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Il processo penale: 30 anni dopo, attendendo la riforma della prescrizione. G S

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Academic year: 2022

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G

IORGIO

S

PANGHER

Il processo penale: 30 anni dopo, attendendo la riforma della prescrizione.

Si è detto, sono passati trent’anni dall’entrata in vigore del “nuovo” codice di procedura penale, il primo codice riformato dall’era repubblicana. Qualcuno (Donini) ha anche ricordato che tutti i paesi – meno l’Italia – hanno riformato (anche) il codice penale; noi ci abbiamo provato più volte ma non ci siamo riusciti.

La prima domanda è: di quale codice di procedura penale parliamo? Di quel- lo del 1988; di quello successivo alle sentenze del 1992 – 1994? Di quello successivo alla legge Carotti (Saraceni)? Di quello della riforma della Costitu- zione (art. 111 Cost.) e della legge sul giusto processo (l. n. 63 del 2001)? Di quello successivo alle numerose sentenze delle Sezioni unite (dalla Battistella alla Bajrami)? Codice di procedura penale del 1988? Ma se nessun istituto è rimasto immutato, immune da modifiche dirette o indirette, di quale codice si deve parlare?

Forse di quello che ogni codice aggiornato ci prospetta. Appare, cioè, prefe- ribile fare una fotografia (meglio, una radiografia) di ciò che oggi è il processo penale.

Abbiamo un sistema penale (sanzionatorio) elefantiaco, un principio di obbli- gatorietà dell’azione penale, un sistema processuale non adeguato a supporta- re il flusso di notitiae criminis, anche per i suoi deficit organizzativi e di ap- porto tecnico ed umano (in termini quantitativi).

Come prima conseguenza, l’obbligatorietà è un simulano trasformandosi nel- la discrezionalità. Del resto, la presenza e l’annuncio di criteri di priorità, di per sé sta a significare che non tutto potrà essere vagliato. Da qui le alte per- centuali di prescrizioni nella fase delle indagini.

Le indagini, ove il tempo dell’iscrizione nel registro delle notizie, non rispetta la previsione codicistica, si prospettano lunghe ed i tempi, proroghe compre- se (mai negati) si allungano, con vari espedienti e conseguente ritardo nella definizione della fase investigativa. Come da tutti sottolineato, il baricentro del processo si situa in questa fase, riproponendo tutte le questioni e le critiche per un rito che si voleva impostato sul dibattimento.

Il pubblico ministero, dominus delle indagini, dei tempi, nella qualificazione del fatto, nell’attività da svolgere, complice un gip, non sempre adeguato al ruolo che il codice gli assegna, anche a indagini espletate non accelera i tempi del processo, né verso l’udienza preliminare, né verso il giudice monocratico

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2 spesso vera “bad bank” del processo penale.

L’ingolfamento dei due percorsi è anche e soprattutto determinato dal fatto che il pubblico ministero non esercita correttamente il filtro della richiesta di archiviazione.

Altri filtri che potrebbero porre un argine al flusso di procedimenti non ne- cessari sono anch’essi non resi operativi nei termini adeguati: il riferimento è alle decisioni del gip sia all’esito dell’udienza preliminare dove si preferisce il decreto che dispone a giudizio rispetto alla sentenza di non luogo e quello connesso alla richiesta di abbreviato condizionato, spesso non giustificata da presunti deficit di economicità. Vanno tenute anche in considerazione le sempre più accentuate esclusioni del patteggiamento, complice una “vulgata”

sull’effettività della pena, che ha condotto non solo ad un generale innalza- mento delle pene, ma ad escludere il rito contratto per i reati puniti con l’ergastolo, e conseguente appesantimento del giudizio davanti alle Corti di assise.

Sono note le disfunzioni del giudizio dibattimentale in assoluta controtenden- za rispetto al principio di concentrazione, con mancanza di regole e sanzioni per l’esame incrociato, con ampliamento dei poteri officiosi del giudice. Si è aggiunta oggi, dopo la dilatazione del regime delle letture con pregiudizio dell’oralità, la lettura involutiva della sentenza Bajrami sul principio di imme- diatezza.

Quanto alla fase di gravame, sono stati progressivamente estesi i controlli di ammissibilità, sia in appello, sia in cassazione, così da ricorrere a strumenti selettivi (se non pretestuosi) delle richieste delle parti di una verifica della cor- rettezza in fatto e in diritto delle pronunce emesse nei gradi precedenti. Senza tener conto della lettura “a ribasso” delle sanzioni processuali, sia della nullità in relazione al diritto di difesa, sia in punto di inutilizzabilità con riferimento alle prove.

Desolante appare il panorama della fase esecutiva. Carceri nuovamente so- vraffollate, con condannati definitivi e imputati in custodia cautelare, nonché con un numero impressionante di liberi in attesa di esecuzione.

Senza una depenalizzazione, nei termini annunciati in una delle bozze della riforma “epocale” del Ministro di Giustizia e senza l’accentuazione dell’efficacia dei citati filtri che escludano processi inutili il sistema non si rie- quilibrerà, ancorché solo in parte (piccola) ma sarebbe pur qualcosa.

Su questo panorama, ancorché riformato nei termini appena delineati, avrà un impatto negativo, in termini strutturali, l’annunciata riforma della prescri- zione.

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Si prospetta, anche in ragione della mancanza di tempi certi, per lo sviluppo del processo dopo la sospensione della prescrizione un modello di processo bifasico.

Il pubblico ministero sarà consapevole che una volta definito il processo in prima istanza, non ci sarà più il rischio dell’estinzione e si attiverà per arrivare – con la riferita discrezionalità – a questo risultato. L’eliminazione della pro- spettiva estintiva, il rischio della conferma della condanna e il protrarsi del processo nei gradi successivi indurrà la difesa a valutare più attentamente l’accesso ai riti speciali. Del resto, neppure il futuro assolto è certo della su sorte, oltre alle implicazioni negative dell’essere sottoposti comunque ad una vicenda processuale (considerando anche le implicazioni di un art. 603, co. 3- bis, c.p.p.).

La fase successiva al blocco della prescrizione, con i suoi tempi non definiti, corrisponde alle finalità di un sistema esecutivo descritto, soprattutto con l’elevato numero di liberi condannati e le carceri sovraffollate.

Mala tempora currunt.

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