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6. Materiali e Metodi

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Academic year: 2021

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5. Premessa

Le Cinque Terre, si trovano lungo la costa, nella provincia di La Spezia. Il territorio delle Cinque Terre presenta un’ inconfondibile fisionomia plasmata dall’ intervento dell’

uomo che, nel corso dei secoli, al fine di strappare alla montagna delle superfici piane da poter coltivare, ha realizzato una fitta rete di terrazze, con una superficie di circa un terzo delle superficie totale del Parco, situata alle quote più basse sino a 400m s.l.m.

Grazie a questa particolare tecnica agricola è riuscito a sfruttare al più possibile questi terreni posti in forte pendenza, sui quali si è da sempre coltivata l’uva e l'olivo. I paesi delle Cinque Terre non nacquero quindi come borghi marinari, bensì come borghi agricoli, costretti a bonificare un territorio che non era naturalmente adatto alla pratica agricola. Gli interventi di trasformazione del territorio avvenuti nei secoli ad opera dell'uomo, con la realizzazione dei muri a secco, hanno assunto un ruolo significativo nella regimazione delle acque anche in relazione alla canalizzazione artificiale delle stesse. Gli abitanti hanno sostituito l'antica vegetazione naturale di questi ripidi declivi con una fitta tessitura di terrazzamenti sorretti da una rete di circa 6.729 chilometri di muretti a secco;

Nel 1999 è stato poi istituito il Parco Nazionale delle Cinque Terre per la conservazione degli equilibri ecologici, la tutela del paesaggio, la salvaguardia dei valori antropologici del luogo. Il Parco Nazionale delle Cinque Terre con i suoi 4.300 ha è il Parco Nazionale più piccolo d’Italia e allo stesso tempo il più densamente popolato, con 5.000 abitanti suddivisi nei cinque borghi.

L’Ente Parco, nel rispetto delle sue finalità istitutive, si propone di applicare principi di sostenibilità alle proprie attività e a quelle affidate a terzi, e a promuovere gli stessi principi nel territorio protetto, coinvolgendo soggetti pubblici e privati.

La complessità orografica ha portato ad una varietà di microclimi con la conseguente diversificazione della vegetazione. I boschi di leccio sono stati in parte sostituiti con fasce coltivate o con altre essenze arboree quali il pino marittimo, il pino di Aleppo, sugheri e castagni. Negli ambienti litoranei crescono il finocchio di mare e il dauco marino vicino al cappero, in passato attivamente coltivato. Negli ambienti rupestri, accanto alla cineraria marina, il senecio bicolore, la ruta, ed altre varietà; nelle fessure più ampie della roccia si trovano l'euforbia arborea e numerose specie tipiche della macchia mediterranea. In tutta la zona sono diffusi arbusteti come rosmarino, timo, elicriso e lavandula. Macchia ad erica arborea e macchia mista, formata da lentisco,

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51 mirto, terebinto, ginestra spinosa, corbezzolo, fillirea e ginepro rosso, creano una boscaglia densa e intricata di liane, tra le quali la salsapariglia, la robbia, la fiammola, l'asparago, il caprifoglio etrusco e marino. Tra le specie avi-faunistiche figurano il gabbiano reale, il falco pellegrino e il corvo imperiale, tra i mammiferi, il ghiro, la donnola, la talpa, la faina, il tasso, la volpe e il cinghiale. Nelle aree boschive è facile ammirare la lucertola muraiola, il ramarro e alcuni serpenti come il biacco, il colubro di Esculapio e la vipera; vicino ai ruscelli vivono rane e salamandre dagli splendidi colori.

Il vero tratto identificativo delle Cinque Terre, è dunque il paesaggio atipico e fortemente antropizzato, ecco perché è anche detto il Parco dell’Uomo.

In altre realtà i parchi nascono con la finalità ultima di difendere l’ambiente naturale sottraendolo all’azione quotidiana dell’uomo, qui la ragione ultima dell’ente è quella di riportare l’uomo a intervenire sul paesaggio coltivandolo e prendendosi cura di esso, ricalcando e riscoprendo i gesti antichi di chi, prima di noi, ha fatto delle Cinque Terre un territorio inserito nella lista dei siti Patrimonio Mondiale dell’Umanità UNESCO. Il Parco Nazionale pone al centro del suo agire la difesa di questa peculiarità la quale, a causa del fisiologico abbandono dell’attività agricola e del territorio da parte di ogni società industriale, dell'invecchiamento della popolazione, ha portato a fenomeni di degrado paesaggistico, il quale è costantemente aggravato dai fenomeni ambientali, quali: l'erosione e i dissesti idrogeologici.

Analizzando nel dettaglio i fenomi che hanno portato questo territorio al degrado paesaggistico, si può notare come gli uni siano strettamente correlati e influenzati degli altri.

Infatti il progressivo invecchiamento della popolazione, l'abbandono del territorio e quindi la scarsità di mano d'opera, sono cause di degrado che si riflettettono direttamente sull'ambiente, inquanto tale ambiente necessita di costante manutenzione e ripristino come nel caso dei muri a secco che sono alla base del sistema dei terrazzamenti, caratteristica per eccellenza di questo territorio.

Le cause che incidono sulla stabilità dei muretti a secco, si possono riscontrare sia a livello abiotico: nell'assetto idrogeologico dell'area, nell'elevata pendenza alla quale sono sottoposti, sia a livello biotico, dove il danno ai muretti è causato dalla fauna selvatica presente nel parco, nello specifico dal cinghiale. Il cinghiale (Sus scrofa L.) è un mammifero artiodattilo della famiglia dei Suidi. Originario dell'Eurasia e del Nordafrica, nel corso dei millenni il cinghiale è stato a più riprese decimato e reintrodotto in ampie porzioni del proprio areale ed anche in nuovi ambienti, dove si è peraltro radicato talmente bene, grazie alle sue straordinarie doti di resistenza ed

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52 adattabilità, che al giorno d'oggi viene considerato una delle specie di mammiferi a più ampia diffusione e risulta assai arduo tracciarne un profilo tassonomico preciso, in quanto le varie popolazioni, originariamente pure, hanno subito nel tempo l'apporto di esemplari alloctoni o di maiali rinselvatichiti.

In Italia è stato reinserito circa nei prima anni settanta a scopo venatorio, ad oggi, sono presenti tre sottospecie sparse in modo lievemente disomogeneo su tutto il territorio:

cinghiale maremmano, sardo e centroeuropeo (la sottospecie nominale).

Il cinghiale è considerato come una delle specie più invasive, che può procurare ingenti danni economici alle colture e all'ambiente. Nel caso del Parco delle Cinque Terre, inizialmente questo animale è stato tutelato, quindi la densità di popolazione di tale esemplare è aumentata tanto da divenire non più sostenibile per tale territorio. Anche se i danni più percepiti dalla popolazione locale sono quelli diretti, inerenti alle colture, (come nel caso dei vigneti) perchè sono tangibili da un punto di vista economico, i danni più rilevanti risultano quelli di tipo indiretto, che avvengono a discapito dell'ambiente. Per esempio i danni da grufolamento distruggono la complessa struttura dei terrazzamenti; quelli dovuti al sentieramento, creano dei percorsi preferenziali per gli animali, inducendo così il compattamento del terreno e creando nuovi canali per le acque piovane che a loro volta inducono un effetto domino sulle terrazze sottostanti.

Un ulteriore aspetto negativo, poco conosciuto, dovuto alla presenza del cinghiale è il legame tra l'animale e la biodiversità. Infatti il cinghiale può influire sulla fitocenosi, modificando il rapporto numerico delle specie presenti nel territorio a causa della pressione selettiva esercitata con il pascolamento, nei confronti della specie appetibili o non appetibili, modificando così l'assetto vegetazione dell'ambiente stesso in cui vive.

Per questi motivi negli anni sono stati studiati vari metodi per il contenimento del cinghiale all'interno di comprensori o delle aree boschive in questo territorio.

Anche il Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare nel 2013 si è interessato alla questione dei cinghiali nei parchi, finanziando un progetto di ricerca per i parchi nazionali come: Cinque Terre, Appennino Tosco-Emiliano, foreste casentinesi, arcipelago toscano, Asinara, Maddalena, Sibillini, Gran Sasso, Maiella, Abruzzo Lazio Molise, Cilento, Appennino lucano e Pollino. Tale progetto denominato “L'impatto del cinghiale sul patrimonio di biodiversità dei Parchi Nazionali Italiani: standardizzazione dei metodi di indagine o monitoraggio e delle attività di prevenzione”, ha lo scopo di trovare un metodo logico e scientifico, capace di descrive e quantificare il danno presente in maniera univoca e ripetibile.

L’obbiettivo dello studio, in considerazione dell'importanza delle problematiche

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53 agroambientali, è stato quello di valutare i diversi aspetti legati alla presenza del cinghiale nel territorio delle Cinque Terre, nonché l’impatto ambientale di tale animale negli ecosistemi individuati. Inoltre sono stati analizzati i piani di intervento e gestione faunistica, al fine di valutare, mediante l’evoluzione dei danni e il ripristino ambientale, se l’entità del prelievo venatorio risulti sufficiente a mantenere l’equilibrio tra l’ambiente e la pressione esercitata dal cinghiale.

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6. Materiali e Metodi

Questo studio è stato svolto nel territorio del Parco Nazionale delle Cinque Terre, a partire dal Gennaio 2013 e si è concluso circa un anno dopo. La sperimentazione è suddivisa in tre distinte fasi.

1. Fase pre-sperimentale, in cui è stata svolta un'indagine riguardante l'intero territorio del parco, per valutare il quadro generale relativo ai diversi aspetti legati all'impatto ambientale del cinghiale.

2. Fase sperimentale, sulla base dell'indagine svolta nella fase pre-sperimentale è stato possibile individuare gli ecosistemi maggiormente sensibili alla presenza del cinghiale: due agroecosistemi, vigneto e oliveto; un ecosistema, il bosco, non recintanti; che sono stati monitorati cadenzalmente.

3. Fase di studio relativo ai dati ottenuti dal piano di gestione del cinghiale, in cui è stata svolta una elaborazione dei dati relativi alle pressioni venatorie esercitate nell'ntero territorio e nello specifico in quello oggetto di studio.

6.1 Fase pre-sperimentale

Con la collaborazione dei tecnici del parco e del Corpo Forestale dello Stato in istanza alle Cinque Terre, sono stati svolti una serie di sopralluoghi delle diverse zone del parco, per effettuare un'indagine conoscitiva delle problematiche riguardanti i diversi aspetti relativi alla presenza dei cinghiali all'interno del parco. In questa fase sono stati inoltre individuati ecosistemi o agroecositemi in cui fosse maggiormente rilevante la presenza del cinghiale. Sono stati selezionati alcuni siti su cui rivolgere la sperimentazione, oggetto di questo elaborato, descritto nella fasi successive. Quindi lo studio si è focalizzato sulla ricerca, valutazione e caratterizzazione di una serie di danni diretti causati dal cinghiale rivolti:

 al suolo: come il grufolamento o effetto rooting, danni da sentieramento e scavi;

 alla vegetazione presente: come danni da scortecciamento, ai cotici erbosi, alle piante in generale;

 ai muri a secco: causati dal grufolamento o dal sentieramento.

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6.2 Fase sperimentale

Sulla base dei risultati della fase precedente è scaturito che la situazione relativa al degrado ambientale, causato dal cinghiale fosse più evidente in tre principali ecosistemi:

 agroecosistema vigneto,

 agroecosistema oliveto ,

 ecosistema bosco.

Sono stati presi in considerazione questi tre differenti ecosistemi e/o agroecosistemi nel comune di Riomaggiore, nella frazione di Manarola e Volastra, per ciascuno sono stati individuati due siti, ottenendo così uno schema sperimentale di questo tipo (fig.11).

Ecosistemi Sito 1 Sito 2 Agroecosistema

vigneto

A1 A2

Agroecosistema oliveto

B1 B2

Ecosistema bosco

C1 C2

Fig. 11 Distribuzione dei siti in base agli ecosistemi.

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56 Le località scelte sono state le seguenti.

 Per i vigneti: Manarola, una piccola frazione del Comune di Riomaggiore, a 200m s.l.m.

 Per il bosco: Volastra, una piccola frazione del Comune di Riomaggiore.

 Per gli oliveti: Volastra, una piccola frazione del Comune di Riomaggiore.

I siti venivano monitorati e fotografati ogni 40 giorni circa per un totale di 10 sopralluoghi avvenuti nell'arco di un anno, dal Marzo 2013 a Gennaio 2014. E' inoltre stato valutato il ripristino e quindi la reazione dei siti alla pressione/non pressione del cinghiale e la resilienza nel caso del bosco, valutando qualitamente le specie che si sono sviluppate.

Nei sistemi coltivati è stata inoltre valutata l'influenza del fattore umano e talvolta l'assenza di tale fattore, sia prendendo in considerazione gli interventi alle colture, sia gli interventi sui danni all'ambiente, come nel caso dei muri e secco e nel caso dei sentieri fatti dai cinghiali.

L'entità del danno è stata poi parametrizzata con valori numerici da 0 a 4.

Nel caso dei muri a secco sono stati attribuiti i seguenti valori in base ai danni riscontrati:

 il valore '0' è stato attribuito a 'nessun danno rilevato' oppure ad un danno completamente ripristinato;

 il valore '1' è stato attribuito ad un danno ai muri a secco relativo alla sola zona apicale ( 1/4 del muretto dannaggiato);

 il valore '2' è stato attribuito ad un danno che ha portato al crollo della metà del muro a secco;

 il valore '3' è stato attribuito ad un danno che ha portato ala distruzione quasi completa del muro;

 il valore '4' è stato attribuito a i muretti a secco completamenti distrutti.

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57 Nel caso dei danni da sentieramento sono stati attribuiti dei valori numerici in base ai seguenti parametri:

 il valore '0' è stato attribuito a 'nessun danno rilevato' oppure ad un danno completamente ripristinato;

 il valore '1' è stato attribuito a un danno che interessa 1/4 della superficie considerata;

 il valore '2' è stato attribuito a un danno che interessa 1/2 della superficie considerata;

 il valore '3' è stato attribuito ad un danno che interessa 3/4 della superficie considerata;

 il valore '4' è stato attribuito ad un danno che interessa la totalità della superficie considerata.

Nel caso dei danni da grufolamento:

 il valore '0' è stato attribuito a 'nessun danno rilevato' oppure ad un danno completamente ripristinato;

 il valore '1' è stato attribuito a un danno che interessa 1/4 della superficie considerata;

 il valore '2' è stato attribuito a un danno che interessa 1/2 della superficie considerata;

 il valore '3' è stato attribuito ad un danno che interessa 3/4 della superficie considerata;

 il valore '4' è stato attribuito ad un danno che interessa la totalità della superficie considerata.

Nel caso di danni alle specie arboree:

 il valore '0' è stato attribuito a 'nessun danno rilevato' oppure ad un danno completamente ripristinato;

 il valore '1' è stato attribuito a un danno che interessa la corteccia di 1/4 delle specie presenti;

 il valore '2' è stato attribuito a un danno che interessa la corteccia di 1/2 delle specie presenti;

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 il valore '3' è stato attribuito ad un danno che interessa la corteccia di 3/4 delle specie presenti;

 il valore '4' è stato attribuito ad un danno che interessa la totalità della superficie considerata.

Quindi sono stati scelti come riferimento per questo studio, monitorati e valutati i seguenti ecosistemi: ecosistema A=vigneto, ecosistema B=oliveto, ecosistema C=bosco.

Ecosistema 'A'

Il primo agroecosistema, ubicato a Manarola, è costituito da due vigneti con vegetazione rigogliosa denominati sito A1(foto n.1) e sito A2 (foto n.2). Si trovano vicino alla costa, confinanti entrambi superiormente e inferiormente con altri vigneti, mentre lateralmente i due siti confinano con la macchia locale da entrambi i lati.

I due vigneti coltivati a pergola bassa, talvolta bassissima (70-150cm) erano disposti su terrazzamenti alti 1-2m, con piane di 3-4m.

I due siti si trovano alla stessa quota altimetrica, a circa 200m slm. L'accesso a tali siti era consentito esclusivamente tramite piccoli sentieri e scalinate con segni evidenti di degrado. Entrambi i siti presentavano danni ai muri a secco, un solo sito presentava danni da grufolamento del suolo con distruzione del cotico erboso, mentre entrambi presentavano evidenti segni di sentieramento.

Fotografia n.1 Sito A1

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59 Ecosistema 'B'

L'ecosistema 'B' è un' agroecosistema costituito da due siti B1(foto n.3) e B2 (foto n.4) rappresentati da due oliveti, entrambi molto curati, con suolo inerbito, ubicati nella frazione di Volastra a 330m slm. L'altezza delle terrazze in entrambi è siti di 1,5-2 m, mentre le piane hanno un estensione di 5-6m.

Gli oliveti sono ubicati entrambi su ampi terrazzamenti; benchè fossero evidenti i segni della presenza del cinghiale, i muri a secco e le piante presenti non riportavano evidenti danni.

Inoltre, in entrambi i siti è stata notata una grande presenza di licheni sui tronchi di olivo che evidenziano la totale assenza di danni da scortecciamento. Va però segnalato che tutte le piante erano completamente prive di pollini basali, presumibilmente distrutti dal cinghiale, poiché gli olivi delle zone individuate avevano spollonature. Il suolo, invece, mostrava evidenti segni di grufolamento e sentieramento, i muri a secco presenti risultavano anch'essi danneggiati.

Fotografia n.2 Sito A2

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Fotografia n.3 Sito B1

Fotografia n.4 Sito B2

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61 Ecosistema 'C'

L' ecosistema 'C' è rappresentato da un bosco, nel quale sono stati individuati due siti definiti: sito C1 e C2 (foto n.5). Si trovano a quota leggermente superiore rispetto ai siti dell'uliveto, nel rispetto della classica disposizione altimetrica della vegetazione di montagna, dove il bosco si trova al di sopra dell'oliveto. L’ecosistema C è situato a Volastra e presenta rispetto agli altri ecosistemi A e B, una situazione completamente differente. Il terreno si presenta, contrariamente agli altri ecosistemi, privo di terrazzamenti, ma con superficie inclinata in parte ciglionata in prossimità dei sentieri. Il bosco al contrario del vigneto, risulta privo di cotico erboso con scarse essenze di sottobosco a causa dell'elevata presenza di cinghiali. Le pricipali specie arboree presenti erano: il leccio, il castagno e il pino.

Le specie arbustive erano presenti soprattutto lungo i bordi dalla strada dal lato adiacente al bosco ed erano rappresentate prevalentemente da ginestra dei carbonai, erica arborea, valeriana e felci.

Confinante con la strada carrabile, dal lato opposto al bosco di riferimento, era presente un'area boschiva recintata, non accessibile al cinghiale e quindi non disturbata, che è stata utilizzata per il confroto tra le specie vegetali presenti o assenti nelle due aree boschive.

Fotografia n.5 Siti C1 e C2

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Nei tre ecosistemi (sei siti) considerati sono stati effettuati controlli periodici, tramite sopralluoghi in cui sono stati svolti i seguenti rilievi sperimentali:

 rilievi fotografici, effuttuati nei medesimi luoghi, per valutare l'evoluzione degli eventuali danni;

 rilievi riguardanti i danni sulla specie arboree (compresi scortecciamento e scalzamento radicale;

 valutazioni in merito all'evoluzione floristica del sottobosco, evidenziando la distribuzione delle piante esistenti o la rinascita di nuove essenze, mediante opportuna classificazione;

 valuazione dei danni ai muri a secco considerando il progredire della gravità dei danni e del loro numero;

 valutazione del ripristino antropico dei muri a secco, valutando inoltre la stabilità di tale ripristino nel tempo.

Sono stati inoltre contattati i viticoltori locali, propritari dei siti considerati, per conoscere le problematiche relative ai danni al raccolto evidenziati durante la fase di fruttificazione delle colture.

6.3 Fase di studio dei dati ottenuti dal ‘Piano di gestione del cinghiale’

Il piano di studio del cinghiale è stato effetuato dai tecnici del Parco ed è riportato nel testo: "PIANO DI GESTIONE DEL CINGHIALE". Tale piano riporta i dati relativi all'anno 2013. Lo studio di questo elaborato è stato molto importante perché ci ha consentito di valutare gli interventi effettuati per la gestione del cinghiale all'interno del Parco durante l'anno. E' stato possibile confrontare i risultati del piano di gestione con i dati ottenuti durante la sperimentazione, e quindi di valutarne l'efficacia dei relativi metodi di contenimento e controllo svolti dal parco, per stabilire praticamente se il prelievo venatorio effettuato è stato efficace a riportare e mantenere l'equilibrio tra ambiente e cinghiale nel territorio, o se invece necessitasse di interventi più drastici.

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63 Sono stati quindi elaborati i dati inerenti agli abbattimenti previsti nel Parco nell'intero conpresorio, sia quelli specifici del comune di Riomaggiore, dove erano situati i siti soggetti alla sperimentazione, classificandoli per sesso e per fascia di età. Inoltre, sulla base dei dati morfometrici dei capi abbatuti ( peso vivo e lunghezza del tronco ) è stato possibile caratterizzare i soggetti presenti nel Parco dal punto di vista fenotipico, suddividendoli per fasce di età e per sesso.

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7. Risultati e Discussioni

7.1 Fase pre-sperimentale

Dai sopralluoghi effettuati, per valutare la situazione generale relativa all’impatto ambientale, causato dalla presenza di cinghiali all’interno del parco delle Cinque Terre, è emerso, innanzi tutto, che benché tutto il territorio risulti interessato da problematiche derivate dalla presenza dei questo ungulato, sussistono sostanziali differenze tra i vari tipi di danno osservati nelle diverse zone.

Il primo sopralluogo nel territorio delle Cinque Terre è avvenuto nel mese di Gennaio 2013 dove è stato visionato l'intero comprensorio, tale zona risulta soggetta alla presenza del cinghiale, in cui causa i seguenti danni da:

 brucatura;

 rooting o grufolamento;

 sentieramento;

 scortecciamento;

 scavi nel terreno.

L’entità dei danni causati dai cinghiali dipende essenzialmente da 2 fattori.

1. Caratteristiche agro-ambientali del sito (orografia, tipo di vegetazione presente, ecc…)

2. Densità animale. L’impatto maggiore è stato riscontrato ove i cinghiali hanno raggiunto una concentrazione molto elevata rispetto alla ‘capacità portante’ del territorio ossia la densità animale sostenibile e in equilibrio con l’ambiente.

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65 La zone che presentano evidenti segnali di degrado sono quelle terrazzate situate a quote più basse ( fino a 450-500 m slm ) e generalmente destinate a coltivazioni arboree (viti e olivi). In particolare negli agroecosistemi viticoli i danni ai muri a secco ad alle colture sono talvolta molto gravi, che molti vigneti si trovano in stato di abbandono e quelli coltivati sono quasi tutti recintati con recinzioni comprensoriali o parcellari.

Sebbene i danni alla coltivazione siano quelli più “sentiti” dalle popolazione, perché provocano ingenti perdite economiche, quelli più gravi sono sicuramente quelli ambientali ed in particolare quelli riferiti ai danni ai muri a secco.

I risultati emersi da questa fase di studio pre-sperimentale, sono che la situazione ambientale al livello del parco si mostra aggravata dall'effetto 'domino' dovuto alla combinazione dei danni causati dal cinghiale con gli effetti idegeologici.

Sono stai analizzati i seguenti fattori che evidenziano la situazione di degrado:

1. i canali di scorrimento delle acque piovane, 2. il degrado dei muri a secco,

3. l'assetto vegetazionale riferito alle piante spontanee, 4. l'aspetto delle colture,

5. il sentieramento e il grufolamento come danno diretto dovuto ai cinghiali.

Questi canali si generano dalla caduta di un muro a secco dovuto a fattori ambientali, a causa dell'erosione del suolo, a causa del cingliale nel caso in cui abbia creato dei sentieri preferenziali per il suo transito, oppure nel caso in cui abbia causato direttamente il crollo dello stesso muro a secco in seguito al grufolamento.Tali canali risultano difficilmente ripristinabili, sia per motivi economici che tecnico-logistici perchè tali zone risultano difficilmente raggiungibili dai mezzi meccanici, inoltre la mancanza di mano d'opera e gli ingenti costi del pitrame e dei trasporti, possibili solo per via aerea, non fanno altro che incrementare la difficoltà di un ripristino repentino da parte dei privati.

Questo tipo di danno risulta lento e progressivo, quindi trasmette come una sensazione di degrado ambientaleaccettato e poco percepito dalla popolazione.

Il cinghiale risulta la principale causa del crollo dei muretti a secco, inquanto questi utilizza il grifo per raggiungere i piccoli animali, insetti o i bulbi di piante poliennali, presenti all'interno del muro oppure lungo la parte pianeggiante della terrazza, e come se fosse una leva usa il muso per scalzare le pietre, oppure grufola lungo la piana, dissestandone così la struttura.

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66 A causa degli stessi motivi elencati nel paragrafo precedente, spesso tali muri non vengono ripristinati, quindi le buche che si formano non vengono arrestate, ma progrediscono creando così un effetto 'domino' che espande tale situazione di degrado anche alle zone adiacenti.

Sul territorio del Parco sono presenti oltre 6000km di muretti a secco ed in molte zone esistono segnali allarmanti legati loro degrado operato dai cinghiali, che talvolta in mancanza di interventi può determinare la distruzione totale.

I muri a secco rappresentano un elemento di fondamentale importanza per la protezione dell’ambiente, per la loro funzione di contenere il terreno altrimenti soggetto a rischio di erosione e smottamento per la declività delle superfici.

Pertanto la distruzione di questi muri a secco può creare grossi problemi idro-geologici, poiché il terreno non più sorretto tende a franare. Inoltre punti dove il muro è crollato si creano dei cunei di scorrimento delle acque idrometeoriche che, accelerando i fenomeni di smottamento, determinare il crollo dei muri sottostanti innescando pericolosi meccanismi a catena (effetto domino).

Inoltre un altro aspetto importante riguarda la difficoltà ripristino delle strutture danneggiate .

La ricostruzione dei muri a secco il più delle volte è impossibile, o per la difficoltà di trovare personale specializzato e per il troppo elevato costo della manodopera anche perché le zone colpite sono inaccessibili con mezzi i meccanici necessari per il trasporto delle pietre.

Riguardo le modalità di distruzione dei muri a secco da parte dei cinghiali, contrariamente a quanto riportato in letteratura, in cui si afferma che l’attacco ai muri parte dalla base, è stato da noi osservato come gli animali demoliscano il muro, partendo dall’alto verso il basso. Questa costatazione, deriva dall’osservazione di zone terrazzate danneggiate , in cui è stato visto come in molti casi era stata rimossa solo la parte superiore del muro a secco, mentre la base era ancora intatta. Ciò può essere spiegato dal fatto che la parte basale dei muri a secco è difficilmente “attaccabile”dagli animali perché costruita con pietre più grosse infisse in parte nel terreno e molto difficilmente rimovibili per la folte pressione esercitata dalle pietre sovrastanti.

La parte apicale del muro, invece, è formata solitamente da pietre più piccole e più facilmente rimovibili dagli animali che utilizzano il grifo a mo’ di leva per scalzare e sollevare le pietre gettandole verso valle.

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67 La distruzione dei muri a secco da parte dei cinghiali viene effettuata a causa del continuo passaggio degli animali, ma soprattutto per la ricerca di alcuni alimenti loro molto graditi che si trova all’interno del muro, tra le pietre. La sommità dei muri a secco è di solito ricoperta da terreno che non viene mai rimosso con le lavorazioni, e pertanto ospita in abbondanza apparati radicali di piante poliennali (bulbi, rizomi) , larve ed insetti, animali terricoli ecc., che i cinghiali dotati di un ottimo odorato, individuano e si nutrono.

Nel caso delle specie erbacee i danni diretti causati dal cinghiale sono stati effuttuati mediante brucatura, grufolamento, scavi e sentieramento, quindi compattamento. Tutto ciò ha causato nelle zone visionate che presentavano tali danni, assenza di cotico erboso nel caso di sentieramento e grufolamento, parziale presenza di cotico erboso nel caso di danni dovuti a scavi e brucature.

Nel caso delle specie arboree i danni subiti sarebbere potuti essere di tipo sia diretto che indiretto.

Come danni diretti sono stati notati quelli causati dallo scortecciamento, un'abitudine comportamentale tipica del cinghiale, che tende a strofinare ripetutamente la proprio schiena contro i trochi degli alberi per liberarsi dagli ectoparasiti, e cosi causa la perdita della corteccia degli alberi. Questo tipo di danno risulta gravoso per l'ambiente, qualora la densità di popolazione sia elevata, infatti questo tipo di danno è strttamente correlato al numero di capi presenti in una determinata area. Un danno indiretto alle specie arboree è invece il grufolamento, qualora risulti così ingente, t da rendere visibile l'apparato radicale delle piante, ma tale danno non è stato riscontrato in questi luoghi.

I danni alle piante arboree sono invece di modesta entità è riguardano sporadici scortecciamenti e scalzamenti dovuti a scavi localizzati in prossimità delle radici delle piante. In questi ambienti forestali, dove il suolo generalmente è molto declive perché privo di terrazzamenti, il cinghiale può determinare un forte aumento del rischio di erosione e dissesto idrogeologico per la distruzione degli inerbimenti, la rarefazione delle essenze arbustive del sottobosco, e la rimozione della lettiera di foglie che rappresentano importanti fattori antierosivi. La mancanza di copertura vegetale erbacea, arbustiva e di lettiera (mulching) determinano un aumento dell’ azione battente della pioggia che determina un distacco delle particelle terrose e un aumento della velocità di scorrimento superficiale delle acque idrometeoriche, con forti asportazioni di terreno.

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68 I fenomeni erosivi e di dissesto idrogeologico (frane, smottamenti) risultano maggiormente aggravati, dal fatto che il terreno risulta meno poroso e impermeabile all’acqua, perché compattato oppure pechè spesso superficialmente rimosso dall’azione di grufolamento e non più trattenuto dall’apparato radicale delle essenze del sottobosco.

Sono state notate differenti zone nel Parco che mostravano colture di diverso tipo, alcune presentavano recinzioni di tipo parcellari, e quindi instituite da privati, e altre comprensoriali, quindi previste dal parco che quindi in generale zone di esclusione per il cinghiale. Prendendo contatti anche con i proprietari delle coltivazioni, è emerso che i fili eletrrificati o pastori elettrici, risultano meno costosi rispetto ad altre soluzioni, ma richiedono una costante manutenzione, quindi risutano poco efficaci ed efficienti nelle zone boschive, mentre sono i favoriti nel caso di recinzioni per privati; anche l'adozione di recinzioni con maghie di accaio risulta poco efficiente, sopratutto se non interrate;

occorrono quindi reti elettrosaldate da edilizia, interrate, poste in lontanaza rispetto alla zona coltivata, cosicchè il cinghiale non sia indotto all'attravesamento delle stesse.

Sempre nelle zone terrazzate soggette a coltivazioni viticole e olivicole è stato osservato come l’impatto ambientale provocato dai cinghiali, non sia dovuto unicamente all’esigenza degli animali di procurarsi il cibo, ma anche ad altri comportamenti, legati sia ad istinti naturali, quali grattarsi sui tronchi o fare bagni di terra o fango, sia ad abitudini particolari quale camminare sempre lungo gli stessi tracciati (sentieramento).

Anche il grufolamento, che rappresenta il maggior fattore di danni al suolo, non viene effettuato esclusivamente allo scopo di ricercare cibo nel terreno, ma è in realtà un comportamento istintivo, in parte condizionato dalle esigenze alimentari e in parte dalla necessità di esplorare e conoscere il territorio..

Il grufolamento è l'elemento più significativo della presenza del cinghiale, infatti è un elemento tipico dell'abitudine alimentare della specie. Con il grufolamento, detto anche 'effetto rooting' si ha una sommovimentazione degli strati superficiali del terreno, in cui l'animale usa il muso o grifo, per creare dei solche nel terreno, al fine di alimentarsi o semplicemente come inclinazione comportamentale, conoscitiva del territorio e quindi con fine esplorativo, infatti questo comportamento è stato riscontrato anche in individi sovralimentati e quindi sazi.

Questo rimescolamento del terreno lo rende molto vulnerabile all'erosione e a fanomi di idrometerismo, a causa inoltre dell'assenza di cotico erboso. Questo tipo di danno è stato frequentemente riscontrato nel territrio soggetto di studio, assieme ai danni causati dal sentieramento.

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69 I suidi camminano in percorsi preferenziali, creando così zone con maggiore compattamento, di tipo lineare, particolarmente dannoso nel caso di terreni declivi, perchè provoca dei canali preferenziali per i corsi d'acqua in caso di piogge.

In conclusione, i danni provocati dai comportamenti istintivi sono maggiormente correlati alla densità animale, rispetto ai danni provocati per la ricerca del cibo (come il brucamento degli apici vegetativi, dei frutti ecc.) che possono ingenti anche se prodotti da pochi individui. Infatti uno o due cinghiali affamati possono in una sola notte, provocare la distruzione di un intero ettaro di vigneto, mentre per avere significativi danni “comportamentali”: da calpestamento o da grufolamento sulla stessa superficie, occorre un tempo maggiore e un numero più elevato animali.

Gli stessi danni “comportamentali” (sentieramento, grufolamento, scortecciamento) sono stati rilevati con maggiore intensità in ambiente boschivo, per la maggiore presenza dei cinghiali in questo habitat particolarmente idoneo a questa specie animale.

Nonostante ciò l’impatto sugli ecosistemi boschivi è per il momento di modesta entità e non molto esteso alle piante arboree. I danni riguardano soprattutto la copertura vegetale erbacea, spesso totalmente assente, mentre la vegetazione del sottobosco risulta danneggiata solo parzialmente. Infatti i cinghiali essendo molto selettivi nella ricerca del cibo, consumano essenzialmente le essenze più gradite, scartando quelle che per diverse ragioni risultano meno appetibili. Questo tipo di pressione selettiva può avere un impatto rilevante sulla fitocenosi, per la riduzione della ricchezza delle specie vegetali (biodiversità).

E’ stato, infine, osservato che i sentieri provocati dal compattamento del suolo, causato dal passaggio dei cinghiali, in caso di pioggia, si trasformano in piccoli corsi d’acqua, la quale scorrendo in modo torrentizio e privo di regimazione verso valle, rappresenta un elemento di disturbo per la stabilità idrogeologica del territorio.

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