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9 CAPITOLO 2 – LA COLLOCAZIONE DEL PERCORSO CICLO-PEDONALE 2.1 Inquadramento territoriale e storia del porto di Viareggio

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CAPITOLO 2 – LA COLLOCAZIONE DEL PERCORSO CICLO-PEDONALE 2.1 Inquadramento territoriale e storia del porto di Viareggio

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Viareggio non ha nell’economia del mare il fondamento della nascita e lo sviluppo che solitamente hanno le città che sorgono lungo la costa.

Nel 1287 infatti i Lucchesi acquistarono i diritti feudali su Viareggio e sul suo territorio con il solo intento strategico di rafforzare le difese militari lungo la costa tirrenica.

La raffigurazione nelle carte antiche di un castello di forma circolare era sufficiente ad individuare Viareggio. Questo castello aveva l’esclusiva funzione di difendere, sia da attacchi provenienti dal mare che da quelli provenienti da terra, il territorio dello Stato di Lucca esteso verso oriente.

Alla sola funzione militare si aggiunge anche un principio di attività marittima quando nel 1324 viene reso navigabile il Canale Burlamacca, consentendo al castello di essere centro di smistamento per l’arrivo e la partenza delle merci via mare per Lucca.

La navigabilità del canale era limitata dal basso fondale sabbioso che non permetteva alle navi mercantili un accesso diretto; infatti le grandi navi si ancoravano a largo, delle piccole imbarcazioni a fondo piatto trasportavano la merce dalla nave al castello e successivamente servendosi di carri veniva trasportata fino a Lucca.

Questa operazione però costava molto tempo e denaro e si preferiva utilizzare il porto di Motrone che era molto più comodo di una foce di un canale.

Quando lo Stato di Lucca perse nel 1513 il porto di Motrone, la funzione militare e marittima del castello crebbe notevolmente e Viareggio rimase l’unico scalo marittimo in possesso ai Lucchesi.

Da qui si tentò di rendere efficiente lo scalo marittimo ma le criticità del territorio quali l’insabbiamento della foce, la bonifica della palude, l’insalubrità dell’aria e la scarsa viabilità limitarono il raggiungimento dell’obbiettivo.

Nel 1612, con un modesto finanziamento, il governo lucchese fa costruire una piccola darsena nei pressi della torre Matilde ed un mediocre capannone per la riparazione delle imbarcazioni.

La sistemazione del canale Burlamacca con destinazione portuale ha rappresentato l’idea guida della progettualità nel corso del Seicento e del Settecento.

L’estensione del porto-canale verso il mare è indotto dalla crescita costante della spiaggia portata dalle correnti marine (problema che persiste tutt’oggi e che costringe durante il periodo

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invernale ad un importante sforzo economico per far sì che una draga dotata di pala meccanica lavori il fondale per permettere l’accesso delle grandi imbarcazioni).

La ricerca di una soluzione a questo problema fece sì che diversi architetti ed ingegneri si presentassero con progetti dalle più svariate soluzioni; furono incaricati anche vari professionisti provenienti da altri stati italiani.

Il piano urbanistico di Viareggio documenta il sempre maggiore allontanamento del vecchio borgo dalla riva del mare, e lo spazio di spiaggia lasciato libero era tanto ampio da contenere la previsione dell’espansione urbana a sistema ortogonale ripartito in sei quadrati sul lato nord del canale Burlamacca. Del progetto fa parte il prolungamento in mare delle sponde della foce da costruirsi con palizzate in legno e pietre seguendo la direzione naturale dell’alveo del canale.

Viene speso molto denaro ma alla fine del ‘600 l’efficienza dello scalo è ancora molto precaria, costantemente soggetta al fenomeno continuo ed irrisolto dell’insabbiamento.

All’inizio del 1700 la Repubblica di Lucca chiama l’ingegnere idraulico veneziano Bernardino Zendrini il quale attribuisce al Serchio e all’Arno le cause dell’interramento della foce per i detriti che i due fiumi immettono in mare e per il gioco delle correnti e dei venti che spingono verso la foce del porto i depositi fluviali. Stabilita dunque la causa principale dell’insabbiamento della foce, l’ingegnere propone la costruzione di una barriera a mezzaluna all’imboccatura del porto, leggermente spostata verso ponente.

Significativa è la situazione del porto-canale ritratta alla metà del Settecento.

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alcuni palazzi, attorno allo scalo. La pianta mostra dettagliatamente due ponti, il primo alla foce del Burlamacca ed il secondo più prossimo alla torre, il Ponte di Pisa. Sono individuabili la darsena ed il capannone per il ricovero delle barche.

L’importanza di Viareggio, acquisita gradualmente, registra un’accelerata improvvisa nella seconda metà del ’700, trasformando la realtà abitativa, economica e civile.

Ciò induce nel 1778 il Governo di Lucca a completare l’opera di prolungamento dei moli posizionando gli scogli e posando la muratura delle sponde al fine di rendere più agevoli gli approdi delle imbarcazioni ed il carico-scarico delle merci.

Grazie a questi lavori il movimento ed il numero delle barche che entrano ed escono dal porto aumenta notevolmente così come la popolazione; la cantieristica migliora ed iniziano a sorgere le prime strutture turistiche.

A consolidare la nuova prospettiva turistica e quella cantieristica contribuirà l’assetto del territorio in cui a nord del canale Burlamacca, dove già si estendeva parte del nucleo abitato, si confermerà lo sviluppo turistico-balneare per lasciare nella darsena, a sud, l’insediamento dei cantieri per la costruzione delle barche e delle navi.

È nella seconda metà dell’Ottocento che lo scalo di Viareggio acquista un posto sempre maggiore nell’attività di costruzione dei bastimenti e delle barche, più precisamente nel 1880 quando, grazie all’approvazione della nuova legge sui porti, la cantieristica navale si afferma definitivamente anche se sempre ostacolata dal problema dei bassi fondali.

La Darsena Lucca, costruita dalla duchessa Maria Luisa di Borbone nella prima metà dell’800, rimase l’unico specchio d’acqua attrezzato fino al 1871 quando verranno avviati e terminati in tre anni i lavori per la costruzione della nuova darsena (con sviluppo delle banchine per circa 280 metri) che poi nel 1910 verrà chiamata Darsena Toscana.

La zona a sud del Burlamacca iniziò a svilupparsi tra la fine dell’Ottocento ed i primi decenni del Novecento proseguendo il modello morfologico, costituito dalla matrice ortogonale, della città posta a nord del porto-canale.

Nel periodo fra le due guerre mondiali le attività legate alla realtà marittima registrarono un notevole sviluppo e intorno alle darsene sorsero officine artigianali, negozi per generi ed attrezzature navali, cantieri.

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L’ampliamento del bacino portuale ha contribuito allo sviluppo di insediamenti legati alla nautica e alla pesca oltre che contaminare il tessuto edilizio di fabbricati produttivi. La dilatazione edilizia verso sud non potè espletarsi prima della fine della seconda guerra mondiale quando le aree interessate furono acquistate dal Comune di Viareggio.

Con la legge n° 6 del 25 febbraio 1900 si finanziava la costruzione di una nuova darsena il cui progetto prevedeva la diretta comunicazione con la Darsena Toscana.

Nel 1903 vennero iniziati i lavori che proseguirono fino a tutto il 1905 della nuova darsena, la terza, a cui si assegnò il nome di Darsena Italia con sviluppo delle banchine per 355 metri.

Le problematiche del porto in quel periodo portarono alla costruzione di un avamporto tramite una scogliera di difesa che, staccandosi dalla spiaggia sud del detto molo, alla distanza di 530 metri con un raggio di 380, racchiudesse uno specchio d’acqua di circa 11 ettari.

La realizzazione dell’avamporto eliminò dunque i gravi inconvenienti alla navigazione del porto-canale di Viareggio riducendo notevolmente l’insabbiamento all’entrata del canale.

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Dopo la seconda guerra mondiale, a causa delle distruzioni belliche, la ricostruzione delle opere portuali di Viareggio fu portata a termine dal Genio Civile di Lucca con notevoli difficoltà nel periodo immediatamente post-bellico.

Vi era l’urgenza di una pianificazione della zona demaniale marittima per i seguenti motivi: le continue richieste di concessioni per costruire manufatti di ogni genere e tipo; la carenza di aree disponibili; il disordine urbanistico causato dall’abusivismo edilizio collocato in aree poco appropriate e con altra destinazione per essere prossime agli specchi d’acqua.

Con tale pianificazione si doveva garantire da un lato l’esercizio e lo sviluppo delle attività connesse al porto e dall’altro definire i criteri urbanistici ed edilizi della zona.

Le previsioni progettuali si possono riassumere nei seguenti punti: sistemazione della viabilità; zonizzazione; lottizzazione delle aree fabbricabili in fregio alla Darsena Europa.

Dal 1960 in poi si nota un sempre più crescente sviluppo del movimento del naviglio da diporto e sulle costruzioni navali.

A dare un impulso determinante a tale ultima attività erano soprattutto i cantieri navali aventi sede nell’avamporto che iniziavano in quegli anni la costruzione di navi di medio tonnellaggio.

Negli anni dal 1958 al 1966 si verificarono notevoli cambiamenti alla luce degli ultimi sviluppi dei traffici e delle particolari esigenze della nautica da diporto: l’attività cantieristica si era drasticamente ridimensionata, mostrando, salvo rare eccezioni, un chiaro indirizzo verso le costruzioni di navi di piccolo e piccolissimo tonnellaggio che avevano proseguito il loro sviluppo raggiungendo incrementi eccezionali.

Le cose migliorarono nel periodo tra il 1965 ed il 1985 nel quale si registrò un incremento del naviglio da diporto e della relativa attività cantieristica, un aumento dell’attività peschereccia, una sostanziale stabilità cantieristica caratterizzata da maggiore specializzazione del prodotto ed aumento delle dimensioni dello stesso, un decremento dell’attività commerciale.

L’Ufficio del Genio Civile di Lucca, vista la nuova situazione evolutiva, elaborò nel 1990 la Variante Tecnica al Piano Regolatore Portuale del 1967 affidando l’incarico a numerosi tecnici (geometri, geologi ed ingegneri). Questa variante riguardava soprattutto la viabilità, prevedeva una nuova ubicazione del faro che, pur essendo stabilito nel precedente decreto,

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non era ancora stato costruito ed inoltre prevedeva il prolungamento del molo al termine di via Coppino.

L’intento generale della variante era quello di razionalizzare le attività presenti nell’area portuale, ristrutturando gli spazi esistenti senza impegnare ulteriori porzioni di territorio.

Complessivamente si ottenne un aumento delle aree per la cantieristica (fabbricati e piazzali) che passarono da 9100 mq a circa 14000 mq e per la pesca che passarono da 3600 mq a 8800 mq.

Importante fu l’intervento che riguardò il prolungamento del molo della Madonnina di 130 metri con la possibilità di attracco per altre 220 barche.

È stato recentemente approvato (con il BURT del 20/06/2007) il nuovo piano regolatore portuale che avrà come obbiettivo principale quello della sistemazione dell’avamporto per ridurre il moto ondoso e quindi il problema dell’insabbiamento, la creazione di un approdo turistico presso l’area del Triangolino e della Madonnina con aumento dei relativi posti barca, miglioramento della viabilità e dei percorsi nell’area portuale. Il porto di Viareggio presenta una grande potenzialità di sviluppo, grazie alla sua storia, alla sua tradizione, alla grande professionalità che nei decenni è maturata nelle aziende artigiane di ogni settore (impiantistico, delle finiture, tecnologico). Accanto alla grande risorsa della produzione nautica, bisogna sviluppare una grande valorizzazione degli spazi ricettivi con un livello elevato ed all’altezza delle richieste della situazione attuale ponendo particolare attenzione ai collegamenti tra le varie zone e dunque ai percorsi carrabili e pedonali all’interno dell’area portuale. Dunque, con il nuovo Piano Regolatore Portuale, si cercherà di migliorare e di ottimizzare il più possibile tutte le attività connesse alla vita portuale. Con l’aumento dei posti barca, lo studio accurato del moto ondoso per fronteggiare l’insabbiamento e l’ampliamento delle banchine per ospitare strutture ricettive turistiche, il porto di Viareggio sarà sicuramente più produttivo ed efficiente.

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Fig. 2.1.5 – Come si presenta oggi il porto di Viareggio

2.2 Stato attuale della zona interessata

Attualmente la zona in oggetto è poco frequentata vista la scarsa manutenzione alla quale è sottoposta e visto che non ci sono opportuni collegamenti e richiami che la facciano scegliere dalle persone come un’area di sicuro relax e di svago.

Quest’area può essere riqualificata sfruttandone a pieno le proprie potenzialità solamente garantendo una continuità tra le due sponde sud del canale rendendola così una tappa di un lungo percorso dove le persone possano riposarsi prima di riprendere la passeggiata a piedi o in bicicletta. Attualmente su ciascuna delle due sponde vi è una piazzetta, una, quella ad ovest, ospita una chiesetta ed un malconcio arredo urbano, l’altra, ad est, dei monumenti del vicino Museo della Marineria. Il verde presente nelle due piazzette è molto trascurato e necessiterebbe maggior pulizia. Sotto sono riportate alcune immagini che si riferiscono allo stato attuale di quest’area.

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Fig. 2.2.1 Fig. 2.2.2

Fig. 2.2.3 Fig. 2.2.4

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2.3 Vincoli imposti dalla normativa in vigore

Le principali norme a cui mi sono attenuto nella progettazione della passerella e del percorso ciclo-pedonale sono:

il Decreto Ministeriale dei Lavori Pubblici del 4 maggio 1990: “Norme tecniche per la progettazione, l’esecuzione ed il collaudo dei ponti stradali” ;

Decreto Ministeriale dei Lavori Pubblici N.557 del 30 novembre 1999: “Regolamento per la definizione delle caratteristiche tecniche delle piste ciclabili”.

il Decreto Ministeriale del 5 novembre 2001: “Norme funzionali e geometriche per la costruzione di strade”.

UNI EN 12385 parte 5 anno 2004: “Funi in acciaio per usi generali nel sollevamento” DIN 1052 ottobre 1996: Normativa tedesca che riguarda le costruzioni in legno lamellare incollato, in assenza di una specifica normativa italiana e in attesa della stesura definitiva delle norme EN, le ditte produttrici italiane fanno prevalentemente riferimento alle tedesche DIN 1052 che più volte il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici ha dichiarato ammissibile essendo normativa europea di comprovata affidabilità.

CNR 10011-97: “Costruzioni in acciaio, istruzioni per il calcolo, l’esecuzione, il collaudo e la manutenzione”.

Dalle sopracitate norme ho tratto i punti fondamentali per la mia costruzione.

Il D. Min. LL. PP. 4 maggio 1990 con il termine generico di ponti intende tutte quelle opere che, in relazione alle loro diverse destinazioni, vengono normalmente indicate con nomi particolari quali: viadotti, sottovia o cavalcavia, sovrappassi, sottopassi, strade elevate, ecc. Le presenti norme, per quanto applicabili, riguardano anche i ponti mobili; ne restano esclusi invece i ponti ferroviari.

Il decreto definisce la geometria della sede stradale: “S’intende per larghezza della sede stradale sul ponte la distanza misurata ortogonalmente all’asse stradale tra i punti più interni dei parapetti”.

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La sede stradale sul ponte è composta, di regola, da una o più carreggiate eventualmente divise da uno spartitraffico, da banchine o da marciapiedi secondo l’importanza, la funzione e la caratteristica della strada.

Per quanto riguarda i carichi mobili il decreto definisce le passerelle pedonali e ciclabili come ponti di terza categoria ovvero ponti per il transito dei soli carichi q1d) e q1e) dove q1d è il carico isolato da 1 t con impronta quadrata di lato 0,7m e q1e) è il carico della folla uniformemente ripartito in superficie pari a 0,4 t/m2.

Impone che sia applicato sul manufatto un contrassegno permanente, chiaramente visibile, indicante la categoria e l’anno di costruzione e che l’accesso al ponte sia impedito materialmente ad ogni veicolo a motore.

L’entità dei carichi mobili deve essere maggiorata per tener conto dell’effetto dinamico, il coefficiente dinamico che può essere utilizzato per ponti di terza categoria è Ø = 1,4.

I parapetti non dovranno avere altezza inferiore ad 1 metro.

Il D. Min. N.577 del 30/11/1999 regolamenta le caratteristiche tecniche delle piste ciclabili sia in sede riservata, sia in sede ad uso promiscuo con pedoni o con veicoli a motore.

Le finalità ed i criteri più importanti sono:

• Favorire e promuovere un elevato grado di mobilità ciclistica e pedonale, alternativa all’uso dei veicoli a motore nelle aree urbane;

• Puntare all’attrattività, alla continuità ed alla riconoscibilità dell’itinerario ciclabile, privilegiando i percorsi più brevi, diretti e sicuri secondo i risultati di indagini sull’origine e la destinazione dell’utenza ciclistica;

• Valutare la redditività dell’investimento con riferimento all’utenza reale e potenziale ed in relazione all’obiettivo di ridurre il rischio di incidentalità;

• Verificare l’oggettiva fattibilità ed il reale utilizzo degli itinerari ciclabili da parte dell’utenza, secondo le diverse fasce d’età e le diverse esigenze, per le quali è necessario siano verificate ed ottenute favorevoli condizioni anche plano-altimetriche dei percorsi.

Definisce inoltre all’articolo 7 i principali standards progettuali per le piste ciclabili:

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ostacoli, la larghezza minima della corsia ciclabile, comprese le strisce di margine, è pari a 1,50 m; tale larghezza è riducibile a 1,25 m nel caso si tratti di due corsie contigue, dello stesso od opposto senso di marcia, per una larghezza complessiva minima pari a 2,50 m.

Sulle piste ciclabili deve essere curata al massimo la regolarità delle superfici per garantire condizioni di agevole transito ai ciclisti.

Il D. Min. del 5/11/2001 affronta al capitolo 4 il problema dell’organizzazione della sede stradale e al paragrafo 4.1.1 parla di opere di scavalcamento e sottopassi. Per opere di scavalcamento (ponti, viadotti, sovrappassi) devono essere mantenute invariate le dimensioni degli elementi componenti la piattaforma stradale, relative al tipo di strada di cui fanno parte dette opere.

A margine della piattaforma stradale deve essere predisposto un sistema di ritenuta di altezza non inferiore ad un metro, il marciapiede pedonale deve essere ad una quota compresa tra i 7 ed i 15 cm rispetto alla banchina adiacente e deve essere largo almeno 1,50 m.

Fig. 2.3.1 – Sezione trasversale tipo per sovrappassi pedonali

La banchina, così come il marciapiede pedonale deve avere una pendenza non inferiore al 2% per permettere il deflusso delle acque piovane.

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2.4 La soluzione architettonica

2.4.1 – Come si presenterà la piazzetta vicino al Museo della Marineria

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2.4.3 – La planimetria dello stato modificato

Per quanto riguarda la sistemazione delle due piazzette si è pensato alla soluzione sopra riportata cercando di far prevalere la linea curva alla linea retta per ricordare il più possibile il moto ondoso del mare e per rendere il percorso il più scorrevole possibile.

Nella piazzetta ad ovest (dove è presente anche la chiesetta) sono state pensate delle sedute curve che si distaccano dal percorso ciclabile e che invitano le persone ad usufruirne per una sosta durante la propria passeggiata.

Lo spazio più a nord può essere utilizzato per celebrare messe all’aperto, spazio che è stato pensato un po’ più riservato e quasi chiuso dalla seduta curva che si interrompe giusto per permettervi l’accesso. Le alberature non hanno subito variazioni dallo stato attuale, questo per non stravolgere completamente l’aspetto ambientale anzi, si è cercato di valorizzarne la presenza con ghiere metalliche alle basi dei fusti e trattando le superfici su cui posano a verde.

Sono disponibili rastrelliere per le biciclette per permettere a chi volesse proseguire la passeggiata a piedi di non dover lasciare il proprio mezzo, come adesso accade, appoggiato a muretti o lampioni dando l’idea di disordine e di abbandono.

La piazzetta ad est è stata studiata sempre sulla stessa impronta di quella appena descritta: forme curve, presenza di panchine e alberi che le fanno da cornice ed un suggestivo specchio d’acqua che ospita su tre monoliti in pietra alcune sculture del vicino Museo della Marineria.

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Il moto ondoso che si coglie osservando l’acqua del canale e dello specchio d’acqua è dunque richiamato nella pianta di queste due aree.

Per la pavimentazione sono stati utilizzati due differenti materiali: doghe in legno e lastre di inerti porfidi naturali di due diverse colorazioni opportunamente trattati per essere antiscivolo.

Le doghe in legno, utilizzate anche per la pavimentazione della passerella, sono continuate sul lato che si affaccia sul canale per dare una continuità al percorso e per ricordare le vecchie banchine galleggianti create con assiti lignei.

Chi percorre la pista ciclabile, grazie alla presenza di doghe in legno che via via aumentano e si avvicinano tra loro, percepisce un graduale passaggio dal materiale lapideo a quello ligneo oltre ad avvertire la necessità di rallentare prima di percorrere la passerella.

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Come soluzione architettonica per la passerella è stata pensata una struttura mobile “retrattile”, ossia un ponte composto da due parti indipendenti tra loro ognuna delle quali composta da 2 impalcati che si piegano a libro durante la fase di chiusura permettendo il passaggio di grandi imbarcazioni.

La struttura è movimentata tramite un motore elettrico al quale sono avvolte funi di acciaio di diametro 1,4 cm: le funi scorrono tramite carrucole composte da cuscinetti a sfera posizionate sulle antenne di sostegno e sugli elementi di attacco presenti sull’impalcato.

La struttura è simmetrica ed è composta da due travi in legno lamellare opportunamente interrotte da cerniere cilindriche per permettere il movimento di chiusura e di apertura.

Uno scheletro di profili rettangolari in alluminio di dimensioni 5x5 cm fa da supporto strutturale per la posa della pavimentazione composta da listelli in legno opportunamente trattati per essere antiscivolo e conservarsi a lungo nel tempo. Questa struttura è fissata con bulloni alle travi in legno, la parte pedonale è a sbalzo. Un apposito alloggio che ospita sia la cabina motore che una sala comandi è situata a 2,2 metri al di sotto della quota di calpestio, ampie vetrate garantiscono una buona visuale per comandare il ponte all’arrivo di grandi imbarcazioni.

2.5 Aspetti funzionali, formali e distributivi

La passerella in questione, che, come già detto, garantisce la continuità del percorso in esame è stata studiata per permettere il transito di biciclette e pedoni su tre diverse corsie: una centrale destinata esclusivamente ai velocipedi, due laterali destinate ai pedoni. Questo per permettere un attraversamento più sicuro riducendo al minimo i rischi di incidenti che sono sicuramente più possibili e frequenti in passerelle dove è presente un traffico promiscuo di pedoni e cicli.

Il sollevamento della passerella avviene in totale sicurezza dopo che è stato emesso un segnale acustico e si sono abbassate le sbarre di protezione: un addetto ai lavori posizionato in una cabina al di sotto del piano di calpestio azionerà il meccanismo che in breve tempo permetterà il passaggio delle imbarcazioni.

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La corsia centrale del ponte è stata adibita al passaggio di cicli perché il passaggio deve essere più diretto e veloce rispetto a quello pedonale che, invece, essendo laterale può permettere la sosta sul ponte per osservare il paesaggio. Il percorso incontrerà una sorta di continuità con la passerella sia in termini di materiali che in termini di direzioni. La scelta formale è la conseguenza di uno studio volto a richiamare il più possibile l’ambiente marino. I piloni, simili agli alberi maestri delle grandi imbarcazioni, le funi, le carrucole, il legno, sono elementi che fanno da sempre parte della storia delle città portuali. Tutti questi elementi sono stati accostati insieme in un progetto che non ha solo uno scopo funzionale di collegamento ma che contribuisce con la sua realizzazione alla riqualificazione di due aree che se lasciate indipendenti sono prive di significato.

2.6 La scelta dei materiali

E' importante mettere molta cura nella scelta dei materiali e dei prodotti che si impiegano per la costruzione. Dalla loro qualità e caratteristica dipende in gran parte la buona riuscita nel creare un ambiente sano e sicuro.

Per questo progetto si è pensato a materiali che richiamassero l’ambiente marino: il legno (con cui erano costruite le vecchie imbarcazioni), l’acciaio (con il quale sono oggi realizzati gli alberi delle grandi imbarcazioni), l’alluminio (utilizzato per finiture ed accessori di barche a vela e yacht), e la pietra, il primo materiale con il quale si realizzarono le pavimentazioni ed i muretti del porto.

Le doghe in legno

Sono state utilizzate per l’impalcato della passerella e per la parte di pavimentazione che costeggia il canale Burlamacca.

Il legno, oltre ad essere un materiale che richiami molto la cultura marinaresca, è anche molto resistente nel tempo e, col passare degli anni, acquista sempre più fascino.

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2.6.1 – Esempio di applicazione e particolare del materiale utilizzato

Il legno lamellare

E’ stato utilizzato per le travi che costituiscono la struttura portante del ponte, rimanda alle vecchie imbarcazioni e la tecnica di fabbricazione è simile a quella dei remi delle barche.

Il legno lamellare è un modo nuovo di usare un materiale antico quanto la storia abitativa dell’uomo. L’impiego del legno lamellare, come materiale ed elemento strutturale, trova sempre più spazio offrendo possibilità alternative e concorrenziali, soprattutto nel settore di strutture a grandi luci e dimensioni.

La novità tecnologica di questo materiale è di essere ottenuto mediante l’incollaggio di assi (lamelle) di legno di limitata larghezza e lunghezza, in modo da formare elementi strutturali ad ampia flessibilità compositiva e formale, non disgiunta da una certa validità estetica.

La possibilità di curvare il lamellare con raggi di curvatura intorno ai cinque metri per normale lavorazione era impensabile con il legno tradizionale.

Non trascurabile è la motivazione ecologica (bioedilizie) legata al così detto “impatto ambientale”. La ricerca di materiali che non siano inquinanti e possano rigenerarsi come il legno ripropone, tale materiale ed i suoi derivati, in una posizione di primaria attenzione.

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La pietra

Per la pavimentazione della pista ciclabile è stata utilizzata una pietra di porfido scura che riprende il colore dell’asfalto della strada carrabile a cui si ricollega, mentre per la pavimentazione delle rimanenti zone si è pensata una pietra più chiara, color ocra, che riporti idealmente al colore della sabbia del mare.

La pietra in porfido è molto utilizzata nelle pavimentazioni urbane per la particolare durezza ed il piano naturale antisdrucciolo.

2.6.3 – Esempio di pavimentazione in porfido 2.6.4 – Pietra chiara simile al colore della sabbia

L’alluminio

L’alluminio è stato utilizzato per sostenere l’impalcato della passerella e per realizzare il parapetto. E’ stato scelto questo materiale a discapito dell’acciaio perchè è molto più leggero (peso specifico due terzi inferiore) e non si ossida grazie ad uno strato protettivo che si forma sulla superficie del metallo: questo aspetto è molto importante soprattutto perché l’opera si trova in un ambiente marino dove il sale accelera il processo di corrosione. Molto interessante è anche il contrasto che si crea tra legno ed alluminio una volta che il ponte è sollevato.

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2.6.5 – Esempio di applicazione dell’alluminio in una trave reticolare

L’acciaio

L’acciaio è stato invece utilizzato per la realizzazione delle antenne di sostegno della passerella. In questo caso l’utilizzo dell’acciaio è dettato dal fatto che è molto più resistente dell’alluminio e consente di utilizzare sezioni molto più modeste. Sia l’alluminio che l’acciaio sono elementi che troviamo anche sulle imbarcazioni: l’alluminio negli scafi, nei parapetti, nei cavi, nelle finiture degli oblò; l’acciaio negli alberi maestri, nelle ancore, nelle eliche, ecc.

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2.7 I dettagli di arredo urbano

I lampioni

Per l’illuminazione di tutta l’area di studio sono stati pensati dei lampioni moderni in alluminio che somigliassero il più possibile a piccoli alberi di barche a vela, questi garantiscono una sicura fruibilità del luogo anche in orario notturno oltre ad essere un importante elemento di arredo urbano.

2.7.1 – Lampione utilizzato per l’illuminazione notturna

Le panchine

Per le sedute sono state scelte delle panchine modello “Onda”.

Questa scelta è dettata dalla loro forma che riprende il movimento planimetrico delle piazzette, inoltre offrono la possibilità di potersi sedere su entrambi i lati potendo scegliere il panorama che si preferisce. La seduta è in pietra così come gli appoggi, lo schienale invece è in acciaio inox.

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Figura

Fig. 2.1.1 – Nel riquadro rosso è indicata l’area di studio
Fig. 2.1.4 – Le darsene di Viareggio nel 1928
Fig. 2.1.5 – Come si presenta oggi il porto di Viareggio
Fig. 2.2.1  Fig. 2.2.2
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