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La tragedia del proibizionismo

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La tragedia del proibizionismo

di Luigi Manconi e Antonella Soldo

L'Unità, 15 febbraio 2017

Sei milioni di consumatori di cannabis e oltre 13mila procedimenti penali aperti ogni anno. I dati del fallimento del proibizionismo sono molti e diversi: la loro evidenza non dovrebbe richiedere ulteriori approfondimenti e più serrate argomentazioni, tanto quei numeri risultano

inequivocabili. Eppure la sensazione è che da soli non bastino a spiegare l'insensata tragedia del proibizionismo.

C'è qualcosa che sfugge alla contabilità dei danni. Qualcosa che non si misura in risorse

inutilmente investite, in tempo dissipato per il controllo e la repressione di stili di vita così diffusi, in apparati vanamente predisposti e vanamente applicati. Qualcosa che, invece, ha a che fare con la dimensione del dolore, della solitudine, dello spavento. Quanto pesa la vergogna degli sguardi dei compagni fuori dalla scuola mentre la Guardia di finanza trova dell'hashish nelle tue tasche? Quanto vale la paura del tragitto nella volante che ti porta a casa a cercare il resto?

In quale casella collocare la preoccupazione e la delusione dei tuoi genitori che ti fanno entrare accompagnato dai militari? E cosa dire domani, a scuola, al preside e ai professori?

È toccato al ragazzino di Lavagna e all'insicurezza dei suoi 16 anni rendere irreparabilmente visibile tutto questo. Al suo salto nel vuoto e al suo fragile corpo. Criminalizzare (è una parola che usiamo con riluttanza) vuol dire proprio questo: prendere la vita di un ragazzo qualunque e immetterla in un circuito obbligato di pratiche e procedure che la rende irriconoscibile. E che lascia per sempre sul suo corpo i segni delle angosce e degli incubi, delle minacce e delle interdizioni.

Segni incisi in profondità da una normativa irrazionale e iniqua e non più sostenibile. Non

rischiava il carcere, quel sedicenne, per 10 grammi di hashish. Per consumo personale il nostro ordinamento prevede solo una sanzione amministrativa: ritiro della patente, del porto d'armi, del passaporto. Se sei un minore e non hai precedenti te la puoi cavare con una segnalazione al prefetto e un ammonimento verbale. Resta, in ogni caso, la stigmatizzazione: sia come diaframma di incomprensione e sfiducia all'interno delle relazioni familiari; sia come marchio pubblico - quando c'è - di un comportamento illegale e di uno stile di vita sregolato.

È capitato a lui, ma poteva capitare a quasi un terzo degli studenti italiani: sono il 27%, infatti, coloro che hanno sperimentato il consumo di almeno una sostanza illecita nel corso dell'ultimo anno. Tra tutte le sostanze consumate, la cannabis è quella maggiormente utilizzata, seguita da stimolanti, cocaina, allucinogeni ed eroina. Ma il segnale di maggiore allarme riguarda i giovani che hanno fatto ricorso a sostanze psicoattive "sconosciute", ignorandone la natura e gli effetti e, quindi, aumentando esponenzialmente i rischi derivanti dal loro consumo. Si stima, infatti, che circa il 2% degli studenti abbia assunto sostanze psicoattive senza sapere di cosa si

Registro Stampa del Tribunale di Padova (n° 1964 del 22 agosto 2005)

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trattasse.

In questo quadro, sembra che la gran parte delle attività investigative e quelle destinate al controllo e alla repressione si concentra sul consumo giovanile dei derivati della cannabis.

Eppure le retate nelle scuole, con tanto di sirene spiegate e cani antidroga tra i banchi, non paiono scalfire minimamente il fenomeno. E lasciano i ragazzi in balia dei pericoli delle piazze di spaccio. Piazze che lo Stato aiuta a ripulire dai cosiddetti "pesci piccoli", tossicodipendenti, spacciatori occasionali e semplici consumatori, senza minimamente intaccare il grande mercato illegale. Se non sono questi ragionevolissimi argomenti a indurre il Parlamento a superare una legislazione proibizionista che si è rivelata fallimentare, sarà forse quel corpo sedicenne lanciato nel vuoto per la vergogna di un crimine che non è un crimine e che mai è stato commesso, a far cambiare le cose? E la mentalità di una classe politica ormai desolatamente incapace di

ascoltare "le voci di dentro"? Quelle di un ragazzino che mai diventerà uomo e dei suoi compagni di scuola e quelle dei loro genitori.

Registro Stampa del Tribunale di Padova (n° 1964 del 22 agosto 2005)

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