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Capitolo 3 – Responsabilità e risarcimento del danno per mancato annullamento di un atto impositivo illegittimo.

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Capitolo 3 – Responsabilità e risarcimento del danno per mancato

annullamento di un atto impositivo illegittimo.

3.1 – Definizione di atto impositivo illegittimo

La denominazione “atto impositivo” viene usata come sinonimo di “avviso di accertamento” e in generale è usata impropriamente per indicare qualsiasi atto impugnabile dell’amministrazione finanziaria200. L’avviso di accertamento rappresenta

in particolare l’atto finale del procedimento di accertamento201.

La natura dell’atto di accertamento e gli effetti che esso produce, hanno portato, fin dagli anni trenta, a contrapposti orientamenti dottrinali. Tali orientamenti sono riconducibili, da una parte, alla teoria dichiarativa e dall’altra, alla teoria costitutiva. Secondo la teoria dichiarativa202, l’atto di accertamento assume la funzione di

accertare la sussistenza di un’obbligazione tributaria già sorta ex lege. L’obbligazione tributaria nasce infatti con il semplice realizzarsi del presupposto di fatto contemplato dalla fattispecie normativa203. L’avviso di accertamento in questo caso non avrebbe

altro che efficacia meramente dichiarativa rappresentando solo il mezzo attraverso il quale l’amministrazione finanziaria avanza le sue pretese nei confronti del

contribuente204. Contrapposta a tale teoria è la teoria costitutiva205, secondo la quale

l’atto di accertamento opererebbe da vero e proprio elemento integrativo della fattispecie costitutiva dell’obbligazione tributaria. Tale teoria parte dal presupposto che le norme tributarie hanno natura di norme d’azione, ossia attribuiscono

200 Batistoni Ferrara F., Bellè B., diritto tributario processuale, Cedam, 5°edizione, Trento, 2014,pag. 197 201 E’ l’atto finale con il quale l’amministrazione finanziaria procede ad accertare le eventuali irregolarità

emerse nella fase del controllo.

202 Teoria facente capo ad Achille Giannini. Per un approfondimento si veda A.D. Giannini, il rapporto

giuridico d’imposta, Giuffrè, Milano,1937, Russo P., Diritto e processo nella teoria dell’obbligazione tributaria, Giuffrè, Milano,1969

203 Manzoni I., Potere di accertamento e tutela del contribuente nelle imposte dirette e nell’iva, Giuffrè

editore, Milano, 1993, pag. 1

204 Donato Toma G., la discrezionalità dell’azione amministrativa in ambito tributario, Cedam, Milano,

2012, pag.72

205 Hanno sostenuto la teoria costitutiva tra gli altri: Allorio E., Diritto processuale tributario,

Torino,1962,pag.60 e seg., Fantozzi A., La solidarietà nel diritto tributario, Torino, 1968, pag.198 e seg.

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all’Amministrazione finanziaria una funzione impositiva. Fin dal verificarsi del

presupposto d’imposta, in capo all’amministrazione finanziaria sorgerebbe un potere di imposizione nei confronti del contribuente ma, solo con l’emanazione dell’atto di accertamento, il credito o maggior credito, sorgerebbe ex nunc, per effetto dello stesso atto di accertamento206.

Secondo la giurisprudenza207, la teoria dichiarativa è preferibile e pertanto

l’obbligazione tributaria nascerebbe ex lege con l’avveramento del presupposto dell’imposta. L’atto di accertamento avrebbe solo l’esclusiva funzione di condizionare l’esazione del tributo.

La natura dichiarativa o costitutiva dell’atto di accertamento risulta oggi di gran lunga superata, questo a causa delle trasformazioni subite nel tempo dalla legislazione in materia208. Nel nuovo schema procedimentale, la sequenza fisiologica di attuazione del

prelievo, si realizza essenzialmente mediante atti posti in essere dal contribuente stesso209. In questa sequenza di atti posti in essere dal contribuente non trova posto

l’accertamento. Tale accertamento si presenta solo successivamente ed

eventualmente come mera attività di controllo. Se il contribuente operasse secondo legge, l’accertamento non avrebbe ragion d’essere. Con l’avviso di accertamento l’ufficio finanziario notifica formalmente la pretesa tributaria al contribuente a seguito di un’attività di controllo sostanziale210.

Questo dovrebbe quindi far riflettere sulla legittimità di attribuire efficacia costitutiva ad un atto che è eventuale ed accidentale e che riguarda la patologia e non la fisiologia del procedimento impositivo211.

L’avviso di accertamento deve avere determinati requisiti di forma e di contenuto. Per quanto riguardo i requisiti formali, l’avviso di accertamento deve essere sottoscritto

206 Manzoni I., Potere di accertamento e tutela del contribuente nelle imposte dirette e nell’iva, Giuffrè

editore, Milano, 1993, pag.2, Fantozzi A., Diritto tributario, Utet, Milano,2012 pag. 83

207 Sent. Cass Sez. Unite n. 4779 del 28 maggio 1987 in boll. Trib. inf., 1987 pag 1722 e sent. Sez unite n.

4853 del 3 giugno 1987 in Boll. Trib inf. 1987, pag. 1152.

208 Riforma tributaria del 1972-73

209 Gli atti posti in essere dal contribuente sono l’autoliquidazione del tributo, il versamento, la

presentazione della dichiarazione.

210 Definizione indicata nel sito internet dell’ Agenzia delle Entrate

211 Manzoni I., Potere di accertamento e tutela del contribuente nelle imposte dirette e nell’iva, Giuffrè

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dal capo dell’ufficio o da altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato212. La

sottoscrizione di tale atto, risulta essere un elemento importante, in quanto contrassegna la paternità dell’atto stesso e ne garantisce quindi la provenienza dall’organo a ciò legittimato213.

L’atto di accertamento viene considerato un atto recettizio214 in quanto esso esiste e

produce i suoi effetti solo se portato a conoscenza del destinatario mediante notificazione215.

Il contenuto degli avvisi di accertamento deve avere due requisiti: il dispositivo e la motivazione.

Il dispositivo dell’atto è dato dalla statuizione relativa alla base imponibile e

all’obbligazione tributaria216. Il dispositivo è disciplinato dalle singole leggi d’imposta,

anche se possono aversi inevitabili differenze legate alla diversa struttura dei tributi217.

La motivazione è invece l’indicazione dei presupposti di fatto e delle ragioni giuridiche che hanno determinato l’ufficio ad emettere l’avviso di accertamento e a dotarlo di quel contenuto. La motivazione è un elemento essenziale che assolve una duplice funzione, impositiva e difensiva218. La motivazione è importante perché dà la

212 Art. 42 D.P.R. 600/1973

213 Manzoni I., Potere di accertamento e tutela del contribuente nelle imposte dirette e nell’iva, Giuffrè

editore, Milano, 1993, pag. 101

214 In tal senso: Fantozzi A., Diritto tributario, Utet, Milano, 2012 pag. 723, Allorio E., Diritto processuale

tributario, Torino,1962,pag.90

215 La notificazione è eseguita seguendo le regole generali previste dall’art. 137 c.p.c con alcune

differenze previste dall’art. 60 dal D.p.r 600/1973 secondo le quali: la notifica degli atti tributari è eseguita da messi comunali o messi speciali autorizzati dall’ufficio; il messo deve far sottoscrivere l’atto o l’avviso al consegnatario. Anche gli avvisi e gli atti tributari, a seguito della modifica dell’art. 14, co.1 della L. 890/1982 ad opera dell’art.20 co.1 della L. 146/1998, possono essere notificati a mezzo del servizio postale. Per un approfondimento Fantozzi A., Diritto tributario, Utet, Milano, 2012 pag. 723 e seg.

216 Batistoni Ferrara F., Bellè B., diritto tributario processuale, Cedam, 5°edizione, Trento, 2014,pag. 198 217 In generale il dispositivo fa riferimento alla determinazione dell’imponibile e alla quantificazione

dell’imposta ma vi sono delle differenze in base alla struttura dei singoli tributi. In materia di imposte sui redditi l’art. 42 D.p.r. 600/1973 indica come dispositivo l’imponibile o gli imponibili accertati, le aliquote applicate e le imposte liquidate al lordo delle detrazioni, delle ritenute d’acconto e dei crediti d’imposta. Invece l’art. 56 D.p.r. 633/1972 con riferimento all’iva richiede l’indicazione degli errori, delle omissioni, le false o inesatte indicazioni su cui è fondata la rettifica ed i relativi elementi probatori.

218 Fantozzi A., Diritto tributario, Utet, Milano, 2012 pag. 728.

L’obbligo di inserire la motivazione in tutti gli atti amministrativi a contenuto provvedimentale è stato riconosciuto con l’art. 3 della L. 241/1990. Già prima di tale legge l’obbligo di motivazione era

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possibilità al contribuente, di verificare il rispetto delle regole circa la formazione del convincimento dell’ufficio. L’ufficio è quindi tenuto ad esporre il percorso logico-giuridico seguito per l’emanazione dell’atto. La motivazione deve avere come

requisito la comprensibilità, ossia deve poter essere compresa da un uomo ragionevole e imparziale219. In questo modo il contribuente può, in modo consapevole, decidere se

contestare o meno220 tale atto.

Per gli avvisi di accertamento con hanno oltre alla funzione impositiva, anche quella di titolo esecutivo e di precetto221, è necessario che essi contengano l’intimazione ad

adempiere entro un dato termine222. Tale avvisi devo anche contenere l’avvertimento

che in mancanza di adempimento entro il termine stabilito, l’ufficio procederà ad esecuzione forzata.

L’avviso di accertamento può essere detto “viziato” quando vengono violate le suddette norme che lo disciplinano.

In generale nel diritto civile223 il vizio di un atto si distingue in due modi: vizio di nullità,

inteso come vizio che impedisce all’atto di produrre effetti giuridici, e vizio di

annullabilità, per il quale l’atto produce effetti ma è suscettibile di essere rimosso, se annullato dal giudice.

previsto nel Testo Unico delle imposte sui redditi del 1958 e con la riforma degli anni ’70 tale obbligo è stato confermato ai fini di quasi tutte le imposte.

L’obbligo di motivazione degli atti dell’Amministrazione finanziaria è previsto anche dallo Statuto dei Diritti del contribuente all’art 7. Nel caso in cui, prima dell’emanazione dell’avviso di accertamento, il contribuente interviene nel procedimento esponendo le sue ragioni sorge l’obbligo della c.d.

motivazione rafforzata ossia la motivazione deve tener conto delle deduzioni del contribuente. Inoltre si può avere una motivazione per relationem. L’art . 7 co.1 dello Statuto dei diritti del

contribuente prevede infatti che se nella motivazione degli atti dell’amministrazione finanziaria è fatto riferimento ad un altro atto, l’atto richiamato deve essere allegato.

219 Marcheselli A., Accertamento e difesa del contribuente, Giuffrè Editore, Milano, 2010, pag. 396 220 Fantozzi A., Diritto tributario, Utet, Milano, 2012 pag. 728

221 L’atto diventa un atto “impoesattivo” in quanto concentra su di sé oltre alla funzione impositiva, di

titolo esecutivo e di precetto. Questa due ultime funzioni erano affidate fino al d.l. n. 78 del 2010 al ruolo e alla cartella. L’art. 29 del d.l. 18 del 2010 indica i tributi ricompresi in questo nuovo regime quali le imposte sui redditi, l’irap, l’iva e il connesso provvedimento di irrogazione. Restano esclusi i tributi non indicati nell’art. 29 come i tributi doganali, locali, imposta di registro, ipocastali.

La riscossione in base al ruolo rimane comunque applicabile in materia di imposte sui redditi e iva nel caso in cui l’Agenzia delle Entrate non proceda mediante avviso di accertamento.

222 L’esecutività dell’atto è subordinata al decorso di 60 gg. Dalla notifica termine entro il quale può

anche essere presentato ricorso.

223 Nel diritto civile si fa riferimento agli istituti della nullità e dell’annullabilità. Secondo il cod. civile il

contratto nullo art. 1418 c.c, essendo inefficace non produce effetti, diversamente quello annullabile art. produce effetti semprechè colui che ne abbia interesse non promuova la relativa azione di annullamento.

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Diversamente, nel diritto amministrativo, anteriormente alla modifica della L.

241/1990, regolatrice del procedimento amministrativo, avvenuta con la L. 15 dell’11 febbraio 2005, la distinzione tra atto nullo e annullabile non era presente. Se da una parte il provvedimento viziato risultava illegittimo, dall’altra, un provvedimento nullo veniva considerato efficace e produttivo di effetti fino a quando esso non veniva annullato224. La nullità dell’atto in campo amministrativo non corrispondeva infatti alla

nullità prevista dal codice civile, essa equivaleva invece alla annullabilità civilistica. La legge n. 15 del 2005 ha innovato225 la legge regolatrice del procedimento

amministrativo226 introducendo innovazioni al riguardo. Fra le altre innovazioni è stato

disciplinato l’invalidità del provvedimento227.

Riguardo l’invalidità del provvedimento, per il quale prima della riforma mancava una disciplina generale228, è stato inserito l’art. 21 septies. Con tale articolo di legge

l’istituto della nullità trova riconoscimento nel provvedimento amministrativo. Il comma 1 dell’art. 21 septies prevede che :”E’ nullo il provvedimento che manca degli elementi essenziali, che è viziato da difetto assoluto di attribuzione, che è stato adottato in violazione o elusione del giudicato nonché nei casi espressamente previsti dalla legge”.

L’istituto della nullità così disciplinato non corrisponde esattamente alla nullità prevista nel codice civile all’art. 1418229. Infatti la disciplina civilistica prevede la nullità nel caso

della violazione di una norma imperativa. Secondo l’art. 21 septies comma 1, invece la nullità non è la conseguenza della violazione di qualsiasi norma imperativa, ma solo

224 Marcheselli A., Accertamento e difesa del contribuente, Giuffrè Editore, Milano, 2010, pag.411 225 La legge n. 15/2005 ha introdotto modifiche anche ai principi generali dell’azione amministrativa e i

rapporti tra diritto pubblico e privato, al procedimento amministrativo e le modalità della sua conclusione, la disciplina del silenzio e della partecipazione, la disciplina della efficacia, della esecuzione e della invalidità del provvedimento

226 Legge 241/1990

227 Tesauro F., l’invalidità dei provvedimenti impositivi, in Boll. Trib., 2005, pag. 1445

228 Prima della riforma in diritto amministrativo la regola generale era l’annullabilità dei provvedimenti

viziati; la nullità era prevista in singoli casi tra cui: l’assunzione del pubblico impiego senza concorso, gli atti compiuti da un organo dopo la sua scadenza, otre la prorogatio.

229 Art 1418 c.c. I co.: Il contratto è nullo quando è contrario a norme imperative, salvo che la legge

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delle norme che disciplinano: -gli elementi essenziali del provvedimento, - l’attribuzione delle competenze, - il giudicato230.

Infine, secondo l’art. 21 septies, è nullo il provvedimento amministrativo “negli altri casi espressamente previsti dalla legge”.

Quando non ricorrono i casi di nullità in senso proprio riconducibili all’art. 21 septies comma 1, il provvedimento viziato non è nullo ma annullabile anche se l’annullabilità non è prevista espressamente231. L’art. 21 octies, introdotto anch’esso con la riforma

del 2005, dispone infatti che è annullabile ogni atto viziato da violazione di legge, da eccesso di potere o da incompetenza.

Non sempre la violazione di legge prevista al comma I dell’art. 21 octies rende invalido il provvedimento. Il comma II del medesimo articolo esclude infatti che sia annullabile il “provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato”.

Posto che l’intervento legislativo del 2005 ha innovato profondamente il procedimento amministrativo, è necessario verificare l’applicabilità di tale disciplina al procedimento tributario e in particolare l’applicabilità degli artt. 21 septies e octies, ai provvedimenti impositivi, che in questa sede interessano.

La giurisprudenza della Corte di Cassazione232 che facendo “ salva la specialità” della

materia tributaria, sembra ritenere applicabili233 sempre e comunque i principi del

procedimento amministrativo al procedimento tributario234.

230 Tesauro F., l’invalidità dei provvedimenti impositivi, in Boll. Trib., 2005, pag. 1446 231 Tesauro F., Istituzioni di diritto tributario, Parte Generale, Utet, Milano, 2012, pag. 213

232 Sentenza n. 1236 del 23 gennaio 2006 in Dir. Prat. Trib., II, 2006, pag. 731 e seg. La cassazione con la

sentenza stabilisce che : “ i principi generali dell’attività amministrativa stabiliti dalla L. 241/1990, si applicano, salva la specialità, anche per il procedimento amministrativo tributario.

233 La dottrina non è unanime nell’applicabilità della disciplina del procedimento amministrativo al

procedimento tributario. In senso favorevole: Tesauro F., l’invalidità dei provvedimenti impositivi, in Boll. Trib., 2005, pag. 1445, Balivecchia M., La nullità degli atti impositivi. Considerazioni sul principio di legalità e funzione impositiva, in Riv. Dir. fin. Sci. Fin., 2006, II, pag. 357, Piantavigna P.,

Osservazioni sul “procedimento tributario”, dopo la riforma sul procedimento amministrativo in Riv. Dir. fin. Sci. Fin., 2007, II, pag. 88. In senso contrario: Perrone L., Riflessioni sul procedimento tributario, in Rass. Trib., 2009, pag. 52 secondo il quale la materia tributaria è rimasta estranea al movimento riformatore che è sfociato nella L. 241/1990. Secondo l’autore non è possibile, in materia tributaria, prevedere uno schema procedimentale tipico per ogni tributo e quindi risulta arduo

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L’applicabilità al provvedimento impositivo dell’ art. 21 septies richiede il

coordinamento tra questa norma generale e le previsioni speciali della legge tributaria, che come detto, non sono abrogate dalle norme generali sopravvenute235.

L’applicabilità dell’art. 21 septies al provvedimento impositivo fa sì che esso sia nullo in mancanza degli elementi essenziali (mancata sottoscrizione), quando è intestato a un soggetto inesistente236, quando non è notificato237, quando è totalmente privo di altri

elementi essenziali, cioè della motivazione o della parte dispositiva. Inoltre è nullo il provvedimento impositivo quando è viziato da difetto assoluto di attribuzione ossia quando è emesso in situazione di “carenza di potere”238.

Nelle leggi tributarie sono numerosi i casi in cui un precetto dev’essere osservato sotto comminatoria di nullità239. Il linguaggio normativo, almeno per quanto riguarda il

campo tributario, appare in proposito poco affidabile. La legge tributaria240 spesso usa

il termine “nullità” per definire casi che sono di annullabilità241242. Queste “nullità”

quindi non costituiscono forme di vera nullità, ma casi di annullabilità sanciti espressamente.

l’applicazione dello schema generale del procedimento amministrativo al procedimento tributario. Inoltre l’autore evidenzia che sono le norme tributarie in alcuni casi che richiamano espressamente le disposizioni contenute nella L. 241/1990 lasciando comprendere, non solo che non vi è alcuna automatica applicazione ma anche che se non ci fosse questo espresso richiamano la disciplina sul procedimento amministrativo non troverebbe applicazione. Concordi a tale orientamento anche: La Rosa S., Il giusto procedimento tributario, in Giur. Imp., 2004, pag. 763

234 Perrone L., Riflessioni sul procedimento tributario, in Rass. Trib., 2009, pag. 59. 235 Tesauro F., l’invalidità dei provvedimenti impositivi, in Boll. Trib., 2005, pag. 1446 236 Es intestato a persona defunta, società estinta

237 Ossia è notificato con notificazione da qualificare giuridicamente inesistente

238 Avviso di accertamento che riguarda un tributo inesistente, o è emesso da un ufficio funzionalmente

o territorialmente incompetente

239 In materia di imposte dirette, è stabilita la nullità degli accertamenti non sottoscritti, non motivati o

privi di altre indicazioni essenziali (art. 42, D.p.r. 600/1973). Ancora l’accertamento di un imposta elusa deve essere preceduto, a pena di nullità, da una richiesta di chiarimenti al contribuente (Art. 37 bis, D.p.r. 600/1973)

240 Ad esempio l’art. 42 del D.p.r. 600/1973 in materia di accertamento delle imposte sui redditi stablisce

espressamente che l’accertamento è nullo se l’avviso non reca la sottoscrizione, la motivazione e le atre indicazioni previste dallo stesso articolo. Successivamente però al’art. 61 lo stesso decreto stabilisce che la nullità dell’accertamento per i suddetti motivi deve essere eccepita a pena di decadenza in primo grado: questo sta a significare che non si può parlare di nullità ma di semplice annullabilità.

241 Manzoni I., Potere di accertamento e tutela del contribuente nelle imposte dirette e nell’iva, Giuffrè

editore, Milano, 1993, pag. 40

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Nel diritto tributario quindi, a parte i casi di nullità, la regola di gran lunga prevalente resta comunque, quella della semplice annullabilità che è disciplinata, per il

procedimento amministrativo, dall’art. 21 octies.

Riguardo l’applicabilità dell’art. 21 octies alla materia tributaria si registra una diffusa convergenza nel ritenere applicabile I comma. Molti dubbi invece sono stati messi in evidenza riguardo l’applicabilità del II comma243. Secondo il II comma non può essere

annullato, se pur viziato, l’atto amministrativo il cui contenuto non avrebbe potuto essere diverso. Questo fa sorgere un interrogativo riguardo al fatto che provvedimento impositivo che sia fondato nel merito sia annullabile per vizi formali244.

Le posizioni della dottrina al riguardo sono diverse. Alcuni245 ritengono la non possibile

applicabilità di tale norma ai provvedimenti tributari. Infatti il II comma dell’articolo in esame fa riferimento ai provvedimenti vincolati. Per tale dottrina infatti la natura vincolata cui fa riferimento la norma non coinciderebbe con la natura vincolata che è riconosciuta al provvedimento impositivo246. Il provvedimento impositivo ha infatti

natura vincolata rispetto solo al fine che persegue, ma il suo contenuto dipende strettamente dalla valutazione dei fatti che l’amministrazione finanziaria pone in essere.

Altri fondano la non applicabilità sulla natura processuale della norma e dunque sulla sua esclusiva riferibilità al giudizio amministrativo247. Infine altra parte della dottrina

riconduce la non applicabilità, all’esistenza di una normativa speciale di garanzia, quale lo Statuto dei diritti dei Contribuenti, insuscettibile di modifiche restrittive o

peggiorative che impedirebbe l’ingresso nel sistema attuale di norme di scarsa garanzia per il contribuente248.

243 Boletto G., Riflessioni sull’invalidità per difetto di motivazione, in Riv. Trib, 2013, pag. 531 244 Marongiu G., Marcheselli A., Lezioni di diritto tributario, Giapichelli Editore, Torino, 2010

pag. 104

245 Lupi R., Motivazione degli atti impositivi e riflessi tributari delle modifiche alla L. 241/1990. Un’ipotesi

limitata alle vicende “autoesplicative” in Dialoghi dir. Trib, 2005, pag. 541

246 Boletto G., Riflessioni sull’invalidità per difetto di motivazione, in Riv. Trib, 2013, pag. 533 247 Basilavecchia M., La nullità degli atti impositivi: considerazioni su principio di legalità e funzione

impositiva in Riv. Fin sc. Fin. 2006, pag.359

248 Cazzato A., Vizi formali e vizi procedimentali tra vuoti di tutela, modelli risarcitori e prospettive future

in La Responsabilità Civile dell'Amministrazione Finanziaria, Questioni teoriche e politiche, a cura di Rossi P., Giuffrè Editore, Milano, 2009, pag. 71

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Di contro l’applicabilità di tale norma agli atti tributari pare essere permessa se si segue una interpretazione più restrittiva e rigorosa. L’irrilevanza della violazione delle norme sul procedimento o sulla forma degli atti sarebbe strettamente connessa alla natura vincolata dell’atto249. L’applicazione in campo tributario sarebbe dunque

accettata ma la regola della annullabilità finirebbe per avere un campo di applicazione250 molto limitato circoscrivibile solo agli atti tributari che hanno

contenuto vincolato251252. In questo caso comunque non si avrebbe l’annullabilità per

vizi meramente formali qualora “risulti palese che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso”, ossia se in mancanza del vizio da cui il provvedimento adottato è affetto, il contenuto dispositivo sarebbe stato il medesimo253.

3.2 – L’istituto dell’autotutela nel diritto tributario

Di fronte ad un provvedimento impositivo dell'illegittimo dell’amministrazione finanziaria, l’istituto dell’autotutela si rivela importante per il contribuente. Con tale istituto l’amministrazione finanziaria spontaneamente o su richiesta del contribuente può annullare un provvedimento illegittimo evitando che esso produca effetti dannosi per il contribuente.

Prima di analizzare una possibile responsabilità civile dell’amministrazione finanziaria per mancato esercizio del potere di annullamento, è necessario definire l’istituto dell’autotutela e la sua natura.

L’istituto della autotutela è proprio del diritto amministrativo e va ricondotto alla potestà di ogni pubblica amministrazione al fine di risolvere, un conflitto attuale o

249 Provvedimento vincolato in senso stretto ossia il contenuto del provvedimento è completamente

vincolato alla fattispecie legale e non c’è spazio per alcuna valutazione dei fatti

250 Provvedimenti vincolati in senso stretto in campo tributario: quelli emessi sulla base di un

precedente atto impositivo già conosciuto al contribuente che abbiano natura liquidatoria o meramente esattiva.

251 Boletto G., Riflessioni sull’invalidità per difetto di motivazione, in Riv. Trib, 2013, pag. 534

252 Secondo Tesauro F., Istituzioni di diritto tributario, Parte Generale, Utet, Milano, 2012, pag. 213, la

norma sarebbe applicabile ai provvedimenti vincolati, anche se sono espressione di discrezionalità tecnica e quindi sarebbe comunque applicabile agli avvisi di accertamento.

253 Il giudice deve compiere un doppio accertamento: deve verificare che il vizio formale sussista e

verificare che il contenuto dispositivo dell’atto non sarebbe potuto essere diverso. Se questa ultima verifica dà esito negativo deve accogliere il motivo dedotto (anche se relativo a vizi formali) e annullare il provvedimento.

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potenziale di interessi ed in particolare di sindacare la validità dei propri atti producendo effetti incidenti su di essi254.

L’istituto trova fondamento nei principi di imparzialità e di buon andamento della Pubblica Amministrazione255. La pubblica amministrazione si pone come l’ obiettivo la

salvaguardia dell’ interesse pubblico256.

Questa definizione generale si presta ad essere applicata a diversi settori del diritto, tra cui appunto il diritto tributario.

Il potere di autotutela nel diritto tributario può essere inteso sotto due accezioni. La prima accezione in senso generale fa riferimento all’ampio riconoscimento della facoltà dell’amministrazione finanziaria di farsi ragione da sola, senza il necessario ricorso ad una autorità terza quale il giudice. In tal senso il potere dell’amministrazione finanziaria è quello di accertare e determinare, da sé e in modo potenzialmente

vincolante e definitivo, l’oggetto dei propri diritti, di precostituire, a seguito di un procedimento regolato dalla legge, un titolo esecutivo e di portare direttamente ad esecuzione coattiva le proprie pretese257.

La seconda accezione, in senso più ristretto, consiste nella potestà degli organi dell’amministrazione finanziaria di intervenire, autonomamente o su richiesta del contribuente, nel caso di errore ai danni del contribuente258. Tale capacità di

riesaminare il proprio operato è riconosciuta dall’ordinamento a qualsiasi amministrazione in vista dell’esigenza di assicurare il più efficace perseguimento dell’interesse pubblico ed è attuata attraverso il riesame critico e l’eventuale correzione o rimozione degli atti viziati, fino a comprendere anche il potere di sospende gli effetti dell’atto che appaia illegittimo o infondato259.

254 Casetta E., Manuale di diritto amministrativo, Giuffrè Editore, Milano, 2011, pag. 70 255 Art. 97 della Costituzione

256 Stufano S., La tutela del contribuente nelle indagini tributarie, Ipsoa, Milano,2011, pag. 232 e seg. 257 Marcheselli A., Accertamento e difesa del contribuente, Giuffrè Editore, Milano, 2010, pag.415 258 Villani M., Rizzelli P., L'autotutela nel contenzioso tributario, Maggioli Editore, Santarcangelo di

Romagna 2013, pag. 8

259 Fantozzi A., Diritto tributario, Utet, Milano,2012 pag.760, Villani M., Rizzelli P., L'autotutela nel

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Diversamente dal settore amministrativo, nel settore tributario si dubitava che tale potere potesse essere riconosciuto in via generale all'Amministrazione finanziaria260

perché mancava un riferimento normativo esplicito che ne confermasse l'esistenza e ne delineasse i contorni261.

Alla possibilità di ritiro di un atto tributario invalido, si opponevano le norme sulla contabilità dello Stato in particolare il R.d. n. 827 del 23 maggio 1924262 che prevedeva

rigorosi doveri di riscossione e sanzioni in caso di mancata riscossione. L’annullamento o la revoca degli atti impositivi precedentemente emanati avrebbe significato

“un'implicita ammissione del cattivo esercizio dell'azione amministrativa”263 o,

comunque, la rinunzia ad una parte del gettito fiscale.

Tale questione è stata poi superata con l’art. 68 del D.p.r. n. 287 del 27 marzo 1992264,

secondo il quale “salvo che sia intervenuto giudicato, gli uffici dell’amministrazione finanziaria possono procedere all’annullamento, totale o parziale, dei propri atti riconosciuti illegittimi o infondati con provvedimento motivato notificato al contribuente”265.

Tale articolo è stato poi soppresso dall’art.23 del D.p.r n. 107 del 26 marzo 2001 la cui previsione è stata inoltre ampliata dall’art. 2 quater, d.l. n. 564 del 30 settembre 1994, convertito con l. n. 656 del 30 novembre 1994, aggiunto dall’art. 27 co.1 della l. n. 28 del 18 febbraio 1999 . Sulla base di tali disposizioni è stato emanato un apposito decreto, il D.m. 37/1997266, che contiene una dettagliata disciplina in ordine

all’esercizio del potere di autotutela da parte degli organi dell’amministrazione finanziaria. La norma regolamentare all’art. 1 identifica l’organo competente per l’annullamento, per la revoca o la rinuncia all’imposizione, nell’ ufficio stesso che ha

260 Russo P., Manuale di diritto tributario, Giuffrè Editore., Milano, 2007, pag. 223.

261 In passato, nell'ordinamento fiscale, si aveva un istituto affine all'autotutela previsto dalla c.d.

Legge del Registro (art. 34, R.D. n. 3269/1923), la quale attribuiva all'Amministrazione finanziaria la facoltà di moderare l'accertamento definitivo che risultasse manchevole o erroneo, e quindi di rinnovare l’atto impositivo viziato.

262 Agli art. 188 e seg. e 219 e seg.

263 Fantozzi A., Il diritto tributario, Utet, Torino, 2003, pag. 494

264 D.p.r n. 287 del 27 marzo 1992 concernente il regolamento del personale del Ministero delle finanze 265 Russo P., Diritto e processo nella teoria dell’obbligazione tributaria, Giuffè, Milano, 1969, pag. 226 266 D.M. n. 37/1997 Regolamento recante norme relative all’esercizio del potere di autotutela da parte

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emanato l’atto267. Solo in caso di grave inerzia di questo, il potere è affidato alla

Direzione regionale o compartimentale268 dalla quale l’ufficio dipende.Il potere di

annullamento è quindi conferito alla stessa autorità procedente in primo grado, secondo i principi generali in materia di autotutela amministrativa spontanea269. E’

fatta salva comunque la possibilità per la Direzione regionale (o compartimentale) delle Entrate di sostituirsi all’ufficio in situazioni di grave inerzia.

Nell’ambito della struttura competente ad esercitare il potere di autotutela, deve essere individuato il c.d. responsabile del procedimento270, ossia “l’unità organizzativa

responsabile dell’istruttoria e di ogni altro adempimento procedimentale, nonché dell’adozione del provvedimento finale”.

Gli atti riesaminabili sono tutti gli atti impugnabili dinanzi al giudice tributario271 ma

anche altri atti in grado di produrre una lesione diretta e immediata della situazione soggettiva del contribuente272. Il D.m. n. 37/97, dopo aver condizionato l’autotutela

negativa all’accertamento della “illegittimità dell’atto o dell’imposizione” (art. 2), propone un elenco di ipotesi in cui l’Amministrazione finanziaria può procedere all’annullamento.

L’autotutela può quindi essere esercitata in un vasto numero di casi, come ad esempio, l’errore di persona, l’evidente errore logico e di calcolo, l’errore sul presupposto

d’imposta, la doppia imposizione, la mancata considerazione di pagamenti di imposta, la mancanza di documentazione successivamente sanata.

267 In tal senso si parla di autoannullamento

268 In tal senso si parla di annullamento gerarchico. Tale potere sostitutivo si giustifica in base alla

posizione gerarchicamente sovraordinata degli organi direttivi, che consente loro di porre in essere, in presenza di talune circostanze, provvedimenti rientranti nella sfera di competenza degli uffici sottoordinati.

269 Cavallo B., Provvedimenti ed atti amministrativi, Cedam, Milano, 1993, pag. 360

270 Esso ha il compito di seguire e sovrintendere l’intera procedura, di coordinare e curare le attività

istruttorie, nonché di interloquire con i privati interessati, rappresentando il loro punto di

riferimento durante lo svolgimento della procedura. Ed infatti l’art. 8, comma 2, L. 7 agosto 1990, n. 241 obbliga l’Amministrazione a comunicare agli interessati “l’ufficio e la persona responsabile del procedimento” (lett. c), cosicché il cittadino possa conoscere il nome del responsabile del

procedimento nel quale è coinvolto. Rossi P., Il riesame degli atti di accertamento. Contributo allo studio del potere di annullamento d'ufficio a favore del contribuente, Giuffrè Editore, Milano, 2008, pag. 293

271 Secondo l’elencazione prevista dall’art. 19 d.lg. n. 546/1992

272 Ad esempio il processo verbale di constatazione perché in base al suo contenuto l’amministrazione

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All’interno del procedimento per ottenere il provvedimento di autotutela si distinguere la fase dell’iniziativa. In particolare, essa, può provenire dall’ufficio che ha emanato l’atto illegittimo o su proposta del contribuente.

In caso di non automatico riesame da parte dell’amministrazione finanziaria, il contribuente può infatti trasmettere all’ufficio competente la domanda di riesame in carta libera contenente un’esposizione sintetica dei fatti corredata dalla

documentazione idonea al fine di dimostrare le tesi sostenute273.

L’autotutela può essere esercitata sia in pendenza di giudizio, sia dopo che l’atto è divenuto definitivo, purchè non impugnato o impugnato senza successo. Il decreto ministeriale n. 37/1997 precisa che non si procede all’annullamento d’ufficio o alla rinuncia all’imposizione in caso di autoaccertamento, per motivi sui quali sia

intervenuta sentenza passata in giudicato favorevole all’amministrazione finanziaria. I possibili esiti del riesame in autotutela degli atti dell’amministrazione finanziaria possono concretizzarsi: nell’annullamento, nella revoca, nella rinuncia all’imposizione o nella sospensione degli effetti degli atti. Questi esiti sopracitati sono tutte ipotesi di c.d. autotutela negativa274 in relazione al contenuto in quanto producono il ritiro

dell’atto. Con l’annullamento l’amministrazione finanziaria annulla l’atto illegittimo o infondato con effetti retroattivi e può configurarsi come annullamento totale, laddove l’ufficio ritiri la pretesa impositiva nella sua interezza, oppure parziale, allorquando tale pretesa risulti solo in parte viziata e l’annullamento non travolge quella parte dell’atto che è immune da vizi275.

Riguardo l’ipotesi della revoca questa è espressamente prevista dall’art. 2 quater del D.m. 37/1997; quindi l’amministrazione finanziaria può procedere al ritiro dei propri atti oltre che per vizi di legittimità anche per vizi di merito.

273 Voce Autotutela sito www.Agenzia delle Entrate.it

274 Definizione di Ficari V, Autotutela e riesame nell’accertamento del tributo, Milano, 1999, pag.97 seg.,

oppure “autotutela a favore del contribuente” secondo Stevanato D., L’autotutela dell’amministrazione finanziaria, Cedam, Padova, 1996.

275 Villani M., Rizzelli P., L'autotutela nel contenzioso tributario, Maggioli Editore, Santarcangelo di

Romagna 2013, pag. 27, Bondì C., L’autotutela, profili giuridici e aspetti applicativi, Maggioli Editore, 2013, Santarcangelo in Romangna, pag, 67 e seg.

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Riguardo l’ipotesi della rinuncia all’imposizione, in questa caso essa precede

l’emanazione di un atto di accertamento da parte dell’Amministrazione, in modo che “non si avrà l’eliminazione di alcun atto, ma solo il mancato esercizio del potere impositivo in una delle sue molteplici forme”276. Tale ipotesi, prevista dall’art. 2 quater

del d.m. 37/2007, solleva qualche perplessità in quanto il termine “rinuncia” non pare addirsi all’attività di controllo e rettifica delle dichiarazioni dei contribuenti. Tale istituto rientra più correttamente nella funzione impositiva e accertativa di primo grado ma non risponde però ai requisiti dell’autotutela tributaria che ha fra i suoi presupposti essenziali l’esistenza dell’atto viziato277.

Nell’alveo dell’autotutela viene, inoltre, ricondotto dal legislatore anche il potere di sospensione dell’atto impositivo illegittimo, come previsto dai commi 1-bis e seguenti dell’art. 2-quater. Il comma 1-bis stabilisce che “nel potere di annullamento d’ufficio o di revoca (...) deve intendersi compreso anche il potere di disporre la

sospensione degli effetti dell’atto che appaia illegittimo o infondato”. Tale ipotesi, c.d. autotutela sospensiva, prevede la possibilità di sospendere l’efficacia del

provvedimento impugnato, nelle more del giudizio di merito sull’annullamento del medesimo278. La presentazione di un’istanza di riesame infatti non sospende

automaticamente né il termine di pagamento dell'atto né i termini per la

presentazione del ricorso al giudice tributario. L’esercizio del potere di sospensione non implica l’accertamento dell’illegittimità dell’atto, bensì soltanto una sommaria valutazione circa la sussistenza del vizio di legittimità che faccia apparire fondata (in termini di probabilità) la pretesa avanzata dal contribuente (c.d. fumus boni iuris). La sospensione, seppur in via provvisoria, interrompe gli effetti che dovrebbe

produrre l’atto. Il fine è quello di tutelare l’interesse del contribuente ed impedire che, in attesa dell’annullamento, esso subisca un danno grave ed irreparabile consistente in

276 In tale senso Ficari V., voce Autotutela (dir. trib.), in Dizionario di diritto pubblico, I, Milano, 2006,

pag. 618

277 Ficari V., Pregi e difetti della disciplina regolamentare dell’autotutela dell’amministrazione

finanziaria, in Rass. trib., 1997, I, pag. 349; Bondì C., L’autotutela, profili giuridici e aspetti applicativi, Maggioli Ediote, 2013, Santarcangelo in Romangna, pag, 68

278 Nel processo tributario tale potestà è stata espressamente introdotta dall’art. 47 del d.lgs. n.

546/1992, che in tal modo ha equiparato, sotto questo profilo, il processo tributario a quello amministrativo.

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un pregiudizio economico dovuto alla provvisoria esecuzione del provvedimento di primo grado279.

Accanto alle ipotesi della autotutela “negativa” si possono avere ipotesi diverse. L’attività di riesame dell’Amministrazione finanziaria può anche terminare con un provvedimento sfavorevole al contribuente, essendo finalizzata a riaffermare la pretesa impositiva dell’amministrazione finanziaria. In tal senso si fa riferimento alla autotutela c.d. sostitutiva e al c.d. diniego all’autotutela.

La procedura di riesame può avere, infatti, un esito di tipo confermativo280 laddove

l’ufficio ritenga insussistente il vizio di legittimità sostanziale ipotizzato dal privato, o reputi comunque inopportuno annullare l’atto di primo grado alla luce dell’interesse pubblico concretamente accertato. Nel caso invece dell’autotutela sostitutiva281,

all’annullamento fa seguito l’emanazione di un nuovo atto corretto dai vizi che inficiavano quello annullato. L’amministrazione finanziaria ribadisce quindi la propria pretesa attraverso un provvedimento dallo stesso contenuto dispositivo, anche se privo di vizi formali, e l’eventuale impugnazione del contribuente dovrà riguardare il nuovo atto poiché quello originario è stato ritirato.

3.3- La natura del potere di autotutela

Dopo aver definito l’istituto dell’autotutela si deve analizzare ora la sua natura.

Le posizioni della dottrina non sono però univoche in quanto è dubbio se l’attività del Fisco in sede di autotutela sia o meno un’attività di tipo discrezionale.

E’ necessario premettere che i principi costituzionali del diritto tributario, ossia il principio di legalità (artt. 23 e 97) e quello di capacità contributiva (art. 53), mettono in risalto la rilevanza dell’interesse generale affinchè ciascun cittadino sia

279 Fantozzi A., Diritto tributario, Utet, Milano, 2012 pag. 1000 280 Si ha con il diniego all’autotutela

281 L’esercizio dell’autotutela sostitutiva: a) dev’essere preceduto dall’annullamento; b) presuppone il

mancato decorso del termine di decadenza; c) non può costituire elusione del giudicato, cosicché l’atto può essere riproposto solo con una motivazione diversa da quella dell’avviso di accertamento originario. L’autotutela sostitutiva è ammessa per sanare vizi formali dell’atto: es. difetto di sottoscrizione, omessa indicazione dell’aliquota. Non è invece ammessa per sanare vizi di merito come ad es. la determinazione della base imponibile.

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assoggetto ad una tassazione conforme alla legge in correlazione alla propria capacità economica. E’ quindi lo stesso ordinamento positivo a dare rilievo preminente all’interesse ad una “giusta imposizione”.

Fatta questa premessa, parte della dottrina282, ritiene che i suddetti principi siano

sufficienti a giustificare ed imporre la rimozione del provvedimento viziato. Seguendo l’orientamento in parola, la funzione di riesame esercitata dall’Amministrazione Finanziaria, avrebbe natura vincolata e consisterebbe in un’attività di accertamento dei vizi dell’atto senza alcuna comparazione di interessi, data l’assoluta ed

incondizionata priorità dell’interesse alla legalità nell’applicazione dei tributi. Inoltre l’annullamento d’ufficio di un atto impositivo illegittimo sarebbe doveroso, in ossequio, oltre che al principio di legalità, anche al canone della buona fede che informa i rapporti tra Fisco e contribuente, e che impone al primo di ritirare o correggere un provvedimento lesivo della sfera giuridica del secondo283. Il

responsabile del procedimento di autotutela, non è infatti tenuto a seguire “altro principio-guida che non sia quello del rispetto della legalità sostanziale e del suo doveroso ripristino”284. L’amministrazione finanziaria non avrebbe da perseguire

interesse diverso che quello della corretta applicazione della norma impositrice, in quanto una sua violazione porrebbe il rischio della permanenza di un concorso alle spese pubbliche difforme dalla capacità contributiva285.

Continuando in tal senso, l’autotutela può essere vista come un continuum, ovvero un prolungamento dell’attività di accertamento, inteso a dare attuazione all’interesse pubblico anche successivamente all’adozione del provvedimento di primo grado. Quanto detto, comporta, sempre aderendo all’indirizzo richiamato, che la funzione di riesame degli atti tributari non implica alcuna valutazione discrezionale sugli

282 Tesauro F., Istituzioni di diritto tributario, Parte Generale, Utet, Milano, 2012, pag. 156; Falsitta

G.,Manuale di diritto tributario, Cedam, Padova, 2012,pag. 336 e seg.; Giuffrè Editore., Milano, 2007, pag. 224 seg.; De Mita E., La legalità tributaria, contributo alla semplificazione legislativa, Giuffrè Editore, Milano, 1993, pag. 79; Muscarà S. , voce Autotutela, V) Diritto tributario, in Enc. giur., Roma, 2004, vol. IV, pag. 4

283 Trivellin M., Il principio di buona fede nel rapporto tributario, Giuffrè Editore, Milano, 2009, pag. 56 e

seg.

284 Rossi P., Il riesame degli atti di accertamento. Contributo allo studio del potere di annullamento

d'ufficio a favore del contribuente, Giuffrè Editore, Milano, 2008, pag. 294

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interessi in gioco. Come si è detto, l’interesse giuridicamente rilevante286 per

l’amministrazione finanziaria sarebbe unico, non sussistendo contrapposte esigenze dei privati da contemperare.

Secondo altra parte della dottrina287, che risulta prevalente, l’autotutela avrebbe

carattere discrezionale.

Secondo tale orientamento il potere di autotutela andrebbe infatti inquadrato nelle attività di secondo grado288 dell’amministrazione finanziaria a contenuto discrezionale.

L’orientamento in esame riconosce all’autotutela una autonomia concettuale e funzionale rispetto all’attività impositiva289.

L’autonomia di tale potere è testimoniata anche dalla diversa natura che tale potere ha rispetto al potere impositivo. Quest’ultimo ha infatti carattere vincolato in quanto con tale potere viene data attuazione a quanto stabilito nelle singole leggi d’imposta. Il riesame tributario verrebbe a connotarsi, secondo l’indirizzo in esame, come

un’attività diversa da quella che ha condotto all’adozione del provvedimento riesaminato.

La dottrina in esame pur non trascurando l’esigenza di garantire che i cittadini siano soggetti ad una giusta imposizione, non negano la rilevanza di interessi diversi da quello generico al ripristino della legalità. Il carattere discrezionale dell’autotutela tributaria andrebbe quindi ricondotto al fatto che l’amministrazione finanziaria, in

286 Secondo Rossi P.,Il riesame degli atti di accertamento. Contributo allo studio del potere di

annullamento d'ufficio a favore del contribuente, Giuffrè Editore, Milano, 2008, pag. 230: non si tratta di un interesse qualsiasi bensì di interesse tipico e ben individuabile alla luce del potere già esercitato in ragione della previsione normativa che lo ha fissato in astratto come finalità da perseguire da parte dell’amministrazione.

287 Stavanato D., L’autotutela dell’amministrazione finanziaria Cedam, Padova, 1996, pag. 45.,

Flori G., il principio della autotutela tributaria, in Riv. Dir. Trib., 1996, pag. 662 e seg., Lupi R. , La nuova normativa sull’annullamento d’ufficio degli atti impositivi: spunti per una discussione, in Boll. trib., 1992, pag. 1801, Giovannini A., Il ricorso e gli atti impugnabili, in Il processo Tributario, Giurisprudenza sistematica a cura di F. Tesauro, Torino, 1998, pag. 390 e seg., Tassani ,

L’annullamento d’ufficio dell’amministrazione finanziaria tra teoria e applicazione pratica, in Rass. trib., n. 4/2000, I, pag. 1189 seg., Succio, L’autotutela dell’Amministrazione finanziaria: alcune considerazioni, in Dir. prat. trib., 1998, I, pag. 1517 e seg.

288 Ficari V. , Autotutela e riesame dell’accertamento del tributo, Milano, 1999, pag. 40 secondo cui Il

riesame costituisce un atto di secondo grado, separato ed autonomo rispetto a quello per primo posto in essere. Separato in quanto il riesame è una nuova forma di amministrazione attiva rispetto a quella di primo grado. Autonomo in quanto coinvolge ulteriori elementi di valutazione rispetto a quelli dell’atto di primo grado.

289 Gioè C, Profili di responsabilità civile dell’amministrazione finanziaria, Cedam, Padova, 2007,

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sede di riesame, è chiamata a compiere una ponderazione tra esigenze diverse, tra le quali assume indubbia rilevanza quello ad una equa e giusta imposizione senza però che esso assurga ad interesse assoluto290.

L’interesse primario, a che i contribuenti siano soggetti ad una equa e giusta

imposizione affidato alle cure dell’ente impositore, deve coniugarsi con l’esigenza di tener conto del trascorrere del tempo e delle situazioni giuridiche che si sono venute nel frattempo a consolidare. Non si può, cioè, prescindere dal contesto concreto nel quale viene effettuato il riesame dell’atto, fino al punto di trascurare tutti gli altri interessi che vengono in considerazione in quel momento e che meritano protezione sul piano giuridico291. Compito dell’amministrazione finanziaria è quello di

contemperare caso per caso questi interessi, senza prescindere dalla gravità del vizio che rende l’atto illegittimo o infondato. L’amministrazione finanziaria è tenuta infatti a prendere in considerazione l’esigenza di dare certezza e stabilità ai rapporti giuridici che derivano dal provvedimento.

Seguendo questo ultimo orientamento, ci si deve domandare se l’Amministrazione finanziaria sia tenuta ad esaminare la situazione concreta in cui sembra porsi l’esigenza di intervenire (adottando alla fine una determinazione), o invece possa trascurare tale situazione e non avviare alcun procedimento, essendo il riesame una libera scelta rientrante nella sua sfera discrezionale.

La questione assume maggiore rilievo pratico là dove il contribuente sollecita l’ufficio attraverso la presentazione dell’istanza di riesame.

290 Rossi P., Riesame dell’atto, danno erariale e responsabilità per danni da diniego di autotutela, in La

Responsabilità Civile dell'Amministrazione Finanziaria, Questioni teoriche e politiche, a cura di Rossi P., Giuffrè Editore, Milano, 2009, pag. 171, Gioè C, Profili di responsabilità civile

dell’amministrazione finanziaria, Cedam, Padova, 2007, pag.206 e seg.

291 Stevanato D., L’autotutela dell’amministrazione finanziaria Cedam, Padova, 1996, pag. 45, che

ritiene di dover “delimitare” la portata dei principi di legalità e di capacità contributiva, i quali, pur essendo molto importanti, non sono dei valori assoluti da considerare isolatamente, “per la semplice ragione che non esistono, nell’esperienza giuridica, valori assoluti.

Insomma, anche la capacità contributiva deve pur conciliarsi con altri valori ed esigenze, che non sono solo il gretto ‘fiscalismo’ e le esigenze di cassa dell’erario, ma esigenze di altro tipo: segnatamente (...) le esigenze di stabilità e certezza dei rapporti giuridici e quella di non rimettere in discussione situazioni consolidate da molto tempo”

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Secondo l’opinione tradizionale della giurisprudenza292, l’autotutela sarebbe

considerata priva di efficacia vincolante, in quanto l’Amministrazione finanziaria godrebbe di un potere di riesame “di natura ampiamente discrezionale e non sindacabile”, esercitabile facoltativamente e in ogni momento (purché entro i termini decadenziali) e sarebbe perciò del tutto incensurabile la condotta con cui l’ufficio si limita a non provvedere o a non entrare nel merito.

Secondo questa parte della giurisprudenza, il riconoscere carattere vincolante

all’istanza del privato, significherebbe accordare al privato stesso un’indebita forma di tutela anche dopo la scadenza del termine per l’impugnazione dell’atto in sede giurisdizionale. Pertanto, l’istanza di riesame in via amministrativa, rischierebbe di tradursi in uno strumento per eludere i termini d’impugnazione del

provvedimento.

E’ stato, tuttavia osservato, che l’impostazione giurisprudenziale suddetta,

“confonderebbe due piani da tenere ben distinti, poiché la cosiddetta discrezionalità sul ‘se’ del provvedimento non può mai riguardare l’agire (e cioè l’azione

amministrativa) ma soltanto l’emanazione di un certo provvedimento positivo”293.

Pur ammettendo, così come sostenuto dalla prevalente dottrina sopra esposta, che il potere di riesame e il provvedimento che ne costituisce attuazione abbiano

contenuto discrezionale, non si può trarre la conseguenza che l’ufficio sia libero di decidere se attivarsi o meno in presenza di un atto che potrebbe essere illegittimo. La discrezionalità del potere di autotutela non contrasterebbe con la doverosità dell’azione amministrativa294.

In altre parole, non è corretto affermare che la discrezionalità nella determinazione del contenuto del provvedimento (discrezionalità nel quomodo) implichi

292 Cons. Stato, Sez. V, 21 gennaio 1997, n. 74, in Cons. Stato, 1997, I, pag. 62; Cons. Stato, Sez. V, 9

marzo 1995, n. 307, in Foro amm.,1995, pag. 594, Cons. Stato, Sez. IV, 1 luglio 1980, n. 718, in Cons. Stato, 1980, I, p. 90; Cons. Stato, Sez. V, 3 ottobre 1984, n. 691, in Cons. Stato, 1984, p. 1177, anche Cass., Sez. trib., 5 febbraio 2002, n. 1547, in Il fisco, n. 28/2002, fasc. 1, p. 4552.

293 Stevanato D., L’autotutela dell’amministrazione finanziaria, Cedam, Padova, 1996, pag. 81. Nella

dottrina amministrativistica, in senso conforme Cavallo B, Provvedimenti e atti amministrativi, Cedam, Milano, 1993, pag. 357; Ledda F., Il rifiuto di provvedimento amministrativo, Giappichelli Editore, Torino, 1964, pag. 122 e seg.

294 Gioè C, Profili di responsabilità civile dell’amministrazione finanziaria, Cedam, Padova, 2007, pag.

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necessariamente libertà di decidere se emanare o meno un provvedimento (discrezionalità nell’an).

Quanto suddetto può trovare conferma anche nella previsione contenuta nell’art. 1 del D.m. 37/1997, secondo cui “ la competenza per l’esercizio del potere di annullamento, in caso di grave inerzia dell’ufficio competente, viene attribuita direttamente, in via sostitutiva, alla Direzione regionale o compartimentale dalla quale l’ufficio stesso dipende”. Tale previsione infatti impedirebbe di ritenere che in presenza di una espressa domanda di riesame, l’amministrazione finanziaria possa sottrarsi all’obbligo di riesame295. In questo senso si è espressa anche la giurisprudenza amministrativa296

che ha espressamente previsto che sarebbe incoerente un sistema in cui nonostante sia previsto un atto formale d’iniziativa, sia stato stabilito che l’atto deve essere portato a conoscenza dell’organo competente e che in caso di grave inerzia la

competenza sia attribuita all’organo gerarchicamente superiore, l’amministrazione a suo insindacabile giudizio, possa astenersi dal prendere in considerazione l’istanza. Dunque, ogni qual volta si verifichino determinati fatti di cui l’ufficio viene a conoscenza direttamente o attraverso l’istanza di riesame del contribuente, dai quali emerge la possibilità che il provvedimento emesso sia viziato, l’Amministrazione finanziaria è tenuta ad intervenire, avviando un procedimento o almeno prendendo in esame la questione297.

Contrariamente all’impostazione appena esposta, viene evidenziato che l’espressione letterale dell’art. 2 del D.m. 37/1997298 fa riferimento alla facoltà dell’amministrazione

nel procedere all’annullamento.

295 In tal senso si è espressa anche la Direzione Regionale della Calabria con la nota n. 28951/VII del 21

novembre 2011 secondo cui l’ufficio ha l’obbligo giuridico di esaminare l’istanza di riesame altrimenti la previsione di cui all’art. 1 D.m. 37/1997 non avrebbe senso.

296 Tar Toscana sent. n. 767 del 22 ottobre 1999 in Riv. dir. trib., 2002, II, pag. 69.

297 Rossi P., Il riesame degli atti di accertamento. Contributo allo studio del potere di annullamento

d'ufficio a favore del contribuente, Giuffrè Editore, Milano, 2008, pag. 294. 271-272, secondo cui l’obbligo di procedere gravante sull’Amministrazione avrebbe carattere meramente preliminare, “trovando la sua ragion d’essere nel dovere di esercitare comunque la funzione di cui l’organo pubblico è titolare (...) anche quando il potere di revisione non venga poi nel caso concreto attivato per l’inesistenza di uno o più dei presupposti stabiliti dalla legge per il suo concreto esercizio”

298 L’art. 2 comma 1 del D.m. 37/1997 prevede che:” L'Amministrazione finanziaria puo' procedere, in

tutto o in parte, all'annullamento o alla rinuncia all'imposizione in caso di autoaccertamento, senza necessita' di istanza di parte, anche in pendenza di giudizio o in caso di non impugnabilita', di giudizio

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La disposizione in esame non può però essere riferita “al momento dell’avvio del procedimento di riesame, bensì alla fase istruttoria del riesame, che può culminare con un provvedimento di ritiro, convalidazione o conservazione”299. La discrezionalità del

potere farebbe quindi riferimento solo al provvedimento che ne costituisce attuazione e non al fatto che l’ufficio sia libero di decidere se attivarsi o meno in presenza di un atto che potrebbe essere illegittimo300.

Deve inoltre considerarsi che il d.m. 37/1997, richiamando agli artt. 7 e 8 i criteri di economicità in base ai quali iniziare ed abbandonare le attività dell’Amministrazione finanziaria, ed in particolare quelle di natura contenziosa, ha implicitamente disposto un criterio-guida per l’esercizio del potere di autotutela. Data infatti, l’esigenza di prevenire danni economicamente rilevanti, che verrebbero generati da un inutile contenzioso col contribuente, deve ritenersi sussistente l’obbligo (non la facoltà) in capo all’Amministrazione finanziaria, di agire in autotutela per rimuovere o quanto meno sanare, quei provvedimenti che si appalesino illegittimi301.

Per quanto sopra esposto, a mio avviso, l’istanza in autotutela presentata dal contribuente volta ad ottenere l’annullamento di un atto impositivo, non può considerarsi una mera sollecitazione ma debba considerarsi un atto vincolante per l’Amministrazione Finanziaria. Essa è tenuta ad iniziare il procedimento di riesame o quanto meno a non trascurare immotivatamente la richiesta del privato e quindi a fornire una risposta motivata al contribuente302. La decisione a cui è pervenuta

o in caso di non impugnabilita', nei casi in cui sussista illegittimita' dell'atto o dell'imposizione, quali tra l'altro:

a)errore di persona; b)evidente errore logico o di calcolo; c)errore sul presupposto dell'imposta; d)doppia imposizione; e)mancata considerazione di pagamenti di imposta, regolarmente eseguiti; f)mancanza di documentazione successivamente sanata, non oltre i termini di decadenza;

g)sussistenza dei requisiti per fruire di deduzioni, detrazioni o regimi agevolativi, precedentemente negati; h)errore materiale del contribuente, facilmente riconoscibile dall'Amministrazione.

299 Scarpa K., L’autotutela tributaria, in Riv. dir. trib., 2001, I, pag. 481

300 Stevanato D., L’autotutela dell’amministrazione finanziaria, Cedam, Padova, 1996, pag. 81,

Cavallo B., Provvedimenti ed atti amministrativi, Cedam, Milano, 1993, pag. 357

301 Scarpa K., L’autotutela tributaria, in Riv. dir. trib., 2001, I, pag. 464.

302 Anche la legge n. 241/90 impone di concludere il procedimento amministrativo mediante

l’adozione di un provvedimento espresso e motivato. L’art. 2, comma 1, della legge n. 241/1990, secondo cui “ove il procedimento consegua obbligatoriamente ad una istanza, ovvero debba essere iniziato d’ufficio, la pubblica amministrazione ha il dovere di concluderlo mediante l’adozione di un provvedimento espresso”. Si tratta di un principio applicabile anche in materia tributaria, in assenza di norme che dispongano diversamente o che escludano i procedimenti tributari dall’ambito di applicazione del principio in parola.

(22)

l’amministrazione finanziaria deve essere resa nota al cittadino, soprattutto quando la decisione finale dell’amministrazione finanziaria sia a sfavore del cittadino stesso. L’Amministrazione finanziaria, al fine di rendere esaustive al contribuente le proprie decisioni, non potrà limitarsi alla sola enunciazione delle stesse ma dovrà dar conto delle motivazioni che hanno condotto ad esse.

3.4- La responsabilità dell’amministrazione finanziaria per l’inerzia nell’esercizio del potere e per diniego illegittimo di autotutela

Posto che la discrezionalità del potere di autotutela non attiene al “se” dell’agire poiché è doveroso da parte dell’amministrazione finanziaria dare una risposta esaustiva al contribuente, nel caso in cui essa, sollecitata con l’istanza di autotutela presentata dal contribuente, rimanesse inerte e non adottasse alcuna decisione nei confronti del contribuente, il suo comportamento costituirebbe inadempimento di un obbligo giuridicamente rilevante.

In tal senso si verrebbe a formare una fattispecie di silenzio-inadempimentoche potrebbe essere fonte di responsabilità civile ai sensi dell’art. 2043 c.c. per

l’amministrazione finanziaria. L’inadempimento di un obbligo giuridicamente rilevante, quale è l’obbligo di riesame, costituisce una condotta contraria alla legge rispetto alla quale occorre garantire una tutela anche sul piano risarcitorio in favore di colui che ne abbia ricevuto un pregiudizio.

Inoltre potrebbe essere fonte di responsabilità civile dell’amministrazione finanziaria anche l’illegittimo diniego di autotutela, in quanto anch’esso potrebbe arrecare danni al contribuente.

Nel caso di danno da atto impositivo dichiarato poi illegittimo o annullato, vale la constatazione di carattere generale, che il pregiudizio patito da un soggetto in conseguenza dell’altrui comportamento illecito non può essere lasciato privo di ristoro303.

(23)

Affinchè il contribuente possa accedere alla tutela risarcitoria, secondo quanto disposto dalla sentenza delle sezioni Unite 500/199, la situazione soggettiva del

danneggiato, oltre ad essere giuridicamente rilevante, deve atteggiarsi come interesse materiale ad un bene della vita, poichè solo come tale viene tutelata dal diritto

positivo304. Soltanto nel caso in cui il soggetto abbia un interesse legittimo può

configurarsi un’ipotesi di responsabilità aquiliana per illecito civile dell’amministrazione finanziaria.

E’ necessario quindi innanzitutto accertare, nei casi in esame, se il contribuente abbia un mero interesse alla correttezza dell’azione amministrativa o se invece abbia un interesse legittimo all’annullamento dell’atto illegittimo. Solo in questo ultimo caso esso potrà accedere ad una tutela risarcitoria.

Nel caso in esame, parte della dottrina305, configura l’interesse del soggetto passivo

all’annullamento d’ufficio di un atto illegittimo come interesse legittimo306 che mira al

risultato di subire un’imposizione fiscale equa, conforme ai principi di capacità contributiva. Secondo questa impostazione, il contribuente avrebbe un interesse giuridicamente tutelato ad un corretto esercizio del potere di riesame che se azionato correttamente avrebbe l’effetto di rimuovere una lesione dalla sua sfera giuridica e patrimoniale prodotta da un atto impositivo illegittimo307.

304 Gioè C, Profili di responsabilità civile dell’amministrazione finanziaria, Cedam, Padova, 2007,

pag.206 e seg.

305 Secondo questa impostazione: Stevanato D., L’autotutela dell’amministrazione finanziaria, Cedam,

Padova, 1996, pag. 128, Ficari V., Autotutela e riesame nell’accertamento del tributo, Milano,1999, pag. 40. Contraria a questa tesi: Russo P., Riflessioni e spunti in tema di autotutela nel diritto tributario, in Rass. Trib., 1997 pag. 552, Giovannini, A.,Il ricorso e gli atti impugnabili, in Il processo Tributario, Giurisprudenza sistematica a cura di F. Tesauro, Torino, 1998, pag. 390 e seg.

Riconoscono al contribuente un interesse di mero fatto.

306 La giurisprudenza amministrativa lo ha definito interesse di tipo pretensivo ovvero fa riferimento alla

pretesa del cittadino di ottenere un provvedimento favorevole che gli attribuisca una situazione di vantaggio ed ai quali pertanto non è sotteso un interesse di carattere sostanziale attuale.. Tar Toscana sez I del 22 ottobre 1999 n. 767 in foro it., 2000, III pag. 27 secondo il quale il contribuente ha un interesse pretensivo non solo a che il potere venga effettivamente esercitato esaminando l’istanza di autotutela ma anche che il suo esercizio dia effettuato secondo le norme dettate dall’ordinamento riguardo l’autotutela. Il contribuente non può ha un diritto soggettivo

all’annullamento dell’atto illegittimo ma ha un interesse legittimo a che l’amministrazione finanziaria si pronunci sull’istanza

307 Gioè C, Profili di responsabilità civile dell’amministrazione finanziaria, Cedam, Padova, 2007,

(24)

Perché possa poi configurarsi una possibile responsabilità civile dell’amministrazione finanziaria ai sensi dell’art. 2043 c.c., è necessario che vi sia da parte di questa una condotta illecita. E’ pertanto necessario che ricorrano gli elementi oggettivi e soggettivi del fatto illecito, quali la condotta antigiuridica, il rapporto di causalità tra fatto e danno, il danno ingiusto e l’elemento psicologico ossia il dolo o la colpa.

Laddove il diniego di autotutela o l’inerzia nell’esercizio del potere sia frutto quindi di una condotta antigiuridica contraria dal punto di vista della normativa civilistica al principio del neminem laedere, essa può essere causa di un pregiudizio ingiusto per il contribuente.

L’antigiuridicità della condotta dell’amministrazione finanziaria in caso di inerzia nell’esercizio del potere si configura in tutti i casi in cui la discrezionalità si trasformi in arbitrio, uscendo fuori dagli schemi della logica e della giusta ponderazione degli interessi pubblici e privati308.

Anche la sentenza della Corte di Cassazione n. 698/2010309 afferma la responsabilità

dell’amministrazione finanziaria ai sensi dell’art. 2043 c.c. dovuta all’inerzia

nell’esercizio del potere di annullare un atto illegittimo. Nel caso specifico il ricorso per Cassazione, proposto dall’Agenzia delle Entrate, era basato sul fatto che

l’annullamento in autotutela non costituiva un obbligo dell’Amministrazione finanziaria e pertanto non era configurabile la colpa dell’amministrazione non essendo previsto dalla legge alcun termine per procedervi. Il suddetto motivo portato come supporto per il ricorso, viene rigettato dalla Corte di Cassazione in quanto “il danno di cui si chiede il risarcimento in realtà deriva dal compimento dell’atto illegittimo, essendo l’intervento in autotutela solo il mezzo che avrebbe potuto eliminare tempestivamente gli effetti”. Essendo quindi l’intervento in autotutela l’unico mezzo che la legge

attribuisce agli uffici per evitare il danno ingiusto, gli uffici stessi ogniqualvolta siano destinatari di un’istanza di riesame non saranno facoltizzati ma tenuti ad attivarsi per rivalutare il proprio operato310.

308 Gioè C, Profili di responsabilità civile dell’amministrazione finanziaria, Cedam, Padova, 2007,

pag.226e seg.

309 Sentenza Cass. Sez. III n. 698 del 19 gennaio 2010 in Boll. Trib. n.8, 2010, pag. 632 310 Circolare n. 20/IR del 22 luglio 2010 dell’istituto di ricerca del CNDCEC in

(25)

Ancora, la sentenza della Cassazione n. 6283/2012311, dopo aver ribadito che

l’amministrazione finanziaria non può essere chiamata a rispondere del danno eventualmente causato al contribuente sulla base del solo dato oggettivo della

illegittimità dell’azione amministrativa, afferma che l’esercizio dell’autotutela non è da ricondurre alla stregua di una attività discrezionale. Secondo la Corte di Cassazione infatti, le regole di imparzialità, correttezza e buona amministrazione impongono all’amministrazione finanziaria, una volta informata dell’errore in cui essa è incorsa, di compiere le necessarie verifiche e poi una volta accertato l’errore di annullare il provvedimento riconosciuto illegittimo o comunque a fornire un riscontro al contribuente a seguito dell’istanza.

La sentenza prende in esame anche la tardiva emanazione di un provvedimento di autotutela. La pubblica amministrazione ha l’obbligo, “una volta informata dell’errore in cui è incorsa, di compiere le necessarie verifiche e poi, accertato l’errore, di

annullare” in autotutela il provvedimento “riconosciuto illegittimo o, comunque, errato”. Tutto ciò “in tempi ragionevoli” da valutarsi in base alla “situazione concreta” e senza che rilevi, al riguardo, la mancata previsione di “uno specifico termine” entro il quale l’autotutela deve essere esercitata.

Provvedere con ritardo allo sgravio non è di per sé ragione sufficiente a legittimare una richiesta di risarcimento, a meno che l’interessato non riesca a “dimostrare il danno che tale ritardo gli ha cagionato e che invece non si sarebbe verificato ove il

provvedimento fosse stato tempestivo”. Per la Cassazione “ l’annullamento in

autotutela di una pretesa illegittima deve avvenire senza inutili perdite di tempo, ma il risarcimento per i ritardi compiuti nell’effettuare tale operazione è solo eventuale, subordinato al fatto che l’interessato dimostri l’effettivo danno patito”.

Invece nel caso del diniego di autotutela, la condotta antigiuridica

dell’amministrazione finanziaria si configurerà nel caso in cui essa non annulli l’atto di fronte ad una vera e propria patologia dell’atto. Nel caso di duplicazione, di omonimia, di palese errore logico, di travisamento dei fatti posti alla base del provvedimento312, il

311 Sentenza Cass. Sez. III n. 6283 del 20 aprile 2012 in Riv. giur. trib., 2012, pag. 777 e seg.

312 Casi previsti dall’art. 2 quater d.m. 37/97. Oltre a questi si fa riferimento alla doppia imposizione,

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