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1 1con la partecipazione:del GdL IRCCS -CROB del PDTA “ Neoplasie del colon” (vedi Allegato N°1) con la partecipazione:della Direzione Strategica e Direzione Scientifica dell’I.R.C.C.S.-CROB di Rionero

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con la partecipazione:

del GdL IRCCS -CROB del PDTA “ Neoplasie del colon” (vedi Allegato N°1)

con la partecipazione:

della Direzione Strategica e Direzione Scientifica dell’I.R.C.C.S.-CROB di Rionero

Redatto e Coordinato da

Dott.ssa Alba Capobianco- Dipartimento della Direzione Sanitaria -Referente dei PDTA Aziendali e Regionali per l’IRCCS CROB

Data di Approvazione 16 ottobre 2019

Data di Revisione 16 ottobre 2020

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Presentazione

Un’ assistenza sanitaria efficace di fronte ad un qualsiasi problema di salute dei cittadini si caratterizza dal coinvolgimento di più professionisti che collaborano tra di loro efficacemente per offrire il servizio più adeguato e rispondere a quel bisogno di salute.

In tale ottica il PDTA (Percorso Diagnostico-Terapeutico-Assistenziale) si pone come strumento qualificante e fondamentale di Governance, come anche riportato nell’ ultimo Documento recante la ” Revisione delle Linee Guida ed Organizzative e delle raccomandazioni per la Rete Oncologica che integra l’ attività ospedaliera per acuti e post-acuti con l’ attività territoriale”, del 17 aprile 2019 a cura della Conferenza Permanente per i rapporti tra Stato, Regioni e Province autonome di Trento e Bolzano.

Il PDTA, infatti, rappresenta un vero e proprio percorso che segue le tappe diagnostiche-cliniche- assistenziali relative alla risposta ad un problema di salute evidenziadone per ogni fase gli attori di volta in volta coinvolti.

La condivisione dei PDTA, basata sulle più recenti evidenze scientifiche, valorizza dunque la buona pratica clinica coordinando efficacemente gli attori coinvolti nel processo, garantendo dunque una risposta univoca e condivisa che risponda con efficacia ed efficienza alla richiesta di salute dei cittadini.

L’approccio multidisciplinare assicura la efficace presa in carico del paziente all’interno di un PDTA confacente al suo problema di salute, in ogni fase della malattia, ciò è ancora più evidente quando trattasi di patologia oncologica.

Il PDTA per delle neoplasie del colon di seguito riportato, considera infatti ogni fase della malattia, dalla diagnosi alle cure palliative/hospice e follow-up.

L’obiettivo finale è di garantire a tutte le/ i pazienti affetti da neoplasie del colon una medicina personalizzata che tenga conto sia delle caratteristiche biologiche del tumore che dei bisogni del singolo paziente migliorandone la sopravvivenza e la qualità di vita e garantendo la efficiente allocazione delle risorse organizzative del sistema.

Il PDTA è dunque uno strumento organizzativo efficace ed efficiente, e per essere tale deve essere periodicamente sottoposto a revisione alla luce delle nuove evidenze scientifiche e degli assetti organizzativi.

Il presente PDTA delle neoplasie del colon è il risultato di una condivisione tra i vari specialisti della patologia e mira ad offrire al paziente che accede presso il nostro Istituto il migliore percorso basato sulle più recenti evidenze scientifiche,che tiene conto di una oncologia di precisione ma anche di un percorso di umanizzazione delle cure.

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Indice

1. Epidemiologia delle neoplasie del colon in Basilicata 2. Attori coinvolti e ruolo ricoperto nel PDTA

3. Percorso per segmentazione

3.1 Screening con ricerca del sangue occulto nelle feci (SOF) per persone asintomatiche 3.2 Percorso diagnostico per pazienti con sospetta neoplasia colon-rettale

3.3 Percorso stadiativo/terapeutico per pazienti con neoplasia colon-rettale accertata 3.4 Follow-up per pazienti con pregressa neoplasia colon-rettale

4. Tempi di presa in carico 5. Il gender mainstreaming 6. Integrazione al percorso 6.1 Valutazione cure simultanee 6.2 Valutazione cure palliative

6.3 Valutazione cure di continuità ospedale-territorio 7. Associazioni di Volontariato

8. Glossario

Allegato N °1 : GdL “ Neoplasie del Colon”

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A cura del Dr Rocco Galasso- U.O. Epidemiologia e Registro Tumori-IRCCS-CROB -Rionero

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2.Attori coinvolti e ruolo ricoperto nel PDTA

In tabella sono riportate le figure professionali ed Unità Operative Complesse (UOC) o Semplici (UOS/UOSD) e Ambulatori deputate all’accoglienza, Presa in Carico ed Assistenza

ACCOGLIENZA Personale infermieristico U.O.C. Oncologia Medica U.O.C.Chirurgia Addominale U.O.C.Radioterapia

U.O.S.D. Endoscopia

Volontari Associazioni di volontariato PRESA IN CARICO Oncologi Medici

Chirurghi Oncologici Radioterapisti

Case Manager/Medico

U.O.C. Oncologia Medica U.O.C. Chirurgia Colorettale U.O.C. Radioterpia

U.O. S.D. G.O.M.

ASSISTENZA Oncologi Medici

Chirurghi Oncologi Radioterapisti

Personale infermieristico

U.O.C. Oncologia Medica U.O.C. Chirurgia Colorettale U.O.C. Radioterapia

Ambulatori/Day Hospital/Ricoveri Ordinari Farmacisti

Personale infermieristico Farmacia

Unità di Manipolazione di Chemioterapici Antineoplastici

(UMACA)

Personale Dedicato U.O.C. Oncologia Medica

U.O.C. Chirurgia Colorettale/Addome U.O.S.D. Endoscopia

U.O.C. Radioterapia

U.O.C. Anatomia Patologica U.O.C. Radiodiagnostica U.O.C. Medicina Nucleare Anbulatorio di Cardiologia Ambulatorio di Psiconcologia U.O.S.D. Terapie Palliative

U.O.S.D. “ Attività e Gruppi Oncologici Multidisciplinari”

U.O.C di Oncologia Critica Territoriale, Cure Domiciliari e Palliative

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Premessa

Sebbene negli ultimi anni si sia osservata una stabile lieve tendenza al decremento della mortalità la prognosi della malattia colorettale avanzata rimane infausta.

La diagnosi precoce e l’appropriatezza diagnostica/terapeutica risultano essere le uniche armi capaci di migliorare la mortalità del tumore colorettale.

Pertanto, in questa neoplasia l’esigenza di coordinamento tra specialisti è particolarmente rilevante per il carattere multidisciplinare dell’iter terapeutico nella grande maggioranza dei casi.

L’approccio multidisciplinare integrato è infatti la migliore garanzia di qualità e di efficienza del percorso diagnostico-terapeutico e assistenziale per i pazienti affetti da neoplasia del colon e del retto.

Tale approccio permette oggi un trattamento personalizzato ricavato dalle caratteristiche biologiche della malattia e dalle condizioni cliniche specifiche del singolo individuo.

Il Percorso Diagnostico Terapeutico Assistenziale (PDTA) della patologia colon-rettale nasce dalla necessità di illustrare, organizzare e definire i tempi del percorso diagnostico, terapeutico e assistenziale per il paziente affetto da tale patologia.

In particolareattraverso il PDTA ci si prefigge di raggiungere i seguenti obiettivi:

- Assicurare la multidisciplinarietà nella gestione del paziente e la disponibilità al dialogo tra operatori ospedalieri ed il Medico di Medicina Generale(MMG).

- Fornire un percorso di riferimento unico per il paziente con patologia neoplastica colon-rettale - Ottimizzare i tempi di diagnosi e di trattamento.

- Semplificare le procedure e ridurre i disagi per il paziente.

- Fornire un’assistenza di elevata qualità sia per la diagnosi che per la terapia, con percorsi personalizzati, secondo protocolli basati sulle evidenze scientifiche più aggiornate.

- Implementare i sistemi informatici comuni di raccolta dei dati, fruibili dai professionisti ospedalieri che operano lungo il percorso.

- Garantire la migliore assistenza al paziente ed alla famiglia in tutte le fasi della malattia.

Affinchè si abbia una corretta applicazione del PDTA è necessario la partecipazione in piena

collaborazione di tutte le professionalità necessarie per definire tale percorso e, con la redazione dello stesso PDTA, si intende fornire un riferimento operativo a tutte le figure professionali che si occupano del paziente affetto da tale patologia. In particolare si intende organizzare la presa in carico del paziente nella sua globalità ed accompagnarlo in ogni fase del percorso diagnostico, stadiativo e terapeutico,

garantendogli la continuità assistenziale necessaria per il raggiungimento della migliore cura.

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3.PERCORSO PER SEGMENTAZIONE

3.1 Screening con ricerca del sangue occulto nelle feci (SOF) per persone asintomatiche 3.2 Percorso diagnostico per pazienti con sospetta neoplasia colon-rettale

3.3 Percorso stadiativo/terapeutico per pazienti con neoplasia colon-rettale accertata 3.4 Follow-up per pazienti con pregressa neoplasia colon-rettale

3.1 Screening con ricerca del sangue occulto nelle feci (SOF) Per persone asintomatiche

Lo Screening mediante Sangue Occulto nelle Feci (SOF) è una procedura attualizzata dalle Strutture territoriali (Presidi Ospedalieri di Base, Ambulatori Territoriali SSN). La popolazione target è rappresentata da donne ed uomini nella fascia d’età compresa tra 50 e 70 anni. La negatività allo screening prevede la ripetizione biennale. Il percorso previsto per lo screening della patologia colon-rettale è riportato in figura 1.

Figura 1 - Percorso dello screening colon-rettale

Donne ed uomini positive allo screening con S.O.F. saranno inviati dalle Strutture Territoriali preposte allo screening al centro di Endoscopia territorialmente più vicino per l'esecuzione di un retto/colonscopia.

Nel caso l’esame endoscopico risulti negativo per neoplasia la persona sarà reindirizzata al percorso screening.

I casi dubbi o d’incerta interpretazione saranno sottoposti agli approfondimenti che saranno ritenuti più opportuni caso per caso,nel caso questi risultino negativi per malignità il paziente sarà reindirizzato al percorso di screening.

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Nel caso l’esame endoscopico confermi il sospetto di malignità il paziente, dopo opportuna informazione, sarà inviato all’ Ambulatorio di Chirurgia colo-rettale/Oncologia che si farà carico di presentare il caso al Gruppo Oncologico Multidisciplinare (GOM) specifico. (figura 3).

L’esame istologico dovrà essere reso disponibile entro 14 giorni dalla procedura endoscopica.

3.2 PERCORSO DIAGNOSTICO PER PAZIENTI CON SOSPETTA NEOPLASIA COLON-RETTALE Donne ed uomini di almeno 18 anni con sintomi sospetti per neoplasia colon-rettale (es. ematochezie, rettorragia, stipsi ostinata, anemia) potranno afferire autonomamente, od opportunamente indirizzati dal proprio medico di Medicina Generale (MMG) o altro medico specialista di riferimento, presso un centro di endoscopia territorialmente più vicino per l'esecuzione di un retto/colonscopia.

Il percorso diagnostico nel caso di una sospetta neoplasia colon-rettale è riportato in figura 2.

Nel caso l’esame endoscopico risulti negativo per neoplasia la persona sarà indirizzata al percorso, screening o altro, più idoneo alla sua condizione clinica come previsto dalle linee guida più attuali.

I casi dubbi o d’incerta interpretazione saranno sottoposti agli approfondimenti( ripetizione della biopsia) che saranno ritenuti più opportuni caso per caso, se gli stessi risultino negativi per malignità il paziente sarà indirizzato a un percorso di screening o di follow-up.

Nel caso l’esame endoscopico confermi il sospetto di malignità il paziente sarà inviato all’ Ambulatorio di Chirurgia/Oncologia che provvederanno a presentare il caso al GOM per gestione diagnostico-terapeutica.

figura 3.

L’esame istologico dovrà essere reso disponibile entro 14 giorni dalla procedura endoscopica.

In caso di presenza di neoplasia colo-rettale stadio 0, laddove il trattamento endoscopico è stato curativo il paziente verrà avviato direttamente dall’endoscopista a solo F.U. endoscopico.

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Figura 2 - Percorso diagnostico per pazienti con sospetta neoplasia colon-rettale

3.3 PERCORSO STADIATIVO/TERAPEUTICO PER PAZIENTI CON NEOPLASIA COLON-RETTALE ACCERTATA

Donne ed uomini adulti con una diagnosi di neoplasia colon-rettale dovranno afferire opportunamente indirizzati dal proprio MMG ad un Centro Oncologico per la gestione diagnostico-terapeutica del caso, Il caso sarà discusso da parte del GOM specifico per la patologia tumorale colon-rettale.

Compito del GOM sarà quello di definirne il percorso diagnostico e terapeutico-assistenziale nelle varie fasi di malattia e di coordinare le diverse figure professionali che si faranno carico del paziente affetto da tumore colon-rettale per i propri ambiti di competenza specialistica.

In particolare il G.O.M. consentirà la pianificazione del trattamento ottimale per ciascun paziente mediante:

- un’ accurata stadiazione del tumore, - l’accesso a terapie multimodali integrate,

- l’accesso a terapie sistemiche personalizzate sulla base delle caratteristiche cliniche e molecolari della neoplasia.

L’infermiere/Case Manager del G.O.M., che si riunirà una volta a settimana, si occuperà anche della prenotazione degli opportuni esami clinico-strumentali di stadiazione (figura 3), conformemente a quanto previsto dalle più recenti linee guida nazionali ed internazionali al fine di impostare il più adeguato percorso terapeutico sulla base dello stadio TNM.

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Nel caso di diagnosi istologica di neoplasia del colon e del retto intraperitoneale il paziente sarà sottoposto ad anamnesi, esame obiettivo, esami ematochimici di routine, dosaggio dei marcatori tumorali sierici( CEA e Ca19.9) e alla Tomografia Assiale Computerizzata(TAC) torace-addome-pelvi con mezzo di contrasto.

Nel caso di diagnosi istologica di neoplasia del retto extraperitoneale il paziente dovrà essere sottoposto, oltre agli esami elencati in precedenza, ad ecoendoscopia transrettale(EUS) e RMN (Risonanza Magnetica Nucleare) della pelvi, quest’ultima necessaria per la definizione del margine circonferenziale.

La RMN del fegato e l’ecografia epatica con mezzo di contrasto (CEUS) non rappresentano gli esami di routine per la stadiazione del tumore colon-rettale e dovranno essere utilizzate qualora siano presenti dei reperti dubbi alla TAC relativi a localizzazioni secondarie epatiche.

Allo stesso modo la PET, che non rappresenta un esame di routine, dovrebbe essere utilizzata esclusivamente nei pazienti metastatici candidati a resezione o nei casi di localizzazioni secondarie sospette alla TAC e non dirimenti con altre indagini strumentali.

In caso di sospetto o certezza di neoplasia colon-rettale metastatica, dovranno essere avviate contestualmente all’esame istologico o durante la stadiazione le indagini molecolari con l’identificazione delle mutazioni di ALL RAS e BRAF.

Le procedure stadiative dovranno essere completate entro 2 settimane dalla diagnosi di certezza istologica e, qualora una diagnosi di certezza istologica non fosse disponibile al momento della prima visita, entro 4 settimane dalla presa in carico del paziente (figura 3).

In tutti i casi in cui si sospetta un’ereditarietà si dovrà valutare l’opportunità per il paziente di un counseling oncogenetico. Allo stesso modo si dovrà valutare l’opportunità di un counseling psicologico e della necessità di un supporto nutrizionistico.

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Figura 3 - Percorso stadiativo/terapeutico per pazienti con neoplasia colon-rettale accertata

L’inquadramento con queste indagini permette di definire lo stadio di malattia, per lo meno in relazione o meno alla presenza delle metastasi a distanza, che andrà poi integrato con i dati ottenuti dal pezzo operatorio, in caso di candidabilità del paziente alla chirurgia.

Stadiazione (secondo il sistema TNM)

Stadio I: tumori che invadono la sottomucosa (T1) o la muscolare propria (T2), senza interessamento dei linfonodi loco-regionali ed in assenza di localizzazioni a distanza;

Stadio II: tumori che invadono la sottosierosa o i tessuti pericolici (T3) oppure che invadono direttamente altri organi o strutture e/o perforano direttamente il peritoneo viscerale (T4), senza interessamento dei linfonodi loco-regionali ed in assenza di localizzazioni a distanza;

Stadio III: tumori con qualsiasi T e metastasi nei linfonodi loco-regionali (ogni T, N1-2), in assenza di localizzazioni a

PDTA DEI TUMORI DEL COLON RETTO

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Stadio IV: tumori con qualsiasi T, qualsiasi N e metastasi a distanza, confinate ad un organo (M1a) o in più organi (M1b).

* Negli stadi II e III delle neoplasie del retto extraperitoneale è importante definire anche il margine circonferenziale (MCR ≤ oppure > 1 mm)

In base alla stadiazione clinica e/o patologica, verrà definito dal G.O.M. il piano di trattamento per il singolo paziente.

Stadi di malattia limitata (stadio I, II, III)

Per quanto riguarda le neoplasie del colon, il trattamento è solitamente chirurgico, se non vi sono problematiche cliniche (comorbidità, età del paziente) che ne limitino la fattibilità.

Le tecniche chirurgiche per il carcinoma del colon prevedono la colectomia segmentaria in base alla sede della neoplasia: tale procedura, da effettuare anche in laparoscopia, deve prevedere la rimozione in blocco del o dei peduncoli vascolari con resezione ampia della parte interessata di intestino assicurando l’integrità del mesocolon ed una adeguata linfectomia.

Le opzioni chirurgiche del cancro rettale includono invece la resezione anteriore con exeresi parziale o totale del mesoretto a seconda della sede del tumore, la resezione addomino-perineale, la escissione locale mediante exeresi transanale tradizionale o con microchirurgia/videoassistita (in casi ben selezionati con basso rischio di metastasi linfonodali mesorettali e/o sincrone).

L'approccio laparoscopico o robotico è opzionale e deve essere utilizzato in centri ad alto volume e con provata esperienza di chirurgia mini invasiva.

Dopo la chirurgia, il paziente verrà sottoposto ad una nuova discussione al GOM per decidere il proseguo terapeutico sulla base della diagnosi istopatologica (pTNM):

- nei tumori del colon in stadio I e II di malattia senza fattori di rischio, il paziente proseguirà soltanto con visite di follow up figura 4;

Nei pazienti con tumore del colon-retto in stadio II- MSI, senza fattori di rischio, può essere eseguito esclusivo follow- up, considerata la miglior prognosi di questo sottogruppo.

- nei tumori del colon in stadio II con almeno un fattore di rischio (T4, grading G3, invasione vascolare e/o perineurale, meno di 12 linfonodi asportati, esordio clinico con occlusione/perforazione) e nei tumori del colon in stadio III, il paziente è candidabile a ricevere un trattamento postoperatorio precauzionale (chemioterapia adiuvante) al fine di ridurre il rischio di recidiva della malattia, figura 4.

Il trattamento standard prevede l’utilizzo di chemioterapie con fluoro-pirimidine (capecitabina o 5-

fluorouracile) in associazione ad oxaliplatino, da intraprendere dopo 4 e sino ad un massimo di 8 settimane dopo la chirurgia, per una durata complessiva secondo il protocollo attuato e secondo i seguenti schemi:

XELOX, FOLFOX-4

(in particolare nei casi in cui vi siano condizioni cliniche che non consentano la somministrazione di una terapia orale).

Nei pazienti in cui non si ritenga indicata una terapia di associazione, in particolare nei pazienti anziani o negli stadi II ad alto rischio può essere intrapreso un trattamento adiuvante con l’utilizzo soltanto delle fluoropirimidine con capecitabina in monoterapia per 8 cicli o FUFA per 12 cicli.

In considerazione della pari efficacia, della minore incidenza di neutropenia febbrile e della maggiore convenienza (minor numero di accessi in DH e assenza di necessità di posizionare un catetere venoso centrale), lo schema di scelta è rappresentato da XELOX e capecitabina in monoterapia.

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Sulla base dei risultati dello studio IDEA, un’analisi di sei studi randomizzati che ha valutato se la durata della chemioterapia adiuvante con Oxaliplatino e fluoropirimidina per tre mesi (terapia sperimentale) possa essere considerata non inferiore a quella per sei mesi (terapia standard), nei pazienti con tumore del colon pT1-3 pN1, puo’ essere presa in considerazione una chemioterapia adiuvante a base di oxaliplatino della durata di 3 mesi, in casi selezionati sulla base del livello di rischio in relazione allo stadio e previa completa condivisione con il paziente.

Indipendentemente dal tipo di schedula adottata, il giorno 1 di ciascun ciclo è prevista una visita ambulatoriale di controllo, valutazione clinica con registrazione degli eventi avversi ed esame obiettivo.

Per le neoplasie del retto intraperitoneale l’approccio terapeutico non si differenzia sostanzialmente da quello dei tumori del resto del colon.

Va precisato che nelle neoplasie del retto e della giunzione sigma-retto con linfonodi positivi o

“marginalmente operabili” può essere valutato l’utilizzo della RT(Radioterapia) o CT(chemioterapia)-RT neoadiuvante.

Per quanto riguarda invece le neoplasie del retto extraperitoneale, negli stadi molto precoci (stadio I) o avanzati (stadio IV) le opzioni terapeutiche non si differenziano sostanzialmente da quelle del tumore del colon mentre, per quanto riguarda i tumori localmente avanzati ovvero gli stadi II e III alla stadiazione clinica, il trattamento da considerarsi standard è rappresentato dalla sola radioterapia o dal trattamento combinato chemio-radioterapico preoperatorio (neoadiuvante), figura 4.

Va considerato che nei retti extraperitoneali bassi agli stadi iniziali a rischio di chirurgia maggiore con perdita degli sfinteri, può essere valutato un trattamento RT o CT-RT “curativo” o neoadiuvante a chirurgia minore.

La terapia neoadiuvante combinata prevede l’associazione di una fluoropirimidina (generalmente la capecitabina che viene assunta per os alla dose di 1650 mg/m2/die tutti i giorni per tutta la durata della RT) con la radioterapia (radioterapia long-course) per circa 5-6 settimane a dose giornaliera di 1.8 Gy/2 GY con una dose totale di 50.4 Gy tot, seguite dall’intervento chirurgico a 6-8 settimane dalla fine del trattamento radiante, previa ristadiazione endoscopica e radiologica.

Il trattamento con la sola radioterapia prevede l’adozione dello schema short course che prevede 5 giorni di trattamento con 5Gy/die per un totale di 25 Gy, in questo caso l’intervento chirurgico verrà pianificato a 7- 10 giorni dalla fine del trattamento radiante. In caso di tumore primitivo sintomatico per sanguinamento o a rischio di occlusione, la radioterapia short-course può essere la scelta più appropriata.

I pazienti operati, a prescindere dallo stadio iniziale, verranno poi rivisti in ambito multidisciplinare per programmare il prosieguo terapeutico sulla base della stadiazione patologica (ypTNM), figura 4.

Qualora fosse indicata una terapia adiuvante, essa andrà proseguita per 6 mesi complessivi, 4 mesi di terapia post-chirurgica, considerando anche l’eventuale trattamento chemioterapico pre-operatorio.

Al termine del trattamento, il paziente proseguirà con le visite di controllo in regime ambulatoriale.

RADIO(CHEMIO)TERAPIA POSTOPERATORIA (ultime linee guida AIRO ) Obiettivi

Può essere proposta nei pazienti che non hanno ricevuto (chemio)-radioterapia preoperatoria per evitare la recidiva locale in presenza di fattori di rischio nell'esame patologico del pezzo operatorio.

Si considerano fattori di rischio:

 la presenza di estensione del tumore oltre la parete del viscere e/o di linfonodi positivi;

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 la evidenza di escissione del mesoretto non adeguata;

 la presenza di tumore sul margine circonferenziale (CRM+) o a distanza da questo < 1mm;

 G3;

 perforazione nell’area tumorale;

 exeresi non radicale (R1 o R2);

 asportazione di un numero non corretto di linfonodi (<12)

MODALITÀ

Ciclo lungo (long course) di radioterapia: dose di 45-50.4 Gy totali in 25-28 frazioni di 1.8 Gy/die + Chemioterapia concomitante con fluoropirimidine a bolo o in infusione continua (infusione continua di 5- Fluorouracile 225 mg/mq/die o capecitabina 825 mg/mq/bid per os per tutta la durata della RT).

La Radioterapia postoperatoria (RT) come singola modalità di trattamento adiuvante senza CT(Chemioterapia) concomitante è obsoleta.

INDICAZIONI:

- pT3 (CRM+) N0-2 M0, pT4N0-2 M0

Nei casi pT3 (CRM-) N0 del retto alto con TME completa, R0, n. di linfonodi asportati adeguato, G1-G2, assenza di invasione linfovascolare il trattamento adiuvante può essere omesso.

Radioterapia postoperatoria dopo sola escissione locale:

- pT1N0 o pT2N0 con alto rischio di recidiva (interessamento dei margini, G3,Sm3, invasione linfovascolare o perineurale), in caso di rifiuto del paziente ad eseguire una radicalizzazione chirurgica con TME o in presenza di controindicazioni cliniche all’intervento chirurgico la radioterapia può essere effettuata da sola o in associazione a chemioterapia, la sola chemioterapia adiuvante non è indicata .

Malattia avanzata (stadio IV)

Circa il 20% dei pazienti con carcinoma colorettale presenta una malattia avanzata alla diagnosi.

Circa il 35% dei pazienti inizialmente trattati con intento curativo svilupperà una malattia avanzata.

Le strategie di trattamento sono in rapida evoluzione negli ultimi anni con significativi miglioramenti negli outcomes clinici grazie all'introduzione di nuovi farmaci, alla integrazione di approcci multidisciplinari e alla ottimizzazione della strategia dei trattamenti sistemici come parte del "continuum of care".

Il percorso terapeutico per questi pazienti diventa pertanto un percorso estremamente personalizzato.

E’ soprattutto in questo stadio che la valutazione multidisciplinare è fondamentale nel definire una strategia comune, attraverso la condivisione della sequenza dei trattamenti e la tempistica degli stessi, più idonea per il singolo paziente.

Gli obiettivi del trattamento dei pazienti con carcinoma del colon-retto metastatico possono essere:

 Guarigione (possibile in un numero limitato di casi)

 Prolungamento della sopravvivenza

 Palliazione dei sintomi

 Miglioramento della qualità della vita

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 Ritardo della progressione della malattia

 Riduzione delle dimensioni della neoplasia

La strategia ottimale di trattamento viene stabilita per ciascun paziente in base a diversi fattori:

Caratteristiche del tumore:

 carico di malattia e caratteristiche di malattia (malattia resecabile vs potenzialmente resecabile vs malattia non resecabile; malattia indolente vs malattia aggressiva)

 sedi di malattia

 sede del tumore primitivo

 biologia del tumore

 stato mutazionale ALL RAS e BRAF Caratteristiche del paziente:

 Età

 Performance status

 Funzione d'organo

 Comorbidità, aspettative e preferenze del paziente, compliance

 Fattori socio-economici La valutazione iniziale prevede:

- esame clinico

- esami di laboratorio, in particolare crasi ematica, parametri di funzionalità renale ed epatica e markers tumorali (CEA-Ca19.9)

- TC torace/addome con mdc o in alternativa RM

Le condizioni generali e il Performance Status del paziente sono fattori fortemente prognostici e predittivi per l'efficacia della chemioterapia. Sulla base di tali fattori i pazienti vengono classificati in "fit" o "unfit" a seconda della candidabilità a regimi di terapia di combinazione (doppietta o tripletta di farmaci citotossici più eventuale farmaco biologico) o approcci terapeutici meno intensivi.

In funzione del quadro di malattia la modalità di somministrazione dei trattamenti, anche per una più facile gestione in caso di supporto endovenoso domiciliare, viene proposta ai pazienti con malattia avanzata con il posizionamento di un accesso venoso centrale tipo port-a-cath ( dispositivo per accesso venoso centrale tramite catetere) o p.i.c.c. (peripherally inserted central catheter).

Si pone indicazione, prima di ogni trattamento sistemico ad una valutazione cardio-oncologica al baseline.

Nei casi di neoplasia in stadio avanzato, l’introduzione nella pratica clinica di nuovi farmaci (oxaliplatino, irinotecan, bevacizumab, cetuximab, panitumumab, regorafenib, trifluridina/tipiracile) ha progressivamente migliorato la sopravvivenza portandone la mediana ad oltre 24 mesi e consentendo in alcuni casi un downstaging efficace e tale da rendere operabile la malattia metastatica.

Nei casi in cui non sia fattibile un trattamento con intento radicale, l’obiettivo del trattamento sistemico sarà quello di ridurre o posticipare l’insorgenza dei sintomi legati alla malattia, migliorare la qualità di vita e prolungare la sopravvivenza.

TRATTAMENTO DEL TUMORE PRIMITIVO NELLA MALATTIA AVANZATA

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Nel caso di carcinoma del colon-retto metastatico all'esordio il trattamento del tumore primitivo in sede va valutato in relazione alla presenza e all'entità dei sintomi associati (sanguinamento/ostruzione):

- inizio della terapia sistemica (primitivo sintomatico) - resezione chirurgica (sanguinamento o ostruzione) - colostomia definitiva (ostruzione)

- posizionamento di stent metallici - SEMS (ostruzione)

In caso di tumore primitivo colon-rettale poco o per nulla sintomatico, l’approccio in prima istanza è solitamente sistemico -oncologico con rivalutazione per resezione chirurgica sia del primitivo sia delle metastasi in base alla risposta evidenziata alla rivalutazione strumentale.

In presenza di tumore primitivo stenosante sintomatico va discussa in ambito multidisciplinare la scelta del tipo di approccio sul tumore primitivo, anche in relazione al tipo di terapia sistemica prevista, in particolare all'utilizzo di farmaci antiangiogenetici.

La chirurgia d'urgenza è gravata da significativi tassi di mortalità e morbidità, infatti fino al 40% dei pazienti richiede una colostomia permanente con implicazioni rilevanti sulla qualità di vita e la tolleranza alle terapie sistemiche.

Studi recenti hanno dimostrato che il posizionamento di endoprotesi colo-rettali rispetto alla resezione chirurgica si associa a minore mortalità a 30 giorni, minore tempo di degenza e permanenza in terapia intensiva, minore intervallo per l'inizio della chemioterapia rispetto alla chirurgia.

PAZIENTI "FIT"

Tradizionalmente i pazienti "fit" possono essere classificati in quattro gruppi secondo le recenti linee guida ESMO (0,1,2 e 3) in base alla resecabilità delle metastasi, con differenti obiettivi e strategie di trattamento.

Gruppo 0 Resecabile

Gruppo 1 Potenzialmente resecabile

Gruppo 2 Non resecabile

Gruppo 3 Non resecabile Presentazione clinica Malattia epatica o

polmonare chiaramente resecabile R0

Malattia epatica o polmonare limitata non resecabile che potrebbe diventare resecabile dopo risposta a terapia di conversione

Multiple metastasi/siti metastatici

Sintomi legati al tumore

Asintomatico Multiple metastasi Non candidato a chirurgia di resezione.

Unfit per regimi di chemioterapia intensiva.

Fragile per comorbidità Obiettivi del

trattamento Guarigione (NED) Massimo "tumor

shrinkage" "Tumor shrinkage"

clinicamente rilevante Rallentare o bloccare la progressione tumorale.

Meno rilevante il

"tumor shrinkage"

Più rilevante la tollerabilità Intensità del

trattamento

Chirurgia

Chirurgia immediata senza chemioterapia preoperatoria Oppure Chemioterapia perioperatoria (FOLFOX)

Approccio di trattamento intensivo Regimi di

combinazione upfront più attivi

Approccio di trattamento intensivo Regimi di terapia di combinazione upfront attivi (almeno una doppietta)

Approccio di trattamento meno intensivo

Trattamento

selezionato a seconda delle preferenze del paziente

Approccio sequenziale (iniziare con un agente singolo o doppietta con meno tossicità) FOLFOX in eccezione

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Gruppo 0 - Resecabile

L'obiettivo principale per i pazienti con malattia metastatica potenzialmente resecabile R0 (margini liberi da tumore) è la guarigione.

Nei pazienti con criteri oncologici favorevoli che forniscono informazioni prognostiche sulla DFS e la percentuale di guarigione (es numero di lesioni, presenza o sospetto di malattia extraepatica, metastasi metacrone con lungo intervallo libero da recidiva) e criteri chirurgici favorevoli (resezione R0) la chirurgia upfront e la chemioterapia perioperatoria sono opzioni ugualmente perseguibili con risultati sovrapponibili.

Nei pazienti tecnicamente resecabili con facilità ma con criteri oncologici prognostici più dubbi, la chemioterapia perioperatoria dovrebbe essere il trattamento di scelta (FOLFOX/XELOX per 3 mesi --->

intervento --> FOLFOX/XELOX per 3 mesi, come riportato nello studio EPOC).

I farmaci biologici (anti EGFR o Bevacizumab) non andrebbero utilizzati in questo setting, sulla scorta dei risultati dello studio New EPOC e del consenso del Panel di esperti ESMO.

Nei pazienti con malattia tecnicamente resecabile ma con uno o più fattori prognostici sfavorevoli, con conseguente bassa probabilità di guarigione, vi è incertezza sulla migliore strategia di trattamento e sono proponibili sia FOLFOX da solo che regimi di combinazione più attivi come doppiette + farmaco biologico o FOLFOXIRI + Bevacizumab.

Nei pazienti radicalmente operati sulle metastasi con fattori prognostici oncologici favorevoli che non hanno ricevuto terapia perioperatoria non c'è forte evidenza dell'utilità di un trattamento adiuvante.

I pazienti con fattori prognostici sfavorevoli (sec. FONG score) potrebbero beneficiare di un trattamento adiuvante con FOLFOX o XELOX, a meno che non abbiamo ricevuto pregressa recente terapia adiuvante per stadio II-III (< 6-12 mesi).

La decisione del trattamento dovrebbe sempre comprendere le caratteristiche e le preferenze del paziente.

Gruppo 1 - Malattia metastatica potenzialmente resecabile

I pazienti affetti da metastasi epatiche e/o polmonari dovrebbero essere considerati candidati a potenziale resezione dopo trattamento sistemico ("terapia di conversione"), anche se ad oggi non esistono criteri consolidati che consentano di distinguere i pazienti per i quali il trattamento avrà valenza palliativa piuttosto che potenzialmente curativa.

Nei pazienti con malattia metastatica potenzialmente resecabile è raccomandato un regime chemioterapico di combinazione correlato ad elevato tasso di risposta e riduzione del volume tumorale ("tumor shrinkage").

La prima rivalutazione strumentale andrebbe effettuata dopo 2 mesi e ripetuta dopo altri 2 mesi.

La rivalutazione dev'essere effettuata regolarmente per impedire il sovratrattamento di pazienti resecabili poichè la massima riposta si ottiene nella maggior parte dei casi dopo 12-16 settimane di trattamento.

Non vi è ad oggi consenso unanime sulla migliore combinazione di trattamento da utilizzare e ad oggi solo pochi studi clinici randomizzati sono disponibili in questo specifico setting.

Gli schemi di scelta nella prima linea prevedono una schedula di chemioterapia, generalmente una doppietta o tripletta, in associazione ad un anticorpo monoclonale in base al profilo mutazionale e alla sede del tumore primitivo.

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- Nei pazienti con tumore RAS wild-type: doppietta di farmaci citotossici (FOLFOX/XELOX/FOLFIRI + Bevacizumab o anti-EGFR, tripletta di farmaci citotossici (FOLFOXIRI + Bevacizumab).

- Nel paziente con tumore del colon destro mts RAS wt il trattamento di I linea può prevedere l'impiego di Bevacizumab , rispetto ad anti-EGFR, in associazione a doppietta come prima opzione terapeutica.

- Nel paziente con tumore del colon sinistro mts RAS wt il trattamento di I linea può prevedere l'impiego di anti-EGFR rispetto a Bevacizumab in associazione a doppietta come prima opzione terapeutica.

- Nei pazienti con tumore RAS mutato è indicata tripletta + Bevacizumab o doppietta + Bevacizumab.

Gruppo 2 e 3 - Malattia metastatica non resecabile

Per queste categorie di pazienti gli obiettivi del trattamento sono rispettivamente:

- citoriduzione

- controllo della malattia e quindi prolungamento della sopravvivenza

I pazienti appartenenti al gruppo 2, con malattia biologicamente aggressiva o significativamente sintomatica, beneficiano di un trattamento di prima linea associato ad elevata risposta. Le opzioni di trattamento sono:

Tumori RAS wild type: una doppietta + anti EGFR è preferibile, ma una doppietta + Bevacizumab rappresenta una valida alternativa. Una tripletta +/- Bevacizumab può essere un'alternativa in pazienti selezionati, molto motivati

Tumori RAS mutato: doppietta + o - Bevacizumab o, in pazienti selezionati e molto motivati, tripletta + o - Bevacizumab

I pazienti vengono sottoposti a rivalutazione ogni 2-3 mesi con biochimica completa, marcatori tumorali e una rivalutazione strumentale con la medesima metodica utilizzata al basale (preferibilmente TC torace- addome con mdc).

Nei pazienti appartenenti al gruppo 3, con malattia asintomatica, oppure con comorbidità che controindicano regimi di terapia intensiva, l'obiettivo principale del trattamento è il mantenimento del controllo di malattia evitando tossicità sintomatiche.

Le opzioni di trattamento con doppietta + Bevacizumab o anti-EGFR (se RAS wild-type) sono equivalenti.

I pazienti vengono sottoposti a rivalutazione ogni 2-3 mesi con biochimica completa, marcatori tumorali e una rivalutazione strumentale con la medesima metodica utilizzata al basale (preferibilmente TAC torace- addome con mdc).

Indipendentemente dal tipo di schedula utilizzata, il giorno 1 di ciascun ciclo è prevista una visita ambulatoriale di controllo comprensiva di prelievo ematico, valutazione clinica con registrazione degli eventi avversi ed esame obiettivo.

Dopo terapia di induzione, in caso di buon controllo di malattia e buona tolleranza al trattamento, può essere preso in considerazione di proseguire il trattamento con terapia depotenziata di mantenimento;

Fluorouracile + Bevacizumab è la terapia di scelta nei pazienti già in terapia con Bevacizumab.

La durata della terapia di induzione è generalmente di 8-12 cicli in caso di FOLFOX e 6-8 cicli in caso di XELOX.

I pazienti sottoposti a terapia con FOLFIRI possono proseguire con terapia di induzione fino a che si osserva risposta ("tumor shrinkage") e il trattamento è ben tollerato.

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Nel caso di trattamento di combinazione con anti-EGFR il ruolo del mantenimento non è ancora ben stabilito, ma la chemioterapia può essere comunque sospesa nel caso di mal tolleranza oggettiva e soggettiva, mantenendo l'anticorpo fino a progressione come da scheda tecnica.

Nel caso di progressione di malattia nel corso della terapia di prima linea o scarsa tolleranza al trattamento, è indicata una terapia di seconda linea.

Nel caso di progressione di malattia durante la terapia di mantenimento, sulla base della risposta precedentemente ottenuta, della sua durata e in assenza di controindicazioni andrebbe attuata una reinduzione con il regime che aveva precedentemente ottenuto un beneficio.

Il fallimento della strategia di prima linea in tal caso è costituito dalla progressione durante il regime di combinazione oppure dall'impossibilità di reindurre a causa di tossicità persistenti.

PAZIENTI "UNFIT"

I pazienti "unfit" per qualunque trattamento vengono indirizzati alle cure palliative (BSC).

I pazienti "unfit" per trattamenti intensivi: le opzioni di trattamento comprendono Fluorouracile/capecitabina + Bevacizumab, doppietta a posologia personalizzata; nei pazienti RAS wild-type puà essere considerata una terapia con anti-EGFR nel caso in cui si tema che si tratti nell'unica linea di terapia.

Pazienti anziani

Pazienti anziani o con comorbidità che ne condizionano pesantemente le capacità motorie o l'autonomia, hanno una minore probabilità di trarre beneficio dal trattamento e una maggiore probabilità che la chemioterapia possa portare ad un peggioramento della loro qualità di vita.

I pazienti anziani "fit" possono trarre da una doppietta + farmaco biologico gli stessi risultati dei pazienti più giovani.

I pazienti anziani unfit per terapie standard di combinazione (con o senza farmaci biologici) possono beneficiare di terapie meno intensive come capecitabina + Bevacizumab o doppiette a posologia personalizzata con dose ridotta di Fluorouracile.

TRATTAMENTO DI SECONDA LINEA

Dopo la progressione alla prima linea di terapia sistemica, se le condizioni cliniche lo consentono, il trattamento d'elezione è rappresentato dalla somministrazione di una doppietta di chemioterapia in associazione eventualmente ad un anticorpo monoclonale in base a:

- comorbidità e profilo di tossicità;

- trattamento sistemico somministrato in prima linea e risposta allo stesso;

- istologia e profilo mutazionale di RAS e BRAF

Il trattamento d'elezione può essere rappresentato dalla sola chemioterapia (fluoropirimidine +/- irinotecano o oxaliplatino, a seconda di quanto già eseguito) eventualmente in associazione ad un anticorpo monoclonale.

I pazienti naive da Bevacizumab possono essere valutati per trattamento di seconda linea con doppietta + antiangiogenetico.

L'uso di Aflibercept è limitato alla combinazione con FOLFIRI nei pazienti in progressione da regimi a base di Oxaliplatino.

I pazienti che hanno ricevuto Bevacizumab in prima linea possono essere valutati per:

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- Bevacizumab "beyond progression", in associazione con doppietta di chemioterapia (a seconda dei farmaci citotossici utilizzati in prima linea).

- Aflibercept in associazione a FOLFIRI per i pazienti che hanno ricevuto oxaliplatino in prima linea.

- Anticorpi anti-EGFR in combinazione con FOLFIRI/irinotecan per pazienti RAS e BRAF wild-type (il beneficio relativo degli anticorpi anti-EGFR nelle linee successive è simile a quello ottenuto in seconda linea).

TRATTAMENTO DI TERZA LINEA

I pazienti in condizioni generali permissive per ulteriori trattamenti possono essere valutati per terapia di terza linea.

- I pazienti con tumori RAS e BRAF wild-type non precedentemente trattati con anti-EGFR possono essere trattati con Cetuxumab o Panitumumab;

- Cetuximab e Panitumumab sono farmaci egualmente attivi;

- La combinazione di Cetuximab e Irinotecan è più attiva del Cetuximab in monoterapia nei pazienti refrattari ad irinotecan;

- Non c'è evidenza di efficacia dell'utilizzo dell'anticorpo anti-EGFR alternativo in pazienti refrattari ad anti-EGFR;

- Il Regorafenib è raccomandato nei pazienti pretrattati con Fluoropirimidine, Oxaliplatino, Irinotecan, Bevacizumab e, nei pazienti RAS wild-type, anticorpi anti-EGFR;

- Recentemente un agente orale che costituisce la combinazione di trifluridina e tipiracil cloridrato (TAS 102) ha dimostrato di essere efficace ed è stato approvato per l’utilizzo in pazienti affetti da carcinoma del colon-retto refrattario, con beneficio in termini di più sopravvivenza sovrapponibile al Regorafenib, benchè con profilo di tossicità differente;

- Va incoraggiato in questo setting l'arruolamento in ambito di studi clinici.

Approcci loco-regionali

Nella malattia avanzata disponiamo di diversi approcci loco-regionali (ablazione con radiofrequenza, radioembolizzazione, chemioembolizzazione, radioterapia stereotassica, radioterapia convenzionale).

In casi selezionati e dopo discussione multidisciplinare del singolo caso essi possono essere effettuati in associazione o successivamente ai trattamenti sistemici.

In alcuni casi i trattamenti locali (radiofrequenza) possono essere utilizzati in aggiunta alla chirurgia con l'obiettivo di eradicare tutte le metastasi visibili.

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I pazienti con malattia epatica non resecabile possono essere candidati a trattamenti loco-regionali con intento palliativo quando sussistano i seguenti criteri:

- malattia prevalentemente epatica,

- percentuale stimata di coinvolgimento epatico non superiore al 50%, - fallimento delle terapie sistemiche standard.

Le tecniche loco-regionali ad oggi utilizzate comprendono:

 Termoablazione percutanea ecoguidata (radiofrequenza o microonde): può essere utilizzata per le ablazioni delle metastasi, generalmente epatiche, fino a massimo 3 con diametro inferiore a 3 cm

 Chemioembolizzazione (DEBIRI): infusione intra-arteriosa di irinotecan, può essere utilizzata in casi selezionati di pazienti pluritrattati e con metastasi limitate al fegato. Dopo un mese dalla procedura dev'essere eseguita una rivalutazione radiologica e, in caso di risposta o stabilità di malattia, il trattamento potrà essere ripetuto;

 Radioterapia stereotassica: di possibile utilizzo nella malattia oligometastatica epatica, polmonare o linfonodale, permette di indirizzare in una o poche frazioni una dose elevata di radiazioni ionizzanti su un definito volume tumorale

 Radioterapia convenzionale: ha un ruolo prevalentemente nel controllo della sintomatologia correlata alle localizzazioni ossee, polmonari, pelviche, cerebrali.

Quindi durante il percorso stadiativo/terapeutico dei pazienti con neoplasia colon-rettale accertata si procederà alla:

Valutazione oncologica

- Anamnesi e valutazione clinica completa. E’ essenziale che il paziente rechi con sé alla visita tutta la documentazione clinica recente in suo possesso.

- Programmazione degli esami ematochimici e strumentali per la definizione dell’estensione di malattia (stadiazione) qualora non già eseguiti o per l’eventuale completamento della stadiazione.

- Richiesta di indagini molecolari sul materiale istologico nei pazienti con malattia metastatica, analisi mutazionale dei geni RAS (KRAS e NRAS) e BRAF, in quanto costituiscono test predittivi di risposta ai farmaci a bersaglio molecolare anti-EGFR e forniscono importanti informazioni prognostiche utili nella pianificazione della strategia terapeutica per ciascun paziente.

- Negli stadi II di malattia la determinazione dell’instabilità dei microsatelliti per definire nei casi a rischio (T4, intervento in urgenza, grading G3, invasione vascolare e/o perineurale), l’utilità di un trattamento adiuvante con fluoropirimidine. E’ auspicabile , fatta salvaguardia di eventuali limiti di sicurezza, che la quantità di materiale bioptico consenta l’esecuzione di tali indagini aggiuntive. Eventuali indagini molecolari aggiuntive potranno essere eseguite, previo consenso informato del paziente, nell’ambito di progetti di ricerca.

Al termine del percorso stadiativo si procederà alla:

Definizione e comunicazione del programma terapeutico

- Comunicazione al paziente inerente la diagnosi e la prognosi della malattia;

- Proposta delle opzioni e degli obiettivi del trattamento, che potrà basarsi su una o più delle seguenti opzioni terapeutiche: chirurgia, radioterapia, terapia sistemica, trattamenti locoregionali;

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- Pianificazione di altri consulti specialistici, non già effettuati, nell’ambito dell’approccio multidisciplinare alla patologia.

- Illustrazione delle modalità di somministrazione e degli effetti collaterali possibili dei trattamenti e modalità per la prevenzione ed il trattamento degli stessi.

- Acquisizione del consenso informato alla terapia - Programmazione degli appuntamenti successivi.

- Invio di una relazione di sintesi al Medico di Medicina Generale e al Centro di Continuità Assistenziale Cure Territoriali

Figura 4 - Percorso terapeutico per pazienti con neoplasia colon-rettale accertata

Percorso Terapeutico del paziente con Carcinoma Colon-rettale in Stadio Avanzato

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3.4 FOLLOW-UP PER PAZIENTI CON PREGRESSA NEOPLASIA COLON-RETTALE

Nei pazienti con neoplasia colon-rettale sottoposti a trattamento curativo con chirurgia o ad approccio multimodale (radioterapia e/o chemioterapia, chirurgia), è indicato un follow-up oncologico.

Poiché circa l’80% delle ricadute di malattia avviene entro i 3 anni dalla chirurgia e il 95% entro i 5 anni, la durata complessiva del programma di follow up dovrà essere di 5 anni e le tempistiche dei controlli dovranno essere ogni 4-6 mesi per i primi 3 anni e ogni 6 mesi nei due anni successivi.

In particolare nei pazienti con stadio I in considerazione del rischio di ricaduta estremamente limitato (oltre il 95% dei casi è destinato alla guarigione con la sola chirurgia), è ragionevole attuare una sorveglianza con soli esami endoscopici ogni 2-3 anni in caso di prima colonscopia negativa, al massimo in casi particolari una TAC torace e addome con mezzo di contrasto, annuale nei primi tre anni.

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Nei pazienti con stadio II e III dovrebbe essere eseguita una TAC torace e addome con mezzo di contrasto, con l’aggiunta di una RMN pelvi nei tumori del retto, la valutazione del CEA ogni 4-6 mesi nei primi tre anni e ogni 6-12 mesi nei due anni successivi in funzione dell’entità del rischio di ricaduta.

Nei pazienti sottoposti a metastasectomia il follow up dovrebbe essere eseguito con una TAC torace e addome con mezzo di contrasto ogni 3-6 mesi per i primi 2 anni e successivamente ogni 6-12 mesi fino al quinto anno(esame PET/TAC solo in casi selezionati).

L’esame endoscopico del colon-retto dovrebbe essere eseguito entro 6-8 mesi dall’intervento nei pazienti senza uno studio preoperatorio, altrimenti dopo 1 anno dall’intervento. In caso di intestino indenne da lesioni successivamente dovrebbe essere eseguito dopo 3 anni e se confermata l’assenza di lesioni dopo 5 anni.

I pazienti che abbiano subito un intervento di resezione anteriore bassa per tumore del retto in assenza di radioterapia dovrebbero essere controllati con un programma di sorveglianza più stretto che preveda almeno per i primi due anni un esame endoscopico ogni sei mesi.

Infine è bene sottolineare la necessità di non trascurare i consueti programmi di screening nella popolazione con una pregressa diagnosi di carcinoma del colon-retto.

4. Tempi di presa in carico (in giorni lavorativi)

 Il primo accesso all’ ambulatorio di Endoscopia, Chirurgia, Oncologia per tumore del colon avverrà tramite prenotazione effettuata dal MMG o altro medico specialista .

La prima visita da parte del Reparto che prende in carico il paziente sarà erogata entro 7 giorni lavorativi.

Il G.O.M. si riunirà per la discussione dei casi clinici almeno una volta a settimana

Entro ulteriori 15 giorni dalla prima visita dovrà essere completata la stadiazione strumentale del tumore, qualora non già disponibile al momento della prima visita, anche un percorso dedicato di prenotazioni “ Percorso PDTA”.

 Qualora una diagnosi di certezza istologica non fosse stata eseguita prima della Presa in Carico da parte del G.O.M. essa sarà eseguita entro max 10 giorni.

L’intervento chirurgico sarà effettuato entro i 30 giorni successivi alla visita multidisciplinare che ne avrà posto l’indicazione.

Il referto istologico sarà disponibile entro 15 giorni dall’intervento.

 Al completamento della fase diagnostico-stadiativa il G.O.M. definirà e programmerà il prosieguo del percorso clinico entro 10 giorni;

L’inizio di un’eventuale chemioterapia o altra terapia sistemica prevista dovrà avvenire entro 40 giorni dall’intervento chirurgico.

 Al momento della diagnosi e per tutto il percorso assistenziale il/la paziente sarà invitata ad un incontro con lo psicologo (colloquio valutativo),se lo desidera.

5. Il gender mainstreaming e preservazione oncofertilità

L’ attività di ricerca e di assistenza si svolgono con la consapevolezza degli operatori sanitari che la persona malata è portatrice di differenze di genere, la cui mancata identificazione/ conoscenza( gender- blindess), che purtroppo ancora oggi si verifica a tutti i livelli della pratica medica, aumenta il rischio di

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errore, favorisce la inappropriatezza terapeutica e non consente di migliorare e personalizzare le terapie,ingenera diseconomie e sprechi per il Sistema Sanitario Nazionale.

A tal fine l’Istituto promuove specifici progetti di ricerca, specie nel campo della farmacologia e nella cardio- oncologia ed assicura percorsi di formazione continua per tutto il personale addetto all’ assistenza sanitaria.

Necessario porre sempre molta attenzione alla prevenzione dell’infertilità indotta dai trattamenti antineoplastici,le principali tecniche di preservazione della fertilità richiedono momenti specifici dedicati e condivisi e formalizzati all’ interno dei PDTA aziendale e interaziendali e un adeguato counseling.

Al momento della presa in carico nel GOM, dovrà essere prospettato alla persona affetta da patologia oncologica l’eventuale percorso per la preservazione della fertilità in dipendenza dall’età e dal tipo di trattamento previsto per la cura della specifica neoplasia. Sarà cura del GOM avviare il Percorso Assistenziale contattando il Centro Regionale di riferimento per il paziente, che attiverà poi la presa incarico della coppia

6. INTEGRAZIONE DEL PERCORSO

(a cura delle U.O. di cure Palliative dell’ IRCCS-CROB )

6.1 VALUTAZIONE CURE SIMULTANEE

I criteri generali per avviare un paziente ad un programma di cure simultanee sono:

 Malattia avanzata, non terminale

 Terapie antitumorali in corso

 Presenza di quadri clinici complessi (dolore, dispnea, torace/pelvi congelata, trombizzazione grossi vasi, linfostasi ed edema e trasudato arti inferiori, carcinomatosi meningea, deficit neurologici, denutrizione, colonizzazione cutanea, distress psicologico).

 Necessità di cure continuative

Dal punto di vista organizzativo, ove possibile, si raccomanda l’attivazione di un ambulatorio di cure simultanee all’interno del Dipartimento Oncologico, a cui afferisce il paziente. Il team di cure simultanee è costituito da:

 medico palliativista

 oncologo medico

 psicologo

6.2 VALUTAZIONE DELLE CURE PALLIATIVE

I criteri generali per la definizione di malattia terminale al fine di attivare un programma di cure palliative, nel setting appropriato e nel rispetto dei valori e dei desideri del malato e dei familiari, sono:

 Terapeutico: esaurimento/assenza o inutilità delle terapie oncologiche per la cura del tumore, o rifiuto da parte del malato

 Clinico: presenza di un quadro clinico che comporta limitazioni dell’autonomia e un frequente bisogno di cure mediche, caratterizzato da un Indice di Karnofsky < 50

 Prognostico: previsione di sopravvivenza < a 3 mesi

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N.B.: Allegato a questo PDTA, in un apposito capitolo, è stata inserita la Valutazione per le cure Simultanee e la Valutazione per le Cure Palliative

6.3 VALUTAZIONE DI CONTINUITÀ ASSISTENZIALE: OSPEDALE-TERRITORIO (A cura dell’U.O. di Oncologia Critica Territoriale, cure Domiciliari e Palliative)

Nella fase di passaggio dall’ Ospedale al Territorio non si può prescindere dall'utilizzo della Centrale Unica delle Dimissioni. Tale strumento che utilizza un cruscotto telematico in grado di ricevere le proposte di dimissioni dai reparti per acuti e di gestire le dimissioni protette in qualunque tipo di setting assistenziale, sta contribuendo in maniera decisiva alla risoluzione della problematica inerente la continuità di cure tra ospedale e territorio e, con la sua implementazione, ridurrà ai minimi termini tale criticità e migliorerà la precisione della percezione del bisogno da parte delle Unità di Valutazione Multidimensionale.

Le UVM di tutta la Regione hanno ormai adottato il Sistema modulare InterRAI in grado di garantire, attraverso analisi “online”, la percezione dei bisogni e di suggerire le soluzioni terapeutiche più opportune. I suoi strumenti, NECPAL e Palliative Care, potranno costituire, nel’ ambito dei vari PDTA, ausili in grado di garantire, soprattutto nella fase terminale, cure palliative adeguate.

Per concludere, si è convinti che tale PDTA, ma anche gli altri previsti, può avvalersi del supporto della Telemedicina la cui attuazione è imminente, che prevede percorsi specifici ben codificati e degni di rappresentare un modello organizzativo misurabile onorevolmente in qualunque benchmarking e, come tale, esportabile.

7. Associazioni di Volontariato-IRCCS-CROB

Di seguito si riporta l’ elenco delle Associazioni di Volontariato operanti presso l’ IRCCS-CROB che collaborano all’ accoglienza,all’ informazione e al supporto psicologico e logistico del paziente e dei familiari dei nostri pazienti e le Associazioni di pazienti Oncologici per un opera di

informazione,sensibilizzazione e prevenzione.

Sono presenti anche Associazioni di Pazienti affetti da patologia neoplastica che operano per la tutela dei diritti del paziente oncologico e per una maggiore opera di sensibilizzazione e di informazione.

-AIMAC

-Agata Volontari contro il cancro Onlus (supporto e assistenza ai pazienti, trasporto gratuito dal metapontino)

-AIRO-Associazione Italiana Rionero Onlus (casa famiglia a supporto dei pazienti e dei loro familiari) -Arcipelago Eva (consulto estetico e di make up correttivo nella stanza di Eva )

-AVIS (raccolta sangue) -AVO (volontari ospedalieri) -FIDAS (raccolta sangue)

-Iris Basilicata Onlus(supporto alle pazienti oncologiche e setting della parrucca -stanza degli specchi) -Associazione Letti di Sera (umanizzazione delle cure con letture ai pazienti e promozione del libro) -Tribunale dei Diritti del Malato

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-Volontari del Sollievo -Amici di Padre Pio (Volontari Ospedalieri)

8. Glossario delle Abbreviazioni

TNM: Tumour-Node-Metastasis

ALL RAS(KRAS , NRAS) : oncogeni che codificano proteine appartenenti alla famiglia RAS BRAF: B-Raf proto-oncogene

EGFR :Recettore per il Fattore di Crescita Epidermico DFS : Disease Free Survival

TEM: Transanal Endoscopic Microsurgery TME :Total Excision Mesorectal

CMR :margine Circumferenziale

18 FDG PET/TC :Positron Emission Tomography/ Tomografia ad Emissione di Positroni-TAC AIOM: Associazione Italiana Oncologia Medica

AIRO:Associazione Italiana Radioterapia e Oncologia Clinica NCCN:National Comprehensive Cancer Network

ESMO:European Society for Medical Oncology, UVM:Unità Valutativa Multidisciplinare

NecPal: screener per la identificazione precoce della NECessità di cure PALliative.

9. Indicazioni bibliografiche

Per il presente PDTA si è tenuto conto delle più recenti linee guida nazionali AIOM e AIRO, internazionali ESMO, NCCN, esso sarà sottoposto da parte del Gruppo Oncologico, che ha partecipato alla presente stesura, a verifica annuale.

Allegato N°1: Elenco dei Componenti il Gruppo di Lavoro IRCCS-CROB

PDTA “Neoplasie del colon”

Dr Michele Aieta- Responsabile PDTA Neoplasie del colon Dr Giuseppe La Torre

Dott.ssa M. Grazia Rodriguenz Dott.ssa Graziella Marino Dr Mario Ciuffi

Dr Orazio Ignomirelli Dr Aldo Cammarota Dr Bruno Sante Dr Giovanni Storto

Dott.ssa Maria Rosaria Prisco Dr Vincenzo Fusco

Dr Giovanni Castaldo Dott.ssa Giulia Vita Dr Giuseppe Patitucci Dr Michele Faruolo

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Dr Pasquale Di Leo

ASP: Dr Gianvito Corona -Direttore U.O. di Oncologia Critica Territoriale, Cure Domiciliari e Palliative

Con la partecipazione

della Direzione Strategica e della Direzione Scientifica- IRCCS-CROB

Redatto e Coordinato da :

dott.ssa Alba Capobianco- Dipartimento della Direzione Sanitaria-Referente dei PDTA Aziendali e Regionali per l’IRCCS CROB

Data di Approvazione 16 ottobre 2019 Data di Revisione 16 ottobre 2020

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Riferimenti

Documenti correlati