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Controlli imposta di registro: accessi, ispezioni e verifiche

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Controlli imposta di registro: accessi, ispezioni e verifiche

di Commercialista Telematico Pubblicato il 25 febbraio 2007

La fase istruttoria del procedimento di accertamento tributario (1) si identifica nell’insieme delle attività poste in essere dagli uffici dell’Amministrazione finanziaria per verificare la veridicità e validità degli elementi indicati nella dichiarazione del contribuente. Tale fase si configura, quindi, come momento antecedente e prodromico all’effettuazione degli accertamenti tributari.

Nell’ambito del complesso e articolato impianto istruttorio a disposizione degli uffici verificatori ed accertatori ( richiesta di dati e notizie, accessi, ispezioni e verifiche, indagine bancarie, etc. ), unito alla disponibilità di banche dati, sempre più sofisticate e avanzate, che costituiscono un prezioso strumento d’ausilio, le scelte istruttorie da effettuare devono fondarsi su una valutazione di opportunità di costi-benefici, rispondendo a criteri di economicità e proficuità.

La cd. Manovra Prodi

Il comma 24 dell’art. 35 del D.L. n. 223 del 2006 ha introdotto il nuovo art. 53-bis nel D.P.R. n.

131 del 1986, che estende i poteri di controllo previsti per le imposte sui redditi dal D.P.R.

n. 600 del 1973, in particolare negli artt. 32 e 33, anche ai fini dell’imposta di registro, nonché delle imposte ipotecaria e catastale previste dal testo unico di cui al D.Lgs. 31 ottobre 1990, n.347.

Fino all’entrata in vigore del citato D.L. n. 223, gli uffici, al fine di reperire atti, dati e notizie rilevanti per l’accertamento dell’imposta di registro, ipotecaria e catastale, potevano avvalersi dei poteri istruttori disciplinati dai seguenti articoli del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131:

comma 4 dell’art.51, concernente la possibilità di compiere accessi, ispezioni e verifiche per il controllo dei valori dichiarati negli atti aventi per oggetto aziende o diritti reali su di esse;

art.63, riguardante le richieste di atti e notizie, necessarie ai fini dell’applicazione dell’imposta,

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ai soggetti obbligati a richiedere la registrazione e ai dirigenti dei pubblici uffici;

art. 68, disciplinante la presentazione quadrimestrale del repertorio degli atti compiuti, ricevuti o autenticati dai pubblici ufficiali.

Focalizziamo la nostra attenzione su un aspetto particolarmente approfondito dal documento di prassi pubblicato, la circolare n.6/E del 6 febbraio 2007: gli accessi, le ispezioni e le verifiche, vedendo di trasfondere nell’imposta di registro i principi, il pensiero dottrinale e la giurisprudenza che si è formata nel corso di questi anni nell’ambito delle II.DD. e dell’Iva .

Accessi, ispezioni e verifiche

Ai sensi del n. 1) del comma 1 dell’art. 32 del citato D.P.R. 600 del 1973, gli uffici, per l’adempimento dei loro compiti, possono procedere all’esecuzione di accessi, ispezioni e verifiche a norma del successivo art. 33, il quale richiama espressamente le disposizioni in materia di Iva di cui all’arrt.52 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633.

L’accesso

Con il termine accesso si suole indicare semplicemente e solamente l’ingresso dei verificatori nei locali ove il contribuente svolge la propria attività, ovvero nei casi e nei modi tassativamente previsti dalla legge, presso l’abitazione del contribuente.

Nella prassi degli uffici il termine accesso è utilizzato per indicare una visita di breve durata presso il contribuente ( o nel luogo ove sono tenute le sue scritture contabili), poiché questa modalità istruttoria è comunemente utilizzata per effettuare riscontri e controlli riguardanti circostanze ben determinate.

L’accesso consente, quindi, di procedere, nei luoghi ove il contribuente svolge la propria attività, a ispezioni documentali, ricerche di atti e documenti, verifiche, e a ogni altra indagine utile ai fini dell’accertamento.

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È inoltre possibile accedere presso aziende ed istituti di credito o uffici postali con i quali il contribuente intrattiene rapporti (conti correnti, libretti di deposito, ecc.).

I diversi interventi di prassi che si sono succeduti nel corso di questi ultimi anni ( cfr. la C.M. n. 2 del 23 gennaio 2007 per gli indirizzi operativi per l’attività di controllo) operano una distinzione tra:

accessi mirati, che comportano l’esame della corretta rappresentazione, da parte del contribuente, di fatti e circostanze fiscalmente rilevanti nei documenti contabili e nelle dichiarazioni fiscali, con la conseguente eventuale evidenziazione di recuperi d’imposte non dichiarate;

accessi brevi, che si risolvono nel mero reperimento e riscontro di dati.

Le risultanze delle rilevazioni effettuate e dei controlli eseguiti sono formalizzati nel verbale redatto a conclusione dell’accesso, che evidenzia le discordanze e le violazioni rilevate nonché le eventuali giustificazioni addotte dal contribuente.

L’ispezione

L’ispezione consiste essenzialmente nell’effettuazione di indagini documentali con particolare riguardo ai documenti e scritture contabili obbligatorie, al fine di controllarne sia la regolarità formale sia di riscontrarne i fatti e le situazioni realmente accaduti nell’attività economica.

L’ispezione documentale avviene in occasione degli accessi e si estende a tutti i libri, registri, documenti e scritture che si trovano nei locali, compresi quelli non obbligatori. Se ne è rifiutata l’esibizione, essi possono essere considerati solo contro e non a favore del contribuente ai fini dell’accertamento. Per rifiuto di esibizione si intende anche la dichiarazione di non possedere i libri, registri, documenti e scritture e la loro sottrazione all’ispezione.

Se il contribuente dichiara che le scritture contabili o alcune di esse si trovano presso terzi, deve esibire una attestazione dei soggetti depositari recante la specificazione delle scritture in loro possesso. Come è noto, infatti, le scritture contabili possono essere tenuti presso il contribuente

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oppure presso terzi. In quest’ultimo caso, il soggetto detentore delle scritture deve rilasciare al contribuente l’attestazione ex art. 52, comma 10, del D.P.R. n. 633/72, che deve essere esibita a richiesta dei verificatori, che deve riportare: i dati identificativi del soggetto tenutario delle scritture contabili e del soggetto cui le scritture contabili si riferiscono; denominazione della ditta o generalità del soggetto, numero di partita I.V.A., numero di codice fiscale, indirizzo, e attività svolta; elenco dettagliato dei libri e registri avuti in consegna; il luogo di conservazione dei predetti libri e registri; l’orario di apertura dello studio. E’ assolutamente indispensabile, quindi, che il professionista, quando riceve in consegna la documentazione obbligatoria, provveda a rilasciare la prescritta attestazione. In mancanza dell’attestazione, o se il soggetto che l’ha rilasciata si oppone all’accesso o non esibisce in tutto o in parte le scritture, l’esibizione si intende rifiutata.

I documenti e le scritture possono essere sequestrati solo se è impossibile riprodurne o farne constatare il contenuto nel verbale, in caso di mancata sottoscrizione o di contestazione del contenuto del verbale.

È possibile eseguirne o farne eseguire copie o estratti, apporre nelle parti che interessano la firma o sigla dell’organo procedente insieme con la data e il bollo d’ufficio ed adottare cautele atte ad impedirne l’alterazione o la sottrazione.

La verifica

Con il termine verifica, l’art. 52 del D.P.R. n. 633/72, invece, vuole riferirsi ad ogni altra attività di ricerca e di controllo. In particolare, la ricerca si sostanzia in una serie di attività dirette a reperire materialmente gli elementi (libri, registri e documenti) necessari per eseguire le ispezioni documentali e le verifiche.

Tale opera ricostruttiva viene effettuata “in loco” e mediante il riscontro diretto della situazione economica del soggetto verificato.

Il termine verifica, nella prassi, è utilizzato per indicare l’analisi contabile ed extracontabile dell’attività del contribuente e comporta una permanenza, più o meno lunga dei verificatori, presso il luogo di esercizio dell’attività. In questo caso, dunque, il concetto di verifica assorbe e riassume l’accesso e l’ispezione documentale.

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Si rileva che lo “ Statuto del Contribuente ” ( L. n. 212/2000) – pone ormai dei limiti rilevanti alle attività in rassegna, nei termini sia del necessario rispetto delle formalità richieste sia dei limiti temporali imposti al controllo presso la sede del contribuente.

Gli accessi, ispezioni e verifiche nell’ambito dei controlli del registro

Il comma 4 dell’art. 51 del T.U.R. n. 131/1986 già prevedeva, con riferimento alle cessioni di aziende e di diritti reali su di esse, la possibilità per gli uffici, oltre che di avvalersi degli accertamenti compiuti ai fini di altre imposte, anche di procedere ad accessi, ispezioni e verifiche, con un richiamo generico alle disposizioni relative all’imposta sul valore aggiunto.

L’innovazione in esame consente ai funzionari dell’Amministrazione Finanziaria, muniti di apposita autorizzazione, di eseguire accessi, ispezioni e verifiche presso i luoghi ove viene esercitata un’attività commerciale, agricola, artistica o professionale, quando l’attività stessa abbia riflessi sull’imposta di registro.

Tali poteri istruttori saranno pertanto finalizzati, oltre che all’accertamento di valore per le cessioni di aziende, anche:

– al controllo relativo alla sussistenza dei requisiti per la fruizione di agevolazioni fiscali;

– al controllo concernente gli obblighi formali e sostanziali previsti in materia di imposta di registro.

Ad esempio, afferma il documento di prassi pubblicato, “ si potrà accedere nei locali nei quali si esercita attività di intermediazione immobiliare, per acquisire dati e notizie riguardanti le mediazioni svolte, raffrontandole con le dichiarazioni sostitutive rese in atto dalle parti contraenti. Tale attività consentirà di rilevare l’eventuale omessa registrazione delle scritture private non autenticate di natura negoziale stipulate a seguito della conclusione di affari di intermediazione immobiliare, obbligo posto a carico degli stessi agenti dal comma 46 dell’articolo unico della legge Finanziaria per il 2007. In particolare potrà essere accertata la mancata registrazione e l’ammontare effettivo del corrispettivo e del canone pattuito, in riferimento a contratti preliminari di compravendite immobiliari e a contratti di locazione di fabbricati”.

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Si evidenzia la stessa legge Finanziaria 2007 ha altresì previsto la solidarietà degli agenti immobiliari al pagamento dell’imposta per le scritture private sopra citate.

Un ulteriore esempio riportato nella circolare n.6/2007 riguarda la possibilità di effettuare “ accessi presso i fondi rustici, per verificare che non sia mutata la destinazione agricola dei terreni o delle relative pertinenze, qualora nel trasferimento degli stessi l’imprenditore agricolo, in quanto tale, abbia beneficiato delle agevolazioni previste per il settore agricolo (piccola proprietà contadina, imprenditore agricolo professionale, compendio unico, eccetera)”.

L’art.33, comma 2, del D.P.R. n. 600 del 1973, prevede altre tipologie di accesso effettuabili presso altre Amministrazioni dello Stato per rilevare direttamente i dati e le notizie previste dal n. 5) del precedente art. 32, nonché presso aziende ed istituti di credito e l’amministrazione postale, allo scopo di rilevare direttamente informazioni e notizie nei casi espressamente previsti.

In via generale viene raccomandata “ la tempestività nell’esecuzione degli accessi rispetto alla data di registrazione degli atti, nei casi in cui, per la natura del bene trasferito (ad esempio cessioni di azienda), operazioni successive, effettuate dal cessionario, compromettano la possibilità di motivare adeguatamente la rettifica della base imponibile con riferimento alla data della cessione”.

In via di principio, con riferimento al potere di accesso, sottolinea la circolare n.6/2007 valgono i limiti posti dall’art.52 del D.P.R. n. 633 del 1972. Pertanto, l’accesso in luoghi diversi da quelli indicati nel primo comma del suddetto articolo può essere eseguito previa autorizzazione del Procuratore della Repubblica, solo in caso di gravi indizi di violazione della normativa che disciplina i tributi in argomento.

Modalità di esecuzione dell’attività esterna. Poteri e obblighi

L’accesso da parte dei verificatori può essere effettuato solo con apposita autorizzazione scritta, rilasciata dal capo dell’ufficio che ordina la verifica.

L’autorizzazione deve contenere:

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il nominativo e i poteri del soggetto che dispone la verifica;

l’ordine di accedere;

l’indicazione del soggetto da verificare;

le ragioni del controllo;

le effettive esigenze d’indagine esterna;

l’indicazione che la verifica, salvo casi eccezionali e urgenti adeguatamente documentati, si svolgerà durante l’orario ordinario di esercizio dell’attività e con modalità tali da arrecare la minore turbativa possibile allo svolgimento dell’attività stessa nonché alle relazioni commerciali o professionali;

le annualità da verificare;

la data dell’inizio della verifica;

la sottoscrizione del soggetto che autorizza la verifica.

In caso di opposizione all’accesso, i verificatori, con l’ausilio della Guardia di Finanza o di altro organo di polizia, possono ugualmente effettuare l’accesso.

In questo caso, il contribuente è esposto alle conseguenze relative che la legge prevede: salvo l’ipotesi criminosa di cui all’art. 337 c.p.p., siamo nel campo dell’art. 53, comma 1, n. 4), del D.P.R. n. 600/1973.

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L’art. 35 della L. 7.1.1929, n. 4, tuttora in vigore, dispone che “….gli ufficiali o gli agenti di polizia tributaria hanno facoltà di accedere in qualunque ora negli esercizi pubblici e in ogni locale adibito ad una azienda industriale o commerciale ed eseguirvi verificazioni e ricerche”.

Pur se l’interpretazione letterale dell’espressione “qualunque ora” lascerebbe intendere che l’accesso possa avvenire in qualsiasi ora, per prassi consolidata, l’espressione va legata all’orario di normale apertura delle aziende o altro ufficio.

L’accesso può avere luogo nei locali destinati all’esercizio di attività commerciali e agricole. Si tratta dei luoghi dichiarati ai sensi dell’art. 35 del D.P.R. n. 633/1972 o comunque nei quali si svolge di fatto l’attività e cioè negozi, stabilimenti, filiali, succursali, sedi secondarie, depositi, magazzini e simili.

Ci è di supporto nell’interpretazione della norma l’art. 53 del D.P.R. n. 633/1972 e gli artt. 2135 e 2195 del codice civile, nonché l’art. 55 del T.U.n.917/86, secondo cui per esercizio di imprese commerciali si intende l’esercizio per professione abituale ancorché non esclusiva delle attività industriali, dirette alla produzione di beni e servizi; di intermediazione nella circolazione di beni e servizi; di trasporto, per terra, per aria e per acqua; bancaria o assicurativa; e altre attività ausiliarie alle precedenti.

Sono considerate commerciali, in ogni caso le attività dirette allo sfruttamento di miniere, cave, torbiere, saline, laghi, stagni, ed altre acque interne, mentre, ai fini fiscali, sono considerate commerciali le attività di allevamento di animali, e manipolazione, trasformazione e alienazione di prodotti agricoli e zootecnici.

Costituiscono esercizio di attività agricola (art. 32 del T.U. n. 917/1986) nei limiti della potenzialità del fondo, le attività dirette alla coltivazione del terreno e alla silvicoltura.

Rientrano, altresì, nell’attività agricola quelle relative all’allevamento di animali da mangimi ottenuti per almeno un quarto dal terreno e quelle dirette alla manipolazione, trasformazione e alienazione di prodotti agricoli e zootecnici che rientrano nell’esercizio normale dell’agricoltura.

L’accesso presso l’azienda può svolgersi anche in mancanza del titolare, al quale dovrà poi essere notificata l’autorizzazione all’accesso e tutte le verbalizzazioni eseguite in sua assenza.

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È possibile compiere accessi e verifiche anche presso gli autoveicoli ed i natanti adibiti al trasporto di persone, merci in conto proprio o conto terzi intestati all’impresa sottoposta a verifica. La verifica può essere effettuata con lo stesso ordine di accesso rilasciato per i locali destinati all’attività. Per le imprese individuali, devono considerarsi appartenenti alla ditta esclusivamente quegli autoveicoli e natanti inseriti nella contabilità della medesima.

L’accesso presso l’abitazione privata del contribuente – tutelata dall’art. 14 della Costituzione – può essere effettuato solo previa autorizzazione del Procuratore della Repubblica ( come ribadito dalla Corte di Cassazione, fra le altre, con sentenza n. 7368 del 1° aprile 1998, depositata il 27 luglio 1998) e in caso di gravi indizi di violazione delle norme fiscali, conformemente a quanto disciplinato dal comma 2, dell’art. 52 del D.P.R. n. 633/1972.ù

Per l’accesso in locali destinati anche ad abitazione non è necessario nessun altro presupposto legittimante, essendo in re ipsa l’accesso preordinato ad una ordinaria attività di ispezione fiscale.

In merito, di recente, la Corte di Cassazione – sentenza n. 19689 dell’1.10.2004 – ha avuto modo di fissare, ancora una volta, dei paletti precisi, operando una precisa interpretazione comparativa fra i commi 1 e 2 dell’art. 52 del D.P.R. n. 633/72: mentre per l’accesso nei locali adibiti anche ad abitazione, è sufficiente la sola autorizzazione del Procuratore della Repubblica, per l’accesso nei locali esclusivamente adibiti ad abitazione, l’autorizzazione del magistrato deve essere concessa solo in presenza di gravi indizi di violazione delle norme fiscali. Per quanto riguarda i locali adibiti promiscuamente ad abitazione e ad attività commerciali o agricole deve trattarsi di un effettivo uso promiscuo, che si ha quando, negli stessi locali, vi è abitazione e attività d’impresa. In questi casi, si può ritenere, pertanto, che l’autorizzazione del Procuratore della Repubblica sia un atto dovuto, in quanto se pur rilasciata dopo un attento esame della richiesta, non necessita della presenza di gravi indizi di evasione fiscale.

Le associazioni, i circoli sportivi, i comitati e le Onlus non possono essere considerati luoghi di esercizio dell’attività, e pertanto è necessaria l’autorizzazione dell’A.G. .

Si rileva che spesso, qualora le esigenze di indagine lo richiedano, i funzionari del Fisco effettuano contemporaneamente l’accesso sia presso l’azienda sia presso il soggetto depositario delle scritture contabili.

Una volta entrati presso il soggetto depositario ( in questo caso, per accedere, non é necessario

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un altro ordine di accesso nei confronti dello studio commerciale) i verificatori richiedono le scritture contabili dell’azienda, e l’accesso è legittimo anche se il titolare dello studio è momentaneamente assente.

I funzionari verificatori possono accedere, in forza degli artt. 33 del D.P.R. n. 600/1973 e 52 del D.P.R. n. 633/72, presso gli organi e le amministrazioni dello Stato, gli enti pubblici non economici, le società ed enti assicurativi e quelli che effettuano istituzionalmente riscossioni e pagamenti per conto di terzi, ovvero gli enti di gestione e di intermediazione finanziaria, per avere notizie in merito alle prestazioni rese a favore del contribuente o di categorie di contribuenti, qualora ciò sia necessario per la rilevazione diretta dei dati e delle notizie per i quali in precedenza sia stata inviata una richiesta ai sensi dell’art. 32, comma 1, n. 5), del D.P.R.

n. 600/73. Gli stessi funzionari possono accedere altresì, per rilevare direttamente informazioni sui conti correnti e sui rapporti inerenti ad essi, presso gli istituti di credito e l’Amministrazione postale.

L’accesso in luoghi diversi da quelli del soggetto sottoposto a controllo costituisce un aspetto particolarmente delicato della fase del controllo, atteso che, fra l’altro, i primi due commi dell’art. 52 del D.P.R. n. 633/1972, si riferiscono ai luoghi nei quali si esercita un’attività economica e alle abitazioni private, senza nulla precisare in ordine al fatto che i locali debbano appartenere al contribuente indagato o anche a terzi.

L’assoluta genericità porta a ritenere che la norma contempli anche la possibilità di effettuare l’accesso in luoghi diversi da quelli di pertinenza del soggetto verificato, qualora le esigenze istruttorie lo richiedano.

E’ di conforto a tale tesi il pensiero della Commissione tributaria centrale – decisione n. 2060 del 22.1.1985 – secondo cui l’art. 52 del D.P.R. n. 633/1972 non limita il potere di ingresso e ispezione ai soli locali occupati dal contribuente inquisito, e della Corte di Cassazione – sentenza n. 153 del 10.1.1996 – secondo cui se l’Ufficio non potesse accedere in locali di terzi, “sarebbe agevole per il contribuente infedele sottrarre alle verifiche la propria documentazione fiscale, bastando a ciò il semplice accorgimento di conservarla presso un’altra persona”. In senso conforme, la Corte di Cassazione, con sentenza n. 2775/2000, ha riaffermato il principio: “ se fosse precluso agli organi verificatori – nel corso di accessi debitamente autorizzati – prendere visione e, se del caso, acquisire atti e dati fiscalmente rilevanti nei confronti di terze persone ( non menzionate nel provvedimento di autorizzazione), sarebbe agevole per il contribuente infedele sottrarre alle verifiche la propria documentazione fiscale, bastando a ciò il semplice accorgimento di conservarla presso un’altra persona”.

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Una volta effettuato l’accesso, i funzionari dell’Amministrazione finanziaria richiedono al contribuente, al titolare dello studio, all’amministratore dell’azienda o chi altro lo sostituisca o rappresenta in quel momento, di esibire tutti i documenti che, a norma delle singole leggi, è tenuto a sottoporre all’esame degli organi di controllo.

Una volta acquisita tutta la documentazione i funzionari procedenti redigono il processo verbale di accesso, ove vengono descritte, analiticamente, tutte le operazioni effettuate e la documentazione consegnata e reperita.

Perquisizioni personali, aperture coattive e sequestri

In generale, ai sensi dell’art. 52, comma 3, del D.P.R. n. n. 633/1972, è in ogni caso necessaria l’autorizzazione del Procuratore della Repubblica o dell’autorità giudiziaria più vicina ( attesa l’esigenza di ricorrere a tali procedure può insorgere improvvisamente durante le normali ricerche), per procedere, durante l’accesso, a perquisizioni personali e all’apertura coattiva di pieghi sigillati, borse, casseforti, mobili, ripostigli e simili.

La perquisizione può essere eseguita su qualunque persona presente al momento dell’accesso, sia nei confronti dei clienti che del personale dipendente, nel caso in cui sussista il sospetto che parte della documentazione o altro materiale ritenuto utile per il controllo possa essere celato da uno dei soggetti presente all’atto dell’accesso, il quale invitato ad esibire spontaneamente quanto in suo possesso, si rifiuti e/o comunque adotti un comportamento ostruzionistico ( esibizione parziale o incompleta di quanto nascosto).

Per effettuare la perquisizioni personale – atto di polizia giudiziaria – è necessario che l’autorizzazione rilasciata venga notificata al soggetto da sottoporre a controllo e, si ritiene che

“nelle more dell’ottenimento dell’autorizzazione, la persona da perquisire possa essere tenuta sotto sorveglianza dai verificatori” (2).

Anche per l’apertura di cassetti e borse e quant’altro risulti protetto da chiusure, è necessaria l’autorizzazione del magistrato, in quanto tali beni sono attratti nella categoria concettuale del domicilio. L’eventuale assenso del contribuente – che fa venir meno la richiesta di autorizzazione al magistrato – legittima l’operato dei verificatori, consenso che dovrà essere trascritto sia nel p.v.di accesso o giornaliero che nel p.v. di constatazione, così come richiesto dalla Commissione tributaria Centrale, sez.IX, con decisione n.2841 del 10 luglio 1995. In ogni caso, è d’obbligo che i verificatori adottino tutte le cautele del caso, atteso che la Cassazione,

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con sentenza n.1036 del 2 febbraio 1998, ha ritenuto che il consenso prestato possa essere frutto di sudditanza psicologica.

Diversamente, nel caso di accesso domiciliare, già autorizzato dall’Autorità giudiziaria, non è necessaria una ulteriore autorizzazione specifica all’apertura di cassetti e borse, per la forza attrattiva della prima autorizzazione. Una volta richiesta l’autorizzazione domiciliare, il P.M. , prima di autorizzarla, deve valutare che la sussistenza degli indizi di cui all’art. 52 del D.P.R.n.633/72 siano così gravi da legittimare l’accesso e la conseguente lesione dell’inviolabilità del domicilio. Una volta, pertanto, a monte, valutato ciò, l’autorizzazione si estende all’intero domicilio. Sul punto, la Corte di Cassazione, con sentenza n. 14056 del 3 maggio 2006, depositata il 16 giugno 2006 (3), in maniera netta e chiara, ha operato una distinzione: “ l’autorizzazione del Procuratore della Repubblica per l’apertura di pieghi sigillati, borse, casseforti e simili, prevista dall’art. 52, comma 3, del D.P.R. n. 633 del 1972, richiamato dall’art.33 del D.P.R. n. 600 del 1973, è richiesta solamente nel caso di accesso disposto dagli uffici imposte nei locali della ditta, ma non anche nel caso di perquisizione domiciliare già autorizzata dall’Autorità giudiziaria, essendo evidente che l’autorizzazione alla perquisizione domiciliare è comprensiva di ogni attività strumentale necessaria per l’acquisizione delle prove (Cass. n. 20824/2005)”.

L’attività svolta dovrà essere documentata attraverso un apposito p.v. di apertura coattiva.

Invece, nel caso in cui i cassetti e gli armadi sono aperti non è necessaria l’autorizzazione, in quanto la ricerca si rivolge alla acquisizione di documenti, materiale, indizi, prove in ordine alla non corretta tenuta delle scritture contabili e alla mancata osservanza delle norme fiscali, che per loro natura potrebbero trovarsi proprio in armadi e/o cassetti.

La perquisizione, in questo caso, assume un connotato amministrativo e non processual- penalistico.

In ordine alla posta elettronica le potestà di controllo non divergono dalla normale corrispondenza: se l’e-mail è già stata aperta i verificatori ne possono prendere cognizione, diversamente occorre l’autorizzazione del magistrato.

Per il sequestro di atti e documenti, in via amministrativa, è d’obbligo fare riferimento a quanto previsto dal citato art. 52 del D.P.R. n. 633/1972, che lo consente solo nell’ipotesi in cui non sia possibile riprodurre o riportare esplicitamente nel verbale il contenuto di documenti e scritture

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contabili, oppure ancora nel caso in cui – nonostante la possibile riproduzione del contenuto del verbale – i soggetti interessati alla verifica si rifiutino di sottoscrivere il verbale oppure, con apposite dichiarazioni in esso contenute, ne contestino il contenuto.

La norma fa esplicito riferimento alla locuzione “documenti e scritture”, e pertanto l’operazione di sequestro deve intendersi effettuabile con riferimento a qualsiasi tipo di documento e di scrittura, quindi, anche a quei documenti e scritture non aventi natura contabile.

I libri contabili e i registri non possono essere sequestrati, atteso che gli stessi devono continuare ad essere utilizzati anche nei periodi immediatamente successivi all’accesso.

NOTE

1) Sul punto cfr. ANTICO-CARRIROLO-FUSCONI-TUCCI-ZAPPI, L’accertamento fiscale, Il Sole24ore, Milano, 2005; GENTILE, L’accertamento: strumenti e strategie, relazione al Convegno

“ Il fattore R – La centralità della riscossione nelle manovre di finanza pubblica”, Trento, 17 novembre 2006, pubblicata in “ Fiscooggi”, edizione del 21 novembre 2006

2) PEZZUTO-SCREPANTI, in ” La verifica fiscale”, Il Sole24ore, Milano, 2002, pag.72. Sul punto la Corte di Cassazione, con sentenza n. 20253 del 19 ottobre 2005, ha ritenuto inutilizzabile la documentazione extracontabile acquisita dai verificatori attraverso una perquisizione personale seguita senza specifica autorizzazione dell’A.G., escludendo che possa sussistere il silenzio assenso.

3) Commentata da ANTICO, Aprire borse e cassetti si può, in “ Fiscooggi”, edizione del 21 luglio

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2006

Gianfranco Antico

Febbraio 2007

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