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SEZIONE IV IL REATO COMPLESSO. Definizione. Diverse ipotesi di reato complesso. Reato complesso speciale e reato complesso aggravato o circostanziato

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XIII

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SEZIONE IV  IL REATO COMPLESSO

29. Il reato complesso.

La pluralità di reati incontra ulteriore espressione normativa nella disposizione di cui all’art. 84 c.p. ove, sotto la rubrica “reato complesso’’, si prendono in considerazione i casi in cui più fatti di reato, anziché mantenere la propria autonomia concettuale, si fondono in “un solo reato’’, rispetto al quale si atteggiano quali elementi costitutivi o circostanze aggravanti. Nelle parole della legge: “Le disposizioni degli articoli precedenti (quelli relativi al concorso di reati) non si

applicano quando la legge considera come elementi costitutivi, o come circostanze aggravanti di un solo reato, fatti che costituirebbero, per sé stessi, reato’’.

La figura così delineata presenta connotati di assoluta originalità: pur traendo origine da reati autonomi, ciascuno di essi finisce per smarrire la propria individualità, senza che vi sia spazio per forme di concorso, materiale o formale, a conferma di un istituto pensato come sintesi, piuttosto che somma, delle fattispecie base.

Secondo l’impostazione dottrinale tradizionale

621

, l’istituto disegnato dal citato art.

84 c.p. trova fondamento nel principio generale di specialità di cui all’art. 15 c.p., sicché per alcuni se ne potrebbe affermare anche la totale superfluità

622

. Secondo altra impostazione, la figura dovrebbe essere meglio ricondotta – sempre nell’ambito della materia dei criteri di risoluzione della questione della unità/pluralità di reati – al principio di consunzione o assorbimento

623

. È stato poi ritenuto che l’art. 84 assolve alla funzione “di evitare che l’interprete sia indotto ad applicare il regime del concorso di reati laddove il legislatore ha proceduto ad un’unificazione normativa di fatti che integrerebbero autonome fattispecie incriminatrici”

624

. Sulla ratio dell’istituto si rimanda comunque al successivo par.

30. La definizione legislativa sembra alludere alla presenza nel reato complesso di almeno due reati

625

.

In verità, per unanime ammissione, la sistemazione categoriale sub specie di reato complesso (c.d. reato complesso in senso stretto o composto) abbraccia due differenti ipotesi: l’una, detta reato complesso speciale, data dalla fusione, in posizione paritetica, di due reati in altro e differente reato (A e B danno luogo a C).

L’altra, data dall’affievolimento di un reato come figura accessoria di altro e prevalente reato (A diviene elemento aggravante di B): è con riferimento a quest’ultima che si parla di reato complesso aggravato o circostanziato. Campione del primo tipo il reato di rapina (art. 628 c.p.), uguale al furto (art. 624 c.p.) cui si aggiunge la violenza (art. 610 c.p.); del secondo – prima della sua abrogazione avvenuta con l. n. 128/2001, che ha introdotto la fattispecie autonoma di cui all’art.

624-bis c.p. – il reato di furto aggravato dalla violazione di domicilio (art. 625 n. 1

621 ANTOLISEI, Manuale, cit., 431.

622 PAGLIARO, Principi, cit., 450.

623 VASSALLI, voce Reato complesso, in Enc. dir., XXXVIII, Milano, 1987, § 8; MANTOVANI, Manuale, cit., 1979, 430, che individua nell’art. 84 e nell’art. 68 due casi di consunzione espressa; MARINUCCI- DOLCINI, Manuale, cit., 495.

624 FIANDACA-MUSCO, Manuale, cit., 727.

625 ROMANO, Commentario sistematico, cit., I, 692.

Definizione

Diverse ipotesi di reato complesso

Reato complesso speciale e reato complesso aggravato o circostan- ziato

(4)

CAPITOLO IV LE FORME DI MANIFESTAZIONE DEL REATO

1257

c.p.), uguale al furto (art. 624 c.p.) più la violazione di domicilio (art. 614 c.p.), mentre tuttora potrebbe farsi l’esempio del reato circostanziato previsto dal comma 2 dell’art. 385 c.p., che per il reato di evasione prevede un aggravamento di pena “se il colpevole commette il fatto usando violenza o minaccia verso le persone, ovvero mediante effrazione” e “se la violenza o minaccia è commessa con armi (…)”.

L’ultima forma di reato complesso menzionata suscita non poche perplessità di tipo applicativo, sostanzialmente afferenti l’integrale assoggettabilità della circostanza aggravante, di per sé idonea a costituire autonoma fattispecie di reato, alla disciplina di tutte le altre circostanze aggravanti.

Il primo dubbio interpretativo riguarda la comparazione delle circostanze e, quindi, l’applicabilità della disciplina dell’art. 69 c.p.: pur non mancando chi limita l’ambito di operatività della disciplina in parola alle sole “circostanze pure’’, consistenti in fatti che, autonomamente considerati, non costituiscono reato, dottrina e giurisprudenza prevalenti sposano la tesi dell’applicabilità della stessa sulla scorta di un duplice rilievo.

Da un lato, l’art. 69 c.p., così come modificato dalla legge di riforma n. 220 del 1974, possiede una notevole vis expansiva, riguardando tutte le circostanze, senza limitazione alcuna: con la legge del 1974 tutte le circostanze (anche quelle ad “efficacia speciale’’, e ad “effetto speciale’’) sono state assoggettate al bilanciamento, a prescindere dal fatto del minore o maggiore rilievo sotto il profilo dell’entità dell’aggravamento o della diminuzione della pena. Inoltre, l’art. 84, co. 1 c.p. espressamente contempla l’ipotesi del reato che assume il ruolo di circostanza aggravante senza introdurre alcuna precisazione, sicché deve inferirsene l’applicabilità della disciplina propria della circostanza.

Discusso è ancora il profilo relativo all’imputazione soggettiva della circostanza.

Come è noto, con la riforma dell’art. 59 c.p., è stato introdotto per le circostanze aggravanti un regime di imputazione soggettiva. Il legislatore richiede, ora, per tali circostanze l’esistenza dell’elemento psicologico doloso o colposo: quindi, una circostanza aggravante viene imputata, sia essa “conosciuta’’ o “conoscibile’’. Al contrario, il reato autonomamente considerato, ove delittuoso, necessita secondo i principi generali (ex art. 42 co. 2 c.p.), di un elemento psicologico

“doloso’’. Sul punto, se taluni reputano sempre applicabile il regime delle circostanze, così ritenendo sufficiente la colpa, anche laddove per il reato autonomamente considerato sia necessario il dolo, altri, invece, assumono la necessità di osservare il regime psicologico proprio del reato che assume il ruolo di circostanza aggravante. In concreto, il problema viene risolto alla luce della particolare natura della circostanza. Spesso, infatti, si tratta di circostanze che, pur essendo teoricamente imputabili a livello di colpa, non possono che manifestarsi con connotazione dolosa. Ad esempio, il reato di violazione di domicilio è strutturato in modo tale che l’agente che si introduce o si intrattiene nell’edificio per commettere il fatto difficilmente vi si troverà “per caso’’ o senza essersene accorto. In buona sostanza, normalmente le aggravanti inserite nel reato complesso sono descritte in modo da non poter essere integrate senza l’elemento psicologico richiesto per il corrispondente reato.

Nell’uno come nell’altro caso il sistema ribadisce una logica performativa, capace, per certi versi, di avvicinare la figura così delineata ad altre forme di inventio

delictorum: mentre, tuttavia, per la fusione o unificazione nel reato complesso si ha,

in genere, una contestualità o unicità di esecuzione delle condotte illecite, nella affine figura del reato abituale (improprio) i singoli reati componenti sono distanti nel tempo; infine il tipo di unificazione resta del tutto peculiare, caratterizzandosi, nel reato complesso, come unione indissolubile per volontà legislativa, mentre nel reato continuato, come mera unitarietà, dissolubile ogni qualvolta il favor rei lo suggerisca od imponga.

Applicabilità del giudizio di bilancia- mento

L’imputa- zione soggettiva delle circostanze

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Non vi è dubbio che, pur con tali elementi di affinità sistemica, la nozione ex art.

84 c.p. si renda espressione di una peculiare esigenza di certezza ed equità, attuata attraverso un enunciato normativo estremamente chiaro e con obiettivi precisi

626

.

Certezza, anzitutto: a fronte, infatti, della possibile e normale combinazione di fatti che, presi autonomamente, costituirebbero reato, il codice del 1930 ha inteso regolamentare tale figura, ribadendo la riferibilità di principi che pur avrebbero potuto essere dedotti per via interpretativa, ovvero, con riguardo al secondo comma, dettando una indicazione a futura memoria, onde vincolare il legislatore a non creare sistemi esuberanti, rispetto ai limiti ex artt. 78 e 79 c.p.

A siffatta esigenza di certezza risponde quindi la disposizione ex art. 131 c.p. in forza della quale nel caso in cui l’unione riguardi reati con differenti procedibilità, la prevalenza viene affidata a quella “d’ufficio’’627, così come quella di cui al secondo comma dell’art. 170 c.p. volto a disciplinare l’incidenza sul reato complesso delle cause estintive (amnistia, prescrizione, ecc.) riguardanti i singoli illeciti.

Non di meno equità, giacché la sensazione di indulgenza legislativa628 resta comprovata, a contrario, dal rigore della disposizione di parte speciale, ex art. 301, co. 3, c.p., ove, volendo inasprire le conseguenze dei delitti contro la personalità internazionale o interna dello Stato, o dei delitti contro gli Stati esteri, i loro Capi e i loro Rappresentanti, il legislatore del ‘30 si è premurato di scindere la fattispecie complessa e rendervi riferibile le norme sul concorso di reati: a tenore della disposizione citata, infatti, “quando l’offesa alla vita, all’incolumità, alla libertà o all’onore è considerata dalla legge come elemento costitutivo o circostanza aggravante di un altro reato, questo cessa dal costituire un reato complesso, e il colpevole soggiace a pene distinte, secondo le norme sul concorso dei reati...’’. Il che vale quanto dire che, in mancanza di deroga espressa629, la disciplina applicabile permane quella più benevola, connessa alla sintesi legale delle disposizioni.

30. Ratio dell’istituto.

Il reato complesso sembra dunque caratterizzato dall’assorbimento di più fatti di reato in un’unica fattispecie. Restano allora da approfondire — sia pur brevemente

— le ragioni di tale fenomeno.

Indubbiamente molto dipende dalla volontà del legislatore, in grado di creare figure complesse sulla scorta delle proprie (a volte, mutevoli) opzioni di politica criminale. Ciò nonostante, è possibile cogliere nella architettura legislativa alcune ragioni di fondo, attinenti allo speciale rapporto fra le componenti del reato unificato

630

.

La costruzione legale della nuova fattispecie muove, infatti, da comportamenti delittuosi autonomi, legati da vincoli modali o strumentali, da quelle medesime “connessioni sostanziali’’631, rievocanti le opposte figure aggravanti ex art. 61 n. 2 c.p. o attenuanti ex art. 81 c.p. Si pensi al già

626 VASSALLI, Reato complesso, 819.

627 Il pensiero corre subito ai casi, assai frequenti, del furto con effrazione (art. 625, n. 2 c.p.) e del furto in abitazione (art. 625, n. 1, c.p.): a mente della citata disposizione pur in caso di difetto di querela per il

“reato’’ di danneggiamento (art. 635 c.p.) o di violazione di domicilio (art. 614 c.p.), rispettivamente contenuto nelle citate fattispecie, la procedibilità è da intendersi obbligatoria in forza della vis attractiva esercitata dalla fattispecie di furto, procedibile d’ufficio.

628 Nei Lavori preparatori, vol. V, parte I, n. 95, 132, si legge che “il reato complesso, regolato nel successivo art. 87 e il reato progressivo, che del reato complesso è una specie, sono tutti modi vari opportunamente escogitati per attenuare l’inasprimento eccessivo delle pene’’.

629 Giustamente si osserva come l’eccezione ex art. 301 c.p. debba ritenersi unica: ZANNOTTI, Sequestro di persona ed uccisione volontaria del sequestrato, 709.

630 VASSALLI, Reato complesso, 833.

631 DE LIGUORI, L’armamento come elemento costitutivo della banda armata, 243.

Esigenze alla base dell’art.

84 c.p.

Ragioni dell’unifica-

zione Certezza

Procedibilità e cause estintive

Equità

(6)

CAPITOLO IV LE FORME DI MANIFESTAZIONE DEL REATO

1259 citato esempio della fattispecie ex art. 625 n. 1 c.p. (ante riforma del 2000), nata dalla combinazione

fra furto e violazione di domicilio, inteso, quest’ultimo, quale strumento onde procurarsi, dal domicilio altrui, invito domino, la disponibilità della cosa mobile altrui (connessione strumentale).

“Normalità’’ delittuosa non ignorata nel furto con danneggiamento di cose mobili, così come nel ratto al fine di libidine o di matrimonio, ove la violenza finalizzata ad ottenere il soddisfacimento della libidine o del matrimonio sembra intesa come possibile passaggio attraverso il sequestro di persona. O ancora, in tutte quelle figure delittuose in cui violenza privata, minaccia o danneggiamento fungano da circostanze aggravanti non del tutto inaspettate (artt. 385, co. 2:

evasione aggravata; 386, co. 3: procurata evasione aggravata; 393, co. 2; 405 e 406; 507 cpv., c.p.;

art. 614, ult. co. c.p.; sequestro di persona seguito da morte del sequestrato: art. 630 c.p.).

Una seppur provvisoria analisi a campione sembra, così, confermare come l’unificazione legislativa muova da ragioni di “normalità’’ delittuosa, evidentemente intesa come convergenza di condotte verso un medesimo risultato ovvero come rilevanza causale di una azione su di un’altra632. Il reato complesso, nelle sue molteplici espressioni normative, si configura, insomma, come un’unificazione se non proprio ontologica, perlomeno prasseologica di reati, legata alla visione delle cose, per cui un reato si pone, di sovente, nei confronti di altro reato, in rapporto di strumentalità o funzionalità tale da sfumarne l’autonomia oggettiva. Commettere un reato al fine di un altro reato, o insieme ad un altro reato, non è, insomma, uguale a commettere due reati in tempi e modi distinti. La sintesi è cosa diversa dalla somma dei reati, a condizione — vale la pena ribadirlo — che tale sintesi sia prevista o, al limite, consentita dal legislatore.

Non è questa, però, la sola ragione a base della nozione de qua, e neppure, probabilmente, quella più decisiva. Del resto, la connessione non è da sola sufficiente a rendere sempre applicabile l’art. 84 e ad invertire la regola quot delicta, tot poenae, che il codice del ‘30 mostra di prediligere a tal punto da potervi aggiungere persino un effetto aggravante633. In aggiunta alla opportunità di unificare fatti oggettivamente connessi, la figura complessa affianca la valutazione, implicita ma evidente, di una anormalità soggettiva, nel senso di un deficit psicologico autonomamente sotteso alla realizzazione delle singole fattispecie, ciò che, in termini positivi, viene da più parti inteso come “unità di motivo’’634.

Il reo vuole il furto e vuole la violazione di domicilio, ma vuole i due reati in maniera differente rispetto alle autonome volizioni dei singoli reati: in altre parole, vuole la violazione di domicilio non in quanto reato in sé, ma in quanto appendice di una originaria deliberazione delittuosa, che passi — inevitabilmente o, almeno, normalmente — attraverso la realizzazione di un delitto, strumentale alla lesione dell’interesse primario. La sfera patrimoniale, piuttosto che quella personale.

Si tratta, peraltro, di una chiave di lettura del tutto conforme alla posizione di pensiero che interpreta il rapporto oggettivo fra fatti, di per sé costituenti reato, come vincolo modale o strumentale, ma non anche semplicemente occasionale635, di talché una violenza sulle cose, non funzionale al furto perpetrato, ma gratuita e inconcludente, ben difficilmente potrebbe ritenersi assorbita, per carenza del necessario presupposto, tanto oggettivo che soggettivo.

Il coefficiente psicologico sembra così ancora una volta supportare graduazioni influenti sull’an e sul quantum di responsabilità. Se, da un lato, la volontà molteplice di reati dà luogo a responsabilità molteplice (una più una), talvolta addirittura aggravata (una più una, più qualcosa d’altro), ex adverso, la volontà di reati, “normalmente’’ in unità di contesto, dà luogo a responsabilità complessa (più grave di una, meno grave di due).

632 Cfr. ROMANO, Il rapporto tra norme penali, cit., 242 che parla, in proposito, di comprensivo riferimento all’id quod plerumque accidit, come anche di rapporto di funzionalità o di nesso ideologico o modale.

633 MANZINI, Trattato di diritto penale italiano, cit., II, 638.

634 VASSALLI, Nuove e vecchie incertezze sul reato complesso, 410. In senso analogo PAGLIARO, Il fatto di reato, 423, il quale spiega il comporsi in unità dei vari reati nell’esistenza di un “nesso posto dal volere’’.

635 Sulla sufficienza della sola occasionalità non sono mancate, alla stregua delle diverse finalità della pena, critiche che hanno investito lo stesso fondamento razionale di un elemento ben difficilmente in grado di colorare, in termini di autonomia, il fatto complessivo o il suo autore: sul punto PROSDOCIMI, Reato complesso, 218.

La

“normalità’’

delittuosa

L’anormalità dell’ele- mento soggettivo

(7)

31. Le diverse forme di complessità.

In opposizione rispetto alle teorie minimaliste sul reato complesso, si colloca altra dottrina, favorevole ad una nozione più estesa di reato complesso

636

.

Il reato complesso vede così trasfigurati i propri tratti positivi, dando luogo ad una problematica tutt’altro che di facile interpretazione

637

.

Una prima breccia proviene dalla figura affine, almeno sotto il profilo semantico

638

, del reato complesso “in senso lato’’, la cui genesi deriva, non già dalla unione di più reati, ma da un modello base a cui si aggiungono elementi ulteriori non costituenti reato. La “complessità’’ trova il suo ubi consistam nel fatto che un reato vede aggiungersi un quid pluris, con effetti sia sul nomen juris della fattispecie, per tal guisa complessa, sia sulla pena ad essa riferibile.

Ci si è chiesti, quindi, se l’art. 84 c.p. abbia riguardo ai soli reati c.d. complessi in senso stretto, ovvero anche a quelli tali in senso lato.

Mentre nei primi sarebbero necessari almeno due fatti di per sé costituenti reato, ai secondi sarebbero riconducibili i casi in cui la fattispecie concreta risulti dalla combinazione di un solo fatto in sé costituente reato con elementi ulteriori che reati invece non sono.

A sostegno della nozione ampia, comprensiva quindi anche dei reati complessi in senso lato, si adducono la formulazione letterale degli artt. 81, co. 1, 131 e 170, co. 2 c.p., asseritamente inidonea a precludere un riferimento ai due diversi gradi di complessità, le risultanze dei lavori preparatori al codice Rocco, nonché, infine, ragioni di “simmetria’’ e “armonia di sistema’’: si rimarca, a quest’ultimo riguardo, che entrambe le figure corrispondono alla stessa relazione di

“specialità per coincidenza tra fattispecie ed elemento costitutivo’’ (o per aggiunta).

Vengono indicati così quali esempi di reati complessi in senso lato la violenza privata e la violenza carnale, costituiti dal reato di minaccia o percosse e dal quid pluris aggiuntivo, rispettivamente, dell’induzione ad un comportamento e del congiungimento carnale.

La prevalente dottrina, tuttavia, va in diverso avviso osservando che l’art. 84, co. 2, c.p. fa espresso riferimento ad una pluralità di fatti che di per sé costituirebbero reato; si rimarca, inoltre, la riferibilità certa delle disposizioni di cui agli artt. 131 e 170, co. 2, c.p. al solo reato complesso che sia la risultante di almeno due autonomi titoli di reato.

In buona sostanza, l’art. 84 c.p. riguarda il reato complesso inteso quale “reato composto’’

(ovvero reato complesso in senso stretto).

Così, il rapporto tra le fattispecie della violenza privata e della violenza carnale, quest’ultima comprensiva di tutti gli elementi costitutivi della prima e caratterizzata dall’elemento specializzante del congiungimento carnale, viene agevolmente spiegato alla luce del principio di cui all’art. 15 c.p., senza necessità di ricorrere alla figura di cui all’art. 84 c.p.

636 L’obiezione di sostanziale inutilità — da cui talvolta la dottrina prende le mosse per rivisitare la figura de qua in termini innovativi — incontra motivo di conforto nel capoverso della norma, ove diviene facile obiettare l’inesistenza, nel nostro ordinamento, di reati complessi la cui pena sia determinata rinviando alle pene per i singoli reati componenti. La tentazione di intendere la nozione di reato complesso, in modo da palesarne la sostanziale inutilità, viene avvertita da PROSDOCIMI, Reato complesso, 213. Più aspro il giudizio di BOSCARELLI, Compendio di diritto penale, 130-131, secondo il quale, ben difficilmente, si sarebbe potuto ragionevolmente pensare “che in caso di reato complesso potessero trovare applicazione quelle

“disposizioni degli articoli precedenti’’, le quali concernono l’ipotesi che taluno sia responsabile in quanto autore di più reati (...), mentre è ovvio che commettendo un reato complesso si commette un unico reato, e quindi — come per di più è implicitamente ribadito ad abundantiam nell’art. 15 (...) — non si può incorrere che nella pena comminata per quel reato?’’. “La conclusione — prosegue caustico l’Autore — di tutto questo sarà, dunque, che se si ha qualche ragione effettiva di occuparsi del reato complesso, è solo per constatarne come non sia motivata l’attenzione che vi dedicano la legge e la dottrina’’.

637 PROSDOCIMI, Reato complesso, 212.

638 Sulla opportunità di riservare a tale ultima figura il nomen juris di “reato complesso in senso lato’’, pur censurando l’accostamento di tale ipotesi alla disciplina ex art. 84 c.p., ROMANO, Commentario sistematico, I, 692.

Reati complessi in senso stretto e in senso lato

(8)

CAPITOLO IV LE FORME DI MANIFESTAZIONE DEL REATO

1261

Ben più dirompente, rispetto alla visione monolitica del fenomeno, si presenta, infine, la raffinata complessità “eventuale’’, nel caso in cui la proposizione normativa, che considera un reato come circostanza aggravante o elemento costitutivo, ammetta questa ipotesi come eventuale, purché astrattamente tipizzata nella nuova fattispecie complessa

639

.

Si tratta di verificare, in particolare, se l’art. 84 c.p. sia riferibile al solo reato necessariamente complesso, in cui almeno un reato è contenuto quale elemento costitutivo dell’altro, sì che non può realizzarsi la fattispecie complessa senza che venga posto in essere il primo; ovvero anche al reato solo eventualmente complesso, in cui un reato è contenuto quale elemento particolare, non necessario per la realizzazione della figura complessa.

A favore della interpretazione estensiva, in primo luogo la constatazione della natura solo eventualmente complessa della maggior parte dei reati complessi, onde la necessità di non svuotare del suo substrato applicativo l’art. 84 c.p.

Si pensi, in particolare, alle fattispecie complesse a base violenta che rappresentano la maggiore parte dei reati complessi: nel concetto di violenza, invero, possono rientrare comportamenti che già di per sé costituiscono reato, ma anche certe condotte di violenza propria o impropria che possono essere penalmente irrilevanti (lo spintone, quale esempio del primo tipo, lo sparo in aria con un’arma finta, quale ipotesi del secondo tipo). In ipotesi, si potrebbe del resto giungere a qualificare come eventualmente complesse tutte le fattispecie contenenti fatti di reato che si atteggiano a circostanza aggravante: poiché in tal caso il fatto contenuto potrebbe anche non costituire reato, siccome privo del necessario supporto psicologico, tali fattispecie potrebbero essere, a ben guardare, solo eventualmente complesse640. Sebbene, infatti, l’addebito soggettivizzante di un reato componente, assurto al rango di elemento accessorio, sia oggi garantita dalla novella del 1990, è opinione prevalente che la riferibilità di una circostanza aggravante, colposamente ignorata rispetto ad un reato doloso, se vale a scongiurare l’addebito oggettivo, ciò nonostante, non garantisce l’esistenza in concreto di un reato, qualora tale reato assorbito sia punibile soltanto a titolo di dolo641. La complessità si prefigurerebbe, quindi, soltanto eventuale642.

Sul piano positivo, si fa leva, a conferma di una nozione eventualmente complessa, sulla disposizione di cui all’art. 581, co. 2, c.p. ove una nozione di violenza, non identificabile con quella di percosse, mera species di questa, proverebbe il carattere solo eventualmente complesso di tutte le fattispecie in cui la violenza rientri come elemento o circostanza aggravante643. Ne deriva, per tale impostazione, la individuazione di una categoria più ampia nella quale sono sussumibili come prima rilevato anche le ipotesi del reato c.d. progressivo, in cui una figura criminosa contiene quale elemento costitutivo necessario o eventuale un reato minore, sì che la commissione del reato maggiore implica (necessariamente o eventualmente) il passaggio attraverso il secondo, realizzando un’offesa crescente allo stesso bene (riduzione in schiavitù rispetto al sequestro di persona): ed è proprio in questo passaggio dinamico da un minus ad un maius che si ravvisa la connotazione tipica del reato progressivo e la sua differenza ontologica con il reato complesso, per il quale basta che un reato sia contenuto in un altro.

639 MANTOVANI, Concorso e conflitto di norme, 528; VASSALLI, Reato complesso, 829.

640 CAPPELLO, Reato complesso e tentativo, 2002.

641PROSDOCIMI, Reato complesso, 215.

642 L’argomento, già sviluppato nella vigenza dell’addebito oggettivo delle circostanze — MANTOVANI, Concorso e conflitto di norme, 531 — è ripreso dallo stesso Autore anche in costanza del novellato art. 59 c.p., con le precisazioni espresse nel testo: da ultimo, ID., Diritto penale, 502.

643 MANTOVANI, Concorso e conflitto di norme, 532. Di contrario avviso, e più in generale, in senso avverso alla categoria dei reati “eventualmente’’ complessi, PONTERIO, Sull’assorbimento della violenza nelle fattispecie criminose, 1434.

Il reato eventual- mente complesso

Fattispecie complesse a base violenta

(9)

In definitiva, la disposizione ex art. 84 giunge per via di tali aperture interpretative a rivelare una capacità di estensione ben superiore a quella che si è soliti attribuirle, sino ad abbracciare ipotesi di specialità reciproca non ricomprese nell’art. 15 c.p., ovvero tassativizzare un principio di assorbimento, altrimenti destinato a girovagare senza fissa dimora. Ben oltre la fusione legale di fattispecie singole in ipotesi composte, la figura de qua si rende espressione di un’esigenza non altrimenti codificata, che lo spirito, piuttosto che la lettera della legge, suole significare come ne bis in idem sostanziale.

31.1. I criteri di identificazione del reato complesso. Le Sezioni Unite del 15 luglio 2021 intervengono sulla questione concernente la possibilità di qualificare come reato complesso l’omicidio aggravato commesso dall’autore del delitto di stalking (art. 576, co. 1, n. 5.1. c.p.).

Si è già detto di quale sia la disciplina offerta dall’art. 84 c.p. e della sua ratio;

tuttavia, al di là della definizione generale contenuta nella norma citata, la legge non indica espressamente, di volta in volta, quali siano i casi da qualificare alla stregua di reato complesso, lasciando in tal modo all’interprete l’onere di individuare i criteri sulla scorta dei quali operare tale attività di qualificazione, che presenta – come è evidente – una rilevanza pratica significativa perché si tratta di stabilire se l’agente dovrà rispondere dei fatti commessi sulla base del trattamento sanzionatorio “unitario” di cui all’art. 84 c.p. ovvero di più reati, sulla base della ordinaria disciplina del concorso tra essi.

Ovviamente l’operazione in parola risente significativamente della risposta che si fornisce alla questione analizzata nel paragrafo che precede, concernente il perimetro applicativo della nozione di reato complesso e le varie forme di complessità che – a seconda dell’impostazione ricostruttiva cui si acceda – possono essere ricondotte alla disciplina ex art. 84 c.p.

E così, secondo il criterio tradizionale, la disciplina dell’art. 84 c.p. troverà applicazione ogni volta che il legislatore – pur senza qualificare il reato testualmente come complesso – abbia dato origine a una fattispecie incriminatrice che fonda in sé almeno due reati

644

. Tale impostazione, che tiene fuori dalla materia in esame i reati complessi c.d. in senso lato, esclude ad esempio la riconducibilità all’art. 84 c.p. i reati aggravati dall’evento, dal momento che in essi l’evento che li caratterizza non costituisce (di solito) un reato di per sé.

Sarebbe inoltre necessaria l’eterogeneità dei reati oggetto di unificazione

645

, per cui si è escluso che possano rientrare nel reato complesso i reati a condotta plurima o i reati abituali.

644 ANTOLISEI, Manuale, cit., 428; MANZINI, Trattato, II, cit., 688; in giurisprudenza, facendo applicazione di tale primario criterio, si è ad esempio riconosciuta pacificamente la sussistenza di ipotesi di reato complesso nei casi di assorbimento del delitto di appropriazione in quello di bancarotta fraudolenta per distrazione, di assorbimento del delitto di minaccia aggravata (art. 612 n. 2) in quello di violenza privata (art. 610), di assorbimento del reato di minaccia in quello di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza alle persone; sulla scorta del medesimo criterio, viene invece pacificamente esclusa la sussistenza del reato complesso nell’ipotesi concernente i delitti di riciclaggio e di falso per soppressione della targa e della carta di circolazione di un’autovettura (art. 490 c.p.), perché il fatto costituente tale reato non è contemplato tra gli estremi del reato di cui all’art. 648-bis c.p., giacché ai fini della configurazione del reato complesso è necessario che una norma di legge operi la fusione in unica figura criminosa di fatti costituenti reati autonomi: v. da ultimo Cass., Sez. II, 29 marzo 2019, n. 19840.

645 PANNAIN, op. cit., 693

(10)

CAPITOLO IV LE FORME DI MANIFESTAZIONE DEL REATO

1263

Si richiede poi generalmente

646

una connessione qualificata tra i reati unificati, relazione funzionale che può derivare da un rapporto di mezzo a fine (come accade nell’esempio, già riportato, della rapina), da un nesso teleologico (come è per gli omicidi nella fattispecie strage ex art. 422), o ancora da una relazione modale (art.

385 comma 2: evasione con violenza alla persona o minaccia).

Minore convergenza in dottrina si registra invece sul requisito della unicità della esecuzione, che viene fatto secondo alcuni derivare dalla struttura unitaria del reato complesso

647

: a ben vedere, il requisito della unicità (rectius, della tendenziale contestualità) delle condotte – che spesso viene evocato in giurisprudenza – sembra più un criterio utile ad individuare i limiti dell’effetto di assorbimento derivante dalla disciplina del reato complesso (sicché si rinvia al successivo par.

32), che uno degli elementi costitutivi necessari affinché possa ritenersi sussistente una fattispecie astratta di reato complesso.

Di recente la questione si è posta, in giurisprudenza, con riferimento al rapporto tra la fattispecie di omicidio aggravato ai sensi dell’art. 576, comma 1, n. 5.1 c.p.

(si tratta dell’omicidio commesso “dall’autore del delitto previsto dall’articolo 612-

bis nei confronti della stessa persona offesa”) e il delitto di atti persecutori di cui al

richiamato art. 612-bis c.p.

Sul punto si è registrato un vero e proprio contrasto interpretativo che è stato di recente sottoposto alla valutazione delle Sezioni Unite della Cassazione, cui si è chiesto, nel dettaglio, di stabilire “se, in caso di concorso tra i fatti-reato di atti persecutori e di omicidio aggravato ai sensi dell’art. 576, comma primo, n. 5.1, cod. pen., sussista un concorso di reati, ai sensi dell’art. 81 c.p., o un reato complesso, ai sensi dell’art. 84, comma 1, cod. pen., che assorbe integralmente il disvalore della fattispecie di cui all’art. 612-bis cod. pen. ove realizzato al culmine delle condotte persecutorie precedentemente poste in essere dall’agente ai danni della medesima persona offesa”.

Secondo il primo orientamento648, sarebbe da escludere la sussistenza di un’ipotesi di reato complesso e dunque, coerentemente, viene negato l’assorbimento del delitto di stalking in quello di omicidio aggravato (che ben potrebbero a questo punto concorrere), ciò in quanto le due fattispecie non si troverebbero tra loro in rapporto di specialità: il legislatore ha descritto la circostanza aggravante di cui al n. 5.1. dell’art. 576 facendo riferimento all’“autore del delitto previsto dall’art. 612-bis” e non invece richiamando la necessità di un rapporto di conte- stualità/occasionalità/connessione oggettiva tra i reati in esame. In altri termini, con la fattispecie in esame non sarebbero punite le condotte di atti persecutori culminate nell’omicidio della vittima, ma fatti di omicidio resi più gravi “dall’essere l’autore colui che prima, non importa quando, ha oppresso la vittima con atti persecutori”.

Il secondo orientamento649 al contrario individua nell’ipotesi aggravata di omicidio un’autentica figura di reato complesso, suscettibile in quanto tale di assorbire integralmente il disvalore delle condotte persecutorie precedentemente poste in essere dall’agente ai danni della medesima persona offesa; né l’“infelice e incerta” formulazione letterale citata potrebbe condurre, come fa il primo orientamento: “ciò che aggrava il delitto di omicidio non è il fatto che esso sia commesso dallo stalker in quanto tale, ma che esso sia stato preceduto da condotte persecutorie che siano tragicamente culminate, appunto, con la soppressione della vita della persona offesa”. Viene in tal

646 ROMANO, Commentario, 796; ma contra v. MANZINI, op. ult. cit., 675, secondo cui, anche sulla scorta di quanto scritto nelle Relazione al codice, l’unificazione prevista dall’art. 84 avviene indipendentemente dal fatto che i più reati siano o non siano connessi.

647 Contra v. PAGLIARO, Principi, cit., 450, secondo cui “non si richiede che il processo esecutivo sia unico:

le fasi del reato complesso possono essere poste anche con atteggiamenti corporei nettamente distinti”.

648 Cass., Sez. I, 12 aprile 2019, n. 20786.

649 Cass., Sez. III, 13 ottobre 2020, n. 30931.

(11)

modo utilizzato il criterio che prima si è definito della connessione, che – ritenuto sussistente dall’orientamento in esame – dovrebbe indurre l’interprete a considerare sussistente in questa ipotesi la figura prevista dall’art. 84 c.p. Una diversa conclusione, viene affermato, comporterebbe un’interpretatio abrogans dell’art. 84 c.p., con correlata violazione del principio del ne bis in idem sostanziale, individuato come fondamento della disciplina del reato complesso.

Come accennato, la recente Cass., Sez. V, 20 aprile 2021, n. 14916, ha rimesso la questione alle Sezioni Unite: nell’ordinanza di rimessione si sostiene che la questione non dovrebbe essere risolta ai sensi dell’art. 15 c.p., che impone l’applicazione del criterio della specialità nei casi in cui un identico fatto sia suscettibile di una plurima qualificazione normativa, ma sulla scorta della disciplina dell’art. 84 c.p.: fermo che, in assenza dell’art. 576 n. 5.1. c.p. i delitti in esame potrebbero pacificamente concorrere, “ciò che rileva è la formulazione, a livello di fattispecie astratta, di un’aggravante del delitto di omicidio che racchiude la tipizzazione del delitto di atti persecutori”. Nell’interpretazione di tale tipizzazione, l’ordinanza ritiene che l’adesione alla tesi soggettivistica proposta dal primo orientamento finirebbe per collidere con i principi costituzionali di materialità e offensività, oltre che – più in generale – con il principio generale del diritto penale oggettivo e del fatto650.

L’aggravante in esame si porrebbe pertanto in un rapporto di connessione (non soggettiva, ma) finalistica e/o temporale con il fatto di atti persecutori, sicché – anche da questo punto di vista – l’art. 576 n. 5.1 c.p. dovrebbe essere correttamente considerato quale reato complesso c.d. del secondo tipo, derivante dall’unificazione normativa di due reati in una forma aggravata di uno solo di essi, peraltro considerando pienamente il maggior disvalore connesso posto che l’applicazione del solo omicidio aggravato comporta l’applicazione di una pena più severa (l’ergastolo) di quella che discenderebbe dalle ordinarie regole del concorso di reati (30 anni di reclusione).

Secondo quanto si apprende dall’informazione provvisoria, con la decisione del 15 luglio 2021 le Sezioni unite hanno statuito che “la fattispecie del delitto di omicidio, realizzata a seguito di quella di atti persecutori da parte dell’agente nei confronti della medesima vittima, contestata e ritenuta nella forma del delitto aggravato ai sensi degli artt. 575 e 576, comma primo, n. 5.1., cod. pen. – punito con la pena edittale dell’ergastolo – integra un reato complesso, ai sensi dell’art. 84, comma primo, cod. pen., in ragione della unitarietà del fatto”.

32. Problemi applicativi. Il limite della “continenza’’.

Uno dei principali problemi applicativi attiene all’individuazione dei c.d. limiti della continenza: va verificato, nel dettaglio, fino a che punto il reato autonomo (in qualità sia di elemento costitutivo, che di circostanza aggravante) possa reputarsi

“conglobato’’ ed assorbito nel reato complesso.

La risposta è nel principio di proporzione, che risulta incompatibile con la confluenza nel reato contenente di fatti per i quali il legislatore prevede una pena ed esprime quindi un disvalore più elevati rispetto a quelli riguardanti il primo.

Il problema si è posto, in particolare, nei casi di reato complesso connotato dalla minaccia o dalla violenza

651

: tipica l’ipotesi della rapina.

Non è immaginabile al riguardo che tutte le forme di violenza (ad esempio quelle omicide) possano esaurirsi nel reato complesso e non avere una loro autonoma valenza incriminatrice.

Di conseguenza, è necessario che il legislatore, o in mancanza l’interprete, stabiliscano “soglie’’ diverse di violenza, alla luce della verifica del disvalore delle

650 Come riconosciuto anche dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 249 del 2010 che, nel dichiarare l’illegittimità costituzionale della aggravante della clandestinità di cui all’art. 61 n. 11-bis c.p., ha ritenuto che l’art. 25 comma 2 Cost. obblighi “in modo rigoroso, che un soggetto debba essere sanzionato per le condotte tenute e non per le sue qualità personali”.

651 Sul tema cfr. NEPPI-MODONA, in Riv. it. dir. proc. pen., 66, 220 ss.; ROMANO, op. cit., I, 697 ss.;

VASSALLI, Reato complesso, 837 ss.

Il principio di proporzione

Violenza sulle persone Le Sezioni Unite del 15 luglio 2021

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