• Non ci sono risultati.

Capitolo 2 Funghi Pleurotus: biodegradazione delle lignocellulose

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Capitolo 2 Funghi Pleurotus: biodegradazione delle lignocellulose"

Copied!
12
0
0

Testo completo

(1)

Capitolo 2

Funghi Pleurotus: biodegradazione

delle lignocellulose

2.1 Introduzione

L’abilità degli enzimi fungini di degradare la lignina è stata oggetto di grande interesse per lo sviluppo dei sistemi eco-compatibili finalizzati alla riduzione dell’impatto ambientale dell’industria cartaria, in termini di energia e prodotti chimici utilizzati. Inoltre, la straordinaria capacità di determinati enzimi di accettare una vasta gamma di substrati, ha reso possibile la loro utilizzazione nella degradazione di molti composti xenobiotici come pesticidi e coloranti tessili industriali [8,9].

2

.

2 Proprietà e caratteristiche

I funghi basidiomiceti del tipo “white rote” sono, tra i microrganismi noti, i più attivi nella degradazione della lignina [10,11]. Gli enzimi da essi secreti, coinvolti in questo processo, sono stati studiati con

(2)

crescente attenzione, infatti, questi funghi mostrano alcune caratteristiche che li situano tra i migliori candidati per gli scopi prima esposti:

a) sono estremamente efficienti nei confronti dei substrati da biotrasformare, e sono in grado di crescere e riprodursi velocemente in loro presenza;

b) sono relativamente resistenti alla competizione da parte di altri microrganismi;

c) adattano il proprio metabolismo alla composizione del substrato da cui ricavano energia;

d) sono assolutamente innocui e non patogeni;

e) se le condizioni sono adatte, producono abbondanti sporocarpi commestibili di elevata qualità.

Il genere Pleurotus ha una sistematica complessa, per alcuni autori rientra nella famiglia delle Agaricacee, per altri in quella delle Poliporacee. In ogni caso, si tratta di funghi le cui spore sono sorrette da particolari organi, appunto i basidi; ogni basidio porta di norma quattro spore che alternano una generazione agamica (per mezzo appunto delle spore) a una sessuata (tetrapolare, esistono in altre parole quattro “sessi”). Il fungo vero e proprio è costituito da un micelio bianco di aspetto cotonoso, formato a sua volta da ife filamentose

(3)

che presentano tipiche giunzioni a fibbia; tale micelio (ifènchima) è obbligatoriamente aerobio (muore per asfissia se manca l’ossigeno) e in condizioni opportune produce gli sporocarpi (i funghi del parlare comune), costituiti da uno pseudotessuto compatto (plectènchima), carnoso nel cappello e fibroso nello stipite, di forma e caratteristiche molto simili nelle varie specie. Il colore piú tipico è il bruno nocciola piú o meno accentuato, ma esistono specie o forme grigio-bluastre sulla cuticola del cappello. Il micelio si riproduce facilmente anche per semplice divisione fisica, essendo la sua crescita limitata esclusivamente dalla disponibilità di spazio e nutrienti, purché le condizioni ambientali ricadano in un dato intervallo di umidità relativa e di temperatura; questo è il metodo usato comunemente per riprodurre i Pleurotus di interesse commerciale. I Pleurotus piú noti sono P. ostreatus (Jacq.) Quélet, il comune ostricone del commercio, reperibile facilmente su tutti i mercati, e facilmente coltivabile (su balle di paglia di cereali) anche in casa; P. cornucopiae (Paulet) Rolland, anch’esso coltivabile e apprezzato per il colore insolito (piú o meno giallo) per un Pleurotus . Il fungo basidiomicete “white rote” Pleurotes è un attivo lignino-degradatore capace di crescere e vivere a spese di materiale lignocellulosico. Si definisce come lignocellulosico qualsiasi materiale di origine vegetale contenente come principali componenti tre

(4)

biopolimeri: cellulosa, emicellulose, lignina. Appartengono ovviamente a tale categoria i materiali legnosi propriamente detti, ma anche foglie, frasche, fronde, erbe, scorze e bucce di frutti. Si tratta di materiali che hanno molteplici usi (produzione di carta, fibre tessili naturali e artificiali) e che costituiscono la parte piú rilevante dei residui agroindustriali (vinacce, bucce di patate, paglia, tutoli, segatura, sanse, torsoli, polpe esauste, etc.) Sono sostanze biodegradabili, ma spesso con tempi di emivita particolarmente lunghi a seconda dell’origine e della particolare composizione. In linea di massima, la componente piú facilmente degradabile è quella emicellulosica. Le emicellulose sono eteropolisaccaridi, in cui le singole unità monosaccoridiche formano catene ramificate unite da legami glicosidici, solitamente di tipo β. Il risultato è la formazione di strutture altamente disordinate, assolutamente amorfe, solubili piú o meno facilmente in acqua a caldo, con formazione di dispersioni colloidali altamente viscose, che talvolta a freddo gelificano. Moltissimi microrganismi sono in grado di idrolizzare le strutture emicellulosiche, trasformandole in misture di zuccheri piú semplici e facilmente assimilabili. Il fenomeno si può notare facilmente osservando il processo di marcescenza dei frutti degli agrumi attaccati da muffe; frutti che perdono rapidamente consistenza proprio a causa della distruzione delle strutture emicellulosiche.

(5)

Le emicellulose sono inattaccabili da parte degli animali, e si considerano dal punto di vista alimentare come fibra solubile. La cellulosa al contrario delle emicellulose è un omopolisaccaride formato esclusivamente da D-glucosio polimerizzato con legami β-(1�4) a formare catene lineari regolari, capaci di affastellarsi strettamente grazie a una fitta rete di legami idrogeno e dando luogo alla formazione di fibre. Una delle conseguenze di tale struttura è l’assoluta insolubilità in acqua della cellulosa; un’altra è la relativa inerzia chimica (c’è poco spazio tra le catene che formano le fibre, e quasi tutti i gruppi –OH sono impegnati in legami idrogeno intercatena o intracatena). Gli animali in genere sono incapaci di attaccare la cellulosa, che si comporta da un punto di vista alimentare come fibra insolubile; alcuni ospitano nel tubo digerente dei microrganismi che invece ne causano l’idrolisi, ricavandone D-glucosio. Al contrario degli animali, molti microrganismi (ma non tutti) sono in grado di biodegradare la cellulosa, processo che in ogni caso è molto piú lento della biodegradazione delle emicellulose, e richiede l’intervento di un complesso catalitico (cellulasi) formato da almeno tre tipi di enzimi: esoglucanasi, endoglucanasi, β-glucosidasi. Le lignine sono polimeri a reticolo tridimensionale straordinariamente complesso e ancora non del tutto noto, le cui composizioni e strutture dettagliate dipendono dal

(6)

particolare materiale vegetale da cui provengono. Questo polimero (esclusivo dei vegetali) di colore bruno e di consistenza plastica, insolubile in tutti i solventi, è considerato un agente di rivestimento e di protezione delle strutture fibrose lignificate, di cui ostacola l’idratazione e il deterioramente fisico, chimico, e meccanico. Dei tre principali componenti delle lignocellulose, la lignina è di gran lunga il piú inerte chimicamente e quello a biodegradazione piú lenta e incompleta (la lignina è la materia prima fondamentale per la formazione dell’humus nel suolo) [12]. Rimuovere in qualche modo la lignina, in tutto o in parte, ha come conseguenza la biodegradazione molto rapida del materiale residuo. Si chiamano ligninoidi sostanze organiche a carattere fenolico che condividono con la lignina alcuni motivi strutturali. Queste sostanze rientrano nella vastissima classe dei polifenoli, in gran parte di origine vegetale e che esplicano funzioni biochimiche e fisiopatologiche in gran parte non note. La presenza di polifenoli è responsabile della difficile e lenta biodegradazione di residui e scarti vegetali, nei quali la lignina è presente in piccole quantità o è praticamente assente. I polifenoli esercitano infatti un’azione tossica piú o meno pronunciata verso vari microrganismi. I polifenoli tendono inoltre a ossidarsi, spontaneamente o per azione di enzimi, a formare i rispettivi chinoni. Questi esercitano un’azione

(7)

tossica molto piú spiccata dei fenoli da cui derivano, e rallentano o bloccano del tutto molte biodegradazioni. Eliminare i polifenoli, impedire la formazione dei chinoni, o conseguire entrambi i risultati, sono tra gli obiettivi biotecnologici importanti nella trasformazione dei prodotti agroalimentari, nella loro conservazione e nella gestione dei sottoprodotti e scarti. Precursori della lignina sono tre alcoli aromatici insaturi a carattere fenolico, derivanti da un particolare metabolismo della fenilalanina, esclusivo dei vegetali, e noto come via dei cinnamati. Questi tre alcoli si chiamano rispettivamente cumarilico, coniferilico, e sinapilico. In presenza dell’enzima perossidasi e per azione del perossido d’idrogeno (acqua ossigenata) continuamente prodotto in piccole quantità dai vegetali, si trasformano nei corrispondenti radicali fenossilici che rapidamente copolimerizzano con una tipica reazione a catena, formando appunto la lignina [13].

(8)

2.3 Processo di biodegradazione

La difficile biodegradabilità della lignina rispetto alla maggior parte delle altre molecole biologiche dipende dalla trama molecolare molto fitta che ostacola l’ingresso delle grosse molecole enzimatiche, e dal fatto che tale polimero si forma per poliaddizione. I legami che uniscono le unità monomeriche sono per la massima parte legami carbonio–carbonio o ponti ossigeno (difeniletere) tra anelli aromatici, oppure tra anelli aromatici e catene propanoidi (alchilfeniletere): si tratta di legami molto stabili la cui rottura per idrolisi risulta molto

Rappresentazione di un reticolo di Lignina

(9)

difficile. Gli organismi animali sono assolutamente incapaci di degradare la lignina, solo un gruppo relativamente ristretto è in grado di effettuarne la demolizione: si tratta degli organismi ligninolitici, che sono quasi tutti funghi, sia micromiceti che macromiceti . A questi organismi appartengono sia funghi dannosi, capaci di provocare la rovina di alberi vivi e la marcescenza di legname da opera, sia organismi che non sono dannosi per gli alberi vivi e le colture. I funghi lignicoli dovendo solubilizzare (per poi assimilare) macromolecole essenzialmente insolubili, producono e secernono fuori dalle ife un certo numero di enzimi extracellulari che gradualmente attaccano e demoliscono (per ossidazione nel caso della lignina, per idrolisi invece nel caso di cellulosa ed emicellulose) i costituenti macromolecolari del materiale lignocellulosico. Le piccole molecole solubili risultanti vengono poi assorbite dalle stesse ife e utilizzate come nutrienti. La demolizione della lignina è come già accennato piuttosto complicata, e vari enzimi e meccanismi chimici devono cooperare per la completa degradazione e solubilizzazione di questa sostanza [14]. I funghi lignicoli vengono divisi convenzionalmente in tre gruppi, in relazione all’effetto visibile prodotto dalla loro crescita sul legno:

1. I funghi del marciume soffice (soft rot fungi) degradano soprattutto emicellulosa e cellulosa, rispettando la lignina;

(10)

2. I funghi del marciume bruno (brown rot fungi) in piú ossidano parzial-mente la lignina ma senza eliminarla, cosicché il legno da loro attaccato diviene appunto bruno rossastro;

3. I funghi del marciume bianco (white rot fungi) invece demoliscono e

consumano le emicellulose e la lignina (responsabile quest’ultima del colore del legno) lasciando un residuo biancastro ricco di cellulosa. Solo questi ultimi possono essere correttamente definiti come ligninoli-tici. I Pleurotus appartengono all’ultima classe, l’unica efficiente nella degradazione della lignina, e quindi sono del massimo interesse ai fini della biodegradazione delle lignocellulose. Ai funghi del marciume bianco appartengono anche specie pericolose per le colture agrarie. Al genere Pleurotus appartengono invece specie puramente saprofite, nor-malmente non in grado di aggredire piante viventi; tanto meno in grado di causare patologie negli animali e nell’uomo. I funghi “white rote” possono esser divisi ulteriormente in sottoclassi a seconda dell’arma-mentario enzimatico che secernono al fine di degradare, solubilizzare ed assimilare la lignina. Tra i vari enzimi individuati in quanto diretta-mente coinvolti in tali processi, i piú importanti sono:

1. Lignina Perossidasi(LiP). Si tratta di una perossidasi contenente

(11)

ferroso) specializzata nell’ossidazione (a spese del perossido di idrogeno) della lignina. Il processo è complicato e non completamente chiarito; la ca-talisi prevede un meccanismo radicalico di tipo ossidativo che porta alla rottura dei legami α-β nelle catene laterali della lignina;

2. Manganese Perossidasi (MnP). Enzima che insieme alla lignina

peros-sidasi determina l’ossidazione di mediatoti radicalici, i quali a lora vol-ta, causano l’inizio della reazione di degradazione della lignina [15,16]; Esso infatti è capace di ossidare Mn2+ a Mn3+ (il manganese è sempre presente in tracce nel legno). Lo ione manganico risultante agisce come ossidante sulla lignina grazie all’aiuto di piccoli mediatori come l’al-cool veratrilico in grado di ossidare sottostrutture della lignina, sempre con meccanismo radicalico, riducendosi a ione manganoso che rientra nel ciclo catalitico;

3. Laccasi (Lc). E’ un cuproenzima contenente ioni rame, di solito

quat-tro, necessari per portare avanti l’attività catalitica. Le laccasi ossidano con scarsa specificità i composti fenolici (e anche le ammine aromati-che) estraendone un elettrone (si forma quindi un radicale) [17].

I radicali ottenuti si comportano poi in maniera diversa in funzione della propria struttura e della disponibilità di ossigeno, della concentrazione del substrato, del pH, producendo a seconda dei casi chinoni, oppure dimeri, o anche polimeri, o piú spesso miscele di questi

(12)

prodotti. La capacità della laccasi di ossidare le ammine aromatiche è potenzialmente molto interessante per il trattamento delle acque reflue di colorifici e industrie similari. Infatti moltissimi coloranti sintetici derivano da ammine aromatiche diazotate, oltre che da composti fenolici, anch’essi spesso substrati della laccasi [18,19].

Praticamente tutti i funghi del marciume bianco secernono laccasi; mutanti incapaci di secernere laccasi attiva non sono piú capaci di degradare la lignina. Questa osservazione porta quindi alla conclusione che la presenza di laccasi sia indispensabile per la degradazione della lignina. La lignina perossidasi (LiP) e la manganese perossidasi (MnP) accelerano fortemente la degradazione della lignina, ma sorprendentemente non sono indispensabili; infatti i Pleurotus non producono LiP e solo in particolari condizioni possono produrre MnP, e tuttavia sono piuttosto efficienti nella degradazione della lignina. Ancora piú sorprendente è l’osservazione che soluzioni di laccasi non degradano la lignina. Quindi la presenza di laccasi è condizione necessaria ma non sufficiente per l’azione ligninolitica. Ulteriori studi hanno portato alla conclusione che questi funghi impiegano per la degradazione della lignina le laccasi, coadiuvate da enzimi addizionali come la chinone reduttasi QR.

Riferimenti

Documenti correlati

Una della fonti di inefficienza del modello può essere difatti individuata nella considerevole lunghezza dell’intervallo temporale, data anche la frequenza mensile delle

La competenza regionale è stata poi ribadita dal Testo unico dei Beni culturali (art. c) e dal Codice che all’art.5 comma 2 attribuiva alle Regioni la tutela dei Beni

Following this line of reasoning, we proposed the following hypotheses that contradict those presented above: the intergenerational transmission of divorce is stronger when

The concepts of male and female times are also used to indicate that the time organization in the exchange economy and the connection of the time factor with rights

So considered, the field of pattern recognition intersects a number of different issues, which may go from engineering to philosophy, and combines the design of data analysis

Si alzò il tiro degli attacchi e fecero la loro comparsa sulla scena le armi da fuoco, usate in varie occasioni, e gli esplosivi mentre l'università fu sottoposta a un

Competenze comunicative in classe e cura della relazione educativa Nella progettazione e nella conduzione dei vari interventi educativi e di- dattici, occorre tenere sempre a mente

Il Gruppo di Lavoro 9bis del Sistema Nazionale di Protezione dell’Ambiente (SNPA) ha prodotto a novembre 2018 tre documenti tecnici, condivisi a livello nazionale, relativamente