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La disabilita visiva arriva in azienda

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Academic year: 2022

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La disabilità visiva arriva in azienda

Martino Zavagno e Laura Brera

ABSTRACT

Il percorso di inserimento lavorativo della persona con disabilità sensoriale visiva - una realtà molto complessa e variegata - potrebbe attingere strumenti e risorse metodologiche dei professionisti della riabilitazione per la valutazione sia degli ambiti che della qualità degli accomodamenti. L’obiettivo di questo lavoro è di presentare ed esemplificare tale approccio specifico, e relative buone prassi, per arrivare ad una concreta proposta operativa di intervento.

KEYWORDS

Disability management, accomodamento ragionevole, lavoratori con disabilità sensoriale.

Introduzione

L’inserimento professionale della persona con deficit visivo è legato ad almeno tre tipi di fattori:

a) personale, come il livello di formazione scolastica e professionale, le competenze di orientamento e mobilità e di autonomia quotidiana, la motivazione;

b) ambientale, attraverso l’evoluzione delle nuove tecnologie e l’abbattimento delle barriere architettoniche;

c) sociale, per l’impatto dell’immagine culturale della persona con disabilità visiva e del suo ruolo nel mondo del lavoro, così come della legislazione e degli aiuti sociali.

In merito a ciò Hatwell (2010) rilevava che una società più inclusiva ed attenta alle esigenze delle persone con disabilità ha permesso - negli ultimi tre decenni - un aumento del ventaglio di professioni che una persona con deficit sensoriale può esercitare. Un interessante approfondimento in tal senso è stato affrontato recentemente da Cascio (2017); nel suo lavoro di tesi ha raccolto ed analizzato la realtà delle persone con deficit visivo che, sempre più spesso, decidono di percorrere strade lavorative non protette da leggi speciali. Se a questa nuova dimensione affianchiamo anche gli aspetti legislativi di tutela emerge chiaramente l’esigenza delle persone con disabilità di essere messe in condizione di realizzarsi nel mondo del lavoro. In tal senso l’interesse delle aziende che stanno per assumere una persona con deficit visivo sarà quello di garantire i necessari accomodamenti per dare al lavoratore le stesse opportunità di svolgere le sue mansioni in modo proficuo e paritario.

L’insieme dei cambiamenti attivati all’interno delle organizzazioni, al fine di agevolare il dipendente con disabilità nello svolgimento dell’attività lavorativa, viene definito “accomodamento ragionevole” (Zappella, 2014) e la Convenzione ONU peri diritti delle persone con disabilità (2016) prevede che tali adattamenti non impongano all’organizzazione un onere sproporzionato eccessivo. Alcuni luoghi comuni legati all’assumere persone con disabilità visiva sono, ad esempio, che adattare il luogo di lavoro per un ipovedente è molto costoso, e che maggiore è la spesa e migliore sarà l’ambiente o la postazione. Questi assunti sono un forte ostacolo al pieno inserimento lavorativo delle persone con disabilità visiva, e sono frutto di un approccio non corretto al problema. Capita spesso che anche a fronte di spese ingenti da parte dell’azienda il lavoratore si trovi ancora in difficoltà o che l’ambiente lavorativo presenti elementi di rischio, pericolo o stress. In tale situazione è chiaro che valuteremo gli accomodamenti come tutt’altro che

ragionevoli.

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La complessità della disabilità visiva si traduce spesso nella difficoltà di valutare adeguatamente quella che potremmo definire appunto la “ragionevolezza” di un accomodamento. Riteniamo che questo tipo di valutazione debba necessariamente essere definita a partire dalle esigenze individuali e dalla abilità trasversali del lavoratore; in tal senso l’ambito riabilitativo è quello che può fornire maggiori strumenti di indagine. Proporremo quindi un’analisi delle competenze di autonomia della persona con deficit visivo e del ruolo che possono avere negli adattamenti, così come delle possibili barriere ambientali e sociali che posso interferire con lo svolgimento adeguato delle mansioni. In ultima istanza valuteremo il possibile ruolo di mediazione dei professionisti della riabilitazione nel percorso di inserimento lavorativo della persona con deficit visivo.

Autonomia del lavoratore con deficit visivo

Il lavoro, come qualunque attività umana, si realizza attraverso una costante interazione con l’ambiente circostante. Tale interazione prevede la raccolta d’informazioni, la loro elaborazione ed un’azione

conseguente e adeguata. Si dà per scontato che un lavoratore sia in grado, ad esempio, di: spostarsi da un ufficio all’altro, recarsi sul luogo di lavoro, relazionarsi con i colleghi, organizzare la propria postazione, utilizzare i servizi messi a disposizione (aree ristoro, mense, ascensori, bagni,…). Si tratta di competenze accessorie, ma necessarie, ad una gestione globale ed efficace della propria attività lavorativa.

Per quanto riguarda la disabilità sensoriale, il limite all’interazione con l’ambiente è legato esclusivamente alla raccolta di informazioni e dipende dal canale sensoriale deficitario. Tuttavia è possibile raccogliere le informazioni necessarie attraverso gli altri canali disponibili (sensi vicarianti) in modo efficace ed integrato.

Allo stesso modo è possibile apprendere specifiche tecniche e strategie legate al proprio deficit. Rispetto alle competenze esemplificate vi sono una serie di abilità dalle quali esse dipendono:

• Orientamento Mobilità

o esplorare e conoscere i propri spazi e i propri strumenti

o esplorare, conoscere e orientarsi in un ambiente interno o esterno o muoversi adeguatamente in un ambiente interno con o senza ausili o strutturare i propri percorsi quotidiani

• Autonomia Personale

o curare la propria persona e il proprio abbigliamento o sapere comunicare e relazionarsi in modo appropriato o sapersi presentare e autopromuoversi

La persona con deficit visivo non acquisisce queste abilità in modo automatico durante lo sviluppo ma deve costruirle con l’esperienza, la motivazione e l’impegno attraverso specifici percorsi abilitativi/riabilitativi individuali ed individualizzati. Sono gli stessi lavoratori con deficit visivo a segnalare tali abilità tra le

competenze trasversali predittive per un buon inserimento lavorativo; ne consegue l’importanza di specifici progetti in tal senso (Cascio, 2017)

Più queste abilità sono apprese e sviluppate tanto più sarà possibile ridurre il numero di accomodamenti necessari, limitare gli aspetti in cui questi si rendono necessari ed il loro impatto su colleghi e azienda. In tal senso riteniamo, quindi, che nella specificità della disabilità visiva l’accomodamento ragionevole, e la sua negoziazione, debba fondarsi innanzitutto sulla valutazione delle possibilità di sviluppo e potenziamento delle abilità del lavoratore.

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Adeguamento del contesto e barriere sensoriali

Per quanto riguarda la disabilità visiva è fondamentale comprendere che adattamenti ambientali e ausili specifici non sostituiscono in alcun modo le abilità individuali della persona; il possesso di tali abilità è condizione necessaria, e spesso sufficiente, all’autonomia. Qualunque ausilio richiede formazione per un suo corretto uso e lo stesso vale per gli ambienti. Solo una conoscenza approfondita delle caratteristiche delle diverse patologie che sottostanno alla disabilità visiva è in grado di fornire gli strumenti operativi che consentono di mettere il lavoratore disabile nelle condizioni di portare a termine i compiti richiesti.

Ciò premesso va comunque precisato che, per la persona con deficit visivo, saper gestire un contesto ha un costo maggiore in termini di tempo ed energia, che vengono sottratti a quelli che il lavoratore può

spendere per l’azienda. Esistono, infatti, anche per la persona più autonoma, fattori e situazioni che, se ripetuti o mantenuti nel tempo, possono essere fonte di stress, di pericolo o di spreco di risorse. Di seguito proveremo a fornire alcuni spunti di riflessione su quelle situazioni che maggiormente possono interferire con le con le abilità e la gestione quotidiana; se possibile forniremo esempi pratici e possibili soluzioni sia in termini di dotazioni e adattamenti che di utilizzo e sviluppo di abilità.

Adeguamenti ambientali e della postazione di lavoro

Uno dei primi problemi che l’azienda si trova a dover affrontare è la scelta della postazione di lavoro. Gli elementi che maggiormente vengono considerati sono quelli della distanza da percorrere e della possibile presenza di pericoli. Tuttavia capita spesso che queste valutazioni vengano effettuate a partire da criteri parziali o non corretti. Se consideriamo, ad esempio, il rapporto tra linearità e distanza dei percorsi spesso capita che percorsi lineari più lunghi possono risultare di minor stress rispetto brevi ma tortuosi. Gli aspetti da valutare sono molteplici, come di seguito esplicitati, e vanno valutati sempre a partire dalle

caratteristiche della persona e del suo deficit visivo ed in accordo con il lavoratore.

Uffici e arredi

Il dipendente con disabilità sensoriale, se possiede buone competenze di orientamento e mobilità,

imparerà velocemente a spostarsi negli ambienti lavorativi. Per agevolarlo nell’identificazione degli uffici si potrebbero utilizzare targhe con numeri e lettere in rilievo o in Braille, a seconda che la persona conosca o meno questo tipo di codice. Molto importante sarà anche la collocazione delle targhe che dovrà seguire uno schema coerente su tutte le porte, e dovrebbe trovarsi a fianco della porta; per ovvi motivi di sicurezza non è opportuno che sia applicata al centro.

Non esistono arredi specifici creati per la disabilità sensoriale ma il buon senso, insieme a qualche piccola informazione, può rendere un ambiente lavorativo accogliente anche per questo tipo di disabilità. Ad esempio è preferibile scegliere tavoli e sedie piuttosto pesanti affinché non cadano facilmente al contatto.

Scrivanie e tavoli di supporto dovrebbero avere angoli smussati e bordi con un buon contrasto di colore rispetto al piano. Evitare di utilizzare oggetti in vetro o comunque di materiale fragile sulle scrivanie (portapenne, cornici da tavolo..) che potrebbero essere urtati accidentalmente e provocare imbarazzo.

Anche se il vetro è un elemento di moda nell’architettura d’interni bisognerebbe evitare l’utilizzo di materiali trasparenti negli ambienti di lavoro. Uffici-box, scrivanie, porte in vetro, specchi sono difficili da percepire per gli ipovedenti se non sono previsti elementi di contrasto e possono causare spiacevoli incidenti. Nel caso non sia possibile evitarli e/o rimuoverli accertarsi che siano rigorosamente infrangibili e creare ove possibile dei contrasti per facilitarne il riconoscimento per gli ipovedenti.

Il rumore e l’interferenza acustica

L’utilizzo di sintesi vocali per lo svolgimento delle attività lavorative richiede alti livelli di concentrazione incompatibili con ambienti rumorosi o troppo affollati. Per questo, nella scelta della postazione, è

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importante porre attenzione alla presenza di rumori forti e persistenti. E’ importante sapere che il cervello, in assenza della vista, crea una rappresentazione dell’ambiente grazie alla capacità di discriminare la provenienza dei suoni nello spazio e che attraverso queste mappe spaziali la persona cieca o ipovedente organizza i suoi movimenti, orientandosi nello spazio. Per questo motivo la presenza di rumori persistenti può diventare una barriera sensoriale dal momento che impedisce la raccolta di informazioni acustiche utili.

Quindi, dove possibile, è meglio orientare la scelta verso uffici chiusi e non corridoi o luoghi aperti e/o di passaggio dove è presente continuo movimento e rumore.

Scale e ascensori

Le scale sono solitamente considerate - a torto - l’elemento di maggior pericolo per la persona con disabilità visiva. La conoscenza, l’attenzione e l’utilizzo corretto di ausili per la mobilità (dove necessario, sulla base della tipologia di deficit) permettono alla persona non vedente o ipovedente di gestire scalini e dislivelli al pari delle persone vedenti, e con il medesimo rischio di caduta. Il corrimano non è fondamentale a meno che non fornisca funzione di appoggio in presenza di disabilità aggiuntive; il deficit visivo di per sé non pregiudica né il cammino né l’equilibrio. Dove il corrimano è presente può eventualmente essere utile come guida tattile o visiva ma solo se la posa soddisfa alcuni requisiti; in caso contrario può fornire

informazioni ingannevoli ed essere fonte di pericolo. Fatta tale premessa la scelta della posizione dell’ufficio o della postazione e l’eventuale predisposizione di percorsi non dovrebbe essere centrata sull’evitare l’utilizzo delle scale ma solamente sulla situazione di minor stress sensoriale e/o attentivo.

Per quanto riguarda gli ascensori i principi di progettazione accessibile prevedono che essi posseggano, per essere usati efficacemente, ridondanza nei metodi di codifica delle informazioni (Lidwell, Butler & Holden, 2003). Sui pulsanti dovranno essere previsti, insieme all’informazione testuale (numero del piano) o iconica (allarme, stop…), numeri e simboli sia in rilievo ed in caratteri Braille, per un recupero tattile

dell’informazione; inoltre dovrà essere presente un feedback uditivo che, insieme al display visuale, comunichi il piano a cui l’ascensore si è fermato.

Qualora esso manchi di tali elementi di accessibilità è possibile risolvere la situazione utilizzando i medesimi principi per valutare i corretti adattamenti ambientali e l’adozione da parte del lavoratore di apposite strategie. Al pari delle porte degli uffici anche sui pulsanti dell’ascensore possono essere applicate delle etichette con il numero in Braille. La posizione relativa dei pulsanti all’interno dell’ascensore (es. disposti a righe o a colonne, numerati dall’alto verso il basso…) e la posizione del pulsante di chiamata rispetto alla porta (es. a destra), sono comunque informazioni necessarie per un utilizzo rapido ed efficace. La conoscenza di questi elementi risulta inoltre risolutiva qualora non fosse possibile segnare i pulsanti. La stessa segnatura può essere applicata vicino al pulsante di chiamata ad ogni piano, indicandone il numero.

In questo modo, anche in essenza di feedback vocale, la persona può verificare rapidamente a che piano si trova. Va ricordato che la presenza di numeri e simboli in rilievo, oltre al relativo testo Braille, dipende dal fatto che non tutte le persone non vedenti o ipovedente conoscono questo tipo di codice, e la

progettazione di etichette o segnature dovrà necessariamente partire da questo dato.

Elementi sospesi o sporgenti

In generale la presenza fissa di elementi d’arredo non costituisce di per sé un ostacolo alla mobilità della persona con disabilità visiva. Una volta compresa la posizione di quell’elemento la persona deciderà come gestirlo. Ciò che può costituire, invece, fonte di pericolo - in quanto causa di incidenti e traumi - sono i pensili e gli arredi sporgenti che andrebbero eliminati dagli ambienti. Per indentificarli è sufficiente valutare quegli elementi sospesi che non presentano pertinenze a terra o quelli la cui base è più piccola rispetto

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all’ingombro complessivo. Questi elementi sono difficili, se non impossibili, da anticipare con il bastone bianco.

Ad esempio: piante che presentano rami sporgenti e foglie spinose in quanto la base, ovvero il vaso, che viene toccata col bastone non permette di capirne il reale ingombro; nei corridoi e nelle aree di attesa le sedie o panchine sospese possono essere urtate dolorosamente, soprattutto se presentano angoli appuntiti e taglienti, e se la persona i quel momento si muove senza ausili; i paletti di delimitazione a nastro utilizzati normalmente negli uffici pubblici/privati (ospedali, poste, banche, comuni..) come sistemi per gestire le code o per circoscrivere ambienti temporaneamente chiusi al pubblico, possono essere poco percepibili con il bastone bianco e fatte cadere o essere motivo di disorientamento.

Ricollocare gli elementi presentati fuori dalle aree o dai percorsi maggiormente frequentati dal lavoratore con disabilità visiva risulta tutto sommato semplice. Se pensiamo invece ad alcuni elementi come le cabine elettriche o gli strumenti anti-incendio, ricollocarli è chiaramente difficile e costoso, anche solo in termini burocratici. Tuttavia una soluzione alternativa può andare nella direzione diametralmente opposta: invece di eliminare è possibile rendere maggiormente percepibili tali ostacoli, ad esempio posizionando nello spazio sottostante ad esso un altro elemento a terra con ingombro uguale o maggiore.

Percorsi tattilo-plantari

Gli ambienti interni sono di solito ricchi di linee-guida naturali: corridoi, muri, porte, corrimano. Queste possono essere seguite, ad esempio: a) con un adeguato utilizzo del bastone bianco, b) dove possibile, attraverso tecniche di protezione senza ausili, c) visivamente, se adeguatamente contrastate e se le

caratteristiche di ipovisione lo consentono. Anche la normale pavimentazione, che deve comunque essere il più possibile compatta, uniforme e antiscivolo, può già fornire importanti riferimenti per distinguere i diversi ambienti. Il più delle volte gli elementi esistenti rendono già possibile strutturare riferimenti e percorsi adeguati.

L’esigenza di percorsi a terra, specificamente studiati per essere identificati ed utilizzati da persone con disabilità visiva, nasce invece per poter adattare quei luoghi che per la loro conformazione sono carenti o privi di adeguati riferimenti. Le regole di posa prevedono che nella progettazione si debba tenere conto della presenza di linee-guida naturali (INMACI, 2016) che possono rendere, di fatto, un percorso a terra ridondante, e quindi inutile se non confusivo. La progettazione di percorsi tattilo-plantari dovrà essere strutturata in modo integrato, tenendo conto di tutti gli elementi presenti, e puntando al massimo rendimento con la minima spesa. Ove non fosse possibile la posa di percorsi specifici, come accade in presenza di vincoli, va ricordato che è possibile valutare alternative che ottengano il medesimo risultato (rendere un percorso a terra tattilmente percepibile) con un minore impatto architettonico (ad esempio utilizzando una passatoia o tappeto oblungo).

Ausili specifici

Gli ausili legati alla disabilità visiva, data la specificità della loro progettazione, hanno spesso, e

giustamente, costi molto elevati. Un corretto approccio all’acquisto di ausili è quello però di non ragionare in termini di tipologia di disabilità, ma di tipologia di problema legato ad essa. L’utilizzo di una sintesi vocale, ad esempio, è una soluzione comune a molti tipi di disabilità, ma specifica per un tipo di problema:

la difficoltà di accesso al testo scritto.

Per fare alcuni esempi: un lavoratore non vedente può affidarsi alle tecnologie informatiche per le attività di lettura e scrittura, utilizzando appositi software di lettura schermo (screen reader) che rendono possibile leggere testi ed elaborati attraverso l’ausilio di una voce artificiale (sintesi vocale) oppure in rilievo su una

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barra in caratteri Braille (display Braille); un lavoratore con ipovisione medio-grave può accedere alla lettura e scrittura anche su carta semplicemente avvalendosi di alcuni ausili ottici come occhiali per ipovisione (lenti ipercorrettive prismatiche) o video ingranditori portatili e/o da tavolo; il lavoratore con ipovisione lieve avrà necessità di ingrandimenti meno forti per stampe o fotocopie e imposterà il computer con un carattere ingrandito e/o sfondi a contrasto. Si tratta chiaramente di ipotesi che non forniscono in alcun modo un quadro esaustivo o una tabella operativa. Le esperienze individuali del lavoratore e gli ausili da lui già utilizzati e conosciuti sono un’ottima base di parte per lo specialista per definire quali ausili avranno un miglior riscontro di efficacia.

Un altro aspetto da considerare è che non è necessario un ausilio specifico per ogni specifica mansione;

molti, infatti, possono rispondere o adattarsi a più di un’esigenza. Qualora uno strumento sia già dotato di uno screen reader con sintesi vocale - come ad esempio il pc o uno smart-phone - sarà possibile valutare una soluzione compatibile con il supporto – software o app specifici – piuttosto che un ulteriore strumento indipendente. Ciò rende più semplice l’utilizzo, dato che il supporto operativo è già conosciuto, e nel contempo riduce l’ingombro e contiene la spesa.

Relazione con i colleghi e regole di condotta

Spesso nell’approccio con la persona disabile assumiamo atteggiamenti e comportamenti dettati da preconcetti più che dal reale contatto con la persona. Non è facile eliminare i pregiudizi legati alla disabilità ma si può imparare a non lasciarsi condizionare da essi. E’ importante lasciare il tempo alla persona con disabilità di esprimere le proprie necessità e i propri bisogni, i tempi di svolgimento e gestione di un’attività possono essere più lunghi per chi non vede; ciò è dovuto alle differenti modalità di accesso alle

informazioni di cui si è parlato in precedenza. Nel rispetto pieno del desiderio di autonomia dell’individuo è fondamentale chiedere prima di aiutare. Esistono regole di comportamento, adottabili dai colleghi di lavoro, che possono cambiare la percezione dell’ambiente lavorativo e migliorare la qualità di vita del lavoratore con disabilità sensoriale.

LA SICUREZZA

Nei luoghi ben conosciuti e nei piccoli spostamenti all’interno dell’ambiente di lavoro è auspicabile che il lavoratore possieda quella confidenza che gli permetta di muoversi anche senza ausili (ove le condizioni ambientali lo consentano). In questo senso è fondamentale sensibilizzare tutti i dipendenti su quelle situazioni che possono essere fonte di pericolo - cadute e traumi o di stress. In tal senso è bene ricordare che buona prassi è quella di lasciare le porte completamente aperte o completamente chiuse e di evitare l’abbandono, anche temporaneo, di pacchi, sedie, materiali vari, carrelli o altri potenziali ostacoli nei punti di passaggio; così come il personale addetto alle pulizie non dovrebbe abbandonare secchi e carrelli incustoditi. Tali accorgimenti possono rivelarsi di fondamentale importanza anche nella gestione dell’emergenza rispetto alla conoscenza e alla gestione delle vie di fuga (per un approfondimento su quest’ultima tematica si può far riferimento alla Circolare ministeriale n° 4 del 1 marzo 2002 - Ministero dell’Interno)

L’ORDINE

Tenere in ordine e bene organizzati gli spazi di lavoro agevola la gestione delle attività e aumenta la produttività. Se ciò è vero in generale, diventa ancora più importante nel caso del lavoratore con deficit viso. Spesso l’organizzazione ordinata è l’unico ausilio necessario per il ritrovamento dei materiali, e in questo caso diventa assolutamente indispensabile. Può essere utile quindi definire una posizione specifica per oggetti e arredi mobili e ricordare di rimetterli a posto quando vengono presi o spostati; se, ad esempio, il cestino è sotto la scrivania a destra non deve essere riposizionato a sinistra.

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LA COMUNICAZIONE

La persona con deficit visivo non può controllare in modo globale la presenza di altre persone intorno a sé.

Buona norma è quella di presentarsi alla persona chiamandola per nome, per far capire che ci si sta

rivolgendo a lei, e presentandosi, anche se ci si conosce, in modo da fornire tutte le informazioni necessarie ad iniziare un’interazione. Per richiamare la sua attenzione è possibile anche toccare leggermente il braccio, in quanto punto neutro di relazione. Dopo aver iniziato un’interazione è importante avvertire sempre la persona quando ci si allontanate e quando si ritorna. In quest’ambito si inserisce anche la relazione d’aiuto, che è un aspetto molto delicato. Se la persona non vuole essere guidata non è il caso di imporsi, ma è possibile concordare di procedere insieme precedendola guidandola naturalmente con la voce. Quando si descrivono gli ambienti o la posizione degli oggetti, fornire sempre dei riferimenti spaziali.

L’aspetto più importante è ricordarsi che il lavoratore disabile è prima di tutto un “individuo” con i suoi desideri, le sue esigenze e le sue aspettative.

Strumenti operativi nella rete di inserimento lavorativo

Per poter abbattere le barriere della disabilità sensoriale e individuare soluzioni adeguate è necessario conoscere la patologia specifica e cercare di capire di quali strumenti il soggetto dispone in termini di abilità individuali, abitudini, modalità lavorative. Spesso, purtroppo, la mancanza di informazioni utili e di

competenze specifiche in materia di disabilità sensoriale comporta scelte inappropriate con conseguente disagio. Dovrebbe risultare chiaro, a questo punto, come un approccio individuale e specialistico alla persona con deficit visivo è necessaria per definire in modo puntuale gli ambiti e le tipologie degli accomodamenti. In questo modo si riduce l’impatto di questi ultimi in termini di spesa, tempo e risorse.

L’individuazione degli ausili specifici, ad esempio, non può che partire da una corretta valutazione della persona, delle sue abilità e delle caratteristiche della sua patologia visiva, mediata sulla base delle richieste dell’ambiente di lavoro. Si tratta di una premessa necessaria per individuare l’ausilio più adatto per poi rivolgersi alle aziende produttrici. L’ambito riabilitativo possiede già gli strumenti operativi e le competenze tecnico-scientifiche per collaborare in tale senso con le figure di riferimento.

Proposta operativa in tre fasi

• Fase preliminare

o Analisi delle mansioni e delle richieste ambientali o Definizione degli spazi di lavoro ed aziendali

o Osservazione/valutazione delle abilità del lavoratore

• Fase di pianificazione e negoziazione

o Confronto tra mansioni, ambienti e abilità personali e lavorative

o Valutazioni degli adattamenti necessari per l’ambiente e le mansioni specifiche o Scelta degli ausili specifici

o Stesura del progetto individuale ed individualizzato sullo sviluppo/potenziamento di abilità per:

Lo svolgimento delle mansioni assegnate Uso degli ausili specifici

Orientamento e mobilità all’interno degli spazi aziendali

• Fase operativa

o Attività di consulenza

o Attività di potenziamento delle performance e delle capacità negli ambiti specifici o Presentazione, esplorazione e conoscenza dell’ambiente lavorativo

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Tale assetto può essere applicato sia allo sviluppo di abilità specifiche che di acquisizione di strategie di problem-solving; all’interno di esso trova applicazione anche l’apprendimento all’uso di ausili specifici.

Nella fase preliminare sarà fondamentale che il confronto coinvolga lo specialista, il lavoratore e l’azienda per valutare: a) le abilità del lavoratore; b) gli ausili già conosciuti ed utilizzati; c) le mansioni assegnate. Su questi tre poli sarà possibile valutare in fase di pianificazione sia la portata degli accomodamenti che la dotazione degli ausili che risulteranno maggiormente utili, efficaci ed economici.

Questa proposta operativa può essere attivata ad ogni nuovo inserimento lavorativo. La partecipazione dei professionisti della riabilitazione può coinvolgere le risorse del territorio, ma allo stesso tempo è possibile immaginare una formazione aziendale specifica rivolta a chi si occupa delle risorse umane, che consenta di comprendere i bisogni dei lavoratori disabili per far fronte alle problematiche in modo efficace.

Conclusioni

Un inserimento lavorativo positivo della persona con deficit visivo può essere a basso impatto economico, ed il lavoratore, se messo in condizioni di operare in modo adeguato, può rappresentare una risorsa

concreta per l’azienda. Gli alti costi associati alla predisposizione di un ambiente lavorativo per una persona con deficit visivo derivano spesso da un approccio sbagliato alla situazione. Se ogni persona è diversa, e quindi ogni lavoratore, a maggior ragione possiamo affermare ciò per la persona con deficit visivo in quanto si trova ad utilizzare un approccio all’ambiente totalmente diverso. Non avendo accesso all’informazione visiva deve raccogliere i dati su ciò che la circonda attraverso altri canali sensoriali. Una volta acquisite le informazioni, la persona con deficit visivo sarà in grado di comprenderle e decidere come agire di conseguenza, al pari di chiunque altro.

In virtù di queste premesse è evidente il ruolo che le competenze di autonomia possono avere sulla qualità dell’esperienza e della partecipazione lavorativa del dipendente e come sia fondamentale integrare tali aspetti nel percorso di inserimento e nelle scelte aziendali. Maggiore è il grado di autonoma di una persona con deficit visivo e maggiore sarà la possibilità che emergano le sue abilità lavorative e minore sarà il suo bisogno di aiuto. Altro aspetto importante è il ruolo del contesto che può agire sia da barriera che da facilitatore. Entrambi questi aspetti devono essere presi in considerazione per una corretta definizione degli accomodamenti ragionevoli da predisporre.

La definizione degli accomodamenti non può che partire dalle richieste e dalle necessità individuali. I professionisti della riabilitazione che si occupano di disabilità sensoriale, da sempre propongono questo tipo di approccio e possiedono gli strumenti metodologici e osservativi per una corretta valutazione.

Riteniamo che il coinvolgimento di uno specialista dell’ambito riabilitativo possa fornire un quadro corretto entro cui negoziare la “ragionevolezza” degli accomodamenti nella fase di inserimento lavorativo della persona con disabilità visiva. Il potenziamento delle abilità trasversali del lavoratore e la riduzione dei costi a carico dell’azienda partono entrambi dall’obiettivo comune di creare le giuste premesse per cui si possa vedere oltre la disabilità valorizzando invece il contributo che il lavoratore è in grado di offrire all’azienda.

Bibliografia

Cascio, V. (2017). I disabili visivi verso professioni non protette da leggi speciali: quali competenze e quali accorgimenti per una concreta integrazione professionale? Retrived from UICI Toscana website

http://www.uictoscana.it/i-disabili-visivi-verso-professioni-non-protette-da-leggi-speciali-quali- competenze-e-quali-accorgimenti-per-una-concreta-integrazione-professionale

Hatwell, Y. (2010). Psicologia cognitiva della cecità precoce (pp. 230-232) (Trad. di M. Mosca Di Dino).

Monza: Biblioteca Italiana per i Ciechi “Regina Margherita”

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INMACI (2016). Linee guida per la progettazione dei segnali e percorsi tattili necessari ai disabili visivi per il superamento delle barriere percettive, 13. ed., 14 aprile 2016

Lidwell W., Butler K. & Holden J. (2003). Universal Principles of Design (pp. 14-15). Rockport Publisher ONU (2006). Convenzione ONU peri diritti delle persone con disabilità, 13 dicembre 2006

Zappella E. (2014). Purché dia il suo contributo: gli accomodamenti ragionevoli per i dipendenti con disabilità nel territorio lombardo. FORMAZIONE & INSEGNAMENTO. Rivista internazionale di Scienze dell’educazione della formazione, 12(3), 219-228.

Martino Zavagno Tiflologo, Istruttore di Orientamento e Mobilità Laura Brera Disability Manager - Esperto gestione risorse umane con disabilità

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