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Hoffman a Neil Gaiman passando per Poe e Kafka, e riconducibili ad una vasta pluralità di generi, dal sovrannaturale al fantasy, dal realismo magico alla fantascienza.

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1 Introduzione

La definizione dei rapporti tra la comunità dei vivi e la comunità dei morti, unita alla complessa ritualizzazione del passaggio dall’una all’altra, rappresenta uno degli atti più importanti per la fondazione di ogni civiltà. Nelle culture indo-europee, l’essere straordi- nario, in generale, e l’eroe, in particolare, sono definiti con estrema frequenza dalla loro capacità di stabilire una forma di contatto tra le due comunità, di rivestire, come osservò Carlo Ginzburg nel suo Storia notturna, una funzione sciamanica. La mise en fiction dalla compenetrazione tra il nostro mondo e l’aldilà ha così alimentato, dalla catabasi degli eroi sumeri ad oggi, la creazione di testi artistici tra i più straordinari mai concepiti.

Il punto di partenza di questo progetto di ricerca è costituito dalla constatazione se- condo la quale, nel corso dell’ultimo secolo e mezzo circa, il campo delle rappresenta- zioni estetiche dei rapporti tra vita e morte ha subito un significativo ampliamento. Ciò che ci si propone, è di apportare un contributo alla comprensione e all’interpretazione di quest’ultimo.

Il contributo più interessante e maggiormente degno di attenzione a questo fenomeno è stato certamente fornito dallo sviluppo, in età contemporanea, delle letterature e delle estetiche "fantastiche", ossia afferenti a quel campo che, nell’accademia francese, va sotto il nome di littératures de l’imaginaire. Il fantastico ingloba un amplissimo spettro di manifestazioni estetiche non-realistiche realizzate a partire dell’età dei Lumi, da E.T.A.

Hoffman a Neil Gaiman passando per Poe e Kafka, e riconducibili ad una vasta pluralità di generi, dal sovrannaturale al fantasy, dal realismo magico alla fantascienza.

Ereditando le prerogative culturali ed estetiche del mito, della fiaba e dell’epopea antica (quella degli eroi fondatori di civiltà), il fantastico ha creato nuovi spazi narrativi, nuovi tipi di personaggio e, soprattutto, nuove possibilità di ibridazione ed interazione tra mondi coesistenti all’interno di uno stesso quadro diegetico. Significativamente, ciò ha permesso a sua volta l’allargamento delle zone intermedie tra i mondi, degli in-between, degli entre-deux-mondes. Essi hanno così acquisito una consistenza ed una profondità loro proprie, trasformandosi nei centri narrativi di taluni testi.

Dato questo quadro di riferimento, la ricerca che si intende presentare sarà dedica- ta allo studio delle condizioni di esistenza, degli spazi immaginari e narrativi defini- bili come intermedi rispetto alla polarità vita/morte nella fiction fantastica, con parti- colare attenzione ai testi letterari, ma tenendo largamente conto anche di testi filmici e fumettistici.

L’interesse per questo campo di ricerca si è sviluppato a partire dalla fascinazione pro-

fonda che il fantastico esercita in quanto area dell’immaginario la cui proprietà più fertile

e caratterizzante risiede nel rendere possibili forme di sperimentazione ontologica, ossia

la creazione di forme e stati di esistenza impossibili nel mondo primario (nel senso che

Tolkien dà al termine). A ciò si aggiungono, da un lato, l’interesse per i presupposti cultu-

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rali delle manifestazioni artistiche, lo studio delle caratteristiche dell’immaginario sottese alla creazione e all’esperienza di determinati tipi di testo (si potrebbe parlare di archeo- logia estetica); dall’altro, l’interesse per le mutazioni del campo letterario in rapporto alle mutazioni dell’immaginario, articolato secondo grandi polarità semiotiche. Questa ricerca si pone dunque l’obiettivo di fornire un’interpretazione del fantastico in quanto laboratorio ontologico rispetto alla polarità vita/morte, descrivendone le caratteristiche teoriche a partire da osservazioni tematiche, narratologiche ed estetiche.

Di chi e di cosa si parla evocando le nozioni di «stato», «spazio» o «condizione» «tra la vita e la morte»? Si potrebbe iniziare a rispondere affermando, in maniera banale, che esse fanno riferimento a quelli che vengono solitamente definiti morti-viventi. Questi ul- timi rimandano intuitivamente, a loro volta, alle figure del fantasma, del vampiro e dello zombie, nonché ad un piccolo gruppo di figure "minori" — mummia, dama bianca, ghoul

— assimilabili, ai fini di questa analisi, alle tre "maggiori". Si tratta di personaggi dotati di caratteristiche ben determinate e di "ritratti culturali" assai dettagliati, pur nella loro talora grande varietà; essi sono precisamente inseriti in una tradizione letteraria e cinematogra- fica più o meno recente, nonché perfettamente acclimatati nella fiction contemporanea, nell’ambito della quale conoscono, peraltro, un successo immenso.

La ricerca che si intende condurre non avrà tuttavia come oggetto di indagine le figure fin qui menzionate. Poiché esiste, tutto attorno ad esse, un vasto territorio nel quale le frontiere tra la vita e la morte si intersecano, si fluidificano, vengono ridefinite dalla pres- sione di altri stati di esistenza, creando nicchie ontologiche abitate dagli enti più diversi, rintracciabili in una moltitudine di testi anch’essi tra i più diversi.

Lo spoglio mirante alla costituzione di un corpus di testi primari ha dunque tenuto conto della presenza, di non importa quale portata, in opere letterarie, cinematografiche e fumettistiche, di enti, mondi o situazioni narrative: a) non integralmente afferenti né al dominio del vivente né a quello del morto, bensì presentanti tratti ibridi, misti, intermedi o senza relazione coi due termini, intesi nel loro senso più corrente e non metaforico;

b) non rinvianti in maniera palese e automatica alle figure canoniche del fantasma, del vampiro, e dello zombie, ovvero a forme di non-vita (o non-morte) saldamente attestate nella fiction. Si è cercato così di isolare personaggi e contesti liminari, dalla fisionomia originale e non tradizionalizzati.

La domanda analitica principale e generalissima da cui parte tutta la ricerca può esse- re formulata nel modo seguente: «Quali sono le caratteristiche semiotiche, narratologiche e tematiche degli stati intermedi tra la vita e la morte e dei personaggi che ne fanno espe- rienza? 1 ». Una domanda di questo tipo delinea una tesi policentrica, con legami più e

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Per brevità si farà spesso riferimento agli abitanti degli stati intermedi (abbreviato s.i.) col termine

“semivivi” ed agli s.i. col termine “semivita”. Tranne nei casi in cui si parlerà di Ubik, i termini non vanno

intesi in senso proprio, ma solo come abbreviazioni, poiché sono pesantemente semiotizzati in modi che

non si applicano uniformemente a tutti i testi del corpus.

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meno forti tra i vari nuclei argomentativi, attenta alla tassonomia e potenzialmente in grado di diramarsi in direzioni anche molto diverse tra loro.

La ricerca si propone di contribuire, a partire da un’angolazione molto precisa, all’in- terpretazione delle rappresentazioni estetiche del rapporto tra mondo dei viventi e mondo dei morti e, più in generale, del rapporto tra la “Vita” e la “Morte” in quanto modi del (non-)esistere la cui decrizione produce un’interrogazione incessante ed incessabile. Que- st’ambito di studio viene più o meno universalmente considerato interessante e significati- vo dalla comunità accademica: la polarità vita/morte rappresenta infatti una fondamentale categorizzazione semiotica a partire dalla quale studiare la storia della cultura, in genera- le, e quella delle manifestazioni estetiche (essenzialmente letterarie e cinematografiche, nel nostro caso) che da essa emanano, in particolare.

Più precisamente, lo studio prende le mosse dalla constatazione di un ampliamento significativo del campo delle produzioni estetiche contemporanee in rapporto alla polarità vita/morte. Tale ampliamento ha contributo alla nascita di un’area dell’immaginario che non è ancora stata resa oggetto sistematico di discorso critico, riscontrabile solo in manie- ra povera ed estremamente discontinua in altri momenti della storia culturale occidentale:

gli stati intermedi tra la vita e la morte, per l’appunto. Il punto fondamentale di questa ri- cerca consiste dunque nell’aggregare e descrivere una serie di elementi e categorie, anche fortemente eterogenei, riconducibili ad un campo di indagine critica già considerato, nel suo complesso, degno di interesse.

Rilevare l’originalità della scelta del corpus in base a parametri semiotici e culturo- logici così generali è certamente valido ma decisamente vago: occorre esplicitare l’inte- resse e la produttività, dal punto di vista dell’analisi critica, dei caratteri, modi e forme propriamente narrativi comuni ai testi del corpus, ossia alla messa in racconto degli stati intermedi.

In primo luogo, i testi che ci si propone di studiare mettono in atto una rappresen- tazione originale ed acutamente problematizzata di alcune categorie fondamentali del- la cultura, in generale, e della narrazione, in particolare: tra le più rilevanti, quelle di

“coscienza”, “realtà/realismo” e “mondo narrato”. Si tratta, in tutti i casi, di categorie considerate degne di interesse critico.

In secondo luogo, la condizione liminare o intermedia tra i due campi semiotici della vita e della morte che ci si propone di analizzare è a pieno titolo definibile come inter- stiziale, risultando così riconducibile ad un ulteriore campo di studio riconosciuto come significativo ed interessante, soprattutto in rapporto alle categorie del postmoderno, quale è quello relativo alle manifestazioni dell’interstizialità e della liminarità.

Infine, uno degli obiettivi a partire dai quali questa ricerca ha preso forma e verso cui

aspira – ovviamente su una scala che trascende ampiamente i limiti di una tesi specialisti-

ca – è costituito dalla volontà di descrivere il fantastico in quanto spazio dell’immaginario

definito dalla possibilità di operare, al suo interno, una costante sperimentazione ontolo-

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gica. Questa volontà si inscrive nel campo degli studi letterari relativo all’indagine dei generi letterari, campo ovviamente considerato interessante.

La ricerca di testi secondari che analizzino, in prospettiva comparatistica, gli stati in- termedi tra la vita e la morte nella fiction contemporanea ha finora prodotto scarsissimi risultati. Per di più, nessuno dei testi individuati rende conto di una ricerca considerabile come simile a quella che ci si propone di sviluppare. Tra di essi, la raccolta di atti di colloquio intitolata Les Vivants et les Morts. Littératures de l’entre-deux mondes, a cura di Arlette Bouloumié, sembrerebbe condividerne, già nella scelta del titolo, gli intenti.

I ventitré saggi che compongono il volume sono tuttavia in grandissima parte dedicati a forme di intersezione tra vita e morte culturalmente già ben attestate nella storia culturale.

Con due eccezioni. La prima è il breve saggio in cui Francis Berthelot, sfumando le tesi todoroviane sul “féerique” con tinte vagamente esistenzialiste, analizza un piccolo corpus di testi fantastici aventi per protagonisti dei morti che «ne sont pas fixés sur leur statut et errent dans un entre-deux où se perpétue leur incertitude». La seconda è lo studio di Anne-Marie Baranowski, che propone un’efficace comparazione tra l’Olandese volante wagneriano e Il cacciatore Gracco, racconto di Kafka pubblicato postumo sulla base di frammenti narrativi sparsi nei Diari tra il 1916 ed il 1917, testo che marca, insieme al Valdemar di Poe, un momento fondamentale nella storia degli stati intermedi.

Le prove sulle qualil’argomentazione si baserà sono rintracciabili nelle sezioni dei te- sti primari che presentano un riferimento di qualche tipo ad uno stato intermedio o ad un personaggio che lo abita. Ciò significa, ad esempio, che in un testo la cui intera vicenda si svolge all’interno di uno s.i., potenzialmente ogni porzione di esso potrà rappresentare una prova. Poichè questi riferimenti possono assumere le forme più diverse, si prova di seguito ad abbozzare una tipologia molto generale:

1. Spazio e tempo: il narratore (esterno o interno) o un personaggio di altro tipo predica (in un dialogo, in una descrizione, durante la narrazione di un evento 2 ) qualcosa di relativo alla forma ed alla configurazione spazio-temporale dello stato intermedio.

2. Contenuti: viene predicato qualcosa di relativo a persone, oggetti o enti di qualun- que natura che si trovano nello s.i.

3. Relazioni: viene predicato qualcosa di relativo ai tipi di relazioni ed interazioni (fisiche, mentali, spirituali) che personaggi ed oggetti possono stabilire con gli stati intermedi e con ciò che li abita. Particolare attenzione potrà essere dedicata a quei passi che forniscono informazioni sui modi di ingresso negli s.i. e (più raramente)

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Il termine è da intendersi nella sua accezione propriamente narratologica, come trasformazione di

qualunque tipo di una situazione narrativa, che metta in moto la narrazione stessa.

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su quelli di uscita da essi, nonché a quei passi che rilevano un cambiamento dell’io prima e dopo il suo ingresso nello s.i.

Ovviamente, scrivendo «viene predicato qualcosa di», si intende includere anche tutte quelle prove che non possiedono riferimenti espliciti ad una di queste tipologie, ma a partire dalle quali essi possono essere dedotti per inferenza. La tipologia delle prove, co- sì presentata, prefigura un’analisi sostanzialmente strutturalistico-semiotica, poiché co- struisce gli stati intermedi come una rete di relazioni tra un insieme di oggetti, i quali significano solo in virtù di queste relazioni.

Questa tipologia è costruita sulla base di linguaggi descrittivi afferenti alle discipline letterarie. Tuttavia, il corpus di testi primari include, oltre a romanzi e racconti, anche film e fumetti. In questi ultimi casi, le descrizioni e le narrazioni degli eventi sono veicolate da immagini o serie di immagini, costruite e concatenate in modi che dipendono da precise scelte di regia, fotografia e montaggio. Anche l’analisi dei dialoghi dovrà tener conto della costruzione visiva di essi. Si potranno citare testi cinematografici o fumettistici attraverso riproduzioni di inquadrature o tavole.

Dato che l’indagine si estende su un numero piuttosto alto (circa trenta) di testi non omogenei (romanzi, racconti, film, fumetti) e talora di ampiezza considerevole, bisognerà selezionare un numero relativamente ristretto di prove per ciascun testo, per poi raggrup- parle in maniera trasversale a seconda del tipo di analisi a cui devono essere sottoposte.

L’analisi delle prove deve essere esaustiva, ma senza sovraccaricare il lettore né apparire ridondante. Si tratta di un rischio ovviamente presente in ogni argomentazione, ma che aumenta all’aumentare dell’estensione del corpus e che quindi, nel caso di questa ricerca, bisognerà tenere sempre a mente).

Occorre ora inquadrare gli orintamenti metodologici di cui l’argomentazione si approprie- rà nelle analisi. Per farlo, si osserveranno in dettaglio le parole chiave che compongono la domanda analitica generale già menzionata: quali sono le caratteristiche semiotiche, narratologiche e tematiche degli stati intermedi tra la vita e la morte?

Caratteristiche. E’ un termine generico (si sarebbe potuto usare ’tratti’, o ’proprietà’),

impiegato per portare l’attenzione sul più vasto spettro possibile di manifestazioni relative

ai significati che mi interessa studiare. Fa riferimento, in generale, ai modi del descrivere,

termine che designa appunto l’atto di interpretare un oggetto come provvisto di determi-

nate caratteristiche. Queste ultime non sono infatti qualcosa di intrinseco ad un oggetto,

ossia qualcosa che un oggetto possiede già e di cui bisogna riconoscere la presenza, ma

al contrario il risultato di una relazione tra un oggetto ed un osservatore, relazione che ne

costruisce la presenza. La parola chiave acquista maggiore rilevanza in rapporto con gli

aggettivi che la seguono, che servono appunto a precisare le tre classi di caratteristiche

che intendo analizzare.

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Semiotiche. E’ un termine generico ma tecnico (cosa che rende impossibile l’impiego di sinonimi), che identifica un preciso campo di indagine, nonché un preciso orientamen- to metodologico: la semiotica, appunto. Tra i principi inferenziali considerati validi in questo orientamento vi sono la concezione del testo estetico come autonomo e finito in se stesso dal punto di vista del significato, da cui consegue il privilegiare l’analisi di dati interni al testo, nonché l’idea strutturalista secondo la quale sono le relazioni a costruire gli oggetti e non vice versa.

Narratologiche. Valgono le stesse osservazioni generali relative al termine precedente, di cui costituisce una specificazione. Rimanda evidentemente all’orientamento metodo- logico della narratologia. Valgono gli stessi principi inferenziali della semiotica, insieme all’idea secondo la quale tutte le narrazioni possono essere riconducibili ad una struttura comune. La narrazione è infatti il risultato dell’interazione dinamica tra una serie finita di classi di elementi e funzioni, in particolare ’personaggio’, ’evento’, ’spazio’, ’tempo’ e

’mondo narrato’.

Tematiche. Si sarebbe potuto impiegare un termine più tecnico come «isotopia», che appartiene al linguaggio descrittivo della semantica greimasiana. Al fine includere un numero maggiore di questioni e problemi, ho tuttavia preferito un termine più generico.

L’ho desunto dalle mie letture accademiche, nelle quali il concetto di “tema” rappresenta un mezzo produttivo ed utilizzatissimo grazie al quale mappare i significati di un testo.

Esso rimanda inoltre, più precisamente, alla critica tematica, ossia a quel settore delle letterature comparate nell’ambito del quale la mia ricerca meglio si inscrive. I princi- pi inferenziali di questo orientamento metodologico includono la possibilità di mettere a confronto testi dotati di una caratteristica comune, anche se appartenenti a lingue, epo- che e culture diverse. Da ciò consegue un’attenzione critica molto vasta al campo delle manifestazioni culturali, non vincolata da confini nazionali e linguistici.

Stati intermedi tra la vita e la morte. Si tratta di una macro-parola chiave di cui si fa un uso in buona misura autonomo ed originale. Al momento di formularla, ci si era ispirati a letture precedenti; in un secondo momento, tuttavia, si è potuto ricondurre a essa una serie di situazioni narrative analoghe, presenti in altri testi ma designate in modi diversi, ad esempio «zona intermedia» (Berthelot), «entre-deux-mondes» (Bouloumié),

«neither life, nor death» (Krementsov).

Col termine stato si intende designare uno stato dell’essere o dell’esistere, una condi-

zione di esistenza o condizione ontologica che si concretizza in un mondo. Ciò presup-

pone un riferimento alle categorie generali della teoria filosofica dell’essere, con cui ho

una familiarità scolastica, ed alla nozione teorica di mondo narrato o mondo secondario,

con la quale me la cavo un po’ meglio. In particolare, dopo il contributo fondamentale

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di T OLKIEN , la teoria letteraria dei mondi possibili (Pavel, Dolezev, Lavocat) ha forni- to, a partire dagli anni ’80, strumenti innovativi per l’analisi dei rapporti tra narrazione e mondo generato dalla narrazione, modellati sulle categorie della logica modale dei mondi possibili.

Uno stato di esistenza presuppone inoltre necessariamente la presenza di un soggetto che ne faccia esperienza. In prospettiva costruttivista si potrebbe affermare, con un gioco di parole, che uno stato d’esistenza non esiste finché non esiste per un soggetto. Ciò che esiste in senso forte è insomma solo la relazione tra un soggetto ed uno s.i.

Le parole chiave vita e morte rappresentano le due specificazioni fondamentali della parola chiave «stato», in una prospettiva largamente culturologica. Quest’ultima risulta dall’applicazione dei principi inferenziali strutturalistico-semiotici allo studio della cul- tura umana, fondandosi dunque sul presupposto secondo il quale le singole culture, così come le singole narrazioni, rappresentano l’espressione particolare di una struttura sog- giacente, formata da una rete di relazioni binarie (vedi Lévi-Strauss e Lotman). In questa prospettiva, la messa in opposizione di vita e morte rappresenta uno dei primi, essen- ziali atti di categorizzazione del reale, posto alla base di praticamente ogni cultura. In una visione del mondo materialistica, vita e morte rappresentano, rispettivamente, lo sta- to dell’esistere e quello del non-esistere-più, ponendosi dunque in una relazione di netta opposizione antitetica: ciò che è vivo è il contrario di ciò che è morto. In una visione del mondo non materialistica, invece, vita e morte articolano due modi dell’esistere, rispetti- vamente in questo stato dell’essere ed in un altro stato dell’essere, il quale può prendere la forma di un altro mondo. Una tale relazione smantella, in ultima analisi, l’opposizione vita-morte, risolvendo la morte in un altro stato della vita, in un altro modo di essa. Una nuova differenziazione si fonda allora (sempre in una prospettiva culturologica focalizza- ta sulla cultura occidentale) sull’attivazione di un’altra opposizione, quella tra immanente e trascendente.

L’uso dell’aggettivo intermedio comporta l’applicazione implicita di categorie spa- ziali alla descrizione delle condizioni di esistenza fin qui analizzate: gli s.i. esistono in un qualche punto (sia esso materiale o semiotico) tra i due poli della vita e della morte.

L’intermedietà presuppone dunque l’esistenza una relazione non già binaria, bensì trian- golare, tra un oggetto intermedio ed i due poli rispetto ai quali esso è intermedio: nel nostro caso: vita - stati intermedi - morte. La conseguenza più evidente e più generale di questa strutturazione triangolare è lo smantellamento del sistema di pensiero binario comunemente impiegato per descrivere i rapporti tra vita e morte. Una delle tesi di fondo della ricerca può essere allora formulata così: i testi del corpus gettano nel caos (semioti- co) la relazione tra vita e morte introducendo un terzo elemento che trasforma la relazione da lineare a triangolare.

Sul piano concettuale, l’intermedio si apparenta al liminare ed all’interstiziale, due

categorie considerate molto produttive nell’ambito degli studi sul postmoderno: sono state

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fatte oggetto di analisi critiche approfondite, dalle quali verranno estrapolati parole chiave e linguaggi descrittivi. Si vedano, ad esempio, le considerazioni sul rapporto tra centro di un sistema culturale e manifestazioni liminari contenute in Klapcsik, 2012:

The play of liminality is often associated with the ambiguity of the center.

Turner finds the elusive nature of the center crucial in liminality when he argues that the community resulting from liminality ’with its unstructured character... might as well be represented by the emptiness of the center, which is nevertheless indispensable to the functioning of the structure (The Ritual, 127)’. Analogously, Derrida argues that the appearance and disappearance of a center [...] create a constant game in the structures of human reasoning»

(Klapcsik, 2012: 200).

Uno dei motivi per cui nei testi del coprus “manca” lo spirituale potrebbe essere: perché esso rappresenterebbe già una soluzione. Una teoria forte dell’aldilà e la proliferazione di testi come questi sono in distribuzione complementare. Una cultura che ha una teoria forte dell’aldilà non sente il bisogno di esplorare l’ignoto in maniera così produttivamente caotica, per il semplice motivo che per una cultura del genere quello non è l’ignoto. In questi testi la trascendenza può comparire soltanto come forma di incubo (vedi Rautavaa- ra), perché se un universo testuale contenesse una fiducia aproblematica in una qualunque forma di trascendenza canonica (anche molto disforica come l’Inferno), non avverrebbe il tipo di interrogazione che portano avanti questi testi.

Si può concludere questa sezione proponendo una riconsiderazione della domanda analitica alla luce dei criteri più propriamente strutturalisti/relazionali emersi durante l’analisi delle parole chiave.

L’analisi degli s.i. consiste essenzialmente nell’analisi di tre categorie di relazioni:

1. la relazione binaria tra s.i. e soggetto che ne fa esperienza

2. la relazione binaria tra s.i. e mondo narrato all’interno del quale è incluso

3. la relazione triangolare tra s.i., significati afferenti al campo del vivente e significati afferenti al campo del morto.

Le «caratteristiche semiotiche, narratologiche e tematiche» non sono altro che il risultato

dell’interpretazione, su base intertestuale, di una delle due prime relazioni alla luce della

terza. Ciò significa, ad esempio, che una categoria derivata dall’analisi di una relazione

tra un particolare s.i. ed il particolare mondo narrato nel quale è incluso, è considerata

produttiva per questa ricerca se e solo se essa rende conto contemporaneamente anche

dell’articolazione di una relazione tra vita e morte.

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