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Discrimen » Il reato come elemento del reato. Analisi e classificazione del concetto di reato richiamato dalla fattispecie penale

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Academic year: 2022

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(3)

I tinerari di D iritto P enale

Collana diretta da

E. Dolcini - G. Fiandaca - E. Musco - T. Padovani - F. Palazzo - F. Sgubbi

68

(4)

Dove va il diritto penale, quali sono i suoi itinerari attuali e le VXHSUHYHGLELOLSURVSHWWLYHGLVYLOXSSR",SHUWURÀDHGLULWWRSHQDOH

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garantismo individuale e funzionalizzazione politico-criminale nella lotta alle forme di criminalità sistemica, personalismo ed esigenze collettive, sono soltanto alcune delle grandi alternative che l’attuale diritto penale della transizione si trova, oggi più di ieri, a dover affrontare e bilanciare.

Senza contare il riproporsi delle tematiche fondamentali rela- tive ai presupposti soggettivi della responsabilità penale, di cui appare necessario un ripensamento in una prospettiva integrata tra dogmatica e scienze empirico-sociali.

Gli itinerari della prassi divergono peraltro sempre più da quelli della dogmatica, prospettando un diritto penale “reale” che non è più neppure pallida eco del diritto penale iscritto nei principi e nella legge. Anche su questa frattura occorre interrogarsi, per analizzarne le cause e prospettarne i rimedi.

La collana intende raccogliere studi che, nella consapevo- lezza di questa necessaria ricerca di nuove identità del diritto penale, si propongano percorsi realistici di analisi, aperti anche ad approcci interdisciplinari. In questo unitario intendimento di fondo, la sezione 0RQRJUDÀH accoglie quei contributi che guar- dano alla trama degli itinerari del diritto penale con un più largo giro d’orizzonte e dunque – forse – con una maggiore distanza prospettica verso il passato e verso il futuro, mentre la sezione Saggi accoglie lavori che si concentrano, con dimensioni neces- sariamente contenute, su momenti attuali o incroci particolari GHJOL LWLQHUDUL SHQDOLVWLFL SHU FRJOLHUH OH ORUR SL VLJQLÀFDWLYH

spezzature, curvature e angolazioni, nelle quali trova espressione

il ricorrente trascorrere del “penale”.

(5)

GAETANA MORGANTE

IL REATO COME ELEMENTO DEL REATO

ANALISI E CLASSIFICAZIONE

DEL CONCETTO DI REATO RICHIAMATO DALLA FATTISPECIE PENALE

G. GIAPPICHELLI EDITORE – TORINO

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© Copyright 2013 - G. GIAPPICHELLI EDITORE - TORINO VIA PO, 21 - TEL. 011-81.53.111 - FAX 011-81.25.100 KWWSZZZJLDSSLFKHOOLLW

ISBN/EAN 978-88-348-7292-5

I volumi pubblicati nella presente Collana sono stati oggetto di procedura di doppio referaggio cieco GRXEOHEOLQGSHHUUHYLHZ  secondo un procedimento standard concordato dai Direttori della collana con l’Editore, che ne conserva la relativa documentazione.

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(7)

A Francesco, Lavinia e Federica

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Il reato come elemento del reato VI

(9)

Indice VIIVII

INDICE

pag.

INTRODUZIONE XI

CAPITOLO I

IL REATO COME ELEMENTO DEL REATO:

“UNO, NESSUNO O CENTOMILA”?

1. La delimitazione dell’oggetto dell’indagine 1 2. Il reato elemento di fattispecie penale non incriminatrice 3 3. Il reato elemento di fattispecie processuale 7 4. Il reato come elemento del reato: verso una categoria 10

CAPITOLO II

LA NATURA GIURIDICA DEL REATO-ELEMENTO DEL REATO

1. L’elemento normativo del reato nella sistematica tripartita del reato 15 2. Elemento normativo ed elemento valutativo: dall’unione alla sepa-

razione 20 3. L’elemento normativo giuridico-penale: analogie e differenze 22

4. La teoria degli “elementi integrativi”: alle radici di un dogma 27 5. Verso una definizione “strutturale” del reato-elemento del reato 30

(10)

Il reato come elemento del reato VIII

pag.

CAPITOLO III LA CLASSIFICAZIONE

DEL REATO-ELEMENTO DEL REATO

1 Unità di categoria e pluralità di forme di manifestazione del reato- elemento del reato: primato del metodo analitico? 37 2. La classificazione del reato-elemento del reato. Necessità di una

tripartizione 40 3. Il criterio esistenziale: essere “e” non essere 43

4. Dall’angolo visuale della fattispecie-madre: il criterio classificatorio

qualitativo 47 4.1. Il reato come presupposto di altro reato 47

4.1.1. La responsabilità da reato degli enti collettivi 49 4.2. Il reato come oggetto materiale della condotta 57 4.3. Il reato come elemento del dolo specifico 58 4.4. Il reato come evento di un altro reato 60 5. Dall’angolo visuale del reato-elemento: il criterio classificatorio quan-

titativo 62

CAPITOLO IV

IL REATO COME PRESUPPOSTO DEL REATO:

I REATI ACCESSORI

1. Genesi e sviluppi della “teoria dei reati accessori” 65 2. Il rapporto di presupposizione giuridica in materia penale 69 3. Il reato accessorio come post factum non punibile del concorrente

nel reato principale. I reati accessori di prima generazione 72 4. I reati accessori di seconda generazione: il riciclaggio e l’impiego

di denaro 77

4.1. Le sanzioni penali della ricezione di beni di provenienza ille- cita: tra concorso apparente di norme e duplicazione di fatti-

specie incriminatrici 84

4.2. Il volto originario del delitto di riciclaggio nella l. n. 191/1978 85 4.3. Le modifiche intervenute a seguito dell’entrata in vigore della

l. n. 55/1990 89

4.4. I nuovi delitti di riciclaggio e di impiego delineati dalla l. n.

328/1993 95 5. Il concorso di persone nei delitti-presupposto: rilievi problematici

nella lettura delle clausole di riserva nei reati accessori di seconda

generazione 102

(11)

Indice IXIX

pag.

6. I criteri distintivi tra partecipazione punibile e reato accessorio. Il caso dei reati-presupposto associativi 107 7. I requisiti strutturali del reato-presupposto 119 8. L’elemento soggettivo dei reati accessori 121

9. Conclusioni 123

CAPITOLO V

IL REATO COME ELEMENTO COSTITUTIVO DI UN ALTRO REATO

1. Riflessioni introduttive. La tripartizione delle ipotesi afferenti alla

categoria 127 2. Il reato come oggetto materiale della condotta: i delitti contro l’am-

ministrazione della giustizia 131

2.1. I reati di omessa denuncia. Genesi ed antecedenti storici 133 2.1.1. L’oggetto materiale dell’omessa denuncia 136 2.1.2. Il dolo dell’omessa denuncia 143

2.2. I reati di falsa denuncia 147

2.2.1. Il fatto oggetto della falsa denuncia 148 2.2.2. Il dolo nei delitti di falsa denuncia 156 3. Il reato come elemento del dolo specifico 162

3.1. I delitti di istigazione 168

3.2. I delitti di associazione a delinquere 170

3.3. I delitti di attentato 174

4. Il reato come evento 177

4.1. I delitti di agevolazione colposa 178 4.2. I reati omissivi impropri “apparenti” 182 4.3. Il profilo oggettivo: il nesso tra condotta e “reato-evento” ol-

tre i confini della causalità 184

4.4. Il profilo soggettivo dell’agevolazione colposa 191 5 Dalle species al genus: i principi e le regole dei reati con elemento

costitutivo qualificato penalmente 197

CAPITOLO VI PRINCIPI E REGOLE

DEL REATO-ELEMENTO DEL REATO

1. Riflessioni introduttive. Dalla pluralità delle forme di manifesta- zione all’unità delle regole di disciplina 199

(12)

Il reato come elemento del reato X

pag.

2. Le modificazioni mediate della fattispecie penale 204 3. L’errore sul reato-elemento del reato tra fatto e precetto. Sintetica

esposizione dei termini della questione 213 3.1. L’errore sul reato-elemento come errore su “legge diversa da

quella penale” dalla logica del binomio “regola-eccezione” a

quella del “fatto-precetto” 217

3.2. L’errore sui reati-elementi nel prisma della classificazione de- gli elementi normativi giuridico-penali 220 4. L’estinzione del reato-elemento del reato 227 5. Questioni di diritto internazionale penale: il reato-elemento del rea-

to commesso all’estero 229

6. Conclusioni. La disciplina del reato-elemento del reato alla luce dei

principi del sistema penale 238

BIBLIOGRAFIA 241

(13)

INTRODUZIONE

Oggetto del presente lavoro è l’analisi del fenomeno, tradizionalmen- te esaminato nel più ampio orizzonte degli elementi normativi, del rin- vio al concetto di “reato” da parte della fattispecie penale. L’interesse è, in realtà, sorto dalla constatazione, per così dire, “empirica” della pre- senza nel codice penale di numerose ipotesi di reato caratterizzate da siffatte forme di “rinvii penalistici” e della prevalente tendenza di dottri- na e giurisprudenza a prenderle in esame da un angolo visuale specifico ravvisabile ora nell’opera di interpretazione della fattispecie di parte di parte speciale di volta in volta considerata ora nell’intento di risolvere le questioni variamente sollevate dal tema dell’abolitio del reato richiama- to o dell’errore che su quest’ultimo ricada.

Sulla base di queste prime impressioni si è cercato di sistematizzare questa peculiare forma di “intreccio tra reati” procedendo all’esame dell’an e del quomodo della fondazione del “reato come elemento del re- ato” come categoria avente autonoma dignità dogmatica. L’opera non si presentava del tutto agevole in considerazione del fatto che, prenden- do in prestito un’efficacissima metafora suggeritami del fraterno a- mico ALBERTO GARGANI, “le ‘Scilla e Cariddi’ della ricostruzione del

‘reato come elemento del reato’ sono rappresentate dall’indistinta ca- tegoria degli elementi normativi da un lato e dalla vischiosa materia dell’errore sul divieto e su legge extrapenale (con le annesse spire del- le teorie dell’incorporazione e degli elementi integrativi), dall’altro”.

Pur sulla scorta di queste considerazioni si è comunque tentato di se- guire un ordine espositivo che, traendo le mosse dalla definizione della categoria, procedesse alla classificazione delle diverse ipotesi di “reato- elemento del reato” per poi concludere con la definizione delle regole comuni che parrebbero dover presiedere alla loro interpretazione ed ap- plicazione, con particolare riguardo ai quattro temi delle modificazioni mediate, dell’errore, dell’estinzione del reato-elemento ed, infine, della questione di diritto penale internazionale del reato-elemento del reato commesso all’estero.

Le direttrici metodologiche lungo le quali si è cercato di dipanare l’intricata matassa del “reato-elemento del reato” sono state tre. In pri-

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Il reato come elemento del reato XII

mo luogo si è, infatti, scelto di ricorrere al criterio della definizione per viam negationis allo scopo di escludere dall’oggetto dell’analisi le ipote- si che, pur risultando variamente assonanti rispetto al tema in esame, non si rivelavano ad una più attenta analisi del tutto pertinenti in ra- gione della loro afferenza ad ambiti diversi, come nei vari casi di reato come elemento di fattispecie non incriminatrice, o di fattispecie proces- suale, fino al reato elemento di fattispecie plurisoggettiva eventuale ed al reato complesso.

Una volta definito l’oggetto della categoria si è scelto, in linea con quel metodo induttivo che anni or sono aveva ispirato il “contributo alla teoria dei reati accessori” di TULLIO DELOGU, di desumere le regole generali della categoria dalla classificazione delle diverse ipotesi di rea- to-elemento del reato sulla scorta del metodo della scomposizione anali- tica, ancora ritenuto il più solido approdo nella tormentata temperie dello studio del reato.

Infine, nel tentativo di trarre dall’elaborazione della categoria e dalla classificazione dei reati ad essa afferenti una sorta di “parte generale”

del reato come elemento del reato si è proceduto all’esame dei più signi- ficativi istituti coinvolti nell’interpretazione e nell’applicazione delle fat- tispecie contenenti un elemento normativo giuridico-penale, nell’obiet- tivo tendenziale di trovare un linguaggio comune applicabile alle diver- se realtà sussumibili nella categoria. Ancora una volta in quest’ultima fase si è optato in favore del criterio strutturale, allo scopo di fondare le diverse soluzioni proposte sul dato normativo, in ossequio ai principi generali che presiedono all’applicazione della legge penale, ivi compresa quella richiamata in funzione “costitutiva” e non stricto sensu “incri- minatrice” dalla fattispecie penale.

Torino, ottobre 2013

(15)

C

APITOLO

I

IL REATO COME ELEMENTO DEL REATO:

“UNO, NESSUNO O CENTOMILA”?

«Nessuna quantità di esperimenti potrà dimostrare che ho ragione;

un unico esperimento potrà dimostrare che ho sbagliato.»

(Albert Einstein, lettera a Max Born del 4 dicembre 1926)

SOMMARIO. 1. La delimitazione dell’oggetto dell’indagine. – 2. Il reato elemento di fattispecie penale non incriminatrice. – 3. Il reato elemento di fattispecie pro- cessuale. – 4. Il reato come elemento del reato: verso una categoria.

1. La delimitazione dell’oggetto dell’indagine

La definizione dell’oggetto dell’analisi, coessenziale allo svolgimento di qualunque indagine aspiri a definirsi “metodologicamente corretta”

sin dal suo incipit, risulta in questo frangente assolutamente indispen- sabile. Se, infatti, il metodo scientifico vuole che intanto si possa proce- dere per raggiungere una conoscenza affidabile e condivisibile in quan- to si sia innanzi tutto delimitata una realtà oggettiva da verificare e fal- sificare, la decodificazione di cosa voglia intendersi per “reato come ele- mento del reato” si impone in ragione della plausibile eccezione di illo- gicità, che potrebbe verosimilmente muoversi alla scelta di un’inti- tolazione, che vede coincidere contenente e contenuto, tutto e parte, ge- nus e species, in (apparente) contrasto con un pensiero logico, prim’an- cora che giuridico. Se, tuttavia, prefigurare un elemento che possa esse- re “parte di se stesso” parrebbe prima facie contraddittorio, il fenomeno giuridico al quale vuole dedicarsi l’attenzione di questo lavoro è ben lontano dall’illogicità vagamente serpeggiante nel suo nomen, trattan- dosi invero di un’intersezione urbi et orbi nota agli ordinamenti giuridi- ci di ogni tempo e luogo.

L’ “impensabile” sdoppiamento del reato nelle due incompatibili en- tità della parte e del tutto trova albergo nella totalità degli ordinamenti

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Il reato come elemento del reato 2

giuridici che hanno conosciuto, e conoscono, la ricettazione, come il fa- voreggiamento, la calunnia, come l’associazione o l’istigazione a delin- quere, fino all’agevolazione o all’omesso impedimento del reato altrui.

Per di più, la “partecipazione” del reato alla composizione della struttura di altra disposizione di legge può più in generale riguardare anche fattispecie non stricto sensu incriminatrici. Ma proprio l’estrema varietà delle forme di manifestazione di questo intreccio tra reato ed altra fattispecie richiamante, pur tranquillizzante quanto meno sul pia- no della giustificazione del senso di condurre un’analisi sul “reato come elemento del reato”, ne rende ardua la definizione ai fini dello svolgi- mento di un’indagine non meramente “atomistica” ma, almeno nelle intenzioni, finalizzata alla definizione di una categoria giuridico-penale dotata in quanto tale di principi e regole, nel loro complesso valide a prescindere dalla varietà delle sue forme di manifestazione. Il rischio che lo studio del reato come elemento del reato possa essere condotto esclusivamente con metodo casistico è, infatti, assolutamente fondato, poiché i casi nei quali la legislazione penale prevede che un reato entri a far parte della struttura di un’altra fattispecie sono innumerevoli, al pari delle modalità e degli effetti del rinvio al reato fatto da un’altra disposi- zione di legge. Come già si è potuto evincere dalla fugace esemplifica- zione or ora proposta, il reato viene richiamato come elemento di molti delitti contro l’amministrazione della giustizia, così come possibile og- getto del dolo specifico, alla stregua di presupposto dei reati di ricetta- zione o favoreggiamento come anche in forma di oggetto della notizia che avvia il procedimento penale. Il reato è altresì la fonte dell’obbligo alle restituzioni a norma delle leggi civili ex art. 185 c.p., oltre che il presupposto dell’obbligazione civile delle persone giuridiche per il pa- gamento delle multe e delle ammende ex art. 197 c.p. Il tentativo di re- perire un linguaggio comune nella babele di forme così fortemente di- versificate richiede innanzi tutto una sorta di actio finium regundorum che faccia prevalere riflessioni di metodo e valutazioni di contenuto sul rilievo meramente formale del richiamo fatto ad un reato da parte di un’altra disposizione lato sensu penale.

Nell’ampio e multiforme panorama dei reati richiamati da altre fat- tispecie, utile alla ricerca di un inquadramento concettualmente (e giu- ridicamente) unitario potrebbe risultare il metodo apofatico, mutuato dalla logica aristotelica da parte della c.d. teologia negativa, e consisten- te del definire una cosa per viam negationis, o attraverso ciò che non è 1.

1 ARISTOTELE, Frammenti. Opere logiche e filosofiche. Testo greco a fronte, BUR Biblioteca Univ. Rizzoli, 2010, G. ZUANAZZI, Pensare l'assente - Alle origini della

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Il reato come elemento del reato: “Uno, nessuno o centomila”? 3

Ai fini che qui interessano, alla – indubbiamente più secolare – ricerca dei fondamenti della categoria del “reato come elemento del reato” po- trebbe giovare fare riferimento, per negarne l’afferenza all’oggetto di questo studio e correlativamente contribuire in positivo a definirne il contenuto, ai casi che non vi rientrano ma che meritano di essere presi in esame proprio perché attraverso la loro negazione contribuiscono a meglio precisare l’an e l’ubi consistam della categoria del reato come elemento del reato. In questa preliminare fase apofatica di delimitazio- ne dei confini del reato come elemento del reato per viam negationis, può trarsi spunto proprio dalla necessaria natura di reato del predicato di questa (pur apparentemente illogica) relazione concettuale per esclu- dere innanzi tutto le ipotesi in cui il reato sia elemento di una fattispe- cie non stricto sensu incriminatrice. Per proseguire seguendo la logica aristotelica, una volta completata la fase apofatica, si procederà alla fa- se autenticamente catafatica e quindi al (tentativo) di affermazione dell’esistenza del “reato come elemento del reato” come categoria, non senza far cenno alla necessità di definirne contenuti, forme di manife- stazione, principi e regole.

2. Il reato elemento di fattispecie penale non incriminatrice

In questa iniziale fase di delimitazione della categoria del reato come elemento del reato, giova, nel percorso di preliminare defini- zione per viam negationis al quale si faceva riferimento poco sopra, fare riferimento alle ipotesi non strettamente pertinenti all’oggetto di questa ricerca in ragione della mancanza della qualifica di reato nella fattispecie, per così dire, “ospitante”. Si tratta delle ipotesi nelle quali, pur afferendo genericamente la disposizione al “comparto penalisti- co”, essa non integri una vera e propria fattispecie incriminatrice, rile- vando, piuttosto, ai fini della determinazione delle conseguenze civili

teologia negativa, Roma, 2005, D.CARABINE, The Unknown God. Negative Theology in the Platonic Tradition: Plato to Eriugena, Louvain-Grand Rapids, MI, Peeters- Eerdmans 1995, M.CORBIN, Négation et transcendance dans l’oeuvre de Denys, in Revue des sciences philosophiques et théologiques, 69, 1985, 41-76, A.GOUHIER, Néant in Dictionnaire de spiritualité, XI, coll. 64-80, R.MORTLEY, From Word to Silence, II, The Way of Negation, Christian and Greek Frankfurt a.M., 1986, A.

SOLIGNAC, Théologie négative in Dictionnaire de spiritualité, XV, coll. 509-16, C.

STEEL, Beyond the Principle of Contradiction? Proclus. «Parmenides» and the Ori- gin of Negative Theology in Die Logik der Transzendentalen. Festschrift für Jan A.

Aertsen zum 65. Geburtstag cur. Martin Pickavé, Berlin-New York, 2003, 581-99.

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Il reato come elemento del reato 4

derivanti dal reato. In particolare, il Titolo VII del Libro I del codice penale, emblematicamente intitolato alle “Sanzioni civili”, contiene le disposizioni demandate a regolare le obbligazioni civili, verso le vit- time del reato e verso lo Stato, derivanti dal reato 2.

Pur non essendo questa la sede per esaminare gli aspetti più speci- fici della disciplina delle obbligazioni civili derivanti dal reato con particolare riferimento alle restituzioni, ai risarcimenti come anche alla definizione dei legittimati ad agire, ai fini che qui interessano giova ricordare come al di là della definizione delle obbligazioni di cui agli artt. 185 ss c.p. in termini autenticamente civilistici 3 o pena- listici 4, non può dubitarsi come non si tratti di reati in senso proprio, essendo, piuttosto, disposizioni deputate a regolare talune delle ulte- riori conseguenze afflittive della previa commissione di un fatto pre- visto dalla legge come reato. La natura non autenticamente incrimi- natrice delle disposizioni del Titolo VII può, invero, essere affermata indipendentemente dall’opzione in favore della tesi della natura pe- nale o civile dell’obbligo alle restituzioni ed ai risarcimenti dei danni da reato. Quand’anche si propenda per la tesi secondo la quale l’ob- bligo del risarcimento del danno non patrimoniale e l’obbligo di rim- borso delle spese di mantenimento del condannato devono essere de- finite in termini di autentiche sanzioni penali, trattandosi di sanzioni di contenuto eminentemente afflittivo, gli artt. 185 ss. c.p. non po- trebbero comunque essere definiti in termini di reati, difettando quantomeno il segmento precettivo, parendo, piuttosto, finalizzate ad arricchire l’impianto sanzionatorio stabilito dalla fattispecie di reato- fonte dell’obbligo.

Per di più l’opportunità di escludere la pertinenza delle norme rela- tive alle obbligazioni civili derivanti dal reato al tema del “reato ele- mento del reato” deriva anche dalla peculiare natura del collegamento

2 F.CARNELUTTI, Il danno e il reato, Padova, 1926, F.ANTOLISEI, L’offesa e il dan- no nel reato, Bergamo, 1930, A.FROSALI, Reato, danno e sanzione, Padova, 1932, A.

DE MARSICO, Contributo alla determinazione del concetto di danni da reato risarcibili, in Annali, 1933, 425, F. TAGLIARINI, Il risarcimento del danno da reato, in Ind. pen., 1973, 475, N.PISANI, Il risarcimento del danno da reato nell’ordinamento italiano, in Ind. pen., 1974, 5, F. DASSANO, Il danno da reato. Profili sostanziali e processuali, Torino, 1993, M.ROMANO, Risarcimento del danno da reato, diritto civile, diritto penale, in Riv. it. dir. proc. pen., 1993, 865.

3 Cfr. per tutti, M. ROMANO-G.GRASSO-T.PADOVANI, Commentario sistematico del codice penale, sub art. 185, III, Milano, 1994, 277, G.MARINUCCI-E.DOLCINI, Manuale di diritto penale, parte generale, Milano, 2006, 123.

4 A.PAGLIARO, Principi di diritto penale - parte generale, Milano, 2003, 726.

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Il reato come elemento del reato: “Uno, nessuno o centomila”? 5

tra il reato dal quale derivano i doveri alle restituzioni ed al risarci- mento e la fattispecie di cui agli artt. 185 ss. c.p. Se, infatti, può sicu- ramente escludersi che quest’ultima integri un reato propriamente in- teso, parrebbe doversi parimenti negare che il reato “che obbliga” alle prestazioni ivi descritte si limiti a costituire un mero elemento della norma richiamante, potendosi altresì attribuire a quest’ultima una sorta di “funzione ancillare” consistente nell’ulteriore arricchimento – rispetto alle pene (principali e accessorie) ed alle (eventuali) misure di sicurezza applicabili – dell’apparato sanzionatorio del reato di cui si tratta. Sotto quest’angolo visuale, non sarebbe soltanto il reato-fonte dell’obbligo a risultare elemento della fattispecie che effettua il rinvio, ma anche la norma sulle sanzioni civili ad entrare a far parte dell’ap- parato sanzionatorio idealmente riferibile al reato, secondo una logica ribaltata rispetto a quella che presiede al rapporto tra reato contenen- te e reato contenuto.

Sennonché, pur nella negazione dell’appartenza alla categoria de- gli artt. 185 ss. c.p. parrebbe potersi rinvenire una sorta di principio di definizione del “reato elemento del reato”, in ossequio a quelle re- gole della logica aristotelica che vogliono che dall’apofasi ci si possa avvicinare alla catafasi e che negare sia, pur indirettamente, (comin- ciare a) definire. Come si avrà modo di meglio precisare nel prosie- guo del lavoro, pur non integrando tecnicamente casi di “reati-ele- menti di (altri) reati” le disposizioni che stabiliscono come in varia guisa un reato obblighi alle restituzioni ed ai risarcimenti a norma delle leggi civili pongono alcune questioni rilevanti anche negli “au- tentici” casi di reato-elemento del reato. Si tratta, in particolare, del tema degli effetti dell’abolitio del reato-fonte dell’obbligo sulla per- manenza dei doveri alle restituzioni ed ai risarcimenti e della que- stione della definizione della nozione di reato idoneo a produrre con- seguenze civili.

Quanto al profilo per primo richiamato, secondo parte della dot- trina 5, alle disposizioni che attribuiscono al danneggiato dal reato il diritto alle restituzioni ed al risarcimento non si applicherebbero i principi della successione delle leggi penali nel tempo, posto che, a meno di disposizioni espressamente volte a regolare i c.d. diritti quesi- ti, le sanzioni civili dovrebbero permanere anche a seguito dell’abo- lizione del reato-fonte. In realtà, le ragioni addotte a conforto della te- si dell’esclusione dell’applicabilità dell’art. 2 c.p. alle disposizioni di cui agli artt. 185 ss. c.p. si fondano sulla ritenuta natura civilistica di

5 F.MANTOVANI, Diritto penale, Parte Generale, Padova, 2009, 857.

(20)

Il reato come elemento del reato 6

quest’ultime e quindi sull’ “incompetenza per materia” dell’art. 2 me- desimo a regolarne le questioni di diritto intertemporale. Ma al di là della specifica questione definitoria, il tema rileva eminentemente an- che con riferimento all’oggetto di questa ricerca posto che la circo- stanza che una disposizione di reato ne richiami un’altra, che entra a far parte della sua struttura, pone inevitabilmente la questione di qua- li effetti l’abolizione del reato contenuto possa sortire sul reato conte- nente 6.

Ed ancora, pur ai ristretti fini della definizione dei presupposti per l’insorgenza di obblighi alle restituzioni ed ai risarcimenti a nor- ma delle leggi civili, un altro tema, per così dire, “comune” all’analisi degli artt. 185 ss. c.p. come anche alla disciplina del “reato-elemento del reato” risulta indubbiamente essere quello della definizione dei caratteri che il reato-fonte dei predetti doveri deve possedere per co- stituire titolo per l’irrogazione delle sanzioni civili conseguenti. An- che in questo caso, indipendentemente dalla scelta della tesi secondo la quale il reato dovrebbe essere preso in considerazione alla stregua di una fattispecie astratta ovvero di quella che propende per la consi- derazione del fatto di reato nella sua materialità, il tema della defini- zione del concetto di reato-elemento del reato rileva trasversalmente ai fini della classificazione delle diverse ipotesi nelle quali il fenome- no può articolarsi. La struttura complessa del concetto di reato im- pone, infatti, di valutare se per integrare il “reato-elemento” sia inde- rogabilmente richiesta la sussistenza di tutti i suoi elementi costituti- vi 7, con la conseguenza di dover escludere la ricorrenza dei presup- posti per l’applicazione dell’art. 185 c.p. in caso di fatto commesso in presenza di una causa di giustificazione o scusante, o se risulti al contrario sufficiente l’esclusiva ricorrenza di taluni di questi, non es- sendo necessario che il reato richiamato sia completo di tutti i suoi requisiti strutturali 8. A tale ultimo proposito, in sede di disamina del-

6 V. infra, sub Cap. VI, § 2.

7 Così, M. ROMANO-G.GRASSO-T. PADOVANI, Commentario, cit., 292. Per la dottrina civilistica, P.ZIVIZ, Il danno non patrimoniale nell’era del mutamento, in Resp. civ. prev., 2006, 240.

8 Si tratta essenzialmente di una tesi sostenuta in giurisprudenza. In argo- mento Cass., Sez. I, 9 aprile 1984, Sparacino, in Cass. pen., 1985, 2280 ove il reato-fonte delle obbligazioni alle restituzioni ed al risarcimento del danno viene identiicato, attraverso una formula alquanto criptica, nel “reato come fatto illecito, cioé il reato nella sua materialità in cui si esprime l’efficacia dell’azione dell’agente, e che comprende sia elementi che fanno capo all’illecito penale sia quelli che fanno capo all’illecito civile”. Verrebbe, dunque, accreditata una sorta

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Il reato come elemento del reato: “Uno, nessuno o centomila”? 7

le diverse ipotesi di reati richiamanti altri reati si avrà modo di preci- sare come il quesito relativo alla necessità o meno che il “reato- elemento” risulti altresì integrato in tutti i suoi elementi costitutivi non possa essere risolto univocamente, dipendendo dalle peculiarità della fattispecie considerata e dalle funzioni svolte dal reato oggetto del rinvio rispetto alla fattispecie richiamante.

La questione della definizione dei requisiti strutturali del reato- elemento del reato emerge, altresì, dalla disamina di un’altra catego- ria di fattispecie che, pur richiamando un reato, non risultano perti- nenti all’oggetto della materia in quanto più strettamente afferenti al

“comparto processuale”. Anche in questi casi, tuttavia, pur non es- sendovi dubbio che i casi di reati elementi di fattispecie processuali non rientrino nell’ambito di questa ricerca, dalla pur sommaria ana- lisi di talune delle più significative ipotesi previste dal codice di pro- cedura penale emergono questioni di indubbia rilevanza nella classi- ficazione di talune forme di manifestazione del reato-elemento del reato.

3. Il reato elemento di fattispecie processuale

Come già anticipato, la “pratica” del richiamo del reato da parte di altra fattispecie non è estranea neppure al codice di procedura pena- le, che in diverse ipotesi rinvia ad un concetto di reato destinato di volta in volta ad assumere significati fortemente differenziati anche a seconda della fase processuale alla quale le disposizioni richiamanti afferiscono. Nell’indubbiamente più limitato ambito di questa ricerca il richiamo al concetto di reato da parte del codice di procedura pe- nale rileva sotto due specifici angoli visuali.

Innanzi tutto, si tratta dell’ulteriore conferma dell’attitudine del reato ad entrare a far parte della struttura di altre fattispecie, svol- gendo una funzione diversa da quella, per così dire, ontologica di in- criminazione di comportamenti offensivi di beni giuridici. In secon- do luogo, l’analisi di talune delle più esemplificative ipotesi di reato- elemento di fattispecie processuale consente di mettere chiaramente in evidenza come per l’integrazione del predetto elemento non sia sempre necessaria la presenza di tutti gli elementi costitutivi di una fattispecie incriminatrice in senso proprio, potendo risultare al con- di “nozione di diritto comune” di illecito dal quale conseguono gli effetti di cui all’art. 185 c.p. medesimo.

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Il reato come elemento del reato 8

trario sufficiente l’esclusiva ricorrenza di taluno di questi. Per meglio chiarire i termini della questione, merita, tuttavia, fare innanzi tutto riferimento ad alcune delle ipotesi che in termini maggiormente pa- radigmatici esprimono il particolare modo d’essere del reato richia- mato dalle norme del codice di procedura penale.

A questo proposito, giova precisare come pur essendo il reato ri- chiamato, tra le altre, dalle disposizioni in materia di misure cautela- ri, come anche da quelle in tema di mezzi di ricerca della prova, il ca- so al quale corre immediatamente il pensiero di chi si accinga ad a- nalizzare il concetto di reato-elemento di fattispecie processuale è quello della notizia di reato, alla quale è dedicato il Titolo II del Libro V del codice di procedura penale. Come rilevato da parte della dottri- na 9, sebbene la legge non la definisca, la nozione di “notizia di reato”

costituisce il presupposto del processo integrando l’anello di con- giunzione tra fatto (sostanziale) di reato e (avvio del) procedimento penale. Al di là delle questioni più specificamente connesse al tema dei presupposti e degli effetti della sua iscrizione nell’apposito regi- stro, particolarmente rilevante ai fini che qui interessano risulta la definizione di cosa si intenda per “reato oggetto della notizia”, rispet- to alla concezione analitica dell’illecito penale. Posto che, infatti, questo debba per definizione formare oggetto di un accertamento tecnicamente successivo all’iscrizione medesima, la dottrina 10 si è soffermata sull’individuazione del minimum indispensabile per con- figurare un dato suscettibile di essere comunicato, valutato ed iscrit- to nel registro di cui all’art. 335 c.p.p. In particolare, tutto questo sa- rebbe possibile solo allorché la notizia verta su quei tratti minimi, percettibili ed ineliminabili del “fatto-reato”, i quali integrano il c.d.

“elemento oggettivo”, rappresentato da “condotta”, “evento” (inteso in senso naturalistico o giuridico) e “nesso di causalità”. In questo modo, la notizia di reato verrebbe a caratterizzarsi innanzi tutto per

“concretezza” ma, nel contempo, in riferimento al processo che va a determinare, pure per la sua “ipoteticità”, in quanto debitrice di ulte- riore verifica processuale.

9 L. CARLI, La notizia criminis e la sua iscrizione nel registro di cui all’art.335 c.p.p., in Dir. pen. proc., 1995, 730, I. DI LALLA, voce Notizia di reato, in Dig. disc.

pen., v. VIII, Torino, 1994, 259, A. MARANDOLA, Notizia di reato e indagini preli- minari, in Cass. pen., 1999, 3459, R.APRATI, Notizia di reato, in G.GARUTI (a cura di) Trattato di procedura penale, voce 3, Indagini preliminari e udienza preliminare, Torino, 2009, 3 ss.

10 Cfr. L.CARLI, La notizia criminis, cit., 732 .

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Il reato come elemento del reato: “Uno, nessuno o centomila”? 9

Il carattere contenutisticamente semplificato e gnoseologicamen- te ipotetico del “fatto di reato” oggetto della notizia è, infatti, essen- zialmente giustificato dalla sua collocazione sistematica nella fase ge- netica del procedimento penale, dovendo quello stesso fatto formare oggetto di ulteriore specificazione ed arricchimento in funzione dello stato d’avanzamento dell’accertamento processuale, in ipotesi fino alla modificazione della qualificazione giuridica del fatto medesimo anche in limine sententiae come nel caso dell’art. 521 c.p.p.

Orbene, questa plasticità definitoria della nozione di reato-ele- mento di fattispecie processuale in funzione delle esigenze nonché delle caratteristiche delle diverse fasi dell’accertamento mostra inne- gabili affinità con la nozione di reato-elemento del reato, con partico- lare riferimento a quel genus di fattispecie che con i temi processuali mostrano maggiore vicinitas, vale a dire i delitti contro l’ammi- nistrazione della giustizia. Come si avrà modo di chiarire in seguito 11, anche nei delitti del Titolo III del Libro II del codice penale, la nozio- ne di reato, pur frequentemente richiamata in qualità di oggetto ma- teriale della condotta, assume significati parzialmente diversi dalla nozione di reato completo di tutti i suoi elementi costitutivi “compa- tibile” con altre ipotesi di reato-elemento, risultando, piuttosto, suffi- ciente la presenza di un contenuto “contratto” al minimo e come tale affine a quello dell’appena richiamato istituto della “notizia di reato”.

Peraltro, quella che si è voluta definire in termini di vicinitas della nozione di reato richiamato dai delitti contro l’amministrazione della giustizia rispetto al reato nel codice di procedura penale può diver- samente atteggiarsi, fino alla pressoché totale identificazione con la definizione del reato oggetto della notizia con particolare riguardo per quei “delitti contro l’attività giudiziaria”, che, ponendosi a presi- dio del corretto svolgimento delle funzioni degli organi istituzional- mente chiamati alla ricerca ed all’accertamento dei fatti di reato stes- si, non possono non avere ad oggetto la medesima nozione di “reato”

richiamata dal Titolo II del Libro V del codice di rito.

Ma più in generale, l’attitudine “plastica” della nozione di “reato- elemento del reato” è comune a tutte le altre ipotesi in cui il reato en- tri a far parte della struttura di un’altra disposizione di reato, manife- standosi in termini qualitativi come anche quantitativi. Sul versante della definizione qualitativa, il reato può, infatti, entrare a far parte di un altro reato in qualità di presupposto, di oggetto materiale della con- dotta, di dolo specifico o di evento, con effetti altrettanto differenziati

11 V. infra, sub Cap. V, § 2.

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Il reato come elemento del reato 10

nell’economia della fattispecie richiamante. Sul diverso crinale quanti- tativo, rectius del numero di elementi costitutivi necessari ad integrare il “reato-elemento”, quest’ultimo può essere richiamato in quanto completo di tutti i suoi elementi costitutivi, così come solo parzial- mente integrato nei suoi requisiti oggettivi. Il tema che si pone è però ancora una volta se questa “plasticità” – sia essa intesa in senso quali- tativo o quantitativo – si ponga d’ostacolo alla costruzione di una ca- tegoria unitaria logicamente fondata, o se non risulti piuttosto am- missibile esclusivamente un approccio eminentemente casistico che passi in rassegna le diverse ipotesi nella consapevolezza, o forse nella rassegnazione, in ordine all’irriducibilità del fenomeno ad un istituto unitario. Si tratta in altri termini di valutare se vi sia spazio per indi- viduare, anche sulla base dei caratteri ravvisabili nelle categorie che si è appena scelto di escludere dall’oggetto di questa analisi, una sorta di minimo comune denominatore delle diverse ipotesi di reato-elemento del reato che consenta di vagliare la possibilità di enunciare l’esisten- za di una categoria giuridica suscettibile di esprimersi in principi e regole valide universalmente quale che sia l’ipotesi di volta in volta considerata.

4. Il reato come elemento del reato: verso una categoria

Affrontato il preliminare tema dell’an della configurabilità di un

“reato-elemento del reato” e fatto altrettanto preliminare cenno a ta- luni casi di disposizioni incriminatrici che fanno rinvio al reato in qualità di elemento costitutivo, parrebbe giunto il momento di valu- tare se le pur diverse ipotesi nelle quali una fattispecie di reato si compone (anche) di un altro reato possano essere ridotte ad unità ca- tegoriale e se quindi esista una sorta di “filo conduttore concettuale”

tale da poter legare norme apparentemente eterogenee quali, prima facie, quelle in tema di calunnia, di favoreggiamento, di attentato o di agevolazione colposa. Un valido aiuto al tentativo di elaborazione di una categoria unitaria parrebbe poter giungere dalla valorizzazione dei due termini del binomio problematico di cui si tratta, l’elemento ed il reato.

Un primo requisito comune a tutte queste ipotesi è, infatti, senza dubbio costituito dalla circostanza che il reato costituisca un elemen- to di un altro reato, e più specificamente un elemento normativo giu- ridico-penale. Come si avrà modo di rilevare tra breve, la natura del

“reato-elemento del reato” risulta singolarmente complessa in quanto

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Il reato come elemento del reato: “Uno, nessuno o centomila”? 11

“pluriqualificata” con particolare riguardo all’appartenenza a species via via più ristrette, sotto i diversi profili della natura normativa piut- tosto che naturalistica, giuridica piuttosto che etico-sociale, penale piuttosto che civile o amministrativa della norma oggetto del rinvio.

La complessità della natura del reato-elemento può, dunque, essere apprezzata dai diversi angoli visuali della normatività, della giuridici- tà nonché della natura penale, con tutto quanto ne deriva sull’ap- plicazione degli istituti di parte generale, dalla successione di norme, all’errore, dalle cause di estinzione del “reato-elemento” al locus com- missi delicti.

Passando al secondo termine della relazione espressa dalla locu- zione “reato come elemento del reato”, trattandosi di un reato esso pone inevitabilmente questioni problematiche ulteriori rispetto ad un comune elemento normativo giuridico. Il rinvio ad una fattispecie in- criminatrice pone innanzi tutto, come ricordato poco sopra, il tema della necessità o meno della ricorrenza di tutti i suoi elementi costi- tutivi oltre che quello degli effetti delle modificazioni che lo riguar- dano sull’applicazione della disposizione che effettua il rinvio. Riser- vando ad una più approfondita trattazione successiva 12 l’analisi delle questioni legate alla definizione del concetto di “reato-elemento” nel- le diverse ipotesi appartenenti alla categoria nonché dei profili di di- ritto intertemporale, in questa prima fase “catafatica” di delimitazio- ne dell’istituto parrebbe di poter rilevare come, posto che la fonda- mentale funzione del reato sia quella lato sensu incriminatrice delle condotte dalle quali esso stesso fa conseguire l’applicazione di una pena o di una misura di sicurezza, allorquando esso sia richiamato da altra fattispecie penale il ruolo che viene chiamato a svolgere ri- sulterà fatalmente diverso e, per taluni aspetti, eterogeneo rispetto a quello, per così dire, “classico” dell’imputazione di conseguenze in varia guisa afflittive all’autore della condotta. Entrando a comporre la struttura di un'altra fattispecie incriminatrice, infatti, il reato svol- ge una differente funzione costitutiva di altra ipotesi di reato 13.

12 V. infra, sub Cap. VI.

13 Nella definizione della funzione costitutiva del reato-elemento si è voluto consapevolmente evitare qualunque riferimento alla nozione di “integrazione”

della fattispecie incriminatrice che presenti un elemento normativo giuridico- penale dal momento che alla teoria degli “elementi integrativi” verrà dedicata un’analisi ad hoc nelle parti dedicate, rispettivamente, alla natura giuridica del

“reato-elemento del reato” nonché all’esame degli istituti di parte generale appli- cabili, con particolare riguardo al tema della successione di norme e dell’errore.

V. infra, Capp. II e VI.

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Il reato come elemento del reato 12

In particolare, in qualità di “elemento” il reato mostra la sua atti- tudine a descrivere il fatto previsto da altra disposizione, oltre che ad ascrivere conseguenze penali, partecipando della natura di un qua- lunque altro elemento costitutivo con le peculiarità legate alla sua at- titudine (anche) incriminatrice. La distinzione tra “funzione descrit- tiva” del reato richiamato dalla fattispecie penale e “funzione ascritti- va” del reato-fonte di imputazione di conseguenze penali al suo auto- re è, altresì, suscettibile di rilevare per viam negationis allo scopo di escludere dall’oggetto di questa ricerca ipotesi di tipo concorsuale, nelle quali il rinvio al “reato” si giustifica nel quadro della partecipa- zione di più persone alla realizzazione di un illecito. Come si avrà modo di precisare in seguito 14, in questi casi il reato rileva a fini pre- valentemente ascrittivi, essendo la funzione “costitutiva” configurabi- le rispetto alla fattispecie plurisoggettiva.

Privilegiato oggetto di questa ricerca è, invece, il rinvio fatto al concetto di “reato” da parte di una fattispecie monosoggettiva rispet- to alla quale il richiamo all’illecito penale si esaurisce, per così dire, nell’ambito di un suo elemento costitutivo.

Sennonché, la peculiare natura penale dell’”elemento reato” si pone d’ostacolo ad una netta separazione concettuale tra le due fun- zioni ascrittive e descrittive, quasi che, nel “descrivere” un altro fatto di reato il reato-elemento potesse rinnegare la sua originaria natura incriminatrice. Il rinvio ad un reato deve comunque tenere conto del- la speciale natura della norma oggetto del rinvio, sia sul versante del- la definizione dell’elemento stesso sia sul piano dei riverberi che le

“vicende” del reato-elemento possono avere sul reato che lo richiama.

Ben lontane dall’escludersi a vicenda, le due funzioni, ascrittiva e de- scrittiva, del “reato-elemento del reato” vivono in un rapporto, per così dire, osmotico, non potendo i principi e le regole che informano di sé l’applicazione della fattispecie penale in quanto tale essere con- dannati alla disapplicazione o pretermessi allorquando quel medesi- mo reato entri a far parte di un altro reato.

Tale forma di sinergia tra il reato-elemento ed il reato che lo con- tiene rende l’elemento normativo giuridico-penale tutt’affatto pecu- liare rispetto ad un qualunque altro elemento normativo non penale.

Mentre, infatti, rispetto a quest’ultimo il reato richiamante mostra una spiccata autonomia, che gli consente di superare i limiti imposti dalle definizioni valide ed efficaci in altri rami dell’ordinamento, la natura, per così dire, endosistematica dell’elemento normativo giuri-

14 V. infra, sub Cap. III, § 4.1., 4.1.1., 4.4. e Cap. V, § 4, 4.1., 4.2, 4.3., 4.4.

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Il reato come elemento del reato: “Uno, nessuno o centomila”? 13

dico-penale parrebbe opporsi alla configurabilità di una sorta di scis- sione tra le vicende del reato-elemento e quelle della fattispecie che lo contiene. In questi termini, la definizione dei caratteri, delle forme di manifestazione, dei principi e delle regole del reato-elemento del rea- to consentirebbe di superare l’idea pirandelliana secondo la quale la variabilità indefinita delle forme di manifestazione del fenomeno ne tradirebbe l’assenza di identità (centomila ergo nessuno). La sfida di questa ricerca è quella di superare la logica del “caso per caso” in fa- vore di quella dell’ “uno/centomila”, che come tale aspiri, conciliando l’unità della categoria del reato-elemento del reato con la varietà delle sue possibili articolazioni, a garantire l’unità di disciplina delle diver- se ipotesi di rinvio ad un reato da parte di un altro. Si tratta, dunque, di valutare se, traendo le mosse dalla “parte speciale” costituita dalle diverse ipotesi nelle quali un “reato” viene richiamato da una fatti- specie incriminatrice, si possa induttivamente addivenire ad una

“parte generale” composta dalle regole comuni applicabili a tutte le fattispecie appartenenti alla categoria.

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C

APITOLO

II

LA NATURA GIURIDICA

DEL REATO-ELEMENTO DEL REATO

SOMMARIO: 1. L’elemento normativo del reato nella sistematica tripartita del rea- to. – 2. Elemento normativo ed elemento valutativo: dall’unione alla separa- zione. – 3. L’elemento normativo giuridico-penale: analogie e differenze. – 4.

La teoria degli “elementi integrativi”: alle radici di un dogma. – 5. Verso una definizione “strutturale” del reato-elemento del reato.

1. L’elemento normativo del reato nella sistematica tripartita del reato

La definizione della natura giuridica del “reato-elemento del rea- to” non parrebbe porre particolari questioni problematiche, trattan- dosi di un caso in cui, quantomeno prima facie, lo stesso nomen sem- brerebbe “dichiarare” la substantia rerum. Non v’è dubbio che, nel- l’entrare a far parte della struttura di un’altra fattispecie incrimina- trice, il reato integri un elemento normativo, secondo la tradizionale definizione che vuole che normativo debba definirsi l’elemento che

“può essere pensato e rappresentato solo sotto la logica presupposi- zione di una norma” 1.

Sennonché la nozione di elemento normativo, pur ampiamente frequentata da dottrina anche risalente, è ben lontana dal formare oggetto di unanime consenso, continuando a tutt’oggi a suscitare nu- merosi interrogativi sul piano dell’inquadramento concettuale e della prassi applicativa 2. Com’è noto, la presa di coscienza dell’esistenza di

1 Così, K.ENGISH, Die normativen Tatbestandselemente im Strafrecht, in Fest- schrift für E. Mezger, München, 1954, 147 e G.RUGGIERO, Gli elementi normativi della fattispecie penale, Napoli, 1965.

2 Dà ampiamente conto della questione ricostruendo il percorso della dot- trina, italiana e non, L.RISICATO, Gli elementi normativi della fattispecie penale.

Profili generali e problemi applicativi, Milano, 2004, 4 ss.

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Il reato come elemento del reato 16

elementi normativi del fatto tipico mise gravemente in crisi la cristal- lina concezione belinghiana del reato 3, fondata sulla rigida triparti- zione tra fatto, antigiuridicità e colpevolezza. In una visione “mani- chea” che voleva riservare esclusivamente al Tatbestand il profilo del- la descrizione fattuale, lasciando per intero alla Rechtswidrigkeit la valutazione in termini di contrarietà all’ordinamento, l’elemento nor- mativo nel fatto tipico si presentava inevitabilmente “spurio” (une- chtes Tatbestandselement) in quanto veicolo della contaminazione va- lutativa di un elemento concepito e teorizzato in termini rigorosa- mente oggettivi 4. A tal proposito, non stupisce che il più autorevole interprete italiano dell’ortodossia della Lehre vom Verbrechen, Gia- como Delitala 5, avesse condotto la contraddittorietà dell’esistenza di elementi valutativi nel fatto tipico alle sue conseguenze estreme, in- vero le uniche logicamente discendenti dalle premesse del rigido sil- logismo belinghiano. Se il fatto tipico ed i suoi elementi sono neces- sariamente “avalutativi” e gli elementi normativi presuppongono una valutazione, gli elementi normativi non possono essere elementi del fatto tipico, dovendo essere più correttamente ascritti al versante dell’antigiuridicità.

Pur non potendo la logica stringente di questa affermazione esse- re contraddetta, va comunque sottolineato come una così netta af- fermazione del rapporto di esclusione reciproca tra elemento norma- tivo e fatto tipico nascesse, in assoluta coerenza con la Lehre vom Verbrechen, da una considerazione statica dell’elemento normativo medesimo, riguardato nella sua anatomia e quindi ritenuto, proprio in ragione della sua stessa essenza (valutativa), incompatibile con la natura del fatto tipico. A questo proposito, se è pur vero che la consi- derazione asettica del fatto tipico assunse un fondamentale valore storico in termini di garanzia dei diritti della persona, in coraggiosa opposizione ad un’idea del reato negativamente caratterizzata dalla presenza di connotati eticizzanti ed illiberali in quanto contrastanti con i fondamentali principi personalistici 6, potrebbe, tuttavia, rite-

3 E. BELING, Die Lehre vom Verbrechen, Tübingen, 1906. Sulle origini ed i contenuti del Tatbestand, v. A.GARGANI, Dal corpus delicti al Tatbestand. Le ori- gini della tipicità penale, Milano, 1997, 15 ss.

4 Sul punto si rinvia alla compiuta analisi di G. GATTA, Abolitio criminis e successione di norme “integratrici”: teoria e prassi, Milano, 2008, 20 ss.

5 G.DELITALA, Il fatto nella teoria generale del reato, Padova, 1930, 90.

6 Sul tema cfr. per tutti F.BRICOLA, voce Teoria generale del reato, in Nss. dig.

it., vol. XIX, Torino, 1973, 26.

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La natura giuridica del reato-elemento del reato 17

nersi che la richiamata essenza valutativa dell’elemento normativo non debba necessariamente essere intesa in termini di “incursione dell’antigiuridicità” oltre i confini del fatto tipico. A spingere i teorici della concezione tripartita del reato a dubitare della compatibilità con il Tatbestand degli elementi normativi era, per l’appunto, l’idea che questi presupponessero una valutazione lato sensu “orientata” da parte dell’interprete, costretto ad andare oltre quel processo di mera constatazione della sussistenza degli elementi costitutivi del fatto ti- pico che, nella sistematica della tripartizione, veniva prospettato in termini puramente e semplicemente oggettivi. Se così è, definendo in termini ugualmente oggettivi la funzione degli elementi normativi si sarebbero potute creare le premesse per ammetterne la compatibilità anche con la ricordata prospettiva eminentemente “avalutativa” del fatto tipico 7.

A ridimensionare l’ostracismo (dal fatto tipico) degli elementi normativi fu, invero, già lo stesso Delitala, il quale, facendo riferi- mento a quell’elemento normativo del fatto tipico dotato, per dir così, delle maggiori fortune nelle esemplificazioni della dottrina – vale a dire l’altruità della cosa nel furto – ne ammise la funzione descrittiva dell’oggetto materiale della condotta, pur negandone la natura di e- lemento autenticamente normativo, in quanto echtes Rechtswidrigkei- tselement. In questi termini, come correttamente rilevato da parte della dottrina 8, “Delitala ha finito per giustificare l’autonoma consi- derazione teorica di quegli elementi che, a parole, ha negato con fermezza”, riconoscendone la funzione descrittiva di un elemento del fatto tipico. Tale ridimensionamento della tesi contraria all’ammis- sibilità di elementi normativi nel fatto tipico parrebbe, invero, deriva- re dal riconoscimento della funzione dinamica dell’elemento stesso, deputato a descrivere taluno degli elementi del fatto al pari di qua- lunque altra entità fenomenica oggettiva.

Il riconoscimento di un’attitudine descrittiva anche all’elemento normativo ha, invero, radici lontane. A fronte di quella tesi 9 secondo

7 In argomento, L.RISICATO, Gli elementi normativi, cit., 22.

8 Così, G.GATTA, Abolitio, cit., 29.

9 E.WOLF, Die Typen der Tatbestandsmäßigkeit, Breslau, 1931, 50 ss. Invero, i prolegomeni della concezione “classica” del reato vengono fatti risalire al pensiero di K. BINDING, Die Normen und Ihre Übertretung, Eine Untersuchung über die rechtsmäȕige Handlung und die Arten des Delikts, Leipzig, II, 1890, il quale, enucleando il concetto di antigiuridicità, poneva le premesse per una successiva elaborazione di un elemento, per così dire, strutturalmente presup- posto ed antecedente rispetto all’antigiuridicità medesima quale, per l’appunto, il

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Il reato come elemento del reato 18

la quale tutti gli elementi di fattispecie dovrebbero definirsi norma- tivi in quanto ricompresi nella norma medesima e funzionali alla sua interpretazione ed applicazione, Hans Welzel 10 ritenne, in radi- cale controtendenza rispetto alla visione pan-normativa, che, invece, a tutti gli elementi costitutivi del reato potessero essere attribuite funzioni descrittive, fermo restando che il dato di realtà potesse esse- re compreso solamente attraverso la percezione sensibile immediata, laddove la conoscenza dell’elemento normativo veniva subordinata ad una comprensione spirituale mediata dall’opera dell’interprete. Ad una distinzione ontologica fondata sul binomio “valutativo/descrit- tivo” si contrapponeva, dunque, una differenziazione gnoseologica, in quanto legata alle distinte modalità di conoscenza dell’elemento me- desimo.

Sarebbe, tuttavia, fuorviante collocare il pensiero dell’autorevole esponente della dottrina tedesca in termini antitetici rispetto a quella rigida concezione tripartita che, come ricordato poco sopra, si era fermamente opposta all’ammissibilità degli elementi normativi del fatto tipico. Al di là della totale diversità delle soluzioni proposte, parrebbe di potere comunque ritenere che il punto di partenza, rec- tius il retro-pensiero, di entrambe le concezioni fosse il medesimo, vale a dire quello secondo il quale il fatto tipico ospiterebbe soltanto

“dati di realtà”. Il riconoscimento della funzione descrittiva dei nor- mative Tatbestandselemente in quella particolare articolazione del pensiero di Welzel è, infatti, la conseguenza logica dell’aver ricono- sciuto anche negli elementi normativi quel collegamento alla “realtà dell’essere” funzionale a garantirne l’inserimento nel fatto tipico sen- za rischi di “crisi di rigetto” da eccesso di antigiuridicità. Ferma ri- maneva, dunque, e per entrambe le teoriche, la resistenza ad attribui- re una funzione propriamente descrittiva alla norma considerata nel- la sua essenziale forma giuridica, con la consapevolezza che un tale

fatto tipico. Sul “bilancio postumo” del pensiero di Binding ARM.KAUFMANN, Lebendiges und Totes in Bindings Normentheorie. Normlogik und moderne Strafre- chtsdogmatik, Göttingen, 1954.

10 Il pensiero dell’illustre studioso sulla questione mutò sensibilmente nel tempo per accedere a risultati talvolta spiccatamente diversi. Dopo una prospet- tazione generale in H.WELZEL, Naturalismus and Wertphilosophie im Strafrecht, Mannheim, Berlin, Mainz 1935, 74 s., la posizione richiamata nel testo si perfe- zionò nei lavori in materia di errore, ove massima risultava l’attenzione accordata ai temi dei modi e degli effetti della “percezione” dei diversi elementi costitutivi del fatto da parte del soggetto. Così, H.WELZEL, Anmerkung und Urteil des BGH vom 28.10.52, in JZ, 1953, 120. ID., Die Parteiverrat und die Irrtumsprobleme ( Tat- bestands-,Verbots- und Subsumtionsirrtum), in JZ, 1954, 276 ss.

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La natura giuridica del reato-elemento del reato 19

ruolo potesse essere riferito non alla norma in sé e per sé ma sola- mente all’elemento normativo collegato ad un dato “reale”, pur se bi- sognoso della mediazione della “comprensione spirituale” per essere conosciuto e rappresentato.

Sennonché, oltre al tema della svalutazione del puro sostrato normativo dell’elemento, il rischio insito nella sua “materializzazione”

era quello di poter essere esposto alle critiche mosse alla c.d. “conce- zione riduzionistica”, secondo la quale gli elementi normativi del fatto si troverebbero a svolgere quella che è stata autorevolmente 11 definita una forma di descrizione semplificata o sintetica, secondo le direttive di una tecnica legislativa orientata verso la ricerca degli strumenti at- traverso i quali procedere ad una più sintetica designazione del fatto oggetto del divieto, evitando di enunciare tutte le situazioni reali ap- partenenti all’insieme definito normativamente”.

Se, dunque, all’elemento normativo può essere attribuita una fun- zione “descrittiva” ciò non dipende tanto dalla sua “reificazione” quan- to dalla funzione dinamica che la norma in sé può assumere nella fat- tispecie richiamante, senza che sia necessario farla passare attraverso le “forche caudine” del riferimento al predetto “dato di realtà”. Così ri- definito l’elemento normativo, ben potrebbe esserne recuperata la compatibilità con il fatto tipico posto che, pur variando il veicolo della descrizione – costituito dal rinvio ad una norma e non dalla percezione di un dato di realtà – ferma rimarrebbe la fondamentale funzione di delimitare i caratteri di un fatto previsto dalla legge come reato 12. Po- sto che, dunque, anche un elemento normativo possa svolgere una funzione descrittiva e risultare costitutivo di un fatto tipico, prima di concludere nel senso della possibilità di attribuzione di attitudine de- scrittiva agli elementi normativi è, tuttavia, necessario soffermarsi sul- la fondamentale obiezione costituita dal necessario carattere valutativo dell’elemento normativo stesso, in linea con quella primigenia idea che

11 Cfr. F.C.PALAZZO, Il principio di determinatezza nel diritto penale, Padova, 1979, 72. A tal proposito parte della dottrina ha, tuttavia, messo in evidenza come l’equivalenza teorica tra formula normativa ed esemplificazione casistica delle ipotesi riconducibili a quest’ultima sarebbe solo teorica dal momento che “la minuziosa descrizione del dato di fatto (…) non è surrogabile al concetto normativo della fattispecie penale, anche e soprattutto perché ciò trasformerebbe, in linea logica ed in potenza, la portata dell’incriminazione. Così, D.PULITANÒ, L’errore di diritto nella teoria del reato, Milano, 1976, 225.

12 Così, G. RUGGIERO, Gli elementi normativi, cit., 122 ss. Sulle implicazioni generali della questione, M.DONINI, voce Teoria del reato, in Dig. disc. pen., vol.

XIV, Torino, 1999, 221 ss.

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Il reato come elemento del reato 20

aveva giustificato l’ostracismo degli elementi normativamente caratte- rizzati dalla struttura del Tatbestand.

2. Elemento normativo ed elemento valutativo: dall’unione al- la separazione

Come si rilevava poco sopra, perché la funzione dell’elemento normativo del fatto tipico possa definirsi in termini descrittivi ed og- gettivi, e superare l’obiezione di estraneità all’autentica struttura del fatto tipico bisogna affrontare l’ulteriore tema del contenuto della va- lutazione, che il rinvio alla norma parrebbe necessariamente implica- re. Dal modo di impostare il binomio tra normatività e valutatività dell’elemento dipende, infatti, la definizione concettuale e la discipli- na dello stesso.

Pur enfatizzando la funzione descrittiva dell’elemento normativo, non si può negare come rinviare ad una norma non possa equivalere a percepire un dato della realtà fenomenica, essendo l’acquisizione dell’elemento normativo necessariamente mediata dall’interpreta- zione dell’istituto giuridico richiamato. Rileva a tal proposito autore- vole dottrina 13 come, tra gli elementi normativi, debbano essere di- stinti gli elementi normativi autenticamente valutativi da quelli più propriamente definitori, riservando la prima categoria alle clausole di illiceità espressa o speciale e la seconda agli elementi normativi del fatto tipico più “asetticamente”, per così dire, definiti in termini di requisiti strutturali del fatto. A proposito della configurabilità di ele- menti normativi espressivi di un autentico giudizio in termini di illi- ceità, si erano in altro lavoro 14 espresse alcune perplessità in ordine alla piena ed integrale riconducibilità dei c.d. requisiti di illiceità spe- ciale alla categoria degli elementi normativi proprio in ragione della ricordata funzione eminentemente descrittiva dei Tatbestandselemen- te. In particolare, si paventava in quella sede il rischio che, identifi- cando la nozione di valutazione con quella di giudizio in termini di antigiuridicità, si potesse fatalmente ricadere nell’originario vizio di impurità dell’elemento normativo tout court rispetto alla struttura del Tatbestand con conseguenze sistematiche e pratico-applicative di non

13 F.C.PALAZZO, L’errore sulla legge extrapenale, Milano, 1974, 46.

14 G.MORGANTE, L’illiceità speciale nella teoria generale del reato, Torino, 2002, 48 ss.

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