Quad. Bot. Amb. Appl., 26 (2015): 3-10.
Contributo alla conoscenza delle piante alimurgiche del Parco dei Nebrodi: le specie utilizzate nella tradizione popolare di Caronia (Messina)
P. M azzola , S. N ibali l uPica & l. b artolotta
Università di Palermo, Dip.to SAF/Laboratorio di Botanica agraria, Via Archirafi 38, I-90123 Palermo.
a bStract – Contribution to the knowledge of foraged herbs in the Park of Nebrodi (N-Sicily): plants in use in the rural community of Caronia (Messina) - Foraged herbs in traditional uses in the rural town of Caronia (Messina) have been in- ventoried on the basis of interviews and field collections carried with the local old people. This, with the aim to contribute to the ethnobotanical knowledge in the Nebrodi Park with conservation and exploitation purposes. On the whole 50 species belonging to 43 genera of 21 phanerogamic families have been found, each of them whith their store of local names and uses. These mostly belong to the families Asteraceae (16 species, 14 genera), Brassicaceae (5, 4), Apiaceae (4,4). Species currently used are Carlina corymbosa, Centaurea calcitrapa, Helminthoteca echioides, Brassica fruticulosa, Portulaca ole- racea, Urospermum picroides, Allium subhirsutum, Allium ursinum and Lathyrus annuus. These two latter species as well as Cerinthe major and Asphodelus microcarpus are exclusive to Caronia and in the Park. Lathyrus sylvestris, Solanum nigrum and Malva cretica are known inside within few other communities. Finally, some Caronia local names are not included in the Sicilian dictionaries.
Key words: Foraged herbs, rural town, Nebrodi Park, Sicily.
i NtroduzioNe
Fin dalle origini l’uomo ha mantenuto un rapporto equilibrato con la natura, imparando a conoscere e utilizzare quanto essa poteva offrirgli di utile: per quanto riguarda i vegetali, oltre al legname, foraggi, e ai frutti dell’agricoltura, piante medicinali, funghi, altre piante alimentari o comunque utili sotto vari altri aspetti.
In questo modo nel corso dei millenni si è formato un imponente patrimonio di conoscenza, custodito dal popolo e tramandato nell’ambito familiare. Alla crescita di questo patrimonio, contribuivano agricoltori, pastori, cacciatori e occasionalmente anche cittadini, che vivevano a più stretto contatto con la natura. Il modo di vivere di oggi, tuttavia, condanna in maniera irrimediabile questi usi tradizionali, ed è prevedibile che nel giro di una generazione si sarà perduto persino la memoria di quanto una volta l’uomo sapeva ricavare dal mondo vegetale; questo rappresenta una perdita netta, un passo indietro delle nostre conoscenze che non dovrebbe venire tollerato.
Queste preoccupazioni, non del tutto pessimistiche, venivano espresse alcuni decenni or sono nel corso di una riunione della Società Botanica Italiana da P igNatti (1971) il quale proseguiva affermando che “se vogliamo seriamente preoccuparci per il domani, credo che la raccolta di una documentazione per quanto possibile ricca e completa sugli usi popolari delle piante in Italia, potrebbe costituire un titolo di merito per la nostra generazione. Credo anche che oggi questo compito risulti ancora realizzabile, ma già in pochi anni possa divenire impossibile”. In realtà, proprio in quegli anni, le
cognizioni e le tradizioni fitoetnologiche sembravano destinate ad annullarsi. Infatti, rispetto agli inizi del secolo – quando le opere floristiche del tempo, pur contenendo informazioni su molti usi trascorsi, ne riportavano ancora tanti che, attivamente praticati (F iori , 1923-1929) e ben noti. – esse si erano tanto ridotte da giustificare l’allarme di P igNatti (1971). Per altro, le perdite a carico delle conoscenze e delle attività tradizionali era molto estesa, come mostrava l’intensa erosione a carico dei nomi vernacolari ancora ben documentati per tutte le regioni italiane nei primi decenni di quel secolo (P eNzig , 1924).
L’appello di P igNatti (1971) fu di stimolo e presto apparvero centinaia di contributi mirati alla documentazione, al recupero e alla valorizzazione del patrimonio etnobotanico italiano, in ragione crescente a partire dagli anni ‘70 fino a raggiungere una media annua massima tra il 1990 e i 2005 (g uarrera , 2006). Gli argomenti d’indagine riguardano tutte le usanze tradizionali, dalla medicina popolare, alla veterinaria, all’alimentazione animale e umana, ai giochi, ai riti magici, agli aspetti lessicali, ecc. I dati acquisiti riguardano tutto il territorio nazionale ma relativamente ai territori indagati, la maggiore copertura, secondo lo stesso g uarrera (2006), si ha per la Toscana e la Sicilia seguite dalla Sardegna (a tzei , 2003). Nelle condizioni attuali si può affermare che il rischio di perdita totale del nostro patrimonio etnobotanico è in parte scongiurato, almeno per quanto attiene alla documentazione.
Va però considerato che nelle varie regioni il recupero delle conoscenze è alquanto discontinuo e che esistono ampie zone totalmente prive di riferimenti.
Pubblicato online il 28.07.2017
l’ etNobotaNica iN S icilia - S tato delle coNoSceNze
In Sicilia un significativo impulso alle indagini etnobotaniche può farsi risalire a un succinto contributo di r aiMoNdo (1980) che, richiamando gli usi di alcune piante in uso nella tradizione popolare delle Madonie, sulla scia di P igNatti (1971) riproponeva l’importanza del recupero delle conoscenze popolari. Più che di un lavoro si trattava di una vera e propria sollecitazione che fu seguita da numerosi contributi relativi ai comprensori del Trapanese (l eNtiNi , 1987; l eNtiNi & al., 1988), delle Madonie nel Palermitano (r aiMoNdo & l eNtiNi , 1990), dei Nebrodi nel Messinese (l eNtiNi & r aiMoNdo , 1990; l eNtiNi & al., 2004;
a rcidiacoNo & al., 2007), del Catanese (a rcidiacoNo &
P avoNe , 1994; a rcidiacoNo , 2002; l eNtiNi , 2002; N aPoli , 2002), di Mussomeli nel Nisseno (a Mico & S orce , 1997) nonché dell’Agrigentino, delle isole circumsiciliane (cfr.
g uarrera , 2006) e di Pantelleria (c ataNzaro , 2002; g alt &
g alt , 1978). La maggioranza delle pubblicazioni riguarda gli usi alimentari, artigianali e medicinali (cfr. g uarrera , 2006). Relativamente al passato, esiste una ragguardevole messe di dati che, raccolti a partire dal secolo diciassettesimo ad opera di c uPaNi (1696 -1697) e u cria (1789), rappresenta una preziosa fonte di elementi utili per confronti tra il germoplasma siciliano di oggi e quello storico oltre che per verifiche sui processi di erosione vernacolare, ecc.
Per quanto riguarda la copertura dell’informazione regionale, essa è piuttosto notevole sebbene alquanto discontinua (l eNtiNi , 2000). Le zone più studiate sono quelle intorno all’Etna e la Sicilia occidentale fra Trapani e Palermo. Meno note sono ampie zone dell’interno e della parte meridionale che risultano sostanzialmente inesplorate;
lo stesso vale per i rilievi del Messinese che fino a tempi recenti sono stati oggetto di poche indagini saltuarie (l eNtiNi
& r aiMoNdo , 1990; l eNtiNi & al., 2004; a rcidiacoNo & al., 2007).
Il presente contributo riguarda la raccolta degli usi nella tradizione della comunità di Caronia (ME) con riferimento alle piante alimurgiche e ad alcune officinali.
Il territorio
Il territorio di Caronia si estende dalla costa fino a quote superiori a 1500 m s.l.m. e confina a Nord con il comune di Capizzi, a Sud con il Mar Tirreno, a Sud-ovest con il Comune di Santo Stefano di Camastra, a Nord-Ovest con il Comune di Mistretta, a Sud-Est con il comune di Acquedolci e a Nord-Est con il comune di San Fratello. In passato era costituito da 24 feudi (S. Barbaro, Santa Maria, Baretta, Piana, Sambuco, S. Andrea, Crocitti, Lavanche, Cannella, S.Pietro o Sampieri, Saraceno, Cardoneta, S. Nicolò, Sorba, S.Costantino, Danaci, Forge, Porracche, Riserba o S. Michele, La Marchina, Pomiere, Moglia, Marascotto, Morizzi), che occupavano l’attuale superficie di 22.655 ha ricadenti per 19.515 ha (86,15 %) nel Parco dei Nebrodi (Fig. 1).
La fascia costiera ha uno sviluppo di circa 20 Km, in parte occupati da vegetazione di macchia mediterranea e in parte da coltivi irrigui, soprattutto agrumeti che oggi si sono ridotti sensibilmente. Salendo verso le colline si trovano oliveti, pascoli, leccete e sugherete (circa 4.000 ha); a queste ultime a quote ancora superiori subentra il cerro e poi, a circa 1200 m, la formazione boschiva di faggio. Un’importante presenza è costituita dalla “Tassita” che, vasta circa 30 ha, è la più estesa stazione siciliana di tasso.
Il bioclima di Caronia secondo la classificazione di Rivas-Martinez è del tipo termomediterraneo, con precipitazioni medie annue di 660 mm ripartite in 74 giorni quasi esclusivamente piovosi distribuiti nel periodo autunno-primaverile e quasi assenti fra maggio e settembre (dati desunti dalla stazione pluviometrica sita a 302 m s.l.m.). La temperatura media riferita alla stazione di Santo Stefano Di Camastra è di 16,9 °C.
La costituzione geologica del territorio è dominata dalla presenza di quarziti e materiali silico-arenacei, argille brune e flysch in piccola parte.
C eNNi Storici ed ecoNoMia
Caronia ha origini molto antiche; il primo nucleo abitato sorse intorno all’VIII secolo a. C., ad opera di coloni greci, con il nome di Kale Akte (“bella costa”). Secondo lo storico Diodoro Siculo, la fondazione di Calacte, risalirebbe al 447 a.C. ad opera di Ducezio, re dei siculi, di ritorno dall’esilio a Corinto. Calacte (Caronia) sia in epoca greca, che in quella romana occupò ruoli importanti dal punto di vista economico, tanto che in epoca romana fu sede di zecca (F iore , 2011). Altre notizie sono riportate dal geografo musulmano Edrisi nell’opera “Il libro di Ruggero”, da cui si evince che il Castello normanno, oggi uno dei monumenti locali più importanti, era già esistente alla morte di Ruggero II (1154). Al XII secolo risalgono anche la chiesa San Nicolò a Caronia e quella della SS. Annunziata a Marina di Caronia, citate in un documento ecclesiastico del 1178.
Dopo il dominio dei Normanni, il territorio passò sotto la giurisdizione di importanti famiglie dell’epoca: Ventimiglia, Aragona, Rosso, Pignatelli. I Ventimiglia sfruttarono Marina di Caronia come scalo commerciale. Successivamente, sotto la dominazione spagnola, Caronia passò come marchesato ai Pignatelli Aragona Cortéz, la cui presenza è attestata dal vessillo comunale con tre pignatte in campo senape.
I Pignatelli mantennero il governo del paese dal 1544 fino all’immediato dopoguerra quando oltre 3000 ha del Fig. 1 – Il territorio di Caronia e i suoi rapporti con il Parco
dei Nebrodi.
latifondo furono assegnati ai contadini. La popolazione consiste di circa 3700 abitanti, ripartiti fra le sue frazioni di Marina, Canneto e Torre del Lauro. In rapporto alle fasce d’anzianità, il 15,3% è di età fino a 14 anni, il 58,8% di età compresa tra 15 e 64 anni e il 25,9% è di oltre i 65 anni.
Le attività economiche principali praticate nel territorio si basano sull’agricoltura, sulla pastorizia e sull’artigianato, ancora vivace, per quanto in netto declino, negli ultimi decenni. Una particolare figura è quella del raccoglitore di verdure selvatiche la cui presenza ancora alcuni anni or sono annoverava diverse unità. Fino a un passato molto recente il centro di Caronia era conosciuto in Sicilia per la produzione artigianale di carbone, attività che oggi è pressoché scomparsa; oggi la gestione del bosco è condotta da imprese specializzate nel taglio e nella produzione di legna da ardere o destinata ad industrie del settore. Anche la decorticazione delle sughere, un tempo molto redditizia, è in declino.
M ateriali e Metodi
Le indagini sono state svolte tra il mese di gennaio 2011 e quello di dicembre 2012. Esse hanno comportato attività di campo e di laboratorio presso l’Orto Botanico di Palermo, oltre alla raccolta di dati di letteratura relativi al contesto delle Caronie con speciale attenzione alle comunità ricadenti all’interno del Parco dei Nebrodi. In particolare, sono state di utile confronto le recenti indagini etnobotaniche sui territori di Alcara Li Fusi e Militello Rosmarino (a rcidiacoNo &
al., 2007) e quelle svolte da l eNtiNi & r aiMoNdo (1990) a Mistretta, comune confinante con Caronia. La registrazione dei dati etnografici, utilizzando l’apposita scheda riportata di seguito, è stata redatta sulla base di interviste individuali e collettive effettuate direttamente a informatori scelti fra i membri della fascia degli anziani nella comunità caronese e riconosciuti come esperti conoscitori delle verdure locali, proprio come i raccoglitori-venditori sopra citati.
Gli intervistati, ai quali venivano mostrati sia campioni freschi che esemplari d’erbario, oltre a fornire l’informazione verbale, hanno collaborato personalmente alla raccolta delle piante e hanno anche fornito i corrispondenti nomi vernacolari, mostrando sia le parti da prelevare che il trattamento di pulitura e le modalità di preparazione per l’uso. Per quanto riguarda l’epoca di raccolta, per ciascuna specie i campionamenti e le interviste sono stati effettuati nella stagione appropriata. I materiali sono stati utilizzati sia per la realizzazione degli exsiccata da inserire nelle collezioni dell’Herbarium Mediterraneum Panormitanum (PAL) sia per le prove organolettiche di riferimento per la valutazione dei reperti, preparati secondo le modalità della tradizione locale. Per ogni dato si è cercato di avere la conferma di almeno 2 informatori anche nei casi di piante note all’intervistatore. I reperti presi in considerazione nel censimento sono stati per quanto possibile corredati di adeguata documentazione fotografica. Per l’identificazione tassonomica delle essenze e per la nomenclatura seguita si è fatto riferimento alla Flora d’Italia di P igNatti (1982) e ai contributi floristici locali di l eNtiNi & r aiMoNdo (1990) e di a rcidiacoNo & al. (2007). Questi ultimi due lavori sono stati utili anche per i confronti con la vicina comunità di Mistretta; per quanto riguarda le comparazioni vernacolari tra Sicilia e altre regioni d’Italia i riferimenti principali sono stati P iccitto & t roPea (1977-1990) e P eNzig (1924).
Di particolare utilità è stata anche la consultazione delle opere di c uPaNi (1696-1697) e u cria (1789), specialmente rispetto all’origine e all’eventuale scomparsa del termine vernacolare nel territorio.
I dati relativi a ciascuna delle essenze censite sono riportati in una scheda contenente il nome scientifico con la famiglia di appartenenza e la riproduzione fotografica, il nome vernacolare e volgare, la descrizione dei caratteri botanici, le caratteristiche bio-ecologiche, la distribuzione geografica, il riferimento d’erbario oltre alle indicazioni su periodo di raccolta, parti utilizzate, modalità di preparazione ed esempi di ricette con relativi piatti, diffusione locale e frequenza dell’uso, proprietà e principi attivi, eventuali note e possibili confronti con le usanze delle comunità vicine, specialmente con quella di Mistretta. Le piante censite, con i relativi nomi scientifici e i corrispondenti termini vernacolari, sono elencate in ordine alfabetico nell’accezione e la grafia proprie della parlata calactina (Tab. 1).
INTERVISTA
Località, Comune / Provincia………...Data ……....……...
Dati intervistato
Età….. Sesso …… Professione…………... Nome e cognome ……...
Dati floristici: Nome scientifico...…...Nome volgare………...
Nomi dialettali ………...…………....………..
Caratteristiche stazionali ………...……… Coltivata SI / NO Frequenza
1CC C PC R RR Periodo di raccolta
2P / E / A / I / S Uso popolare:
Alimentare – Med. umana – Med. veterinaria – Antiparassitario – Credenze e proverbi Parti usate: Radici - bulbi - tuberi - foglie - fiori - frutti - fusti - parte aerea - cime fiorite Manipolazione e modalità d’uso:
Infuso - decotto -macerato - impacco - impiastro, ecc - uso interno - uso esterno Uso attuale: SI - NO – POCO
Note:
Ricette particolari (anche associazione con altre erbe)
1
CC: molto comune; C: comune; PC: poco comune; R: rara, RR: molto rara
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