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Per stabilizzare l’alveo dei corsi d’acqua nei confronti dell’erosione, per anni si è ricorso ad opere idrauliche tradizionali quali le briglie e le soglie di fondo.

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1 Introduzione

1.1 Opere di sistemazione dei corsi d’acqua

Nel campo delle sistemazioni fluviali è frequente la necessità di intervenire per controllare e correggere la naturale tendenza evolutiva della morfologia di un alveo naturale.

Per stabilizzare l’alveo dei corsi d’acqua nei confronti dell’erosione, per anni si è ricorso ad opere idrauliche tradizionali quali le briglie e le soglie di fondo.

Le briglie sono degli sbarramenti perpendicolari alla direzione della corrente e sporgenti rispetto al fondo dell’alveo, superano spesso altezze di 1.5-2m., sono posti a una certa distanza l’uno dall’altro e creano dei piccoli invasi che col tempo sono riempiti dal materiale solido proveniente da monte.

La conseguente riduzione della pendenza media del fondo del alveo conduce alla classica configurazione a gradoni (Figura 1.1.1).

Anche le soglie sono opere trasversali, possono essere emergenti, con altezza fuori terra inferiore agli 1.5-2 m, oppure a raso con altezza fuori terra nulla.

Le soglie rappresentano dei punti fissi per il fondo e quindi sono realizzate per stabilizzare la pendenza esistente dei tratti di corsi d’acqua tendenti all’erosione.

Pendenza originaria

P endenza di sistem azione

M ateriale depositato B riglia

b) a)

P rofilo di sistem azione

P rofilo prim itivo

Figura. 1.1.1 Sistemazione con briglie a) e con soglie b).

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Sia le briglie che le soglie, pur rappresentando un valido e rapido strumento di correzione degli alvei, presentano alcuni aspetti negativi per quanto riguarda l’impatto ambientale:

spesso queste opere sono costruite in calcestruzzo e quindi non sono compatibili con l’ambiente circostante. Costituiscono un ostacolo alla risalita della fauna ittica che viene frammentata in tante popolazioni riproduttive isolate, perché la maggior parte non riesce a superare ostacoli più alti di 30-40 cm. Dal punto di vista idraulico si nota che, durante la fase di interrimento tra una briglia e l’altra, la trattenuta di materiale solido di varia granulometria produce un’erosione dei tratti di valle che si estende fino ai litorali, inoltre si ha una riduzione della diversità biologica, ambientale e della capacità auto depurante dovuta all’accumulo di materiale ciottoloso che forma un materasso piatto e uniforme a monte delle briglie.

Un’alternativa importante alle opere idrauliche classiche è la rampa in pietrame.

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1.2 Rampe in pietrame e loro funzionamento idraulico

Le rampe in pietrame sono opere idrauliche a basso impatto ambientale in grado di assicurare la stabilità dell’alveo dei corsi d’acqua nei confronti dell’erosione e capaci di trattenere solo parte del materiale solido trasportato dalla corrente di fondo.

Sono strutture flessibili, compatibili con l’ambiente circostante, funzionali ed economiche, potendo costare circa la metà di un’opera tradizionale.

Dal punto di vista ambientale la loro caratteristica fondamentale è quella di garantire la continuità morfologica dell’alveo, favorendo anche l’inserimento di vie preferenziali per la risalita dei pesci.

Le rampe sono delle scogliere realizzate con massi di grossa pezzatura, disposti in modo regolare o irregolare (rip rap), che generalmente non superano i 2–3 m di altezza.

Sono realizzate in alvei con pendenze di fondo che variano dal 10%, per corsi d’acqua di tipo fluviale fino al 30-40% per corsi d’acqua torrentizi.

Figura 1.2.1 Vista frontale di una rampa in massi sul torrente Camaiore

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Dal punto di vista idraulico, la rampa può essere schematizzata come un tratto a forte pendenza preceduto e seguito da un tratto a debole pendenza (Figura 1.2.2).

Tratti a debole pendenza

Tratto a forte pendenza

Figura 1.2.2 Schematizzazione di una rampa in pietrame

Nella sezione di ingresso della rampa generalmente si stabilisce l’altezza critica, sulla rampa la corrente è veloce e accelerata mentre nel tratto indefinito verso valle la corrente ritorna a essere lenta e uniforme.

Il passaggio tra la corrente veloce sulla rampa e quella lenta a valle, porta alla formazione del risalto il quale, essendo un fenomeno dissipativo, porta ad una diminuzione dell’energia della corrente.

Se la pendenza della rampa è confrontabile con quella dell’alveo in cui è inserita, la velocità al piede del manufatto è paragonabile a quella della corrente veloce in moto nell’alveo di valle, quindi il passaggio dalla rampa all’alveo naturale può avvenire con un semplice tratto rivestito mediante una gettata di massi.

Se invece la pendenza della rampa è maggiore di quella dell’alveo, la velocità della corrente al piede della stessa è superiore a quella che si ha nell’alveo a valle, si ha così la formazione di un risalto più accentuato e quindi la necessità di inserire un opportuno manufatto di dissipazione.

Le rampe possono essere classificate in base alla scabrezza dei massi in rampe lisce, dette scivoli, e in rampe scabre, che sono le rampe in pietrame vere e proprie.

Il funzionamento della rampa scabra si basa essenzialmente sulla formazione di zone a

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concentrata in un punto, richiedendo a valle del manufatto la costruzione di importanti opere di protezione quali i bacini di dissipazione.

Negli alvei fluviali la presenza di rampe in massi garantisce una riduzione delle tensioni tangenziali in grado di erodere l’alveo.

Proprio basandosi sulla loro attitudine a dissipare energia, le rampe sono state classificate da diversi autori, tra cui Knauss (1977), in rampe idraulicamente efficaci e inefficaci.

Le prime sono in grado di dissipare completamente sulla loro superficie l’energia corrispondente al dislivello tra l’alveo di monte e quello di valle, lungo la rampa si ha una corrente uniforme e al piede di essa si sviluppa un risalto libero; le rampe efficaci rendono dunque le condizioni del deflusso a monte indipendenti da quelle di valle e funzionano come punti fissi dell’alveo nei confronti dell’erosione.

Nel caso delle rampe idraulicamente inefficaci, lungo la rampa si ha in ogni punto una corrente subcritica, ovvero sono rigurgitate, per cui le condizioni di monte sono influenzate da quelle di valle e ne consegue un’erosione accentuata dell’alveo a monte.

Il comportamento idraulico di una rampa è paragonabile a quello che si verifica su una scala di stramazzi che può essere di due tipi: nappe flow e skimming flow.

Nel secondo caso si ha una maggiore dissipazione di energia, la corrente liquida è caratterizzata da un moto dell’acqua fortemente aerato che si presenta come un flusso continuo e uniforme, in cui la vena liquida si dispone parallelamente alla pendenza media della rampa. Lo spazio tra i massi e il getto è completamente riempito dall’acqua e si formano dei vortici che sono mantenuti in rotazione dall’energia trasmessa dallo sforzo tangenziale della corrente che scorre superficialmente.

L’insieme della superficie dei massi e dei cuscinetti d’acqua forma uno pseudo fondo sopra il quale scorre il deflusso indisturbato.

La dissipazione di energia è data quindi dall’attrito dovuto agli elementi di scabrezza che

costituiscono la rampa e dalla trasmissione per mantenere in rotazione i vortici.

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