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CAPITOLO 8
Conclusioni
I valori di legge riguardanti la presenza di residui inorganici negli alimenti di origine animale hanno subito un’attenzione sempre maggiore da parte degli organi ufficiali deputati al controllo della filiera alimentare.
La nascita di una nuova coscienza salutistica nel consumatore ha portato ad un aumento del numero di controlli da parte delle autorità competenti e quindi, contestualmente al miglioramento delle tecnologie e delle sensibilità delle metodiche analitiche, ad una conseguente correzione verso valori più bassi dei limiti di legge.
Recenti studi hanno evidenziato la possibilità di utilizzare alcune specie animali come bioindicatori, capaci di fornire indicazioni sui livelli di inquinamento causato da varie sostanze dannose per l’uomo.
A questo scopo, in lavori precedenti, sono stati utilizzati animali domestici e sinantropi come indicatori di inquinamento a livello urbano e animali selvatici (soprattutto ungulati) per la valutazione dei livelli di inquinamento degli ambienti extraurbani.
Nel corso di questo lavoro di tesi sono stati presi in esame due gruppi di cinghiali provenienti da uno stessa azienda zootecnica, ma sottoposti a due differenti condizioni di allevamento. Il primo di questi gruppi è stato allevato nelle immediate vicinanze di un’industria di cristalli, mentre il secondo gruppo è stato allevato in una zona boschiva situata a
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considerevole distanza da tale azienda. Campioni ottenuti dal fegato, reni, muscolo massetere e diaframma di tali animali sono stati analizzati per valutare la quantità di residui di piombo (metallo normalmente utilizzato nelle industrie di cristalli), di cadmio e di cromo, con lo scopo di evidenziarne eventuali differenze di accumulo, nei tessuti degli animali provenienti dai due gruppi di allevamento.
Dall’analisi dei risultati si può concludere che, nel gruppo di animali allevato nei pressi di tale industria, sono stati evidenziati valori significativamente più elevati di metalli pesanti solo per quanto riguarda le concentrazioni del piombo.
In particolare, nel primo gruppo di cinghiali sono state rilevate concentrazioni di piombo nel fegato e nel rene al di sopra dei valori limiti di legge, contrariamente a quanto osservato nel gruppo allevato nella zona boschiva, per il quale sono stati riscontrati valori sempre inferiori a quelli previsti dalla normativa. Inoltre, il confronto fra i due gruppi di animali ha permesso di evidenziare una differenza significativa riguardo alla concentrazione di piombo nei tessuti muscolari. Questa evidenza suggerisce una possibile influenza del suddetto complesso industriale relativamente al più elevato accumulo di piombo osservato negli animali allevati nella zona limitrofa.
Per quel che riguarda cadmio e cromo, i livelli registrati negli organi esaminati sono risultati inferiori ai limiti di legge, nonostante l’esposizione agli inquinanti provenienti dall’industria situata presso l’allevamento destinato al primo gruppo di cinghiali. Inoltre, non sono state rilevate sostanziali differenze fra i gruppi provenienti dalle due diverse zone d’allevamento.
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In conclusione, i risultati ottenuti suggeriscono che si possa prendere in considerazione l’utilizzo del cinghiale come bioindicatore, per la determinazione dei valori di piombo in zone esposte al rischio di contaminazione. Ulteriori studi permetteranno di valutare l’effettiva attendibilità di tale sistema.