• Non ci sono risultati.

1.1 I fanghi: origine e caratteristiche 1. Introduzione

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "1.1 I fanghi: origine e caratteristiche 1. Introduzione"

Copied!
33
0
0

Testo completo

(1)

Figura 1.1. Tipica configurazione impiantistica di un processo a fanghi attivi con denitro - nitro (Lombardi, 2007).

1. Introduzione

1.1 I fanghi: origine e caratteristiche

I fanghi possono essere definiti come una dispersione di solidi in liquidi, tipicamente acqua. Nel caso in studio si parla più precisamente di fanghi prodotti da impianti di depurazione di acque reflue urbane derivanti dalla separazione solido – liquame. Gli impianti di depurazione di acque reflue urbane sono impiantisticamente costituiti dalla linea liquami, ovvero una serie di trattamenti in successione che depurano il liquame e, per gli impianti più grandi, anche dalla linea fanghi che, a mezzo di una serie di processi, ha lo scopo di trattare il fango prodotto nella precedente linea. In Figura 1.1 è rappresentata una tipica configurazione impiantistica della linea liquami di un processo biologico a fanghi attivi con denitro – nitro in cui sono evidenziate le origini dei fanghi.

Dalla Figura 1.1 si evince che i fanghi derivano dai processi di sedimentazione primaria (fanghi primari) e dal sedimentatore finale o secondario che riceve il liquame proveniente dal reattore biologico (fanghi biologici o di supero); i fanghi derivano anche dalla chiariflocculazione e dalla precipitazione chimica (fanghi chimici) che non è rappresentata in figura. Lo schema riportato in Figura 1.1 non è che un esempio, le configurazioni impiantistiche possono infatti essere di molti tipi (presenza o meno della sedimentazione primaria in un impianto a fanghi attivi, impianto di depurazione costituito solo da una sedimentazione primaria effettuata

(2)

con una fossa Imhoff nel caso di piccole comunità, impianti con filtri percolatori, ecc.), ma i possibili tipi di fango prodotti sono solo quelli appena elencati.

Prima di procedere con ulteriori approfondimenti sui fanghi, è opportuno precisare che la separazione solido – liquame all’interno di un impianto di depurazione può dar luogo, oltre ai fanghi, anche alla produzione di materiale grigliato e sabbia (pre – trattamenti mostrati anch’essi in Figura 1.1). Il primo è il materiale solido veicolato dal liquame e intercettato da apposite griglie (anche microgriglie) poste all’ingresso del liquame nell’impianto di depurazione, le sabbie sono invece separate dal liquame con apposite unità di trattamento, dette dissabbiatori (sostanzialmente si tratta di manufatti appositamente dimensionati per farle sedimentare), che si trovano subito a valle delle griglie. Non sempre sono presenti tali pre – trattamenti. Nel proseguo di questo studio, l’interesse è rivolto ai soli fanghi.

Volendo dettagliare maggiormente i vari tipi di fango, si ha che quello primario ha generalmente concentrazioni di inquinanti, sia organici che inorganici, maggiori di quelle caratterizzanti i fanghi biologici (Trulli e Boni, 2007). I fanghi di supero sono composti dai microorganismi viventi (principalmente batteri) che rimuovono la sostanza organica presente nel liquame e dai solidi sospesi (organici e inorganici) apportati dal liquame. Nei processi biologici a biomassa sospesa, tipicamente i fanghi attivi, è indispensabile, in un processo di depurazione a regime, provvedere alla evacuazione di una frazione di fango corrispondente alla crescita cellulare della biomassa e all’accumulo dei solidi sospesi veicolati dal liquame. Nei processi biologici a biomasse adese, tipicamente letti percolatori e biodischi, i fanghi di supero sono costituiti principalmente dalla biomassa morta che si stacca dai supporti e, ancora, dai solidi sospesi portati dal liquame. In entrambi i casi, i fanghi biologici sono attenuti per sedimentazione (secondaria o finale) del liquame immediatamente a valle del trattamento biologico. I fanghi di supero hanno un elevato contenuto di sostanza organica fra cui anche i nutrienti (azoto e fosforo in particolare). I fanghi chimici devono il loro nome ai reattivi chimici (principalmente sali di alluminio, di ferro e polielettroliti) impiegati per l’abbattimento dei solidi sospesi e del fosforo a valle del processo biologico (si parla allora di trattamenti terziari) e, nel caso di liquami misti civili – industriali, per livellare le punte di carico inquinante e rimuovere particolari inquinanti come metalli pesanti (si parla in questo caso di pre - trattamento). Per l’eliminazione del fosforo dai liquami si possono dosare i reattivi anche nelle unità di trattamento biologico e in tal caso si ritrovano nei fanghi di supero.

In Tabella 1.1 (Bonomo, 2008), sono indicati i quantitativi giornalieri pro – capite in peso di produzione di fango (valutazioni effettuate considerando un apporto di BOD pari a 60 grammi per abitante al giorno), l’intervallo (percentuale) di variazione dell’umidità (il valore fra parentesi è quello da assumere in assenza di determinazioni dirette) e i quantitativi giornalieri pro – capite in volume di produzione di fango (valutazioni effettuate considerando le corrispondenti produzioni di fango in peso e il valore medio fra parentesi ) per la sedimentazione primaria, per gli impianti a fanghi attivi con o senza sedimentazione primaria e impianti a letti percolatori.

(3)

Tabella 1.1. Quantitativi giornalieri pro - capite in peso di produzione di fango, intervallo di variazione dell'umidità con fra parentesi il valore da assumere in mancanza di determinazioni dirette e i quantitativi giornalieri pro - capite in volume di produzione di fango per la sedimentazione primaria, per gli impianti a fanghi attivi con o senza sedimentazione primaria e impianti a letti percolatori (Bonomo,2008).

Nella Tabella 1.2 (Metcalf & Eddy, 2006) è invece riportata la composizione chimica generale dei fanghi primari e biologici (impianti a fanghi attivi) non ulteriormente trattati nella linea fanghi.

In merito ai composti inquinanti presenti nei fanghi si rimanda al paragrafo 1.3.2 dove si tratta l’attività di recupero dei fanghi in agricoltura: in tale contesto è infatti fondamentale la conoscenza della composizione dei fanghi, anche da un punto di vista di inquinanti.

Gli impianti di depurazione che trattano una quantità rilevante di liquame sono provvisti anche di una linea fanghi appositamente studiata per il trattamento dei

(4)

Tabella 1.2. Composizione chimica generale dei fanghi primari e biologici (impianti a fanghi attivi) non ulteriormente trattati (Metcalf & Eddy, 2006).

Fanghi primari Fanghi attivi Voce Intervallo di variazione Valore medio Intervallo di variazione Solidi totali (ST) [%] 5 - 9 6 0,8 - 1,2 Solidi volatili [% dei

ST] 60 - 80 65 59 - 88

Oli e grassi [% dei ST] solubili in etere 6 - 30 - - estratto in etereo 7 -35 - 5 - 12 Proteine [% dei ST] 20 - 30 25 32 - 41 Azoto [N, % dei ST] 1,5 - 4 2,5 2,4 - 5 Fosforo [P2O5, % dei ST] 0,8 - 2,8 1,6 2,8 - 11 Potassio [K2O, % dei ST] 0 - 1 0,4 0,5 - 0,7 Cellulosa [% dei ST] 8 - 15 10 - Ferro esclusi i solfuri

[% dei ST] 2 - 4 2,5 -

Silice [SiO2, % dei

ST] 15 - 20 - - pH 5 - 8 6 6,5 - 8 Alcalinità [mg/L come CaCO3] 500 - 1.500 600 580 – 1.100 Acidi organici [mg/L come HAc] 200 - 2.000 500 1.100 – 1.700 Potere calorifico [kj/kg di ST] 23.000 - 29.000 25.000 19.000 – 23.000

fanghi stessi, sia primari che biologici che chimici. In Figura 1.2 è rappresentata la versione completa della composizione impiantistica della linea fanghi (manca il post–ispessimento che si trova dopo la stabilizzazione, ma in effetti non è molto utilizzato) che, in Figura 1.1 , è indicata con la scritta trattamento fango. La stabilizzazione anaerobica e l’essiccamento termico sono previsti solo in impianti che trattano notevoli quantità di liquami. La configurazione impiantistica effettiva della linea fanghi, in relazione anche al tipo di fanghi che si vuole trattare, deve essere attentamente valutata caso per caso, sapendo che l’aspetto economico della sua gestione costituisce un punto importante da valutare, come si vedrà meglio al paragrafo successivo che analizza appunto alcuni questioni economiche.

I processi di ispessimento e il condizionamento con disidratazione meccanica deputati alla riduzione dell’umidità del fango, mentre la stabilizzazione, alla

(5)

Figura 1.2. Versione completa della configurazione impiantistica della linea fanghi (tratta da Lombardi, 2007).

Figura 1.3. Passaggi di formazione dei fanghi con fase finale di smaltimento e/o recupero (tratta da Jones-Lepp e Stevens, 2007).

diminuzione delle sostanze biodegradabili e della carica batterica (quindi diminuzione della putrescibilità e della patogenità). Con l’essiccamento termico si ottengono entrambi gli obbiettivi dei processi sopra detti. Maggiori approfondimenti sui trattamenti in linea fanghi sono riportati al paragrafo 2.3 (Interventi in linea fanghi).

La Figura 1.3 riassume ogni passaggio che porta alla formazione dei fanghi con anche l’aggiunta della fase finale di smaltimento e/o recupero di cui si parlerà al paragrafo 1.3 da un punto di vista normativo e al capitolo 3 per quanto concerne gli l’aspetto tecnico.

(6)

1.2 La gestione dei fanghi di depurazione: aspetti tecnico –

economici

La gestione dei fanghi prodotti da impianti di depurazione di acque reflue civiliè una problematica avvertita in tutti i paesi del mondo (almeno quelli industrializzati e quelli così detti in via di sviluppo). Si sta infatti verificando un aumento delle quantità di fango da gestire le cui cause sono, principalmente, la crescita della popolazione urbana, il miglioramento della qualità della vita umana (livelli di trattamenti richiesti sempre più elevati) e lo sviluppo dell’agricoltura e dell’industria (Shah, 2001) (l’aumento della quantità di fango proveniente da depuratori civili è per lo più dovuta alle prime due cause).

A livello di Comunità Europea, la progressiva attuazione della Direttiva 91/271/CEE (Urban Waste Water Treatment Directive), concernente il trattamento delle acque reflue urbane comporta un costante aumento dei quantitativi di fanghi originati dai processi di depurazione. Tale direttiva impone infatti agli Stati Membri l’adozione di adeguati impianti di depurazione per agglomerati con un numero di abitanti equivalenti maggiore di 2.000 e limiti depurativi più spinti. Un’analisi eseguita dalla Commissione Europea nel 1999 (il primo report e, attualmente, l’unico che fornisce dati a livello europeo sull’implementazione della Direttiva 91/271/CEE) ha fornito i risultati riportati in Tabella 1.3 e nel grafico di Figura 1.4. Per l’anno 1998 e per quelli antecedenti, i risultati sono ricavati da indagini sulle reali produzioni di fango di ogni Stato Membro (ad eccezione di Italia e Svezia che non hanno fornito dati), mentre per gli anni successivi i risultati sono ottenuti da proiezioni. La produzione di fanghi nel 1992 è stata di circa 5,5 milioni di tonnellate di sostanza secca e per il 2005 era previsto un aumento del 51%. Da un punto di vista della destinazione finale, col passare del tempo la tendenza è quella che vede un incremento dei quantitativi di fango destinati all’agricoltura e all’incenerimento e un decremento delle quantità destinate alla discarica.

Per una migliore comprensione del problema fango su scala mondiale sono utili le seguenti stime:

 ogni giorno in Korea sono prodotte 4.000 tonnellate di fango tal quale (Kim

et al., 2005). Questo significa un produzione annua di 1.460.000 tonnellate di fango tal quale;

 negli Stati Uniti sono spesi annualmente più di 2 miliardi di dollari per

gestire approssimativamente 5 – 7 milioni di tonnellate di fango secco proveniente da oltre 13.000 impianti di depurazione di acque reflue civili (Meeroff, 2001);

 in Cina si può stimare per l’anno 2005 una produzione di 3,5 milioni di

tonnellate di fango secco (Jianlong e Jiazhuo, 2007).

Il trattamento e la gestione dei fanghi di depurazione è ad oggi una delle maggiori problematiche ambientali e costituisce una notevole porzione dei costi necessari al funzionamento degli impianti di depurazione (Jianlong e Jiazhuo, 2007).

(7)

0 500 1000 1500 2000 2500 3000 3500 4000 4500 5000 Q u an ti ta ti vi d i fa n go [ m ig lii a d i td s/ an n o ] 1992 1995 1998 2000 2005

Surface water Reuse Landfill Incineration Other

Anche a livello nazionale si pone il problema di un’efficiente gestione dei fanghi di depurazione provenienti dai depuratori civili. Alcuni dati di inquadramento del problema: nella Tabella 1.4 sono riportate solo le percentuali dei quantitativi di fango indirizzate alle possibili destinazioni finali stimate dal Ministero Tabella 1.3. Produzione e destinazione finale (espresse in migliaia di tonnellate di solidi secchi) dei fanghi prodotti in impianti di depurazione di acque reflue urbane a livello europeo (tratta da Magoarou, 1999).

Figura 1.4. Andamento dei quantitativi di fango prodotti in impianti di depurazione di acque reflue urbane a livello europeo in funzione della destinazione finale.

(8)

Tabella 1.5. Dati acquisiti dal Ministero dell'ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare per gli anni 2001, 2002 e 2003.

dell’Ambiente (2001), la Tabella 1.5 mostra i dati acquisiti dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare per gli anni 2001, 2002 e 2003 ed infine, nella Tabella 1.6, sono riportate le quantità e le percentuali inviate verso le potenziali destinazioni finali ricavate da indagini svolte nel biennio 2003 - 2004 (Ministero dell’Ambiente della Tutela del Territorio, 2005).

Tabella 1.4. Percentuali dei quantitativi di fango indirizzate alle possibili destinazioni finali stimate dal Ministero dell’Ambiente (2001).

Destinazione finale Percentuale Discarica 46% Incenerimento 3% Compostaggio 15% Agricoltura 36%

Confrontando la Tabella 1.6 con la Tabella 1.4, si nota principalmente la diminuzione del ricorso alla discarica, l’aumento dell’incenerimento e la riduzione del riutilizzo in agricoltura. La voce Riutilizzo diverso da agricoltura della Tabella 1.6 esprime probabilmente l’attività di compostaggio che, se così fosse, registra un aumento rispetto a quanto riportato in Tabella 1.4. Le percentuali che si ricavano dalla Tabella 1.5 sull’utilizzo dei fanghi in agricoltura sono dell’ordine del 30% e

(9)

884.964 942.761 905.336 1.140.890 0 200.000 400.000 600.000 800.000 1.000.000 1.200.000 P ro d u zi o n i d i fa n go [ td s/ an n o ] 2001 2002 2003 2004

Figura 1.5. Quantità di fanghi prodotti in Italia negli anni dal 2001 al 2004 compresi.

confermano quindi il corrispondente dato di Tabella 1.6. Il grafico di Figura 1.5 riporta le quantità di fanghi prodotte negli anni 2001, 2002, 2003 e 2004 (i dati sono

Tabella 1.6. Quantità e percentuali dei fanghi inviate verso le potenziali destinazioni finali ricavate da indagini svolte nel biennio 2003 – 2004 (Ministero dell’Ambiente della Tutela del Territorio, 2005).

Destinazione finale Quantità [tds/anno] Percentuali

Discarica 382.982 33% Incenerimento 60.325 5% Agricoltura 344.016 30% Riutilizzo diverso da agricoltura 269.686 26% Altro 83.881 6% Totale quantità: 1.140.890

ricavati dalla Tabella 1.5 e dalla Tabella 1.6 per l’anno 2003 il dato è tratto dalla prima di queste tabelle che risulta più attendibile essendo riferito precisamente a tale anno piuttosto che alla media del biennio 2003 – 2004 come in Tabella 1.6). Tenendo conto che gli anni di cui sono disponibili le produzioni di fango sul territorio nazionale sono solamente quelli riportati nel grafico di Figura 1.5, è possibile comunque osservare una crescita della produzione: nell’anno 2004 l’aumento è di ben il 29% rispetto al 2001.

Parallelamente all’aumento della produzione di fanghi, le normative di vari paesi si stanno orientando verso maggiori restrizioni sul riutilizzo dei fanghi in agricoltura (per questioni di salvaguardia ambientale e di salute della popolazione) e sullo smaltimento in discarica (rientra nel più generale intento di ridurre le quantità di rifiuti organici da conferirvi). Dato quindi l’aumento delle produzioni e maggiori restrizioni sulla destinazione finale, si comprende come sia necessaria un’efficiente gestione dei fanghi per poter minimizzare i costi che comportano. Vergine e Canziani (2007) stimano che a causa delle normative più restrittive sulla

(10)

Agricoltura Compostaggio Essiccamento Incenerimento Discarica 0 200 400 600 800 1000

Costo conferimento fango[EUR/tds]

destinazione dei fanghi (riducono la scelta delle destinazioni presenti sul mercato) vi è un notevole aumento dei costi connessi alla gestione dei fanghi che si avvicinano al 50% della spesa dell’intero trattamento di depurazione delle acque reflue. E’ di seguito riportata una stima dei costi (Braguglia, 2006) delle principali destinazioni finali dei fanghi e anche dell’essiccamento (non è da considerare una destinazione finale, ma bensì un trattamento dei fanghi immediatamente precedente):

 utilizzo in agricoltura: 150 - 400 Euro/tds;  compostaggio: 250 - 600 Euro/tds;

 essiccamento: 300 - 800 Euro/tds;  incenerimento: 450 - 800 Euro/tds;  discarica: 200 - 600 Euro/tds.

Il grafico di Figura 1.6 aiuta il confronto fra le diverse stime economiche.

Come si nota, la destinazione finale dell’incenerimento è quella che richiede un maggior investimento economico, ma non è specificato nella stima se si tratta di incenerimento dei soli fanghi o anche co-combustione con i rifiuti urbani.

I casi di studio che saranno esaminati in questa Tesi riguardano i comprensori della Garfagnana, della Media Valle e della Valdinievole: i primi due fanno parte dell’Ambito Territoriale Ottimale 1 (ATO 1) della Regione Toscana il cui Gestore del Servizio Idrico Integrato è l’azienda GAIA S.p.A., mentre il terzo è ancora in Toscana, ma è all’interno dell’ATO 2 il cui Gestore del Servizio Idrico Integrato è l’azienda Acque S.p.A. In merito alla Regione Toscana, sono interessanti i dati pubblicati sulla situazione attuale delle quantità e dei costi sostenuti per la gestione di fanghi (Patto Regione Toscana – Cispel Confservizi Toscana, 2007) che sono di seguito riassunti (sono validi per l’anno 2005):

 i Gestori degli impianti di depurazione civili degli Ambiti Toscani

attualmente producono circa 120.000 tonnellate di fanghi (non è specificata Figura 1.6. Stima dei costi (Braguglia, 2006) delle principali destinazioni finali dei fanghi e anche dell’essiccamento (non è da considerare una destinazione finale, ma bensì un trattamento dei fanghi immediatamente precedente).

(11)

l’umidità, ma probabilmente, vista l’entità, si tratta di sostanze secca) provenienti dagli oltre 600 impianti di depurazione di acque reflue urbane;

 le destinazioni finali dei fanghi prodotti sono l’agricoltura (50%), il

compostaggio (35%) e la discarica (15%);

 il costo complessivo annuo per le operazioni di trasporto e smaltimento

finale dei fanghi effettuato da ditte private, è pari a circa 8 milioni di Euro a cui se ne devono aggiungere altri 3 per il trasporto dei fanghi liquidi dagli impianti di piccole dimensioni a quelle di maggiore potenzialità e dotati di macchine per la disidratazione del fango.

Dai dati appena riportati risulta che la Toscana ha percentuali di riutilizzo dei fanghi in agricoltura nell’ordine del 50%, quindi ben al di sopra della media nazionale (30% da quanto si ricava nella Tabella 1.6). Anche il compostaggio riveste un ruolo sicuramente importante, mentre la discarica ha una bassa percentuale di sfruttamento. Non è stimato nessun quantitativo di fanghi inviato all’incenerimento.

A conclusione di questo paragrafo, si ribadisce come la gestione dei fanghi prodotti da impianti di depurazione di acque reflue urbane sia un argomento attuale di notevole importanza. L’aumento delle quantità prodotte e le norme più restrittive sulle possibili destinazioni finale fanno si che i fanghi comportino sempre più maggiori costi per la loro gestione. Da qui nasce l’esigenza di pianificare ed ottimizzare la filiera di trattamento dei fanghi comprensiva dell’attività di recupero e/o di smaltimento ed è ciò a cui si vuol contribuire con questo studio.

1.3 La gestione dei fanghi di depurazione: aspetti normativi

1.3.1 Evoluzione storica della normativa a livello europeo

Nel corso degli anni l’Unione Europea ha approvato un certo numero di direttive riguardanti il trattamenti dei rifiuti (e di conseguenza dei fanghi di depurazione) che sono di seguito elencate:

 fin dal 1975 la Direttiva 91/156/EEC sui rifiuti richiedeva agli Stati Membri

di trattare i rifiuti in modo tale da disincentivare la produzione ed incoraggiare lo smaltimento ecocompatibile;

 la Direttiva 82/278/EEC sui fanghi di depurazione incoraggia l’utilizzo dei

fanghi in agricoltura, regolamentandolo però in modo tale da prevenire ogni possibile effetto negativo su suolo, vegetazione, animali e popolazione. In base a questo principio, è proibito l’utilizzo diretto di fango non trattato, a meno che esso non venga iniettato nel terreno. Inoltre nella Direttiva 93/31/EC con il termine fango trattato è definito il fango di depurazione che è stato sottoposto a trattamenti biologici, chimici o termici, a stoccaggio a lungo termine o ad ogni altro processo appropriato in modo tale da ridurne significativamente la fermentiscibilità ed i rischi per la salute derivanti dal suo utilizzo;

(12)

 la Direttiva 91/156/EEC su rifiuti pericolosi stabilisce nel 1991 le regole per

il trattamento di questo tipi di rifiuti;

 la Direttiva 91/271/EEC sui Reflui Urbani ed il suo emendamento Direttiva

98/15/EEC, entrata in vigore nell’anno 2005, fissa standard di qualità più stringenti per i reflui acquosi. L’articolo 14 è quello che principalmente interessa i fanghi di depurazione. In esso si dichiara che i fanghi derivanti dai trattamenti dei reflui acquosi devono essere riutilizzati ogniqualvolta possibile. Inoltre esso obbliga gli Stati Membri ad assicurare che a partire dal 31 Dicembre 1998 lo smaltimento dei fanghi nelle acque superficiali sia proibito;

 l’Unione Europea fissa l’obbiettivo di riduzione della produzione di diossine

del 90% fra il 1985 ed il 2000. Una nuova direttiva, approvata nel 2000 ed entrata in vigore nel 2005, limita il livello di diossine ammesso a seguito del processo di incenerimento (Fytili e Zabaniotou, 2008);

L’obbiettivo europeo di riduzione dello smaltimento finale dei rifiuti rispetto a quanto smaltito nel 2000 è pari rispettivamente al 20% nel 2010 ed al 50% nel 2050 (Lundin et al., 2004). Per poter raggiungere questo obbiettivo, è stata delineata una strategia basata sulle seguenti priorità (Fytili e Zabaniotou, 2008) :

 prevenzione della produzione dei rifiuti;

 recupero attraverso il riutilizzo, il riciclo, il recupero energetico;  miglioramento delle condizioni di trattamento;

 regolamentazione del trasporto.

Infine sono state redatte le seguenti direttive europee attraverso l’implementazione della tecnica di gassificazione come via di produzione di energia (Fytili e Zabaniotou, 2008):

 legislazione concernente i limiti di emissione di singoli impianti/processi e

anche gli standard di qualità del combustibile in cui viene limitato il contenuto di certi tipi di composti;

 limiti di emissione a livello nazionale;

 legislazione relativa alle concentrazioni limite per la qualità dell’aria

localmente (spesso riguardanti il singolo impianto o processo);

 concentrazioni limite per la qualità dell’aria a livello nazionale o europeo,

attraverso l’imposizione di livelli di soglia da rispettare (standard di qualità dell’aria).

1.3.2 Inquadramento nel D. Lgs. 03/04/2006 n. 152

Il decreto di riferimento in ambito nazionale per la gestione dei rifiuti è il D. Lgs. 03/04/2006 n. 152 (Norme in materia ambientale) che alla parte quarta, titolata Norme

(13)

in materia di gestione dei rifiuti e di bonifica dei siti inquinati, disciplina in modo completo la gestione dei rifiuti.

All’art. 127 (Fanghi derivanti dal trattamento delle acque reflue) del medesimo decreto (parte terza, Norme in materia di difesa del suolo e lotta alla desertificazione, di tutela delle acque dall’inquinamento e di gestione delle risorse idriche) è espressamente dichiarato che i fanghi di depurazione di acque reflue costituiscono dei rifiuti: “i fanghi derivanti dal trattamento delle acque reflue sono sottoposti alla disciplina dei rifiuti, ove applicabile”.

Nel seguito di questo paragrafo sono esaminati alcuni aspetti fondamentali della parte quarta del D. Lgs. 152/06 applicati al caso dei fanghi di depurazione di acque reflue; gli articoli e gli allegati citati sono quindi sempre riferiti a tale parte del decreto.

I rifiuti sono classificati secondo un elenco europeo dei rifiuti che viene periodicamente aggiornato sulla base delle nuove conoscenze ed in particolare da quelle prodotte dall’attività di ricerca. Ogni rifiuto compreso nell’elenco, riportato nell’Allegato D, ha un proprio codice CER (Codice Europeo Rifiuti) composto da 6 cifre. Per quanto concerne i fanghi di depurazione di acque reflue prodotti dagli impianti di depurazione civile, gli specifici tipi di fango che si possono definire sono i seguenti:

 CER 19 08 05: fanghi prodotti dal trattamento delle acque reflue urbane;  CER 20 03 04: fanghi delle fosse settiche.

Ai fini di una corretta interpretazione del codice CER, si evidenzia che le prime due cifre del codice indicano la fonte che da origine al rifiuto, le seconde due cifre specificano una sottocategoria della fonte del rifiuto ed infine con le ultime due cifre è indicato lo specifico rifiuto. Analizzando quindi le prime quattro cifre del codice del primo tipo di fango si ha:

 19: rifiuti prodotti da impianti di trattamento dei rifiuti, impianti di

trattamento delle acque reflue fuori sito, nonché dalla potabilizzazione dell’acqua e dalla sua preparazione per uso industriale;

 08: rifiuti prodotti dagli impianti per il trattamento delle acque reflue, non

specificati altrimenti.

Analogamente per il secondo tipo di fango:

 20: rifiuti urbani (rifiuti domestici e assimilabili prodotti da attività

commerciali e industriali nonché dalle istituzioni) inclusi i rifiuti della raccolta differenziata;

 03: altri rifiuti urbani.

All’art. 184 (Classificazione) comma 3 lettera g, i fanghi di depurazione di acque reflue vengono classificati in base all’origine come rifiuti speciali, mentre per le caratteristiche di pericolosità si rimanda all’Allegato D per tutti i tipi di rifiuto. In tale Allegato sono elencati i rifiuti con il proprio codice CER e quelli contrassegnati da un asterisco sono da considerare pericolosi. Diverse tipologie di rifiuto sono

(14)

classificate, già all’origine, come pericolose o non pericolose, mentre per altre è prevista una voce speculare in funzione della concentrazione di sostanze pericolose da determinarsi mediante opportune verifiche analitiche (i rifiuti pericolosi sono individuati in base agli allegati G, H e I: l’Allegato H individua i costituenti che rendono pericolosi i rifiuti individuati nelle categorie dell’Allegato G quando questi presentino le caratteristiche di pericolo di cui all’Allegato I). I fanghi non sono considerati rifiuti pericolosi.

Il concetto di fondamentale importanza espresso dal D. Lgs. 152/06 nella parte quarta, valevole per i rifiuti in generale, è che i soggetti interessati devono in via prioritaria promuovere azioni per la prevenzione e la riduzione della produzione e della nocività dei rifiuti (art. 179 - Criteri di priorità nella gestione dei rifiuti e art. 180 - Prevenzione della produzione di rifiuti) ed in secondo luogo adottare misure per il recupero dei rifiuti (art. 179 e art. 181 - Recupero dei rifiuti). Di conseguenza lo smaltimento dei rifiuti è considerato all’ art. 182 (Smaltimento rifiuti) come “la fase residuale della gestione dei rifiuti, previa verifica, da parte della competente autorità, della impossibilità tecnica ed economica di esperire le operazioni di recupero di cui all’art. 181”. Sempre nel predetto articolo, è specificato che i rifiuti indirizzati allo smaltimento devono essere il più possibile ridotti in massa e volume.

Al fine di precisare il significato di recupero e smaltimento rifiuti, si riportano le definizioni indicate all’art. 183 (Definizioni):

 “Smaltimento: ogni operazione finalizzata a sottrarre definitivamente una

sostanza, un materiale o un oggetto dal circuito economico e/o di raccolta e, in particolare, le operazioni previste nell’Allegato B alla parte quarta del presente decreto;”;

 “Recupero: le operazioni che utilizzino rifiuti per generare materie prime

secondarie, combustibili o prodotti, attraverso trattamenti meccanici, termici, chimici o biologici, incluse la cernita o la selezione, e, in particolare, le operazioni previste nell’Allegato C alla parte quarta del presente decreto;”. Gli allegati B e C richiamati nelle definizioni sopra elencano, rispettivamente, le operazioni di smaltimento e recupero così come avvengono nella pratica: le prime sono distinte da un codice che riporta la lettera D seguita da un numero (ad esempio D6: Scarico dei rifiuti solidi nell’ambiente idrico eccetto l’immersione), analogamente le seconde sono contrassegnate dalla lettera R seguita da un numero (ad esempio R4: Riciclo/recupero dei metalli e dei composti metallici).

Anche i fanghi non sono quindi esclusi dal modo di agire che privilegia in primo luogo la riduzione degli stessi (in quantità e nocività) e in seconda battuta il loro recupero, rilegando così lo smaltimento ad una operazione residuale.

Trattando la questione della prevenzione e della riduzione della produzione e quella della nocività del rifiuto fango da un punto di vista ingegneristico, soprattutto per quanto riguarda la produzione, è possibile operare direttamente sugli impianti di depurazione con interventi tecnici/gestionali. La nocività dei fanghi e quindi il contenuto di sostanze inquinanti non dipende in modo sostanziale dagli impianti di depurazione, salvo l’uso di particolari reattivi chimici, ma principalmente dal livello di inquinamento delle acque reflue che vi giungono. Nel capitolo 2 (Soluzioni tecniche

(15)

per la minimizzazione della produzione dei fanghi) sono analizzate le tecnologie che permettono la riduzione della produzione di fanghi.

Per il recupero dei fanghi di depurazione, utilizzando le precedenti definizioni di cui all’art. 183 e la codifica dell’Allegato C alle operazioni di recupero, si elencano, suddivise in base a cosa e come si recupera, le varie possibilità che più frequentemente possono essere attualmente perseguite nella pratica:

 attività finalizzate al solo recupero di materia:

• riutilizzo agronomico o generalmente sul suolo (R10), eventualmente previo compostaggio (R3);

 trattamenti termici per il solo recupero di energia:

• in impianti per la combustione dei soli fanghi di depurazione (R1);

• in impianti per la combustione di rifiuti urbani (R1);

• pirolisi/gassificazione (R1);

• in impianti per la produzione di cemento (R1);

 trattamenti termici con recupero di energia e di materia:

• in impianti per la produzione di asfalto (R1 e R11);

• in impianti per la produzione di laterizi (R1, R4 e R5);

• inertizzazione termica/ceramizzazione (R1, R4 e R5);

 trattamenti biologici per il solo recupero di energia:

• digestione e co-digestione anaerobica con altri substrati organici (R3). Si esplicitano i codici sopra indicati per le operazioni di recupero:

 R1: utilizzazione principale come combustibile o come altro mezzo per

produrre energia;

 R3: riciclo/recupero delle sostanze organiche non utilizzate come solventi

(comprese le operazioni di compostaggio e altre trasformazioni biologiche);

 R4: riciclo/recupero dei metalli e dei composti metallici;  R5: riciclo/recupero di altre sostanze inorganiche;

 R10: spandimento sul suolo a beneficio dell’agricoltura o dell’ecologia;

 R11: utilizzazione di rifiuti ottenuti da una delle operazioni indicate da R1 a

R10.

Nei paragrafi dal 1.3.3 al 1.3.6 è esaminata la normativa in materia di riutilizzo agronomico, compostaggio, incenerimento, incenerimento, digestione e co-digestione anaerobica dei fanghi di depurazione.

Nel capitolo 3 (Opzioni di recupero) sono invece discusse le principali questioni tecniche inerenti a ogni singola attività di recupero (ad eccezione della digestione anaerobica discussa al paragrafo 2.3.2).

(16)

Passando infine agli smaltimenti possibili dei fanghi di depurazione, si ha che l’unico possibile è la discarica che secondo l’Allegato B è così classificata: deposito sul o nel suolo (a esempio discarica), codice D1

Al paragrafo 1.3.7 è esaminata la normativa che disciplina le discariche con particolare riferimento al caso dei fanghi di depurazione di acque reflue.

1.3.3 Normativa sul riutilizzo dei fanghi in agricoltura

Il riutilizzo diretto dei fanghi biologici deve avvenire nel rispetto degli ecosistemi interessati e dell’eventuale catena alimentare sostenuta dalle produzioni agricole ottenute dai suoli coinvolti da tale riutilizzo (Collivignarelli et al., 2004). Risulta pertanto di fondamentale importanza l’esistenza di norme che disciplinino tale riutilizzo, con particolare riferimento ai seguenti aspetti tecnici (Collivignarelli et al., 2004):

 caratteristiche dei fanghi;  caratteristiche dei suoli;  limitazioni d’uso;

 modalità di riutilizzo.

La normativa nazionale vigente sul riutilizzo agronomico è costituita dal D. Lgs. 27/01/1992 n. 99 (Attuazione della direttiva 86/278/CEE concernente la protezione dell’ambiente, in particolare del suolo, nell’utilizzazione dei fanghi di depurazione in agricoltura). Vengono di seguito esaminati gli aspetti di maggior interesse del decreto legislativo sopra citato ai fini del presente lavoro di Tesi.

Dall’art. 3 (Condizioni per l’utilizzazione) si ricavano le condizioni che devono soddisfare i fanghi di depurazione affinché possano essere riutilizzati:

 devono essere trattati;

 devono avere un effetto concimante e/o ammendante e correttivo del

terreno;

 non devono contenere sostanze tossiche e nocive e/o persistenti e/o

accumulabili in concentrazioni dannose per il terreno, per le colture, per gli animali, per l’uomo e per l’ambiente in genere;

 le loro caratteristiche qualitative, insieme a quelle dei suoli, devono

soddisfare determinati limiti;

 devono esser applicati su e/o nei suoli in dosi non superiori a 15 t/ha di

sostanza secca nel triennio purché i suoli abbiano determinate caratteristiche in termini di C.S.C. (capacità di scambio cationico) e di pH;

 possono essere utilizzati quali componenti di substrati artificiali di colture

floricole su bancali in determinate condizioni se:

• i fanghi sono disidratati con un tenore massimo di umidità del 80%;

(17)

• la quantità di fango impiegata risulta inferiore al 20%;

In merito a tali condizioni sono utili alcuni approfondimenti: innanzitutto al primo punto si dice che i fanghi devono essere trattati e all’art. 2 (Definizioni) lettera b viene data la seguente definizione di fanghi trattati: “i fanghi sottoposti a trattamento biologico, chimico o termico, a deposito a lungo termine ovvero ad altro opportuno procedimento, in modo da ridurre in maniera rilevante il loro potere fermentiscibile e gli inconvenienti sanitari della loro utilizzazione”. E’ questo un punto debole e di poca chiarezza della normativa poiché è una definizione troppo generica che favorisce applicazioni di fanghi formalmente idonei, ma tecnicamente non adeguatamente stabilizzati (Collivignarelli et al., 2004). Nel proseguo, parlando degli sviluppi normativi futuri, si vedrà come tra le principali indicazioni previste nell’attuale documento bozza redatto per la predisposizione della nuova direttiva comunitaria (CEE 2000, Working document on sludge, 3rd draft), vi sia proprio una definizione più precisa sui tipi di trattamento che devono subire i fanghi per poter essere riutilizzati.

Le caratteristiche qualitative citate al quarto punto che devono rispettare i suoli e i fanghi sono definite, rispettivamente, negli allegati IA e IB del decreto in esame; è riportata la Tabella 1.7 e la Tabella 1.8 che mostrano i valori massimi di concentrazione di metalli pesanti, nell’ordine, nei suoli agricoli e nei fanghi di depurazione destinati al riutilizzo.

Tabella 1.7. Valori massimi di concentrazione di metalli pesanti [mg/Kg SS] nei suoli agricoli destinati all'utilizzazione dei fanghi di depurazione (Allegato IA D. Lgs. 99/92)

Metalli pesanti Valore limite

Cadmio 1,5 Mercurio 1 Nichel 75 Piombo 100 Rame 100 Zinco 300

Tabella 1.8. Valori massimi di concentrazione di metalli pesanti [mg/Kg SS] nei fanghi destinati all’utilizzazione in agricoltura (Allegato IB al D. Lgs. 99/92)

Metalli pesanti Valore limite

Cadmio 20 Mercurio 10 Nichel 300 Piombo 750 Rame 1000 Zinco 2500

(18)

Vi è da segnalare che contrariamente alla Direttiva 86/278/CEE che ha ispirato il decreto legislativo in esame, non sono previste deroghe per il contenuto di metalli in terreni sub basici (in tali terreni la mobilità dei metalli pesanti è inferiore). Questo fatto determina l’impossibilità di smaltire fanghi in terreni aventi concentrazioni superiori ai limiti per cause naturali, con valori assoluti modesti e tali da non comportare nessun pericolo ambientale (Braglia et al., 1994). Nella Tabella 1.9 sono riportati i limiti per le caratteristiche agronomiche e microbiologiche che devono rispettare i fanghi destinati al riutilizzo.

Tabella 1.9. Caratteristiche agronomiche e microbiologiche che devono essere rispettate dai fanghi di depurazione destinati all’utilizzazione in agricoltura (Allegato IB al D. Lgs. 99/92)

Componenti Valore limite Carbonio organico 20 [min % SS] Fosforo totale 0,4 [min % SS] Azoto totale 1,5 [min % SS]

Salmonella 10³ [max MPN/gSS] Vi sono anche dei divieti espliciti dettati dall’art. 4 (Divieti):

 è vietata l’utilizzazione di fanghi tossico nocivi (così come definiti dal D.P.R.

10/09/82 n. 915 con le concentrazioni limite stabilite nella delibera del 27 luglio 1984), anche se miscelati e diluiti con fanghi idonei al riuso;

 è vietata l’applicazione di fanghi nei terreni:

• allagati, soggetti a esondazione e/o inondazioni naturali, acquitrinosi o con falda acquifera affiorante o con frane in atto;

• con pendenza superiore il 15%, limitatamente a fanghi aventi un contenuto di sostanza secca inferiore il 30%;

• con pH inferiore a 5,0;

• con C.S.C. inferiore a 8 meq /100 g;

• destinati a pascolo, a prato pascolo, a foraggiere, anche in consociazione con altre colture, nelle 5 settimane antecedenti il pascolo o la raccolta;

• destinati all’orticoltura o frutticoltura i cui prodotti sono normalmente a contatto diretto con il terreno e sono di norma consumati crudi, nei 10 mesi precedenti il raccolto;

• quando è in atto una coltura ad eccezione di quelle arboree;

• quando è stato accertato un pericolo per la salute degli uomini e/o degli animali e/o per la salvaguardia dell’ambiente;

 è vietata l’applicazione dei fanghi liquidi con la tecnica dell’irrigazione a

pioggia, sia per i fanghi tal quali che per quelli diluiti con acqua.

Gli articoli 3 e 4 del D. Lgs. n. 99/92 sono quelli di maggior interesse per valutare la possibilità del riutilizzo agronomico dei fanghi in un determinato

(19)

contesto territoriale, ma è fondamentale a questo punto considerare gli sviluppi normativi a livello europeo che potrebbero sconvolgere l’attuale sistema di recupero dei fanghi attraverso questa forma di riutilizzo.

E’ infatti in corso di revisione la normativa della Comunità Europea a fronte di una crescente spinta a ridurre sempre più i possibili rischi per l’ambiente e per l’uomo. In particolare si discutono qui le principali indicazioni previste nell’attuale documento bozza redatto per la predisposizione della nuova direttiva comunitaria (CEE 2000, Working document on sludge, 3rd draft).

Questa proposta individua per la prima volta una classificazione (trattamenti avanzati e convenzionali) dei possibili trattamenti a cui sottoporre i fanghi per consentire il loro riutilizzo e, inoltre, a seconda dell’uso del suolo, specifica quale tipo di trattamento è ammesso. Seguono gli elenchi dei trattamenti avanzati e di quelli convenzionali.

 Processi avanzati di stabilizzazione/disinfezione:

• essiccamento termico, assicurando che la temperatura delle particelle di fango sia più elevata di 80 °C con conseguente riduzione del contenuto d’acqua a valori inferiori al 10%;

• stabilizzazione aerobica termofila a temperatura di almeno 55 °C per 20 ore in discontinuo, evitando il mescolamento e lo scarico nel corso del trattamento;

• digestione anaerobica termofila a temperatura di almeno 53 °C per 20 ore in discontinuo, evitando il mescolamento e lo scarico nel corso del trattamento;

• trattamento termico del fango liquido per almeno 30 minuti a 70 °C seguito da digestione anaerobica a 35 °C con tempo di permanenza di almeno 12 giorni;

• condizionamento con calce in modo da raggiungere un pH di almeno 12 e mantenendo la temperatura di almeno 55 °C per due ore;

• condizionamento con calce in modo da raggiungere e mantenere un pH di almeno 12 per tre mesi.

Il processo avanzato deve essere inizialmente validato in riferimento all’abbattimento della Salmonella Senftenberg W 775 che deve essere pari ad almeno 6 unità logaritmiche. Il fango trattato non deve contenere Salmonella spp in 50 g di peso secco ed il trattamento deve comunque essere idoneo a raggiungere un abbattimento di almeno 6 unità logaritmiche di Escherichia Coli che può essere presente in concentrazione non superiore a 500 CFU/g.

 Processi convenzionali:

• stabilizzazione aerobica termofila a temperatura di 55 °C per un tempo pari ad almeno 20 giorni;

• digestione anaerobica termofila a temperatura di 53 °C per un tempo pari ad almeno 20 giorni;

(20)

• condizionamento con calce assicurando un’omogeneizzazione di fango e calce. La miscela deve raggiungere un pH pari a 12, che deve essere mantenuto per un periodo compreso fra 12 e 24 ore;

• digestione anaerobica mesofila a temperatura di 35 °C con un tempo di permanenza pari ad almeno 15 giorni;

• aerazione prolungata, a temperatura ambiente, in discontinuo, evitando ogni mescolamento o scarico nel corso del trattamento;

• stabilizzazione aerobica prolungata, a temperatura ambiente (la durata del trattamento è fissata dall’autorità di controllo che tiene in considerazione le condizioni climatiche locali);

• stoccaggio del fango liquido a temperatura ambiente in discontinuo, evitando ogni mescolamento o scarico nel corso del trattamento. Tale trattamento deve conseguire un abbattimento pari almeno a 2Log10 di Escherichia Coli.

Nella Tabella 1.10 sono riportate le modalità di trattamento per il riuso dei fanghi al variare dell’uso dei suoli.

Tabella 1.10. Modalità di trattamento previsto per il riuso dei fanghi al variare dell'uso dei suoli (CEE 2000).

Uso del suolo Processo avanzato Processo convenzionale

Pascolo si

si, iniezione profonda e vietato il pascolo nelle 6 settimane successive

Foraggiere si

si, vietato il raccolto nelle 6 settimane successive all’applicazione

Terreni arabili si si, iniezione profonda e immediato interramento

Frutta e vegetali in contatto con

il terreno si

si, la raccolta non è consentita nei 12 mesi successivi all’applicazione Frutta e vegetali in contatto con

il terreno e mangiati crudi si

si, la raccolta non è consentita nei 30 mesi successivi all’applicazione Alberi da frutta, vigneti e vivai

di piante e riforestazione si

si, iniezione profonda e vietato l’accesso al pubblico per i 10 mesi successivi l’applicazione

Parchi, aree verdi, giardini, tutte le aree urbane dove è consentito l’accesso al pubblico

si, solo la fango ben stabilizzato e privo di odori

no

Foreste no no

Recupero dei suoli si si, vietato l’accesso al pubblico per i 10 mesi successivi l’applicazione

La classificazione impiantistica proposta prevede trattamenti avanzati che generalmente non sono presenti nella realtà italiana; si ritiene pertanto che sarà

(21)

prevedibile un limitato impiego di tali opzioni che richiederebbero investimenti elevati. I trattamenti convenzionali sono quelli largamente presenti nella realtà nazionale; vi è da dire che le indicazioni tecniche previste probabilmente potranno determinare la rivisitazione di parte dei depuratori esistenti, al fine di soddisfare quanto richiesto. Vi sono poi delle soluzioni impiantistiche diffuse nei piccoli depuratori, che non trovano una precisa collocazione nella tabella, quale per esempio la digestione anaerobica a temperatura ambiente come nelle fosse Imhoff (Collivignarelli et al., 2004).

Relativamente agli aspetti inerenti al contenuto di inquinanti, nelle seguenti tabelle si confrontano i limiti dei metalli pesanti nei suoli (Tabella 1.11) e i limiti dei metalli nel fango (Tabella 1.12) proposti dal documento bozza CEE 2000 con quelli in vigore imposti dal D. Lgs. 99/92.

Tabella 1.11. Confronto fra i valori limiti di concentrazione di metalli pesanti [mg/Kg SS] nei suoli dettati da D. Lgs. 99/92 e dal documento bozza CEE 2000.

Documento bozza CEE 2000 Metalli D. Lgs. 99/92 5≤ pH <6 6≤ pH <7 pH ≥7 Cadmio 1,5 0,5 1 1,5 Cromo - 30 60 100 Rame 100 20 50 100 Mercurio 1 0,1 0,5 1 Nichel 75 15 50 70 Zinco 300 60 150 200 Piombo 100 70 70 100

Tabella 1.12. Confronto fra i valori limiti di concentrazione di metalli pesanti nei fanghi dettati da D. Lgs. 99/92 e dal documento bozza CEE 2000.

Documento bozza CEE 2000 Metalli D. Lgs. 99/92 [mg/kg SS] [mg/kg SS] [mg/kg P] Cadmio 20 10 250 Cromo - 1.000 25.000 Rame 1.000 1.000 25.000 Mercurio 10 10 250 Nichel 300 300 7.500 Zinco 2.500 2.500 62.500 Piombo 750 750 18.750

Esaminando la Tabella 1.11 si nota che nel documento bozza CEE 2000 i limiti dei metalli pesanti nel suolo sono fissati in funzione del pH del suolo stesso, mentre nel D. Lgs 99/92 non viene tenuto conto di tale fattore (questa situazione era già emersa nel commento alla Tabella 1.7). Per i terreni con pH < 7 si osserva che sono previste significative diminuzioni. e infine si segnala l’aggiunta del valore limite al Cromo.

(22)

La concentrazione dei metalli pesanti nei fanghi prevista dal documento bozza CEE 2000, si mantiene sostanzialmente in linea con i valori dettati dal D. Lgs. 99/92, salvi l’introduzione del valore limite sul Cromo, la consistente diminuzione di quello del Cadmio e infine l’introduzione dei valori limiti sulla base della quantità di fosforo presente. I limiti introdotti da quest’ultima novità non dovrebbero creare problemi applicativi, considerando infatti i valori limiti per unità di sostanza secca dei metalli e un contenuto di fosforo del 4% (ipotesi ragionevole stante i valori usualmente riscontrabili).

Infine, in Tabella 1.13 sono proposti dei limiti su alcuni composti organici e questa è una novità rispetto D. Lgs. 99/92: al momento è difficile valutare il loro impatto nel panorama nazionale stante la mancanza di dati.

Tabella 1.13. Valori massimi di concentrazione di alcuni inquinanti organici nei fanghi destinati all’utilizzazione in agricoltura (CEE 2000)

Classe di composti Valore limite Somma dei composti organici alogenati - (AOX) 500 [mg /kg SS] Alchil benzen solfonati lineari - (LAS) 2.600 [mg /kg SS] Di(2-etilesil)ftalato - (DEHP) 100 [mg /kg SS] Nonilfenolo e nonilfenoloetossilato con 1 o 2 gruppi etossilici -

(NPE) 50 [mg /kg SS]

Somma dei seguenti idrocarburi policiclici aromatici (IPA): acenaftene, fenantrene, fluorene, fluorantene, pirene, benzo(b+j+k)fluorantene, benzo(a)pirene, benzo(ghi)terilene, indeno(1,2,3-c,d)pirene

6 [mg /kg SS] Somma dei policlorobifenili (PCB) con numeri 28, 52, 101, 118, 138,

153, 180 0,8 [mg /kg SS]

poli cloro dibenzo diossine/furani (PCDD/F) 100 [ng TE/kg SS] Complessivamente la bozza di proposta vuole migliorare gli aspetti qualitativi dei fanghi e il loro impatto sull’ambiente, ma, d’altra parte, si deve porre attenzione a non inserire proposte eccessivamente e forse ingiustificatamente severe che determinerebbero di fatto molto difficoltoso il concreto riutilizzo dei fanghi in agricoltura.

1.3.4 Normativa sul compostaggio dei fanghi

La regolamentazione in materia di produzione e impiego di compost è affidata ad oggi ai diversi Stati Membri dell’Unione Europea, non essendo stata emanata alcuna direttiva in materia di qualità del compost atta ad armonizzare le norme nazionali. A livello di Commissione Europea sono stati avviati i lavori per pervenire ad uno strumento normativo comune relativo alla gestione dei rifiuti biodegradabili. A livello nazionale il D. Lgs. 152/06 definisce il compost da rifiuti (parte quarta art. 183 Definizioni comma 1 lettera t) come il “prodotto ottenuto dal compostaggio della frazione organica dei rifiuti urbani nel rispetto di apposite norme tecniche finalizzate a definirne contenuti e usi compatibili con la tutela ambientale e sanitaria

(23)

e, in particolare, a definirne i gradi di qualità”. Il medesimo decreto, agli art. 214 (Determinazione delle attività e delle caratteristiche dei rifiuti per l’ammissione alle procedure semplificate) e 216 (Operazioni di recupero), introduce le procedure semplificate relativamente alle operazioni di recupero e prevede che queste siano applicate anche alle attività di produzione di compost di qualità dai rifiuti provenienti da raccolta differenziata. Ai sensi dell’art. 214 comma 5, il D.M. 05/02/98 (Individuazione dei rifiuti non pericolosi sottoposti alle procedure semplificate di recupero ai sensi degli articoli 31 e 33 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22), modificato ed integrato dal D.M. 5/04/2006 n. 186, è attualmente il decreto che regola le attività di recupero dei rifiuti non pericolosi sottoposti alle procedure semplificate.

Il punto 16 del sub Allegato 1 all’Allegato 1 di quest’ultimo decreto, tratta i rifiuti compostabili per la produzione di compost di qualità. Fra i vari tipi di rifiuti che ne fanno parte, vi sono anche i fanghi prodotti dal trattamento delle acque reflue urbane (codice CER 19 08 05), mentre sono assenti i fanghi delle fosse settiche (codice CER 20 03 04). I fanghi di depurazione devono rispettare le seguenti indicazioni (punto 16.1.2 lettera m):

 caratteristiche conformi all’Allegato IB del D. Lgs. 99/92, il che significa che

deve rispettare i limiti della Tabella 1.8 e della Tabella 1.9;

 la quantità massima utilizzabile è del 35% sulla sostanza secca nella

preparazione della miscela di partenza.

Al punto 16.1.3 è descritto come deve avvenire il processo di compostaggio che vede coinvolti i vari tipi di rifiuti ammessi. Al punto 16.1.4 sono richiamati gli allegati alla Legge 19/10/84 n. 748 (Nuove norme per la disciplina dei fertilizzanti) che impongono determinate caratteristiche alle materie prime e/o dei prodotti del compostaggio. Quest’ultima legge è stata sostituita dal D. Lgs. 29/04/06 n. 217 (Revisione della disciplina in materia di fertilizzanti). Va sottolineato che, sull’intero territorio nazionale, solo il rispetto dei limiti del D. Lgs. 217/06 consente al rifiuto trattato negli impianti di compostaggio di “uscire” da tali impianti come fertilizzante a tutti gli effetti e, non essendo più classificato come rifiuto, di poter quindi essere commercializzato e utilizzato alla stregua di ogni altro fertilizzante su ogni tipo di terreno agricolo.

Ricapitolando, se il compost prodotto contenente anche fanghi di depurazione rientra nelle procedure semplificate di recupero sopra discusse, si può parlare di compost di qualità (non è più un rifiuto); inoltre, se sono rispettati anche i limiti imposti dal D. Lgs. 217/06 sulle materie prime e/o sui prodotti del compostaggio, il compost è considerato a tutti gli effetti un fertilizzante e può essere liberamente commercializzato. Se invece il compost prodotto non rispetta le indicazioni previste dal D.M. 05/02/98, non rientrando quindi nelle procedure semplificate, è da considerarsi ancora un rifiuto e quindi deve essere gestito come tale. In sostanza è quest’ultimo un compost prodotto utilizzando materiale di vario genere: frazioni organiche provenienti da separazione meccanica a valle della raccolta urbana o altre matrici più inquinanti rispetto a quelle destinabili alla produzione di compost di qualità.

(24)

Tornando al D. Lgs. 217/06, è utile specificare che il solo tipo di fertilizzante prodotto con il compost contenente anche i fanghi di depurazione, è l’ammendante compostato misto. Tale decreto all’art. 2 (Definizioni) comma 1 lettera z, indica gli ammendanti come un tipo di fertilizzante e li definisce come “i materiali da aggiungere al suolo in situ, principalmente per conservarne o migliorarne le caratteristiche fisiche e/o chimiche e/o l'attività biologica, i cui tipi e caratteristiche sono riportati nell'Allegato 2”. Nell’Allegato 2 sono quindi definiti i vari tipi di ammendanti (modi di preparazione, componenti essenziali, titoli minimi in elementi e/o sostanze utili ed altre specifiche): l’ammendante compostato misto è l’unico tipo di fertilizzante che preveda anche i fanghi di depurazione fra i suoi componenti. Questo tipo di ammendante è definito come il “prodotto ottenuto attraverso un processo di trasformazione e stabilizzazione controllato di rifiuti organici che possono essere costituiti dalla frazione organica degli RSU proveniente da raccolta differenziata, da rifiuti di origine animale compresi liquami zootecnici, da rifiuti di attività agroindustriale e da lavorazione del legno e del tessile naturale non trattati, da reflui e fanghi, nonché dalle matrici previste per l’ammendante compostato verde”. Nel definire l’ammendante compostato misto viene nuovamente specificato che i fanghi devono avere caratteristiche conformi all’Allegato IB del D. Lgs. 99/92 (Tabella 1.8 e Tabella 1.9) e che la quantità massima utilizzabile è del 35% sulla sostanza secca nella preparazione della miscela di partenza.

1.3.5 Normativa sull’incenerimento e coincenerimento dei fanghi

A livello europeo la direttiva che disciplina l’incenerimento e il coincenerimento dei rifiuti è la Direttiva 2000/76/CE del 4/12/2000 che in Italia è stata recepita con il D. Lgs. 11/05/05 n. 133 (Attuazione della direttiva 2000/76/CE, in materia di incenerimento dei rifiuti).

Il decreto, comma 1 dell’art. 1 (Finalità e campo di applicazione), “si applica agli impianti di incenerimento e di coincenerimento dei rifiuti e stabilisce le misure e le procedure finalizzate a prevenire e ridurre per quanto possibile gli effetti negativi dell'incenerimento e del coincenerimento dei rifiuti sull'ambiente, in particolare l'inquinamento atmosferico, del suolo, delle acque superficiali e sotterranee, nonché i rischi per la salute umana che ne derivino”. Esso disciplina (comma 2 dell’art. 1):

 i valori limite di emissione degli impianti di incenerimento e di

coincenerimento dei rifiuti;

 i metodi di campionamento, di analisi e di valutazione degli inquinanti

derivanti dagli impianti di incenerimento e di coincenerimento dei rifiuti;

 i criteri e le norme tecniche generali riguardanti le caratteristiche costruttive

e funzionali, nonché le condizioni di esercizio degli impianti di incenerimento e di coincenerimento dei rifiuti, con particolare riferimento alle esigenze di assicurare una elevata protezione dell'ambiente contro le emissioni causate dall'incenerimento e dal coincenerimento dei rifiuti;

(25)

 i criteri temporali di adeguamento degli impianti di incenerimento e di

coincenerimento di rifiuti esistenti alle disposizioni del decreto.

E’ utile, ai fini dello sviluppo di questa Tesi, riportare parzialmente le definizioni date dal decreto legislativo per impianti di incenerimento e impianti di coincenerimento (art. 2, Definizioni):

 “impianto di incenerimento: qualsiasi unità e attrezzatura tecnica, fissa o

mobile, destinata al trattamento termico di rifiuti ai fini dello smaltimento, con o senza recupero del calore prodotto dalla combustione. Sono compresi in questa definizione l'incenerimento mediante ossidazione dei rifiuti, nonché altri processi di trattamento termico, quali ad esempio la pirolisi, la gassificazione ed il processo al plasma, a condizione che le sostanze risultanti dal trattamento siano successivamente incenerite”;

 “impianto di coincenerimento: qualsiasi impianto, fisso o mobile, la cui

funzione principale consiste nella produzione di energia o di materiali e che utilizza rifiuti come combustibile normale o accessorio o in cui i rifiuti sono sottoposti a trattamento termico ai fini dello smaltimento”;

Dalle due definizioni appena date, si perviene quindi alla conclusione che dei trattamenti termici elencati al paragrafo 1.3.2, la combustione dei soli fanghi di depurazione, la co-combustione con i rifiuti urbani , la pirolisi e la gassificazione avvengono in impianti di incenerimento, mentre tutti gli altri trattamenti termici in impianti di coincenerimento.

Il recupero energetico che si ha dai trattamenti termici, è assicurato sia per gli impianti di incenerimento (comma 2 lettera b dell’art. 4 - Realizzazione ed esercizio di impianti di incenerimento dei rifiuti) che quelli di coincenerimento (comma 5 lettera b dell’art. 5 - Realizzazione ed esercizio di impianti di co-incenerimento): è infatti previsto che il calore generato durante il processo e' recuperato, per quanto possibile, attraverso, ad esempio, la produzione combinata di calore ed energia, la produzione di vapore industriale o il teleriscaldamento.

Un’importante differenza, relativamente ai fanghi di depurazione, fra il trattamento termico consistente nella combustione (in qualsiasi tipo di impianto) e la pirolisi/gassificazione, sta nelle procedure semplificate di recupero (di rifiuti non pericolosi) che risultano essere possibili solo per gli impianti che attuano la combustione.

Tali procedure, già trovate al paragrafo 1.3.4 a proposito della normativa sul compostaggio, ai sensi del comma 5 dell’art. 214 del D. Lgs. 152/06, sono attualmente regolate dal il D.M. 05/02/98 (modificato ed integrato dal D.M. 186/06). Il sub Allegato 1 all’Allegato 2 di quest’ultimo decreto, stabilisce le tipologie e le norme tecniche per l’utilizzazione dei rifiuti non pericolosi come combustibili o come altro mezzo per produrre energia: al punto 10 sono presenti i fanghi essiccati di depurazione di acque reflue (CER 190805). Il punto 10.3 specifica le “attività e metodi di recupero: il recupero energetico del rifiuto di cui al punto 10 può essere effettuato attraverso la combustione in impianti dedicati al recupero energetico di rifiuti di potenza termica nominale non inferiore a 6 MW”.

(26)

Si ha quindi, come già anticipato, che le procedure semplificate di recupero sono possibili solo per gli impianti in cui avviene la combustione.

Sempre al punto 10.3, sono anche indicate le parti essenziali di cui si deve comporre l’impianto (ad esempio il bruciatore pilota a combustibile gassoso o liquido con alimentazione automatica di combustile), i requisiti minimi operativi da garantire in tutte le condizioni di esercizio (ad esempio il tempo di permanenza minimo del gas nella camera di combustione di 2 secondi) e i valori limiti di emissione. Infine, al punto 10.2, sono elencate le caratteristiche che devono avere i fanghi per poter essere ammessi alle procedure semplificate:

 umidità, in massa max: 20%;

 P.C.I. minimo, sul tal quale, min: 8.500 kJ/kg;  zolfo, sul tal quale, in massa max: 0,6%;  cloro organico, sul secco, max: 1 mg/kg;  Pb, sul secco, max: 200 mg/kg;

 Cr, sul secco, max: 100 mg/kg;  Cu, sul secco, max: 300 mg/kg;  Mn, sul secco, max: 400 mg/kg;  Ni, sul secco, max: 40 mg/kg;  As, sul secco, max: 9 mg/kg;

 Cd + Hg, sul secco, max: 7 mg/kg.

1.3.6 Normativa sulla digestione e co-digestione anaerobica dei fanghi

La digestione e la co-digestione anaerobica con altri substrati organici sono trattamenti biologici dai quali si produce biogas che può essere utilizzato come combustibile. Esistono le procedure semplificate (già introdotte per le normative sull’incenerimento/coincenerimento e sul compostaggio) anche per questi due trattamenti biologici: il punto 15 del sub Allegato 1 all’Allegato 1 al D.M. 05/02/98 è dedicato infatti ai rifiuti recuperabili mediante processi di digestione anaerobica comprendendo quindi sia la digestione che la co-digestione. Tale sub Allegato 1 reca il titolo di Norme tecniche generali per il recupero di materia dai rifiuti non pericolosi: sembra quindi in contraddizione con l’aver posto al paragrafo 1.3.2 la digestione e la co-digestione fra i trattamenti per il solo recupero di energia e non di materia. In realtà l’apparente contraddizione deriva dal fatto che la normativa, in modo giustamente rigoroso, considera che questi trattamenti recuperino la materia poiché viene prodotto biogas, ma non energia. Successivamente, ed eventualmente, è l’utilizzazione del biogas prodotto che genera energia e questa è considerata come un’altra attività di recupero di rifiuti (codice biogas: CER 190599). Tale attività di recupero è anch’essa oggetto di procedura semplificata ed è disciplinata al punto 2 del sub Allegato 1 all’Allegato 2 (Norme tecniche per l’utilizzazione dei rifiuti non pericolosi come combustibili o altro mezzo per produrre energia). In definitiva la normativa considera

(27)

la digestione e la co-digestione come un’attività per il recupero di materia e il rifiuto che produce, il biogas, come possibile combustibile o come altro mezzo per produrre energia. In questo studio invece, al paragrafo 1.3.2, si è posto l’accento direttamente sulla possibilità di sfruttare il biogas come combustibile per produrre energia.

Le procedure semplificate riguardanti la digestione e co-digestione e l’utilizzazione del biogas, indicano, ai due punti sopra citati, i requisiti che deve soddisfare il processo (caratteristiche e provenienza dei rifiuti utilizzabili, condizioni operative di processo e caratteristiche dei prodotti ottenuti). I fanghi di depurazione di acque reflue sono fra i rifiuti che possono essere soggetti a digestione o co-digestione tramite le procedure semplificate; per il biogas è specificato che deve essere prodotto dai due trattamenti biologici in esame e quindi anche i fanghi possono esserne produttori seguendo le procedure semplificate. Non vi sono particolari indicazioni relative alle caratteristiche fisico chimiche dei fanghi.

1.3.7 Normativa sullo smaltimento in discarica dei fanghi

Si ribadisce che il D.Lgs. 152/06 all’art. 182 (Smaltimento rifiuti) definisce lo smaltimento in discarica come “la fase residuale della gestione dei rifiuti, previa verifica, da parte della competente autorità, della impossibilità tecnica ed economica di esperire le operazioni di recupero di cui all’art. 181”. Sempre nel predetto articolo, è specificato che i rifiuti indirizzati allo smaltimento devono essere il più possibile ridotti in massa e volume.

Ai sensi del già citato art. 182 del D. Lgs. 152/06, “le attività di smaltimento in discarica dei rifiuti sono disciplinate secondo le disposizioni del D. Lgs. 13/01/06 n. 36 di attuazione della direttiva 1999/31/CE”. E’ quindi il D. Lgs. 36/06 (Attuazione della direttiva 1999/31/Ce - Discariche di rifiuti), con le successive modifiche e integrazioni, la base normativa in Italia che regola lo smaltimento dei rifiuti in discarica. Accanto a questo decreto vi è il D.M. 03/08/05 (Definizione dei criteri di ammissibilità dei rifiuti in discarica) che, come afferma al comma 1 dell’art.1 (Principi generali), “stabilisce i criteri e le procedure di ammissibilità dei rifiuti nelle discariche, in conformità a quanto stabilito dal D. Lgs. 13 gennaio 2003, n. 36”. Ai fini del presente studio, è importante esaminare il D.M. 03/08/05 per trarre alcune utili indicazioni sulle possibilità di smaltimento in discarica dei fanghi di depurazione delle acque reflue. Si riporta prima quanto espresso dall’art. 4 (Classificazione delle discariche) del D. Lgs. 36/06, secondo cui le discariche sono distinte in:

 discarica per rifiuti inerti;

 discarica per rifiuti non pericolosi;  discarica per rifiuti pericolosi.

Si anticipa che essendo i fanghi dei rifiuti non pericolosi sono smaltibili nelle discariche per tali rifiuti.

(28)

I criteri di ammissibilità dei rifiuto in ogni categoria di discarica sono stabilite dal D.M. 03/08/05 agli articoli 5 (Impianti di discarica per rifiuti inerti), 6 (Impianti di discarica per rifiuti non pericolosi), 7(Sottocategorie di discariche per rifiuti non pericolosi) e 8 (Impianti di discarica per rifiuti pericolosi).

Analizzando nell’ordine questi articoli, si ha che la discarica per rifiuti inerti accetta solo ed esclusivamente rifiuti che siano tali e, secondo la definizione data al comma 1 lettera e dell’art. 2 del D. Lgs. 36/06, i rifiuti inerti sono “rifiuti solidi che non subiscono alcuna trasformazione fisica, chimica o biologica significativa; i rifiuti inerti non si dissolvono, non bruciano né sono soggetti ad altre reazioni fisiche o chimiche, non sono biodegradabili e, in caso di contatto con altre materie, non comportano effetti nocivi tali da provocare inquinamento ambientale o danno alla salute umana. La tendenza a dar luogo a percolati e la percentuale inquinante globale dei rifiuti nonché l'ecotossicità dei percolati devono essere trascurabili e, in particolare, non danneggiare la qualità delle acque, superficiali e sotterranee”. I fanghi di depurazione non sono assolutamente rifiuti inerti e quindi non possono essere smaltiti nelle discariche di tali rifiuti.

L’art. 6 tratta degli impianti di discarica per rifiuti non pericolosi: i fanghi di depurazione di acque sono rifiuti non pericolosi e possono essere smaltiti in questa categoria di discarica se rispettano le condizione imposte dall’articolo appena citato. Volendo evidenziare alcune di queste condizioni, si deve premettere che i fanghi di depurazione non sono citati dal D.M. 03/08/05 tra i rifiuti che possono essere ammessi in discarica senza alcun preventivo accertamento, pertanto su tale flusso di rifiuti devono essere effettuati tutti gli accertamenti previsti dal decreto stesso e cioè:

 caratterizzazione di base (art. 2 - Caratterizzazione di base);  verifica di conformità (art. 3 - Verifica di conformità);  verifica in loco (art. 4 - Verifica in loco).

La caratterizzazione di base è effettuata dal produttore di rifiuti dopo l’ultimo trattamento da essi subiti, la verifica di conformità è simile alla precedente, ma è svolta dal gestore dell’impianto di discarica e, infine, la verifica in loco è ancora svolta dal gestore dell’impianto su ogni carico di rifiuti e consiste in un’ispezione e in un controllo della documentazione che accompagna il carico.

La caratterizzazione di base e la verifica di conformità servono appunto a determinare alcuni parametri del rifiuto che devono rispettare le condizione imposte dall’art. 6. Tali condizioni sono il rispetto dei limiti di concentrazione di certi componenti nell’eluato (liquido ottenuto dal rifiuto in laboratorio così come indicato nell’ Allegato 3 del D.M. 03/08/05): i limiti detti sono contenuti nella Tabella 5 del D.M. 03/08/05 di seguito riportata (Tabella 1.14).

Un altro limite di notevole importanza per i rifiuti in generale, e quindi anche per i fanghi, è dato dalla concentrazione di sostanza secca che non deve essere inferiore al 25%.

Il limite che maggiormente riduce le possibilità di smaltimento in discarica dei fanghi di depurazione di acque, è quello di 80 mg/l per il DOC (carbonio organico

Figura

Figura 1.1. Tipica configurazione impiantistica di un processo a fanghi attivi con denitro -  nitro (Lombardi, 2007)
Tabella  1.1.  Quantitativi  giornalieri  pro  -  capite  in  peso  di  produzione  di  fango,  intervallo  di  variazione  dell'umidità  con  fra  parentesi  il  valore  da  assumere  in  mancanza  di  determinazioni  dirette  e  i  quantitativi  giornali
Tabella  1.2.  Composizione  chimica  generale  dei  fanghi  primari  e  biologici  (impianti  a  fanghi  attivi) non ulteriormente trattati (Metcalf &amp; Eddy, 2006)
Figura  1.3.  Passaggi  di  formazione  dei  fanghi  con fase  finale  di  smaltimento  e/o  recupero  (tratta da Jones-Lepp e Stevens, 2007)
+7

Riferimenti

Documenti correlati

Per poter caratterizzare dal punto di vista ambientale e forestale le arene, è stato definito un protocollo di monitoraggio per il rilevamento sul campo di una

Tra i vari tipi di propulsori elettrici è molto promettente per le applicazioni ad alta potenza la famiglia di motori ad effetto Hall, sia nella tipologia SPT (Stationary

[r]

Produzione di fanghi di supero da impianti a fanghi attivi... Produzione di fanghi da fosse

[r]

secondo il quale uno Stato fornisce delle informazioni che in una situazione uguale si aspetta di ricevere dall’altro Stato 120. Inoltre, la reciprocità è proposta dalla

28 Fredman, ‘Redistribution and Recognition: Reconciling Inequalities’ (n 5) 221.. social condition: a middle ground between the various approaches currently found in the

Concerning the first channel of privatization, a number of social sector firms throughout Yugoslavia have from mid- 1990 onwards offered internal shares to their