsi sull'alveo del fiume, in parte esistenti;

• la creazione di un itinerario turistico, a partire da quello archeologico che fa capo al complesso di S. Vincenzino, sarà collegato ad altre aree come quella delle Gorette, appartenenti a sottosistemi diversi; • l’attività agricola, attualmente di tipo intensivo, concentrata nella

zona di bonifica dovrà essere regolamentata al fine anche della riqualificazione paesaggistica e della piantumazioni di siepi o alberature lungo i percorsi principali;

• le necessarie opere di messa in sicurezza idraulica del fiume e la limitazione dell’emungimento idrico privato;

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• gli interventi di ristrutturazione della viabilità esistente con caratteri paesistici, in particolare il viale della Cinquantina e il tratto della vecchia Aurelia tra Cecina e San Pietro in Palazzi; in generale si tende al recupero del patrimonio edilizio esistente con forme di riconversione verso il recettivo, le attività urbane e quote di nuovo.

1.3.2 La struttura fondiaria e caratteristiche dell’edificato

All’'interno del perimetro del sottosistema A1 sono compresi alcuni elementi di fondamentale importanza per la lettura e l'interpretazione della storia del territorio comunale: l’area ormai non più produttiva della Magona del Ferro, fondata nel 1596, a cui è stato a lungo legato l’uso del suolo di un vasto ambito territoriale visto che fino alla seconda metà del 1800 vigeva ancora il vincolo magonale che impediva di disboscare entro otto miglia dall’impianto. Questa cessò l’attività agli inizi del 1900, e venne sostituita da una fabbrica di laterizi che ha notevolmente modificato il paesaggio fluviale, infatti, attivando lungo il Fiume Cecina alcune cave per l’estrazione dell’argilla, ha portato alla creazione di diverse aperture nel terreno, di notevoli dimensioni, delle quali alcune sono diventate delle discariche ed altre laghetti artificiali nei quali, con il tempo, si è creato un

Figura

Figura 1: Vista del Palazzo fondato alla foce del fiume Cecina per volontà del Senatore Ginori nel 1740.
Figura 2: stato del paese al 1858.
Figura 3: Stato del paese al 1882.
Figura 4: Il fiume Cecina e il ponte ferroviario.
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Riferimenti

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