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Il risarcimento in forma specifica nel sistema della responsabilità civile

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[Digitare il testo] Pagina 42

CAPITOLO II

Il risarcimento in forma specifica nel sistema della responsabilità civile

Sommario

1) Sulla natura giuridica del risarcimento in forma specifica. Profili ricostruttivi e frammenti di diritto comparato

2) La tesi favorevole a riconoscere consistenza risarcitoria al rimedio

3) La posizione interlocutoria della giurisprudenza

4) La lettura estensiva dell’ art. 2058 c.c. Una prospettiva “a geometria variabile”

5) Profili di criticità emersi in ordine alla lettura estensiva dell’ art. 2058 c.c. e loro

superamento

(2)

[Digitare il testo] Pagina 43 1 - Sulla natura giuridica del risarcimento in forma specifica. Profili ricostruttivi e frammenti di diritto comparato

Il rimedio del risarcimento in forma specifica è stato introdotto nell‟ ordinamento civile italiano da parte del codice civile del 1942 ed, in particolare, per il tramite dell‟ art. 2058, laddove si prevede che

“il danneggiato può chiedere la reintegrazione in forma specifica, qualora sia in tutto o in parte possibile”( comma 1 ), con la precisazione, al comma 2, che “il giudice può disporre che il risarcimento avvenga solo per equivalente, se la reintegrazione in forma specifica risulta eccessivamente onerosa per il debitore”.

Il fermento che ha attraversato l‟ opera di numerosi interpreti attorno alla individuazione della natura giuridica dell‟ istituto de quo appare addebitabile, in prima istanza, alla laconicità che connota la Relazione al codice civile in ordine al commento dell‟ art 2058, allorchè si specifica che “al pari del creditore nelle obbligazioni ex contractu il danneggiato, in quelle per fatto illecito, ha diritto innanzitutto alla reintegrazione in forma specifica della situazione patrimoniale anteriore: questa norma è consacrata nel primo comma dell‟ art 2058”

1

.

La portata innovativa del rimedio in questione, invero, avrebbe meritato una più ampia disamina, in considerazione del fatto che, con la sua introduzione, si superava “una tradizione che sin dal diritto romano ignorava, almeno sul terreno della disciplina espressa, la riparazione in natura del danno”

2

. Peraltro, il codice civile del 1865, impostato sulla falsariga del codice francese, non contemplava alcuna norma che disciplinasse la riparazione in natura, ancorchè l‟ elaborazione dottrinale, pur nel

1

Relazione al codice civile, n. 802

2

Cfr CASTRONOVO, La nuova responsabilità civile, Milano, 2006, p. 798

(3)

[Digitare il testo] Pagina 44 silenzio dell‟ impianto codicistico, ritenesse tale rimedio praticabile a fianco del risarcimento per equivalente

3

.

A tal proposito, giova procedere ad una sommaria ricostruzione della riflessione dogmatica che si è svolta in Francia ed in Germania, in ragione dei profili di contatto dei predetti ordinamenti con il nostro sistema giuridico, al fine di comprendere compiutamente i termini del dibattito svoltosi nel nostro Paese in merito alla qualificazione giuridica del risarcimento in forma specifica.

Con riferimento all‟ ordinamento francese, invero, si registrano significative aperture in ordine all‟

ammissibilità del rimedio della riparazione in natura, sebbene dal tessuto codicistico emerga una formale refrattarietà alla affermazione dello strumento di tutela de quo, allorchè all‟ art 1142 del Code si prevede che “ Nel caso di inadempimento del quale il debitore debba rispondere, ogni obbligazione di fare o di non fare si converte nel risarcimento del danno per equivalente”. Tale dizione aveva indotto una parte degli interpreti a ritenere che l‟ alternativa rimediale cui fosse vincolato il creditore a fronte dell‟ inadempimento fosse limitata all‟ esecuzione in forma specifica e, in caso di impossibilità di quest‟ ultima, al ristoro del danno per equivalente

4

. Ciò nondimeno, il successivo art. 1143 stabilisce che “… il creditore ha il diritto di domandare che

quanto sia stato fatto in violazione dell‟ accordo sia distrutto e può farsi autorizzare a distruggerlo a spese del debitore, salvo il risarcimento del danno ove esso ricorra”.

Ciò posto occorre, tuttavia, osservare come la dottrina abbia determinato una successiva riflessione ermeneutica nella direzione della affermazione dell‟ ammissibilità della riparazione in natura nel tessuto ordinamentale, per il tramite della regola di diritto in base alla quale si ascrivono “ le modalità

3

Si veda sul tema dell‟ ammissibilità della reintegrazione in forma specifica nella vigenza del codice del 1865 POLACCO, Le obbligazioni nel diritto civile italiano, I, Roma, 1915, p. 565;

MANDRIOLI, Il risarcimento del danno in forma specifica, in Riv. dir. comm., 1922, I, pp. 352 ss.

4

Si veda sul punto A. EL-KHOLY, Le reparation en nature en droit francais et en droit égyptien,

thèse, Paris, 1954, citato da Y. CHARTIER, La reparation du prejudice, Paris, 1983, p. 481, entrambi

richiamati da CASTRONOVO, La nuova responsabilità civile, Milano, 2006, p. 800

(4)

[Digitare il testo] Pagina 45 della riparazione al potere sovrano del giudice, che sceglie dunque tra un risarcimento in natura ed uno in danaro, eventualmente combinando insieme l‟uno e l‟altro”

5

.

Si tratta, in buona sostanza, di una impostazione pragmatica che tende a svilire la distinzione concettuale tra risarcimento in forma specifica ed esecuzione in forma specifica, in ragione delle loro affinità sotto il profilo funzionale.

In senso contrario rispetto alla codificazione transalpina, laddove “la mancata previsione normativa esplicita della riparazione in natura nel segno della conquistata libertà veniva a coincidere con il principio tradizionale nemo praecise ad factum cogi potest

6

”, l‟ ordinamento tedesco risente dell‟

influenza di istanze giusnaturalistiche, finalizzate a mettere in evidenza l‟ attuazione del vinculum iuris alla luce delle modalità originariamente previste dalla fonte dell‟ obbligazione.

In quest‟ ottica, il BGB assegna alla Naturalherstellung il ruolo di forma di risarcimento prioritaria, cui la condanna al risarcimento per equivalente appare essere subordinata, allorquando il creditore lo richieda( par. 249, comma 2 ), ferma restando la previsione di due eccezioni: quando la riparazione in natura risulti impossibile( par. 251, comma 1), ovvero troppo onerosa( par. 251, comma 2 ).

In contrapposizione alla cennata qualificazione del risarcimento in forma specifica, connotata, come si è avuto modo di far presente, da istanze giusnaturalistiche, si staglia, nella vigenza del codice del 1865, un‟ autorevole voce della dottrina, la quale evidenzia come il r.f.s. inteso alla stregua di

“restaurazione integrale della posizione giuridica del leso quale si sarebbe avuta senza il fatto dannoso” sarebbe stata in contrasto con la tradizione, in forza della quale il risarcimento è inteso come “prestazione dell‟ equivalente pecuniario del pregiudizio sofferto”

7

.

Sotto questo profilo, autorevole dottrina pone in evidenza il fatto che la formulazione dell‟ art 2058 c.c. costituisce un apprezzabile punto di equilibrio, in considerazione del fatto che se, da un lato, si evita di ascrivere la pretesa risarcitoria all‟ angusto alveo dell‟ “equivalenza pecuniaria”, dall‟ altro,

5

V. R. SAVATIER, Traitè de la responsabilitè civile, II, Paris, 1951, p. 171

6

Cfr. CASTRONOVO, La nuova responsabilità civile, Milano, 2006, p. 802

7

Cfr. MANDRIOLI, Risarcimento del danno in forma specifica, in Riv. dir. comm., 1922, I, pp. 352

ss.

(5)

[Digitare il testo] Pagina 46 non si configura la reintegrazione in forma specifica alla stregua di “reazione più appropriata al danno, contrattuale o extracontrattuale, in quanto instaura o restaura la situazione di fatto conforme alla situazione soggettiva violata”

8

. Peraltro, i profili di affinità tra la codificazione germanica e la norma dettata dall‟ art 2058 in materia di riparazione del danno in natura appaiono meno evidenti rispetto a quello che, ictu oculi, potrebbe sembrare, in ragione del fatto che nel BGB viene assegnata all‟ azione risarcitoria in forma specifica rango di tutela riparatoria prioritaria, con la conseguenza che al risarcimento del danno per equivalente viene riconosciuto uno spazio residuale, limitato alle ipotesi che sono state precedentemente richiamate, riportando il contenuto del paragrafo 251, commi 1 e 2 del codice tedesco.

A tal proposito, giova rammentare un interessante orientamento dottrinale teso a stigmatizzare i profili di differenziazione tra i due ordinamenti, laddove si evidenzia che “ mentre il nostro codice dà prevalenza, in sostanza, sul terreno della tutela contro i danni, alla soddisfazione di un interesse succedaneo a quello primario violato, e cioè all‟ interesse ad essere compensato della perdita patrimoniale subita, il codice tedesco dà prevalenza, al contrario, alla soddisfazione dell‟ interesse all‟ integrità della propria sfera giuridica, e tale interesse fa prevalere sul contro-interesse che potrebbe avere il danneggiato a risarcire il solo danno patrimoniale prodotto”

9

.

Ciò posto, si rende necessario osservare che, all‟ esito dell‟ indagine ermeneutica in merito all‟

istituto di cui all‟ art 2058 c.c., sono emerse due modalità di concepire il risarcimento in forma specifica: l‟ una appare finalizzata ad assegnare all‟ istituto de quo consistenza di rimedio alternativo allo strumento risarcitorio

10

; l‟ altra ascrive la reintegrazione in forma specifica ex art. 2058 c.c. all‟

ambito delle modalità risarcitorie del danno a fianco dell‟ equivalente monetario.

Con riferimento, poi, a questo secondo orientamento dottrinale, si sviluppano diversi percorsi ermeneutici dell‟ istituto de quo.

8

Cfr. CASTRONOVO, op. ult. cit., p. 803

9

Cfr. DI MAJO, La tutela civile dei diritti, Milano, 2003, p. 239

10

V. DE CUPIS, Il danno, Milano, 1979, pp. 305 ss.

(6)

[Digitare il testo] Pagina 47 In particolare, una certa impostazione mira a valorizzare il principio di unitarietà della nozione di danno e della obbligazione risarcitoria, con la conseguente reductio ad unitatem delle due modalità risarcitorie, affermando che in entrambi i casi il costo del risarcimento debba essere lo stesso.

D‟ altro canto, vi è chi sottolinea che “ il rimedio in questione è volto a reagire e a riparare, non al danno come differenza patrimoniale negativa, ma al danno in senso materiale e concreto, come alterazione del bene fisico”

11

. In forza di quest‟ ultima impostazione, prendendo atto della diversità fenomenologica della fattispecie dannosa, si costruisce, parallelamente, un sistema rimediale altrettanto eterogeneo. La conseguenza che la cennata dottrina ne ricava è che “il medesimo fatto(il danno ingiusto) è insomma considerato e qualificato sotto due differenti profili … a seconda che si tratti di applicare l‟ una o l‟ altra tecnica di risarcimento”

12

.

A sostegno dell‟ impostazione ermeneutica supra riferita, si schiera una parte della giurisprudenza, la quale sottolinea la sussistenza di un profilo di differenziazione tra risarcimento in forma specifica e modalità di ristoro per equivalente, in forza dell‟ assunto secondo cui la differenza “consiste nel fatto che nel primo la somma di danaro è calcolata sui costi di riparazione o di ripristino in genere della situazione materiale, mentre nel secondo è computata sulla base della diminuzione patrimoniale subita”

13

.

In tale modo, però - si obietta da parte della dottrina - il risarcimento assumerebbe consistenza di variabile indipendente, segnando un punto di rottura nei riguardi di un modo di concepire la responsabilità alla stregua di regola di razionalità conseguita mediante la calcolabilità in anticipo del costo del danno e del costo di prevenzione di esso

14

.

In coerenza con tale ultimo orientamento, si evidenzia come la circostanza che il risarcimento in forma specifica sia configurato dal legislatore alla stregua di strumento alternativo al ristoro per equivalente, mercè la sua introduzione per il tramite dell‟ art. 2058 c.c., “ non consente di ritenere

11

Cfr. SALVI, Risarcimento del danno, Enc.dir., Milano, 1989, p. 1095

12

Cfr SALVI, Il danno extracontrattuale, Napoli, 1985, p.36

13

Cfr Cass. 4 maggio 1998, n. 2402, in Giur. It., 1999, p. 256

14

V. CALABRESI, Costo degli incidenti e responsabilità civile, Milano, 1975

(7)

[Digitare il testo] Pagina 48 che diverso sia il danno da risarcire, ma impone invece di pensare al danno come a una lesione giuridica alla quale consegue un ammanco, la quale è tale a prescindere dal mezzo risarcitorio che il danneggiato riterrà di scegliere”

15

. In buona sostanza, si mette in evidenza il carattere di unitarietà della fattispecie dannosa, cui corrisponde, simmetricamente, la reductio ad unum dell‟ obbligazione risarcitoria, in contrapposizione alla opzione che milita a sostegno della identificazione del r.f.s. in una tipologia di rimedio atto a dare risposta a pregiudizi di matrice naturalistica, ontologicamente differenti rispetto al danno inteso alla stregua di differenza patrimoniale

16

.

Di contrario avviso appare, oggi, la dottrina supra riferita, la quale reputa di poter individuare due fattispecie di danno, ossia quella del danno patrimoniale e quella del danno materiale. Tale conclusione, invero, emerge dall‟esame del dato positivo, con riferimento al quale si evince, ex artt.

1223, 1227 e 2056 c.c., l‟ accoglimento di una nozione di danno assimilabile alla perdita patrimoniale, mentre, in forza dell‟ art. 2058c.c., si assegna rilievo al c.d. danno “materiale”.

L‟ argomento della salvaguardia del principio di unitarietà della obbligazione risarcitoria, utilizzato dalla dottrina precedentemente citata, viene superato sulla base dell‟ assunto secondo cui tale unicità concerne esclusivamente l‟ evento dannoso e non anche le conseguenze dannose che il medesimo produce, le quali si manifestano sia sul piano concreto, sia sul piano economico, con la conseguenza che, allorquando si produrrà un pregiudizio di ordine materiale, la risposta risarcitoria avverrà in forma specifica; mentre, allorchè si avrà un accadimento dannoso di ordine patrimoniale, si opterà per il risarcimento pecuniario.

In buona sostanza, l‟opzione per la multiforme fenomenologia della nozione di danno ingiusto e, simmetricamente, della stessa risposta risarcitoria appare inscindibilmente legata alla tipologia di interesse che si assume essere stato leso e che si pretende sia tutelato.

15

Cfr. CASTRONOVO, La nuova responsabilità civile, Milano, 2006

16

Con riferimento a tale ultima impostazione si veda D‟ADDA, Il risarcimento in forma specifica,

Milano, 2002, pp. 126 ss.

(8)

[Digitare il testo] Pagina 49 A tale riguardo, un importante voce della dottrina sottolinea che “in una considerazione funzionale, danno e risarcimento si rivelano oggi categorie (ciascuna) eterogenea,non più unificate dalla dimensione economica propria della tradizionale teoria del danno come differenza patrimoniale negativa. Tale rilievo non implica che quella di danno sia figura generale ed aperta; ma piuttosto che i tipi di accadimento nei confronti dei quali è apprestato il rimedio risarcitorio sono differenziati e differenti sono le funzioni che la tutela è chiamata a svolgere, a seconda del tipo di danno nei cui confronti è apprestata

17

”.

Portando alle estreme conseguenze la linea interpretativa testè citata saremmo portati ad assegnare al risarcimento in forma specifica portata di rimedio avente natura “mista”, in considerazione del fatto che, se funzionalmente esso appare idoneo a consentire la rimozione di un danno provocato, “ ciò realizza però, con una tecnica che è ripristinatoria dei valori o interessi incisi e in ciò seguendo un ordine di valutazione che tende a rispecchiare la propensione soggettiva del danneggiato

18

”.

In quest‟ ottica, si tende ad avvicinare la tutela apprestata dall‟ art. 2058 c.c. ai rimedi più propriamente “specifici”.

Del resto, i nodi problematici che caratterizzano l‟ istituto disciplinato dall‟ art 2058 c.c. sono connessi ai profili di similitudine dell‟ istituto in questione con gli strumenti di c.d. tutela specifica, con conseguente attribuzione alla reintegrazione in forma specifica del rango di strumento di tutela

“diretta a far conseguire al titolare del diritto quelle stesse utilità garantitegli dalla legge (o dal contratto) e non utilità equivalenti”

19

. A questo parallelismo, sovente valorizzato anche dalla giurisprudenza, si contrappone la collocazione sistematica della disposizione di cui all‟ art 2058 c.c., la quale appare “organizzata come reazione nei confronti di un accadimento( il danno patrimoniale)

17

Cfr SALVI, Danno in Dig. Disc. Priv., Sez. civile, V, Torino, 1989, p. 64

18

Cfr. DI MAJO, La tutela civile dei diritti, Milano, 2003, p. 264

19

In ordine alla intensa dialettica svoltasi relativamente all‟ inquadramento sistematico del

“tormentato art 2058”, si veda PROTO PISANI, Brevi note in tema di tutela specifica e tutela

risarcitoria, in Foro it., 1983, V, p. 132

(9)

[Digitare il testo] Pagina 50 che l‟ ordinamento considera rilevante in quanto produttivo di una perdita economica, e al fine di compensarla nel patrimonio della vittima”

20

.

Ad ogni modo, si rende necessario rilevare che la funzionalizzazione del risarcimento in forma specifica alla rimozione di un danno materiale e la conseguente valorizzazione della duttilità dello strumento in questione nella risposta riparatoria alla lesione di una vasta pletora di interessi diversi, non fa venire meno la funzione compensativa, cui anche il rimedio de quo è preordinato.

In quest‟ ottica, si valorizza la clausola della eccessiva onerosità, la quale costituisce un “criterio che riconduce la forma specifica di risarcimento nella logica del principio di equivalenza con la perdita economica, che governa il sistema della responsabilità per danni

21

Giova ripercorrere, nei prossimi paragrafi, i punti salienti di quell‟ impostazione ermeneutica volta ad ascrivere la reintegrazione in forma specifica all‟ orizzonte concettuale del risarcimento del danno, per poi passare alla trattazione di quel filone dogmatico finalizzato a conferire all‟ istituto de quo, che rimane pur sempre calato nell‟ alveo del risarcimento del danno, rango di strumento flessibile, atto a fornire tutela risarcitoria a fronte della lesione di un multiforme novero di nuovi interessi emergenti dall‟ evoluzione della società.

2 - La tesi favorevole a riconoscere consistenza risarcitoria al rimedio

Nell‟ ambito della querelle in tema di interpretazione dell‟ art 2058 c.c. supra evidenziata, si rende necessario analizzare le argomentazioni addotte da quel filone ermeneutico maggioritario volto ad assegnare al rimedio de quo natura di species del più ampio genus del risarcimento del danno

22

.

20

Cfr. SALVI,op. ult. cit., p. 71

21

Cfr. SALVI, op. ult. cit. p. 73

22

V. BIANCA, L‟ obbligazione, Milano, 1990, pp.186 ss.

(10)

[Digitare il testo] Pagina 51 In particolare, all‟ indomani del recepimento dell‟ istituto in parola nell‟ ordito codicistico del „42, connotato dall‟ “irrisolto rapporto nei confronti del formante legale francese e tedesco”

23

, come supra ricordato, si evidenzia il fondamentale contributo di Scognamiglio, al quale va riconosciuto il merito di aver proceduto ad una sostanziale opera di riordino di categorie dogmatiche troppo spesso ritenute suscettibili di indebite sovrapposizioni

24

.

A tal proposito, giova, qui, ripercorrere la traiettoria argomentativa seguita dall‟ Autore, a cagione della limpidezza espositiva e del rigore dogmatico della medesima.

La premessa teorica esplicitata dall‟ Autore corrisponde alla necessità di concretizzare una corretta delimitazione dell‟azione risarcitoria in forma specifica nell‟ alveo del sistema della responsabilità civile, nell‟ ottica di scongiurare “il pericolo di un‟ arbitraria estensione della predetta azione, e del suo accavallarsi con altri rimedi, al di là dei confini risultanti da una corretta interpretazione sistematica dell‟ art. 2058 del codice civile”

25

.

In particolare, si afferma che il tentativo di circoscrivere l‟ area della responsabilità civile entro gli angusti spazi del risarcimento per equivalente monetario, con conseguente sussunzione del rimedio della reintegrazione in forma specifica nell‟ ambito delle cc. dd. tutele specifiche, quali le azioni restitutorie di cose e le azioni volte ad ottenere l‟ esecuzione coattiva del rapporto obbligatorio, non appare un‟ operazione dogmaticamente corretta, sotto un duplice ordine di profili: uno storico ed uno logico-giuridico. Dal punto di vista storico, infatti, si pone in evidenza come tale modo di concepire la reintegrazione in forma specifica si ponga in contrasto con la nostra tradizione, atteggiandosi, invero, ad istituto comprensibile alla luce di “infiltrazioni giusnaturalistiche nel sistema del diritto romano”

26

, le quali hanno condizionato la stesura del BGB

27

.

23

Cfr. LIGUORI, La reintegrazione in forma specifica nel processo amministrativo, Napoli, 2002

24

V. SCOGNAMIGLIO, Il risarcimento del danno in forma specifica, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1957, pp. 201 ss.

25

Cfr. SCOGNAMIGLIO, op. ult. cit., p. 203

26

Cfr. SCOGNAMIGLIO, op. ult. cit., p. 205

27

Si richiama, in parte qua , quanto si è riferito nel precedente paragrafo in ordine all‟ influenza

della codificazione germanica sul nostro ordinamento

(11)

[Digitare il testo] Pagina 52 Sotto il profilo logico-giuridico, poi, si evidenzia che la tesi avversata dall‟ Autore non tiene in debito conto il profilo di differenziazione tra lesione del diritto e danno. Con riferimento alla prima ipotesi, infatti, “ ricorre soltanto la trasgressione di un comando giuridico a cui l‟ ordinamento non può non reagire apprestando adeguati rimedi; e questo a prescindere dalla circostanza che l‟ interesse privato, dalla norma in astratto tutelato, sia stato in effetti colpito o si sia verificato un vero e proprio danno”

28

.

D‟ altro canto, il presupposto per l‟ esperibilità dell‟ azione risarcitoria in forma specifica è rinvenuto nella sussistenza di un danno ingiusto, conseguente alla lesione di un interesse meritevole di tutela, rispetto al quale il legislatore, con la formulazione dell‟ art. 2058, si incarica di delineare uno dei due strumenti di eliminazione.

Proseguendo nell‟ opera di delimitazione concettuale della reintegrazione in forma specifica nell‟

alveo degli strumenti risarcitori di reazione alla altrui condotta antigiuridica, Scognamiglio evidenzia la necessità di tracciare una linea di discrimine tra il risarcimento in forma specifica ed altre forme di reintegrazione del diritto, tutte indebitamente accomunate “in una idea ampia ed indifferenziata, come quella del torto”, inteso alla stregua di “comportamento o stato contrario al diritto”

29

.

In primo luogo, si sottopone a critica la tesi che mira ad assimilare le azioni restitutorie al risarcimento del danno, in considerazione del fatto che “ la restituzione si consegue attraverso la rivendica, che è l‟ azione accordata al proprietario contro chiunque possiede a detiene la cosa senza titolo( e parallelamente attraverso l‟ azione di reintegra che spetta al possessore di fronte a chi lo abbia violentemente o occultamente spogliato ), oltre che nella eventualità delle azioni personali

28

Cfr. SCOGNAMIGLIO, op. ult. cit., p. 207

29

Cfr. SCOGNAMIGLIO, op. ult. cit., pp. 207-208

(12)

[Digitare il testo] Pagina 53 restitutorie, che possono competere al creditore

30

. Mentre il risarcimento del danno si realizza nelle forme di legge e in quanto sussistano tutti i requisiti per la responsabilità civile”

31

.

Un ulteriore profilo di similitudine, assoggettato a critica, è quello che emerge tra il rimedio disciplinato dall‟art. 2058c.c. e quel novero di azioni, concesse al titolare di diritti reali o della personalità al fine di rimuovere lo stato di cose antigiuridico, anche solo in funzione di inibitoria, ottenendo dal giudice un ordine di cessazione degli atti di trasgressione del diritto.

Con riferimento a tali ipotesi si evidenzia che “la differenza rispetto all‟ ipotesi della restituzione sta soprattutto in questo: che qui si prescinde – per la reintegrazione – dalla cooperazione obbligatoria del soggetto che ha violato il diritto; e sotto tale riguardo ci si allontana sempre di più – a quanto pare – dal fenomeno della riparazione del danno ( obbligo di risarcimento )”

32

.

Ci si riferisce, in particolare, alle seguenti disposizioni codicistiche: a) l‟ art 872 c.c., laddove si delinea la facoltà di riduzione in pristino per la violazione delle norme sulle distanze nelle costruzioni; b) l‟ art. 1079 c.c., allorchè detta un‟ analoga disposizione in tema di servitù apparenti; c) l‟art. 2599 c.c., laddove si attribuisce al giudice il potere di emettere pronunce che inibiscano la continuazione di atti di concorrenza sleale e gli opportuni provvedimenti che ne eliminino gli effetti;

d) l‟ art 896 c.c., il quale legittima il proprietario a tagliare ex se le radici dell‟ albero del vicino, che si addentrano nel suo fondo; e) da ultimo, l‟ art 915 c.c., allorchè si riconosce eguale potere, previa autorizzazione del tribunale, ai proprietari dei fondi, i quali abbiano sofferto danni, o temano di sostenerne, con riferimento alla riparazione di argini o sponde di fiumi.

A proposito di tali ipotesi potrebbe prospettarsi un caso di reintegrazione in forma specifica, in forza del verificarsi della cessazione di uno stato di fatto dannoso per il tramite della rimessione in pristino.

Tale soluzione, invero, viene rigettata, a cagione del fatto che “ l‟ azione ed il potere così accordati si

30

Si fa rinvio, in parte qua, al contributo di MANDRIOLI, Il risarcimento in forma specifica, in Riv. dir. comm., 1922, I, p. 382, laddove si teorizza, a fianco dell‟ azione di rivendica, un‟ azione restitutoria di portata generale; cfr SCOGNAMIGLIO, op. ult. cit., p. 210, nota 21

31

Cfr. SCOGNAMIGLIO, op. ult. cit., p.210

32

Cfr. SCOGNAMIGLIO, op. ult. cit., p.213

(13)

[Digitare il testo] Pagina 54 rivolgono – al contrario – solo al ripristino del diritto, e comunque non di certo alla riparazione del danno ( che anzi in qualche caso – art. 916 c.c. cit. – si tratta addirittura di prevenire conseguenze dannose). Mentre e per converso, nelle fattispecie considerate si prescinde in tutto dai requisiti della responsabilità civile, in primo luogo, dal verificarsi dell‟ evento dannoso”

33

.

Emerge con chiarezza, in buona sostanza, il profilo di distinzione tra la tutela ripristinatoria dei diritti reali e la tutela risarcitoria in forma specifica, stante la diversità di presupposti e di funzioni:

con l‟ azione di rivendica ( o ripristinatoria in generale ), invero, l‟ attore mira ad ottenere il ripristino della intangibilità del diritto violato; con l‟azione risarcitoria in forma specifica, invece, si ripara, in natura, un eventuale danno.

Conseguentemente, mentre la prima azione non richiede quindi altra prova né dell‟ elemento psicologico né del danno ma si fonda sul solo presupposto della dimostrazione della titolarità e della lesione oggettiva del diritto che si vuole reintegrare, la azione risarcitoria, invece, richiede la prova dell‟ elemento psicologico, ove non vi siano altri criteri d‟ imputazione, e del pregiudizio.

Tale conclusione, invero, non esclude che i due profili rimediali possano sovrapporsi, a cagione del fatto che il dato normativo rinvenibile ex artt. 948, 949, 872, 1079, 896, 915 c.c., supra citati, fanno espressamente salva la possibilità di richiedere il risarcimento del danno.

Da ultimo, si analizza quella tesi propensa ad assimilare il rimedio della reintegrazione in forma specifica a quel “complesso organico di norme”, le quali regolano “l‟ esecuzione forzata delle obbligazioni di consegnare una cosa determinata, di fare, di concludere un contratto ed infine delle obbligazioni negative o di non fare (artt. 2930-33 c.c.)”

34

.

A sostegno del cennato orientamento, si evidenzia come le azioni processuali dirette all‟ esecuzione forzata delle obbligazioni assunte siano finalizzate a far conseguire all‟ attore una prestazione succedanea, nella fattispecie l‟ adempimento coatto, rispetto a quella dedotta in obbligazione, con la conseguenza di sussumere i rimedi in esame nell‟ alveo del risarcimento del danno.

33

Cfr. SCOGNAMIGLIO, op. ult. cit., p.214

34

Cfr. SCOGNAMIGLIO, op. ult. cit., p.224

(14)

[Digitare il testo] Pagina 55 A contrario sensu, invero, il rapporto obbligatorio, in ragione della stessa forza insita nel vinculum iuris, “tende a realizzarsi in ogni caso, nei limiti del possibile, sia attraverso la prestazione, più o meno spontanea del debitore, sia attraverso l‟ esecuzione forzata quando, a dispetto della mancata cooperazione del debitore, possa egualmente conseguirsi il risultato dovuto”, con la conseguenza che

“deve ritenersi corretta la presa di posizione di chi riconduce l‟ esecuzione in forma specifica al piano dell‟ adempimento o adotta addirittura l‟ espressione, in questo senso di trasparente evidenza,di adempimento coatto”

35

.

3 - La posizione interlocutoria della giurisprudenza

Una volta delineate le linee portanti della riflessione dogmatica di Scognamiglio, al quale, secondo autorevole opinione dottrinale va ascritto “il merito di aver sgomberato il campo dagli equivoci, riconducendo il discorso nei termini propri tracciati dalle categorie dogmatiche, portando a compimento il tentativo di inquadrare il rimedio nel sistema della responsabilità civile, con ciò conferendogli finalmente pieno diritto di cittadinanza all‟ interno dell‟ ordinamento”

36

, si rende necessario soffermarsi brevemente sul dibattito giurisprudenziale in parte qua, il quale non sempre ha intrapreso una traiettoria argomentativa lineare e coerente.

Invero, a fronte di un orientamento teso ad assegnare al rimedio de quo consistenza di forma risarcitoria alternativa all‟ equivalente monetario sic et simpliciter, si distinguono pronunce che arrivano a dilatare l‟ alveo di operatività dell‟ art. 2058 c.c., allorchè viene attribuito allo strumento ivi disciplinato una funzione preventiva di carattere inibitorio.

37

35

Cfr. SCOGNAMIGLIO, op. ult. cit., p. 225

36

Cfr. MARELLA, La riparazione del danno in forma specifica, Padova, 2000, p. 46, citato da LIGUORI, La reintegrazione in forma specifica nel processo amministrativo, Napoli, 2002, p. 63

37

V. Cass. n. 647/1976; n. 2472/1988

(15)

[Digitare il testo] Pagina 56 In coerenza, poi, con il carattere polifunzionale della reintegrazione in forma specifica la giurisprudenza ha evidenziato come nell‟ alveo di tale rimedio possano distinguersi, accanto alla restituzione della cosa, la prestazione di una cosa appartenente al medesimo genus, il rifacimento di quanto illecitamente disfatto, ovvero l‟ eliminazione di quanto illecitamente realizzato, con la conseguenza di riconoscere alla norma contenuta all‟ art. 2058 c.c. una funzione preventiva finalizzata ad evitare il protrarsi del danno, la quale si associa al tradizionale ruolo sanzionatorio- repressivo riconosciuto agli strumenti di ristoro del pregiudizio.

38

Con riferimento, poi, all‟ estensione dell‟ ambito di operatività della reintegrazione in forma specifica fino a ricomprendere la tutela diretta dei diritti reali la giurisprudenza della Suprema Corte arriva a dare risposta affermativa, con la precisazione che , in ordine a tali ipotesi, non trova applicazione il limite dell‟ eccessiva onerosità per il debitore.

A tal proposito, invero, si sottolinea che “ l‟ art. 2058, comma 2, c.c., che prevede la possibilità di ordinare il risarcimento del danno per equivalente anziché la reintegrazione in forma specifica in caso di eccessiva onerosità di quest‟ultima, non trova applicazione nelle azioni intese a far valere un diritto reale( nella specie, azione di ripristino dello stato dei luoghi) e si tenda ad ottenerne la tutela mediante la riduzione in pristino. Pertanto, a meno che sia la stessa parte danneggiata a chiedere la condanna per equivalente, e salvo il caso in cui la demolizione della cosa sia di pregiudizio all‟

economia nazionale - dovendo il giudice, in tale evenienza, provvedere soltanto per equivalente ex art. 2933, comma 2, c.c. – il giudice non può, applicando il citato art. 2058 comma 2 c.c., disporre il risarcimento per equivalente in luogo della reintegra”.

39

38

A titolo esemplificativo, si veda, sul punto, Cass. n. 39/1978

39

Cfr. Cass., Sez. II, 29 ottobre 2010, n. 22201

(16)

[Digitare il testo] Pagina 57 3 - La lettura estensiva dell’ art. 2058 c.c. Una prospettiva “a geometria variabile”

A far data dalla seconda metà degli anni ‟80, al fine di eludere gli elementi di contraddizione presenti nel contesto concettuale supra tratteggiato, si è dato avvio ad un profondo ripensamento dei compiti affidati al sistema della responsabilità civile, cui viene riconosciuto il ruolo di dare risposta ai crescenti bisogni di tutela emergenti dalla società, con conseguente ridefinizione dell‟ area di operatività dell‟ istituto disciplinato dall‟ art. 2058 c.c.

La ricostruzione sistematica de qua prende le mosse da una rivisitazione della nozione di danno, inteso alla stregua di figura generale il cui contenuto si specifica in funzione di diversi beni giuridici lesi, in considerazione del fatto che “ sia possibile superare la stessa costruzione dogmatica del danno e del risarcimento anziché sospingere le diverse forme di tutela, richieste dall‟ attuale realtà dell‟

ordinamento, su un terreno diverso da quello, codificato, della responsabilità civile”

40

.

Nella predetta impostazione teorica si ravvisa l‟ eco della storica pronuncia della Corte costituzionale n. 184 del 1986, la quale interpreta in maniera realmente innovativa gli artt. 2043 e 2059 c.c., arricchendoli di nuovi significati desumibili dall‟ ordito costituzionale.

Invero, mentre la tradizionale interpretazione del sistema codicistico della responsabilità civile identificava il “danno patrimoniale” ex art. 2043 c.c. unicamente nella lesione di interessi patrimoniali, coerentemente con la logica del legislatore del ‟42, finalizzata ad attribuire preminenza agli interessi materiali, ex adverso, la Consulta sostiene la necessità di una lettura ampia ed aggiornata di patrimonio di cui all‟ art. 2043 c.c., il quale comprenda il bene salute al fine di svincolarlo dai rigori dell‟ art. 2059 c.c., con la conseguenza che “la lesione di diritti fondamentali sanciti in norme precettive ( salute di cui all‟ art. 32 Cost. ) deve quindi essere risarcita alla stregua

40

Cfr. LIBERTINI, Le nuove frontiere del danno risarcibile in Contratto e impresa, 1987, p. 97

(17)

[Digitare il testo] Pagina 58 dell‟ art. 2043 c.c., in quanto costituisce menomazione di una posta attiva del patrimonio individuale latamente inteso, pena, altrimenti, l‟ incostituzionalità del sistema”

41

.

Tralasciando di trattare compiutamente l‟ evoluzione dell‟ interpretazione giurisprudenziale e dottrinale in ordine alla definizione del danno non patrimoniale, la quale ha registrato lo spostamento del baricentro dell‟ attenzione degli interpreti dall‟ art. 2043 all‟ art. 2059 c.c., nell‟ opera di collocazione sistematica della figura de qua

42

, ciò che rileva, ai fini della presente trattazione, si concreta nella produzione dogmatica di una concezione multifunzionale di danno, la quale dà la stura ad “una revisione della nozione di risarcimento, o comunque della concezione dei rimedi contro il danno”

43

.

In particolare, l‟ impostazione ermeneutica supra riportata assoggetta a severa critica la funzione compensativa che presiede all‟ impianto dogmatico della responsabilità civile, con la conseguenza di reputare tale logica compensativa come recessiva, in quanto legata all‟ idea secondo la quale il conflitto tra danneggiante e danneggiato viene configurato alla stregua di un conflitto tra proprietari.

A tal proposito, invece, si fa presente che “l‟ ampliarsi delle possibilità di conflitto, e sopratutto la prospettiva di un conflitto fra diversi modi di esercizio della libertà ( ad es. di iniziativa economica ), impone di superare l‟ idea del primato del risarcimento per equivalente”

44

, il quale costituisce precipua espressione della logica compensativa anzidetta.

Sotto questo profilo, si rende necessario evidenziare la crisi in cui versa la tradizionale concezione sanzionatoria dell‟ illecito extracontrattuale, la quale, affondando le proprie radici nel sistema del diritto romano ed essendo richiamata dal Code Napoleon e dal suo omologo italiano del 1865,

41

Cfr. Corte cost., n. 184/86.

42

Si veda, in ordine alla tematica de qua, il percorso argomentativo seguito dalle sentenze “ gemelle”

della Cassazione nn. 8827 e 8828 del 2003 e, da ultimo, l‟ opera di ricostruzione dogmatica e di razionalizzazione svolta dalla pronuncia “manifesto” delle Sezioni Unite della Suprema Corte, 11 novembre 2008, n. 26972.

43

Cfr. LIBERTINI, op. cit., p. 104

44

Cfr. LIBERTINI, op. cit., p. 110

(18)

[Digitare il testo] Pagina 59 attribuiva al sistema della responsabilità civile “il compito dei restaurare il regno della giustizia, sanzionando la relativa violazione con l‟ obbligo di risarcire il danno proveniente dall‟ offesa”

45

. Al definitivo superamento dell‟ impostazione supra evocata ha contribuito, in una prospettiva storico-sociale, il fatto che la sempre più frastagliata fenomenologia di danneggiamento sia connessa, in modo particolare, ai connotati tipici della società industriale, allo sviluppo di danni anonimi, quali quelli legati alla produzione, assai difficilmente riferibili ad un soggetto colpevole identificabile ed al manifestarsi di danni di entità sproporzionata rispetto alle possibilità economiche dell‟ autore del fatto illecito. Siffatto contesto ha posto in evidenza l‟ inidoneità dell‟ orientamento tradizionale a dare risposte convincenti ai bisogni di tutela emergenti.

In quest‟ ottica, si evidenzia lo spostamento del baricentro della riflessione teorica dalla posizione del danneggiante a quella del danneggiato, in considerazione del fatto che l‟esigenza di colpire il colpevole cede il passo a quella di sollevare il danneggiato dal peso del danno ingiustamente patito, al fine di trasferirlo su chi ex lege deve assumerne la responsabilità.

Così, emerge, in buona sostanza, una prospettiva metodologica di matrice vittimologica, con riferimento alla quale si deve evidenziare come la funzione della responsabilità civile cessi di essere connotata di un rilievo fondamentalmente sanzionatorio per acquisire una natura prettamente riparatoria, alla luce del fatto che il risarcimento del danno, tradizionalmente configurato alla stregua di sanzione posta a carico del danneggiante, si rivela in guisa di strumento di riparazione del danno ingiusto.

Conseguentemente, una valutazione del danno in senso polifunzionale, unitamente alla valorizzazione della funzione riparatoria che ispira l‟ impianto generale della responsabilità civile conducono ad mettere in risalto la “duttilità del rimedio risarcitorio, atta a comprendere, oltre al risarcimento pecuniario vero e proprio, la previsione di qualsiasi altra prestazione adeguata a reintegrare l‟ interesse leso, o addirittura necessaria per la intrinseca incongruità del rimedio

45

Cfr. GIORGI, Teoria delle obbligazioni, Milano, 1876, p.214

(19)

[Digitare il testo] Pagina 60 pecuniario”

46

. In coerenza con tale impostazione, quindi, viene esaltata la disposizione di cui all‟ art.

2058 c.c., il quale può fornire il “fondamento per condanne reintegrativo-inibitorie, atte a ricostruire le normali condizioni di esercizio di un‟ attività giuridicamente protetta, o le condizioni di godimento di un bene ecc.”

47

.

In questo senso, invero, si evidenzia come “la base testuale per riconoscere, in via generale, il diritto del danneggiato di richiedere condanne non pecuniarie, a contenuto non predeterminato e funzionale alle concrete esigenze del danno verificatosi ( o tuttora in atto ), può vedersi nell‟ art. 2058 c.c.,che ammette il r.f.s. come rimedio generale in materia di responsabilità civile”

48

.

4 - Profili di criticità emersi in ordine alla lettura estensiva dell’ art. 2058 c.c. e loro superamento

Il processo di rivisitazione della natura del danno e della funzione del risarcimento supra tratteggiato ha dato la stura ad una serie di considerazioni critiche, le quali si sono connesse a due profili fondamentali.

Da un lato, invero, pur reputando opportuno il tentativo di individuare nella reintegrazione in forma specifica lo strumento più duttile al fine di consentire la tutela risarcitoria dei cc.dd. nuovi bisogni, si evidenzia il rischio che una simile interpretazione dell‟ art. 2058 c.c. possa condurre “ad una

46

Cfr. LIBERTINI, op. cit., p.108

47

Cfr. LIBERTINI, op. cit., p.113

48

Cfr. LIBERTINI, op. cit., p.104

(20)

[Digitare il testo] Pagina 61 modificazione sostanziale del tipo di problema configurato da questo istituto e, segnatamente, ad una alterazione definitiva della logica specifica espressa dal rimedio del risarcimento”

49

.

Di conseguenza, è possibile affermare che la finalità precipua perseguita dall‟ orientamento de quo è quella di salvaguardare l‟ identità del sistema della responsabilità civile, laddove il riconoscimento al risarcimento in forma specifica di un ambito di operatività idoneo a consentirgli di “reintegrare l‟

interesse leso” per il tramite di qualsivoglia prestazione adeguata “modifica il tipo di rimedio e perciò anche il tipo di problema della responsabilità civile in un modo che esorbita dalla logica compensativa e dall‟ ordine sistematico che ad essa sta dietro”

50

.

In buona sostanza, al fine di contestare la lettura evolutiva dell‟ art. 2058 c.c., si richiama la logica compensativa connessa ad una prospettiva sanzionatoria, le quali dovrebbero presiedere, in via esclusiva, alla teorica della responsabilità civile, con il conseguente primato del risarcimento per equivalente, configurato alla stregua di rimedio che, meglio di altri, appare idoneo a fungere da elemento di mediazione tra il principio dell‟ incoercibilità degli obblighi di fare e la necessità di assicurare tutela all‟ interesse leso.

D‟ altro canto, si avverte l‟ esigenza di negare il riconoscimento in capo al giudice del potere di imporre ai privati comportamenti futuri, in ossequio ad una concezione stricto sensu intesa del principio di legalità.

Invero, un tentativo di contemperare l‟ esigenza di escludere dall‟ ambito di operatività della logica compensativa la tutela dei cc.dd. nuovi bisogni con la necessità di osservare “il senso profondo delle riserve costituzionali di legge” viene esperito dalla dottrina in commento nella misura in cui si ipotizza, a sostegno della lettura estensiva dell‟ art. 2058 c.c., la creazione “di appositi sotto-sistemi distinti riservata al Parlamento e vincolata alla forma di legge”

51

.

49

Cfr. BARCELLONA, Sul risarcimento del danno in forma specifica ( ovvero sui limiti della c.d.

interpretazione evolutiva ) in Processo e tecniche di tutela dei diritti, a cura di MAZZAMUTO, I, Napoli, 1989, p. 625

50

Cfr. BARCELLONA, op. ult. cit., p. 627

51

Cfr. BARCELLONA, op. ult. cit., p. 631

(21)

[Digitare il testo] Pagina 62 Ciò nondimeno, si addiviene ad una lettura riduttiva dell‟ art. 2058 c.c. , laddove si nega al rimedio reintegratorio rango non solo di modalità alternativa di riparazione dell‟ interesse leso ma anche di diverso criterio di quantificazione del danno

52

.

Ciò posto, occorre evidenziare che l‟ argomento critico utilizzato, riferito al dogma dell‟

incoercibilità degli obblighi di fare, il quale assurge a maggiore ostacolo rispetto all‟ ammissibilità della lettura estensiva del risarcimento in forma specifica, non è stato configurato alla stregua di elemento ostativo irriducibile, in considerazione del fatto che “ va ribadita, invece, l‟ esigenza di tener distinto il profilo risarcitorio da quello esecutivo”, con la conseguenza che “col primo il giudice è chiamato, in sede di cognizione, a determinare un‟ obbligazione idonea a compensare il danno subito”

53

e, all‟ esito di tale giudizio, quest‟ obbligo può rimanere, in tutto o in parte, insuscettibile di esecuzione specifica.

Si soggiunge, poi, che obliterare una lettura riduttiva del r.f.s., sulla scorta della valorizzazione dell‟

esigenza di salvaguardare la sfera di libertà e di autonomia del danneggiante, produrrebbe un effetto distorsivo dell‟ intero sistema della responsabilità civile, allorquando, con particolare riferimento al verificarsi per i danni futuri, certi o probabili, ma dipendenti da un‟ azione, in atto o in preparazione, di un determinato soggetto, la riduzione del rimedio risarcitorio all‟ esclusivo risarcimento per equivalente pecuniario “significherebbe riconoscere ad un soggetto il potere di ledere l‟ altrui libertà, semplicemente pagandone il prezzo”

54

.

Per quanto concerne, poi, la valorizzazione della logica compensativa, unitamente al primato del risarcimento per equivalente pecuniario, quali principi cardine del sistema della responsabilità civile, si rende necessario evidenziare, ad abundantiam, come tali criteri siano recessivi nella riflessione ermeneutica in ordine alla riparazione del danno, laddove autorevole dottrina ha sottolineato che “

52

V. BARCELLONA, op. ult. cit., pp. 639 ss.

53

Cfr. LIBERTINI, op. ult. cit., p. 109

54

Cfr. LIBERTINI, op. ult. cit., p. 110

(22)

[Digitare il testo] Pagina 63 non vi è quindi ragione di ritenere che la finalità riparatoria sia conseguibile solo attraverso il pagamento di una somma di denaro”

55

.

Del resto, se si vuol porre mente al tema che occupa la presente trattazione, giova rammentare che, a differenza di quanto accade nei rapporti inter privatos, in ordine alla relazione che lega i privati alla pubblica amministrazione, la tradizione non ha conosciuto il consolidarsi della anzidetta logica di matrice economico-patrimoniale, alla luce del fatto che l‟ affermazione di una forma di responsabilità civile in capo agli apparati pubblici è una realtà abbastanza recente per l‟ ordinamento italiano

56

. Paradossalmente, ma solo in apparenza, in una temperie storico-culturale ispirata al dogma dell‟

irresponsabilità degli apparati pubblici per lesione di interessi legittimi, si addiviene al riconoscimento di una maggiore apertura rispetto all‟ imposizione di un facere nei riguardi della pubblica amministrazione.

L‟ eco di tale impostazione si rinviene in una risalente pronuncia del Consiglio di Stato, laddove si afferma che “ un‟ eventuale impossibilità di coazione non si identifica con un diritto dell‟ Autorità inadempiente, perché non può essere un diritto la violazione di legge … il risarcimento del danno deve essere considerato solo come un estremo rimedio dato alla parte, nell‟ ipotesi ( che non dovrebbe mai avverarsi ) che non si riesca a costringere l‟ Amministrazione all‟ adempimento specifico dei suoi riconosciuti obblighi”

57

.

Ciò posto, si deve evidenziare come la lettura estensiva del risarcimento in forma specifica, sia pur delineando un operazione concettuale idonea a concretizzare il rischio di sovvertire la logica stessa

55

Cfr. SALVI, Risarcimento del danno, in Enc. Dir., vol. XL, Milano, 1989, p. 1104

56

Si ricorda, a tal proposito che in Francia nel 1873 ( arret Blanco ) fu affermato il principio secondo cui la responsabilità civile della pubblica amministrazione non poteva essere retta dalle stesse regole che riguardavano i rapporti inter privatos, ma solo da regole speciali variabili secondo le esigenze del servizio pubblico, e la necessità di conciliare l‟ esercizio di potestà pubbliche con i diritti dei privati. Quanto agli ordinamenti di Common law, è soltanto nel 1947 ( Crown Proceedings Act, in Gran Bretagna e Federal Tort Claim Act negli Stati Uniti ), che si è superato il principio dell‟ irresponsabilità civile dello Stato.

57

Cfr. Cons. di Stato, Sez. V, 20 gennaio 1951,n. 7, in Foro it., 1951, III, p. 225, il quale è

richiamato da LIGUORI, La reintegrazione in forma specifica nel processo amministrativo, Napoli,

2002, p.74

(23)

[Digitare il testo] Pagina 64 del risarcimento, si traduca in un‟ impostazione dogmatica che, per il tramite di una ricostruzione dei concetti di danno e di risarcimento come concetti generali, idonei a consentire una loro differente qualificazione in dipendenza della diversità degli interessi lesi, riconduce stabilmente ed in maniera irriducibile il rimedio de quo all‟ interno dell‟ area del risarcimento del danno

58

.

In particolare, tale concezione, dando la stura ad uno strumento di riparazione a connotazione preventivo-inibitoria, mercè il ricorso alla previsione di cui all‟ art. 2058 c.c., permetterebbe di scongiurare il protrarsi nel tempo di condotte illecite di carattere permanente, laddove, invece, l‟

approntarsi di una tutela risarcitoria intesa nella prospettiva del ristoro per equivalente sarebbe finalizzata esclusivamente alla rimozione di un nocumento già storicamente verificatosi ed insuscettibile di essere emendato, per tale via, dalla realtà naturalistica.

La possibilità di addivenire ad una specificazione del danno e, conseguentemente, ad una modulazione dello strumento risarcitorio più adeguato in relazione alla peculiarità dell‟ interesse giuridico leso, paventata dalla dottrina in esame, assume una particolare rilevanza in ordine al tema che qui interessa, alla luce della molteplicità degli interessi e delle attività amministrate dalla p.a., con la conseguenza di indurre a ritenere che il r.f.s. sia lo strumento più idoneo a riparare al danno cagionato da illegittimo esercizio del potere amministrativo.

La vis expansiva della norma contenuta all‟ art. 2058 c.c., la quale si atteggia, secondo i fautori della tesi in parola, alla stregua di strumento volto a consentire al giudice di statuire una misura finalizzata ad evitare danni futuri o la protrazione di comportamenti attuali causativi di danni, si attaglia perfettamente all‟ ipotesi di causazione di danni da attività amministrativa procedimentalizzata e, segnatamente, in ordine ai nocumenti scaturenti dallo svolgimento di procedura ad evidenza pubblica di scelta del contraente privato, allorquando - come si cercherà di esplicitare più diffusamente nel

58

A tale proposito, giova sottolineare l‟ insistenza con la quale Libertini, op. ult. cit., sottolinea la

permanenza del r.f.s. nell‟ alveo del risarcimento del danno, unitamente alla distinzione tra tutela dei

diritti nella fase cognitiva ed esecuzione in forma specifica

(24)

[Digitare il testo] Pagina 65

successivo capitolo - la reintegrazione in forma specifica potrebbe consentire l‟ emissione di un

comando inibitorio di comportamenti antigiuridici avvenire.

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