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VIOLENZA POLIZIESCA NELLE BANLIEUE DURANTE LA QUARANTENA

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Academic year: 2022

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CRONACA DELLE ULTIME SETTIMANE A PARIGI

Sabato 18 aprile sera, Mouldi, un abitante di Villeneuve, ha tamponato lo sportello di un auto della polizia in borghese. All’interno vi erano 4 agenti della BAC che lo avevano notato circolare senza casco su una mini moto da cross. Mentre Mouldi stava per arrivare all’altezza del veicolo per superarlo a destra, uno dei passeggeri ha aperto lo sportello scaraventando Mouldi contro un palo. Dei testimoni diretti presenti sul luogo hanno filmato i minuti seguenti l’accaduto e pubblicato su Snapchat i video che mostrano Mouldi gridare dal dolore per una frattura scomposta alla gamba sinistra. Poco dopo, verso mezzanotte, qualche bidone dell’immondizia è stato dato alle fiamme all’entrata della città con l’obiettivo di attirare la polizia costretta a scortare i pompieri. Per qualche ora Villeneuve-la-Garenn vive al ritmo di bombe carta, fuochi d’artificio da una parte e tiri di flashball e granate dall’altra. Si ripetono ad intermittenza ma non durano mai troppo tempo.

L’indomani alcuni parlano di scontri, altri di sommosse o di rivolte.

La notte tra domenica e lunedì, la rabbia non esplode solamente nei quartieri di Villeneuve ma anche in molte banlieue di Parigi, a Bordeux e Tolosa. Questo ricorda molto gli eventi dell’ottobre del 2005. Il 28 ottobre 2005, infatti, all’indomani della morte di Zyed e Bouna, accade proprio questo: all’improvviso e a macchia d’olio si propagano diverse rivolte urbane passate alla storia poi come le più importanti degli ultimi decenni avvenute nei quartieri popolari francesi. Oggi non siamo certo nel 2005 ma il contesto securitario, la veloce successione di atti di violenza perpetrati da parte della polizia per diverse settimane, la comunicazione governativa diffamante verso i quartieri popolari, gli onnipresenti atti d’ingiustizia, la differenza palese tra ciò che accade nelle banlieue e quello che accade nel centro di Parigi, oltre che il contagio delle rivolte da quartiere a quartiere, fanno sembrare che sia così. Come allora anche queste rivolte che hanno fatto seguito all’incidente di Mouldi hanno una matrice politica e non sono altro che il prosieguo delle umiliazioni e delle violenze incessanti subite dagli abitanti dei quartieri popolari dall’inizio della quarantena.

VIOLENZA POLIZIESCA NELLE BANLIEUE DURANTE LA QUARANTENA Dal 16 marzo, data d’inizio della quarantena obbligatoria in Francia, le forze dell’ordine riempiono le strade in massa per controllare le autocertificazioni, però non lo fanno allo stesso modo per le strade del centro di Parigi e in quelle delle banlieue, come mostrano molti video su internet, a dimostrazione della chiara natura classista di questo stato d’emergenza sanitario. Le popolazioni che vivono nei quartieri popolari sono in prima linea di fronte alla crisi sanitaria: sono tra coloro che lavorano nei "settori essenziali", quelli che permettono oggi alla nostra società di non collassare. Tuttavia, sono le zone dove la mortalità per il coronavirus è particolarmente elevata. L’incidente di Villeneuve

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è stato solo una scintilla che ha fatto scoppiare la rabbia dei quartieri popolari. Come non sarebbe potuto essere altrimenti visto che i crimini e le violenze della polizia si susseguono dall’inizio della quarantena, nell’indifferenza mediatica e con la certezza ormai acquisita di una totale impunità della polizia. La discriminazione razzista, già insopportabile, è rafforzata dall'impunità della polizia. Le violenze e le umiliazioni sono in aumento nei quartieri popolari. Queste ingiustizie flagranti sono documentate, nessuno può ignorarle.

Ad oggi, in nome della quarantena, in meno di un mese ci sono stati già 9 morti, l’ultimo Romain morto nella cella del commisariato di Saint Denis la notte del primo Maggio, e svariati feriti gravi, tra cui una bambina di 5 anni, in circostanze di controlli o arresti della polizia.

NULLA È CAMBIATO: LE RADICI DELLA VIOLENZA POLIZIESCA

Le scene del celebre film l’Odio del 1993, gli scontri del 2005 dopo la morte di Zyed e Bouna, gli eventi successivi all’arresto violento di Theo nel febbraio 2017 fino ad arrivare ai fatti odierni di Villeneuve, mostrano come in questi 30 anni nulla sia cambiato.

Riflettiamo quindi sulle radici di tale violenza poliziesca.

LA VIOLENZA COLONIALE

La violenza della polizia non è accidentale, è prodotta razionalmente e regolata dall'apparato statale. La teoria e le pratiche della polizia francese sono profondamente radicate nel sistema coloniale, le trovavamo tra le brigate nordafricane nei bassifondi del periodo tra le due guerre e le troviamo nelle brigate anti-crimine (le BAC) nelle "città" di oggi: si riproduce lo stesso meccanismo. Del resto, si tratta sempre di mantenere dall'interno l'ordine tra i colonizzati in un perpetuo regime di socio-aparthaid. A tal proposito, l’indagine di Mathieu Rigouste, militante e ricercatore in scienze sociali, risulta illuminante. L’indagine é basata sull'osservazione di tecniche e pratiche di inquadramento e segregazione da parte di coloro che le subiscono e le combattono e mostra come in Francia sia assicurato il dominio della polizia sulle persone indesiderate, i miserabili e i ribelli. Rigouste analizza la costruzione delle figure del nemico interno dentro il pensiero militare francese, dalla guerra algerina fino alla metà degli anni 2000. Seguendo l'evoluzione della figura del post-immigrato coloniale negli archivi dell’Istituto dei grandi studi per la Difesa nazionale, questa ricerca ha dimostrato come una dottrina militare e coloniale del terrore di stato - la dottrina della guerra (contro)- rivoluzionaria – ha continuato ad evolversi nell'esercito francese e a ispirare la ristrutturazione del "pensiero di difesa e sicurezza" nel personale militare e di polizia, politico ed economico in tutta la Quinta Repubblica.

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NEOLIBERISMO DELLA SICUREZZA E DELLA DIFESA

Ma c’è anche un’altra questione. Le recenti trasformazioni nelle pratiche violente della polizia fanno anche parte della ristrutturazione neoliberista e di sicurezza avviata nei primi anni '70 con lo sviluppo dei grandi mercati della "sicurezza e difesa". Le forme di neo- gestione intensificano la produttività della polizia. Da una parte la polizia e le stazioni di polizia vengono annotate, pagate e valutate in base alla loro prestazione negli "affari", tra questi casi gli arresti per stupefacenti o difetti dei documenti di identità sono i più facili da eseguire e contano tanto quanto gli affari di delinquenza finanziaria che è molto più difficile da raggiungere. E per moltiplicare questi "casi facili", la polizia sta intensificando i controlli di identità su poveri e non bianchi. Dall’altra i produttori stanno moltiplicando le tecnologie di polizia e supportando un processo di ibridazione militare-poliziesca. Le dottrine e i concetti, le armi e le tecnologie, il personale e le reti dei mondi militari e neo- coloniali influenzano profondamente la trasformazione del potere della polizia.

L'espansione del mercato internazionale della violenza, attraverso lo sviluppo di armi

"non letali" - Flash Ball, Taser, spinge una vera industria privata della coercizione e incornicia la diffusione delle dottrine della controinsurrezione e le consente di essere applicate all'interno delle metropoli imperiali.

STATO D’EMERGENZA ORDINARIO

Stato d’emergenza Terrorismo Novembre 2015-2017 Riforma del Lavoro Loi Travail 2016

Riforma del sistema ferroviario e di SNCF 2018 Riforma Istruzione 2018-19

Gilet Gialli 2018-19

Riforma delle pensioni 2019-20

Stato d’emergenza Corona Virus Marzo 2020

Gli uomini e le donne che sono scese in piazza per ognuno degli avvenimenti sopra indicati hanno subito sulla propria pelle cosa vuol dire vivere in un paese a regime securitario. Possiamo notare come a partire dal 2015, con lo stato d’emergenza scaturito dopo gli attentati terroristici di daesh, l’inasprimento del livello di controllo e di repressione sulla popolazione siano tali da mostrare in realtà l’instaurazione di uno stato d’emergenza perenne che culmina fino allo stato d’emergenza sanitario odierno, in cui è impedita qualsiasi forma di dissenso in tutto il territorio francese.

"Le persone non muoiono per una tecnica ma [...] soprattutto per il permesso di marcare e dominare i corpi e le menti" ha scritto il 12 gennaio 2020 il Comitato Giustizia e Verità per Wissam El Yamni, picchiato a morte nei corridoi della stazione di polizia di Clermont Ferrant nel 2013. La violenza della polizia non è una deriva, la sua produzione

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è inquadrata da razionalità economiche e politiche. Lo stato sta riformulando le pratiche che ritiene controproducenti per legittimare meglio il suo feroce regime. “Ora, sotto Macron, abbiamo tutti i diritti. Ora tutto è permesso ", hanno detto due agenti di polizia a Pau il 13 gennaio 2020 nell'ambito del vertice del G5 nel Sahel. La ferocia della polizia non è il risultato di una perdita di controllo dello Stato sul suo braccio armato, è una tecnica di governo, istituita nel tempo. Essa è il frutto di scelte politiche come l’aumento delle tutele che hanno ricevuto le forze dell’ordine negli ultimi anni e soprattuto grazie alla misura dello stato d’emergenza.

Un aggravamento in questa direzione si è avuta con la mobilitazione nominata “Police en colere” nell’ottobre 2016. Un gruppo di forze dell’ordine, staccato da qualsiasi forma sindacale, dopo alcuni casi di cronaca riguardanti la polizia, manifestò con tanto di manif sauvage in direzione dell’Eliseo. La mobilitazione nasceva dopo il caso della vettura della polizia bruciata durante una manifestazione contro la Loi Travail nel Maggio 2016, che portò all’arresto di 9 compagni e compagne, e il caso del lancio di Molotov contro un posto di blocco a Viry-Chatillon nell’ottobre 2016, che ha portato a condanne dai 10 ai 20 anni per 8 dei 13 accusati. I poliziotti richiedevano le stesse tutele ottenute dalla Gendarmerie qualche mese prima durante lo stato d’emergenza del Novembre 2015:

maggiori risorse economiche e salariali e disponibilità di equipaggiamenti e di effettivi.

Denunciavano inoltre di lassismo la giustizia chiedendo pene più severe verso i loro aggressori e la modifica della nozione di legittima difesa, chiedendo di poter usare l’arma da fuoco se aggrediti o per arrestare una persona ricalcitrante. Qualche mese dopo nell’estate 2017 fu votata la legge che accoglieva le loro rivendiciazioni e che inseriva il concetto di presunzione di legittima difesa. In pratica con questa legge non è più il poliziotto a dover dimostrare la sua legittima difesa, ma è la vittima che subisce la violenza a dover dimostrare che il poliziotto che ha fatto uso della sua arma non fosse in una condizione di legittima difesa.

I dibattiti sulla violenza poliziesca spesso mascherano la reale dimensione. Si concentrano emotivamente sugli individui che formano le forze di polizia per giustificare questa violenza. Queste considerazioni emotive evitano di pensare alle strutture della violenza di stato, agli aspetti sistemici e sistematici, e quindi non attaccano il problema alla radice.

Esse sono prodotte e commercializzate industrialmente dall'istruzione nazionale, dai mass media, dalla classe dirigente, e dalla maggior parte delle istituzioni pubbliche, i quali sono i veri responsabili della legittimazione del dominio. Grandi fasce delle classi dominate integrano questi dispositivi di depoliticizzazione. E i media e le istituzioni ideologiche corrono a tutta velocità per legittimare la polizia al punto tale da progettare una nuova strategia comunicativa.

CAMBIO DI STRATEGIA COMUNICATIVA DELLO STATO

Un poliziotto spara una bomboletta di gas, lacrimogeni agli studenti che filmano dal loro balcone una marcia contro la riforma delle pensioni a Lione. Un altro spara a distanza

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ravvicinata contro un manifestante con il suo LBD. Nel cuore di Parigi, la polizia ha strangolato e ucciso Cédric Chouviat, un rider di 42 anni che ha filmato il suo controllo.

Innumerevoli video di brutalità della polizia circolano sui social network, tra le manganellate di persone vulnerabili, mutilazioni e mani saltate. La nozione di "violenza poliziesca" finisce per essere recepita dalla stampa mainstream fino agli anni 2010 generalmente virgolettata per sminuirla. Si deve aspettare l’editoriale dell'11 gennaio 2020, per far sì che il quotidiano Le Monde si chieda se bisogna chiamarla, senza alcun virgolettato, violenza poliziesca. Immagini recenti sembrano aver spinto il governo francese a riconoscere l'esistenza della violenza della polizia. Ma possiamo parlare di un

"cambiamento"? Finora l'argomento era stato bandito dallo stesso capo dello stato. Nel marzo 2019, durante il suo grande dibattito nazionale ha detto: "Non si può parlare di repressione o di violenza della polizia, queste parole sono inaccettabili in uno stato di diritto". Di fronte alle immagini di un ufficiale di polizia che sgambettava un manifestante, il primo ministro Edouard Philippe ha dichiarato per la prima volta l'esistenza di un problema, ritenendo le immagini "violente e inaccettabili". Nel processo, il ministro degli interni Christophe Castaner è salito sul palco ricordando la necessaria "esemplarità" della polizia, mentre il capo dello stato afferma di aspettarsi "la più grande etica". Questo cambiamento nella tattica discorsiva nasconde un protocollo di camouflage politico- mediatico. Proprio come l'annuncio della fine dell'uso delle granate GLIF4 maschera in realtà la messa in servizio della sua sostituta pericolosa tanto quanto.

CASO SAMIR A SAINT DENIS: UN'ALTRA BUGIA DI STATO PER CASTANER

Un esempio recente è la risposta di Castaner del 26 aprile agli atti razzisti e ultraviolenti della polizia di Ile Saint Denis subiti da Samir. La storia di Samir è quella di un lavoratore senza documenti che aveva paura della polizia e voleva fuggire per non essere controllato.

Ci sono due ragioni per questo.

1. Non rischiare di andare in un CRA ed essere espulso dalla Francia.

2. La violenza contro le persone prive di documenti nella polizia.

Mentre diceva ai deputati: "non accetteremo mai il razzismo nel polizia ", ha cercato di liberare la polizia dall’accusa di razzismo in 3 fasi:

- Condannando le parole "sporco arabo, una bicot non nuota", ma non dicendo una parola sulla tortura subita da Samir nel camion della polizia

- Facendo passare la vittima come colpevole: ladro. Cosa che è falsa, come ha rivelato Le Monde

- Riconoscendo un'azione di salvataggio nel fiume inesistente a uno dei poliziotti razzisti

Castaner potrebbe aver lusingato la buona coscienza dell'antirazzismo folkloristico dei deputati dell'Assemblea che sono stati in grado di rassicurarsi con le sue menzogne, ma

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d'altra parte ha lasciato mano libera alle violenze razziste, come quelle che ha subito fisicamente e moralmente Samir, il quale dirà in seguito al giornalista Taha Bouhafs: "Più mi colpivano, più ridevano". Una poliziotta gli ha persino schiacciato la testa per terra mentre veniva picchiato.

Ricordiamo, infine, che questa settimana (maggio 2020) tre agenti di polizia sono stati condannati al carcere per aver picchiato e rapito un rifugiato afgano a Marsiglia. Questa è solo la punta dell'iceberg. Come tutti sanno, la polizia non protegge i più vulnerabili, li terrorizza. Perché la polizia è strutturalmente violenta e razzista nei confronti dei più poveri. Anche se Samir ha ricevuto un foglio di via a seguito di ciò, presenterà una denuncia con il suo avvocato Arié Alimi per violenza razzista di gruppo da parte di forze dell’ordine. Senza il video dei testimoni, Samir sarebbe semplicemente stato schiacciato senza la possibilità di giustizia e in completo silenzio. Questo è ciò che accade molto spesso.

RIPRODUZIONE DELLA CULTURA DELLA FEROCIA

Nel corso dei secoli, la polizia francese ha adottato quella che può essere definita una cultura della ferocia. Nelle piantagioni schiaviste, nelle carceri, nelle baraccopoli e nei quartieri poveri delle città coloniali e delle metropoli, ma anche nelle fabbriche, nelle miniere e nei cantieri ha mantenuto diversi regimi di coercizione. Si tratta, ad esempio, di punizioni collettive, tecniche d’inquadramento della polizia militare nel territorio, pratiche di strangolamento e tortura, rastrellamenti, pestaggi e sparizioni, ma anche forme poliziesche volte a monitorare e controllare vita quotidiana e intima delle classi dominate.

Contrariamente al fenomeno della "democratizzazione del mantenimento dell'ordine" e del "distanziamento" osservato nella gestione dei movimenti sociali considerati innocui, la polizia francese impiega ferocia su base giornaliera nei quartieri popolari, nelle prigioni e sui corpi degli esiliati. Questo sistema di violenza legale e illegale viene riprodotto mentre è protetto dall'impunità giudiziaria e amministrativa. Nei quartieri popolari come nelle manifestazioni, la polizia e le istituzioni giudiziarie garantiscono le forme di violenza che le classi dirigenti ritengono necessarie per mantenere un ordine sociale sempre più piramidale, capitalista, razzista e patriarcale. Un’automatica conseguenza di queste tecnologie di potere sono il numero di persone uccise ogni anno dalla polizia francese nelle banlieue, raddoppiato in 5 anni a queste si aggiungono i quasi 5000 feriti di cui centinaia gravi, e le decine di migliaia di arresti in un anno di protesta dei gilet gialli, con un costo quantificato più o meno sui 4,5 miliardi di euro.

LA LOTTA PER LA NARRAZIONE DELLA VIOLENZA POLIZIESCA

La storia della violenza poliziesca in Francia è anche la storia delle lotte affinchè ne esista una narrazione. Per decenni, collettivi e movimenti hanno combattuto duramente

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contro l'omertà politica e dei media. Dai primi anni '70, gruppi come le Mouvement des Travailleurs Arabes (MTA) si organizzarono per denunciare "crimini razzisti e securitari".

Si tratta già di resistere alla criminalizzazione delle vittime da parte dei servizi di comunicazione della polizia. Principalmente di classi popolari e non bianche, gli uccisi sono sistematicamente descritti dalla stampa come "recidivi", "tossicodipendenti" e quindi responsabili della violenza subita. A metà degli anni '80, intorno alla marcia per l'uguaglianza e contro il razzismo, poi negli anni '90, in particolare con le Mouvement de l’Immigration et des Banlieues (MIB), sono emerse nuove forme di auto-organizzazione per indagare e diffondere contro narrative. "Le relazioni tra polizia e giovani" stanno diventando un argomento nei media mainstream e nella classe politica, senza che le pratiche violente e razziste della polizia francese siano mai trattate come tali. La nozione di "sbavatura" è usata per evocare uno slittamento eccezionale, una sfortunata disfunzione.

Durante gli anni 2000, nuove forme di media indipendenti e autonomi e comitati delle famiglie e dei parenti delle vittime di crimini della polizia, hanno permesso di diffondere le richieste di giustizia di collettivi e famiglie.

LA RABBIA È LEGITTIMA

Come per i gilet gialli e per le manifestazioni sindacali più radicali, anche oggi la classe politica e i media condannano queste rivolte popolari spiegandoci che nulla può giustificare una violenza del genere, tentando di svuotare questi atti di tutta la loro valenza politica. Ma la vera violenza è l’ingiustizia e l’impunità della polizia, davanti la quale la politica oggi non lascia più altre scelte che la rivolta. Questo perchè la politica ha sabotato qualsiasi altra forma di dialogo che avrebbe potuto avere un impatto significativo nei quartieri popolari o con i settori più in difficoltà della popolazione. Questa rabbia è la reazione ad uno Stato di polizia razzista e classista, è l’unica risposta possibile ad una minaccia che è reale. La minaccia di una polizia che può, senza molti problemi, pestare a sangue o dichiarare a morte chiunque possa incrociare il loro cammino. Quindi molto chiaramente: le rivolte delle popolazioni nei quartieri popolari o dei gilet gialli negli Champs-Elysées sono l’espressione di una rabbia legittima, perchè la violenza esercitata dalla Stato è grave e inaccettabile e non dà nessun segnale di volersi fermare. Le disuguaglianze e le discriminazioni devono essere combattute e abolite con forza. Bisogna prendere parte a una lotta generale per l'uguaglianza, la giustizia e la dignità.

Negli ultimi anni le popolazioni bianche e le cosiddette classi medie, hanno sperimentato la brutalità delle repressioni della polizia, ben note dagli abitanti dei quartieri popolari da decenni. Ma essa non riesce a sottomettere i movimenti che persistono nell'aiutarsi a vicenda e rimanere uniti. Come tra le famiglie e i parenti delle vittime di crimini della polizia, nel movimento dei gilet gialli e contro la riforma delle pensioni, le forze si auto- organizzano per difendersi e costruire solidarietà. E in queste

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resistenze popolari quotidiane si inventano altri modi di vivere, solidari e autonomi. Forse bisognerebbe riuscire a coordinarsi e a far comunicare meglio tutte queste resistenze. In ogni lotta è essenziale che i primi interessati da ciascun regime di dominio trovino insieme i mezzi per unirsi e auto-organizzarsi. Da ciò nasce dunque la questione delle alleanze. Ci sono infinite possibilità d’intersezione tra le lotte, le forme di organizzazione e di autonomia e i movimenti di liberazione, che permettono di unirsi e aiutarsi a vicenda. In queste lotte comuni i gruppi con esperienze diverse possono provare a combinare le loro storie.

LINK:

https://www.lameute.info/posts/violences-policieres-villeneuve-la-garenne-le-coronavirus-cest-letat https://www.bondyblog.fr/societe/nuit-de-revolte-a-villeneuve-la-garenne/?fbclid=IwAR0t4gyDvgn- K5VOQCGnw1v4itCzz_71jz1vmcJQ32dF_VGBIVyVScC9VdQ

https://desarmons.net/2020/04/21/emeutes-apres-la-blessure-de-villeneuve-la-garenne-les-gouttes- policieres-font-deborder-le-vase-populaire/

https://twitter.com/echobanlieues

https://cerveauxnondisponibles.net/2020/04/23/pourquoi-nous-soutenons-les-revoltes-des-quartiers- populaires/

https://www.solidaires13.org/la-colere-des-quartiers-populaires-est-legitime/

https://desarmons.net/2020/05/03/romain-mort-en-cellule-a-saint-denis-dans-la-nuit-du-1er-mai-2020/

https://hustle-mag.com/samir-elyes-memoire-quartiers/

https://la-bas.org/la-bas-magazine/reportages/ils-m-ont-frappe-j-etais-comme-un-ballon-de-foot-le- temoignage-de-samir?fbclid=IwAR2flV6cJUfZFnjDj07XHVAr9sRBUQo-

dlOduKSNWBGRU3GqhqtWBz6kBjA

https://acta.zone/mathieu-rigouste-saboter-aussi-les-recits-detat/

https://www.revue-ballast.fr/mathieu-rigouste-violences-de-police-nont-rien-daccidentel/

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