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Contributo alla conoscenza delle piante alimurgiche del Parco dei Nebrodi: le specie utilizzate nella tradizione popolare di Caronia (Messina)

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Quad. Bot. Amb. Appl., 26 (2015): 3-10.

Contributo alla conoscenza delle piante alimurgiche del Parco dei Nebrodi: le specie utilizzate nella tradizione popolare di Caronia (Messina)

P. M azzola , S. N ibali l uPica & l. b artolotta

Università di Palermo, Dip.to SAF/Laboratorio di Botanica agraria, Via Archirafi 38, I-90123 Palermo.

a bStract – Contribution to the knowledge of foraged herbs in the Park of Nebrodi (N-Sicily): plants in use in the rural community of Caronia (Messina) - Foraged herbs in traditional uses in the rural town of Caronia (Messina) have been in- ventoried on the basis of interviews and field collections carried with the local old people. This, with the aim to contribute to the ethnobotanical knowledge in the Nebrodi Park with conservation and exploitation purposes. On the whole 50 species belonging to 43 genera of 21 phanerogamic families have been found, each of them whith their store of local names and uses. These mostly belong to the families Asteraceae (16 species, 14 genera), Brassicaceae (5, 4), Apiaceae (4,4). Species currently used are Carlina corymbosa, Centaurea calcitrapa, Helminthoteca echioides, Brassica fruticulosa, Portulaca ole- racea, Urospermum picroides, Allium subhirsutum, Allium ursinum and Lathyrus annuus. These two latter species as well as Cerinthe major and Asphodelus microcarpus are exclusive to Caronia and in the Park. Lathyrus sylvestris, Solanum nigrum and Malva cretica are known inside within few other communities. Finally, some Caronia local names are not included in the Sicilian dictionaries.

Key words: Foraged herbs, rural town, Nebrodi Park, Sicily.

i NtroduzioNe

Fin dalle origini l’uomo ha mantenuto un rapporto equilibrato con la natura, imparando a conoscere e utilizzare quanto essa poteva offrirgli di utile: per quanto riguarda i vegetali, oltre al legname, foraggi, e ai frutti dell’agricoltura, piante medicinali, funghi, altre piante alimentari o comunque utili sotto vari altri aspetti.

In questo modo nel corso dei millenni si è formato un imponente patrimonio di conoscenza, custodito dal popolo e tramandato nell’ambito familiare. Alla crescita di questo patrimonio, contribuivano agricoltori, pastori, cacciatori e occasionalmente anche cittadini, che vivevano a più stretto contatto con la natura. Il modo di vivere di oggi, tuttavia, condanna in maniera irrimediabile questi usi tradizionali, ed è prevedibile che nel giro di una generazione si sarà perduto persino la memoria di quanto una volta l’uomo sapeva ricavare dal mondo vegetale; questo rappresenta una perdita netta, un passo indietro delle nostre conoscenze che non dovrebbe venire tollerato.

Queste preoccupazioni, non del tutto pessimistiche, venivano espresse alcuni decenni or sono nel corso di una riunione della Società Botanica Italiana da P igNatti (1971) il quale proseguiva affermando che “se vogliamo seriamente preoccuparci per il domani, credo che la raccolta di una documentazione per quanto possibile ricca e completa sugli usi popolari delle piante in Italia, potrebbe costituire un titolo di merito per la nostra generazione. Credo anche che oggi questo compito risulti ancora realizzabile, ma già in pochi anni possa divenire impossibile”. In realtà, proprio in quegli anni, le

cognizioni e le tradizioni fitoetnologiche sembravano destinate ad annullarsi. Infatti, rispetto agli inizi del secolo – quando le opere floristiche del tempo, pur contenendo informazioni su molti usi trascorsi, ne riportavano ancora tanti che, attivamente praticati (F iori , 1923-1929) e ben noti. – esse si erano tanto ridotte da giustificare l’allarme di P igNatti (1971). Per altro, le perdite a carico delle conoscenze e delle attività tradizionali era molto estesa, come mostrava l’intensa erosione a carico dei nomi vernacolari ancora ben documentati per tutte le regioni italiane nei primi decenni di quel secolo (P eNzig , 1924).

L’appello di P igNatti (1971) fu di stimolo e presto apparvero centinaia di contributi mirati alla documentazione, al recupero e alla valorizzazione del patrimonio etnobotanico italiano, in ragione crescente a partire dagli anni ‘70 fino a raggiungere una media annua massima tra il 1990 e i 2005 (g uarrera , 2006). Gli argomenti d’indagine riguardano tutte le usanze tradizionali, dalla medicina popolare, alla veterinaria, all’alimentazione animale e umana, ai giochi, ai riti magici, agli aspetti lessicali, ecc. I dati acquisiti riguardano tutto il territorio nazionale ma relativamente ai territori indagati, la maggiore copertura, secondo lo stesso g uarrera (2006), si ha per la Toscana e la Sicilia seguite dalla Sardegna (a tzei , 2003). Nelle condizioni attuali si può affermare che il rischio di perdita totale del nostro patrimonio etnobotanico è in parte scongiurato, almeno per quanto attiene alla documentazione.

Va però considerato che nelle varie regioni il recupero delle conoscenze è alquanto discontinuo e che esistono ampie zone totalmente prive di riferimenti.

Pubblicato online il 28.07.2017

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l’ etNobotaNica iN S icilia - S tato delle coNoSceNze

In Sicilia un significativo impulso alle indagini etnobotaniche può farsi risalire a un succinto contributo di r aiMoNdo (1980) che, richiamando gli usi di alcune piante in uso nella tradizione popolare delle Madonie, sulla scia di P igNatti (1971) riproponeva l’importanza del recupero delle conoscenze popolari. Più che di un lavoro si trattava di una vera e propria sollecitazione che fu seguita da numerosi contributi relativi ai comprensori del Trapanese (l eNtiNi , 1987; l eNtiNi & al., 1988), delle Madonie nel Palermitano (r aiMoNdo & l eNtiNi , 1990), dei Nebrodi nel Messinese (l eNtiNi & r aiMoNdo , 1990; l eNtiNi & al., 2004;

a rcidiacoNo & al., 2007), del Catanese (a rcidiacoNo &

P avoNe , 1994; a rcidiacoNo , 2002; l eNtiNi , 2002; N aPoli , 2002), di Mussomeli nel Nisseno (a Mico & S orce , 1997) nonché dell’Agrigentino, delle isole circumsiciliane (cfr.

g uarrera , 2006) e di Pantelleria (c ataNzaro , 2002; g alt &

g alt , 1978). La maggioranza delle pubblicazioni riguarda gli usi alimentari, artigianali e medicinali (cfr. g uarrera , 2006). Relativamente al passato, esiste una ragguardevole messe di dati che, raccolti a partire dal secolo diciassettesimo ad opera di c uPaNi (1696 -1697) e u cria (1789), rappresenta una preziosa fonte di elementi utili per confronti tra il germoplasma siciliano di oggi e quello storico oltre che per verifiche sui processi di erosione vernacolare, ecc.

Per quanto riguarda la copertura dell’informazione regionale, essa è piuttosto notevole sebbene alquanto discontinua (l eNtiNi , 2000). Le zone più studiate sono quelle intorno all’Etna e la Sicilia occidentale fra Trapani e Palermo. Meno note sono ampie zone dell’interno e della parte meridionale che risultano sostanzialmente inesplorate;

lo stesso vale per i rilievi del Messinese che fino a tempi recenti sono stati oggetto di poche indagini saltuarie (l eNtiNi

& r aiMoNdo , 1990; l eNtiNi & al., 2004; a rcidiacoNo & al., 2007).

Il presente contributo riguarda la raccolta degli usi nella tradizione della comunità di Caronia (ME) con riferimento alle piante alimurgiche e ad alcune officinali.

Il territorio

Il territorio di Caronia si estende dalla costa fino a quote superiori a 1500 m s.l.m. e confina a Nord con il comune di Capizzi, a Sud con il Mar Tirreno, a Sud-ovest con il Comune di Santo Stefano di Camastra, a Nord-Ovest con il Comune di Mistretta, a Sud-Est con il comune di Acquedolci e a Nord-Est con il comune di San Fratello. In passato era costituito da 24 feudi (S. Barbaro, Santa Maria, Baretta, Piana, Sambuco, S. Andrea, Crocitti, Lavanche, Cannella, S.Pietro o Sampieri, Saraceno, Cardoneta, S. Nicolò, Sorba, S.Costantino, Danaci, Forge, Porracche, Riserba o S. Michele, La Marchina, Pomiere, Moglia, Marascotto, Morizzi), che occupavano l’attuale superficie di 22.655 ha ricadenti per 19.515 ha (86,15 %) nel Parco dei Nebrodi (Fig. 1).

La fascia costiera ha uno sviluppo di circa 20 Km, in parte occupati da vegetazione di macchia mediterranea e in parte da coltivi irrigui, soprattutto agrumeti che oggi si sono ridotti sensibilmente. Salendo verso le colline si trovano oliveti, pascoli, leccete e sugherete (circa 4.000 ha); a queste ultime a quote ancora superiori subentra il cerro e poi, a circa 1200 m, la formazione boschiva di faggio. Un’importante presenza è costituita dalla “Tassita” che, vasta circa 30 ha, è la più estesa stazione siciliana di tasso.

Il bioclima di Caronia secondo la classificazione di Rivas-Martinez è del tipo termomediterraneo, con precipitazioni medie annue di 660 mm ripartite in 74 giorni quasi esclusivamente piovosi distribuiti nel periodo autunno-primaverile e quasi assenti fra maggio e settembre (dati desunti dalla stazione pluviometrica sita a 302 m s.l.m.). La temperatura media riferita alla stazione di Santo Stefano Di Camastra è di 16,9 °C.

La costituzione geologica del territorio è dominata dalla presenza di quarziti e materiali silico-arenacei, argille brune e flysch in piccola parte.

C eNNi Storici ed ecoNoMia

Caronia ha origini molto antiche; il primo nucleo abitato sorse intorno all’VIII secolo a. C., ad opera di coloni greci, con il nome di Kale Akte (“bella costa”). Secondo lo storico Diodoro Siculo, la fondazione di Calacte, risalirebbe al 447 a.C. ad opera di Ducezio, re dei siculi, di ritorno dall’esilio a Corinto. Calacte (Caronia) sia in epoca greca, che in quella romana occupò ruoli importanti dal punto di vista economico, tanto che in epoca romana fu sede di zecca (F iore , 2011). Altre notizie sono riportate dal geografo musulmano Edrisi nell’opera “Il libro di Ruggero”, da cui si evince che il Castello normanno, oggi uno dei monumenti locali più importanti, era già esistente alla morte di Ruggero II (1154). Al XII secolo risalgono anche la chiesa San Nicolò a Caronia e quella della SS. Annunziata a Marina di Caronia, citate in un documento ecclesiastico del 1178.

Dopo il dominio dei Normanni, il territorio passò sotto la giurisdizione di importanti famiglie dell’epoca: Ventimiglia, Aragona, Rosso, Pignatelli. I Ventimiglia sfruttarono Marina di Caronia come scalo commerciale. Successivamente, sotto la dominazione spagnola, Caronia passò come marchesato ai Pignatelli Aragona Cortéz, la cui presenza è attestata dal vessillo comunale con tre pignatte in campo senape.

I Pignatelli mantennero il governo del paese dal 1544 fino all’immediato dopoguerra quando oltre 3000 ha del Fig. 1 – Il territorio di Caronia e i suoi rapporti con il Parco

dei Nebrodi.

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latifondo furono assegnati ai contadini. La popolazione consiste di circa 3700 abitanti, ripartiti fra le sue frazioni di Marina, Canneto e Torre del Lauro. In rapporto alle fasce d’anzianità, il 15,3% è di età fino a 14 anni, il 58,8% di età compresa tra 15 e 64 anni e il 25,9% è di oltre i 65 anni.

Le attività economiche principali praticate nel territorio si basano sull’agricoltura, sulla pastorizia e sull’artigianato, ancora vivace, per quanto in netto declino, negli ultimi decenni. Una particolare figura è quella del raccoglitore di verdure selvatiche la cui presenza ancora alcuni anni or sono annoverava diverse unità. Fino a un passato molto recente il centro di Caronia era conosciuto in Sicilia per la produzione artigianale di carbone, attività che oggi è pressoché scomparsa; oggi la gestione del bosco è condotta da imprese specializzate nel taglio e nella produzione di legna da ardere o destinata ad industrie del settore. Anche la decorticazione delle sughere, un tempo molto redditizia, è in declino.

M ateriali e Metodi

Le indagini sono state svolte tra il mese di gennaio 2011 e quello di dicembre 2012. Esse hanno comportato attività di campo e di laboratorio presso l’Orto Botanico di Palermo, oltre alla raccolta di dati di letteratura relativi al contesto delle Caronie con speciale attenzione alle comunità ricadenti all’interno del Parco dei Nebrodi. In particolare, sono state di utile confronto le recenti indagini etnobotaniche sui territori di Alcara Li Fusi e Militello Rosmarino (a rcidiacoNo &

al., 2007) e quelle svolte da l eNtiNi & r aiMoNdo (1990) a Mistretta, comune confinante con Caronia. La registrazione dei dati etnografici, utilizzando l’apposita scheda riportata di seguito, è stata redatta sulla base di interviste individuali e collettive effettuate direttamente a informatori scelti fra i membri della fascia degli anziani nella comunità caronese e riconosciuti come esperti conoscitori delle verdure locali, proprio come i raccoglitori-venditori sopra citati.

Gli intervistati, ai quali venivano mostrati sia campioni freschi che esemplari d’erbario, oltre a fornire l’informazione verbale, hanno collaborato personalmente alla raccolta delle piante e hanno anche fornito i corrispondenti nomi vernacolari, mostrando sia le parti da prelevare che il trattamento di pulitura e le modalità di preparazione per l’uso. Per quanto riguarda l’epoca di raccolta, per ciascuna specie i campionamenti e le interviste sono stati effettuati nella stagione appropriata. I materiali sono stati utilizzati sia per la realizzazione degli exsiccata da inserire nelle collezioni dell’Herbarium Mediterraneum Panormitanum (PAL) sia per le prove organolettiche di riferimento per la valutazione dei reperti, preparati secondo le modalità della tradizione locale. Per ogni dato si è cercato di avere la conferma di almeno 2 informatori anche nei casi di piante note all’intervistatore. I reperti presi in considerazione nel censimento sono stati per quanto possibile corredati di adeguata documentazione fotografica. Per l’identificazione tassonomica delle essenze e per la nomenclatura seguita si è fatto riferimento alla Flora d’Italia di P igNatti (1982) e ai contributi floristici locali di l eNtiNi & r aiMoNdo (1990) e di a rcidiacoNo & al. (2007). Questi ultimi due lavori sono stati utili anche per i confronti con la vicina comunità di Mistretta; per quanto riguarda le comparazioni vernacolari tra Sicilia e altre regioni d’Italia i riferimenti principali sono stati P iccitto & t roPea (1977-1990) e P eNzig (1924).

Di particolare utilità è stata anche la consultazione delle opere di c uPaNi (1696-1697) e u cria (1789), specialmente rispetto all’origine e all’eventuale scomparsa del termine vernacolare nel territorio.

I dati relativi a ciascuna delle essenze censite sono riportati in una scheda contenente il nome scientifico con la famiglia di appartenenza e la riproduzione fotografica, il nome vernacolare e volgare, la descrizione dei caratteri botanici, le caratteristiche bio-ecologiche, la distribuzione geografica, il riferimento d’erbario oltre alle indicazioni su periodo di raccolta, parti utilizzate, modalità di preparazione ed esempi di ricette con relativi piatti, diffusione locale e frequenza dell’uso, proprietà e principi attivi, eventuali note e possibili confronti con le usanze delle comunità vicine, specialmente con quella di Mistretta. Le piante censite, con i relativi nomi scientifici e i corrispondenti termini vernacolari, sono elencate in ordine alfabetico nell’accezione e la grafia proprie della parlata calactina (Tab. 1).

INTERVISTA

Località, Comune / Provincia………...Data ……....……...

Dati intervistato

Età….. Sesso …… Professione…………... Nome e cognome ……...

Dati floristici: Nome scientifico...…...Nome volgare………...

Nomi dialettali ………...…………....………..

Caratteristiche stazionali ………...……… Coltivata SI / NO Frequenza

1

CC C PC R RR Periodo di raccolta

2

P / E / A / I / S Uso popolare:

Alimentare – Med. umana – Med. veterinaria – Antiparassitario – Credenze e proverbi Parti usate: Radici - bulbi - tuberi - foglie - fiori - frutti - fusti - parte aerea - cime fiorite Manipolazione e modalità d’uso:

Infuso - decotto -macerato - impacco - impiastro, ecc - uso interno - uso esterno Uso attuale: SI - NO – POCO

Note:

Ricette particolari (anche associazione con altre erbe)

1

CC: molto comune; C: comune; PC: poco comune; R: rara, RR: molto rara

2

P: primavera; E: estate; A: autunno; I: inverno; S: tutto l’anno

Scheda di rilevamento

Fig. 2 – Apium nodiflorum (“scavuni”): pianta nel suo habitat

naturale.

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Tab. 1 – Piante censite

Nome scientifico Nome vernacolare

Allium subhirsutum L. Agghiu sarvaggiu

Allium ursinum L. Agghiu sarvaggiu (Fig. 2)

Apium nodiflorum (L.) Lag. Scavuni

Asparagus acutifolius L. Sparaciu

Asphodelus microcarpus L. Purrazzu

Atractylis gummifera L. Masticogna

Beta vulgaris L. Giri

Borago officinalis L. Vurraina

Brassica fruticulosa Cyr. Qualeddi, Cavuliceddi

Brassica nigra (L.) Koch Sinapi

Calamintha nepeta (L.) Savi Niputedda

Carlina corymbosa L. Spruovuli

Centaurea calcitrapa L. Pruocchi

Centaurea napifolia L. Lucia

Cerinthe major L. Sucameli

Cichorium intybus L. Cicoria

Clematis vitalba L. Liari

Crepis vesicaria subsp. hyemalis (Biv.) Babc Luciazzi

Cynara cardunculus L. Carduni (Fig. 3-4)

Daucus carota L. s.l. Niegghi, Cuddureddi

Fedia cornucopiae (L.) Gaertner Spezzaquartari

Foeniculum vulgare Miller Finuocchiu

Helminthoteca echioides L. Sparedda

Hypochoeris radicata subsp. neapolitana Guadagno Costi viecchi, Costi ruossi

Kundmannia sicula L. Pani cauri (Fig. 5)

Lathyrus annuus L. Fasuolu sarvaggiu

Lathyrus sylvestris L. Fasulazzu

Malva cretica Cav. Marva

Malva sylvestris L. Marva

Nasturtium officinale R. Br. Crisciuni

Onopordum illyricum L. Minapuordi

Origanum heracleoticum L. Riienu

Papaver rhoeas L. Papaviru

Plantago major L. Centunervi

Portulaca oleracea L. Purciddana

Raphanus raphanistrum L. subsp. raphanistrum Razza

Reichardia picroides (L.) Roth Caccialiepri

Ruscus aculeatus L. Sparaciu scuparinu

Scolymus grandiflorus Desf. Scuoddi

Silene vulgaris subsp. angustifolia (Mill.) Hayek Aricchi ‘i liepru

Silybum marianum (L.) Gaertner Ammuoni

Sisymbrium officinale (L.) Scop. Mazzareddi

Smilax aspera L. Cafaredda

Solanum nigrum L. Maredda

Sonchus oleraceus L. Cardedda

Stellaria media subsp. cupaniana Nyman Iaddinedda

Urospermum dalechampii (L.) Schmidt Cicoria russa

Urospermum picroides (L.) Schmidt Scagghi

Urtica dioica L. Diga fimmina

Urtica pilulifera L. Diga masculu

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a NaliSi

I risultati dell’indagine per ogni singola essenza sono rac- colti nella pertinente voce dello schedario. Nel complesso sono state raccolte informazioni relative a 50 entità di rango specifico, appartenenti a 43 generi di 21 famiglie di fanero- game. I generi rappresentati da 2 specie sono 7. Le famiglie maggiormente rappresentate sono le Asteraceae con 16 spe- cie di 14 generi. Seguono le Brassicaceae, con 5 specie di 4 generi, e le Apiaceae con 4 specie di 4 generi. Inoltre, sono rappresentate da 2 specie e 2 generi le Boraginaceae, le La- miaceae e le Caryophyllaceae e, infine, Alliaceae, Fabaceae, Urticaceae e Malvaceae da 2 specie di 1 genere. Le rimanenti sono rappresentate da una specie per ciascun genere.

Complessivamente a 39 delle essenze censite si attribu- isce localmente anche qualche blanda proprietà medicinale (rinfrescanti, diuretiche, ecc.) che, pur citata nelle singole schede, qui non viene presa in considerazione rispetto all’u- so prevalente. Rispetto alla tipologia d’uso, queste verdure si consumano prevalentemente lesse, stufate, in frittata, o in insalata, singolarmente o nelle mesticanze.

Nell’insieme le entità censite rappresentano la totalità del corpo alimurgico della comunità di Caronia che trova cor- rispondenza approssimativa con quanto riportato per quel- le di Alcara Li Fusi e Militello Rosmarino (a rcidiacoNo &

al., 2007) e di Mistretta (l eNtiNi & r aiMoNdo , 1990). Sotto gli aspetti comparativi sono interessanti alcune distinzioni:

in particolare, Carlina corymbosa, Centaurea calcitrapa, Helminthoteca echioides, Brassica fruticulosa, Portulaca oleracea, Urospermum picroides, Allium subhirsutum, Al- lium ursinum e Lathyrus annuus sono di uso abituale nella comunità di Caronia. Per altro, le ultime due specie non sono menzionate fra le piante in uso nel resto della Sicilia. Anche l’uso alimurgico di Cerinthe major e Asphodelus microcar- pus sembra esclusivo di Caronia, mentre sono noti in altre comunità dei Nebrodi. Particolare è anche l’impiego alimen- tare di Malva sylvestris, come si rileva anche in altre parti d’Italia (c hiej g aMacchio , 2006; c aNeva & al., 1997), men- tre nel resto della Sicilia la specie è nota soprattutto come pianta medicinale.

Le piante sopra citate, come d’altra parte l’intero elen- co, non sono che una frazione minore del corpo delle piante Fig. 3 – Cynara cardunculus (“carduni”): piante nel loro habitat naturale.

Fig. 5 – Kundmannia sicula L. (“pani cauri”) nel suo habitat naturale.

Fig. 6 – Allium ursinum L. (“agghiu sarvaggiu”), nel suo habitat naturale.

Fig. 4 – Cynara cardunculus (“carduni”): parte di pianta,

ripulita dei setti fogliari spinosi, da avviare a cottura.

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selvatiche che formano ancora a Caronia quel patrimonio di conoscenza al quale si riferiva P igNatti (1971). Per avere un quadro più ampio, sia pur sempre parziale, della consistenza del patrimonio si dovrebbero quanto meno tener presenti le piante medicinali, anch’esse nelle loro corrispondenze con quelle delle altre comunità nebrodesi o le peculiarità come, per esempio, Equisetum telmateja, Centaurium erythraea, Malva cretica e Urtica pilulifera che sembrano esclusivi, almeno rispetto alle comunità di confronto. Passando agli aspetti lessicali del patrimonio in esame, fra le particolari- tà che emergono, “niegghi” o “cuddureddi”, “spruovuli”,

“luciazzi”, “ammuoni” e “cafaredda” non trovano riscontro nei dizionari siciliani di P iccitto & t roPea (1977-1990) e di P eNzig (1924) e neppure nei contributi di principale ri- ferimento locale (l eNtiNi & r aiMoNdo , 1990; a rcidiacoNo

& al., 2007). In linea generale va notato che nelle varie co- munità, non solo sui Nebrodi, ma anche in Sicilia e in Italia, ricorrono spesso gli stessi nomi i quali però possono riferirsi a taxa del tutto differenti sebbene appartenenti alla medesi- ma famiglia.

c oNcluSioNi

Lo studio delle piante utili della tradizione alimurgica di Caronia, oggetto del presente contributo, ha avuto diverse motivazioni: Il territorio, che ricade all’interno di uno dei parchi regionali siciliani, è particolarmente ricco peculiari- tà etnologiche solo in parte registrate; pertanto, qualunque apporto di conoscenza al suo interno rappresenta di per sé una risorsa importante per il recupero, conservazione e va- lorizzazione di beni di potenziale importanza sia ai fini della semplice documentazione, sia come punto di partenza per iniziative di promozione non solo culturale. Il contributo fornito in questo contesto riguarda alcune categorie di beni immateriali, cioè la conoscenza e gli usi locali delle piante alimurgiche, che andavano registrate prima di rarefarsi fino a scomparire del tutto. Il censimento ha avuto come esito l’ac- quisizione di nuovi elementi alle conoscenze etnobotaniche del Parco che pur restano molto incomplete e frammentarie.

In particolare, sono stati individuati alcuni usi alimentari di una certa originalità rispetto alle vicine comunità. Per altro, tale originalità trova una certa corrispondenza nel lessico locale che presenta elementi di distinzione anche rispetto ai centri più vicini, come quello di Mistretta. Riguardo alle origini, è verosimile che la persistenza di queste peculiarità sia da ricercare in buona parte nelle condizioni di elevato isolamento che caratterizzava il territorio di Caronia fino al recente passato. Ma questi fattori sono destinati a ridursi progressivamente – e con essi anche le peculiarità immate- riali a causa dell’intensificarsi dei collegamenti esterni con l’abbattimento delle barriere geografiche e socio-economi- che generato anche dal Parco sul territorio.

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u cria ( da ) b., 1789 – Hortus Regius panhormitanus. – Pa- normi Typis regiis.

r iNgraziaMeNti

Studio effettuato nell’ambito di un progetto sulle piante ali- murgiche del Parco dei Nebrodi finanziato dello stesso Ente Parco che qui si ringrazia.

r iaSSuNto

Con lo scopo di contribuire alle conoscenze etnobotaniche del Parco dei Nebrodi, lo studio delle piante alimurgiche della comunità di Caronia (Messina) è stato effettuato sulla base di raccolte in campo e di interviste a persone anziane del luogo. Ciò, con finalità non solo conservative. In tutto sono state censite 50 specie appartenenti a 43 generi di 21 famiglie di fanerogame, ciascuna con il relativo corredo di cognizioni sugli usi, nomi locali, ecc.

La maggior parte delle essenze alimurgiche in questione

appartiene alle famiglie delle Asteraceae (16 specie, 14

generi), seguite dalle Brassicaceae (5, 4) e dalle Apiaceae

(4,4). Le entità di uso più abituale sono Carlina corymbosa,

Centaurea calcitrapa, Helminthoteca echioides, Brassica

fruticulosa, Portulaca oleracea, Urospermum picroides, Al-

lium subhirsutum, A. ursinum e Lathyrus annuus. Inoltre,

A. subhirsutum, L. annuus, Cerinthe major, Asphodelus mi-

crocarpus sono di uso esclusivo di Caronia, quanto meno

rispetto al Parco. L. sylvestris, Solanum nigrum e Malva

cretica sono conosciute in poche altre comunità. Relativa-

mente ai nomi locali, alcuni di essi non risultano inclusi nei

maggiori dizionari siciliani.

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