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CAPITOLO 1 La Valutazione Integrata nel Processo di Pianificazione

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CAPITOLO 1

LA VALUTAZIONE INTEGRATA NEL PROCESSO DI

PIANIFICAZIONE

1.1 LA COMPLESSITÀ DEL PROCESSO VALUTATIVO

La valutazione è un campo di studi e conseguentemente di pratiche che fatica a trovare definizioni sistematiche: questo accade non solo e non tanto nel campo della pianificazione territoriale, ma in tutte quelle discipline (sociali, economiche, ecologiche, politiche, geografiche etc) in cui si è andata diffondendo la pratica valutativa.

Il tema cruciale che viene sottolineato è quello della “multidisciplinarità” secondo cui tutti gli approcci provenienti da discipline diverse dovrebbero convergere in una sintesi valutativa, dotata di un linguaggio comune, di una propria dimensione disciplinare, di un proprio epistema (Bezzi, 2003).

Numerose sono le definizioni del concetto di valutazione proposte dalla letteratura e tutte quante riflettono la molteplicità degli elementi di analisi necessari al processo valutativo. Delle innumerevoli citazioni a riguardo se ne scelgono alcune, ritenute sufficientemente rappresentative sia dal punto di vista storico che come presenza nel panorama scientifico in rapporto a discipline diverse.

La Valutazione dell’intervento pubblico consiste nel giudizio del suo valore in relazione a criteri espliciti e su basi informative specificatamente raccolte ed analizzate (Means, 1999).

La Valutazione è un processo che accompagna lo sviluppo delle decisioni consentendo al decisore di esprimere un giudizio possibilmente libero da stereotipi e pre-giudizi (Bertin, 1995).

Valutare significa misurare la portata di un fenomeno, analizzarne i risultati e l’efficacia attraverso set di indicatori disegnati e costruiti ad hoc, identificare positività e criticità, ipotizzare tendenze e possibili suggerimenti utili alla programmazione e gestione (Bulgarelli, 1997). Valutare significa analizzare se un’azione intrapresa per uno scopo corrispondente ad un interesse collettivo abbia ottenuto gli effetti desiderati o altri, ed esprimere un giudizio sullo scostamento che normalmente si verifica per proporre eventuali modifiche che tengano conto delle potenzialità manifestatesi (Stame, 1998).

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Nella definizione di Means vengono, infatti, espressi due concetti chiave per la bontà, soprattutto in un contesto pubblico, del processo valutativo, elementi la cui importanza esula dalla specifica disciplina in cui la valutazione è inserita e riguardano la necessità di fare riferimento a precisi criteri valutativi che servono ed esplicitare gli obiettivi del processo ed il bisogno di ricorrere a basi informative solide per costruire una conoscenza robusta e strutturata del fenomeno in esame.

Bertin, poi, mette in evidenza il ruolo della valutazione come elemento capace di accompagnare lo sviluppo delle decisioni di cui diventa strumento di supporto: la funzione della valutazione come mezzo principale di aiuto alle decisioni costituisce uno degli argomenti cardine affrontati, con riferimento al contesto della pianificazione territoriale, nel presente lavoro di tesi.

Bulgarelli sottolinea, invece, il ruolo della valutazione in rapporto alla sua capacità di

misurare la portata di un fenomeno; si può facilmente mostrare (Lombardo, 1995) come

la misurazione, e quindi la valutazione, sia un caso particolare di comparazione fra alternative da cui scaturisce una scelta (figura 1.1).

Comparare una grandezza con l’unità di misura

campione Attribuire un valore

Valutare

Stimare

Misurare

Figura 1.1 Rapporto fra valutazione, misurazione e comparazione

Questa associazione non genera alcun problema per tutti quei casi in cui ad un fenomeno da valutare viene associata una grandezza fisica, economica etc, comunque misurabile su base unidimensionale, facendo ricorso, proprio come indica Bulgarelli, ad opportuni

indicatori costruiti ad hoc.

Quando la valutazione assume, invece, una natura multidimensionale, dovendo misurare e comparare grandezze fra loro eterogenee, la ricerca di un ordinamento unico conduce a forme di valutazione relativa (distanza dal punto ideale, soluzione efficace etc); se poi sono presenti fattori non misurabili nei termini tradizionali (“misurazione degli immisurabili”), l’esercizio valutativo può essere sostanziato solo attraverso la comparazione che, nel caso più generale, si concretizza in una comparazione binaria.

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Dallo studio dei legami fra valutazione e misurazione si origina il rapporto di necessità con la comparazione che introduce l’uso di metodologie multicriteri di aiuto alle decisioni (Lombardo, 1995).

Infine, Stame sottolinea la funzione sociale della valutazione che si pone come obiettivo la verifica dell’efficacia di azioni intraprese per rispondere ad un interesse collettivo e, qualora ciò venga realizzato solo in parte, deve indicare le modalità di modifica dello scostamento rispetto alle previsioni.

Bezzi (2003) cerca di sistematizzare tutti i concetti chiave connessi con la complessità della valutazione proponendo una “definizione guida”:

La valutazione è principalmente (ma non esclusivamente) un’attività di ricerca sociale applicata, realizzata, nell’ambito di un processo decisionale, in maniera integrata con le fasi di programmazione, progettazione e intervento, avente come scopo la riduzione della complessità decisionale attraverso l’analisi degli effetti diretti e indiretti, attesi e non attesi, voluti o non voluti, dell’azione, compresi quelli non riconducibili ad aspetti materiali; in questo contesto la valutazione assume il ruolo peculiare di strumento partecipato di giudizio di azioni socialmente rilevanti, accettandone necessariamente le conseguenze operative relative al rapporto fra decisori, operatori e beneficiari dell’azione.

Il primo elemento che l’autore, presidente dell’Associazione Italiana di Valutazione (AIV), vuole sottolineare è il carattere scientifico, di ricerca, della valutazione: quando l’argomentazione è solida, replicabile, verificabile perché compiuta con procedimenti scientifici, il giudizio viene argomentato tramite procedure di ricerca valutativa.

La ricerca valutativa, cuore della valutazione, non è solamente un insieme di procedure tecniche, ma è anche riflessione, argomentazione, tentativo di comprensione in cui le tecniche sono lo strumento per analizzare meglio, con più precisione e più velocemente le informazioni necessarie. La ricerca valutativa è, però, anche inserita in un contesto

sociale, cioè è riflessione, analisi, indagine sull’uomo, inoltre è applicata e come tale deve

avere degli “attrezzi” di lavoro adeguati, riconoscibili come strumenti di ricerca.

Bezzi (2003) suddivide le i tecniche valutative in tre principali famiglie:Tecniche basate

su dati di secondo livello: sono quelle fondate sull’utilizzo di dati statistici

preesistenti (es. Istat), o desunti da un monitoraggio semplice. Ne sono un esempio i dati demografici, finanziari, fisici, ma anche osservazioni non necessariamente numeriche, oppure interpretazioni di testi scritti. La procedura valutativa si basa, nella maggior parte di casi, sulla costruzione di opportuni indicatori ed indici misurati su base quantitativa o qualitativa;

Tecniche che chiedono“alla gente”: per esprime un giudizio su un programma, un

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dei principali attori sociali coinvolti, in particolare di coloro che possono ricevere un beneficio o subire un danno diretto dalla realizzazione dell’intervento. Le pratiche valutative fanno ricorso ad indagini tramite questionari o interviste somministrati sia in forma diretta che attraverso il web. Un nodo critico è comunque rappresentato dalla necessità di intervistare un numero quanto più ampio possibile di attori coinvolti e ciò richiede la costruzione di un campione di popolazione sufficientemente esteso, socialmente rappresentativo ed anche territorialmente omogeneo;Tecniche che chiedono agli esperti: non sempre il contesto organizzativo consente di disporre delle risorse necessarie per un’indagine estesa su tutti i beneficiari dell’intervento, ma viene richiesto il parere di un piccolo gruppo di persone (tecnici, ricercatori, figure professionali rilevanti) che vengono definite “esperte”; ed in molti casi non è il sapere che rende le persone esperte, ma il loro ruolo. Qui rientrano tutte le tecniche definite “strumentali” (brainstorming, focus group, metodo Delphi etc), cioè quelle che non giungono ad una conclusione valutativa in sé, ma possono essere usate come base per pratiche operative successive.Un altro aspetto messo in evidenza nella definizione guida di Bezzi (2003) è quello che riguarda la concezione della valutazione come un processo integrato con le fasi di programmazione, progettazione ed intervento, quindi di un’attività pensata e progettata insieme al sorgere del processo

decisionale.L’autore indica con il termine di programmazione la costruzione di un insieme

organico di azioni che tendono a perseguire obiettivi generali comuni ed obiettivi specifici che generalmente risultano simili in una stessa area ed in un tempo stabilito. Ne possono essere un esempio gli strumenti di pianificazione regionale o le applicazioni nazionali di obiettivi comunitari.

La fase di progettazione riguarda, invece, la definizione operativa di un singolo intervento comprendente le sue finalità specifiche, le sue risorse, il suo piano operativo. Ne sono un esempio i singoli progetti per il potenziamento infrastrutturale di un territorio o anche le ricerche e le proposte per ottenere uno specifico finanziamento.

Infine l’intervento si riferisce alla fase esecutiva di un programma o di un progetto e quindi al momento in cui avviene il trasferimento dell’intervento stesso agli operatori che devono concretamente realizzarlo.

In tutte e tre le fasi di programmazione, progettazione ed intervento uno degli obiettivi prioritari del processo valutativo è quello di ridurre la complessità del processo

decisionale, attraverso l’analisi di tutti i possibili effetti, compresi quelli non riconducibili

ad aspetti materiali. In realtà la riduzione della complessità è qui riferita al prodotto offerto ai decision makers e non tanto all’aspetto cognitivo del processo valutativo che ricorre, invece, ad una complessificazione del contesto, necessaria per la sua comprensione. La complessità deriva dalla molteplicità delle istanze che concorrono ad

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a vario titolo, sul processo; più questo è animato da attori diversi, portatori di istanze distinte, più la decisione è frutto di un complesso negoziato, destinato a produrre solo in parte risultati attinenti con le istanze originarie espresse da ogni gruppo sociale.

La decomplessificazione del processo decisionale deve essere messa in atto dalla figura del valutatore (analista) e riguarda il contesto dei valori, delle conoscenze e delle procedure che egli decide di concretizzare. Il valutatore deve, infatti, avere a disposizione tutte le informazioni necessarie per esprimere un giudizio finale in maniera rigorosa dal punto di vista scientifico ed ben argomentata sul piano comunicativo. La riduzione della complessità, a tal riguardo, sta nella scelta delle informazioni ritenute principali, nello stabilire la diversa importanza delle varie fonti informative e nell’identificazione delle fonti detentrici di tali informazioni.

Un altro obiettivo che il valutatore deve assolvere è quello dell’uso e dell’interpretazione di tutte le informazioni raccolte secondo lo schema logico che prevede il passaggio dalla estrazione di conoscenza, a partire dai dati, verso la costruzione di conoscenza addizionale. In questa fase risulta di fondamentale importanza, oltre alla competenza strettamente tecnico-scientifica, la capacità di comprendere il senso effettivo attribuito dagli attori sociali, alle diverse informazioni, secondo una logica pertinente, coerente ed evidente. Questi due aspetti, raccolta ed interpretazione delle informazioni, anche se semplici da enunciare risultano in realtà complessi da realizzare e portano a riflettere anche sulle responsabilità che il valutatore deve prendersi in merito alle logiche interpretative che deve necessariamente realizzare.

La valutazione assume, quindi, la funzione di strumento partecipato di giudizio di azioni

socialmente rilevanti in cui gli attori sociali sono coinvolti come soggetti partecipanti ad

un processo formativo e la valutazione diventa un processo di comunicazione e partecipazione. Questo approccio nasce anche in risposta all’impiego di procedure ritenute troppo “fredde” nella loro pedante applicazione di tecniche conosciute solo dal valutatore e come adesione ad una sorta di programma di democratizzazione del processo valutativo in cui il valutatore scopre di non poter essere uno scienziato distaccato dalla realtà in cui opera. Una valutazione efficace si confronta dunque con una dimensione teorico-metodologica e con quella empirico-esperienziale; l’incontro fra le tendenze della valutazione ad essere scientifica, da un lato, e pragmatica dall’altro può essere raggiunto attraverso un processo di “negoziazione” che indica lo scambio simbolico fra le parti al fine di arrivare ad una soluzione comune che comprenda gli aspetti amministrativi (le regole, le leggi, etc.), contrattuali (diritti e doveri del personale tecnico coinvolto), politici (riguardo ai rapporti fra tutti gi attori sociali rilevanti), teorico-metodologici (non solo quelli invocati dal valutatore) ed infine relativi agli obiettivi del programma, piano o progetto in esame.

Bezzi introduce, quindi, il concetto di “valutazione negoziale” che non deve essere intesa come un semplice confronto dialettico fra valutatore ed attori sociali al fine di stabilire

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assieme una mediazione sull’interpretazione dei risultati del modello valutativo, ma va intesa come un elemento di riflessione sul processo decisionale, come un esercizio di “significazione”, cioè di attribuzione di significato, alle componenti del processo decisionale; questa riflessione porta anche a definizioni operative specifiche che devono certamente comprendere il coinvolgimento di gruppi di attori sociali rilevanti.

Ma chi sono gli attori sociali rilevanti, spesso denominati stakeholders, cioè portatori di interessi? Sono tutte quelle figure, pubbliche o private, che hanno, a vario titolo, una posta in gioco da difendere, salvaguardare e tutelare nel contesto in cui la valutazione del programma, piano, o progetto si inserisce.

L’autore distingue tre tipologie di stakeholders differenti:

- i decisori: sono tutti coloro che hanno titolo (oppure lo hanno avuto o lo avranno) a prendere parte alla definizione della decisione, presentando istanze, facendo operazioni di lobby, avendo titolo legale e giuridico per avallare una decisione, contribuendo a definire le norme, i contenuti, le modalità del processo valutativo. Con il termine decisori, Bezzi non indica coloro che si assumono la responsabilità finale della decisione, ma tutti coloro che concorrono direttamente allo sviluppo del processo decisionale. Un decisore sancisce il proprio ruolo partecipando direttamente al processo decisionale: chi presenta un’istanza (es. un comitato civico che vuole tutelare l’assetto storico del proprio quartiere) è un decisore, mentre chi sente un bisogno specifico e vuol far valere la propria posizione, ma non realizza azioni concrete per darne risoluzione non può essere considerato un decisore;gli operatori: sono tutti coloro che hanno titolo (oppure lo hanno avuto o lo avranno) a prendere parte alla gestione dell’oggetto della valutazione (programma, piano, progetto, intervento etc), ivi comprese le attività di precisazione tecnica, normativa, procedurale ed amministrativa. Queste figure non intervengono generalmente nella discussione della decisione nel suo insieme, nella sua missione, nell’organizzazione e gestione generale. Pertanto, il termine operatori risulta piuttosto generico e neutro, consentendo di tenere insieme figure professionali molto diverse come dirigenti, funzionari, operatori della pubblica amministrazione, tecnici, personale amministrativo etc. Inoltre, dato che i decisori comprendono il complesso di persone che concorrono alla decisione e che quello del decisore è un “ruolo”, è possibile che alcuni decisori possano essere anche operatori, come nel caso dei dirigenti e dei funzionari pubblici;i

beneficiari: sono tutti coloro che a qualunque titolo, direttamente o indirettamente,

traggono benefici (non necessariamente economici) dalla realizzazione dell’oggetto della valutazione. Si comprendono in questa categoria anche i beneficiari indiretti cioè coloro che sono al centro di valutazioni ex post degli impatti prodotti dall’intervento. Alla luce di quanto emerso dalla definizione guida proposta da Bezzi è possibile individuare alcuni elementi di sintesi che emergono dalla complessità del processo

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valutativo. Tali elementi, talora indicati come le varie “W” della valutazione, vengono di seguito sinteticamente descritti.

COSA VALUTARE (WHAT)

Nel processo valutativo è innanzitutto necessario effettuare una distinzione fra l’oggetto della valutazione (l’evaluando con le sue finalità ed il contesto che esprime), lo strumento (cioè la procedura valutativa adottata) e gli attori (primo fra i quali il valutatore).

Secondo Bezzi e gli altri esponenti dell’Associazione Italiana di Valutazione, l’evaluando è, di regola, un “prodotto sociale”, infatti, che si tratti di una politica, di un programma, di un progetto o di un servizio, ciò che viene valutato è il frutto di un’azione intenzionale di individui che incarnano un ruolo, hanno finalità specifiche, interessi espliciti oppure occulti e che sono frutto di un contesto sociale e culturale delle cui ideologie sono portatori. L’evaluando ingloba, in maniera articolata e spesso non facilmente riconoscibile, la complessità sociale di cui è frutto, pertanto i valori, gli interessi, le culture, i linguaggi ne sono le principali componenti. L’evaluando è costituito da elementi (finalità, strumenti, ma anche aspetti fisici e finanziari) che rinviano agli attori sociali che li hanno determinati, alle loro relazioni ed ai valori da essi rappresentati.

La valutazione è invece un mezzo, un corpo più o meno organico di teorie, approcci, strumenti e tecniche che non possono focalizzarsi solamente su questioni tecnico-operative, ma confrontarsi con il sistema dei valori che l’evaluando esprime. La valutazione entra direttamente nella logica dei valori, proprio perché è diversamente connotata a seconda dell’uso che ne viene fatto.

Nell’ambito della pianificazione del territorio, l’oggetto della valutazione può essere rappresentato dal piano in sé che, essendo uno strumento dinamico, un processo, può essere valutato dal punto di vista della sua “bontà”, soprattutto in relazione al grado ed alle modalità di raggiungimento, in un certo arco di tempo, degli obiettivi prefissati (valutazione del piano).

L’oggetto della valutazione può essere rappresentato anche da tutti i nodi decisionali che portano alle scelte riguardo alla realizzazione di interventi che nel piano stesso vengono programmati: la valutazione è uno strumento con alto potenziale di regolazione dei rapporti fra gli attori da cui consegue una sempre maggiore interazione ed integrazione fra strumenti valutativi e progetti pianificati (valutazione nel processo di piano).

In questo secondo caso, che è anche quello affrontato nel presente lavoro di tesi, i metodi di valutazione diventano sempre di più metodi di aiuto alle decisioni.

CHI EFFETTUA LA VALUTAZIONE (WHO)

Il valutatore è colui che effettua direttamente il processo valutativo attraverso le procedure che ritiene più opportune nello specifico contesto in cui si trova ad agire. Il valutatore in termini ufficiali è soprattutto un metodologo la cui legittimità è fondata sulla sua conoscenza scientifica il cui rigore è, almeno formalmente, garanzia della propria

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indipendenza intellettuale. La funzione del valutatore è anche quella del mediatore fra le posizioni anche conflittuali di tutti gli attori sociali, ed in questo diventa anche egli un attore, con in più la responsabilità esplicita di aiutare il sistema ad evolversi.

Con il termine di valutatore si indica, però, un ruolo funzionale che non necessariamente può essere svolto da un singolo individuo, ma da un’equipe multidisciplinare gestita da una figura con competenze analitico-metodologiche e costituita da un insieme di esperti della materia da valutare.

Il valutatore, tuttavia, con la sua presenza “perturba” il sistema perché, pur assumendo un ruolo “super partes” ed orientato alla neutralità, possiede egli stesso un proprio sistema dei valori da cui, fermo restando la competenza sui metodi e sulle tecniche, non può prescindere.

Il valutatore, caricato di tutta la responsabilità del processo di cui è analista, dovrà quindi possedere un insieme di qualità e sviluppare un complesso di competenze che possono essere così sintetizzate:

- Competenza teorica e metodologica: riguarda sia la sfera della conoscenza scientifica di base, che la competenza sui metodi operativi capaci di coniugare il tessuto teorico in modelli di raccolta, strutturazione, analisi ed elaborazione dell’informazione. Questa sfera concerne la scelta dei metodi e delle tecniche più adatte con le quali la valutazione viene portata a compimento. Le diverse tecniche presentano differente sensibilità ed affidabilità ed aiutano il valutatore a mostrare aspetti diversi dell’evaluando;Setting operativo: riguarda la capacità di saper gestire le competenze sui metodi e sulle tecniche in un contesto operativo concreto, specifico dell’intervento in esame. Questa sfera riguarda, pertanto, non solo il confronto e la relazione con il committente, che dipende anche dal mandato valutativo (pubblico o privato) conferito al valutatore, ma concerne anche l’identificazione degli attori coinvolti, l’individuazione del loro ruolo specifico, la comprensione delle relazioni intercorrenti e delle problematiche esplicite ed implicite.

- Deontologia: è tutto ciò che comporta un’etica professionale, necessaria quando si

riceve un mandato così importante da cui derivano forti responsabilità. Infatti il giudizio del valutatore può favorire o sconsigliare un processo con conseguenze sugli strati sociali che potranno o meno accedere a risorse e/o servizi. Il codice deontologico scientificamente accettato dalla comunità dei valutatori e reso esplicito per la prima volta nel 1986 dall’American Evaluation Association (AEA) è basato su cinque “principi”:

Sistematicità nell’indagine: riguarda il dovere di condurre indagini sistematiche, basate su informazioni raccolte con i più alti standard tecnici, indipendentemente dalla natura qualitativa o quantitativa del lavoro. La comunicazione sui metodi adottati e sui risultati ottenuti, la spiegazione degli

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in maniera accurata, in modo da rendere possibile a tutti gli attori la comprensione e stimolare un processo critico di apprendimento;

Competenza: i valutatori dovrebbero avere le capacità e l’esperienza per intraprendere alcuni compiti, declinandone altri in cui ritengono non sufficienti le proprie competenze che possono comunque essere incrementate attraverso l’aggiornamento continuo ed il confronto con altri colleghi;

Integrità ed onestà: questo principio riguarda la sensibilità del valutatore di discutere in maniera onesta con i clienti e gli attori sociali rilevanti i costi, le attività, gli approcci metodologici, i risultati del processo valutativo, evitando conflitti di interesse con il proprio ruolo e facendo uso, in modo discreto e corretto, di tutte le informazioni cui viene a contatto nel corso del proprio lavoro;

Rispetto per la gente: il ruolo del valutatore comporta il rispetto per la sicurezza e la dignità degli informatori, dei clienti e degli altri attori sociali rilevanti con cui interagisce. Il valutatore ha anche la responsabilità di comprendere e rispettare le differenze culturali fra tutti i partecipanti, aspetti di cui deve tener conto in tutte le fasi del percorso valutativo;

Assunzione di responsabilità verso il benessere pubblico: questo aspetto riguarda la necessità, da parte del valutatore, di porre attenzione verso i diversi interessi e valori correlati al benessere pubblico della società per cui opera; questo comprende la garanzia della circolazione dell’informazione fra tutti gli attori, il riconoscimento ed il tentativo di chiarimento di tutte le situazioni di conflitto che emergono nel processo di valutazione.

- Gestione degli attori implicati: il compito del valutatore è quello di impostare una “regia” nella fase di individuazione e gestione degli stakeholders da cui estrarre conoscenza riguardo all’oggetto della valutazione e di cui comprendere le relazioni, le situazioni di conflitto, conoscendo il quadro normativo che ne regola i rapporti e scegliendo le modalità di coinvolgimento nel processo;

- Capacità comunicativa : è un sapere che il valutatore deve assolutamente possedere

per rendere la valutazione condivisibile, efficiente ed efficace. La predisposizione del valutatore alla comunicazione risiede sia nella sua capacità di interpretare i bisogni di tutti gli interlocutori, sapendo ascoltare e mettendo se stesso in comunicazione con gli altri, sia nella facoltà di argomentare le proprie posizioni, spiegando il perchè dell’uso di specifici metodi e modelli e presentando i risultati che emergono dall’analisi. La capacità comunicativa diventa quindi un processo, capace di comprendere le persone ed interagire con esse.Nei processi di aiuto alle decisioni per la pianificazione del territorio, analizzate in dettaglio nel capitolo 2, la figura del valutatore viene spesso identificata con quella dell’analista, dell’uomo di studi che però, avendo a che fare con i contenuti ed i valori dell’evaluando, non può relegarsi nella

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riserva protetta delle tecniche, ma deve confrontarsi dialetticamente con situazioni gravide di interessi differenti e di valori contrapposti.

CON CHI E PER CHI VALUTARE (WITH WHOM AND BY WHOM)

I soggetti con cui il valutatore svolge il suo compito sono tutti gli attori sociali implicati nel processo valutativo ed ormai comunemente denominati stakeholders.

Questo termine anglosassone (holder of a stake) indica “colui che ha una posta, un interesse in gioco” e viene più propriamente tradotto con il nome di attore sociale rilevante. Gli stakeholders esprimono le proprie posizioni in merito al processo valutativo ed esplicitano, in modo più o meno netto, le proprie convinzioni, i propri interessi, condizionando tutte le fasi del percorso decisionale.

In molti casi, poi, il valutatore si serve di figure a lui strumentali (esperti, giudici, testimoni), cioè di persone depositarie di un sapere e più spesso di un’esperienza (generalmente dovuta al loro ruolo sociale o professionale) che li rende fonti importanti di informazioni e di interpretazione dell’oggetto della valutazione. Queste figure sono spesso membri di una delle categorie di stakeholders precedentemente descritte (decisori, operatori, beneficiari), oppure sono persone completamente esterne che possono essere denominate come “giudici”, se si esprimono con indicazioni valutative dirette, oppure “testimoni”, se forniscono solamente un generico contributo di testimonianza.

L’analisi delle relazioni fra gli stakeholders ed il loro coinvolgimento nel processo valutativo favorisce lo sviluppo di nuove relazioni, generando un circolo virtuoso che aumenta la possibilità della valutazione di arrivare a risultati non solo validi, ma riconosciuti validi dagli attori sociali rilevanti che hanno concorso, nel succedersi delle interazioni negoziali, a costruire quel risultato.

La discussione, invece, riguardo al “per chi” viene effettuata la valutazione si riconduce a due opzioni, per molti aspetti antitetiche, di seguito sintetizzate.

- il committente: è un approccio molto “professional” che considera il valutatore come un consulente a servizio prevalentemente di un committente con lo scopo di aiutarlo a prendere una decisione o di supportarlo a valutare gli effetti di decisioni già prese. Ciò non significa che il valutatore debba trascurare le istanze degli stakeholders, infatti, essendo un serio professionista, terrà in massima considerazione anche le loro istanze, ma in una logica utile a comprendere meglio l’evaluando, i suoi punti di forza e di debolezza, al fine di dare una risposta più completa al committente;la società nel

suo insieme: è un approccio “service oriented” che assume come destinatari della

valutazione tutti gli individui della società su cui l’intervento (politiche, programmi, piani etc) è diretto. Ciò non significa non fare l’interesse anche del committente, ma in questo caso il valutatore si carica di una maggiore sensibilità nel cercare gli impatti dell’intervento, anche quelli non desiderati, anche se ciò contrasta fortemente con i

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Queste due tipi di atteggiamenti coesistono nella realtà in cui, a seconda del contesto decisionale in cui il processo di valutazione è inserto, si una prevalenza talora dell’uno e talora dell’altro.

Nei processi di aiuto alle decisioni multicriteri per la pianificazione del territorio, il rapporto fra chi effettua la valutazione (analista), la figura responsabile della scelta finale e per cui il processo valutativo viene condotto (cliente) e gli attori sociali coinvolti (stakeholders) viene analizzato in dettaglio (capitolo 2) ed è proprio dallo studio delle interazioni fra queste figure che derivano modelli strutturati di supporto al processo decisionale in un contesto multiattore.

QUANDO VALUTARE (WHEN)

La valutazione dovrebbe essere effettuata in tutti momenti del complesso ciclo decisione-programmazione-implemetazione, schematizzato da Bezzi in figura 1.2.

evento

turbolenza

equilibrio

decisione

imple-ment. gestione adattamento

sollecita-zione evento (precedenti) valutazioni di varia natura valutazione ex ante di effetti e impatti val. in itinere monitoraggio valutazione in itinere e intermedia valutazione in itinere ed ex post degli effetti

valutazione ex post di impatti ed ex ante

evento

evento

turbolenza

equilibrio

decisione

imple-ment. gestione adattamento

sollecita-zione evento (precedenti) valutazioni di varia natura valutazione ex ante di effetti e impatti val. in itinere monitoraggio valutazione in itinere e intermedia valutazione in itinere ed ex post degli effetti

valutazione ex post di impatti ed

ex ante

Figura 1.2 Tempi della valutazione e loro rapporto con il ciclo decisione, programmazione, implementazione (Bezzi, 2003)

All’origine c’è un evento scatenante che può essere rappresentato da una circostanza imprevista, da un scadenza normativa, dalle maturazione di istanze di natura sociale e che in ogni caso rende necessario l’avvio di un intervento. A seguito di tale evento si innesca un processo decisionale che riguarda una fase “politica” di compromesso negoziale in cui attori sociali diversi si accordano, cercando di massimizzare i propri obiettivi ed interessi, generalmente diversi per ogni gruppo. Questa complessità decisionale è la radice giustificativa di un approccio partecipato alla valutazione, visto come l’unico in grado di comprendere tutte le poste in gioco. Alla decisione segue una

scelta che si concretizza con la fase di implementazione, intesa in senso lato, in cui

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e studi di fattibilità, fino all’implementazione operativa vera e propria dell’intervento. Al momento dell’implementazione fa seguito la fase, più o meno lunga, di gestione a regime dell’intervento che, dopo una condizione di adattamento, non dà più le risposte ottimali che venivano richieste; si instaurano nuovamente le condizioni per la sollecitazione alla realizzazione di un nuovo intervento.

Diverse tipologie di valutazione si accompagnano a tutte le fasi temporali del processo sopra descritto e possono essere così schematizzate:

- valutazione ex ante degli impatti: viene effettuata a partire dalla fasi iniziali del processo decisionale, quando l’idea di partenza, connessa alla realizzazione dell’intervento, non è ancora operativamente precisata e può imboccare strade diverse che possono evolversi secondo differenti modalità. La valutazione, in questa fase, assume la funzione di ricerca previsionale e si concretizza nella costruzione di scenari generali che fanno comprendere ai decisori i principali pregi e difetti delle soluzioni alternative confrontate;

- valutazione ex ante degli effetti: viene effettuata prima di prendere una decisione definitiva, ma con scenari piuttosto chiari ed una strategia di massima definita, al fine di stimare gli effetti a breve, medio e lungo termine in modo da disegnare correttamente il progetto operativo di intervento;valutazione ex ante

dell’implementazione: si effettua immediatamente prima di avviare la fase operativa,

ma con il risultato della decisione (la scelta) già raggiunto e consolidato. Questo tipo di valutazione serve per verificare le modalità concrete dell’implementazione di un progetto o programma e per far transitare nei gestori e negli operatori una corretta conoscenza dell’oggetto valutativo;valutazione in itinere: viene generalmente effettuata mentre è in corso d’opera il programma o l’intervento ed è intesa come un’attività che affianca il suo procedere, dando informazioni continue sul rispetto di obiettivi prefissati, standard, eventuali risultati inattesi ;valutazione intermedia: viene realizzata mentre è in corso d’opera il programma o l’intervento, ed è intesa non come un attività continua, ma come un momento specifico, di medio termine, necessario per fare il punto della situazione, correggere alcuni obiettivi, intervenire su alcune realizzazioni, dare nuovi impulsi etc

;

valutazione ex post delle realizzazioni: è

la valutazione effettuata a programma o progetto appena concluso per verificare la correttezza degli interventi realizzati; valutazione ex post dei risultati: viene effettuata a programma o progetto concluso, ma dopo un lasso di tempo sufficiente per verificare la rispondenza della fase operativa agli obiettivi generali ed ai bisogni espliciti del contesto che ha formulato la domanda del programma/intervento;valutazione ex post degli impatti: è la valutazione che viene realizzata dopo un intervallo di tempo, rispetto alla conclusione dell’intervento, sufficientemente lungo per analizzarne le ricadute nel contesto in cui il programma,

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piano o progetto è inserito, anche quelle relative ai bisogni ed alle istanze inizialmente non esplicitate.

Nel campo della pianificazione del territorio la valutazione dovrebbe accompagnare tutte le fasi (ex ante, on going ed ex post) che portano alla realizzazione dell’intervento.

COME VALUTARE (HOW)

Da quanto finora affermato emerge che la valutazione può essere considerata come un processo di contaminazione fra saperi e senso comune da una parte, conoscenza specialistica e scientifica dall’altro. Una valutazione consapevole ed efficace si basa, pertanto, su due elementi principali: la conoscenza nel merito di ciò che si valuta e la

competenza tecnica dei metodi da adottare. Il diverso grado di approfondimento riguardo

a ciascuno di questi due elementi definisce il tipo di valutazione che viene effettuata; la possibile combinazione di questi due elementi può essere schematicamente sintetizzata in una matrice come quella riportata in figura 1.3.

Competenza tecnico-scientifica della valutazione Conoscenza

nel merito

dell’evaluando Bassa Media Alta

Bassa Pregiudizio Metodologia

dogmatica Media Valutazione spontanea Alta Specialismo dogmatico Valutazione competente Valutazione esperta

Competenza tecnico-scientifica della valutazione Conoscenza

nel merito

dell’evaluando Bassa Media Alta

Bassa Pregiudizio Metodologia

dogmatica Media Valutazione spontanea Alta Specialismo dogmatico Valutazione competente Valutazione esperta

Figura 1.3 La valutazione fra competenza tecnica e conoscenza nel merito (Bezzi, 2003) Con il termine pregiudizio, si intende un giudizio basato su dei presaperi e preconcetti alimentati da un senso comune, da ciò che quotidianamente viene sentito dire. Questo tipo di valutazione non è fondata su una conoscenza nel merito dell’oggetto da valutare, né su competenze tecniche per affrontare la complessità del processo di analisi.

La valutazione spontanea è in realtà simile al concetto di pregiudizio, ma, in quel caso, la completa mancanza di informazioni lascia il risultato in balia di stereotipi e luoghi comuni, mentre in questo caso la conoscenza sull’oggetto della valutazione è diretta, basata sull’esperienza e talora anche discretamente approfondita ed argomentata, anche se quasi mai su un piano squisitamente tecnico; ciò comporta un maggiore approfondimento nell’indagine complessiva.

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Lo specialismo dogmatico si presenta come un grave difetto (Bezzi, 2003) di chi affronta il processo valutativo conoscendo molto bene la materia oggetto di valutazione, ma essendo poco competente riguardo al metodo valutativo. Questo specialismo dogmatico tende a confondere, quasi sempre, gli aspetti amministrativi con gli effettivi obiettivi del processo e l’efficienza con l’efficacia.

La valutazione competente è basata, almeno all’inizio, su un sostegno scientifico esperto, anche se i metodi adottati sono spesso semplificati. Può, pertanto, produrre risultati limitati, ma capaci di fornire un servizio assai utile per il contesto in cui si opera.

Nella metodologia dogmatica la conoscenza esperta è massima, ma l’oggetto della valutazione non viene conosciuto e compreso in modo approfondito. In questi casi il valutatore si fida molto della sua capacità scientifica che scade, però, in una semplice competenza tecnica che produce risultati generalmente non sbagliati, ma piuttosto sterili e generalmente poco flessibili.

Infine, la valutazione esperta rappresenta la migliore combinazione possibile fra competenza tecnica e conoscenza nel merito. Il valutatore possiede un sapere metodologico robusto, ha esperienza, competenze tecniche, ma conosce molto bene anche l’oggetto e il processo che deve valutare.

Riguardo alle diverse opzioni su come realizzare un sistema di valutazione è necessario trovare un giusto equilibrio fra un modello capace di gestire la concertazione con tutti gli stakeholders ed uno strumento sufficientemente sensibile, ma non troppo difficile da gestire (figura 1.4)

Facile da gestire (ma poco sensibile)

Sensibile (ma più complesso

da gestire) Autoritario

(solo l’Ente gestore)

Dialogico

(concertazione con gli altri

stakeholder rilevanti) Come (forse) lo vorremmo realizzare Come (forse)

dovremo iniziare

Facile da gestire (ma poco sensibile)

Sensibile (ma più complesso

da gestire) Autoritario

(solo l’Ente gestore)

Dialogico

(concertazione con gli altri

stakeholder rilevanti) Come (forse) lo vorremmo realizzare Come (forse)

dovremo iniziare

Figura 1.4 Valutazione: livello di concertazione e capacità di gestione (Bezzi, 2003)

Nel contesto della pianificazione territoriale, le problematiche connesse al “come valutare” vengono, in questa sede, affrontate facendo riferimento al concetto di “valutazione integrata e sostenibile” analizzata in maggiore dettaglio nei paragrafi successivi del presente capitolo. Le modalità con cui tale valutazione integrata può concretizzarsi nello spazio fisico del territorio vengono ricondotte ai modelli di aiuto alle

(15)

decisioni multicriteri integrate con i sistemi GIS, oggetto dei capitoli 2 e 3 del presente

lavoro di tesi.

PERCHÈ VALUTARE (WHY)

La valutazione nasce in uno specifico contesto, quello decisionale, che motiva e giustifica la necessità di un processo cognitivo (la valutazione) volta alla riduzione della

complessità del processo di decisione, all’individuazione di opportuni criteri di scelta, ad

innescare un percorso partecipativo che conduce a risultati scientificamente validi e socialmente condivisi.

Mettere in moto un processo valutativo significa avviare interazioni complesse, attivando meccanismi di consenso e di conflitto fra il valutatore, il committente e gli attori sociali coinvolti.

Un’attività così sfaccettata come la valutazione non può che avere diversi obiettivi, molteplici ragioni e missioni che dipendono dagli specifici approcci adottati i quali nascono storicamente in momenti diversi e si presentano oggi come strumenti concettuali dotati di una propria plausibilità.

Bezzi (2003) e gli esponenti della associazione italiana di valutazione individuano tre diversi approcci alla valutazione caratterizzati da obiettivi altrettanto distinti (figura 1.5). L’approccio positivista-sperimentale è il più antico e si propone di analizzare la verifica del reale raggiungimento degli obiettivi prestabiliti dai decisori, attraverso procedure di ricerca rigorose; in questo approccio l’enfasi è generalmente posta sulla validità e l’affidabilità della ricerca valutativa, oltre che sul ruolo, il più possibile neutrale, del valutatore.

L’approccio pragmatista-della qualità nasce in contrapposizione ad una concezione, talvolta troppo rigida, dell’orientamento precedente ed è basata sui valori che per il pragmatismo, contrariamente al positivismo, sono centrali in qualsiasi ricerca. L’enfasi è qui posta sul giudizio dell’oggetto di valutazione rispetto a specifici standard di qualità (efficienza, efficacia, utilità, sostenibilità etc).

Infine, nell’approccio costruttivista-del processo sociale, l’obiettivo principale è quello di comprendere cosa accade nel processo sociale attraverso il confronto fra programma e contesto e trova particolare successo nelle fasi esplorative, ad esempio progetti pilota, in cui l’obiettivo è prevalentemente quello di esplorare il significato delle esperienze e degli interventi realizzati.

(16)

Elementi necessari per la crescita sociale, civica, culturale

Esperti che costruiscono un percorso di definizione della qualità Fonti informative neutrali

Coinvolgimento degli attori

Più ampia e completa esplorazione del processo (progetti pilota e sperimentali) Vocazione al concreto

utilizzo della valutazione Affidabilità della ricerca e

generalizzabilità dei risultati (cautela)

Punti di Forza

Analisi dei casi di studio, Tecniche qualitative e quantitative purché inserite in un disegno volto alla comprensione Approcci

multidisciplinari e multicriteri Tecniche basate sul giudizio degli esperti

Tutte quelle economiche (costi benefici, costi efficacia) e Sondaggi

Tecniche di indagine

Facilitatore/Moderatore : il valutatore aiuta gli attori implicati a sviluppare percorsi di conoscenza e definizione degli obiettivi

Regista : il valutatore definisce il percorso valutativo e favorisce l’apporto dei diversi attori coinvolti Tecnico : tutto il processo

valutativo è di sua competenza e responsabilità

Ruolo del valutatore

Scarsa generalizzabilità dei risultati al di fuori dei casi pilota Maggiore complessità metodologica Autoreferenzialità negli approcci partecipativi Uso di Indicatori e standard predefiniti Rigidità metodologica e scarsa propensione ad accogliere aspetti inattesi

Punti di Debolezza

I valori sono quelli degli stakeholders (spesso in conflitto)

Il valutatore giudica rispetto ai propri valori ed al concetto di qualità Relativismo : i valori sono

quelli del programma

Atteggiamento verso i valori Bottom-Up Top-Down Top-Down Direzione dell’indagine

Cosa è accaduto? Quello che è accaduto è buono? I risultati corrispondono ai criteri di qualità? I risultati corrispondono agli obiettivi? Domande Il contesto sociale ed il rapporto con gli attori Rispetto di alcuni standard Raggiungimento di obiettivi prestabiliti Motivo della valutazione Costruttivista – del Processo Sociale Pragmatista –

della Qualità Positivista

-Sperimentale

Elementi necessari per la crescita sociale, civica, culturale

Esperti che costruiscono un percorso di definizione della qualità Fonti informative neutrali

Coinvolgimento degli attori

Più ampia e completa esplorazione del processo (progetti pilota e sperimentali) Vocazione al concreto

utilizzo della valutazione Affidabilità della ricerca e

generalizzabilità dei risultati (cautela)

Punti di Forza

Analisi dei casi di studio, Tecniche qualitative e quantitative purché inserite in un disegno volto alla comprensione Approcci

multidisciplinari e multicriteri Tecniche basate sul giudizio degli esperti

Tutte quelle economiche (costi benefici, costi efficacia) e Sondaggi

Tecniche di indagine

Facilitatore/Moderatore : il valutatore aiuta gli attori implicati a sviluppare percorsi di conoscenza e definizione degli obiettivi

Regista : il valutatore definisce il percorso valutativo e favorisce l’apporto dei diversi attori coinvolti Tecnico : tutto il processo

valutativo è di sua competenza e responsabilità

Ruolo del valutatore

Scarsa generalizzabilità dei risultati al di fuori dei casi pilota Maggiore complessità metodologica Autoreferenzialità negli approcci partecipativi Uso di Indicatori e standard predefiniti Rigidità metodologica e scarsa propensione ad accogliere aspetti inattesi

Punti di Debolezza

I valori sono quelli degli stakeholders (spesso in conflitto)

Il valutatore giudica rispetto ai propri valori ed al concetto di qualità Relativismo : i valori sono

quelli del programma

Atteggiamento verso i valori Bottom-Up Top-Down Top-Down Direzione dell’indagine

Cosa è accaduto? Quello che è accaduto è buono? I risultati corrispondono ai criteri di qualità? I risultati corrispondono agli obiettivi? Domande Il contesto sociale ed il rapporto con gli attori Rispetto di alcuni standard Raggiungimento di obiettivi prestabiliti Motivo della valutazione Costruttivista – del Processo Sociale Pragmatista –

della Qualità Positivista

-Sperimentale

Figura 1.5 Obiettivi e caratteristiche fondamentali nei tre approcci valutativi fondamentali (Bezzi, 2003)

A prescindere dall’approccio valutativo adottato fra quelli sopra descritti, uno degli

obiettivi fondamentali del processo di valutazione, soprattutto dal punto di vista operativo, è la verifica delle ragioni e dei motivi che hanno indotto alla necessità di

ritenere un determinato intervento (piano, programma, progetto, servizio) necessario in quello specifico contesto sociale. Questa ragione di fondo che rappresenta una “prospettiva rispetto alla quale valutare” ci riconduce a due concetti fondamentali:

l’efficacia e l’efficienza della valutazione (fig. 1.6).

Contesto economico-sociale che esprime dei

bisogni Contesto economico-sociale

che esprime dei bisogni

Contesto politico-istituzionale che esprime delle

finalità Contesto politico-istituzionale

che esprime delle finalità Obiettivi/Risultati attesi Attori implicati Procedure Strumenti Attori implicati Procedure Strumenti Esiti Realizzazioni Impatti E ff icaci a est er na E ff icaci a i n te rn a E ff ici e n z a m a nager ial e E ffi c ie n z a i s ti tu z io n a le Decisione/ Programmazione Implementazione Valutazione Effetti Effetti Vincoli/Risorse Vincoli/Risorse R il evanz a C o er enz a Contesto economico-sociale che esprime dei

bisogni Contesto economico-sociale

che esprime dei bisogni

Contesto politico-istituzionale che esprime delle

finalità Contesto politico-istituzionale

che esprime delle finalità Obiettivi/Risultati attesi Attori implicati Procedure Strumenti Attori implicati Procedure Strumenti Esiti Realizzazioni Impatti E ff icaci a est er na E ff icaci a i n te rn a E ff ici e n z a m a nager ial e E ffi c ie n z a i s ti tu z io n a le Decisione/ Programmazione Decisione/ Programmazione Implementazione Valutazione Effetti Effetti Vincoli/Risorse Vincoli/RisorseVincoli/Risorse Vincoli/Risorse R il evanz a R il evanz a C o er enz a C o er enz a

Figura 1.6 Le dimensioni dell’efficacia e dell’efficienza nel processo di valutazione (Bezzi, 2003)

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Il contesto economico-sociale che esprime, non sempre in modo esplicito, alcuni bisogni si confronta con il contesto politico-istituzionale negoziandone le risposte che sono, in ogni caso, condizionate da vincoli (finanziari, normativi, ambientali etc) e sostenute da risorse. A conclusione di questo processo di negoziato si definiscono alcuni obiettivi raggiungibili sulla base dei vincoli presenti, quindi, attraverso le varie fasi dell’implementazione, il processo arriva a conclusione e le varie tipologie di risultati (realizzazioni, effetti, impatti) vengono valutate in tempi diversi. A questo punto, proprio dal processo valutativo, partono alcuni feedback relativi all’intero ciclo analizzato.

Il primo di questi feed-back riguarda il concetto dell’efficacia che si articola in efficacia interna ed esterna. L’efficacia interna riguarda il confronto fra i risultati ottenuti attraverso la realizzazione dell’intervento e gli obiettivi iniziali ed ha a che fare con aspetti che trattano prevalentemente l’implementazione del processo. L’ efficacia esterna, invece, è il confronto fra i risultati (effetti, impatti) ottenuti dal programma o intervento con il contesto economico-sociale ed i suoi bisogni.

Il secondo “loop” che può essere analizzato riguarda il concetto di efficienza che, a sua volta, può essere distinta in efficienza manageriale ed istituzionale. La prima si occupa del confronto fra gli effetti ottenuti rispetto ai vincoli opposti ed alle risorse (finanziarie, umane, infrastrutturali, regolamentative etc) inizialmente allocate in modo da capire se sono state sufficienti e se, con le stesse, potevano essere raggiunti risultati migliori.

L’efficienza istituzionale affronta, invece, un aspetto non strettamente legato all’implementazione dell’intervento, ma analizza il processo decisionale confrontando gli effetti ottenuti con le finalità e la missione del sistema politico-istituzionale. Si cerca di capire, ad esempio, se il committente manterrà fine alla fine il suo interesse per gli aspetti valutativi e se i principali utilizzatori, decisori e beneficiari dell’intervento intendono appurare la rispondenza dei risultati ottenuti con i propri intenti politico-amministrativi.

Nell’ambito dei processi di pianificazione del territorio, i vari “perché “ della valutazione verranno affrontati in maggiore dettaglio nei paragrafi successivi.

Così come nelle sua accezione più generale, anche in questo settore, le finalità principali del processo valutativo si riconducono alla necessità di fornir una aiuto alle decisioni ed alla loro complessità, contribuendo a razionalizzare e legittimare il processo di piano, a garantire l’efficacia e l’efficienza degli interventi proposti, ad innescare percorsi

(18)

1.2 VALUTAZIONE,

DECISIONE E PROCESSO DI PIANO

Nel campo della pianificazione e del governo del territorio la valutazione si è andata diffondendo come una pratica integrata che accompagna tutte le fasi del processo di realizzazione di un intervento (un progetto o un piano), ovvero la fase ex-ante, quando si individuano gli obiettivi e si selezionano le azioni alternative, la fase in itinere, quando viene esercitata l’azione di governance in corso d’opera e la fase ex-post, quando si giudica la rispondenza dei risultati agli obiettivi prefissati, cercando di estrarre un insegnamento dalle azioni messe in opera (Lombardo, 1995).

È necessario innanzitutto effettuare una distinzione fra il concetto di valutazione nel

processo di piano e valutazione del piano. Infatti mentre la prima è relativa ai nodi

decisionali di cui è costellato il piano, soprattutto in relazione agli aspetti attuativi, ciascuno dei quali richiede approcci specifici e tecniche appropriate di valutazione e comparazione, la seconda affronta il problema dell’esistenza di piani “buoni o cattivi” e delle modalità con cui tale analisi deve essere condotta.

La valutazione degli effetti di un programma, un piano o un progetto sul sistema ambiente e territorio, abbandonando il dominio della pratica estimativa, deve essere intesa come comparazione fra azioni alternative da cui scaturisce un ordinamento che condizione la scelta finale(Las Casas, 1997).

È necessario innanzitutto effettuare una riflessione sulle differenze e sui legami che si stabiliscono fra i tre momenti di un processo conoscitivo: la valutazione, la decisione e la scelta.

Si può infatti osservare che, mentre la valutazione include prevalentemente, ma non esclusivamente, questioni di ordine tecnico (anche se non sono esclusi problemi di tipo qualitativo e soggettivo che richiamano la sensibilità del valutatore) e la decisione è un processo più squisitamente politico, la scelta induce problematiche che appartengono sia all’una che all’altra sfera.

In particolare risulta necessario osservare che (Las Casas, 1992):

- la valutazione attiene ad una prima fase di un processo cognitivo e riguarda il raffronto con gli obiettivi di conseguimento (“terms of reference”) ritenuti essenziali in quanto definiscono lo spazio entro il quale il processo si svolge e nel quale vengono collocati l’oggetto o gli oggetti della valutazione.

- la decisione è un atto deliberativo che conclude, solo temporaneamente, un processo lungo e complesso di natura prevalentemente politica in cui è il rapporto fra gli individui di una collettività (e dunque fra interessi non necessariamente concorrenti) a dover essere regolato.

- la scelta conclude un processo valutativo che tende a selezionare una alternativa fra molte, in un contesto di criteri e punti di vista multipli e, spesso, conflittuali. Essa richiama la necessità di confrontare più alternative fra cui effettuare una

(19)

Anche se la pianificazione è, per sua natura, intrisa di valutazioni, tradizionalmente il contributo più rilevante che esse richiedono riguarda l’esame di alternative di piani e progetti formulate in modo completo e definitivo (McLoughlin, 1973).

Questa forma di razionalizzazione del processo decisionale è operabile attraverso l’esplicitazione degli obiettivi, il confronto fra le alternative di progetto, l’ordinamento delle preferenze in relazione a criteri che riflettono l’articolazione della società in gruppi di interesse (Stanghellini, 1999).

Una letteratura ormai estesa ha messo in luce come la valutazione assolva alla funzione di conferire alla pianificazione alcuni attributi fondamentali (Nijkamp e Voogt, 1989):

la razionalizzazione del processo decisionale e la sua conduzione in modo interattivo ed incrementale;

la legittimazione delle scelte del piano, sia nei confronti della comunità direttamente interessate, che delle istituzioni, portatrici di interessi più estesi; la crescita culturale della popolazione coinvolta nel processo di pianificazione; la fattibilità degli interventi proposti.

La valutazione aiuta a definire le procedure ed i protocolli che fissano le regole nelle conferenze di pianificazione e nelle altre sedi di concertazione inter-istituzionali.

La valutazione tende ad assicurare, infatti, una elevata qualità dell’informazione ed un alto grado di trasparenza, condizioni queste preliminari alla partecipazione e condivisione delle scelte, sia per quanto riguarda gli elementi territoriali ritenuti “non negoziabili” all’interno dei piani (invarianti strutturali), che per quanto concerne i progetti prioritari da realizzare nel territorio di competenza di più enti.

L’eliminazione di procedure gerarchizzate dal processo di approvazione dei piani, comporta che sia la valutazione a legittimare il piano dal punto di vista operativo, in quanto rende noto ai cittadini il percorso logico che ha portato a definire le scelte.

La valutazione deve poi assolvere il compito fondamentale di garantire l’efficacia della pianificazione, cioè deve far sì che le trasformazioni ipotizzate presentino un’elevata probabilità di realizzazione.

Dato che l’attuazione delle politiche e dei progetti individuati nel piano ricadono in un

contesto decisionale multiattore, la valutazione analizza il flusso dei costi e dei benefici,

non esclusivamente di natura monetaria, per tutti i gruppi sociali coinvolti.

È dunque evidente come la presenza di una pluralità di soggetti, capaci di influenzare il processo decisionale, enfatizzi la pur consolidata funzione razionalizzatrice della valutazione.

Nei contesti decisionali aperti in cui, per il principio di equità sociale, occorre favorire la partecipazione dei cittadini e gli obiettivi ed i criteri di scelta non sono preventivamente determinati, la valutazione assume un carattere processuale ed interattivo. Il suo compito diventa, allora, quello di “strutturare in itinere” il processo decisionale,

(20)

migliorandone la qualità, sia mediante un ampliamento dello spettro di indagine, sia attraverso l’allargamento della partecipazione alla decisione (Patassini, 1995).

La capacità di alimentare l’apprendimento sociale durante l’elaborazione del piano è un’altra importante funzione della valutazione: la costruzione di rappresentazioni condivise delle trasformazioni urbane e territoriali, tenendo conto delle istanze dei vari gruppi sociali, è fondamentale per individuare e perseguire finalità comuni ad un’intera comunità, piuttosto che rendere prevalenti alcuni interessi parziali.

La pianificazione degli interventi di trasformazione di un territorio riguarda, sempre più in maniera diretta, le problematiche connesse all’uso ed alla salvaguardia dei beni culturali, storici, naturali ed ambientali; in questo caso la valutazione è chiamata a comunicare ed

argomentare, su basi scientifiche, la necessità sia della loro tutela, che della loro

valorizzazione (Stellin e Rosato, 1998).

Entro la dimensione dello sviluppo sostenibile, pertanto, la valutazione interviene a formare il quadro informativo territoriale sui livelli di conservazione e di vulnerabilità delle risorse e ad individuare i criteri ed i parametri che garantiscono la sostenibilità delle trasformazioni.

Nel processo di analisi della bontà di un piano, Faludi (1995) identifica tre approcci alla valutazione:

1. la tradizionale valutazione “object centered”, la quale considera come criteri di successo la conformità di decisioni, implementazione e risultati con le intenzioni dichiarate;

2. la valutazione “soggettiva” che tiene conto dell’incertezza nel valutare l’ottimalità delle strategie e si riferisce al bilancio, più o meno favorevole che presentano, a conclusione del processo, i risultati;

3. la “valutazione centrata sulla decisione” che considera ed esamina l’uso che si è fatto dei programmi o del piano, intesi come quadro di riferimento dei decisori. Ciascuno di questi approcci presenta punti forti e punti deboli, infatti la valutazione indirizzata verso l’oggetto ha il vantaggio di essere accettabile a livello intuitivo, ma è carente per quanto concerne la considerazione dei fattori di incertezza.

La valutazione soggettiva presenta il vantaggio di incorporare l’incertezza, in quanto basa i giudizi sulle situazioni decisionali così come percepite dagli attori. La valutazione centrata sulla decisione libera i pianificatori dalla responsabilità della successiva implementazione, ma richiede che siano specificate le condizioni sotto cui viene considerata l’effettiva utilità dei piani.

Il rapporto fra valutazione e strumenti di pianificazione, secondo alcuni autori (Lombardi e Micelli, 1999), può essere strutturato sulla base di tre ambiti di confronto di seguito esplicati.

(21)

piano regolatore generale su due livelli. Questa esigenza ha trovato conferma nel rinnovamento di molte leggi urbanistiche regionali: la Regione Toscana, nel 1995, ha rinnovato per prima la propria legge urbanistica regionale, istituendo il doppio livello di pianificazione urbana, a conferma della solidità di questa tendenza.

Conseguentemente anche il ruolo e le funzioni della valutazione variano a seconda della natura strutturale oppure operativa del piano.

A livello di piano strutturale, quindi strategico, la funzione assolta dalla valutazione è sostanzialmente quella di “problem setting”, cioè di definizione degli obiettivi del piano, della loro articolazione e sintesi: si innesca un percorso in cui la valutazione diventa catalizzatore dell’analisi della domanda collettiva e strumento di ascolto delle istanze e dei progetti che il piano individua.

A livello operativo, invece, la principale funzione assunta dalla valutazione è quella di “problem solving” entro un quadro di obiettivi e di regole sostanzialmente condivise. Stanghellini (1999) affronta le problematiche connesse alla riforma del processo di pianificazione che, ispirandosi ai principi di sussidiarietà, autonomia, sostenibilità ambientale e solidarietà, modifica il rapporto fra valutazione e nuovi contenuti del piano. Poiché al modello di pianificazione organizzato gerarchicamente si sostituisce il concetto di pianificazione cooperativa e partecipata, i piani non possono più essere considerati strumenti omnicomprensivi, ma devono distinguere i contenuti durevoli dalle trasformazioni attuabili nel medio periodo: si consolida, così, la natura processuale della pianificazione territoriale.

Bentivegna (1999) studia la relazione fra le pratiche valutative, lo stile del piano ed il contesto decisionale allo scopo di indagare il ruolo della valutazione nell’elaborazione del piano stesso. Viene innanzitutto messo in evidenza il legame fra funzione della valutazione e stile di piano: metodi e tecniche valutative sono orientate a svolgere prevalentemente funzioni di controllo e di certificazione nei contesti decisionali centralizzati, mentre in quelli decentralizzati il compito principale è quello di supporto ed

aiuto alle decisioni (figura 1.7).

Caratteristiche del processo decisionale Centralizzato Decentralizzato Tendenza a privilegiare la funzione

certificativa e di controllo

Tendenza a privilegiare la funzione di aiuto alle decisioni

Ruolo della valutazione

(22)

Un’ulteriore lettura dei compiti della valutazione discende dall’analisi delle scelte di pianificazione in termini di obiettivi (consensuali e non consensuali) e di soluzioni possibili (conosciute e non conosciute).

In funzione della natura dell’obiettivo e della conoscenza della soluzione i compiti della valutazione nel processi di piano varieranno dalla massimizzazione dell’efficienza, al supporto al negoziato, alla ricerca di soluzioni per obiettivi condivisi, alla simultanea scoperta di problemi e soluzioni (funzione maieutica della valutazione) (figura 1.8).

Obiettivi

Soluzioni Consensuali Non Consensuali

Conosciute Ambito dell’efficienza Ambito del negoziato

Non conosciute Ambito della ricerca Ambito della maieutica

Figura 1.8 I compiti della valutazione nel processo di decisione (Bentivegna, 1999) Il secondo ambito di ricerca si focalizza sulla valutazione delle politiche, piani e progetti che intendono tradurre nella prassi i principi della sostenibilità dello sviluppo urbano e territoriale.

La consapevolezza del ruolo che le città possono svolgere in relazione ad una corretta gestione delle risorse ambientali è stata favorita, a partire dalla Conferenza di Rio del 1992, da molte istituzioni internazionali, nazionali, regionali e locali che hanno perseguito questo interesse in progetti di ricerca ed iniziative locali, note come Agenda 21 locale. La formulazione di strategie, politiche e nuovi provvedimenti per la costruzione e gestione di una città e di un territorio sostenibili, spesso richiede la determinazione di una metodologia di conoscenza e valutazione dei programmi e dei progetti, ex ante, on going ed ex post, capace di integrarsi con gli attuali processi di pianificazione.

Sotto il profilo operativo vengono presentati numerosi indicatori ed indici, per la valutazione degli interventi in ambito urbano e territoriale, ma anche articolati modelli capaci di sfruttare le nuove tecnologie dell’informazione (Bertuglia, 1995).

Sono comunque privilegiati gli approcci che si pongono come obiettivo la sintesi delle diverse dimensioni del reale all’interno di un’unica cornice, assicurando quadri ricapitolativi delle molteplici variabili che devono essere tenute in considerazione nel quadro di un processo di pianificazione; in questo contesto, le tecniche di valutazione a

criteri multipli diventano strumenti idonei per organizzare e portare a sintesi le diverse

informazioni prodotte nel processo di pianificazione (Lombardi e Micelli, 1999).

I problemi che la valutazione incontra in questo ambito sono comunque molteplici e riguardano essenzialmente l’interpretazione settoriale che, anche a livello scientifico, esiste in merito ai principi dello sviluppo sostenibile, l’assenza di un linguaggio condiviso

(23)

integrazione di conoscenze tecnico-scientifiche con altre forme di sapere di tipo non formalizzato, come quello locale.

I legami e le interazioni fra valutazione, processo di piano e sostenibilità ambientale viene affrontato in maggiore dettaglio nel paragrafo 1.3 del presente capitolo.

Infine, il terzo ambito di ricerca del rapporto fra valutazione e pianificazione, studiato ed analizzato da numerosi autori (Micelli, 1999; Camagni, 1999; Forte, 1999) riguarda la problematica connessa alle nuove politiche per l’acquisizione dei suoli che si ispirano al principio della perequazione; tale ambito, tuttavia, esula dagli obiettivi del presente lavoro di ricerca.

I legami e le interconnessioni che si instaurano fra processo di piano e processo di valutazione in funzione delle diverse fasi di attuazione, del livello di partecipazione e delle basi di conoscenza viene schematizzato in figura 1.9

(24)

1.3

VALUTAZIONE, PIANIFICAZIONE E SOSTENIBILITÀ

AMBIENTALE

Per affrontare il tema del legame fra valutazione e sostenibilità ambientale occorre innanzitutto definire il concetto di sviluppo sostenibile e comprendere quali siano gli strumenti tecnici e metodologici necessari a renderlo concretamente operativo.

Il termine sviluppo sostenibile appare molto vago, ambiguo, sfuocato e sfuggente (Pearce, 1989) infatti, mentre la sostenibilità rimanda all’idea di mantenimento e conservazione, nel tempo e soprattutto nel lungo periodo, delle condizioni esistenti ed alla capacità di garantire un sostentamento senza produrre degrado, lo sviluppo implica, invece, un’idea di cambiamento, trasformazione dello status quo e, quindi, una condizione di instabilità.

Questo conflitto tra i due stessi termini porta all’idea di modifica delle condizioni attuali del sistema, mantenendo, anche nel lungo tempo, le condizioni che consentono tale miglioramento: il significato effettivo di sviluppo sostenibile dovrebbe essere quello di migliorare la qualità della vita e garantire una condizione di benessere in modo durevole nel tempo.

Il rapporto Bruntland (1987) ha “sistematizzato” la definizione di sviluppo sostenibile, definendola anche sul piano politico:”sviluppo sostenibile è quello capace di soddisfare i bisogni della attuale generazione, senza compromettere il soddisfacimento dei bisogni delle generazioni future”. Lo stesso rapporto Bruntland e successivamente, nel 1992, la Conferenza di Rio sottolineano in modo netto l’importanza della dimensione sociale ed economica della sostenibilità ambientale.

A partire da questo momento il concetto di sviluppo sostenibile attraversa in modo trasversale tutte le discipline scientifiche, sociali ed economiche, divenendo l’obiettivo delle moderne economie di mercato; si esprime la necessità che le preoccupazioni connesse allo sviluppo delle risorse di un territorio siano parte del processo di formazione delle decisioni nei più svariati settori delle politiche pubbliche.

Per quanto riguarda le esigenze di tutela ambientale, le condizioni affinché lo sviluppo sia sostenibile possono essere fatte risalire al requisito che lo “stock” di capitale naturale non decresca nel tempo (Pearce, 1990).

Tali variazioni di stock avvengono sia a livello di “funzionamento” del sistema produttivo esistente, sia a causa della realizzazione di nuove politiche, piani, programmi e progetti. Si fa strada il concetto secondo cui, più ancora che attraverso politiche di protezione ambientale, la sostenibilità si giochi sull’integrazione di criteri ambientali nelle scelte dello sviluppo, ovvero nelle scelte su cosa fare, dove fare e come fare per rispettare, anche nel lungo periodo, la capacità di carico dell’ambiente.

Emergono poi, da una parte il riferimento al criterio dell’efficienza nell’uso delle risorse, dall’altra la dilatazione della dimensione sociale dello sviluppo con particolare attenzione

Figura

Figura 1.1 Rapporto fra valutazione, misurazione e comparazione
Figura 1.2 Tempi della valutazione e loro rapporto con il ciclo decisione,  programmazione, implementazione (Bezzi, 2003)
Figura 1.3 La valutazione fra competenza tecnica e conoscenza nel merito (Bezzi, 2003)  Con il termine pregiudizio, si intende un giudizio basato su dei presaperi e preconcetti  alimentati da un senso comune, da ciò che quotidianamente viene sentito dire
Figura 1.4 Valutazione: livello di concertazione e capacità di gestione (Bezzi, 2003)
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