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J.M. Barrie. J.M. Barrie PETER PAN

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Academic year: 2022

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Esecutivo 126x190mm CMYK PANTONE 7481C LAMINA KURZ LUXOR 457 12

J. M . Bar r ie

I C l a s s i c i p e r R a g a z z I

PETER PANJ.M. Barrie

A Londra è notte. I signori Darling sono a una festa e i tre figli, Wendy, Gianni e il piccolo Michele, dormono nel- la loro stanza. Ma nel buio si sente un rumo- re: è Peter Pan. Quale migliore occasione per volare insieme a lui verso l’Isolachenoncè? Con un pizzico di polvere di fata e un pensiero felice da tenersi

stretto in volo, anche i fratelli Darling possono solcare i cieli e arrivare dove incanti e pericoli sono gran-

di, meravigliosi e veri come solo nelle avventure dei bambini possono essere. E quando sarà

il momento di lasciare pellerossa, sirene, pirati dalla mano uncinata e fate gelose,

Peter rimarrà all’Isolachenoncè, perché tutti i bambini crescono... Tranne uno.

JAMES MATTHEW BARRIE nasce nel 186o a Kirriemuir, in Scozia. Conseguita la laurea in lettere all’Università di Edimburgo, inizia a esercitare la professione di giornali- sta a Nottingham. In seguito, trasferendosi a Londra, intraprende la carriera di scrittore.

Autore di romanzi e testi teatrali, nel 1906 crea il personaggio e la fiaba di Peter Pan, donandone nel 1929 i diritti e il copyright al Great Ormond Street Hospital for Children di Londra. Per la sua notorietà è

Progetto grafico: Mauro De Toffol, Giovanna Ferraris / theWorldofDot

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Esecutivo 126x190mm NERO

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I CLASSICI PER RAGAZZI MONDADORI

Registrazione al Tribunale di Milano n.32 del 24/02/2021 Mensile, anno I, n.2

Direttore Responsabile: Massimo Borgnis

Editore Proprietario: Arnoldo Mondadori Editore S.p.A.

Sede Legale: via Bianca di Savoia 12, Milano Redazione: via Mondadori 1, Segrate (MI)

Sviluppo Periodici Mondadori: Andrea Munari (responsabile) Peter Pan

Titolo originale: Peter and Wendy

© 1963 Arnoldo Mondadori Editore S.p.A.

© 2015 Mondadori Libri S.p.A.

© 2021 Edizione speciale per Arnoldo Mondadori Editore S.p.A. su licenza di Mondadori Libri S.p.A.

Traduzione: Pina Ballario

L’Editore ha cercato con ogni mezzo i titolari dei diritti della traduzione di Peter e Wendy senza riuscire a reperirli; è ovviamente a piena

disposizione per l’assolvimento di quanto occorra nei loro confronti.

La riproduzione dell’opera o di parte di essa è vietata con qualsiasi mezzo, compresa stampa, copia fotostatica, microfilm e

memorizzazione elettronica, se non espressamente autorizzata dall’editore.

Tutti i diritti di copyright sono riservati.

Ogni violazione sarà perseguita a termini di legge.

ISSN 2724-5047

Grafica Veneta S.p.A Stampato nel mese di febbraio 2021 presso

Via Malcanton 2, 35010 Trebaseleghe (PD)

Esecutivo 126x190mm NERO

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Presentazione di Peter

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utti i bambini, tranne uno, crescono. lo sanno presto che cresceranno, e Wendy lo seppe in questo modo.

Un giorno, quando aveva due anni, giocando in un giar- dino, colse un fiore e lo portò di corsa a sua madre.

C’è da pensare che la bimba, in quell’atteggiamento, sem- brasse deliziosa, poiché la signora Darling appoggiò le mani al cuore ed esclamò: — oh, perché non puoi restare così per sempre?

Questo fu tutto quanto passò tra loro sull’argomento ma, da allora, Wendy seppe che sarebbe dovuta crescere.

Tutti, dopo i due anni, scopriamo questa verità. I due anni sono il principio della fine.

È noto che i Darling abitavano al numero 14, e finché Wendy non venne al mondo, sua madre fu il personaggio più importante. la signora Darling era graziosa, aveva una mente romantica e una bocca dolcemente ironica.

la sua romantica mente era simile a certe minuscole sca- tole, una dentro l’altra, che vengono dal misterioso oriente.

Se ne apre una, e dentro se ne trova un’altra, e in questa un’altra ancora, e così via. E sulla sua bocca, dolcemente iro- nica, aleggiava sempre un bacio che Wendy non riusciva mai a cogliere, sebbene stesse lì, perfettamente visibile all’angolo destro.

Il signor Darling conquistò in questo modo la signora Darling: i numerosi giovanotti che da bambini avevano giocato con lei si accorsero simultaneamente di esserne in- namorati e corsero tutti a casa sua a chiederne la mano,

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tranne il signor Darling. lui montò in carrozza, giunse primo e ottenne la fanciulla. ottenne tutto da lei, all’infuori della scatola più interna della sua mente e del bacio aleggiante all’angolo destro della bocca.

Veramente, della scatola interna forse non seppe mai nulla, e al bacio rinunciò in tempo, così da non averne un rifiuto.

Wendy pensava che Napoleone avrebbe potuto conquistare quel bacio. Noi crediamo invece che anche a lui sarebbe fal- lito il tentativo, e ci sembra di vederlo correre via furibondo sbattendo la porta.

Il signor Darling si vantava con Wendy che la signora Darling non solo lo amava, ma soprattutto lo rispettava.

Era uno di quei personaggi importanti che sanno tutto circa i titoli e le azioni. A essere sinceri, nessuno capisce bene come vadano queste cose, ma lui sembrava lo capisse e parlava con tanta competenza di azioni in rialzo e di titoli in ribasso che nessuna donna avrebbe potuto fare a meno di ammirarlo e rispettarlo.

la signora Darling si era sposata in bianco e all’inizio aveva tenuto in modo perfetto i conti di casa, quasi con en- tusiasmo, come si trattasse di un gioco. Non dimenticava di annotare nemmeno l’acquisto di un cavolino di Bruxelles.

Poi, con il passare del tempo, dimenticò di conteggiare interi orti di cavolfiori, e al posto delle addizioni e delle sottrazioni apparvero figurine di bambini senza volto. Erano gli indovi- nelli della signora Darling.

Wendy venne per prima; poi arrivò Gianni e da ultimo Michele. Per una settimana o due, dopo la nascita di Wendy, in casa Darling si fu in dubbio se avrebbero potuto tenerla, poiché era un’altra bocca da sfamare. Il signor Darling era molto fiero di avere una bambina, ma voleva crescerla senza difficoltà. Sedette perciò sulla sponda del letto di sua moglie e, tenendole una mano, cominciò a calcolare le spese, mentre lei lo guardava con occhi supplichevoli. Era pronta a correre il rischio, qualunque fosse, ma il marito non approvava quel sistema. lui ragionava con i numeri, faceva i calcoli con la

7 matita su un foglio di carta e quando la signora, con i suoi consigli e suggerimenti, lo interrompeva, si confondeva e tornava da capo.

— Non interrompermi, cara — la pregava. — Io ho qui una sterlina e diciassette scellini e due sterline e sei scellini li ho in ufficio. Posso rinunciare al mio caffè in ufficio, ossia a dieci scellini, e avrei così due sterline e sei scellini. Con i tuoi diciotto scellini e tre pence arrivo a tre sterline, nove scellini e sette pence. Cinque sterline le ho sul mio libretto di assegni e fanno otto più nove scellini e sette pence, non in- terrompermi, cara. Dunque, ho detto otto, nove, sette; punto a capo, riporto sette, non parlare, mia cara, e la sterlina che tu hai prestato a quell’uomo venuto a bussare alla porta, stai buona, piccina, punto e a capo, riporto la piccina: là, guarda che cosa scrivo! Ho detto nove, nove e sette? Sì, dicevo nove, nove e sette; la questione è proprio questa: possiamo tirare avanti un anno con nove sterline, nove scellini e sette pence.

la signora Darling, già decisa a tenere Wendy e a far pre- valere la propria sulla volontà del marito, affermò: — Certa- mente che possiamo, Agenore.

— ricorda gli orecchioni — l’ammonì lui quasi minac- cioso, e proseguì: — orecchioni, una sterlina o almeno così scrivo nei miei calcoli, ma oso dire che la spesa andrà oltre i trenta scellini. Zitta, cara, una sterlina e cinque scellini costerà la rosolia, mezza ghinea ci vorrà per la scarlattina ed ecco due sterline, quindici scellini e sei pence che se ne vanno, vuoi tener ferme le dita, bambina? Con la tosse canina bisogna calcolare altri quindici scellini. — E tirò avanti così, sbagliando ogni volta le somme, finché Wendy fu ammessa con gli orecchioni ridotti a dodici scellini e sei pence, e il morbillo e la scarlattina calcolati come una infezione sola.

Alla nascita di Gianni si rinnovò lo stesso trambusto, e Michele sgusciò in casa per il rotto della cuffia. Entrambi però vennero accolti e presto si poterono vedere tutti e tre i bambini recarsi in fila al giardino d’infanzia della signorina Fulsom, accompagnati dalla bambinaia.

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Alla signora Darling piaceva fare le cose per bene e il signor Darling non voleva essere da meno dei vicini, perciò non c’è da stupirsi se assunsero una bambinaia. Siccome però erano poveri, e tenendo conto della grande quantità di latte consumata dai bambini, questa bambinaia fu una grossa cagna di Terranova che non era appartenuta in particolare a nessuno finché i Darling non l’avevano presa in casa. Nana aveva sempre tenuto in grande considerazione i bambini. I Darling, infatti, avevano fatto la sua conoscenza ai giardini di Kensington, dove la cagna passava la maggior parte del suo tempo ficcando il naso nelle carrozzine dei bambini. Era perciò molto odiata dalle bambinaie sbadate che lei seguiva fino alle loro case e accusava di negligenza presso le padrone.

Nana si dimostrò subito un tesoro di bambinaia. Era un piacere vederla quando faceva il bagno ai bambini, e si poteva essere certi che balzava in piedi a ogni momento della notte se li udiva piangere o agitarsi nei loro lettini.

Naturalmente il suo canile era nella stanza da letto dei piccoli Darling.

Nana aveva un intuito particolare per capire se la tosse era una cosa da niente, o se occorreva avvolgere il collo in una sciarpa di lana. Fino all’ultimo giorno della sua vita, ebbe fiducia nei rimedi e nei medicamenti antichi, come le foglie di rabarbaro, e manifestò con sordi brontolii il suo disprezzo per tutte le sciocche fandonie sui bacilli e cose del genere.

Vederla accompagnare a scuola i bambini era una lezione di correttezza e di galateo. Quando procedevano in fila con ordine e disciplina, lei camminava tranquilla al loro fianco, ma se uscivano di riga, li rimetteva a posto a colpi di muso.

Non dimenticava mai di portare con sé il maglione di Gianni i giorni in cui lui giocava a pallone e, per consuetu- dine, prendeva l’ombrello e lo reggeva in bocca, a prevenire improvvisi rovesci di pioggia.

C’era una stanza a pianterreno, nella scuola della signo- rina Fulsom, dove le bambinaie attendevano l’uscita degli alunni.

9 Esse sedevano su panchetti di legno mentre Nana si ac- ciambellava sul pavimento, ma questa era la sola differenza.

Quelle, naturalmente, fingevano di ignorarla, come se fosse un essere inferiore, e non capivano quanto Nana di- sprezzasse le loro insulse chiacchiere.

A lei non piaceva nemmeno che le amiche della signora Darling, nei giorni di visita, venissero a ficcare il naso nella stanza dei bambini. Comunque, se accadeva, in un momento levava il grembiulino sudicio a Michele e gli infilava quello pulito con i ricami azzurri, assestava le pieghe della gonna di Wendy e con un colpo di spazzola ravviava i capelli di Gianni.

Il signor Darling era convinto che non avrebbe potuto im- battersi in una bambinaia migliore, eppure talvolta si preoc- cupava delle chiacchiere dei vicini: aveva il suo prestigio personale da salvaguardare, in città.

Inoltre Nana lo turbava per un altro motivo: gli dava spesso la sensazione di non ammirarlo, come il resto della famiglia.

Invano sua moglie cercava di rassicurarlo dicendogli che Nana era piena di ammirazione per lui.

I sospetti del signor Darling erano rafforzati dal fatto che sua moglie, in tali circostanze, raccomandava ai bambini di mostrarsi più carini del solito con lui. Ne seguivano graziosi balletti ai quali talora partecipava anche lisa, l’altra do- mestica che, quando aveva preso servizio, aveva giurato di scordarsi dei suoi dieci anni. Così, appena entrava nel ballo, lisa volteggiava come una trottola e sembrava un folletto in gonna scura e cuffietta bianca.

Com’erano allegre quelle danze! E la più allegra di tutti era la signora Darling. Piroettava così vertiginosamente in- torno a se stessa che si vedeva soltanto quel bacio all’angolo della bocca. Forse chi avesse osato afferrarla in quei momenti avrebbe potuto rubarglielo.

Nessuna famiglia al mondo era vissuta più felice e spen- sierata fino all’arrivo di Peter Pan.

la signora Darling ebbe notizia di Peter la prima volta

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mentre metteva in ordine le menti dei suoi bambini. riordi- nare ogni notte le menti dei loro bambini, dopo che si sono addormentati, è uno dei lavori più importanti delle buone mamme.

Vi rovistano e raddrizzano tutte le cose per il giorno dopo, rimettendo a posto i molti oggetti che, durante il giorno, sono andati a zonzo qua e là.

Se poteste svegliarvi (ma è chiaro che non potete) sor- prendereste le vostre mamme occupate in queste faccende e prendereste grande interesse a osservarle. È come se rior- dinassero i cassetti. le vedreste inginocchiate, immagino, mentre ne osservano curiosamente il contenuto.

Si domandano con stupore in quale parte del mondo abbiate potuto raccogliere una certa cosa. Fanno dolci sco- perte e altre non così dolci: questo pensiero se lo premono carezzevole contro la guancia, come se fosse un grazioso gattino. Altri li raccolgono precipitosamente e li allontanano dallo sguardo. Quando vi svegliate al mattino, le cattiverie e i sentimenti pericolosi con i quali vi siete coricati sono stati piegati in maniera da occupare uno spazio piccolissimo o ri- posti nell’angolo più remoto delle vostre menti. In bella vista invece, bene esposti e stesi al sole, stanno i pensieri migliori, pronti per essere indossati.

Forse non avete mai visto la pianta della mente di una persona. I medici talvolta disegnano piante di altre parti del corpo, anche del vostro, e la vostra pianta personale può riuscire molto interessante. Ma provate a dir loro di tracciare la pianta della mente di bambino, che non solo è confusa, ma è in continuo movimento. Difficilmente ci riescono. Vi sono linee a zigzag simili a quelle che segnano la temperatura su una tabella clinica, e forse rappresentano le vie dell’isola. In- fatti l’Isolachenoncè è, più o meno, un’isola con meravigliose macchie di colore qua e là, e banchi di corallo, e vascelli pi- rata al largo, e selvagge tane solitarie, e gnomi che per lo più esercitano il mestiere di sarto, e caverne attraverso le quali scorre un fiume, e principi con sette fratelli maggiori, e una

11 capanna che sta andando in rovina, e una vecchia signora straordinariamente piccola con il naso a becco.

Sarebbe molto facile disegnare questa pianta se fosse tutto qui, ma c’è anche il primo giorno di scuola, il catechismo, papà e mamma, una vasca rotonda, il ricamo, assassini, im- piccati, verbi che reggono il dativo, il giorno della torta al cioccolato, i primi pantaloni, le tabelline, i tre soldi se ti levi il dentino di latte da solo e così via. ora, o tutte queste cose fanno parte dell’isola, o formano un’altra pianta che appare attraverso la prima e ciò è abbastanza confuso, soprattutto perché non c’è nulla di stabile.

Certamente esistono vari tipi di Isolachenoncè.

Quella di Gianni, ad esempio, aveva una laguna sorvolata da stormi di fenicotteri a cui lui sparava con il fucile. Michele invece, che era molto piccolo, possedeva un fenicottero sul quale volavano le lagune. Gianni viveva in una barca ro- vesciata sulla spiaggia; Michele in una capanna di indiani;

Wendy in una casa fatta di foglie cucite insieme saldamente.

Gianni non aveva amici, e Michele ne aveva solo di notte.

Wendy allevava un cucciolo di lupo abbandonato dai geni- tori. Nell’insieme, però, tutte le Isolechenoncisono hanno l’aria di famiglia e, se le vedessimo in fila, diremmo che una ha il naso come l’altra e così via.

In queste spiagge incantate, i bambini si divertono a tirare in secco le loro barche. Anche noi adulti ci siamo stati un tempo e, sebbene forse non vi approderemo mai più, a volte possiamo ancora udire il fruscio della risacca.

Di tutte le isole meravigliose, l’Isolachenoncè è la più comoda e la più solida: non è né troppo grande né troppo articolata, non ha noiosi distacchi tra un’avventura e l’altra, anzi è graziosamente compatta. Quando voi ci giocate, di giorno, dopo averla costruita con le sedie e una tovaglia, non c’è nulla che metta paura, ma nei due minuti prima di addormentarvi, diventa davvero reale. Per questo ci sono i lumini da notte.

Per tornare alla signora Darling e alle sue scorribande

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nella mente dei suoi bambini, diremo che, ogni tanto, vi trovava cose per lei incomprensibili, e tra queste la più in- quietante era la parola Peter. Non conosceva nessun Peter:

eppure lui si trovava qua e là nelle menti di Gianni e di Mi- chele, mentre quella di Wendy cominciava ad esserne tutta scarabocchiata. Il nome balzava fuori e spiccava più di ogni altra parola a caratteri cubitali. E ogni volta che la signora Darling la fissava, sentiva una presenza fiera e stravagante.

— Sì, lui è piuttosto stravagante — ammise Wendy a ma- lincuore quando la mamma la interrogò.

— Ma chi è, piccina mia?

— È Peter Pan, capisci, mammina?

Dapprima la signora Darling non capì, ma dopo, ritor- nando con il pensiero alla sua infanzia, rammentò proprio un Peter Pan che dicevano vivesse con le fate. Si raccontavano molte strane vicende su di lui; ad esempio, si diceva che, quando i bambini morivano, li accompagnasse per un tratto di strada perché non avessero paura. lei aveva creduto in lui a quel tempo; ora che era sposata e piena di buonsenso, dubitava dell’esistenza di un tale personaggio.

— Comunque — disse a Wendy — sarà cresciuto, nel frattempo.

— oh no, non è cresciuto affatto! — assicurò Wendy. — È giusto della mia statura. — E con questo voleva dire che era esattamente come lei, dentro e fuori, corpo e mente.

In che modo e perché ne avesse la certezza, Wendy lo igno- rava e, tuttavia, ne era certa. la signora Darling consultò il signor Darling, che sorrise con ironia.

— Mettiti bene in testa le mie parole — le disse. — Questa è una sciocchezza che Nana ha introdotto nei loro cervelli.

Soltanto in un cane potrebbero nascere simili idee! Non ci badare e passerà da sé.

Invece non passò, e presto l’inquietante ragazzo dette una grave emozione alla signora Darling.

I bambini passano attraverso le più strane avventure senza turbamenti. Può darsi che una settimana dopo l’avvenimento

13 si ricordino di raccontare che, mentre attraversavano il bosco, avevano incontrato il fantasma del papà morto e avevano giocato con lui. Press’a poco in questo modo Wendy, una mattina, fece un’inquietante rivelazione.

la signora Darling aveva trovato sul pavimento della stanza dei bambini alcune foglie che di sicuro la sera, quando aveva messo a letto i piccoli, non c’erano.

le stava osservando perplessa, quando Wendy sorrise con indulgenza.

— Credo sia stato di nuovo quel Peter.

— Che cosa significa, Wendy?

— È sconveniente da parte sua non avere spazzato il pavimento — disse sospirando la bambina, che era molto ordinata. Poi, come se raccontasse la cosa più naturale del mondo, spiegò alla mamma che Peter, ogni tanto, veniva nella stanza di notte, o almeno così credeva. Sedeva ai piedi del suo letto e suonava il flauto. Sfortunatamente lei non si svegliava mai, per cui non riusciva a spiegarsi come sapesse questo, e tuttavia lo sapeva.

— Che sciocchezza dici, tesoro! Nessuno può entrare in casa senza bussare!

— Io credo che entri dalla finestra — dichiarò Wendy.

— Amore mio, noi abitiamo al terzo piano.

— oh, mammina, e le foglie non erano sotto la finestra?

In verità, le foglie si trovavano proprio vicino alla finestra.

la signora Darling non sapeva che cosa pensare. Tutto ciò sembrava a Wendy così naturale che non poteva disingan- narla dicendole che aveva sognato.

— Bambina mia — le chiese — perché non me ne hai mai parlato prima?

— Me ne sono dimenticata — rispose Wendy con legge- rezza. Aveva fretta di correre a colazione.

Certo la bimba doveva aver sognato, ma d’altra parte c’erano le foglie. la signora Darling le esaminò con cura:

erano foglie secche, ma era sicura di non averle mai viste su nessun albero che crescesse in Inghilterra. Si inginocchiò sul

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pavimento e cercò a lungo al lume di candela se ci fossero tracce di un piede estraneo. Batté con l’attizzatoio il cami- netto, picchiò sulle pareti. Calò una fettuccia dalla finestra al marciapiede per misurare la distanza. Era un salto di circa dieci metri, e il muro non offriva alcuna sporgenza per ar- rampicarsi. Di sicuro Wendy aveva sognato.

Ma che Wendy non sognasse affatto apparve ben chiaro la notte seguente, la notte in cui cominciò la straordinaria avventura di questi bambini.

Nella notte di cui parliamo, i piccoli Darling erano a letto, come al solito. Per caso, era l’uscita serale di Nana, ed era toccato alla signora Darling fare il bagno ai bambini e cantare loro la ninna nanna finché, uno dopo l’altro, avevano lasciato la sua mano per scivolare dolcemente nel regno del sonno.

Tutti e tre sembravano così calmi e ben addormentati che la donna sorrise dei suoi timori e sedette tranquillamente a cucire davanti al fuoco. Doveva preparare qualcosa per Mi- chele, che in occasione del suo compleanno avrebbe indos- sato la camicia da uomo.

Il fuoco diffondeva un caldo tepore, la stanza era dol- cemente rischiarata da tre lumini da notte, e a un tratto il cucito giacque in grembo alla signora Darling e il suo capo cominciò a dondolare con grazia: si era addormentata.

Guardateli ora tutti e quattro: Wendy e Michele laggiù in fondo, Gianni qui e la signora Darling davanti al fuoco. Ci sarebbe voluto un quarto lumino da notte.

Mentre dormiva, ebbe un sogno. Sognò che l’Isolache- noncè si era avvicinata moltissimo e che ne era sbucato uno strano ragazzino. Non le mise paura, perché ricordava di averlo visto nel volto di molte donne che non hanno avuto bambini. Forse si può trovare anche nel volto di alcune mamme. Nel suo sogno, il bambino aveva dissipato il velo che oscurava l’Isolachenoncè e lei vedeva Gianni, Wendy e Michele spiare attraverso l’apertura.

Il sogno in sé sarebbe stato una bazzecola, ma mentre lei sognava, la finestra della stanza si aprì e un ragazzino balzò

15 sul pavimento. Era accompagnato da una strana luce non più larga del vostro pugno, che saltellava tutto intorno alla stanza come una cosa viva. Certo fu quella luce a destare la signora Darling.

Balzò in piedi con un grido, vide il ragazzo e capì subito che era Peter Pan.

Se voi, o io, o Wendy fossimo stati là, avremmo visto che assomigliava proprio al bacio della signora Darling.

Era un grazioso ragazzino vestito di foglie secche e di linfa, quella che stilla dagli alberi. la cosa più sorprendente in lui era che aveva tutti i suoi dentini di latte. Quando vide che lei era una persona adulta, le mostrò con una smorfia le sue piccole perle.

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