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Academic year: 2021

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www.otium.unipg.it

No. 5, Anno 2018 – Article 2

Figurare la sospensione. Iconografia di un gesto nelle pitture pompeiane.

Anna Poppiti Independent researcher

Abstract: The aim of the research is to understand the possible different meanings hidden behind the iconographic gesture of placing the hand close to the mouth. The study deals whit Pompeian wall painting and considers all the occurrences included in this specific temporal context.

After a brief introduction, it will be also taken in exam what kind of feeling this movement of the hands is about to express, whit parallels between Roman and Greek art.

Keywords: gesture, Pompei, paintings, iconography, mythology

Il presente contributo è il frutto del mio lavoro di Tesi Magistrale, svolto presso l’Università degli Studi di Perugia, sotto la guida del Prof. Gian Luca Grassigli, che ringrazio, il quale mi ha dato la possibilità di pubblicarne una parte in questa sede. Ringrazio anche la dott.ssa Benedetta Sciaramenti per i suoi consigli, la Direzione e il Comitato scientifico della Rivista.

Tel. 3397666213; E-mail: annapoppiti93@gmail.com

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1.PREMESSA.

In termini generali, si può affermare che gli autori antichi istituiscono, tra linguaggio corporeo e verbale, due tipi di relazione: l'una di interazione e complementarità, dove il linguaggio gestuale collabora con la parola per aiutare la buona riuscita di un discorso1, l'altra di 'alternatività', quando il linguaggio non verbale si sostituisce alla parola e, in taluni casi, grazie alla sua universalità, si mostra perfino più efficace2. La superiorità del gesto risiede nel suo universalismo, certamente all’interno di un sistema culturale codificato e condiviso da coloro che vi sono inclusi. Quintiliano nella Institutio oratoria (XI, III) dedica molte pagine alla descrizione del gestus e alla classificazione delle sue varianti nell'ambito della disciplina oratoria. In particolare, la pronuntiatio e l'actio devono essere integrate: un buon retore non deve solo saper utilizzare la voce e tenere un buon discorso, ma anche saper atteggiare in maniera corretta gli occhi e il corpo. Leggiamo infatti: «[…] e non è strano che questi gesti che consistono in un movimento del corpo abbiano un tale effetto sugli animi, quando un dipinto, che è un'opera silenziosa e che mantiene sempre lo stesso atteggiamento, penetra nei sentimenti più intimi al punto che a volte sembra superare persino la potenza della parola»3. La parola sola, dunque, non basta a veicolare

1 Nell’introduzione alla sua monografia, M. Baggio (BAGGIO 2004) riporta vari esempi di fonti antiche che affrontano il tema della gestualità, del silenzio, della impossibilità di parlare. Riporta, ad es., un passo del De Saltatione di Luciano (Luc., De Saltatione, 64), nel quale l'autore racconta l’aneddoto di uno straniero proveniente dal Ponto che si era recato presso Nerone per affari, quando vide un pantomimo danzare anche se non comprendeva le parole dei canti. Nerone esortò lo straniero ad esprimere un desiderio e questi chiese di potere, al bisogno, tradurre a gesti le parole di una lingua sconosciuta. Ancora, nell'Agamennone di Eschilo, si legge di Clitennestra che apostrofa Cassandra dicendole:

«non fare indugio se sorda sei, se il mio parlare non intendi, rispondi almeno come fanno i barbari, anziché con la voce, con i cenni.» (Es., Agam. 1060-1061, trad. a cura di C. Diano).

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3 l'emozione necessaria a commuovere l'uditorio per portarlo dalla propria parte. Quintiliano analizza allora le parti del corpo che coadiuvano l'oratoria: in primis gli occhi, le sopracciglia, il naso, la bocca, le mani4. Secondo il retore latino i gesti, nel caso specifico quelli compiuti con le mani, potrebbero sostituire la parola ed essere l’unico strumento utile alla trasmissione di significato. Egli gli riconosce una potenzialità comunicativa tale «[…] che in una così grande diversità di lingue parlate da tutti i popoli e da tutte le nazioni, mi sembra che questo sia l'unico linguaggio comune a tutti gli uomini»5.

Spostandoci nell'ambito dell'arte figurativa, secondo il pensiero di Settis6, si verifica un processo di progressiva 'pietrificazione' del linguaggio gestuale, che prende avvio dalla vita quotidiana, per giungere alla cristallizzazione e alla monovalenza di significato nella figura. A partire da questa 'pietrificazione', potremmo dire ‘schematizzazione’ del gesto, si arriva direttamente all'immagine-segno, quando, fissato uno schema, esso entra stabilmente nella cultura figurativa e vale di per sé. Sarà importante tener presente che, nell'ambito del linguaggio gestuale delle arti figurative (ed il discorso potrebbe con facilità essere esteso al teatro ed alla danza7), il

4 Vd. anche Quint., Inst. Or. XI, 3, 85-87.

5 Quint., Inst. Or. XI, 3, 87, (trad. a cura di C. M. Calcante).

6SETTIS 1975.

7 Questi tre ambiti risultano tra loro strettamente collegati. Per ragioni di complessità e di vastità dell'argomento (vd., ad es., FRANZONI 2006a, PUCCI 2003, PUCCI 2004-2005, RIVIERE 1979 con bibl. prec.) non si è potuto affrontare estesamente l'argomento. Si può però dire che il codice gestuale teatrale prevede un tasso maggiore di codificazione dovuto evidentemente all’interazione tra attore e spettatore in un tempo e in uno spazio non reali, ma dati ed accettati per convenzione. L'attore, con il viso coperto dalla maschera, deve rendere i suoi gesti 'puliti', ossia evidenti e precisi, per consentirne la comprensione allo spettatore. Come si legge in FRANZONI 2006°, p. 20, il gesto viene «[…] eseguito. Si tratta di disporre il proprio corpo come una immagine per gli altri, secondo ‘marcatori’ di interiorità convenzionali».

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processo di 'pietrificazione' interviene su un linguaggio che è mutuato dalla vita quotidiana, la quale è per natura fluida, in movimento, polivalente, ambigua8. Il mondo romano, come quello greco, ha codificato il suo linguaggio gestuale per la comunicazione non verbale quotidiana. Un gesto può caricarsi di diverse connotazioni e per questo la sua decodifica non è sempre semplice. Nel passaggio dalla vita verbale all'immagine non verbale, la decodifica del gesto diviene possibilmente più complessa: il suo fluire viene bloccato e con esso tutte le informazioni relative al contesto, alla velocità, all'intensità, elementi che sono fondamentali per la sua comprensione. Seguendo allora le considerazioni di Ghedini9, il problema della codifica e decodifica della gestualità nella tradizione iconografica greco-romana è centrale per comprendere scene sia singole che complesse, per dare un’identità ai personaggi, che possono essere concepiti essi stessi in funzione di uno specifico gesto.

Uno degli attori nella fase di codifica gestuale, forse il principale, è proprio l'artista: questi ha la possibilità di cogliere un momento puntuale della vicenda che condensi in sé il fluire e il movimento narrativo e consenta allo spettatore di comprendere il significato dell’intera storia, o parte di esso. Da una parte vengono così a definirsi degli stereotipi gestuali, dove ad ogni gesto corrisponde un significato; dall'altra ogni gesto può 'plurisignificarsi', quando non si dà una corrispondenza biunivoca tra un gesto e una (e una sola) emozione. Queste immagini 'fisse' che nascono nella fase di codifica del linguaggio gestuale, colpiscono lo spettatore perché parlano al suo corpo; le percezioni, infatti, non sono estranee a chi guarda;

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5 al contrario, per mezzo di un procedimento empatico, esse vengono riportate dallo spettatore a livello della propria esperienza corporea10.

Di tale dimensione corporea parla anche Catoni: secondo la studiosa la componente corporea del gesto ha come presupposto fondamentale il pubblico che possieda una ‘conoscenza corporea', che gli consenta di riprodurre, ove possibile, ciò che vede11. Il concetto di corpo e pubblico è legato a quello di schema12: attraverso gli schemi e le formule fisse la figura umana assume un carattere simbolico e consente all'autore di mostrare allo spettatore la dimensione interiore che, attraverso il gesto, vuole veicolare. I valori associati ad uno schema possono teoricamente cambiare nel corso del tempo, dal momento che lo schema ha la capacità (né potrebbe essere altrimenti) di variare e di adattarsi alla circostanza; vice versa esso può preservarsi invariato nella forma, ma cambiare significato. Ecco allora che una delle difficoltà maggiori per la decodifica di uno schema, sia esso relativo all'antichità o alla modernità, è l’impossibilità di stabilire, una volta per tutte, un rapporto esclusivo tra un gesto ed un significato.

Assolutamente necessario, per comprendere l’entità della variazione, è il contesto di riferimento dell'immagine - sia esso strettamente 'pittorico', o sia esso legato alla committenza, al luogo di produzione, all'ambiente domestico nel quale viene posizionato.

10 Cfr. FRANZONI 2006a che affronta estesamente il modo in cui si verifica la saldatura tra psichico e corporeo una volta che viene meno la dimensione temporale.

11 Cfr. CATONI 2005, nello specifico cap. III.

12 CATONI 2005 approfondisce il concetto nel cap. I, ove analizza il termine da un punto di vista lessicografico. Lo schema viene definito come figura geometrica, sagoma, contorno, linea disegnativa, profilo, visione d'insieme della figura umana, ma anche come gesto, postura, atteggiamento e addirittura figura di danza, immagine e schema iconografico. Il concetto di schema è inoltre legato alla danza: proprio grazie ad essa il termine assume il significato di 'gesto'.

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Una seconda difficoltà, derivante da quella relativa al contesto, è lo sforzo necessario di considerare l’insieme dei segni codificati in cui viene calato il gesto stesso, «con tutto quello che comporta [il suo] ingresso nel mondo figurativo di un determinato periodo e con tutto ciò che significa il contatto di due codici diversi, gestuale e artistico»13. La corretta decodifica delle immagini è spesso impedita, in effetti, dalla difficoltà di guardare la composizione artistica (nel nostro caso pittorica) tenendo conto dell’insieme delle sue caratteristiche, prima di concentrarsi sul dettaglio d’interesse. Sarà quindi necessario analizzare gli attributi e le caratterizzazioni – fisiche e fisiognomiche- di un personaggio, il paesaggio in cui viene inserito, i soggetti che gli compaiono attorno.

Nel 1975 Salvatore Settis, con il saggio Immagini della meditazione, dell'incertezza e del pentimento nell'arte antica14, ha analizzato le attestazioni riguardanti il gesto chiamato ‘di Demostene’, ove l'uomo viene raffigurato con le mani incrociate sulla parte bassa del corpo. Settis, studiando l'evoluzione dello schema, è giunto a sostenere che da questo modello ne sono derivati altri, come la ‘Medea con la spada’15. Secondo l'autore, quindi, aggiungendo o sottraendo attributi al personaggio che performa il gesto, è possibile che uno schema diventi veicolo di significati differenti. D’altro canto, l’autore ci presenta la possibilità contraria di uno schema iconografico che, in svariati contesti, non ha subito cambiamenti: ad esempio quello che ha come prototipo la scultura di Penelope - copia

13 FRANZONI 2006, p. 121.

14SETTIS 1975.

15 Lo schema iconografico della maga è stato poi ripreso più volte, fino a giungere al

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7 romana di un modello greco, oggi conservata ai Musei Vaticani16. La donna si presenta velata, con le gambe accavallate, la mano destra posizionata in prossimità del volto chino e la sinistra poggiata sul sedile.

Da questa statua sarebbero derivate altre, lo schema iconografico delle quali resta invariato, mentre il significato varia in base al contesto17. Penelope, che pensa al marito lontano, viene interpretata da Settis come figura topica della meditazione. La donna così ritratta metterebbe lo spettatore di fronte non alla narrazione compiuta del mito, ma a dei suoi

‘momenti sospesi’, carichi di pathos. Proprio lo studio di Settis, o meglio le considerazioni teoriche da lui fatte a proposito della scultura femminile dei Musei Vaticani, sulla quale non ci soffermeremo18, ha sollecitato il mio interesse verso la posa (prossima a quello della sposa di Odisseo, ma non identica) della mano condotta in prossimità della bocca o del mento, la quale nelle pitture di Pompei ricorre in contesti diversi, ma pare essere declinazione di uno stesso modello iconografico di base.

L'approccio alla materia ha visto una necessaria analisi dei miti e delle leggende ritratti in immagine, escludendo, con non poca difficoltà, i casi solo prossimi a quelli di mio interesse, come quando la mano del personaggio sorregge la guancia, o richiama al silenzio. Nei casi di mio interesse la mano può presentarsi in vari modi: aperta, chiusa a pugno, le dita leggermente distese. Limitare l’esame alle occorrenze pittoriche pompeiane è risultato necessario in quanto all'interno di questo sistema chiuso le immagini sono numericamente consistenti ma tali da comporre

16 Roma, Musei Vaticani, inv. 754; HAUSMANN 1994, pp. 291-295.

17SETTIS 1975,pp. 15-17.

18 Si rimanda al saggio di DORIA 2007. L'autrice offre una trattazione estesa sulla figura della sposa di Odisseo, alla luce delle fonti letterarie ed iconografiche.

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una rosa non troppo estesa, più semplice da sottoporre ad una disamina specifica.

2. ANALISI DELLE OCCORRENZE.

Il gesto in esame consiste nel posizionamento di una mano nella parte bassa del viso, più specificamente intorno alla bocca o al mento. Lo spoglio delle pitture ha evidenziato la presenza di 39 attestazioni utili; nello specifico:

• il gesto è performato da 23 donne e da 18 uomini;

• il gesto riguarda 18 personaggi principali, mentre nel resto dei casi interessa personaggi secondari.

Si tratta di dati significativi: la possibilità che i personaggi nell’attitudine gestuale d’interesse possano essere sia maschi che femmine permette di inferire, già in partenza, che il gesto non si lega a questioni di genere. In altre parole, esso non è prerogativa esclusivamente maschile o femminile.

Questo non è un elemento di poco conto in un mondo in cui spesso la divisione di ambiti esclusivi di pertinenza interessava gran parte della costruzione sociale, rendendo anche i gesti e gli attributi, di competenza specifica dell’uomo o della donna. Il gesto di portare la mano verso la parte inferiore del volto (bocca/mento) è trasversale anche dal punto di vista della maturità del soggetto: giovani e anziani possono essere indistintamente raffigurati in questa posizione. Cerchiamo ora di entrare nel merito, per commentarle, delle singole possibilità di occorrenza.

2.1 Personaggi principali.

In primo luogo, vengono presi in considerazione i personaggi

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9 principali, cioè quei soggetti che hanno un ruolo primario o comprimario nella vicenda che la pittura racconta, ritratti nella posa di nostro interesse.

Le storie narrate sono estratte dal repertorio mitologico e, più in particolare, sono caratterizzate da un contenuto ‘drammatico’: la maggior parte dei miti hanno a che vedere con abbandoni, morte, amori dalle conseguenze nefaste.

In queste scene sono rari i casi in cui un secondo personaggio compia il gesto analizzato.

Trai molti, mi pare esemplificativo l’affresco nella Casa dei Quattro Stili (Pompei I 8, 17), collocato nell'edicola centrale del tablino (16), con la scena di Teseo che abbandona Arianna, accasciata al suolo ai suoi piedi (n.

5)19. L'eroe è rivolto ad Atena (che si protende verso di lui) e osserva la dea con un misto di dubbio e dolore: sta per lasciare la donna, e probabilmente non vuole, ma il compimento del proprio destino gli impone di partire. La mano di Teseo ha le dita leggermente aperte, la bocca ne è lambita, e la posa pare descrivere un assorbimento totale nella dimensione del pensiero. Non è l’unico caso, del resto, in cui un personaggio al quale si può ascrivere uno stato d'animo conturbato assuma questo peculiare atteggiamento. Sul pilastro della Bottega del Profumiere (Pompei VI 7, 8.12) vediamo rappresentata una processione di falegnami, quattro uomini trasportano un’edicola nella quale compare un uomo stante che osserva un cadavere: si tratta della scena di Dedalo che uccide Pernice (n. 12)20. L'attenzione è concentrata tutta sul giovane Pernice, il capo dell'artifex è rivolto in basso,

19 Cfr PPM I, p. 897; DE VOS 1979, pp. 83-84; BERUHARD 1986, pp. 1050-1070; GALLO 1988, pp. 57-80; NEILS,WOODFORD 1994, pp. 922-951; HODSKE 2007, p. 155; COLPO 2011b, pp. 65- 77.

20 Cfr. PPM IV, p. 391; HELBIG 1868, n. 1480; NYENHUIS 1986, pp. 313-321; REINACH 1970, p.

236; NAVA,PARIS,FRIGGERI 2007, p. 144.

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lo sguardo è puntato sul cadavere e la mano è portata vicino alla bocca, probabilmente a descrivere una condizione interiore scissa. Anche una serie di donne, tra le quali Calypso (nn. 19 e 28) e Pasifae (n. 9), assumono la 'posa' dell'attesa e della sospensione: sono stanti e osservano l'uomo che è loro di fronte, la mano questa volta è portata al mento. Calypso compare in due pitture, una proveniente dal triclinio della Casa dei Cinque Scheletri (Pompei VI 10,2), l'altra dalla parete nord del cortile del Macellum (Pompei VI 9,7). In entrambi i casi la ninfa è con Odisseo, nel momento della loro separazione21. La pittura con protagonista Pasifae, dal triclinio (n) della Casa V 2, 10, è purtroppo andata distrutta, ma ci viene restituita da un disegno di Discanno: la donna è raffigurata nella bottega di Dedalo, che le mostra il modellino di una vacca, la stessa che avrebbe aiutato la donna a soddisfare il suo desiderio di congiungersi con il toro che Poseidone aveva inviato a Creta22. I due miti sembrerebbero privi di una connessione emotiva, che in realtà è possibile cogliere proprio nell’attitudine gestuale delle donne: se Calypso soffre per la partenza dell'amato, Pasifae soffre per la sua passione nefasta, folle. Sebbene questa seconda scena paia priva di uno spessore drammatico, ad una più attenta analisi essa dispiega l’angosciosa condizione di una donna innamorata e folle, che tenta in modo estremo di congiungersi all'amato. Il gesto di Pasifae che apprezza la costruzione dell’oggetto non è espressione di disinteresse, piuttosto rivela l’assorbimento di chi investe le proprie speranze amorose in uno strumento adiutore. Il gesto di portare la mano al mento è allora funzionale ad indicare

21 Le pitture sono state interpretate anche come il momento del ricongiungimento tra Odisseo e Penelope. Cfr. PPM IV, p. 1041; PPM VII, pp. 336-337.

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11 un momento di riflessione, di raccoglimento nell'attesa palpitante e viva.

Un dolore simile è quello di Cassiopea (n. 7): nella pittura, proveniente dalla Casa del Menandro (Pompei I 10,4), la donna, madre di Andromeda, si presenta a Perseo con il capo velato, la mano sinistra al mento, e la destra che sorregge il gomito sinistro23: la donna è ancora all’oscuro dell’avvenuta liberazione della figlia. Il gesto potrebbe rientrare anche tra quelli attinenti alla sfera del lutto: non è un caso, mi pare, che anche Pasifae e Calypso abbiano il capo velato, guardino innanzi a loro, fiere e addolorate.

Ovviamente si tratta di vicende diverse, dove questa attesa dolorosa è determinata da fattori difformi, ma sembra di poter rintracciare un minimo comune denominatore: l'attesa di un qualcosa di luttuoso, dove il lutto non è solo la morte fisica, ma separazione. Questa condizione ‘sospesa nell’attesa’ è anche di Alcesti (n. 20) che, dal triclinio della Casa del Gruppo dei vasi di vetro (Pompei VI 13, 2), osserva Medea intenta a svolgere le sue magie al calderone24. Alcesti non cade, come le sorelle, nel tranello teso dalla maga, ma con loro attende il compimento della pratica magica che potrebbe salvare il padre. La donna, incredula, attende e riflette, e la sua posa raccolta assorbe e manifesta profondamente la sua condizione. Così anche Teti, madre di Achille, compare in varie raffigurazioni nella bottega di Efesto in attesa delle armi del figlio (provenienti dalla Casa del Criptoportico - Pompei I 6, 2; dalla Casa di Meleagro - Pompei VI 9, 2.13; dalla Casa degli Amorini dorati- Pompei VI 16, 7.38)25. La dea è china su se stessa, il capo sul

23 Cfr. PPM II, p. 320; LING 2005, pp. 77-80; HODSKE 2007, p. 184.

24 Cfr. REINACH 1970, p. 195; SALVADORI 2009, pp. 63-74; VERZAR BASS,ORIOLO 2009, pp.

7072.

25 Riguardo le pitture nel contesto e l'interpretazione iconografica si veda per la Casa degli Amorini dorati (Pompei VI 16,7.38): PPM V, p. 786; per la Casa del Criptoportico (Pompei I 6,2): PPM I, p. 209; PPF 1998, pp. 74-76; REINACH 1970, p. 19; MOORMANN 1988, pp. 143- 145; BALDASSARRE,PONTRANDOLFO,ROUVERET,SALVADORI 2002, pp. 108-114; per la Casa

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mento, mentre osserva le armi mostratele da Efesto, le quali decreteranno la fine di Ettore, ma anche del figlio, e dunque prefigurano cosa l’attende.

Simile il caso di Stenebea (n. 25, dall'anticamera della Casa del Bracciale d'oro- Pompei VI 17, 42) che osserva Preto consegnare a Bellerofonte la lettera foriera di morte26. Come se non ne fosse responsabile, la donna porta la mano alla bocca e guarda cosa accade, come dubitando che le proprie azioni vadano ad effetto. Di segno leggermente differente è l'episodio che vede protagonista Eracle bambino e i suoi genitori proveniente dalla Casa dei Vettii, n. 22 (Pompei VI 15, 1)27: la drammaticità della scena è qui smorzata dall'atteggiamento di Anfitrione, il quale portando la mano al mento, sembra anche compiaciuto per quello che sta accadendo. Alcmena e il pedagogo, però, riportano la scena nell'asse tematico del dramma, quando il timore, lo spavento e l’apprensione prendono il sopravvento esprimendosi nei loro gesti concitati. Possiamo rintracciare in questa attesa una connessione tra scene apparentemente difformi: Anfitrione sta osservando il figlio ed attende di conoscere il suo destino, mentre Eracle è teso nello sforzo di uccidere gli animali. Sempre in chiave di figurazione del sentimento di attesa è leggibile la scena della restituzione di Briseide ad Achille (n. 23), proveniente dalla Casa degli Amorini dorati (Pompei VI 16, 7.38)28 dove è l'eroe ad attendere che Agamennone, seduto in trono, gli riconsegni l'amata. La posizione assunta da Achille ricorda molto quella di Teseo: i due uomini, pur protagonisti di vicende differenti, sono accomunati

del Meleagro (Pompei VI 9, 2.13): PPM IV, p. 675; REINACH 1970, p. 19; HELBIG 1868, n.

1317; MOORMANN 1988, pp. 174-177; BRAGANTINI,SAMPAOLO 2009, p. 281.

26 Cfr. PPM VI, p. 103; AOYAGI, PAPPALARDO 2006, pp. 143-148; HODSKE 2007, p. 230;

ESPOSITO 2009, pp.72-77.

27Cfr. BORDA 1958, p. 246; REINACH 1970, p. 186; MAZZOLENI 2004, pp. 334-337; CROSILLE

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13 da una comune tensione patetica.

2.2 Personaggi secondari.

Ugualmente importante si presenta l’analisi dei personaggi secondari, ossia quelli che all’interno delle scene non debbono svolgere il ruolo di personaggi, ma che sono lo stesso presenti, ed indispensabili, nelle pitture. È senza dubbio necessario cercare di capire quale sia la loro funzione e di conseguenza chiarire il messaggio del gesto di cui sono autori.

Anche in questo caso, si tratta di uomini e donne che portano la mano al volto, tra la bocca e il mento, e che si trovano in posizioni secondarie, defilate. Il primo esempio di cui ci serviamo è la donna della pittura proveniente dal triclinio della Casa di L. Cornelius Diadumenus (Pompei VII 12,26), oggi al MANN, interpretata come una ninfa (n. 29). La fanciulla spunta alle spalle della donna seduta; osserva la scena che ha per protagoniste Kallistos e Artemide, porta la mano alla bocca in un moto di stupore e di timore. La scena è stata generalmente interpretata come il momento in cui la dea cacciatrice scopre la gravidanza della sua ancella e per conseguenza la punisce29. Lo sguardo della fanciulla è un ausilio alla comprensione della scena nella misura in cui il suo gesto ci introduce in un certo clima di preoccupazione e timore. Questa giovane donna, come altri personaggi che vedremo, osserva quindi la scena esattamente come fa lo spettatore del quadro, ed il suo contributo alla narrazione è apparentemente minimo. Il suo gesto, in effetti, non ha una valenza narrativa, ma funziona solo su un piano emotivo: il gesto di portare la mano vicino alla zona della bocca e del mento è il segno di uno stato emotivo, un ausilio o una guida

29 Sono state avanzate anche altre ipotesi interpretative, per le quali si rimanda a HELBIG 1868, n. 253, REINACH 1970, p. 55; COLPO 2011, pp. 473-484.

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offerti forse allo spettatore, per consentirgli di entrare in sintonia con lo spessore tragico della storia.

Personaggi atteggiati a questa maniera non sono certo essenziali da un punto di vista narrativo, ma lo sono da un punto di vista di decifrazione del tono drammatico del racconto per immagini. In altre parole, per mezzo di essi, il pittore si rivolge a noi spettatori e ci suggerisce la corretta chiave di lettura della scena. Dallo scavo del Principe di Montenegro (Pompei VI, 16), proviene un dipinto, oggi al MANN (n. 30), nel quale, in un paesaggio sacrale, caratterizzato da un'ara su cui è appoggiato un pinax e un olivo, vediamo un uomo (in basso a destra) dalle fattezze giovanili, sdraiato su un fianco su di una pelle ferina. Indossa una corta tunica di stoffa leggera e di colore chiaro, che risalta rispetto alla sua carnagione scura. Ha il capo reclinato e adorno di pampini. Il braccio destro è sollevato, mentre il sinistro sorregge una coppa. Egli è circondato da nove figure alate. In alto a sinistra vediamo un gruppo di tre donne: quella al centro domina sulle altre due; il suo sguardo è rivolto all'uomo in basso. Vicina a lei è una donna in abito chiaro, che le tocca il braccio sinistro. Una seconda donna è appoggiata ad una colonna, porta la mano destra al mento, lo sguardo è rivolto all'uomo, identificato con Eracle che, accasciato al suolo, perde i suoi attributi, rubatigli da alcuni eroti. Si tratta di una scena movimentata ed in qualche modo anche drammatica: Eracle sta perdendo gli elementi che lo caratterizzano come eroe; il gesto della fanciulla non può fare altro che amplificare questo momento 'drammatico'. Non è questa la sede adatta per discutere i significati possibili del quadro, ma, si tratti di Ercole oppure di Dioniso, il contesto è indubbiamente drammatico30, infittito dalla presenza

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15 della seconda ancella che si tiene vicino ad Onfale e le tiene una mano vicino al braccio, intimorita. Ancora una volta, dunque, il gesto di portare la mano nella parte inferiore del mento vuole essere un chiaro indicatore di tono. La fanciulla non solo guarda Eracle, ma catalizza la nostra attenzione su di lei, assieme a quella dell’eroe. Fenice, il pedagogo di Achille (n. 14), esemplifica chiaramente l’oggetto del nostro discorso: nel quadro con la scena di consegna di Briseide, proveniente dalla Casa del Poeta tragico (Pompei VI 8, 3.5), oggi al MANN, egli appare con la mano al mento e lo sguardo rivolto ad Achille31. Fenice guida il nostro sguardo verso Achille, che vive il momento drammatico della restituzione di Briseide. Il pedagogo non è partecipe del dolore della scena e, pur non svolgendo un ruolo attivo nella vicenda, ci riconsegna la possibilità di una prospettiva secondaria, dal fondo, che specchia quella reale di chi guarda. Anche nella pittura che mostra l'incontro tra Achille e Polissena32 (n. 39), proveniente dalla Casa di Giasone (Pompei IX 5,18), oggi al MANN, vediamo questa figura barbata, stante, che presiede al momento fatale per l'eroe, il quale compare scalzo e disarmato. Fenice, in questo caso, non ha capacità narrativa, piuttosto, ancora una volta, emotiva: il suo gesto ci riporta in una dimensione di fatalità, di attesa del momento decisivo che si approssima. Lo stesso vale per la musa Polimnia (n. 6) che osserva la punizione di Atteone33, nella pittura proveniente dal triclinio della Casa dei Cubicoli Floreali (Pompei I

CORALINI 2000, pp.69-92.

31 Sulla figura del pedagogo cfr.: HELBIG 1868, n. 1309; BORDA 1958, pp. 232-233; REINACH 1970, p. 167; Catalogo MANN 1989, p. 152, n. 207; ZANKER 2002, pp. 118-120; HODSKE 2007, pp. 203-204; BRAGANTINI,SAMPAOLO 2009, p. 330; PPM IV, p. 540.

32 Per altre interpretazioni della scena si rimanda a PPM IX, p. 694; ZEVI 1960-61, pp. 34-36.

33 Per approfondimenti circa il mito narrato e la figura della Musa in generale cfr. GUALERZI 2005, pp. 67-96; CENTANNI 2006, pp. 151-161; GRASSIGLI 2011, pp.51-64; MENICHETTI 2011, pp. 45-50.

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9,5): ella è in posa di meditazione, il che la isola dal resto della scena, con lo sguardo diretto ad Atteone che ha già le corna e sta per essere sbranato dai suoi stessi cani. La figura della Musa ci consente effettivamente di entrare nella vicenda da un punto di vista emotivo. Ed ancora Diana che, nella pittura oggi al MANN, proveniente dalla Casa del Poeta Tragico (Pompei VI 8, 3.5), osserva la cerva a lei frontale, prefigurazione della sorte della giovane Ifigenia, condotta al sacrificio (n. 15), è indubbiamente un personaggio centrale nel mito, ma in questo contesto ha un ruolo secondario, ossia predittivo, poiché allude alle conseguenze dell’azione nociva del cacciatore, il vero soggetto della pittura. Prefigurazione della metamorfosi è anche il giovane nel quadro di Ciparisso34 dalla Casa dei Vettii (Pompei VI 15,1; n. 21), il quale sporge in alto a sinistra e, con aria serena e molle, anticipa il triste destino del giovane seduto, che diventerà un cipresso dopo aver ucciso involontariamente il proprio cervo. Questa presenza in alto funziona come prefigurazione della metamorfosi di Ciparisso ed anche come monito della conclusione finale del rapporto tra i due protagonisti. Similmente Hypnos, nella pittura proveniente dalla Casa di M. Lucretius Fronto (Pompei V 4, a), in secondo piano, osserva Venere scansare la mano di Marte dal suo seno (n. 10)35. Anche questo gesto ha un valore predittivo, il suo significato dipende dalla conoscenza dello spettatore che sa a che cosa allude, e prefigura il momento centrale del congiungimento, colto in assoluto in questa relazione gestuale tra i

34 Secondo I. Colpo la figura potrebbe essere una ninfa, generica personificazione del luogo dove si svolge la vicenda, oppure un’osservatrice, estranea alla vicenda, ma partecipe come spettatrice, che con il suo sguardo, rivolto al personaggio principale, indirizza anche il nostro, e concorre a creare, all’interno del quadro, la necessaria percezione di profondità.

Cfr. GHEDINI,COLPO 2008, pp. 49-71.

35 Vd. PPM III, p. 1018; MAIURI 1961, p. 55; DE VOS 1982, pp. 214-217; PETERS 1993, pp. 213-

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17 personaggi. É la stessa intenzione evincibile dal viso del Cureta (n. 13) alle nozze di Giove e Giunone (Casa del Poeta Tragico - Pompei VI 8, 3.5): è il suo sguardo a suggerire cosa guardare36. Complessivamente si può affermare che i nostri personaggi secondari, assumibili come allegorie del gesto in esame, usano il loro sguardo per indirizzare il nostro37, ci ammoniscono sull’oggetto precipuo d’interesse, ossia sul nucleo drammatico e sentimentale della scena, come personificando un certo movimento ‘guidato’ degli occhi.

CONCLUSIONI.

L'analisi delle attestazioni ha permesso di evidenziare alcuni elementi: i personaggi, che siano giovani o vecchi, donne o uomini, principali o secondari, sono inseriti in scene che abbiamo definito 'drammatiche', dove per drammatico si intende non tanto ciò che è relativo ad eventi necessariamente disastrosi, ma a situazioni che possono preludere a qualcosa di nefasto, che lo richiamano, a prescindere dalla sua effettiva realizzazione. Il valore iconografico del gesto pare legato all’idea di

‘avvertimento’ e all’azione di ‘avvertire’: da un lato esso avverte l’osservatore e indirizzare la sua attenzione in modo corretto; dall’altro è indicatore di una tragedia o una catastrofe solo ‘avvertite’, di cui personificano il sentore. Questi drammi sono, come visto, connessi ad eventi di morte, ad abbandoni, ad amori nefasti e sono legati quindi ad una dimensione di lutto incombente, dovuta ad una forma transitoria o

36 Cfr. PPM IV, p.538; HELBIG 1868, n. 114; BORDA 1958, p. 233; REINACH 1970, p. 8; Catalogo MANN 1989, p. 144, n. 156; PETERS 1993, pp.145-147; HODSKE 2007, p. 264; BRAGANTINI, SAMPAOLO 2009, p. 326; LINDNER 1997, pp. 736-741.

37 Sullo sguardo vd. RIZZINI 1998; GUALERZI 2005; LOSCALZO,MENICHETTI 2006; GRASSIGLI 2011; GIUMAN 2013; GIUMAN,ZACCAGNINO 2014.

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definitiva di separazione. In generale, tutte le attestazioni sembrano legate da un fattore comune: quello dell'attesa e la sua dimensione rarefatta e sospesa, ove qualcosa si è appena compiuto o sta per compiersi. La parola suspance mi sembra quella più adatta per definire queste scene: il termine indica uno stato di apprensione e di sottile attesa, di tensione e incertezza, che la scena sia in procinto di sciogliersi o nel suo momento iniziale. Questa sospensione poi, non è uguale in tutte le pitture, ma può essere variamente declinata nel senso della sorpresa, del dolore, del dubbio o ancora della meditazione. Non è possibile, come detto nelle considerazioni iniziali, legare questo gesto ad un unico sentimento, il ventaglio delle possibilità è molto ampio. Dall'indagine sui personaggi secondari è inoltre emerso che questo gesto non ha una natura narrativa: togliendo dalle pitture il soggetto autore del gesto, la logica della scena e l’identificabilità della narrazione non vengono inficiate38. Sembra quasi che li si includa con lo specifico compito di figurare il gesto medesimo e la sua valenza: si presentano allora come una spia, come un segnale di attenzione ad uso dello spettatore. Se è vero questo, non è allora necessario identificare i soggetti ‘pensosi’, dare loro lo spessore di personaggio, assegnare loro un nome e un vissuto. E quando il personaggio che compie il gesto, teoricamente ‘non necessario’, è invece

‘necessario’ al racconto mitologico, poiché è uno dei personaggi del mito, allora il gesto stesso è doppiamente potente. Quando la posa interessa personaggi secondari, d’altro canto, il gesto può amplificare il loro isolamento, si presenta come un gesto di ritrazione in sé, di minimo contatto con gli altri personaggi. In questi casi i soggetti appaiono in secondo piano

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19 sia nella costruzione grafica del quadro, sia quanto alla loro valenza espressiva. Il gesto non è dunque un gesto propriamente di relazione: la forma di contatto più potente è quella che si stabilisce tra il personaggio assorto e o spettatore del quadro. In questo senso, sono essi stessi spettatori e ‘commentatori gestuali’, già esegeti di primo grado, della scena.

Questo pare evidente se il nostro gesto viene messo a paragone con il suo opposto, che consiste nel portare la mano al mento di un'altra persona, utilizzando l’attitudine nella sua potenzialità massima di stabilire un reciproco contatto, tutto interno della scena dipinta. Il gesto di portare la mano al mento dell'altro è, in particolare, un gesto di seduzione o di supplica, che implicano entrambi una richiesta di scambio affettivo39. I nostri personaggi, invece, restano legati allo spazio che occupano, senza un'incursione in quello altrui, fermi a rappresentare la stasi dell’azione, o la sua cristallizzazione, un momento sospeso nel tempo che è, appunto, qui ed ora.

39Il tema è stato ampiamente trattato da M. Baggio in BAGGIO 2004, nello specifico l‘autrice si è soffermata sul mondo greco tra VI e V sec a.C. Sui gesti del dolore, si veda anche PEDRINA 2001.

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CATALOGO.

n. 1

Soggetto: Venere con Adone/ Anchise/ Marte Didone ed Enea

nella grotta di Atlante (da

https://commons.wikimedia.org/wiki/Catalogue_of_the_M useo_Archeologico_di_Napoli_(inventory_MANN)#Frescos_

(Catalogue)

Datazione: 17 a.C. circa

Luogo di ritrovamento: Pompei I 4, 5.25 Casa del Citarista, ambiente (20), parete N

Collocazione: Napoli, Museo Archeologico Nazionale, inv.

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21 Tipologia: pittura murale

Misure: 253 x 150 cm

Personaggi: Didone, Enea, Ascanio, giovane donna

Descrizione: al centro della rappresentazione compare una coppia, seduta su una roccia. Ai loro piedi vi è un cane accucciato. In basso una giovane volge le spalle ai due protagonisti, seduta anch’ella su una roccia. Porta la mano sinistra al mento, mentre la destra sorregge il gomito sinistro.

Il capo sembra leggermente reclinato a sinistra; gli occhi sono socchiusi. Le gambe sono incrociate sulle caviglie. In alto è presente un amorino in volo con fiaccola.

Interpretazione: la pittura è stata interpretata come il ritiro di Enea e Didone nella grotta di Atlante. Come offrendo una sintesi pittorica del libro IV dell'Eneide, i protagonisti sono colti nel momento in cui la donna cerca di trattenere l'eroe, pronto a ripartire per la sua missione. Quanto alla giovane seduta con la mano al mento, Helbig la descrive come se sembrasse addormentata, avvolta nella sua clamide. Secondo altri autori si tratterebbe di un giovane addormentato, forse Ascanio abbigliato alla maniera frigia.

Fonti: Virg., Aen. IV, 220 ss.

Bibliografia: PPM, I p. 153; HELBIG 1868, n.323; MAIURI 1961, p. 67; NAPPO 1998, pp. 24-39; ZANKER 2002, p. 121; NAVA,PARIS, FRIGGERI 2007, p. 132; PROVENZALE 2008, pp. 17-55.

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n. 2

Soggetto: Teti e la consegna delle armi di Achille da parte di Efesto (da PPM I, p. 209).

Datazione: II stile, fase II a

Luogo di ritrovamento: Pompei I 6, 2, Casa del Criptoportico.

Criptoportico (17), ala E, parete O, tratto S Collocazione: in situ

Tipologia: pittura murale Misure: ---

Personaggi: Efesto, Teti, Nereide

Descrizione: a sinistra della composizione vediamo un uomo, seduto, che indossa una corta tunica e un pilos; di fronte a lui una donna regge uno scudo. A destra una figura femminile seduta osserva la scena, un velo le copre la testa. La donna tiene la mano destra al mento e la sinistra sul ginocchio. Ai piedi dei personaggi è possibile riconoscere le iscrizioni con i loro nomi.

Interpretazione: la pittura si inserisce in un fregio di contenuto

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23 epico relativo alla Guerra di Troia. L'episodio è quello della consegna delle armi di Achille da parte di Efesto. Al centro della scena vediamo Efesto seduto; di fronte a lui vediamo una giovane, identificata come una Nereide, personificazione della lucentezza dello scudo, e Teti, la madre dell'eroe. Questo tema troverà molta fortuna in pitture databili alla fase di transizione tra III e IV stile, nelle quali però l'iconografia muta e acquista un diverso significato, in quanto Teti osserva nello scudo il destino del figlio e la propria immagine.

Bibliografia: PPM I p. 209; BORDA 1958, pp. 169-172; MAIURI

1961, pp. 71-72; REINACH 1970, p. 19; MOORMANN 1988, pp. 143- 145; PPF 1998, pp. 74-76; BALDASSARRE, PONTRANDOLFO, ROUVERET,SALVADORI 2002, pp. 108-114; VOLKOMMER 1997, pp.

6-14.

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n. 3

Soggetto: Educazione di un'adepta (da PPM I, p. 260) Datazione: II stile, fase II a

Luogo di ritrovamento: Pompei I 6, 2 Casa del Criptoportico, oecus (22), parete S, tratto E

Collocazione: in situ Tipologia: pittura murale Misure: ---

Personaggi: Vittoria, due figure femminili, una figura maschile

Descrizione: al centro della scena vediamo una figura stante;

con la mano sinistra tiene una palma, con la destra sorregge lo scudo. Alle sue spalle vi è una figura femminile seduta con le gambe accavallate; porta la mano destra al mento e il gomito è appoggiato sulla gamba. La donna al centro della composizione guarda una figura maschile che tiene tra le mani

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25 femminile totalmente ammantata da un velo che tiene tra le mani un flabello.

Interpretazione: il quadro rappresenterebbe l'istruzione di una adepta, alla quale la Vittoria mostra su di una tavola i trionfi di Dioniso. Secondo altri il giovane mostrerebbe sulla tavola (o stele) la panoplia, allusione al trofeo ottenuto.

Bibliografia: PPM I, p. 260; PPF, pp. 74-75; SPINAZZOLA 1953, pp. 517-519; BORDA 1958, pp. 177-178; MAIURI 1961, pp. 71-72.

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n. 4

Soggetto: Giovane appoggiato alla lancia (da PPM I, p. 321) Datazione: IV stile

Luogo di ritrovamento: Pompei I 6, 4 Casa del Sacello Iliaco, cubicolo (l), parete (O), tratto N

Collocazione: in situ Tipologia: pittura murale Misure: ---

Personaggi: figura maschile

Descrizione: la figura di un giovane si staglia sullo sfondo giallo; è appoggiato alla lancia con la mano sinistra, mentre la destra è vicino alla bocca.

Interpretazione: ---

Bibliografia: PPM I, p. 321; PESANDO 1997, pp. 35-45.

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27 n. 5

Soggetto: Abbandono di Arianna (da PPM I, p. 897) Datazione: III stile finale

Luogo di ritrovamento: Pompei I 8, 17 Casa dei Quattro Stili, tablino (16), parete N, edicola centrale

Collocazione: in situ Tipologia: pittura murale Misure: ---

Personaggi: Arianna, Atena, Teseo

Descrizione: al centro della composizione compare la figura di un uomo nudo. Tiene la mano destra al mento; il capo è rivolto a sinistra, alla donna di fronte a lui che, stante, si appoggia alla lancia, il braccio destro è steso verso la figura maschile, il corpo sembra ugualmente proteso verso di lui.

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Sdraiata a terra, dietro l'uomo al centro della composizione, vediamo una donna.

Interpretazione: la scena è stata interpretata come il momento in cui Arianna sta per essere abbandonata da Teseo. L'eroe si trova vicino ad Arianna, ma è rivolto ad Atena (che riconosciamo grazie ai suoi attributi topici: l'elmo, la lancia) che lo invita a ritornare, lasciando a Nasso la donna addormentata.

Bibliografia: PPM I, p. 897; MAIURI 1961, pp. 62-63; DE VOS

1979, pp. 83-84; DE VOS 1982, p. 116; GALLO 1988, pp. 57-80;

HODSKE 2007, p. 155; COLPO 2011b, pp. 65-77; NEILS, WOODFORD 1994, pp. 922-951; BERUHARD 1986, pp. 1050-1070.

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29 n. 6

Soggetto: Punizione di Atteone (da PPM II, p. 53) Datazione: III stile

Luogo di ritrovamento: Pompei I 9, 5 Casa dei Cubicoli floreali o del Frutteto, triclinio (11), parete O, tratto centrale.

Collocazione: in situ Tipologia: pittura murale Misure: ---

Personaggi: Atteone, Diana, Musa, erma- statua di Pan

Descrizione: in basso a sinistra della composizione vediamo una donna, nuda, che cerca di nascondere il proprio corpo con un mantello gettato sulla riva. È osservata da un uomo (in alto a destra), sul cui capo vediamo spuntare delle corna. In basso a sinistra vi è una figura femminile, appoggiata ad una

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colonnina, con la mano destra al mento, la sinistra al gomito.

La donna è completamente avviluppata in un abito chiaro da cui riusciamo a intravedere solo le braccia.

Interpretazione: la pittura combina tre momenti del mito di Atteone che, per aver spiato Diana al bagno, viene trasformato in cervo e sbranato dai propri cani (al centro), dopo una inutile fuga (in basso a destra). La donna appoggiata alla colonnina è stata identificata come una Musa: ella sembra 'riassumere' le compagne della dea menzionate da Ovidio e funzionare come personificazione della fonte. La donna è atteggiata nel gesto riservato alla Musa Polimnia, la musa pensosa.

Bibliografia: PPM II, p. 53; MAIURI 1961, p. 84; GUALERZI 2005, pp. 67-96; CENTANNI 2006, pp. 151-161; GRASSIGLI 2011, pp.51- 64; MENICHETTI 2011, pp. 45-50.

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31 n. 7

Soggetto: Perseo nel palazzo di Kepheus (da PPM II, p. 320) Datazione: IV stile

Luogo di ritrovamento: Pompei I 10, 4 Casa del Menandro, Ambiente (15), parete N, tratto centrale

Collocazione: in situ Tipologia: pittura murale Misure: 72 x 68 cm

Personaggi: Perseo, Andromeda, Kepheus, donna

Descrizione: la pittura presenta quattro personaggi, fianco a fianco, sullo stesso piano: una figura maschile a destra in nudità; accanto a lui due figure, e un secondo uomo, di cui riusciamo a distinguere chiaramente solo i piedi calzati. I volti sono completamente perduti. La pittura si presenta molto sbiadita, tanto da non consentire una lettura chiara dei

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dettagli. La donna al centro della scena indossa un lungo abito e un velo che le copre la testa. La mano sinistra è portata al mento, mentre la destra sorregge il gomito sinistro.

Interpretazione: la pittura è stata interpretata come il momento in cui Perseo (a destra) ottiene da Kepheus (a sinistra) la figlia Andromeda, dopo averla salvata da un mostro. Il pittore romano ha scelto di rappresentare il dialogo tra Perseo e i genitori di Andromeda, dopo averla liberata. La donna velata potrebbe essere interpretata come Cassiopea, madre di Andromeda. Ciò sulla base del racconto di Apollodoro: la donna, non sapendo che la figlia è stata salvata, si presenta all'eroe nell'atteggiamento del lutto.

Bibliografia: PPM II, p. 320; MAIURI 1961, pp. 72-75;

SCHAUENBURG 1981, pp. 774-790; DE VOS 1982, pp. 90-96;

ROCCOS 1994, pp. 332-348; LING 2005, pp. 77-80; HODSKE 2007, p. 184.

(33)

33 n. 8

Soggetto: Achille pensante (dettaglio, da PPM III, p. 89) Datazione: IV stile

Luogo di ritrovamento: Pompei II 2,2 Casa di D. Octavius Quartio, oecus (h), parete E, tratto S, zona mediana, predella nera (particolare, sotto le nozze di Esione)

Collocazione: in situ Tipologia: pittura murale Misure: ---

Personaggi: Ideo, Priamo, Achille, Fenice

Descrizione: il fregio si compone di cinque figure, da sinistra a destra: un uomo seduto con le mani piegate sul ginocchio destro; un uomo di spalle, accasciato; una tenda dietro un personaggio in piedi con lancia e un altro inginocchiato davanti. All'estrema destra della composizione vediamo un uomo, nudo, seduto. Porta la mano destra al mento e tiene la sinistra sulla gamba. Non è possibile descrivere dettagliatamente la figura poiché compromesso, il resto è chiaro.

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Interpretazione: la predella si inserisce all'interno di un contesto ben preciso, quello del Ciclo iliaco. La parete E dell'oecus (h) è infatti affrescata con fregio relativo alle vicende troiane di Ercole e Laomedonte. L'uomo seduto all'estrema destra è stato interpretato come Achille.

Bibliografia: PPM III, p. 89; BORDA 1958, pp. 247-251; DE VOS

1982, pp. 138-141; CORALINI 2002, pp. 331-343; ESPOSITO 2009, pp. 58-61.

n. 9

Soggetto: Dedalo e Pasifae (da PPM III, p. 837, disegno di Discanno)

Datazione: III stile

Luogo di ritrovamento: Pompei V 2,4 Casa V 2, 10, triclinio (n),

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35 Collocazione: distrutto, disegno di Discanno

Tipologia: pittura murale Misure: ---

Personaggi: Dedalo, Pasifae, personaggio alato

Descrizione: al centro della scena un personaggio maschile, seduto su un palchetto a più livelli, mostra alla donna che gli sta di fronte il modellino di una vacca. In secondo piano vediamo una figura alata. La donna indossa una lunga veste e un velo le copre la testa. La mano destra è portata al mento, la sinistra a sorreggere il gomito. Guarda quello che le viene mostrato, si presenta dunque di profilo.

Interpretazione: la scena rappresenta Pasiphae nella bottega di Dedalo. La donna, per soddisfare il suo desiderio nei confronti del toro che Poseidone aveva inviato a Creta, chiese a Dedalo di costruire una giovenca di legno per potersi congiungere fisicamente con l'animale sacro. Dedalo è raffigurato con la tunica corta degli artigiani. La donna è intenta a guardare.

Bibliografia: PPM III, p. 837; REINACH 1970, p. 183; MAU 1982, p. 262; MOORMANN 1988, p.166; PAPADOPOULOS 1994, pp. 193- 195.

(36)

n. 10

Soggetto: Amori di Marte e Venere (da PPM III, p. 1018) Datazione: III stile

Luogo di ritrovamento: Pompei V 4, a Casa di M. Lucretius Fronto, tablino (7), parete N, zona mediana

Collocazione: in situ Tipologia: pittura murale Misure: 481 x 44 cm

Personaggi: Marte, Venere, due donne, Hypnos con due donne, Eros

Descrizione: in primo piano una donna, seduta su un cuscino, respinge la mano dell'uomo che, alle sue spalle, tenta di

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37 paludamentum. Sul lato sinistro la composizione è equilibrata da due figure femminili sedute. In secondo piano entrano dalla porta nel centro dello sfondo tre figure: due donne sono accanto ad un uomo dalla fronte alata; l’uomo porta la mano destra al mento, nello specifico il dito indice. Fulcro della scena è il fanciullo in basso, con il suo arco, pronto a scoccare una freccia.

Interpretazione: la scena rappresenta gli amori tra Venere e Marte. Problematica è l'interpretazione dei tre personaggi sullo sfondo, soprattutto l'uomo con la fronte alata. Si è ipotizzato si tratti di Hypnos che addormenta Venere e Marte prima dell'arrivo di Efesto con gli altri dei. L'atteggiamento del dio è stato interpretato come di sorpresa. Altra interpretazione indica nell'uomo Helios.

Bibliografia: PPM III, p. 1018; MAIURI 1961, p. 55; DE VOS 1982, pp. 214-217; PETERS 1993, pp. 213-216; BALDASSARRE, PONTRANDOLFO, ROUVERET, SALVADORI 2002, pp. 192-199;

MAZZOLENI 2004, pp. 274-278.

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n. 11

Soggetto: toeletta di donna (dettaglio, PPM IV, p. 35) Datazione: ---

Luogo di ritrovamento: Pompei VI 1, 7 Casa delle Vestali, ambiente (43)

Collocazione: distrutta Tipologia: pittura murale Misure: ---

Personaggi: cinque donne

Descrizione: al centro della scena vediamo una donna seduta in seggio. Il braccio destro è teso verso un'altra donna che le

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39 un'altra figura femminile che le acconcia i capelli. La sinistra della composizione ospita due donne: una seduta, l'altra stante alle spalle dell’altra. La giovane seduta, con la gamba destra accavallata sulla sinistra, porta la mano sinistra al mento; il gomito è appoggiato sul ginocchio destro.

Interpretazione: la pittura è conosciuta grazie ad un disegno ricostruttivo di Serafino Mastracchio. Il quadro si inseriva al centro della parete, circondato da vignette con figure femminili in volo, amorini, grottesche. La scena è stata interpretata come una scena di toeletta femminile.

Bibliografia: PPM IV, p. 35; HELBIG 1868, n. 1436; MAIURI 1961, p. 42; REINACH 1970, pp. 265-267.

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n. 12

Soggetto: Processione di falegnami (da https://commons.wikimedia.org/wiki/Catalogue_of_the_M useo_Archeologico_di_Napoli_(inventory_MANN)#Frescos_

(Catalogue)

Datazione: III stile

Luogo di ritrovamento: Pompei VI 7, 8.12 Bottega del Profumiere, pilastro di ingresso alla bottega n. 8

Collocazione: Napoli, Museo Archeologico Nazionale, inv.

8991

Tipologia: pittura murale Misure: 73 x 80,5 cm

Personaggi: Dedalo, falegnami

Descrizione: quattro uomini, poggiandosi ad un bastone, trasportano un'edicola. All'interno ci sono alcuni personaggi:

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41 un uomo stante di fronte ad un cadavere, vestito con una corta tunica, tiene la mano sinistra al mento. Al centro due operai intenti a segare un asse di legno mentre un terzo, sulla sinistra, trasporta altre due assi. Dietro quest'ultimo si intravedono i resti di una grande figura con uno scudo appoggiato a terra.

Interpretazione: nell'VIII libro delle Metamorfosi, Ovidio racconta la storia di Pernice, ucciso da Dedalo perché geloso delle qualità di costruttore del giovane. Dedalo sarebbe stato qui ritratto nel momento in cui osserva il cadavere di Pernice, da lui ucciso. L'affresco era l'insegna che ornava uno dei pilastri di ingresso di una Officina lignaria.

Bibliografia: PPM IV, p. 391; HELBIG 1868, n. 1480; REINACH

1970, p. 236; Catalogo MANN 1989, p.168, n. 327; NYENHUIS

1986, pp. 313-321; NAVA,PARIS,FRIGGERI 2007, p. 144.

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n. 13

Soggetto: Nozze di Giove e Giunone (da PPM IV, p. 538) Datazione: IV stile

Luogo di ritrovamento: Pompei VI 8, 3.5 Casa del Poeta tragico, atrio (3), parete S, tratto E

Collocazione: Napoli, Museo Archeologico Nazionale, inv.

9559

Tipologia: pittura murale Misure: 123 x 129 cm

Personaggi: Giove, Giunone, Iride, tre giovani

Descrizione: in primo piano vediamo sulla destra un uomo, di profilo, seduto su delle rocce. Indossa un manto rosso e ha il

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43 capo coronato di quercia. Nella mano sinistra tiene lo scettro, mentre con la destra prende il braccio della donna di fronte a lui. Alle spalle della donna vi è una figura alata. Sul fondo vediamo una colonna sulla cui cima poggiano tre leoni, tibie e cimbali sono legati nel mezzo; più sotto un timpano. In basso a destra, seduti su rocce, ci sono tre giovani in nudità: uno dei tre giovani è seduto su una roccia, porta la mano destra al mento, mentre la sinistra al gomito destro.

Interpretazione: la scena è interpretata come la hierogamia tra Giove e Giunone. I simboli legati alla colonna sarebbero una indicazione del luogo dove si svolge la scena, il Monte Ida. Il giovane che guarda la scena centrale è stato interpretato come un Cureta. I Cureti sono mitici personaggi provenienti dall'Etolia a cui Rea affidò il compito di proteggere Zeus, appena nato, dall'ira del padre Crono. I Cureti infatti suonavano i loro scudi per coprire i vagiti del re degli dei.

Bibliografia: PPM IV, p. 538; HELBIG 1868, n. 114; BORDA 1958, p. 233; MAIURI 1961, p. 39; PETERS 1963, pp.145-147; REINACH 1970, p. 8; DE VOS 1982, p. 223; Catalogo MANN 1989, p. 144, n.

156; HODSKE 2007, p. 264; BRAGANTINI,SAMPAOLO 2009, p. 326;

LINDNER 1997, pp. 736-741.

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n. 14

Soggetto: Consegna di Briseide (da PPM IV, p. 538) Datazione: IV stile

Luogo di ritrovamento: Pompei VI 8, 3.5 Casa del Poeta Tragico, atrio (3), parete E, tratto S

Collocazione: Napoli, Museo Archeologico Nazionale, inv.

9105

Tipologia: pittura murale Misure: 122 x 127 cm

Personaggi: Achille, Briseide, Fenice, Patroclo, araldi

Descrizione: al centro della scena vediamo un uomo seduto su un trono, dietro di lui intravediamo una tenda. Al suo fianco un altro uomo è di spalle e con la mano destra afferra il braccio della donna che gli sta di fronte. In secondo piano compare un personaggio con un caduceo nella mano sinistra. Dietro la

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45 figura seduta ci sono cinque uomini armati, con elmo e scudi.

Al centro della composizione si situa un uomo anziano che porta la mano destra al mento mentre la sinistra è appoggiata alla spalliera del trono. L'uomo osserva con la fronte corrucciata il personaggio seduto, il capo è rivolto verso destra.

Interpretazione: il quadro raffigura il momento in cui Briseide viene riconsegnata da Achille ad Agamennone. L'eroe è seduto in trono, irato ma composto. L'uomo che sta per portarla via, di spalle, è Patroclo. Dietro l'eroe i cinque uomini elmati sono i Mirmidoni; l'uomo con il caduceo è l'ambasciatore venuto a portare ad Achille la nefasta notizia. L'uomo dietro Achille è stato interpretato come il pedagogo Fenice. In varie attestazioni lo vediamo infatti in secondo piano, non veramente partecipe all'azione.

Bibliografia: PPM IV, p. 540; HELBIG 1868, n. 1309; BORDA 1958, pp. 232-233; MAIURI 1961, p. 39; REINACH 1970, p. 167; DE VOS 1982, p. 223; Catalogo MANN 1989, p.152, n. 207; ZANKER

2002, pp. 118-120; HODSKE 2007, pp. 203-204; BRAGANTINI, SAMPAOLO 2009, p. 330.

(46)

n. 15

Soggetto: Sacrificio di Ifigenia (da https://commons.wikimedia.org/wiki/Catalogue_of_the_M useo_Archeologico_di_Napoli_(inventory_MANN)#Frescos_

(Catalogue)

Datazione: IV stile

Luogo di ritrovamento: Pompei VI 8, 3.5 Casa del Poeta Tragico, peristilio (10)

Collocazione: Napoli, Museo Archeologico Nazionale, inv.

9112

Tipologia: pittura murale Misure: 123 x 126 cm

(47)

47 con cerva, Odisseo

Descrizione: al centro della scena vediamo una donna nuda, coperta solo nella parte inferiore del corpo da un manto, con le braccia aperte, è tenuta in braccio da due uomini. Sulla destra della composizione vediamo un uomo anziano, barbato; nella mano destra (vicina al viso) tiene una corta spada. Dalla parte opposta della scena vi è un altro uomo, appoggiato ad una colonna; un mantello lo copre completamente. In alto sbucano dalle nubi due busti femminili: la donna di sinistra trattiene un cervo. Di fronte a lei l’altra porta la mano destra al mento, mentre nella mano sinistra tiene un arco.

Interpretazione: l'affresco raffigura il sacrificio di Ifigenia. Al centro della scena la fanciulla, tenuta in braccio da Odisseo e Diomede (o Achille), è pronta per essere sacrificata. Calcante, sulla destra, ha già in mano gli strumenti per il sacrificio.

L'autore del dipinto ha condensato in un unico momento vari aspetti del mito: sulla sinistra infatti vediamo Agamennone, completamente velato e con il volto coperto da una mano, disperarsi per la scelta compiuta. I due busti femminili in alto rappresentano la dea Artemide e una ninfa. Il cervo potrebbe essere la prefigurazione della sostituzione di Ifigenia, ad opera di Artemide, con la cerva stessa.

Bibliografia: PPM IV, p. 552; HELBIG 1868, n. 1304; BORDA

1958, pp. 232-233; MAIURI 1961, p. 39; REINACH 1970, p. 169; DE

VOS 1982, p. 223; Catalogo MANN 1989, p. 152, n. 204;

BALDASSARRE,PONTRANDOLFO,ROUVERET,SALVADORI 2002, pp.

160-164; BRAGANTINI,SAMPAOLO 2009, p. 332; KAHIL 1984, pp.

618-753.

(48)

n. 16

Soggetto: Teti nell'officina di Efesto (da PPM IV, p. 675) Datazione: IV stile

Luogo di ritrovamento: Pompei VI 9, 2.13 Casa di Meleagro, atrio (2), parete N, tratto O

Collocazione: Napoli, Museo Archeologico Nazionale, inv.

9528

Tipologia: pittura murale Misure: 110 x 100 cm Personaggi: Efesto, Teti

Descrizione: alla sinistra della scena si intravede la sagoma di un uomo; regge con la mano sinistra uno scudo e lo mostra ad una donna seduta di fronte a lui, con le gambe accavallate, la mano destra al mento e la sinistra al gomito destro. Il viso è poco visibile.

Interpretazione: la scena rappresenta un episodio omerico:

(49)

49 prendere le armi del figlio. Efesto tiene davanti a sé lo scudo e la dea ci si specchia. È questo uno schema compositivo tipico del passaggio tra il III e il IV stile, l'iconografia però è mutata e ha acquista un diverso significato: Teti osserva nello scudo il destino del figlio e la propria immagine.

Bibliografia: PPM IV, p. 675; HELBIG 1868, n. 1317; MAIURI

1961, p. 44; REINACH 1970, p. 19; DE VOS 1982, pp. 186-187;

MOORMANN 1988, pp. 174-177; BRAGANTINI,SAMPAOLO 2009, p.

281; VOLKOMMER 1997, pp. 6-14.

n. 17

Soggetto: Donna in trono (da PPM IV, p. 693) Datazione: IV stile

Luogo di ritrovamento: Pompei VI 9, 2.13 Casa di Meleagro, cubicolo (13), parete O

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