5 cose che non può fare un investigatore privato
Autore: Sabrina Mirabelli | 19/06/2021
Esistono dei limiti all’attività d’indagine di un investigatore privato, il cui superamento costituisce reato.
Da sempre, sei un appassionato lettore di libri gialli. Il thriller è il tuo genere preferito quando devi scegliere un film da vedere in televisione o al cinema.
Proprio per questo, ora che hai deciso di iniziare a lavorare per non dipendere più economicamente da mamma e papà, vorresti intraprendere la professione di investigatore privato. Come fare? Occorre possedere determinati requisiti e ottenere un’apposita licenza prefettizia, che permette di compiere attività di vigilanza e di investigazione o di ricerca per conto di privati.
Come qualsiasi altro professionista, l’investigatore privato può offrire i suoi servizi sul mercato e può soddisfare le richieste dei clienti attraverso la raccolta di dati ed elementi utili in relazione all’incarico che gli è stato conferito. Ci sono, però, 5 cose che non può fare un investigatore privato. Infatti, affinché il suo lavoro possa essere validamente utilizzato in sede legale, è necessario che abbia agito rispettando la legge. La materia è regolata dal D.M. n. 269/2010, che ha delineato i confini dell’operatività nelle investigazioni private. Vediamo allora insieme come si accede a questa professione, cosa può e cosa non può fare un investigatore privato.
Quali sono i requisiti per diventare investigatore privato?
Per diventare investigatore privato bisogna:
possedere una laurea triennale in psicologia a indirizzo forense, scienze politiche, giurisprudenza, economia, sociologia, scienze dell’investigazione o una laurea equipollente;
avere svolto un triennio di praticantato;
avere frequentato corsi di aggiornamento.
Se si è in possesso di questi requisiti, è possibile effettuare la richiesta alla Prefettura territorialmente competente, per ottenere la licenza di pubblica sicurezza, che è personale e assolutamente non cedibile.
Detta licenza non può essere rilasciata a chi è incapace di obbligarsi, non è cittadino italiano o comunitario, ovvero a chi ha riportato condanne penali per delitti non colposi. Altresì, non può essere concessa per il compimento di operazioni che comportano un esercizio di pubbliche funzioni o una limitazione della libertà individuale.
Come si diventa investigatore privato
Il D.M. n. 269/2010 distingue due principali figure di investigatore privato; più precisamente:
investigatore privato titolare d’istituto;
1.
investigatore autorizzato dipendente.
2.
Per diventare investigatore privato titolare di istituto, occorre essere in possesso di un titolo di laurea in psicologia a indirizzo forense, scienze politiche, giurisprudenza, economia, sociologia, scienze dell’investigazione o corsi di laurea equivalenti. Inoltre, è obbligatorio un periodo di almeno tre anni di pratica come dipendente presso un investigatore privato autorizzato da almeno cinque anni.
Infine, sono necessari i corsi di perfezionamento in materia di investigazioni private, organizzati da enti riconosciuti e autorizzati dal ministero dell’Interno.
Per diventare investigatore privato dipendente bisogna essere in possesso di un diploma di scuola media superiore, aver svolto almeno tre anni di pratica continuativa come collaboratore presso un investigatore privato titolare d’istituto autorizzato in ambito civile da almeno cinque anni e avere partecipato a corsi di perfezionamento organizzati da università o da centri di formazione professionale riconosciuti e accreditati presso il ministero dell’Interno – Dipartimento della Pubblica Sicurezza. In alternativa, bisogna avere svolto attività di indagine nei reparti investigativi delle forze di polizia per almeno cinque anni e aver lasciato il servizio da almeno quattro anni, ovviamente senza demerito.
Per aprire una propria agenzia investigativa occorre la licenza di pubblica sicurezza [1] e bisogna iscriversi alla Camera di Commercio.
È possibile anche lavorare come investigatore privato senza diventare titolare di licenza. In questo caso, è sufficiente la qualifica di collaboratore professionale che consente di svolgere incarichi investigativi elementari.
Come sono classificate le attività dell’investigatore privato?
La legge [2] stabilisce una classificazione delle diverse attività di indagine che possono essere compiute da un investigatore privato, ovvero:
investigazioni private, finalizzate all’individuazione e alla raccolta delle informazioni per la tutela di un diritto in sede giudiziaria anche per conto di un privato. Tali indagini possono riguardare l’ambito familiare e matrimoniale (infedeltà coniugale, acquisizione di prove per la richiesta di affidamento dei minori, addebito di separazione e determinazione dell’assegno di mantenimento), quello patrimoniale (recupero del credito e rintraccio del creditore) o la ricerca di persone scomparse;
indagini aziendali e commerciali, indirizzate a tutelare un diritto in sede giudiziaria in relazione tra l’altro ad atti illeciti, concorrenza sleale, infedeltà professionale e tutela di patrimonio, marchi e brevetti, ammanchi e differenze inventariali nel settore commerciale;
indagini assicurative, richieste da privati e dalle stesse società di assicurazioni, anche per la tutela di un diritto in sede giudiziaria, volte a definire la dinamica dei sinistri, la responsabilità professionale e i risarcimenti, al fine di contrastare i tentativi di frode;
indagini difensive, finalizzate all’individuazione e alla raccolta di elementi probatori utili nell’ambito di un procedimento penale [3];
indagini speciali, consistenti in attività previste da decreti ministeriali o da leggi speciali e caratterizzate dalla presenza stabile di personale dipendente presso i locali del committente (vedi i buttafuori).
Cosa può fare l’investigatore privato?
L’investigatore privato può:
effettuare pedinamenti senza, però, causare danno o recare disturbo alla persona pedinata;
utilizzare strumenti elettronici di rilevamento come il localizzatore di Gps satellitare, ad esempio per monitorare gli spostamenti in autovettura della persona pedinata;
scattare fotografie e registrare video ma solo in luoghi pubblici o aperti al pubblico. Perciò, tale attività non può essere compiuta negli spazi abitativi e/o lavorativi ad eccezione degli spazi abitativi esterni come giardini visibili da altre persone;
registrare le conversazioni che avvengono in sua presenza. È legittima anche la registrazione di una conversazione effettuata da una persona che vi prende parte attivamente o che assiste previa
autorizzazione;
effettuare sopralluoghi purché con il consenso del titolare del posto;
raccogliere informazioni, estraendole da documenti che si possono consultare liberamente oppure contenute in pubblici registri;
avvalersi di collaboratori.
5 cose che non può fare l’investigatore privato
Posto che l’investigatore privato nel compimento delle proprie attività d’indagine deve sempre e comunque rispettare la legge, ci sono 5 cose che assolutamente non può fare.
In particolare, l’investigatore privato non può:
mettere sotto controllo il telefono di una persona. Infatti, si tratta di 1.
un’intrusione nella sfera privata del soggetto controllato. Allo stesso modo, non può accedere ai dati di telefonia (ad esempio, all’intestazione dell’utenza telefonica), richiedere i tabulati, conoscere il contenuto degli sms ricevuti ed inviati, spiare le chat private di applicazioni come WhatsApp o Telegram;
effettuare intercettazioni ambientali e telefoniche, nella specie quelle 2.
che avvengono tra altre persone oppure relative a conversazioni tra persone non presenti;
introdursi in luoghi privati senza permesso;
3.
cercare di ottenere informazioni relative ai conti correnti bancari e/o 4.
postali di una persona fisica o giuridica, al di fuori dei casi previsti dalla legge;
effettuare riprese audio/video all’interno di una dimora privata senza 5.
consenso.
Tali condotte sono punite in modo assai severo dalla legge, integrando gli estremi di reato. Spetta solo agli organi inquirenti e previa autorizzazione del magistrato competente, effettuare intercettazioni, utilizzando gli strumenti a disposizione dell’autorità/polizia giudiziaria.
I dati e gli elementi raccolti dall’investigatore privato durante le sue indagini
possono essere utilizzati come mezzi di prova, sia in sede civile sia in sede penale, purché acquisiti nel rispetto della legge.
Note
[1] Art. 134 Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza (T.U.L.P.S.), approvato R.D. n. 773 del 18.06.1931. [2] Art. 5 D.M. 269/20. [3] Art. 222 delle norme di
coordinamento del cod. proc. pen. e Art. 327-bis cod. proc. pen.