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15. Conclusioni
Il lavoro, qui presentato, è stato caratterizzato dallo studio di due induttori: il DAPAMITO3 e un induttore della Barber-Nichols. Lo studio si è concentrato particolarmente sull’induttore a tre pale della famiglia DAPAMITO. Le prove effettuate con due differenti plexiglas hanno permesso di poter evidenziare l’impatto del gioco radiale sulle prestazioni. Nelle prove non cavitanti si mette in risalto come, all’aumentare della clearance, le prestazioni diminuiscano.
Utilizzando un opportuno Plexiglas che permetteva di ottenere il valore del rapporto tra gioco radiale e altezza media della paletta prevista dal modello teorico sviluppato dal Prof.
d’Agostino e dal suo gruppo di lavoro sull’andamento della curva di prestazione non cavitante, si è potuto evidenziare l’ottima sovrapposizione dei dati sperimentali alla curva teorica, permettendo, di fatto, di avere per la prima volta un modello teorico che prevede le prestazioni non cavitanti di un induttore di particolare geometria, quale quella del DAPAMITO.
Sono state, inoltre, effettuate delle prove non cavitanti a differenti temperature. Queste hanno evidenziato un degrado delle prestazioni all’aumentare della temperatura che fa ipotizzare che un aumento di questa comporti un aumento virtuale del gioco radiale tra induttore e alloggiamento, causato dalla sensibile diminuzione della viscosità del fluido all’aumentare della temperatura.
Le prove cavitanti effettuate hanno messo in luce come la cavitazione che si sviluppa su questo induttore coinvolga quasi l’intero canale, in conseguenza della scelta di una geometria che caricasse le pale in maniera quanto più uniforme. Si sono, inoltre, riscontrate delle differenze nelle curve di prestazione cavitante per i due differenti valori di clearance. Per un gioco di 2 mm si è evidenziato una curva molto lineare al diminuire di ߪ con un sensibile incremento (del 3-4 %) prima del crollo delle prestazioni. Invece per gioco di 0.8 mm le prestazioni presentavano, diminuendo ߪ, prima del raggiungimento del breakdown uno scalino, in cui si evidenziava una prima diminuzione delle prestazioni. Le prove cavitanti effettuate a differenti temperature, poi, hanno dato modo di evidenziare le modifiche alle curve di prestazione legate agli effetti termici sulla cavitazione e la successiva applicazione del metodo di Ruggeri-Moore ha permesso di ricavare, in alcuni punti, l’andamento, confermato dai dati sperimentali, delle curve di prestazione a 75 °C.
Le successive prove di caratterizzazione delle instabilità hanno dato modo di evidenziare come, nel caso di clearance maggiore, le instabilità che coinvolgono questo induttore siano concentrate, per lo più, in regioni di scarso interesse per le applicazioni. Una diminuzione di questo parametro, a livelli più ragionevoli per le applicazioni, ha messo in luce una modifica sostanziale di tutte le instabilità, con la scomparsa di diverse forme oscillatorie evidenziate con un gioco maggiore e con la “nascita” di altre oscillazioni, alcune delle quali concentrate in regioni al limite tra zone di interesse e zone nelle quali non si lavora. L’analisi delle instabilità è stata condotta, prima, mediante la rappresentazione dei diagrammi a cascata (waterfall plots), che permettono di evidenziare al variare della frequenza gli intervalli di ߪ per i quali si presenta un dato fenomeno e l’ampiezza dell’autospettro del fenomeno stesso (in Pa2∙s) e, successivamente, mediante lo studio dei singoli spettri per evidenziare la fase e la coerenza dei fenomeni analizzati. Le prove di caratterizzazione delle prestazioni in regime cavitante e delle instabilità ripetute a differenti temperature hanno, inoltre, permesso di evidenziare gli effetti di una variazione di temperatura dell’acqua che, come suggerisce il metodo di Moore,
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permettono di comparare i risultati acquisiti con queste prove con quelle effettuate con liquidi criogenici di impiego spaziale.
Successivamente il lavoro di tesi si è rivolto allo studio di un altro induttore, prodotto dalla Barber-Nichols, con prove e studi simili a quelli effettuati per il DAPAMITO3.
Infine è stata effettuata una ricalibrazione del dinamometro rotante che sarà impiegato nelle successive prove di caratterizzazione delle forze e delle instabilità rotodinamiche agenti sugli induttori di impiego spaziale. Le prove effettuate, di carattere solo statico, hanno permesso di ottenere un legame tra i carichi che agiscono sul dinamometro e i potenziali di sbilanciamento registrati dai ponti estensimentrici di cui è dotato il dinamometro.