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SISTEMI PER LO SFRUTTAMENTO DELL’ENERGIA SOLARE

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(1)

FACOLTA’ DI INGEGNERIA

Corso di Laurea in Ingegneria per l’Ambiente e il Territorio

CORSO DI FISICA TECNICA AMBIENTALE Docente: Prof. Massimo Garai

SISTEMI PER LO SFRUTTAMENTO DELL’ENERGIA SOLARE

Tesina integrativa di: Antonio Grecucci

Anno Accademico 1998-99

Copyright 1999-2000

(2)

Indice

Premessa. ... 2

PARTE I: INTRODUZIONE TEORICA... 2

1.1 Costante solare e distribuzione spettrale della radiazione extraatmosferica... 2

1.2 Radiazione solare sulla superficie terrestre. ... 2

1.2.1 Radiazioni collimate e diffuse e loro attenuazioni... 3

1.2.2 Influenza dell’orientamento. ... 3

1.3 Cenni sui meccanismi di trasferimento radiativi del calore. ... 4

1.3.1 Il corpo nero. ... 4

1.3.2 Radiazione fotonica. ... 5

1.3.3 Intensità e flusso di radiazione. ... 5

1.3.4 Assorbanza ed emittanza. ... 6

1.3.5 Riflettanza e trasmittanza. ... 6

1.3.6 Scambio termico radiativo tra superfici grige ... 7

PARTE II: SISTEMI PER LO SFRUTTAMENTO DELL’ENERGIA SOLARE... 8

2.0 Collettori solari. ... 8

2.1 Collettori piani. ... 8

2.1.1 Analisi dei collettori piani. ... 9

2.1.2 Prestazioni termiche dei collettori piani... 11

2.2 Collettori a focheggiamento... 14

2.2.1 Analisi dei collettori a focheggiamento... 16

2.2.2 Prestazioni termiche dei collettori a focheggiamento. ... 19

2.3 Pannelli fotovoltaici. ... 20

2.4 L’accumulo di energia... 20

PARTE III: ALCUNI ESEMPI DI IMPIANTI SOLARI. ... 22

3.1 Produzione di acqua sanitaria con pannelli solari... 22

3.2 Centrali eliosolari. ... 23

3.3 Architettura bioclimatica... 24

3.4 Stagni solari... 24

3.5 Distillazione solare... 25

3.6 Riscaldamento con pannelli solari. ... 25

Bibliografia ... 25

(3)

Fig.1.1 Irradianza spettrale standard del sole ad una distanza pari a RTS.

Fig.1.2 Intensità spettrale del sole per m pari a zero ed uno.

PREMESSA.

Prima di iniziare ad esaminare i vari impieghi dell’energia solare, è importante notare che sono riconducibili all’irraggiamento solare non solo le applicazioni "solari" più propriamente dette (pannelli termosolari, fotovoltaici, ecc.), ma anche altre a prima vista diverse, come quelle legate allo sfruttamento dell’energia eolica ed idraulica; queste ultime, infatti, traggono in realtà ro origine dal riscaldamento solare, realizzandosi in un sistema di pressioni la prima ed attraverso il ciclo dell’acqua la seconda.

Distingueremo così gli “usi diretti” dell’energia solare, direttamente collegati all’irraggiamento, dove quindi i sistemi di trasformazione ricevono in ingresso radiazione solare dando in uscita elettricità, calore o quant’altro richiesto, dagli

“usi indiretti”, dei quali non ci occuperemo, che sfruttano l’energia solare sotto forma ad esempio di energia eolica, energia idraulica e delle biomasse.

PARTE I: INTRODUZIONE TEORICA.

1.1 COSTANTE SOLARE E DISTRIBUZIONE SPETTRALE DELLA RADIAZIONE EXTRAATMOSFERICA. Nel sole l’energia è irradiata dal nocciolo centrale, dove

avvengono le reazioni di fusione nucleare con temperature stimate comprese tra 8*106 e 40*106 K. La temperatura solare poi diminuisce dal centro verso l’esterno fino ad arrivare a 5775 K che è convenzionalmente la temperatura apparente della superficie.

Si definisce costante solare G0 l’energia solare incidente, per unità di tempo, su una superficie unitaria orientata in direzione ortogonale ai raggi solari e posta fuori dall’atmosfera.

Il valore della costante è pari a circa G0 = 1350 W/m2 e quindi la potenza totale irraggiata dal sole si può calcolare come

P = 4π * Rts2 * G0 = 4π * (150 *109)2 *1350 = 3.8*1026 W dove Rts = 150 * 109 m è la distanza media tra Terra e Sole.

Oltre all’energia totale contenuta nello spettro solare (costante solare) è utile conoscere la distribuzione spettrale di tale radiazione. E’ stata compilata dalla NASA una curva dell’irradianza spettrale standard, basata su misure effettuate ad alta quota e nello spazio (fig.1.1)

1.2 RADIAZIONE SOLARE SULLA SUPERFICIE TERRESTRE. Prima di affrontare la trattazione della radiazione solare sulla superficie terrestre definiamo:

Radiazione collimata o diretta è la radiazione solare proveniente dal sole senza che abbia subito alcuna deviazione.

Radiazione diffusa è la radiazione proveniente dal sole, dopo che la sua direzione ha subito un processo di riflessione o diffusione da parte dell’atmosfera.

Massa d’aria, m, è il percorso della radiazione nell’atmosfera, misurato prendendo come unitario il percorso verticale a livello del mare. A livello del mare, dunque, m =1 quando il sole è allo zenit, mentre per un angolo zenitale non troppo grande (tale che m<3) vale la relazione approssimata

m = sec θz

Per convenzione m è nullo per superfici al di fuori dell’atmosfera.

(4)

Fig.1.3 Diffrazione dei raggi solari.

1.2.1 RADIAZIONI COLLIMATE E DIFFUSE E LORO ATTENUAZIONI.

La radiazione solare ricevuta da una superficie a terra disposta a ortogonalmente alla radiazione collimata non è co- stante a causa di :

• variazioni della distanza della Terra dal Sole;

• variazioni della diffusione subita nell’atmosfera ad opera delle molecole d’aria, del vapore d’acqua, della polvere;

• variazioni nell’assorbimento che ha luogo nell’atmosfera in O2, O3, H2O e CO2 (fig.1.2).

I cambiamenti nella distanza Terra-Sole comportano una variazione del flusso di radiazione extraatmosferica dell’ordine di +3 %.

La radiazione solare normale incidente sull’atmosfera terrestre ha la distribuzione spettrale indicata in fig.1.1. I raggi X e l’altra radiazione di lunghezza d’onda molto corta sono assorbiti nella ionosfera da azoto, ossigeno ed altri elementi atmosferici; la maggior parte dei raggi ultravioletti è assorbita dall’ozono. Per lunghezze d’onda maggiori di 2,5 µm, il basso valore della radiazione extraatmosferica e il forte assorbimento da parte di H2O e CO2 concorrono a far sì che l’energia che raggiunge il suolo sia molto poca. Dal punto di vista delle applicazioni terrestri dell’energia solare basta tenere presente la radiazione con lunghezza d’onda compresa tra 0,29 e 2,5 µm. Questa radiazione solare è trasmessa attraverso l’atmosfera, subendo variazioni in seguito a processi di diffusione ed assorbimento.

La potenza solare netta in arrivo su una superficie terrestre unitaria, orientata in direzione normale ai raggi, si può va- lutare in base alla relazione empirica

Gn = τmG0

dove τ è il coefficiente di trasmissione dell’atmosfera, mentre m è la massa d’aria sopra definita. Il valore di τ oscilla tra 0,62 in una giornata nuvolosa e 0,81 in una giornata serena.

Quando nel suo percorso di attraversamento dell’atmosfera un raggio solare incontra una gocciolina d’acqua od un granello di polvere, aventi dimensioni confrontabili con la sua lunghezza d’onda avvengono i già menzionati processi di diffrazione schematizzati in fig.1.3. Al crescere di m cresce la lunghezza del per- corso, quindi aumenta la probabilità che i raggi solari incontrino polveri o nubi.

Di conseguenza, a livello del suolo, aumenta con m anche la parte di radiazione diffusa rispetto a quella diretta. La radiazione diffusa è sempre presente, anche nei periodi in cui il cielo è particolarmente limpido. Nelle nuvole, la radiazione viene diffusa da particelle d’acqua, e quando il cielo è molto nuvoloso tutta la radiazione che raggiunge il suolo è diffusa.

1.2.2 INFLUENZA DELLORIENTAMENTO.

Se la superficie ricevente Ai non è ortogonale ai raggi solari, si verifica la situazione schematizzata in fig. 1.4(a) nella quale risulta:

Ai * cos i = An

Essendo il flusso totale incidente su Ai e su An lo stesso, si ottengono le relazioni:

Gi* Ai = Gn * An = Gn * Ai * cos i e Gi = Gn * cos i

dove Gn e Gi sono i flussi specifici di radiazione solare incidenti, rispettivamente, su una superficie ortogonale An e sulla generica superficie ricevente Ai. Se, in particolare, la superficie Ai è orizzontale come indicato nella fig.1.4(b), allora l’angolo incidente i coincide con l’angolo zenitale.

Per ottimizzare la ricezione, i pannelli solari (fig. 1.4(c)) sono orientati utilizzando la relazione:

(5)

β = α + 10°

1.3 CENNI SUI MECCANISMI DI TRASFERIMENTO RADIATIVI DEL CALORE. 1.3.1 IL CORPO NERO.

Per definizione, un corpo nero è un assorbitore perfetto di radiazione. Indipendentemente dalla lunghezza d’onda e dalla direzione di arrivo, la radiazione incidente su un corpo nero viene tutta assorbita. Naturalmente un corpo nero è un sistema ideale, perché tutte le sostanze reali riflettono una parte della radiazione e/o ne sono attraversati. Esistono co- munque in natura alcuni materiali che, in particolari intervalli di lunghezza d’onda, si avvicinano al comportamento di un corpo nero, ad esempio uno spessore notevole di nero fumo può assorbire il 99% di tutta la radiazione termica inci- dente.

Un corpo nero è anche un emettitore perfetto di radiazione infrarossa. In realtà la definizione di corpo nero può essere data in termini di corpo che emette la radiazione massima possibile.

La radiazione elettromagnetica con lunghezza d’onda compresa fra 0,2 e 100 µm è detta radiazione termica e viene emessa da tutte le sostanze in virtù della loro temperatura. La distribuzione in lunghezza d’onda di questa radiazione per un corpo nero è data dalla legge di Planck:

( 2

/

1 )

5

2 0

0

=

hc kT

b

e

h c

e

λ λ

λ

π

dove h è la costante di Planck e k la costante di Boltzmann.

I monomi

2 c π

02 e

hc /

0

k

sono detti prima e seconda costante di radiazione, ed indicati rispettivamente con:

C1=3,7405*10-16 W/m2 e C2=0,0143879 m K.

In fase di progetto di dispositivi, oltre alla distribuzione spettrale bisogna conoscere l’energia totale che assorbe il corpo nero; integrando la legge di Planck avremo:

4

0

T d

e

e

b

=

bλ

λ = σ

dove σ = 5,6697*10-3 w/m2 K4 è la costante di Stefan-Boltzmann.

Fig. 1.4 Influenza dell’orientamento valuta per (a) una superficie generica; (b) un superficie orizzontale; (c) un pannello solare inclinato di 10° più della latitudine α

(6)

Fig.1.5 Schema illustrativo della definizione di Intensità di radiazione.

Fig.1.6 Schema illustrativo della definizione di Flusso di radiazione.

1.3.2 RADIAZIONE FOTONICA.

Per alcune applicazioni dell’energia solare, la rappresentazione ondulatoria classica della radiazione elettromagnetica non spiega i fenomeni osservati. Si considera quindi la radiazione come formata di particelle o fotoni, che possono esse- re pensati come “unità di energia” aventi massa nulla e carica nulla. L’energia di un fotone è data dalla relazione:

E = hν

con h = 6,6256*10-34 J*s costante di Planck. Ne segue che l’energia del fotone aumenta all’aumentare della frequenza ν, ovvero al decrescere della lunghezza d’onda. Questo fatto diviene rilevante quando il fenomeno considerato avviene in modo che la natura fotonica della radiazione è predominante, come accade per esempio per i fenomeni di attivazione di coppie elettrone-lacuna nei dispositivi fotovoltaici (energia minima di soglia).

1.3.3 INTENSITÀ E FLUSSO DI RADIAZIONE.

Finora abbiamo considerato la radiazione emessa da un corpo prescindendo dalla sua direzione di propagazione; tuttavia è spesso necessario descrivere le caratteristiche direzionali di un generico campo di radiazione nello spazio. Si definisce a questo scopo l’intensità di radiazione come l’energia che attraversa un piano immaginario, per unità di area per unità di tempo e per unità di angolo solido centrato intorno alla perpendicolare al piano immaginario. Da fig.1.5, se ∆E rappresenta l’energia che nell’unità di tempo attraversa ∆A mantenendosi entro l’angolo solido

∆ω, allora l’intensità è:

ω

∆ ∆ ω

= ∆

A

I E

A 0 0

lim

L’intensità I è caratterizzata da un modulo ed una direzione e può essere considerata una quantità vettoriale.

Il flusso di radiazione è strettamente connesso con I ed è definito come l’energia che attraversa un piano immaginario per unità di area per unità di tempo e in tutte le direzioni da una parte del piano immaginario. L’intensità può essere usata per determinare il flusso attraverso un piano qualunque.

Consideriamo un elemento di area ∆A su un piano immaginario coperto da una semisfera di raggio r come mostrato in fig.1.6. L’energia per unità di tempo che attraversa un area ∆A’ posta sulla superficie della semisfera partendo dall’area ∆A è, a meno di infinitesimi di ordine superiore:

2

cos ' r A A

I

Q = ∆ ∆

∆ θ

ma ∆A’/r2 è l’angolo solido delimitato da A e A’ e ∆Acosθ è l’area proiettata nella direzione del vettore intensità. Il flusso di energia per unità di angolo solido nella direzione θ e φ può essere allora definito come:

0 2

cos '

lim r

I A A q Q

A

= ∆

= ∆

θ

da cui il flusso di radiazione:

= ∫

1

0 2

0

cos ϑ θ θ φ

π

d d sin I

q

Posta µ = cosθ l’espressione di q diventa:

(7)

=

2

∫ ∫

π

µ µ φ

0 1

0

d d I q

1.3.4 ASSORBANZA ED EMITTANZA.

Si definisce assorbanza monocromatica direzionale di una superficie la frazione di radiazione incidente con lunghez- za d’onda λ e direzione µ,φ (con µ coseno dell’angolo polare e φ angolo azimutale) che viene assorbita dalla superficie.

In formule:

( ) ( )

( ) µ µ φ φ

φ µ α

λ λ λ

, , ,

, , i a

I

= I

dove “a” e “i” indicano rispettivamente “assorbita” ed “incidente”. Integrando rispetto a λ, µ e φ si ottiene:

( ) ( )

∫∫∫ ( )

∫ ∫ ∫

= µ φ µ µ φ λ

λ φ µ µ φ µ φ

µ α α

λ π

λ λ

d d d I

d d d I

i i

, , ,

, 0

2

0 1

0

,

detta assorbanza emisferica. Diremo emittanza direzionale monocromatica di una superficie il rapporto fra intensità monocromatica emessa dalla superficie in una particolare direzione e l’intensità monocromatica che sarebbe emessa da un corpo nero alla stessa temperatura. In formule:

( ) ( )

λ λ λ

φ φ µ

µ ε

,

,

,

,

b a

I

= I

da cui integrando rispetto a λ, µ e φ si ottiene l’emittanza emisferica:

( )

∫∫∫ ∫

∫ ∫ ∫

=

=

0 , ,

0 2

0 1

0

,

1

,

λ λ ε

φ µ µ

λ φ µ µ φ µ ε

ε

λ λ

λ π

λ λ

d e e

d d d I

d d d I

b b b

b

1.3.5 RIFLETTANZA E TRASMITTANZA.

Dalla relazione di Fresnel che descrive la riflessione di radiazione non polarizzata quando essa passa da un mezzo con indice di rifrazione n1 ad un altro con indice di rifrazione n2 e dalla legge di Snell che lega gli angoli di incidenza e ri- frazione, la riflettanza ρ è data dalla relazione:

2 2

2 1

2 1

0

( 1 )

) 1

; ( ) (

)

(  

 

 +

= −

 

 

 +

= −

= n

n n

n n n I

I

r

ρ

ρ

dove l’ultima relazione rappresenta il caso in cui uno dei due mezzi sia l’aria.I materiali di copertura usati nelle applicazioni solari implicano la trasmissione di radiazione attraverso una lastra o una lamina di materiale, e vi sono dunque due interfacce di co- pertura che causano riflessioni. Trascurando l’assorbimento den- tro la lastra (fig.1.7), la trasmittanza di una singola lastra di co- pertura è

) 1 (

) 1 ( ) 1 (

) 1 ) (

1

(

2

2

0 2 2 1

,

ρ

ρ ρ

ρ ρ ρ

τ +

= −

= −

= ∑

= n

n

r Fig.1.7 Trasmissione attraverso un lastra trasparente.

(8)

Fig.1.8 Dell’energia incidente, una frazione τα è assorbita dal collettore, e una frazione (1-α)τ è riflessa indietro verso il sistema di copertura. La riflessione del collettore è probabilmente più diffusa che speculare, co- sicché la frazione (1-α) τ che incide sul sistema di copertura è radiazio- ne diffusa, e di essa una frazione (1-α) τρd è riflessa nuovamente verso la piastra collettrice. La riflessione multipla della radiazione diffusa conti- nua, cosicché l’energia netta assorbita risulta

e per un sistema a n lastre, tutte dello stesso materiale si ha:

ρ τ ρ

) 1 2 ( 1

1

,

+ −

= −

n

n

r

L’assorbimento di radiazione in mezzi parzialmente trasparenti è descritto alla legge di Bouger:

L kL

a

e

I

I

=

=

0

τ

dove k è il coefficiente di attenuazione ed L la lunghezza del percorso.

Per ottenere una trasmittanza che tenga conto sia della ri- flessione che dell’assorbimento, è semplicemente necessario moltiplicare fra loro le due trasmittanze ottenendo:

τ = τ

r

τ

a

questa relazione è soddisfacente se il prodotto kL è piccolo ossia τ non è molto diverso da uno.

Definiamo infine il prodotto τταα come il fattore che tiene contemporaneamente conto sia della trasmittanza che dell’assorbanza del collettore in esame che rappresenta l’energia netta assorbita dal sistema (fig.1.8):

n d

n

d

α ρ

ρ τα α τα

τα ) [( 1 ) ] 1 ( 1 ) (

0

− = − −

= ∑

=

1.3.6 SCAMBIO TERMICO RADIATIVO TRA SUPERFICI GRIGE

La maggior parte dei problemi di trasferimento termico, nelle applicazioni dell’energia solare, includono scambio di radiazione tra due superfici, il flusso termico netto risulta:

( )

(

1

)

1 1 1 12

(

2

)

2 2 4

1 4 2 2

1

1 / A 1 / A F 1 / A

T Q T

Q ε ε ε ε

σ

− + +

= −

=

con εi emittanza ed F12 fattore di scambio1.

Riportiamo qui di seguito due soluzioni particolari: la prima riguarda il caso di radiazione scambiata fra due piastre infinite parallele le cui aree A1 e A2 sono uguali e il fattore di vista F12 =1:

( )

1 / 1 /

1

1 2

4 1 4 2

− +

= −

ε ε

σ T T A

Q

mentre la seconda riguarda un piccolo oggetto convesso (superficie 1) circondato da un grande involucro (superficie 2).

In queste condizioni A1/A2 tende a zero, F12 =1 e l’equazione diviene:

(

24 14

)

1 1

1

A T T

Q = ε σ −

1 I fattori di scambio Fij descrivono la radiazione che va dalla superficie i alla superficie j. Se ne rimanda la determina- zione ai testi avanzati di trasferimenti termici radiativi.

(9)

Fig.2.1 Schema di principio di un collettore solare piano.

Questa relazione è molto importante perché si applica ad un piastra che irraggi verso il cielo, come il coperchio di un collettore piano.

Per valutare le prestazioni di collettori solari sarà necessario calcolare gli scambi radiativi fra una superficie e il cielo.

Il cielo può essere considerato come un corpo nero a una temperatura equivalente Tcielo tale che l’effettivo scambio netto di radiazione fra una lastra piana esposta al cielo e il cielo stesso sia dato dall’equazione precedente. La radiazione netta su un superficie di emittanza ε e temperatura T è dunque data da:

( T

4

T

4

)

A

Q = ε σ

cielo

con

T

cielo

= 0,0552 * T

aria1,5

Definiamo per finire il coefficiente di scambio termico radiativo hr, che ci consente di linearizzare le equazioni dei flussi, tale che la radiazione scambiata tra due superfici sia data da:

Q = A

1

h

r

(T

2

– T

1

)

con hr =

( ) ( )

(

1

)

1 12

(

2

)

1 2 2 1

2 2 1 2 2

/ 1

/ 1 / 1

*

A A F

T T T T

ε ε

ε ε

σ

− + +

+

+

.

E’ importante ricordare che se le due aree A1 e A2 non sono uguali, allora il valore di hr varia a seconda che si riferi- sca ad A1 o ad A2.

PARTE II: SISTEMI PER LO SFRUTTAMENTO DELLENERGIA SOLARE.

2.0 COLLETTORI SOLARI.

Il collettore solare è la componente essenziale dei dispositivi che trasformano l’energia solare radiante in qualche altra forma utile di energia. Il collettore solare differisce sotto molti aspetti dagli scambiatori di calore convenzionali. Questi ultimi di solito realizzano uno scambio da fluido a fluido con elevata efficienza di trasferimento termico, mentre la ra- diazione è un fenomeno secondario. Nel collettore solare, il trasferimento di energia avviene tra una sorgente di energia radiante ed un fluido. Senza concentrazione ottica, il flusso di radiazione incidente è, al meglio, circa 1100 W/m2 ed è variabile. L’intervallo di lunghezze d’onda, come si è visto, è tra 0,3 e 3 µm, notevolmente inferiore di quello caratteri- stico della radiazione emessa dalla maggior parte delle superfici assorbenti. Dunque l’analisi dei collettori presenta pro- blemi peculiari legati a flussi di energia bassi e variabili, e al contributo relativamente grande della radiazione.

I collettori solari possono essere usati con o senza concentrazione a monte.

Per i collettori piani, l’area della superficie che assorbe la radiazione è pari a quella che intercetta la radiazione solare, questi vengono generalmente impiegati in impianti a bassa temperatura (circa 100 °C sopra la temperatura ambiente).

I collettori a focheggiamento hanno normalmente dei riflettori concavi o dei campi di specchi che concentrano la ra- diazione incidente sull’area totale del riflettore su uno scambiatore di calore di area minore e pertanto investito da un flusso di energia maggiore. I collettori a focheggiamento sono impiegati in applicazioni a temperature medie o alte (fi- no a 3000 °C nelle fornaci solari).

I collettori piani hanno il vantaggio di usare sia radiazione solare collimata sia diffusa, non devono essere orientati quindi sono assai più semplici dei collettori a focheggiamento.

A tutt’oggi, le applicazioni principali di queste unità sono nei sistemi di riscaldamento di acqua essendosi rivelate poco efficienti nel riscaldamento e condizionamento di ambienti. Verrà affrontato in seguito il discorso sui pannelli fotovoltaici.

2.1 COLLETTORI PIANI.

I componenti base di un collettore solare piano mostrato schematicamente in fig.2.1 sono:

• la superficie assorbente o corpo nero che assorbe la

(10)

Fig.2.2 Schema di un collettore solare a tre vetri.

Fig.2.3 Distribuzione della temperatura sulla piastra assorbente.

radiazione solare. Il corpo nero è un tutt’uno con i dispositivi per trasferire al fluido l’energia raccolta;

• una copertura trasparente all’energia solare posta sopra la piastra assorbente per ridurre le perdite termiche con- vettive e radiative verso l’atmosfera;

• un isolamento posteriore per ridurre le perdite conduttive.

Generalmente i collettori solari sono impiegati come riscaldatori di acqua o aria, o come generatori di vapore a bassa pressione.

Le prestazioni di un collettore solare sono descritte da un bilancio energetico che indica in che misura l’energia solare incidente si suddivida tra guadagno utile e perdite varie. Avremo quindi:

Ac{[HR(τα)]coll. + [HR(τα)]diff. }= Qu + QL+ Qs

dove H è la potenza collimata o diffusa incidente per unità di superficie di orientazione qualunque; R è il fattore di conversione dalla radiazione collimata o diffusa a quella incidente sul piano del collettore; (τα) è il prodotto trasmittan- za assorbanza del sistema di copertura per la radiazione collimata o diffusa; Ac è l’area del collettore; Qu la potenza termica utile trasferita al fluido termovettore nello scambiatore solare; QL è la potenza persa; Qs è l’energia termica im- magazzinata nel collettore per unità di tempo.

Per valutare il rendimento si usa la grandezza:

∫ ∫

= dt HRdt Ac

Qu / η

E’ interessante notare che molto spesso in fase di progetto di un sistema di collettori solari si cerca di produrre energia utile al costo più basso possibile,

quindi non sempre si preferisce il massimo rendimento, ma piuttosto si effettua una scelta ponderandola con il costo.

2.1.1 ANALISI DEI COLLETTORI PIANI.

Un analisi dettagliata di un collettore solare è un problema molto complicato, inizieremo dunque affrontando un’analisi semplificata che fornisce comunque dei risultati molto utili

che ci indicheranno le variabili importanti, le loro mutue relazioni, e la loro influenza sulle prestazioni di un collettore solare.

Consideriamo il collettore piano presentato in fig. 2.2, avremo che, come evidenziato in fig.

2.3, parte dell’energia assorbita dalla piastra deve trasferirsi per conduzione lungo la piastra per arrivare in vicinanza dei tubi. Pertanto, la temperatura al centro della zona tra i due tubi deve essere più elevata della zona a contatto dei tubi. L’energia trasferita al fluido riscalderà il fluido stesso causando inoltre un gradiente di temperatura nella direzione del flusso.

Per realizzare un modello della situazione mostrata in fig.2.3 si possono fare un certo numero di ipotesi semplificatrici che consentono di mettere in evidenza le circostanze fondamentali liberandosi di dettagli che renderebbero non immediata la comprensione del fenomeno fisico. Queste ipotesi sono:

• Funzionamento in regime stazionario.

(11)

Fig.2.4 Rete elettrica equivalente schematizzante la situazione termica in collettore solare piano.

• La costruzione è del tipo a lastra con tubi saldati.

• I dotti di collezione coprono un’area trascurabile e garantiscono un flusso uniforme nei tubi

• Le lastre trasparenti di copertura non assorbono radiazione (questo fenomeno influenza le perdite del collettore).

• Nelle lastre di copertura la trasmissione del calore è unidimensionale.

• La caduta di temperatura su ogni lastra di copertura è trascurabile.

• Anche nell’isolante posteriore la trasmissione di calore è unidimensionale.

• Il cielo può essere considerato come un corpo nero, per la radiazione di elevata lunghezza d’onda, assegnandogli una temperatura equivalente Tcielo.

• I gradienti di temperatura trasversali nella zona dei tubi possono essere trascurati.

• I gradienti di temperatura nella direzione del flusso e fra i tubi possono essere trattati in modo fra di loro indipen- dente.

• Le proprietà dei materiali sono indipendenti dalla temperatura.

• Le perdite attraverso la copertura e attraverso l’isolante posteriore avvengono verso una medesima temperatura ambiente.

• L’effetto ombra sulla piastra, polvere e sporcizia sono trascurabili2.

Molte di queste ipotesi saranno abbandonate quando affronteremo uno studio più dettagliato.

Consideriamo il circuito termico equivalente per il sistema a tre lastre di copertura mostrato in fig.2.4.

Sia

S = [H * R * (τα)]coll. + [H * R * (τα)]diff.

la quantità di energia solare assorbita dalla piastra in un dato punto e sia TP la relativa temperatura. Questa energia assorbita S si suddivide in perdite attraverso il coperchio, attraverso il fondo, attraverso i bordi e in energia utile.

Le perdite di energia attraverso il lato posteriore sono rappresentate attraverso due resistenze in serie R1 ed R2. R1 rappresenta la resistenza termica dell’isolante ed R2 la resistenza convettiva e radiativa verso l’ambiente. Essendo R2<<R1 si considera la resistenza termica posteriore pari a R1 , quindi il coefficiente di perdita posteriore UB vale circa:

L k

U

B

= R =

1

1

con k ed L rispettivamente conducibilità termica e spessore dell’isolante termico.

Per la maggior parte dei collettori il calcolo delle

perdite ai bordi è estremamente complicato. Tuttavia per sistemi ben progettati le perdite ai bordi sono modeste, quindi è sufficiente stimarle assumendo un flusso termico unidimensionale verso i lati lungo tutto il perimetro del collettore.

Il coefficiente di perdita per la superficie frontale è determinato dalla convezione e radiazione fra lastre parallele.

L’energia trasferita dalla piastra collettrice a temperatura TP al primo vetro di copertura a temperatura TC1 è esattamente uguale all’energia scambiata da due qualunque delle lastre di vetro di copertura, ed è anche uguale all’energia che il ve- tro superiore trasmette all’ambiente, questo nell’ipotesi che nel vetro non vi sia accumulo di energia. Avremo quindi che le per unità di area:

q

perdite frontali

= h

p-C1

( T

P

– T

C1

) + ( ) ( 1 / ) ( 1 / ) 1

4 1 4

− +

ε ε

σ

vetro piastra

C

P

T

T

2 Gli effetti della polvere e dell’ombra sono difficilmente trattabili in maniera generale; per angoli di interesse pratico, compresi fra 0°e 50°, si possono avere perdite fino al 5% della radiazione incidente sulla superficie assorbente.

(12)

Fig.2.6 Sistema piastra più tubo in un collettore piano.

dove hp-C1 è il coefficiente di scambio termico tra due piastre parallele inclinate. Se il termine che tiene conto degli scambi radiativi viene linearizzato, si può usare il coefficiente di scambio termico radiativo e le perdite termiche diven- gono:

q

perdite frontali

=( h

p-C1

+ h

r1

)

*

( T

P

– T

C1

)

con:

h

r1

= σ ( T

P

+ T

C1

) ( T

2P

T

2C1

) / [ ( 1 / ε

piastra

) + ( 1 / ε

vetro

) 1 ]

La resistenza R3 può allora essere espressa come:

h R h

R C

P 1 1

3

1

= +

Una espressione simile può essere scritta per ciascuna resistenza fra piastre di vetro contigue. Con un’approssimazione per noi sufficiente possiamo considerare R4 uguale ad R5 che non sono però generalmente uguali a R3 poiché contiene l’emittanza della piastra che non è uguale all’emittanza del vetro. L’ultima resistenza termica fra vetro superiore ed ambiente ha una forma simile a R3 ma il coefficiente di trasferimento termico convettivo deve tenere conto del vento, cui il collettore è esposto. La resistenza radia- tiva tra il vetro superiore e l’ambiente tiene conto degli scambi radiativi con il cielo ad una temperatura equivalente Tcielo .Quindi:

( ) ( ) ( )

T T

T T T

T T T h

ambiente n

C

cielo n C cielo n C cielo n C vetro

r

+ − +

=

, , 2

2 , ,

6

) σ (

ε

dove TC,n è la temperatura del vetro frontale. La resistenza verso l’ambiente è allora data da

h R h

r

ento 6

6

1

= +

ν

con hvento = 5,7 + 3,8V3 .

Per questo sistema a tre vetri di copertura il coefficiente di perdita fron- tale dalla piastra collettrice all’ambiente è:

R R R U

F

R

6 5 4 3

1 + +

= +

.

Quindi il coefficiente di perdita totale, UT, si trova sommando il coeffi- ciente di perdita frontale a quello di perdita dal fondo:

U

T

= U

F

+ U

B

+ U

L

con UL coefficiente di perdita della superficie laterale che si calcola in modo simile a quanto fatto per UB.

2.1.2 PRESTAZIONI TERMICHE DEI COLLETTORI PIANI.

Consideriamo ora le distribuzioni della temperatura fra due tubi

3 Velocità del vento espressa in m/s.

Fig.2.5(a) e (b) Coefficiente di perdita frontale per un’inclinazione di 45°.

(13)

e nella direzione del flusso del fluido termovettore. La distribuzione della temperatura fra due tubi può essere ricavata supponendo per il momento che il gradiente di temperatura nella direzione del flusso sia trascurabile. Consideriamo la configurazione lastra – tubi di fig.2.6.

Sia W la distanza tra i tubi, sia D il diametro dei tubi e sia δ lo spessore della piastra con δ << W e D.

Poiché il materiale della piastra è un buon conduttore di calore il gradiente di temperatura nella direzione di δ è trascu- rabile. Supposto che tutta la zona sovrastante la saldatura sia alla stessa

temperatura Tb, la trasmissione del calore nella regione compresa tra la linea equidistante dai due tubi e l’appoggio del tubo può essere allora trattata come un problema in una sola dimensione dalla cui soluzione si può ricavare l’energia che perviene alla regione del tubo, per unità di lunghezza nella direzione del flusso e per unità di tempo, ossia:

[ ]

2 / ) (

2 / ) (

) tanh (

) (

' m W D

D W T m

T U S D W

q

fin T b a

− −

=

con S flusso solare entrante, k conducibilità del materiale, Ta temperatura ambiente ed m definito dalla relazione:

m2 = UT / kδ .

Introduciamo il concetto di efficienza di fin4 F data da:

2 / ) (

2 / ) (

tanh

D W m

D W F m

= −

da cui:

q '

fin

= ( WD ) F [ SU

T

( T

b

T

a

) ]

L’energia utile raccolta dal collettore include anche l’energia raccolta nella zona sovrastante il tubo; questa energia è pari a:

q’

tubo

= D [S – U

T

(T

b

– T

a

)]

e l’energia utile raccolta dal collettore per unità di lunghezza nella dire- zione del flusso diviene:

q’

u

= q’

fin

+ q’

tubo

= [(W – D) + D] [S – U

T

(T

b

– T

a

)] =

S i

i f

f b

C D

h

T T

/ 1 ) /(

1

,

+

− π

dove Di è il diametro interno del tubo, hf,i è il coefficiente di trasferi- mento termico fra tubo e fluido, Tf è la temperatura del fluido e CS è la conduttanza della saldatura pari a CS = kS b/γ dove kS è la conducibilità termica del materiale, b e γ sono rispettivamente la lunghezza e lo spes- sore medio della saldatura.

Dall’espressione precedente della di q’u è possibile eliminare Tb per ottenere un’espressione che sia solo in funzione di dimensioni note, di parametri fisici e della temperatura locale del fluido. Risolvendo avremo

q’u = W F’[S – UT (Tf – Ta)]

con F’ , il fattore efficienza del collettore, pari a:

4 Il problema della trasmissione del calore in questa geometria è detto “fin problem” (fin = aletta in inglese) Fig.2.7 Efficienza di FIN per collettori solari a piastra e tubi.

Fig.2.8 (a) e (b) Fattore di efficienza F’ del collettore in funzione della distanza tra i tubi.

(14)

Fig.2.9. Per cogliere fino in fondo il significato di questa figu- ra analizziamo l’espressione

Qu = AC FR [S – UT (Tf ,i - Ta)]

Dove QU è la potenza utile totale raccolta dal collettore. In questa equazione la potenza utile è espressa in funzione della temperatura di ingresso del fluido. Questa rappresen- tazione è conveniente per l’analisi dei sistemi ad energia solare poiché la temperatura di ingresso del fluido è nor- malmente nota. Va tuttavia ricordato che il calcolo delle per- dite basato sulla temperatura di ingresso darebbe un valore per difetto poiché le perdite avvengono lungo tutto il colletto- re, e il fluido ha una temperatura crescente nella direzione del flusso (vedi nota).

F’=(1/UT )/

[ ]

 

 + +

+ W D F C

S

D

i

h

f i

D

W L

,

1 1

) (

1

π

= U0 /UT

La potenza utile raccolta per unità di lunghezza nella direzione del flusso viene infine trasferita al fluido. Il fluido en- tra nel collettore a una temperatura Tf,i, la quale aumenta fino ad uscirne a temperatura Tf,u.

Nell’ipotesi che F’ e UT non dipendano dalle temperature di ingresso ed uscita del fluido,5 se il collettore ha lunghezza L nella direzione del flusso, allora la temperatura di uscita del fluido Tf,u si ricava dalla relazione:

) / ' ( ,

,

/

/

UTWFL mCP

T a

i f

T a

u

f

e

U S T T

U S T

T

− =

Definiamo ora una quantità che mette in relazione la potenza utile effettiva di un collettore e la potenza utile che si avrebbe se tutta la superficie del collettore fosse alla temperatura di ingresso del fluido.

Diremo fattore di rimozione termica del collettore:

[ ]

) 1

(

) (

/

) (

1 /

) (

) (

) / ' (

, , ,

, ,

P TWFL mC U

T P

a i f T

a u f T T

P

a i f T

i f u f P R

U e GC

T T U S

T T U S U

GC

T T U S

T T F GC

 =

 

 

− −

− =

= −

dove G è la velocità del flusso per unità di area del collettore.

Per presentare FR in forma grafica, è conveniente definire una seconda variabile F’’ = FR

/

F’ detto fattore di flusso del collettore ed è funzione di UTF’/GCP ed è riportato in fig.2.9.

L’effetto del fattore FR è quello di ridurre la potenza utile calcolata dal valore che avrebbe avuto se tutto il collettore fosse stato a temperatura di ingresso Tf,i, al valore che essa effettivamente ha tenendo conto che il fluido ha temperatura crescente fluendo all’interno del collettore6.

Il funzionamento della maggior parte dei sistemi solari è, per la natura stessa del fenomeno, a carattere transitorio. La capacità termica del collettore influisce sulle prestazioni e i suoi effetti possono essere considerati in relazione a due diversi fenomeni:

• Il primo è il riscaldamento del collettore dalla temperatura bassa del mattino alla temperatura finale di lavoro del pomeriggio.

• Il secondo è il comportamento intermittente durante il giorno, qualora le grandezze con cui il collettore interagi- sce, quali la radiazione solare o il vento, subiscano improvvisi mutamenti.

5 Ipotesi generalmente soddisfatta per le temperature di funzionamento dei collettori piani

6 Per calcolare le prestazioni di un collettore, è necessario conoscere il coefficiente di perdita globale UT che è funzione della temperatura della piastra. La temperatura media del fluido si ottiene dalla relazione

] ' / 1 / [ 1

0

, ,

,

F F

F U

A T Q

dy L T

T

R

L

R T u i f y f m

f

= ∫ = + −

. La temperatura media della piastra, Tp,m, è maggiore di Tf,m a causa della resistenza termica fra superficie assorbente e fluido. In prima approssimazione le due temperature sono legate dalla relazione Tp,m – Tf,m = Qu Rp – f con Rp – f resistenza termica tra piastra e fluido.

(15)

Fig.2.10 Nei collettori a focheggiamento non viene captata la componente diffusa della ra- diazione.

Scrivendo il bilancio energetico della piastra assorbente, dell’acqua, e dell’isolante posteriore assieme al bilancio termi- co delle superfici di copertura frontale si può ricavare la capacità termica equivalente del collettore data da:

=

+

=

n

i i ci

p

e

mC a mC

mC

1

( )

,

) ( ) (

dove ai è il rapporto fra il coefficiente di perdita globale e il coefficiente di perdita verso l’ambiente del vetro conside- rato. Se supponiamo che S e Ta restino costanti per un certo tempo, si può calcolare la temperatura della piastra Tp cono- scendo S, UT e Ta dalla relazione:

) ) ((

,

)

(

) (

mCe

AcUL

a iniziale p T

a p

T

e

T T

U S

T T U

S

τ

− =

La riduzione di energia utile può essere stimata moltiplicando la capacità termica equivalente del collettore per l’incremento di temperatura necessario per portare il collettore alla temperatura iniziale di lavoro.

Klein ed altri hanno dimostrato che gli effetti del soleggiamento intermittente e delle variazioni della velocità del vento sono trascurabili nei normali collettori.

Per concludere, sono tre i parametri che governano le prestazioni dei collettori piani: FR, UT e τα7. In molti casi questi parametri possono essere considerati costanti (in determinati intervalli di tempo) pur non commettendo errori significa- tivi. Non ci occuperemo in questa sede di approfondire ulteriormente il discorso.

2.2 COLLETTORI A FOCHEGGIAMENTO.

I collettori a focheggiamento usano sistemi ottici, riflettenti o rifrangenti, per aumentare l’intensità della radiazione solare sulla superficie che assorbe la radiazione stessa. Un più elevato flusso di energia sulla superficie assorbente vuol dire un elevato rapporto Aa/Ar, dove con Aa indicheremo l’apertura della superficie riflettente mentre Ar è l’area della superficie del ricevitore.

A causa delle ridotte dimensioni relative della superficie assorbente, le perdite termiche, confrontate con il caso dei collettori piani, risultano ridotte, diventano però importanti due tipi diversi di per-

dite:

• La prima dovuta al fatto che la maggior parte degli impianti a focheggia- mento non sfrutta la componente diffusa della radiazione solare (fig.2.10);

• Diventano inoltre significativi altri tipi di perdite ottiche di cui ci occupe- remo più avanti.

I collettori a focheggiamento possono avere intensità di radiazione, sulla superficie assorbente, aumentata di un fattore che può variare di 1,5 a 10.000.

Ovvio che al crescere del fattore di concentrazione cresce la qualità dell’ottica impiegata, tanto che i valori molto alti sono impiegati solo in laboratorio (fornaci solari), essendo proibitivi i costi per lo sfruttamento industriale.

I collettori a focheggiamento devono essere orientati in modo dinamico, ossia devono “inseguire” il sole in modo da porre ottica e superficie assorbente, rispetto ai raggi collimati, nella migliore situazione possibile (fanno eccezione i sistemi con i valori più bassi della scala delle concentrazioni).

Per evitare confusione di terminologia, useremo il termine collettore, per indicare il sistema completo, comprendente in concentratore e il dispositivo di raccolta. Il dispositivo di raccolta (ricevitore) è quell’elemento del sistema dove vie- ne assorbita la radiazione e convertita in qualche altra forma di energia, e comprende l’assorbitore con relativi disposi- tivi di copertura, isolamento, eccetera. Il concentratore, o sistema ottico, è la parte del collettore che dirige la radiazione sul ricevitore.

7 In realtà andrebbe definito il prodotto efficace trasmittanza – assorbanza (τα)e per tenere conto dell’assorbimento della radiazione solare nel vetro. Per un sistema di copertura formato da n lastre si ha

=

+

=

n

i i i a

e

a

1

)

1

1 ( ) ( )

( τα τα τ τ

con ai il rapporto tra l coefficiente di perdita globale e il coefficiente di perdita verso l’esterno della copertura iesina, e τa la trasmittanza di ogni singola lastra. Comunque la differenza tra τα e (τα)e è piccola per un collettore ben progettato.

(16)

Fig.2.11 Schema dell’immagine teorica del sole formata da un con- centratore.

Fig.2.12 Alcune possibili configurazioni di sistemi focheggianti:

a) ricevitore piano, riflettore piano; b) riflettore conico ricevitore cilindrico; c) con- centratore paraboloidale; d) concentratore paraboloidale con riflettore secondario;

e) riflettore di Fresnel; f) lente di Fresnel.

Il sistema ottico ha il compito di formare l’immagine del sole su un ricevitore: un’immagine in generale affetta da aberrazioni.

Le dimensioni del sole e la distanza dalla terra sono tali che 1’angolo sotteso dal disco solare per un osservatore terrestre e di 32’. Pertanto 1’immagine teorica del sole creata da un sistema ottico ha dimensioni finite, dipendenti dalle dimensioni del disco solare e dalla geometria del sistema. Ciò è illustrato in fig.2.11, dove W’ (o W) è la dimensione (detta ampiezza o raggio) dell’immagine formata da una parte qualunque del riflettore. Per un ricevitore planare e normale all’asse del concentratore, l’ampiezza W’ si trova in funzione del “raggio dello specchio” r, mediante la relazione:

φ cos

' 16 tan ' 2 r W =

La distanza r fra un punto sul riflettore e il fuoco può essere trovata una volta specificata la forma del riflettore. Per un ri- flettore a sezione parabolica, la distanza focale e definita dall’equazione della superficie

y2 = 4 f x con

r = 2 f / ( 1+cosφ )

dove f è la distanza focale della parabola, e φ l’angolo fra il raggio riflesso nel fuoco e 1’asse, come mostrato in fig.2.11.

Dicesi apertura 1’area proiettata dal sistema ottico. Per superfici di rivoluzione, 1’apertura è normalmente caratterizzata dal diametro del riflettore, e per sistemi cilindrici dalla loro larghezza. La distanza focale e un parametro determi- nante delle dimensioni dell’immagine, come mostrato dalle equazioni precedenti, e 1’apertura è il parametro determinante 1’energia totale. La brillanza dell’immagine o concentrazione del flusso di energia al fuoco di un sistema focheggiante sarà quindi funzione del rapporto a/f.

Esiste una grande varietà di mezzi per aumentare il flusso di radiazione sui ricevitori; essi possono es- sere classificati a seconda che siano lenti o riflettori, a seconda del tipo di montaggio e del sistema di orientamento, del rapporto di concentrazione, dei materiali con cui sono realizzati, o del tipo di appli- cazione. Una caratteristica di importanza fonda- mentale e il rapporto di concentrazione, Aa/Ar vale a dire il rapporto fra l’area di apertura del concentra- tore e l’area del ricevitore che assorbe 1’energia. In fig.2.12 sono mostrate sezioni di molti tipi di sistemi di rif1ettori focheggianti. Tutti i sistemi mostrati possono usare riflettori (o rifrattori) cilindrici, nel qual caso focheggiano in maniera più o meno netta lungo una “linea”, o circolari, i quali focheggiano la

(17)

Fig.2.13 – Relazione fra il rapporto di concentrazione e la temperatura di lavoro del ricevitore. La curva contrassegnata LIMITE INFERIORE rappresenta rapporti di concentrazione per i quali le perdite termiche uguagliano l’energia raccolta: rapporti più alti consentono pertanto di estrarre energia utile. La zona tratteggiata corrisponde ad efficienza di raccolta compresa fra il 40 e il 60 per cento, e rappresenta le condizioni usuali di lavoro. La scala delle densità di flusso indica la densità media di flusso nella zona focale.

Sulla destra e anche indicato l’intervallo tipico di funzionamento di alcune configurazioni tipiche.

(Nota: questa figura non va usata a fini progettuali.

E’ basata su un insieme di ipotesi sulla radiazione assorbita e le perdite termiche; ipotesi che valgono solo quando il sistema è prodotto da chi abbia buona pratica di progetto).

radiazione su un ricevitore “puntiforme”. I rapporti di concentrazione di riflettori a superficie di rivoluzione sono in ge- nerale assai più alti che non per i loro analoghi cilindrici.

E’ chiaro che l’orientazione del concentratore e del ricevitore, rispetto alla direzione di propagazione della radiazione collimata, è importante e si richiede pertanto per i sistemi focheggianti un certo “inseguimento” del sole. Sono stati pro- gettati i sistemi più vari per orientare il dispositivo focheggiante in modo che la radiazione collimata incidente venga inviata sul ricevitore. Il tipo di moto richiesto per effettuare 1’inseguimento dipende dal tipo di sistema ottico, ed un particolare tipo di movimento complessivo può essere ottenuto mediante diverse combinazioni di leggi di moto per i componenti. Escludendo i sistemi ad orientazione manuale in cui un operatore effettua manualmente gli aggiustamenti necessari, i sistemi meccanici possono essere “ad inseguimento” provvisti cioè di sensori che rilevano lo spostamento tra posizione attuale e posizione ideale, o programmati in cui il sistema di puntamento percorre un percorso program- mato elettronicamente o meccanicamente.

2.2.1 ANALISI DEI COLLETTORI A FOCHEGGIAMENTO.

Scriviamo anche per i collettori focheggianti i bilanci energetici che, come nel caso dei collettori piani, ne descrivono le prestazioni. In modo analogo a quanto fatto per i collettori piani descriveremo prima le prestazioni termiche in termi- ni generali e solo in paragrafi successivi, descriveremo in dettaglio i vari termini. Come esempio consideriamo un col- lettore parabolico cilindrico. Per unità di area di apertura, il bilancio energetico può essere scritto come:

) (

r,x a

a r L b

b

u

T T

A U A R

H

q = ργτα − −

Ovvero, se tutto il ricevitore si trova ad una temperatura uniforme Tr (come succede ad esempio se si tratta di una cal- daia), l’energia utile raccolta dal collettore per unita di tempo è:

Qu = AaHbRbργτα − UT Αrr−Τa) Il significato dei simboli è il seguente:

• ρ. Rif1ettanza speculare della superficie del riflettore (media sugli angoli di interesse).

• γ. Fattore di intercettazione: è la frazione della radiazione riflessa specularmente che viene intercettata dalla superfi- cie assorbente.

• τα. Trasmittanza della copertura (quando è presente un sistema di copertura trasparente) ed assorbanza del ricevito- re.

HbRb. Questi simboli hanno sostanzialmente lo stesso significato che nel caso dei collettori piani. Hb si riferisce alla sola componente collimata della radiazione solare incidente (eccetto che per sistemi a rapporto di concentrazione molto basso, che possono raccogliere anche una parte della radiazione diffusa): Rb e il rapporto fra la radiazione

Riferimenti

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