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Capitolo 2 PRINCIPALI ENDOPARASSITOSI DEGLI OVINI

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Capitolo 2

PRINCIPALI ENDOPARASSITOSI DEGLI

OVINI

2.1

COCCIDIOSI

Eziologia

Malattia cosmopolita causata da protozoi appartenenti al genere Eimeria a localizzazione intracellulare che colonizzano l’intestino. I coccidi sono dotati di specie-specificità, molte sono le specie del genere Eimeria che interessano gli ovini, diverse tra loro per le caratteristiche morfometriche, per la patogenicità e la localizzazione nei vari tratti dell’intestino (Ambrosi, 1995).

Si riportano di seguito le principali specie con le caratteristiche principali:

- E. Ahsata; oocisti ellissoide o ovoidale di 29-37m x 17-28m, dotata di micropilo, tempo si sporulazione 36-72 ore.

- E. Arloingi: oocisti ellissoidale o leggermente ovoidale, misura 17-42m x 13-27m, micropilo presente, tempo di sporulazione 24-48 ore.

- E. Crandallis: oocisti ellissoidale di 17-23m x 17-22m, tempo di sporulazione24-72 ore, il micropilo può essere assente.

- E. Faurei: oocisti ovoidali di 25-36m x19-28m, il micropilo è presente, manca la capsula polare, il tempo di sporulazione è di 24-48 ore.

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- E. Gonzalesi: oocisti ellissoidi od ovoidali, misurano 26-38m x 20-26m, è presente il micropilo, il tempo di sporulazione è più lungo, circa 5-6 giorni.

- E. Granulosa: oocisti ellissoidale (asimmetrica), di 22-35m x 17-25m, è presente il micropilo a forma di tronco di cono.

- E. Intricata: oocisti ellissoidali, è il coccide di maggiori dimensioni appartenente al genere Eimeria, misura 46m x 33m, dotate di micropilo, il tempo di sporulazione va dai 3 ai 5 giorni.

- E. Ovinoidalis: chiamata anche E. Ninaekohlyakimovae, ha oocisti ovale di 20-28m x 15-22m, il micropilo è presente ma manca la capsula polare, sporula in 1-4 giorni.

- E. Ovina: chiamata anche E. Bakuensis, le occisti ellissoidali o ovoidali misurano 23-36m x 16-24m, sono dotate di micropilo, per la sporulazione richiedono 2-4 giorni.

- E Parva: occisti tipicamente sferiche e sub sferiche di piccole dimensioni, 12-23m x 10-19m, il micropilo è assente, tempo di sporulazione 48 ore.

- E. Punctata:occisti ellissoidi, ovoidali o sub sferiche, leggermente troncate e livello del micropilo, di 18-25m x 16-21m, è presente il micropilo, la sporulazione richiede 36-48 ore, (Ambrosi, 1995). Tra tutte queste specie le più patogene sembrerebbero E. arloingi, E. ovinoidalis, E. crandallis ed E. faurei, (Ambrosi, 1995).

In realtà la pericolosità dei coccidi è legata sia alla loro patogenicità intrinseca, sia all’influenza di vari fattori legati all’ospite ed

all’ambiente, quali igiene dell’allevamento, sovraffollamento,

alimentazione errata ed iponutrizione, presenza di altre patologie concomitanti.

Epidemiologia

A seguito dell’infezione si sviluppa un’immunità, i cui meccanismi non sono ancora ben chiariti, sembra però che includa sia meccanismi umorali che cellulo-mediati.

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I principali eliminatori di oocisti sono i giovani soggetti fino agli otto mesi, che non possiedono ancora un’immunità sviluppata, e le pecore adulte che eliminano costantemente quantità di oocisti più ridotte rispetto agli agnelli, soprattutto durante determinati periodi fisiologici come la gravidanza e la lattazione (Varcasia e coll. 2002).

Numerosi sono i fattori che contribuiscono alla diffusione ed alla persistenza della parassitosi, tra cui il tipo di allevamento, i più colpiti sono infatti quelli al chiuso o con lettiera permanente, il sovraffollamento, sia dei ricoveri che dei pascoli, oocisti molto resistenti all’esterno e brevi periodi richiesti alla sporulazione.

Ciclo biologico

Parassiti a ciclo diretto, strettamente specie-specifici, localizzati a livello delle cellule intestinali. Il ciclo biologico prevede tre fasi: schizogonica, gametogonica e sporogonica, le prime due si compiono all’interno dell’ospite mentre l’ultima si compie nell’ambiente esterno. I coccidi del genere Eimeria eliminano con le feci le oocisti non sporulate. La fase sporogonica avviene nell’ambiente esterno, se coesistono le condizioni favorevoli di temperatura ed umidità, e prevede la differenziazione per meiosi di quattro sporocisti, all’interno delle quali si sviluppano per ciascuna due sporozoiti, gli elementi infettanti. Le oocisti sporulate vengono ingerite dagli animali, a livello intestinale liberano le sporocisti e gli sporozoiti che penetrano all’interno degli enterociti e si trasformano in trofozoiti. All’interno della cellula il trofozoita si accresce e si moltiplica originando uno schizonte, formato da numerosi organismi nucleati allungati chiamati merozoiti. Al termine delle divisioni la cellula parassitata e lo schizonte si rompono rilasciando i merozoiti che invadono le cellule circostanti, questi possono compiere altre 2-3 generazioni schizogoniche. Il numero di divisioni è correlato alla patogenicità della specie coccidica (Urquhart, 1998; Cringoli, 2003). Nelle ultime generazioni schizogoniche i merozoiti prendono il nome di telomerozoiti e danno origine ai gameti aploidi maschili e femminili. Il

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gamete femminile è di dimensioni maggiori, possiede un unico grande nucleo ed è chiamato macrogametocita, il maschile, più piccolo e flagellato, è chiamato microgametocita. Dalla fusione dei due gameti origina lo zigote, che corrisponde alla futura oociste eliminata all’esterno con le feci (Urquhart 1998).

Patologia

La coccidiosi colpisce, come già detto, soprattutto soggetti giovani

determinando sia forme clinicamente manifeste che forme

paucisintomatiche (Cringoli, 2003).

Nelle forme non clinicamente evidenti i soggetti mostrano anoressia, perdita di peso, anemia, per disturbi legati al malassorbimento, e peggioramento degli indici di conversione. In questi casi all’esame postmortem si possono rilevare scadenti condizioni generali, disidratazione, mucose pallide. Nonostante la minor evidenza clinica di queste forme notevoli sono i danni economici relativi alla perdita di peso, anche superiore al 10% (Ambrosi, 1995; Varcasia e coll. 2002). Nella forma acuta la sintomatologia è più grave con diarrea di grado variabile, solitamente acquosa, raramente emorragica, febbre, dolori addominali, anemia, sintomi nervosi ed anche morte. Le lesioni principali in questo caso sono date da un’enterite catarrale che interessa soprattutto digiuno ed ileo, con erosione della mucosa e atrofia dei villi. Le lesioni sono diverse per localizzazione ed aspetto in base alla specie coccidica in causa, con possibile presenza di formazioni nodulari, che corrispondono a nidi contenenti i protozoi in vari stadi di sviluppo, emorragie focali, edema ed ispessimento (Ambrosi 1995; Urquhart, 1998; Varcasia e coll. 2002; Cringoli, 2003).

Diagnosi

Le manifestazioni cliniche e le condizioni in cui queste si presentano (soggetti giovani, alta morbilità, allevamento intensivo), permettono di

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indirizzare la diagnosi su questa parassitosi, che tuttavia deve essere confermata da analisi coprologiche (Ambrosi, 1995).

La diagnosi può essere sia qualitativa, attraverso flottazione con soluzione a bassa densità, sia quantitativa con camera di Mc Master. Per l’identificazione delle specie coccidiche è necessario ricorre alle coprocolture in bicromato di potassio, così da permetterne la sporulazione, questo è importante in considerazione del fatto che la patogenicità è diversa nelle varie specie di Eimeria (Ambrosi, 1995). Solitamente la maggior eliminazione di oocisti avviene al termine della fase clinica, per cui in fase iniziale gli esami coprologici possono risultare negativi o con una bassa positività (Ambrosi, 1995).

Trattamento e controllo

Ai fini della terapia farmacologica i prodotti più usati sono i sulfamidici, che associano all’azione antielmintica anche quella antibiotica, di più recente impiego il diclazuril, che ha come vantaggi il fatto di dover essere somministrato una sola volta e di essere insolubile in acqua, questo fa si che non venga assorbito e non abbia tempi di sospensione (Varcasia e coll. 2002).

Nonostante non sia possibile ottenere degli allevamenti totalmente

indenni dalle coccidiosi è necessaria una gestione ottimale

dell’allevamento per limitare i livelli di contaminazione e di conseguenza anche le gravi manifestazioni cliniche (Ambrosi, 1995; Younie, 2004).

Fondamentale è un’accurata pulizia degli ambienti da effettuarsi con disinfettanti liposolubili come l’ammoniaca, le oocisti sono infatti resistenti ai comuni disinfettanti, alte pressioni o del calore. Se possibile è consigliabile ricorrere al tutto pieno-tutto vuoto, le deiezioni dovrebbero essere allontanate spesso e dovrebbe essere aggiunta frequentemente nuova paglia asciutta sulla lettiera. Essenziale evitare sovraffollamenti (Ambrosi, 1995).

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Per supportare gli animali è necessaria una alimentazione equilibrata anche da un punto di vista vitaminico e di oligoelementi.

Può risultare utile, anche ai fini della prevenzione, effettuare periodici esami coprologici per monitorare il grado di positività ed eventualmente prevedere dei trattamenti.

2.2

STRONGILOSI GASTROINTESTINALE

Eziologia

È causata da nematodi di dimensioni variabili, appartenenti a generi diversi che si localizzano nel tratto gastrointestinale dei ruminanti soprattutto ovini e caprini.

In Italia sono presenti tutti gli otto generi riconosciuti cosmopoliti, questi sono: Haemonchus, Ostertagia, Trichostrongylus, Nematodirus, Cooperia, della famiglia Trichostrongylidae; Bunostomum, della famiglia degli Ancylostamatidae; Chabertia ed Oesophagostomum, della famiglia Strongilidae.

Ogni genere presenta delle particolari caratteristiche che vengono brevemente riportate di seguito.

Haemonchus: ematofago a localizzazione abomasale, di circa 15-30 mm di lunghezza e 0.6-0.8 mm di spessore, altamente prolifico, periodo prepatente di circa 4 settimane.

Ostertagia: localizzati a livello abomasale, se ne riconoscono sei specie, sono parassiti filiformi lunghi circa 8-14 mm, periodo prepatente di circa 3-4 settimane.

Trichostrongylus: comprende varie specie a localizzazione abomasale e duodenale, sono molto piccoli, lunghi appena 4-7 mm, il periodo prepatente è massimo di 4 settimane.

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Cooperia: nematodi molto piccoli, al di sotto del centimetro, localizzati a livello di intestino tenue, spesso arrotolati su sé stessi, periodo prepatente intorno ai 20 giorni.

Nematodirus: localizzati nel tenue, lunghi intorno a 1-2 cm, il periodo prepatente è circa un mese, il tempo necessario allo sviluppo della larva infestante L3 è molto più lungo rispetto a quello degli altri generi.

Bunostomum: ematofagi, localizzati nel tenue, lunghi 1.5-2.5 cm, periodo prepatente superiore ai due mesi in quanto le larve infestati penetrano per via transcutanea e vengono reingeriti in seguito espettorazione dopo migrazione per via ematogena-polmonare.

Oesophagostomum: localizzato nel grosso intestino, il periodo prepatente è intorno a 1-2 mesi minimo.

Chabertia: genere monospecifico (C. Ovina) si localizza nel colon, gli adulti misurano circa 1-2 cm, periodo prepatente intorno ai 45 giorni.

Epidemiologia

È l’emintosi più diffusa ed una delle cause principali di perdita produttiva.

I fattori che influiscono sull’infezione sono legati al rapporto tra parassita – ospite – ambiente. Fondamentali allo sviluppo ed al perpetuarsi del ciclo del parassita sono le condizioni ambientali, in particolare i parassiti prediligono pascoli in cui sia presente una vegetazione, erbosa o arbustiva, capace di proteggerli dalla luce solare diretta, quindi di creare delle zone ombrose e con umidità e temperatura abbastanza elevate necessarie al loro sviluppo. Un prato naturale è solitamente più a rischio di un pascolo coltivato, così come un pascolo vecchio è più a rischio di uno di recente impianto (Ambrosi 1995; Urquhart, 1998; Cringoli , 2003;).

Altro fattore da considerare è il carico di animali, poiché il sovraffollamento è un fattore che predispone all’infestazione, il carico massimo dovrebbe essere intorno a 5-6 pecore/ha, questo dato deve essere adattato però alle varie situazioni, ad esempio non ha molto valore in quelle aree dove la distribuzione della vegetazione non è

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uniforme e di conseguenza gli animali tenderanno a concentrarsi di più in suddette aree. Andrebbe inoltre evitato il pascolamento nelle prime ore del mattino e dopo il tramonto perché la carica infestante del pascolo e maggiore in quanto, non essendo esposte alla luce solare e grazie alle temperature più miti, le larve dotate di notevole mobilità tendono a salire in cima alla vegetazione ed hanno più probabilità di venire ingerite (Cringoli , 2003; Urquhart, 1998).

La Strongilosi è una elmintosi ad andamento stagionale, i picchi di copropositività si riscontrano principalmente in primavera ed in autunno e sono indicati con i termini inglesi di spring e fall rise. Questo fenomeno è estremamente importante in quanto determinano un aumento della carica infestante dei pascoli. Da studi effettuati è risultato che l’aumento delle positività coincidono con il parto e la lattazione, si parla per cui di parturient e lactation rise, probabilmente legate ad una diminuzione delle difese immunitarie.

Alla base dell’aumento della carica infestante in queste stagioni vi è la maturazione di larve in ipobiosi, un aumento della fertilità dei parassiti e ad una maggior capacità delle larve acquisite al pascolo di stabilirsi nell’ospite (Urquhart 1998).

Le larve ipobiotiche sono di notevole importanza per l’epidemiologia in quanto consentono la sopravvivenza dei parassiti in periodi avversi, contribuiscono ad aumentare il tasso di contaminazione ambientale e permettono la trasmissione verticale al neonato che ancora non ha sviluppato le difese immunitarie (Cringoli , 2003; Urquhart, 1998).

Ciclo biologico

Le uova vengono emesse all’esterno con le feci, all’interno dell’uovo si sviluppa la larva L1 che uscita all’esterno si trasforma in L3, lo stadio infestante. Queste sono assunte per via orale, l’unica eccezione è il Bunostomum le cui larve possono penetrare anche per via cutanea. Nel Nematodirus lo sviluppo larvale fino allo stadio L3 avviene all’interno dell’uovo e richiede molto tempo, dalle 3 settimane fino ai 2-3 mesi, in base alla temperatura (Cringoli , 2003; Urquhart, 1998).

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In caso di situazioni climatico-ambientali sfavorevoli, quali stagioni molto fredde o al contrario molto calde, i parassiti possono andare in contro all’ipobiosi, ovvero un arresto temporaneo dello sviluppo larvale, che ha la funzione di proteggere i parassiti, che permangono all’interno dell’ospite in uno stadio immaturo. Con il ripristinarsi delle condizioni favorevoli le larve ipobiotiche concludono il ciclo.

Esiste anche la possibilità di una trasmissione verticale transplacentare o attraverso il latte.

Patologia

Le manifestazioni cliniche sono influenzate, come già detto, dalla stagionalità, dai generi presenti, dalla loro prevalenza e patogenicità, inoltre importanti sono le condizioni generali dei soggetti, eventuali carenze nutrizionali, stress, malattie concomitanti e poliparassitismo. Quest’ultimo fattore è da tenere in particolare considerazione in virtù della sinergia che si viene a creare tra i vari generi, anche perché, soprattutto nell’allevamento ovino, questa situazione è praticamente costante.

I sintomi sono comunque sempre molto generici, anemia, perdita di peso, per malassorbimento e anoressia, ridotti indici di conversione, diarrea di grado variabile e calo delle performance produttive.

Come già accennato i sintomi dipendono dalle caratteristiche di ciascun parassita in causa, ad esempio Haemoncus e Bunostomum, parassiti ematofagi, causano gravi forme anemiche associate a sintomi gastroenterici, per l’abomasite e l’enterite dovute all’azione meccanica esercitata nella sede di localizzazione. Forme anemiche possono essere causate anche da forme larvali di altri strongili, come Chabertia ed Oesophagostomum, anch’esse ematofaghe.

Importante è anche l’alterazione del metabolismo proteico che si instaura con diversi meccanismi, minore produzione di pepsina in seguito a fenomeni irritativi delle cellule abomasali, atrofia dei villi ed alterazione delle cripte, diminuzione dell’assorbimento, aumentato turn over cellulare e perdite ematiche. Questi fenomeni associati

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all’anoressia, e quindi alla minor assunzione di cibo, contribuiscono a provocare una ipoproteinemia ed ipoaminoacidemia, che stanno alla base del danno quanti-qualitativo nella produzione di carni, latte e lana (Ambrosi 1995).

Risultano alterati anche il metabolismo minerale ed idrico, per la diarrea da aumentata motilità intestinale, ed elettrolitico, per aumento dell’eliminazione del potassio. I più suscettibili sono i soggetti giovani.

Diagnosi

I sintomi clinici e le perdite produttive possono essere di aiuto per la diagnosi ma non possono rappresentare però l’unico indice, vista la loro genericità e variabilità di presentazione (Ambrosi, 1995).

Il metodo più usato è l’esame coprologico quali-quantitativo delle feci che permette di evidenziare le uova. Si utilizzano dei campioni individuali prelevati direttamente dall’ampolla rettale, le uova sono leggere quindi si usano soluzioni a bassa densità come la soluzione satura di cloruro di sodio. Le feci dovrebbero essere esaminate il prima possibile perché le larve si sviluppano rapidamente ed i risultato potrebbero quindi essere falsati.

Il limite di queste analisi è l’impossibilità di distinguere i vari generi, per far questo è necessario allestire delle coprocolture, grazie alle quali è possibile ottenere, dopo circa 7 giorni, lo sviluppo delle uova ad L3 e quindi identificarle. L’unica eccezione è rappresentata dal Nematodirus le cui uova sono caratteristiche, perché di elevate dimensioni e contenenti uno scarso numero di blastomeri molto grandi e ben definiti. (Ambrosi, 1995; Cringoli, 2003).

In caso di diagnosi post-mortem è possibile ricorrere all’isolamento dei parassiti tramite divisione dell’apparato GE nei vari tratti e loro sedimentazione previo lavaggio e filtrazione, al fine di poter facilitare anche l’identificazione dei generi in base alla loro localizzazione.

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Trattamento e controllo

I trattamenti farmacologici si basano sull’utilizzo di molecole ad ampio spettro, solitamente vengono effettuati due trattamenti strategici, uno in primavera ed uno in autunno.

Al fine di limitare il sempre più diffuso fenomeno della resistenza ai farmaci sarebbe utile limitare al minimo i trattamenti annui, adottare delle rotazioni nell’uso delle varie molecole ed utilizzare sempre le dosi piene raccomandate.

Al momento del trattamento sarebbe opportuno concentrare gli animali in un luogo facilmente pulibile e disinfettabile e lasciarli lì per alcuni giorni al fine di eliminare completamente la carica parassitaria e non portare nei ricoveri uova fertili (Cringoli , 2003; Urquhart, 1998).

I trattamenti antielmintici non possono prescindere da una contemporanea e adeguata gestione ambientale, che per le strongilosi assume un’importanza ancora maggiore rispetto alle altre parassitosi. Tra gli accorgimenti da mettere in pratica: evitare il pascolo promiscuo, soprattutto di ruminanti di specie diversa, ed anche, se possibile, di far pascolare capi al primo pascolo con capi al seconda pascolo o con adulti della stessa specie. È necessario inoltre introdurre nel gregge solo animali preventivamente trattati, adottare una rotazione dei pascoli razionale ed adeguati interventi agronomici, evitare un carico di animali eccessivo.

2.3

STRONGILOIDOSI

Eziologia

Nematode di piccole dimensioni, in genere meno di 1 centimetro, esistono forme a vita libera e forme a vita parassitaria. La forma parassitaria è costituita solo da femmine ermafrodite, che possiedono

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un esofago molto lungo che occupa circa un terzo del corpo (Urquhart, 1998).

Le uova, piccole ed a guscio sottile, sono già larvate quando eliminate con le feci, hanno scarsa resistenza all’esterno, solo pochi giorni. La forma infestante è rappresentata dalle larve L3, anch’esse dotate di vitalità per un periodo limitato, intorno ai 20 giorni.

Epidemiologia

I più colpiti risultano essere i giovani fino a 9-10 mesi di età, i 2/3 dei soggetti appartenenti a questa categoria risultano positivi, negli adulti i livelli di infestazione sono molto inferiori, probabilmente anche in seguito ad acquisizione di un certo grado di immunità (Ambrosi 1995). Aumenti delle positività si hanno soprattutto nelle stagioni piovose e con temperature superiori alla media (Cringoli, 2003).

Ciclo biologico

Parassita a ciclo diretto in grado di riprodursi sia durante il ciclo a vita libera che durante quello parassitario (Ambrosi 1995, Urquhart 1998). Dalle uova larvate schiudono le larve L1, che sviluppano fino ad L3, queste possono evolvere in larve rabditoidi, che diventeranno adulti a vita libera in 3-4 giorni, sia maschi che femmine, o in larve strongiloidi, che daranno origine a femmine partenogenetiche, parassiti obbligati. Le larve strongiloidi penetrano per via percutanea, soprattutto a livello della fessura interungueale, migrano per via linfoematogena giungendo ai polmoni, da qui passano attraverso la trachea e l’esofago giungendo poi nel tenue dove diventano femmine adulte.

Gli stimoli che influenzano lo svolgimento del ciclo a vita libera o parassitaria sono sostanzialmente di tipo ambientale-climatico, sembra infatti che condizioni sfavorevoli stimolino il ciclo parassitario.

Gli agnelli possono infettarsi anche con l’assunzione del colostro per la mobilizzazione di larve ipobiotiche.

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Patologia

I parassiti adulti localizzati a livello del tenue causano un processo flogistico di tipo catarrale emorragico con erosione della mucosa, di gravità variabile in base alla carica parassitaria. I sintomi clinici possono andare da disturbi di digestione ed assorbimento, in caso di infestione moderata, fino a anemia, diarrea imponente e perdita di peso con scadimento delle condizioni generali.

Le larve causano lesioni eritematose nella porta di ingresso, che può anche fungere da via di accesso per infezioni batteriche secondarie con successiva zoppia, ed a livello polmonare possono essere presenti tragitti emorragici legati alla migrazione.

Diagnosi

Clinicamente non è possibile fare diagnosi di Strongiloidosi, eventualmente la presenza di diarrea può orientare il veterinario. Da un punto di vista anatomopatologico a livello intestinale sono visibili i segni dell’enterite catarrale o catarrale emorragica, tuttavia può essere difficile individuare i parassiti, per questo si ricorre a raschiati della mucosa o tecniche di sedimentazione e filtrazione.

La diagnosi in vivo si basa su tecniche coprologiche quanti-qualitative che hanno lo scopo di evidenziare le uova, caratterizzate dalle piccole dimensioni, dalla trasparenza e dalla presenza al loro interno della larva. Queste tecniche prevedono l’utilizzo di soluzioni a bassa densità (soluzione satura di cloruro di sodio) per lo svolgimento della flottazione e la conta delle uova con il vetrino di Mc Master per ottenere il numero di uova per grammo di feci.

Trattamento e controllo

Il trattamento farmacologico si serve di molecole ad ampio spettro, (Cringoli 2003). Solitamente questi interventi vengono effettuati in concomitanza di quelli per gli Strongili, tuttavia è importante prestare attenzione ad i giovani soggetti che si positivizzano molto

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precocemente e quindi potrebbero essere necessari degli interventi strategici.

Fondamentale è anche la gestione ambientale cercando di eliminare tutte quelle situazioni favorevoli alla sopravvivenza del parassita come temperatura, umidità, sovraffollamento e presenza di materiale organico. Per quanto riguarda l’allevamento stallino è fondamentale una corretta gestione della lettiera (Ambrosi 1995).

2.4

STRONGILOSI BRONCOPOLMONARE

Eziologia

Parassitosi sostenuta da nematodi di dimesioni variabili appartenti a

due famiglie: Trichostrongylidae (Dictiocaulus Filaria) e

Metastrongylidae (Muelleris Capillaris, Cystocaulus Ocreatus,

Protostrongylus Rufescens, Neostrongylus linearis). I Metastrongylidae determinano una patologia che prende il nome di Broncopolmonite verminosa.

PICCOLI

STRONGILI

POLMONARI

Epidemiologia

M. capillaris e C. ocreatus sono i più diffusi, meno il P. rufescens. N. linearis si ritrova solo in alcune zone Toscane e sulle Alpi lombarde. Strettamente legata al pascolo, è una parassitosi cosmopolita caratterizzata da un’ampia polispecificità eziologica, i soggetti più sensibili sono gli adulti, che possono avere percentuali di positività anche del 100%, probabilmente per una scarsa immunizzazione dell’ospite.

Questi nematodi hanno un ciclo indiretto e l’ospite intermedio è rappresentato da un mollusco terricolo coprofago (gen. Agrolimax, Helicella, Limax…), il loro comportamento fa si che la massima capacità

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infestante dei pascoli si abbia tra marzo–aprile e giugno-luglio dopo la stasi invernale e tra fine agosto ed ottobre dopo la stasi estiva (Ambrosi 1995).

Sia gli adulti che i giovani (al primo contatto col parassita), si contagiano verso giugno luglio e diventano positivi a partire da ottobre. Negli adulti la copropositività aumenta fino alla primavera.

Ciclo biologico

Gli adulti sono localizzati a livello di alveoli, infundiboli, bronchioli, cavità parabronchiali e parenchima polmonare, le femmine, depongo larve L1 che, grazie all’espettorazione ed alla successiva deglutizione, giungono a livello gastroenterico e sono eliminate con le feci. Le L1 sono ingerite da molluschi coprofagi ed al loro interno si trasformano in L3 in circa 3 settimane.

Le pecore si infettano ingerendo il mollusco parassitato, a livello gastrico le larve vengono rese libere grazie ai processi digestivi ed attraverso la via linfo-ematogena raggiungono la loro sede definitiva dove diventano adulte. Questa fase richiede circa 40 giorni.

Il periodo prepatente abbastanza lungo, intorno alle 6 settimane, variabile in base alla specie parassitaria (Cringoli , 2003; Urquhart, 1998).

Patologia

Da un punto di vista clinico i sintomi insorgono gradualmente in seguito ai fenomeni flogistici a carico delle strutture bronchiali, alveolari ed infundibolari, caratterizzati da tosse secca e difficoltà respiratorie, tachipnea, scolo nasale, più evidenti in autunno inverno, anemia, anoressia e graduale indebolimento con perdita di peso anche fino al 20%, aumento della sensibilità alle infezioni da parte dei germi che colonizzano normalmente l’apparato respiratorio. Un ruolo importante svolgono le altre parassitosi presenti contemporaneamente.

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All’esame anatomopatologico è possibile rinvenire i nidi di incubazione che appaiono come dei noduli grigiastri di aspetto lardaceo e consistenti, alla loro osservazione macroscopica è possibile osservare i vari stadi evolutivi del parassita, localizzati a livello alveolare (uova e larve) e bronchiale (adulti), (Cringoli , 2003; Urquhart, 1998)..

Diagnosi

Le manifestazioni cliniche orientano il veterinario verso la diagnosi di strongilosi polmonare, tuttavia la conferma giunge dalle analisi coprologiche. Il metodo più utilizzato ed anche di più facile esecuzione è la ricerca delle larve attraverso l’apparato di Baerman esaminando il sedimento. È possibile anche effettuare un esame quantitativo (Ambrosi, 1995).

Trattamento e controllo

Il trattamento con farmaci antiparassitari non sempre fornisce buoni risultati, non c’è una molecola specifica che permetta di combattere l’infestazione degli strongili polmonari, risultati variabili si possono ottenere con Ivermectina e Moxidectina. Buona norma è comunque il controllo delle altre parassitosi come strongilosi gastrointestinale e distomatosi (Ambrosi, 1995).

Anche il controllo ambientale non risulta facile e sempre attuabile, ciò è dovuto alla lunghezza del ciclo del parassita che rende spesso vani interventi di rotazione dei pascoli.

DICTIOCAULOSI

Epidemiologia

Il Dictiocaulus filaria si presenta spesso in associazione agli altri piccoli strongili, praticamente cosmopolita con prevalenze variabili anche all’interno di una stessa regione, colpisce soprattutto i giovani (Ambrosi, 1995).

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Importanti ai fini della persistenza delle infezioni sono: gli adulti portatori e la presenza di larve ipobiotiche che riescono a superare l’inverno all’interno dei tessuti (Ambrosi, 1995).

Particolarmente importanti sono: l’alta densità degli animali, piogge

abbondanti, stanzialità del pascolo. Praticamente inesistente

nell’allevamento al chiuso (Ambrosi, 1995; Cringoli, 2003).

Ciclo biologico

Parassita a ciclo diretto, le femmine localizzate nei bronchi, producono uova già embrionale da cui schiude, in un tempo molto breve, una larva L1 che migra in trachea, viene deglutita ed eliminata con le feci (Cringoli, 2003; Urquhart, 1998).

Il passaggio da L1 ad L5 avviene in un tempo variabile in base alla temperatura, (solo 5 giorni a 20-25°C). Le L3 dotate di motilità lasciano le feci e si localizzano sugli steli d’erba dove vengono ingerite dall’ospite definitivo, penetrano attraverso la loro mucosa intestinale e migrano per via linfoematogena ai linfonodi meseraici, da dove giungono ai polmoni colonizzando gli alveoli e i bronchi divenendo adulti (Ambrosi 1995).

Il periodo prepatente è di circa 5 settimane.

Patologia

È presente tosse, inizialmente secca poi produttiva, respiro rantoloso, atelettasia o enfisema, derivanti dall’ostruzione generata dal catarro e dai parassiti che causano difficoltà respiratorie, compaiono in un secondo momento atteggiamento a fame d’aria e testa estesa sul collo, possono esserci polmoniti batteriche secondarie accompagnate da febbre. Le manifestazioni più gravi si hanno nei giovani.

Diagnosi

Il sospetto derivante dalle manifestazioni cliniche, dalla loro evoluzione, dalla stagione e dalla categoria dei soggetti colpiti è confermato dalle

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analisi coprologiche, attraverso l’esame del sedimento ottenuto con l’apparato di Baerman. La diagnosi di genere è semplice grazie alle dimensioni notevolmente superiori ed alla coda dritta rispetto ai Trichostrongylidae.

Trattamento e controllo

Trattamento strategico in primavera associato a quello per le strongilosi gastroenteriche, il Dictiocaulus sp. molto sensibile a varie categorie di antielmintici, eventualmente è associato anche un trattamento antibiotico per prevenire polmoniti batteriche secondarie (Ambrosi, 1995).

Per la profilassi ambientale valgono le stesse misure adottate per gli strongili tra cui la più utile ed efficace è la rotazione razionale dei pascoli (Ambrosi 1995).

2.5

DICROCELIOSI

Eziologia

Il parassita adulto è un piccolo verme piatto, di forma lanceolata, di colore brunastro, di circa 6-10 mm x 1,5-2,5 mm, con cuticola liscia. Le uova, già embrionate, sono ellissoidali, brunastre, di circa 38-45 x 22-30 mm, caratterizzate dalla presenza di un opercolo, due macchie scure ed una zona punteggiata vicino all’apice.

Epidemiologia

I più colpiti sono i soggetti adulti, i giovani fino ai 5-6 mesi di età sembrano essere indenni. La dicroceliosi colpisce anche bovini e caprini al pascolo, interessando, come nel caso degli ovini, soprattutto gli adulti, in queste specie però la prevalenza è nettamente inferiore.

Fattori importanti per l’evoluzione del ciclo del parassita sono il fotoperiodo e le condizioni del cielo, un ruolo fondamentale viene

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attribuito anche alla temperatura. Sembra inoltre che la parassitosi abbia un andamento stagionale, con una diminuzione della prevalenza da giugno ad agosto ed un graduale aumento da settembre a dicembre, con massima fecondità dei parassiti da gennaio ad aprile (Cringoli , 2003; Urquhart, 1998).

Per quanto riguarda il fattore climatico, stagioni intermedie fredde e piovose deprimono la vitalità degli ospiti intermedi, mentre quelle calde ed asciutte favoriscono l’attività delle formiche, se secco ed interrotto da piogge brevi stimola la vitalità del mollusco e soprattutto l’eliminazione delle cercarie. Se il clima è troppo secco si può avere una stasi nel ciclo biologico dei molluschi (Ambrosi, 1995).

Interessante risulta il fatto che il carico di bestiame agisce come fattore limitante nell’infestazione, si è visto infatti che carichi alti (più di 5 pecore/ha) consentono una riduzione del tasso di positività, mentre carichi ad di sotto di 1.5-2 pecore/ha presentano un aumento; questo probabilmente è dovuto ad una diminuzione del rapporto formiche infestate/ospite definitivo.

Ciclo biologico

Il ciclo è indiretto, con due ospiti intermedi, un mollusco ed una formica, indipendente da ambienti umidi. Le uova vengono eliminate nell’ambiente attraverso le feci, sono molto resistenti e possono rimanere vitali per mesi o anni (Cringoli , 2003; Urquhart, 1998).

Il primo ospite intermedio è un mollusco terricolo (generi Zebrina, Helicella, Cionella), ubiquitario e soprattutto coprofilo. All’interno del mollusco avviene un’enorme moltiplicazione partenogenetica che porta allo sviluppo di più generazioni di sporocisti, dalle quali maturano le cercarie. Questa fase dura circa 3-4 mesi in condizioni ottimali. Le sporocisti possono rimanere nel mollusco per superare la stasi estiva e quella invernale.

Le cercarie vengono espulse dal mollusco e sono ingerite dalle formiche ed al loro interno si sviluppano a metacercarie, che possono rimanere nell’ospite per mesi allo scopo di superare l’inverno. Questa fase dura

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circa 45-60 giorni. Una delle metacercarie (“Brain Worm”), migra nel ganglio nervoso retro faringeo dell’insetto provocando, in condizioni di temperatura inferiori ai 15°C, una paralisi mandibolare (trisma) che blocca le formiche sugli steli d’erba, facilitandone l’ingestione da parte dell’ospite definitivo, questo avviene soprattutto alla mattina presto ed alla sera, quando la temperatura è più bassa (Cringoli , 2003; Urquhart, 1998).

Nell’ospite definitivo le adolescarie attraversano la parete intestinale e migrano fino al fegato dove si localizzano e si trasformano in adulti.

Sintomatologia

Clinicamente i sintomi sono molto generici, gli animali presentano un modico dimagrimento, disorressia, talvolta ascite e feci pastose. Il danno principale è soprattutto economico con una perdita della produzione lattea intorno al 5-8% e del peso intorno al 10-12%, da aggiungere anche l’eliminazione al macelllo dei fegati.

Da un punto di vista anatomopatologico, nei casi di infestione di vecchia data, si evidenziano segni di angiocolite, periangiocolite ed epatite interstiziale cronica, anche se non si arriva alla sclerosi. In caso di invasione recente è difficile evidenziare alterazioni macroscopiche, mentre agli esami istologici è possibile rilevare tragitti emorragico-necrotici. Può essere presente periepatite in entrambe i casi (Cringoli , 2003; Urquhart, 1998).

In pecore parassitate sono rilevabili alterazioni del profilo metabolico con anemia ipocromica normocitica, eosinofilia, ipoalbuminemia ed ipergammaglobulinemia e conseguente inversione del rapporto A/G, ipoglicemia, aumento dei livelli di urea ed azoto ureico e di alcuni enzimi epatici; ALP, LAP, GGT, GLDH, GOT, LDH e nelle forme acute anche SDH e GPT (che indicano sofferenza epatocellulare).

Diagnosi

È stato visto che è possibile l’osservazione post mortale di un’elevata carica infestante anche in assenza di evidenti manifestazioni cliniche,

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per questo è impossibile per la diagnosi affidarsi esclusivamente ai rilievi clinici.

La diagnosi post mortale è semplice anche se, apparentemente, non sono visibili lesioni macroscopiche, tuttavia è facile mettere in evidenza il parassita all’interno dei dotti biliari attraverso la spremitura del parenchima al momento dei tagli ispettivi. I parassiti sono ben visibili nella cistifellea.

Per la diagnosi in vita viene effettuato l’esame coprologico, per l’analisi qualitativa si utilizza una flottazione con soluzione Iodomercurata. Volendo effettuare un’analisi quantitativa si può utilizzare la conta con il vetrino di Mc Master dopo aver stemperato le feci con Iodomercurata ed averle filtrate. Con questa metodica sembra che ci sia una corrispondenza abbastanza realistica tra il numero di uova per grammo di feci rinvenute ed il numero di parassiti adulti a livello epatico (Cringoli , 2003; Urquhart, 1998).

Le cariche parassitarie maggiori si evidenziano negli adulti ed i livelli massimi si hanno tra fine autunno ed inizio primavera.

Trattamento e controllo

Il trattamento farmacologico dovrebbe effettuato in inverno, ovvero nel momento in cui la popolazione dei parassiti adulti è al massimo sviluppo.

Difficile risulta il controllo ambientale, in virtù della notevole resistenza delle uova che spesso rende inutili le rotazioni. L’unica soluzione che appare valida è il rinnovo totale della cotica erbosa, previa però introduzione di animali precedentemente trattati. È di fondamentale importanza evitare il pascolo promiscuo ovini/bovini anche in tempi differiti.

Scarsi risultati si ottengono con la lotta agli ospiti intermedi che richiederebbe un trattamento estensivo con notevoli costi e con un enorme impatto ambientale.

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Una soluzione da considerare è l’uso della lotta biologica contro i molluschi attraverso l’introduzione di “volatili da pascolo” come oche e tacchini o della lotta integrata contro le formiche.

2.6

FASCIOLOSI

Eziologia

È una elmintiasi cosmopolita, tipica dei ruminanti allevati in luoghi umidi, causata da Fasciola hepatica (Ambrosi 1995).

L’adulto ha corpo appiattito di colore bruno pallido e di forma ovalare, il tegumento è ricoperto da piccole spine retrovolte, cranialmente presenta un cono cefalico, è fornito di due ventose ravvicinate, una alla sommità del cono cefalico ed una alla sua base ed è ermafrodita.

La lunghezza va dai 18 ai 50 mm, la larghezza è compresa tra 4 e 13 mm.

I parassiti adulti si localizzano nei dotti biliari, dove si nutrono di sangue e depongono da poche centinaia a diverse migliaia di uova al giorno. Le uova sono di grandi dimensioni (130-150 micron di lunghezza per 63-90 di larghezza), di colore giallo, opercolate in stato iniziale di segmentazione e di forma ovoidale (Casarosa, 1985).

Le uova emesse con le feci hanno una resistenza variabile in base al tasso di umidità ambientale, (anche più mesi in feci umide), e sono rapidamente distrutte dalla secchezza (Ambrosi, 1995).

Perché l’uovo si sviluppi devono esserci le condizioni ideali, ovvero elevata umidità, temperatura tra i 22-26°C, pH tra 5-7.7 e ossigenazione ottimale. All’interno dell’uovo matura il miracidio in 2-3 settimane, questo può rimanere vitale all’interno dell’uovo per alcuni mesi se la temperatura rimane pressoché costante, e se si trova al riparo dalla luce ed in un ambiente umido.

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Epidemiologia

La relazione fascioliasi-umidità non è sempre vera, infatti a causa dell’elevata cronicità della parassitosi gli animali rimangono portatori per anni e la patologia si può manifestare anche in ambienti impropri. In Italia è da considerarsi ubiquitaria, anche se appare più diffusa in Sardegna, Lazio, Toscana, Abruzzo, meno in Umbria, Marche e Puglia. La prevalenza maggiore si ha negli adulti, nei greggi stanziali in aree fascioligene, le pecore raggiungono fino all’80-90% di positività, i giovani soggetti nati a fine inverno appaiono ancora negativi in piena estate (a circa 6 mesi), positivizzandosi a partire dalla fine dell’autunno fino all’inverno pieno.

La diffusione sui pascoli, l’infestazione degli animali e i sintomi clinici seguono un preciso ciclo stagionale, legato soprattutto alle particolarità del ciclo biologico del parassita nei vari stadi larvali e del mollusco ospite intermedio. In Italia si ritiene che la diffusione sia massima nei pascoli a metà estate, se la primavera ed l’inizio dell’estate sono state umide, o in autunno, se la seconda metà dell’estate è stata umida. In alcune aree geografiche, dove l’estate è umida e la temperatura invernale mite, il contagio avviene durante tutto l’anno (Casarosa, 1985).

Ciclo biologico

I parassiti adulti, ermafroditi, localizzati nei dotti biliari, depongono le uova, che tramite la bile raggiungono l’intestino, da qui vengono eliminate con le feci. In condizioni ideali all’interno delle uova si sviluppa un miracidio in circa due settimane, che attivato dalla luce e dai rapidi cambiamenti di temperatura, si rende libero uscendo dall’uovo. Il miracidio è poco resistente nell’ambiente esterno (massimo 24 ore), possiede delle ciglia che gli consentono di nuotare e spostarsi alla ricerca del suo ospite intermedio, la Limnea Truncatula, trovatolo penetra al suo interno attraverso il piede. (Cringoli , 2003; Urquhart, 1998).

Il miracidio si trasforma in sporocisti e, dopo circa 15-30 giorni, in redie. Si possono avere fino a tre generazioni di redie e dalle ultime prendono

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origine le cercarie. Un solo mollusco può ospitare dalle 600-800 alle 4000 cercarie.

Il passaggio da uovo a cercaria si conclude in 70-100 giorni, anche se viene influenzato molto dalla temperatura e dalle altre condizioni ambientali indicate precedentemente.

Dopo circa 5-6 settimane, in condizioni di temperatura tra 9 e 26°C, le cercarie lasciano il mollusco e si incistano sulle foglie di erbe palustri semisommerse originando le metacercarie, che appaiono simili ad un granello di sabbia di 200-250 di diametro, possono rimanere vitali a lungo in ambienti molto umidi e freddi.

Gli ovini si infestano ingerendo le metacercarie che si trovano nell’erba, nell’intestino si rendono libere, stimolate dalle alte concentrazioni di CO2, dalla temperatura e dalla bile, penetrano attraverso la mucosa enterica e raggiungono il fegato, o per via ematogena (se l’infestione è modesta) o per via trans peritoneale.

È segnalata, anche se molto raramente, una via di trasmissione transplacentare, madre-feto.

I giovani trematodi colonizzano i dotti biliari in circa 7 settimane e qui divengono adulti in 2-3 mesi. Le Fasciole adulte possono sopravvivere per anni nelle pecore.

Sintomatologia

Il periodo prepatente è intorno alle 8-12 settimane, la distomatosi si può presentare in tre forme cliniche differenti: acuta, subacuta e cronica. La forma acuta ha rapida insorgenza, si verifica soprattutto negli ovini al primo pascolo e consegue di solito all’ingestione di un elevato numero di metacercarie (più di 2000) che, durante la fase migratoria, causano danni vascolari con emorragie e gravi lesioni al parenchima epatico. Solitamente questa forma si presenta all’inizio dell’autunno e gli animali presentano dispnea, anemia marcata, grave prostrazione,

anoressia, deperimento, ascite, dolori addominali, edema

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All’esame anatomopatologico il fegato risulta ingrossato e percorso da tragitti emorragico-necrotici, la superficie appare ricoperta di essudato fibrinoso (periepatite), sono presenti inoltre colangite a carico dei piccoli dotti biliari e versamenti emorragici sottocapsulari. (Urquhart,1998). La forma subacuta si presenta quando gli animali hanno il contatto con il parassita è diluito nel tempo, per cui contemporaneamente si vengono a trovare parassiti a stadi di sviluppo diversi. Questa forma si

presenta soprattutto in inverno dopo circa 6-10 settimane

dall’ingestione di 500-1500 metacercarie. I sintomi sono più attenuati rispetto alla forma acuta ed includono grave anemia, emorragie, ipoalbuminemia, edema sottomandibolare, epatomegalia, ascite e scadimento delle condizioni generali e morte dopo 1-2 settimane dall’inizio delle manifestazioni cliniche. A livello epatico si ha epatomegalia, tragitti emorragico-necrotici superficiali e parenchimali, emorragie sottocapsulari (Dargie, 1986).

La forma cronica è la più frequente, causata dalla presenza dei parassiti adulti a livello dei dotti biliari principali che esercitano un’azione traumatica, ancorandosi alle pareti dei dotti, e sottrattiva, in quanto ematofagi, è una forma tipicamente invernale che si presenta a circa 4-5 mesi dall’ingestione di un numero modesto di metacercarie (200-500). La forma cronica può nascere come tale o evolvere da una acuta, colpisce più gravemente gli ovini dei bovini. È caratterizzata da perdita di peso e deperimento graduali accompagnate da anemia ipocromica macrocitica, eosinofilia, ipoalbuminemia, cachessia, pallore delle mucose, possibile ittero, edema sottomandibolare ed ascite. I parassiti adulti localizzati nei dotti provocano un’alterazione della funzionalità epatica e del profilo biochimico-enzimatico d’organo, l’ipoalbuminemia e l’inversione del rapporto albumine/globuline che ne deriva è responsabile di alterazioni osmotiche ematiche, che andranno poi a causare edemi. Se l’infestazione è di minore entità i sintomi clinici sono meno evidenti, anche se comportano comunque uno scadimento delle condizioni generali e conseguenti perdite produttive per perdita

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dell’appetito e per gli effetti sul metabolismo di proteine, carboidrati e minerali (Dargie, 1986; Ambrosi, 1995).

Alla necroscopia il fegato presenta margini irregolari, colorazione pallida e consistenza dura. Il lobo più colpito è il sinistro, che rappresenta la sede preferenziale del parassita adulto, il parenchima si presenta in preda a fenomeni di endo- e peri- angiocolite sclerosante, epatite interstiziale cronica che può arrivare fino ad una propria e vera cirrosi, si possono rinvenire i parassiti nei dotti.

I parassiti rinnovano durante la loro migrazione i loro antigeni di superficie invalidando le difese dell’organismo. Solo in alcuni soggetti resistenti si ha l’uccisione dei parassiti attraverso meccanismi di immunità cellulo-mediata e mucosale. Vengono inoltre prodotti anticorpi IgG ed IgA contro la cuticola dei giovani trematodi che raggiungono la massima concentrazione verso la 4-6° settimana e decrescono contemporaneamente alla comparsa degli anticorpi contro la cuticola dei soggetti adulti (Dargie, 1986; Ambrosi, 1995).

La risposta umorale nelle pecore non protegge l’animale da successive re infestazioni, tanto che possono rimanere infette per tutta la vita, le manifestazioni più gravi si hanno nei soggetti adulti che già erano stati esposti al parassita. (Cringoli , 2003; Urquhart, 1998).

Diagnosi

La diagnosi si basa sui risultati degli esami coprologici, sui segni clinici, sulla stagionalità e sull’anamnesi ambientale. Per quanto riguarda gli esami coprologici, questi permettono di mettere in evidenza le uova di Fasciola contenute all’interno del materiale fecale. La tecnica di elezione è la sedimentazione rapida, è possibile effettuare anche un esame quantitativo (Ambrosi, 1995; Cringoli, 1998).

La diagnosi clinica prende in considerazione i sintomi ed i risultati degli esami ematochimici, questi consentono di rilevare, oltre all’anemia marcata ed all’eosinofilia nelle forme croniche, l’aumento degli enzimi epatici gamma glutamil transferasi (GGT) e Glutammato deidrogenasi

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(GLDH), rilasciati inseguito al danneggiamento del parenchima epatico operato dal parassita.

Un’altra prova di laboratorio a cui è possibile ricorrere è la ricerca di anticorpi specifici diretti contro alcuni antigeni di Fasciola, rilevati attraverso diverse tecniche tra cui ELISA, emoagglutinazione, IFI, che consentono di svelare la parassitosi prima delle indagini coprologiche e di diagnosticare le forme acute (Dargie, 1986; Ambrosi, 1995).

La diagnosi può essere fatta anche post-mortem con il rilievo delle caratteriste lesioni indotte dal parassita e del parassita stesso all’interno dei dotti biliari (Ambrosi, 1995).

Trattamento e controllo

L’utilizzo di farmaci antielmintici per il controllo di F. hepatica è ancora molto diffuso ed ha un duplice scopo, da una parte di ridurre la contaminazione dei pascoli nel periodo più favorevole allo sviluppo dei parassiti e dall’altra di eliminare i trematodi adulti in particolari momenti di stress, alimentare e riproduttivo, degli animali. Dalla letteratura vengono consigliati per gli ovini quattro trattamenti l’anno, così distribuiti:

- Fine marzo, per bloccare il nuovo ciclo

- Inizio agosto, per bloccare l’infezione provocata da metacercarie provenienti dal picco estivo

- Metà ottobre, per cercare di impedire il verificarsi delle forme acute in seguito all’ingestione di metacercarie dell’infezione estiva,

- Dicembre per combattere la forma cronica legata all’infezione estiva

Questi trattamenti devono essere adattati alla zona in cui ci si trova, alla diffusione del parassita sul territorio ed al grado di infestazione del gregge, che si può ricavare da un monitoraggio parassitologico. Questo è ancora più importante nell’allevamento biologico, dove esiste una limitazione nel numero dei trattamenti che si possono fare annualmente (Reg. CE 2092/91).

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Attualmente non sono presenti in commercio farmaci utilizzabili per la risoluzione delle forme acute o sub acute, bisognerebbe quindi cercare di intervenire in modo più globale mirando soprattutto a prevenire l’infestazione integrando i trattamenti farmacologici con controlli diagnostici periodici, interventi ambientali e studi epidemiologici.

Per quanto riguarda la gestione ambientale è fondamentale risanare i pascoli fascioligeni attraverso interventi agronomici, drenaggi, sistemazione di fossi (Ambrosi, 1995).

Alcuni metodi efficaci prevedono la razionalizzazione dei pascoli con una rotazione adeguata in base alle condizioni di ciascuna area ed alle sue caratteristiche, associandola anche ai trattamenti chemioterapici. Un altro intervento utile è la lotta all’ospite intermedio, praticata o attraverso l’utilizzo di molluschicidi a base di solfato di rame o n-nitril-morfolina, che però data l’elevata tossicità è bene limitarne l’uso o, altra soluzione interessante, con l’utilizzo di antagonisti biologici come anatidi, beccaccini, uccelli limicoli in generale (Ambrosi, 1995).

2.7

PARAMPHISTOMOSI

Eziologia

Piccolo trematode di dimensioni inferiori al centimetro, a forma di cornetto di colore rossastro, si localizza prevalentemente a livello di rumine e reticolo. Le uova, di colore grigiastro sono di grandi dimensioni e con macula germinativa a disposizione eccentrica rispetto a quelle di F. hepatica. Trematodi appartenenti alla famiglia dei Paramphistomidae, cosmopoliti, colpiscono i ruminanti, gli ovini sono più sensibili dei bovini anche se nei primi sembra essere meno frequente. Tra le varie specie le più frequenti sono P. cervi e P. microbothrium (Ambrosi, 1995).

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È un parassita dixeno, l’ospite intermedio è un mollusco acquatico polmonato quale Planorbis o Bulinus che solitamente si sviluppa in condizioni di temperature elevate intorno ai 27-28°C. in Italia in realtà si può trovare anche nelle regioni più settentrionali e questo induce a pensare che possa sfruttare anche molluschi terricoli come quelli che veicolano F. hepatica. inoltre i miracidi possono resistere a lungo anche sull’erba sfalciata ed essiccata, il che spiega la sua presenza negli allevamenti stallini.

Un aumento della carica infestante si riscontra tra la fine della primavera e la fine dell’estate, le metacercarie normalmente non resistono all’inverno, solo nei climi temperati è possibile ritrovare un numero consistente di adolescarie all’esame autoptico.

Ciclo biologico

Simile a quello di F. hepatica, gli adulti eliminano le uova con le feci, il miracidio penetra nel mollusco e qui si replica enormemente trasformandosi in cercarie che fuoriescono dall’ospite intermedio, questa fase richiede circa 4 settimane. Le cercarie vanno a posizionarsi sull’erba o sulla superficie dell’acqua dove si incistano a metacercarie. Le metacercarie vengono ingerite ed una volta giunte a livello duodenale risalgono la doccia esofagea fino a giungere a livello di rumine e reticolo. Il periodo prepatente è di circa 7-10 settimane (Urquhart, 1998).

Patologia

Può presentarsi in forma acuta nei giovani soggetti con ritardi nell’accrescimento, diarrea piuttosto grave accompagnata da quadri di anemia ed perdita dei depositi adiposi, polidipsia, edemi e talvolta morte, soprattutto in corrispondenza del periodo autunnale. All’esame autoptico si rinvengono fenomeni necrotico-emorragici a livello duodenale, con ispessimento ed edema della mucosa, legata all’invasione della stessa da parte delle adolescarie, apprezzabili

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all’interno del tratto intestinale colpito in numero variabile (Casarosa, 1985; Ambrosi, 1995).

Per quanto riguarda gli adulti si manifesta solitamente in una forma cronica concentrata nel periodo invernale, caratterizzata da anoressia, perdita di peso, diarrea, talvolta meteorismo ruminale. Sono presenti anemia ipocromica, ipoalbuminemia ed ipergammaglobulineamia con conseguente comparsa di edema, aumento degli enzimi epatici come le transaminasi.

All’esame anatomopatologico i prestomaci mostrano pareti ispessite con focolai necrotici ed iperemici, è possibile rinvenire i parassiti adulti. Talvolta è presente anche steatosi epatica (Casarosa, 1985).

Entrambe le forme comportano notevoli perdite produttive (Ambrosi, 1995).

Diagnosi

La tecnica elettiva è la sedimentazione rapida che consente di evidenziare le uova, queste, di grandi dimensioni trasparenti, giallastre, con opercolo al polo acuto, devono essere differenziate da quelle di F. epatica, (Ambrosi, 1995). Sembra ci sia una certa rispondenza tra il valore ottenuto dalle analisi coprologiche in termini di L.P.G., i principali indicatori di infezione sono i soggetti adulti. la presenza di appena un centinaio di elminti adulti dà già copropositività. Questo è impossibile nella forma acuta che è dovuta alla migrazione delle adolescarie, ovvero le forme giovanili, in questi casi è possibile evidenziare le adolescarie nel materiale fecale attraverso una sedimentazione con filtrazione attraverso setaccio a maglie strette, osservando il materiale rimasto nel setaccio ad un microscopio (Cringoli, 2003).

L’esame post mortem conferma la diagnosi attraverso il rinvenimento dei parassiti adulti a livello ruminale o delle adolescarie attraverso sedimentazione e filtrazione del materiale intestinale (Ambrosi, 1995).

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I farmaci utilizzati sono di norma gli stessi della fasciolosi (Ambrosi, 1995). Solitamente i trattamenti vengono fatti in pieno inverno e sono mirati contro le forme adulte. Per quanto riguarda la profilassi ambientale valgono le regole generali della fasciolosi, con particolare riguardo a quelle situazioni pericolose come temperature elevate ed acque stagnanti, monitorando l’abbeverata e praticando una razionale rotazione dei pascoli (Ambrosi, 1995).

2.8

TENIASI DEI RUMINANTI

Eziologia

Sono sostenute da Cestodi appartenenti all’Ordine dei Cyclophyllidea, Famiglia Anoplocephalidae. Sono parassiti lunghi oltre due metri, formati da una piccola testa, detta scolice, provvista di quattro ventose, un sottile collo ed un corpo (strobila), composto da numerosi segmenti (proglottidi), sono ermafroditi, per cui in una singola proglottide sono presenti sia gli apparati genitali maschili che femminili, (Casarosa, 1985). Le tenie più frequenti nei ruminanti domestici appartengono al genere Moniezia; M. espansa, si trova più frequentemente negli ovini e nei caprini e M. Benedeni nei bovini.

Epidemiologia

Pur essendo una infestione polispecifica i dati relativi alle positività coprologiche sono validi solo per Moniezia spp. in virtù dell’abbondante presenza di uova nelle feci che si liberano dal disfacimento delle ultime proglottidi dei singoli strobila (Ambrosi, 1995). In ogni caso Moniezia spp. è l’unico a porre problemi di patogenicità e sui cui viene posta attenzione.

Tra le varie specie che possono parassitare gli ovini la più frequente è sicuramente Moniezia Expansa (a cui si riferiscono i valori riportati), sporadicamente Moniezia Bendeni (3-6%), M. Trigonophora (4-13%),

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Avitellina Centripunctata (1-13%), Stilesia Globipunctata (5-14%), Thisaniezia Ovilla.

La teniasi ovina è esclusivamente una parassitosi “da pascolo”, favorita da un terreno non compatto, a medio impasto, ben aerato, umido, con manto erboso folto o ricoperto da muschi, o con cespugli o erbe poco appetite. Si capisce bene per cui che il rischio maggiore è rappresentato dai prati naturali o artificiali, di vecchio impianto, scarsamente curati da un punto di vista agronomico che contribuiscono a proteggere ed a mantenere vitale l’ospite intermedio.

I periodi di massima prevalenza sono rappresentati da primavera ed autunno, per la maggiore umidità, temperature più favorevoli, minore irradiazione e presenza di soggetti giovani più recettivi. Da studi effettuati sembra però che la stagione con la maggior prevalenza sia la primavera, perché gli acari riescono a resistere bene a temperature molto basse.

Un altro fattore che incide sull’infestione è la densità dei capi, si è visto che con un carico di bestiame basso (circa due capi per ettaro), l’incidenza è circa del 40-60% nei soggetti di 3-5 mesi, mentre diventa massima con un carico superiore ai dieci animali per ettaro.

L’incidenza dell’infestione risulta essere influenzata anche dall’età, infatti i soggetti adulti presentano minore incidenza nelle infestazioni per fenomeni di resistenza naturale o acquisita.

I soggetti giovani sono molto più sensibili rispetto agli adulti, e quando vengono portati su terreni contaminati possono facilmente raggiungere positività dell’80-100%. I soggetti adulti sono invece più resistenti, anche se tendono ad avere una breve positivizzazione, dal 32 al 50%, in corrispondenza del parto e dell’inizio della lattazione, forse in seguito ad una diminuzione della resistenza, (Ambrosi, 1995).

Ciclo biologico

Gli adulti sono localizzati nell’intestino tenue, e producono le proglottidi, che una volta mature (gravide), si staccano dalla strobila e vengono espulse con le feci. All’esterno avviene l’autospremitura delle

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proglottidi e la dispersione delle uova, che contengono un embrione a sei uncini, l’Oncosfera o larva esacanta. Le uova vengono ingerite da un ospite intermedio, un acaro coprofago che ed al suo interno la larva si libera e migra nella cavità corporea, qui matura in metacestode (Cisticercoide) dopo circa 1-4 mesi.

I ruminanti si infestano al pascolo ingerendo gli acari parassitati, a livello intestinale lo scolice, stimolato dai sali biliari, si estroflette e si fissa alla mucosa nella sua sede di localizzazione, i parassiti divengono adulti in 6-8 settimane.

Patologia e danni alla produzione

La patologia non rappresenta un rischio né per le pecore né per gli agnelli macellati precocemente, anche se allevati all’aperto. Il rischio riguarda invece gli agnelli pesanti (macellati a 3-4 mesi), allevati al pascolo per l’intera durata della loro vita o ristallati a metà ciclo per il finissaggio, soprattutto per i soggetti nati a marzo (nessun rischio se allevati al chiuso).

Le rimonte nate a marzo si infestano solitamente due volte prima di divenire resistenti, quelle nate in autunno hanno scarso rischio di infestione immediata ma possono contaminarsi nella primavera successiva, divenendo poi resistenti.

Per quanto riguarda i danni provocati da questa parassitosi, ci sono più scuole di pensiero, in quanto spesso sono stati ritrovati un alto numero di parassiti in soggetti macellati, senza che questi avessero mostrato in vita segni negativi apparenti. Tuttavia la presenza nell’intestino di questi parassiti lunghi anche fino a due metri e larghi circa 2 cm anche in numero consistente dà comunque a pensare siano responsabili di fenomeni irritativi, sufficienti ad alterare la funzione di assorbimento della mucosa, (è risaputo che le tenie sottraggono glucidi, protidi, minerali, vitamine, etc…), o fenomeni ostruttivi.

Da studi effettuati è stato rilevato che soggetti parassitati da Moniezia spp. presentano una perdita di peso stimabile in una percentuale dal 4 al 17%. Confrontando soggetti infestati e trattati, intorno ai 2-3 mesi, e

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soggetti infestati ma non trattati, si è visto che nei soggetti trattati c’era una differenza di incremento ponderale fino al 40%, che tende a scomparire dopo i tre mesi, confermando che le teniasi sono un problema giovanile e non danno problemi nei soggetti adulti.

Da tenere in considerazione è l’elevata sinergia tra teniasi e strongilosi gastrointestinale dei ruminanti, in questo caso, la sintomatologia può divenire molto più grave e talora causare anche morti, il danno produttivo risulta raddoppiato se non triplicato.

Diagnosi

La diagnosi è facile, macroscopicamente si possono notare le proglottidi, simili a chicchi di riso cotti, o frammenti di strobila anche abbastanza lunghi.

L’esame coprologico viene effettuato mediante flottazione a media densità (1350), le uova sono ben riconoscibili al microscopio grazie alla loro particolare forma geometrica, triangolare per M. espansa e quadrangolare per M. benedeni, a parete spessa, contenente l’oncosfera decentrata (Ambrosi, 1995).

2.9

CRIPTOSPORIDIOSI

Eziologia

Protozoo che colpisce numerose specie animali ed è dotato di scarsa specie-specificità, un’unica specie è responsabile dell’infezione nei mammiferi, il C. parvum, i più suscettibili sono i ruminanti (Tzipori, 1980). È un parassita di dimensioni molto piccole, le oocisti misurano dai 4 ai 6 m, si localizza nell’intestino tenue.

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Epidemiologia

Colpisce soprattutto i soggetti giovani, il 12% degli agnelli tra i 4 ed i 25 giorni sono risultati positivi in Italia, tutti con sintomi di diarrea di intensità diversa (Ambrosi, 1995).

La diarrea neonatale è una delle principali cause di morbilità e mortalità nei giovani ruminanti ed il Cryptosporidium è considerato uno dei principali agenti causali della diarrea a questa età (Ortega-Mora, 1999). Da studi effettuati è stato visto che i ruminanti adulti asintomatici possono rappresentare una fonte di contagio per i neonati e sembra possibile l’esistenza di un fenomeno paragonabile al periparturient rise già visto per gli Strongili. Questo probabilmente è legato ad un’alterazione dello stato immunitario negli animali domestici durante la gravidanza e la lattazione (Ortega-Mora, 1999).

Ciclo biologico

È un parassita intracellulare ma extracitoplasmatico, aderisce al bordo degli enterociti, dove viene avvolto da un vacuolo parassitoforo .

La trasmissione avviene attraverso un ciclo oro-fecale, la principale fonte di contagio sono le oocisti eliminate dagli animali clinicamente infetti (Ortega-Mora, 1999). Il ciclo si completa rapidamente, è simile a quello degli altri coccidi intestinali, se non per il fatto che le oocisti, di dimensioni molto piccole intorno ai 4-5 , vengono emesse con le feci già sporulate e non possiedono sporocisti ma direttamente 4 sporozoiti. Una volta giunte a livello intestinale, le oocisti ingerite rilasciano gli sporozoiti che si trasformano in trofozoiti e poi in schizonti di prima generazione, contenente da 4 ad 8 merozoiti. Dopo alcune generazioni di schizonti ha origine la fase gametogonica con formazione dell’oociste sporulata ed infettante in circa 72 ore (Ambrosi 1995, Urquhart 1998).

Patologia

Il sintomo clinico caratteristico è la diarrea, legata sia a fenomeni di malassorbimento che a fenomeni di tipo osmotico. Colpisce gli agnelli

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nel periodo neonatale, dai 4 giorni fino ai 20, la morbilità è elevata e la mortalità può raggiungere il 40% (Genchi, 2002).

I soggetti si presentano abbattuti, con ridotto accrescimento, disidratazione, malnutrizione ed anoressia. I segni clinici non permettono di differenziare la cryptosporidiosi da altre cause di diarrea (Genchi, 2002; Ambrosi, 1995).

La diarrea è spesso violenta, liquida, giallastra e maleodorante, il fenomeno tende ad essere autolimitante in quanto è legata allo stato immunitario del soggetto. La gravità dell’infezione è legata a vari fattori quali la patogenicità del ceppo parassitario in causa, altre patologie concomitanti e lo stato del soggetto.

I soggetti adulti risultano poco interessati da questa parassitosi, tuttavia è presente anche in questo caso un fenomeno simile al periparturient rise, con un aumento di eliminazione delle oocisti in prossimità del parto, ma soprattutto dopo, risultando così le madri le principali fonti di infezione per gli agnelli.

Da un punto di vista anatomopatologico il tratto più colpito risulta quello più distale del piccolo intestino, con atrofia e fusione dei villi, degenerazione e scomparsa dei microvilli, necrosi cellulare ed infiltrati monocitari e neutrofili nella mucosa (Genchi, 2002).

I neonati sono più suscettibili all’infezione in quanto la resistenza aumenta con l’età, ed i segni clinici sono più severi.

Diagnosi

Lo scopo è quello di evidenziare le oocisti contenute nel materiale fecale, i campioni dovrebbero essere prelevati direttamente dall’ampolla rettale e refrigerati fino al loro utilizzo.

Viste le ridotte dimensioni delle oocisti risulta difficile metterle in evidenza con i comuni metodi di flottazione. Il metodo più usato è quello dello striscio del materiale fecale su un vetrino portaoggetto che

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