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La tesi è stata redatta con la collaborazione del Consorzio di Bonifica n.3 Medio Valdarno (ex Consorzio di Bonifica Toscana Centrale).

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Introduzione

La tesi è stata redatta con la collaborazione del Consorzio di Bonifica n.3 Medio Valdarno (ex Consorzio di Bonifica Toscana Centrale).

Il lavoro di tesi si basa sull’analisi del reticolo idraulico della zona “Il Piano” nel comune di Casole d’Elsa (SI), con lo scopo di proporre soluzioni alle eventuali criticità riscontrate e scaturisce dalla volontà del Consorzio di Bonifica di pianificare in modo organico e completo la manutenzione ordinaria, e di attuare in futuro interventi di manutenzione straordinaria e di mitigazione del rischio idraulico.

Il reticolo presente nell’area oggetto di studio è formato da una serie di corsi d’acqua provenienti dai versanti collinari che la circondano e che confluiscono l’un con l’altro all’altezza della zona industriale. I maggiori corsi d’acqua sono il Borro di Fontelata, che scorre nel suo alveo naturale, il Fosso Maestro e il Botro Maestro Casole che sono leggermente pensili e contribuiscono a trasportare a valle le acque piovute sul versante collinare (acque alte), mentre le precipitazioni cadute sulla parte pianeggiante, viene smaltita dall’articolato reticolo minore (sistema delle acque basse). Dalla confluenza dei corsi d’acqua sopracitati ha origine il Botro degli Strulli, affluente in riva sinistra del Fiume Elsa.

La zona “Il Piano” in passato era prevalentemente destinata ad uso agricolo, ma negli ultimi trent’anni è stata interessata da una crescente urbanizzazione in seguito alla nascita della zona industriale, motivo per il quale è stato deciso di tombare alcuni tratti dei corsi d’acqua minori. Anche a causa di queste alterazioni, in presenza di piogge abbondanti, si verificano fenomeni di allagamento, talvolta considerevoli come il recente evento del 21 ottobre 2013 che ha causato allagamenti diffusi coinvolgendo soprattutto le aree interessate da attività produttive.

Il presente studio ha lo scopo di determinare le aree allagabili allo “stato attuale”,

formulando ipotesi diverse per lo studio idrologico, la costruzione del DTM e le curve di

invaso, rispetto a quelle dello Studio Idrologico-Idraulico a supporto alla Variante al

Regolamento Urbanistico, confrontandone i risultati ottenuti. Successivamente, osservate

le criticità esistenti, sono state ipotizzate le possibili soluzioni al fine di mitigare il rischio

idraulico nelle zone interessate da aree edificate e da previsioni di completamento,

attraverso una serie di interventi progettuali diffusi, come ad esempio la risagomatura delle

sezioni, la riprofilatura del fondo alveo, l’ampliamento degli attraversamenti già esistenti

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Introduzione

(ponti e tombini), uniti ad interventi volti alla laminazione delle piene, tipo casse di espansione in linea e derivazione.

In sostanza il presente lavoro si articolerà nelle seguenti fasi:

- Inquadramento geografico, normativo e storico per la zona oggetto di studio;

- Costruzione del modello idrologico mediante l’utilizzo del software HEC-HMS allo scopo di determinare gli input idrologici da inserire successivamente nello studio idraulico;

- Costruzione del modello idraulico dello “stato attuale” mediante l’utilizzo del software HEC-RAS e successiva determinazione della mappa di allagabilità sia con l’applicazione in ambiente GIS denominata HEC-GeoRAS (metodo oggettivo) che con un metodo manuale (metodo soggettivo);

- Implementazione di varie ipotesi progettuali nel modello idraulico ai fini della mitigazione del rischio idraulico per le aree interessate da insediamenti produttivi come la zona Nord dell’area industriale e nella parte Sud del Piano di Casole, e successiva determinazione della mappa di allagabilità allo Stato di Progetto con un metodo manuale (metodo soggettivo);

- Determinazione degli interventi urgenti da fare nel reticolo idraulico studiato,

riportati per intero nella Tavola 9 “Quadro degli Interventi di Manutenzione

Ordinaria e Straordinaria”.

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I Consorzi di Bonifica

A partire dall’Unità d’Italia fino ai nostri giorni, si contano molte leggi nazionali riguardanti il tema della “bonifica”. Nella presente tesi non si descrive tutta la cronistoria delle leggi che si sono succedute negli anni nel panorama nazionale (Legge Baccarini n.

269/1882, R.D. n. 215/1933 detto Legge Serpieri, ecc...), ma vengono considerate le leggi della Regione Toscana ed in particolar modo le due recenti leggi pioniere della riforma nella bonifica emanate secondo le linee guida delle leggi europee e nazionali.

Inquadramento Normativo precedentemente in vigore (L.R.T. n. 34/94)

A seguito della istituzione delle Regioni a statuto ordinario il legislatore, con D.P.R. n.

616/1977, in attuazione della delega contenuta nell'art. 1 della Legge n. 382/1975, ha provveduto a disciplinare il trasferimento e le deleghe delle funzioni amministrative alle Regioni nelle materie indicate nell'art. 117 della Costituzione, fra le quali figura quella della "agricoltura e foreste" nel cui ambito è compresa la bonifica.

La Regione Toscana è intervenuta in tema di bonifica con due atti legislativi fondamentali:

la L.R.T. 83/1977 e la L.R.T. n. 34/1994 “Norme in materia di bonifica” che sostituisce la precedente.

I Consorzi di bonifica rappresentano un unicum nel panorama istituzionale italiano. Sono infatti persone giuridiche pubbliche a struttura associativa e di autogoverno, amministrati da organi democraticamente eletti dai consorziati e concreta espressione di sussidiarietà nel rispetto del principio costituzionale.

L' articolo 1 della citata Legge 34/1994 definisce il campo di “attività della bonifica”

riconosciuta come “il complesso degli interventi finalizzati ad assicurare lo scolo delle acque, la salubrità e la difesa idraulica del territorio, la regimazione dei corsi d'acqua naturali, la provvista e la razionale utilizzazione delle risorse idriche a prevalenti usi agricoli in connessione con i piani di utilizzazione idropotabile ed industriale, nonché ad adeguare, completare e mantenere le opere di bonifica e di irrigazione già realizzate".

Secondo l’Art. 2, comma 2, costituiscono inoltre opere di bonifica gli interventi volti ad assicurare la stabilità dei terreni declivi ed a realizzare infrastrutture civili.

La legge, oltre ad individuare il complesso degli interventi finalizzati alla bonifica, riconosce la necessità di strumenti previsionali quali i “piani generali di bonifica” (art. 2).

A riguardo gli articoli 8, 9, 10 definiscono i contenuti del piano generale di bonifica, la

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Introduzione

tipologia delle opere con finalità di bonifica ed infine le procedure di redazione ed approvazione del piano stesso.

Nei titoli III (Soggetti) e IV (Disciplina dei Consorzi di Bonifica), vengono chiariti i ruoli dei diversi soggetti coinvolti nelle attività di bonifica e stabilita la struttura organizzative e di autogoverno dei consorzi. In particolare viene stabilito che le funzioni amministrative di competenza regionale in tema di bonifica, ivi comprese le funzioni di vigilanza e controllo sui consorzi di bonifica, sono esercitate dalle Province (art. 11). Viene inoltre ribadito il carattere di persona giuridica pubblica dei Consorzi di Bonifica i quali concorrono con la Regione e con gli enti locali a perseguire le finalità della bonifica. Secondo l’art. 12, comma 2, l’attività dei Consorzi provvede:

- ad elaborare le proposte di Piano Generale di Bonifica e contribuire alla predisposizione dei programmi regionali di cui agli artt. 8 e 33 della L.R.T. 34/94;

- a progettare e, su concessione della provincia, a realizzare le opere pubbliche di bonifica nonché la loro gestione, ai sensi dell’art. 44;

- alla prevenzione del rischio idraulico sui corsi d'acqua ricadenti nel comprensorio mediante: I) la manutenzione ordinaria e straordinaria, e l'esercizio delle opere di bonifica, nonché la manutenzione delle opere idrauliche nei corsi d'acqua naturali, nel rispetto di quanto disposto dalla vigente legislazione statale e regionale; II) azioni di monitoraggio ambientale; III) la collaborazione con gli Enti competenti per la definizione dei piani di protezione civile e la loro attuazione;

- a collaborare con gli Enti Locali su problematiche di interesse comune in particolare inerenti l'assetto del territorio come attività di studio per gli atti di pianificazione urbanistica dei Comuni (anche, su concessione, elaborando progetti di opere, realizzandole, dirigendone l'esecuzione);

- a progettare e realizzare le opere di competenza privata, per incarico degli interessati;

assistere la proprietà consorziata nell'attuazione degli interventi di miglioramento fondiario;

- ad esercitare le funzioni di consorzio idraulico di difesa e di scolo ai sensi dell’art. 59, secondo il quale ai consorzi di bonifica sono state affidate le funzioni dei soppressi consorzi idraulici di terza, quarta e quinta categoria, affidatari della manutenzione di dette opere ai sensi del R.D.523/1904;

- a svolgere secondo normativa le funzioni affidate dagli Enti e/o derivanti da

avvalimenti, in materia di opere idrauliche;

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- a produrre iniziative per la valorizzazione economico - agraria e ambientale del comprensorio;

- alla formulazione di programmi di tutela nonché alla gestione e conservazione di aree di particolare pregio ambientale, unitamente agli altri soggetti competenti;

- a proporre e realizzare, in collaborazione con gli altri enti e istituzioni competenti, interventi di tutela, salvaguardia e valorizzazione del patrimonio storico, archeologico ed ambientale, costituito da antiche strutture e manufatti appartenenti alle sistemazioni idrauliche ed irrigue presenti nel territorio;

- a intervenire nei momenti di emergenza con piani di reperibilità sulle 24 ore in caso di allerta meteo.

L’art. 16 parla del Contributo Consortile che deve essere pagato dai cittadini consorziati proprietari di immobili e terreni, il quale è finalizzato al finanziamento delle attività di manutenzione e gestione delle opere e degli impianti di bonifica.

Il contributo viene imposto annualmente a ogni consorziato secondo l’entità del

"beneficio" che il suo immobile (terreno o fabbricato) riceve dall’attività del Consorzio, così come prevede la legge. In sintesi per individuare il beneficio e il contributo da applicare si procede come segue:

- il Consorzio elabora il “Piano di Classifica” che definisce gli indici tecnici di beneficio per ogni sistema idraulico e/o centro di costo all’interno del perimetro di contribuenza ogni anno, il Consorzio redige il bilancio di previsione delle spese da sostenersi nel corso dell’anno successivo e individua quindi, in funzione delle necessità tecnico-programmatiche, le entrate per fare fronte a tali spese, ovvero la quota complessiva dei contributi consortili a carico dei consorziati;

- si procede al piano di riparto annuale delle spese sostenute dal Consorzio per la suddivisione dei costi fra tutti i proprietari di immobili e terreni, secondo il beneficio da calcolarsi sulla base dei seguenti riferimenti: l’indice tecnico (variabile da zona a zona); la rendita catastale dell’immobile urbano e reddito domenicale dei terreni; i costi delle attività del Consorzio nel sistema idraulico nel quale è collocato il fabbricato o terreno in questione.

Il contributo di bonifica costituisce onere reale sugli immobili ed è esigibile ai sensi dell’art. 21 del R.D. 13 Febbraio 1933 n. 215.

La legge regionale 34/94 suddivide il territorio toscano in 41 comprensori di bonifica,

definiti con riferimento ai bacini idrografici e non ai confini amministrativi e affidati a 13

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Introduzione

consorzi di bonifica regionali, 7 consorzi di bonifica interregionali e 13 Unioni dei Comuni.

Tabella 1 - Qualche numero sui consorzi di bonifica - anno 2012

Superficie gestita 10.947 Kmq (47% Toscana)

Consorziati 1.286.000

Contribuenza €56.391.000

Superficie irrigua consortile 13.194 ettari Casse d'espansione e altre opere gestite 2302

Impianti idrovori gestiti 65

Reticolo idrografico in gestione 12.443km

Figura 1 - Comprensori e consorzi di bonifica secondo la L.R.T. 34/94

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La Bonifica che cambia secondo la L.R.T. n.79/2012

Le Regioni continuano ad apportare innovazioni legislative in materia di bonifica. In Toscana la legge di riferimento è la L.R.T. n.79/2012 che abroga la legge n.34/1994, una norma a suo tempo rivoluzionaria. La suddetta legge riforma la materia della bonifica secondo alcuni principi guida:

- L’attività di bonifica comprende tutte le azioni relative alla messa in sicurezza idrogeologica del territorio e alla gestione e manutenzione dei corsi d’acqua e delle relative opere;

- Tutta la regione viene affidata a 6 nuovi consorzi di bonifica con il superamento del sistema duale Consorzi-Comunità Montane;

- La Regione affiderà ad ogni Consorzio la gestione di un reticolo idrografico individuato su base cartografica indipendentemente dalle classifiche di cui ai R.D. n. 523/1904 e 368/1904;

- Il tributo di bonifica sarà applicato in maniera omogenea su tutto il territorio regionale sulla base di nuovi piani di classifica, basati su un Piano di Classifica tipo approvato dalla Regione;

- I Consorzi gestiranno in forma associata molte attività per garantire la presenza capillare sul territorio e allo stesso tempo per produrre economie di scala.

Le attività di bonifica e le opere di bonifica, enunciate rispettivamente nell’art.2 e nell’art.3 della presente legge, sono le stesse della legge n.34/94, e quindi non vengono riportate.

L’art. 5 tratta del fatto che tutto il territorio regionale è classificato di bonifica ed è suddiviso nei comprensori di bonifica di cui all’Allegato A (passando dai 41della Legge n.

34/94 agli attuali 6), che non tengono conto dei confini amministrativi, ma costituiscono

"unità idrografiche ed idrauliche omogenee ai fini della difesa del suolo e della gestione delle acque anche con riferimento all'irrigazione”.

Fino al dicembre 2012, erano 33 gli enti con funzioni di bonifica, di cui: 13 Consorzi di

Bonifica, 13 Comunità Montane e 8 Consorzi di Bonifica interregionali perché ad alcuni di

questi sono stati affidati comprensori a cavallo di regioni diverse. Con l'entrata a regime

della L.R. 79/2012, rimangono soltanto 6 consorzi di bonifica ognuno dei quali gestisce il

proprio comprensorio di bonifica (Fig. 2 e Tab.2). In questo modo sparisce il doppio

regime della bonifica per cui in alcune zone operavano i Consorzi ed in altre le Comunità

Montane (oggi Unioni dei Comuni) (art. 7).

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Introduzione

Tabella 2 - Riperimetrazione dei Consorzi di Bonifica secondo la L.R. n. 79/2012

Nuovo Consorzio (L.R. n.79/2012)

Consorzi (L.R. n.34/94) Unioni dei Comuni (L.R. n.34/94)

Superficie (ha)

Toscana Nord Auser Bientina Versilia Massaciuccoli

Lunigiana

Media Valle del Serchio 326.500

Alto Valdarno Valdichiana Aretina

Casentino Pratomagno Valdichiana Senese

402.400

Medio Valdarno

Area Fiorentina Ombrone Pistoiese Bisenzio

Toscana Centrale

Mugello

Val di Bisenzio 351.700

Basso Valdarno

Padule di Fucecchio Ufficio Fiumi e Fossi

Val d'Era

207.900

Toscana Costa Alta Maremma

Colline Livornesi Alta Val di Cecina 269.600

Toscana Sud Grossetana Osa Albegna

Colline del Fiora val di Merse

Val d'Orcia

611.700

Figura 2 - Comprensori di bonifica secondo la L.R.T. n. 79/2012

Un’altra delle novità principali della L.R. n. 79/2012 è l'individuazione - da parte del

Consiglio Regionale - del reticolo di gestione, che prospetta un aumento del reticolo in

manutenzione, stimato in circa 45.000 km di corsi d’acqua, e definito all’art.4, comma 1,

come il sottoinsieme del reticolo idrografico di cui all’art. 54 del D.Lgs. n. 152/2006

(l’insieme di elementi che costituiscono il sistema drenante alveato del bacino idrografico),

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che necessita di manutenzione, sorveglianza e gestione per garantire il buon regime delle acque, prevenire e mitigare i fenomeni alluvionali.

Figura 3 - Reticolo di gestione affidato dalla Regione ai Consorzi secondo L.R.T. 79/2012

Si tratta di un'innovazione molto importante perché permette di integrare i contenuti delle leggi statali, come il R.D. 523/1904 che parlano di opere e non di corsi d'acqua. Uno dei problemi maggiori fino ad oggi, infatti, era che le competenze erano attribuite a macchia di leopardo in base alla classifica delle opere ed era sempre difficoltoso stabilire dove finissero le competenze di un ente e cominciassero le competenze di un altro.

Ciò premesso, si devono fare due importanti precisazioni. Il reticolo individuato con la delibera di Consiglio Regionale n.57 del 11/6/2013 non è immediatamente operativo, in quanto i nuovi Consorzi di bonifica lo prenderanno in carico al momento dell'approvazione dei nuovi Piani di Classifica. E' importante poi specificare che "gestione" non vuole dire livello omogeneo di manutenzione. Ogni corso d'acqua ha caratteristiche precise che richiedono interventi ad hoc: si va dalla manutenzione più spinta sui canali artificiali, dove c'è una sorveglianza continua degli argini e 2-3 tagli della vegetazione all'anno, ai torrenti di montagna dove l'approccio più corretto è garantire interventi incidentali da effettuarsi solo quando se ne ravvisa la necessità effettiva.

Sempre l’art.4, comma 1, definisce le attività di manutenzione come “il complesso delle operazioni necessarie a mantenere in buono stato ed in efficienza il reticolo di gestione e le opere realizzate”. Essa si distingue in:

ordinaria: le attività oggetto di programmazione svolte in modo continuativo

finalizzate al mantenimento delle opere e del reticolo di gestione, nonché alla

prevenzione del loro degrado;

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Introduzione

straordinaria: le attività, diverse da quelle di cui al punto 1) della presente lettera, di ripristino e ricostruzione, volte al miglioramento delle opere e del reticolo di gestione.

L’art. 23 ridefinisce anche le funzioni dei consorzi di bonifica, rispetto alla precedente legge n. 34/94, e precisamente prevede che essi devono provvedere:

alla progettazione e realizzazione delle nuove opere di bonifica individuate nel piano delle attività di bonifica;

alla progettazione e realizzazione delle nuove opere idrauliche di quarta e quinta categoria, individuate nel piano delle attività di bonifica;

alla manutenzione ordinaria del reticolo di gestione, delle opere di bonifica e delle opere idrauliche di terza, quarta e quinta categoria;

alla manutenzione straordinaria delle opere di bonifica;

alla manutenzione straordinaria delle opere idrauliche di terza, quarta e quinta categoria individuate nel piano delle attività di bonifica;

all’esercizio e vigilanza sulle opere di bonifica, ivi compreso il rilascio delle concessioni, delle licenze e dei permessi di cui agli articoli 134 e 138 del regio decreto 8 maggio 1904, n. 368 e l’introito dei relativi canoni;

effettua la manutenzione ordinaria delle opere idrauliche di seconda categoria, previa stipula di apposita convenzione con la provincia;

esercita le funzioni di cui al comma 1 e svolge le attività di supporto per l’esercizio delle funzioni di cui agli articoli 9 e 29, anche nei territori montani, avvalendosi del personale delle unioni dei comuni. A tal fine il consorzio stipula con le unioni dei comuni apposite convenzioni;

realizza economie di gestione, affidando i lavori di manutenzione ordinaria agli imprenditori agricoli, di cui all’articolo 2135 del codice civile, iscritti al registro delle imprese e che operano nel territorio del comprensorio di riferimento.

Un’altra novità della riforma è che la struttura dei consorzi viene ulteriormente semplificata e si basa su due soli organi principali, l'Assemblea ed il Presidente, a cui si aggiungono il vicepresidente e il Revisore dei Conti quale organo di controllo (Capo III, art. da 8 a 21). Nell'assetto precedente, invece, tra l'Assemblea e il Presidente c'era anche la Deputazione Amministrativa (una sorta di C.d.A. dell'Ente) e il Collegio dei Revisori.

Fino all'approvazione della nuova legge regionale n. 79/2012, solo alcuni dei corsi d'acqua

erano affidati alla competenza dei consorzi, mentre in altre aree i consorzi non operavano

direttamente e quindi non erano titolati ad emettere la contribuenza. I proprietari di queste

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aree, che passeranno sotto la gestione dei nuovi consorzi di bonifica, si troveranno a pagare per la prima volta il tributo di bonifica.

Con la nascita dei nuovi consorzi verranno redatti e approvati i nuovi Piani di Classifica, che sono lo strumento previsto dalla Legge per garantire la corretta ed equa ripartizione della contribuenza, attraverso la ricerca e la stima di idonei parametri tecnici ed economici atti a quantificare il grado di beneficio di ciascun immobile (art. 28).

L’entrata in vigore del nuovo Piano di Classifica, che verrà approvato con la procedura definita dall’art.37 L.R. n. 79/2012, è prevista per l’1/1/2015. Per l’anno 2014 resta confermata la validità dei Piani di Classifica vigenti alla data di entrata in vigore della L.R.

n. 79/2012. (art. 37, c. 3).

Nelle aree dove le funzioni di bonifica erano esercitate da Unioni dei Comuni, I Consorzi di bonifica opereranno sulla base di convenzioni stipulate con le Unioni dei Comuni per l'utilizzo del personale esistente. Il fatto che - finalmente - lo stesso ente avrà la competenza della manutenzione dei corsi d'acqua dalla sorgente alla foce comporterà un miglioramento dell'efficienza degli interventi, in modo tale da realizzare interventi in montagna e collina in funzione della mitigazione del rischio a valle, realizzando così un beneficio anche per i beni in pianura. In questo senso, il timore che i territori montani vengano penalizzati dai nuovi consorzi è del tutto infondato.

Consorzio di Bonifica n. 3 Medio Valdarno

Ai sensi dell’art. 33 della L.R. 79/2012, il Consorzio di Bonifica n. 3 “Medio Valdarno” è istituito a decorrere dalla data di insediamento dei relativi organi.

In data 26 Febbraio 2014 si è tenuta la prima assemblea consortile del Consorzio di Bonifica n. 3 “Medio Valdarno”, presso la sede dell’ex Consorzio di Bonifica Toscana Centrale in Via Verdi, 16 a Firenze, attuale sede legale del nuovo Consorzio di Bonifica, individuata ai sensi dell’art. 38 quater della L.R. 79/2012, durante la quale sono stati eletti il presidente Marco Bottino, il vicepresidente Adriano Borgioli e, in rappresentanza del Comune di Firenze, l’Assessore all’Ambiente Caterina Biti.

Il nuovo ente sostituisce i precedenti Consorzio di Bonifica Ombrone Pistoiese Bisenzio,

Consorzio di Bonifica Area Fiorentina, Consorzio di Bonifica della Toscana Centrale,

Unione di Comuni Valdarno e Valdisieve e Unione dei Comuni Val di Bisenzio.

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Introduzione

Nelle more dell’approvazione dello Statuto di cui all’art. 12 della L.R. 79/2012, il Consorzio di Bonifica n. 3 “Medio Valdarno” opera in base alle norme dello Statuto provvisorio di cui all’Allegato A della Del.G.R.T. n. 36 del 20.01.2014.

In applicazione della suddetta L.R. n. 79/2012, il territorio del comprensorio di bonifica n.

3 “Medio Valdarno” è costituito dall’unione dei seguenti comprensori precedentemente individuati:

Comprensorio 7: precedentemente gestito dall’Unione dei Comuni Val di Bisenzio;

Comprensorio 15: precedentemente gestito dal Consorzio di Bonifica Ombrone Pistoiese Bisenzio;

Comprensorio 16: precedentemente gestito dal Consorzio di bonifica Area Fiorentina;

Comprensorio 17: precedentemente gestito dall’Unione dei Comuni Valdarno e Valdisieve;

Comprensori 21 e 22: precedentemente gestiti dal Consorzio di bonifica della Toscana Centrale (Fig. 4)

L’ex Consorzio di Bonifica della Toscana Centrale, aveva competenza sul “Comprensorio di bonifica n. 22 - Colline del Chianti” e sul “Comprensorio di bonifica n. 21 - Val d'Elsa”.

L'area di competenza del Consorzio si estendeva su un territorio che comprende i bacini della Greve, del Vingone, della Pesa, dell'Orme, dell'Elsa e, più genericamente, tutti i bacini in sinistra idraulica del fiume Arno tra Rignano sull’Arno ed Empoli, per un totale complessivo di 1.686,95 kmq.

Figura 4 - Il territorio che era di competenza del Consorzio di Bonifica Toscana Centrale: in marrone il comprensorio n. 21 “Val d’Elsa”, in grigio il comprensorio n. 22 “Colline del Chianti”

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CONSORZIO DI BONIFICA N. 3 – MEDIO VALDARNO SUPERFICIE: 3.359,44 kmq;

TERRITORI: Colline del Chianti, Val d’Elsa, Piana Fiorentina, Val di Sieve, Mugello, Val di Bisenzio, Ombrone Pistoiese;

PROVINCE: n. 6 (Firenze, Prato, Pistoia, Siena, Pisa, Arezzo);

COMUNI: n. 65 (Agliana, Bagno a Ripoli, Barberino di Mugello, Barberino Val d’Elsa, Borgo San Lorenzo, Calenzano, Campi Bisenzio, Cantagallo, Capraia e Limite, Carmignano, Casole d’Elsa, Castelfiorentino, Castellina in Chianti, Castelnuovo Berardenga, Cavriglia, Certaldo, Colle di Val d’Elsa, Dicomano, Empoli, Fiesole, Figline Valdarno, Firenze, Firenzuola, Gambassi Terme, Greve in Chianti, Impruneta, Incisa Valdarno, Lamporecchio, Lastra a Signa, Londa, Marliana, Montaione, Montale, Montelupo Fiorentino, Montemurlo, Monteriggioni, Montespertoli, Pelago, Pistoia, Poggibonsi, Poggio a Caiano, Pontassieve, Prato, Quarrata, Radda in Chianti, Radicondoli, Rignano sull’Arno, Rufina, San Casciano in Val di Pesa, San Gimignano, San Godenzo, San Miniato, San Piero a Sieve, Scandicci, Scarperia, Serravalle Pistoiese, Sesto Fiorentino, Signa, Sovicille, Tavarnelle Val di Pesa, Vaglia, Vaiano, Vernio, Vicchio, Volterra).

PRINCIPALI CORSI D’ACQUA: t. Ema, t. Greve, t. Pesa, t. Vingone, t. Elsa, t. Orme, t.

Staggia, f. Bisenzio, t. Mugnone, t. Marina, t. Terzolle, f. Sieve, t. Carza, t. Stura, t.

Levisone, t. Bosso, t. Ombrone Pistoiese, t. Vincio, t. Brana, t. Stella.

Figura 5 - Comprensorio di Bonifica n. 3 Medio Valdarno - L.R.T. 79/2012

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Cap 1- Inquadramento Territoriale

1. Inquadramento territoriale 1.1 Inquadramento geografico

L’area oggetto di studio è la zona industriale denominata “Il Piano”, posta a Nord-Ovest del comune di Casole d’Elsa (Fig. 6), al confine con il territorio comunale di Colle Val d’

Elsa, compresa nel bacino idrografico del fiume Arno (Fig. 7).

Figura 6 - Inquadramento Area di Studio (Zona Evidenziata in Azzurro)

Figura 7 - Suddivisione del territorio comunale di Casole d’Elsa nei relativi bacini idrografici

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In questa area pianeggiante insistono una serie di corsi d’acqua di piccole dimensioni provenienti dai versanti collinari che la circondano e che confluiscono l’un con l’altro all’altezza della zona industriale. Dalla loro confluenza, già in territorio comunale di Colle Val d’Elsa, ha origine il Botro degli Strulli, affluente sinistro del Fiume Elsa (Fig. 8).

Figura 8 - Inquadramento della zona di studio nel bacino dell' Elsa

Il rilievo collinare che circonda l’area industriale Il Piano presenta quote piuttosto elevate, in particolare a Sud del Piano troviamo il capoluogo (Casole D’Elsa) a circa 400 m s.l.m., mentre le altre località Merlo e Cavallano ad Ovest e Lucciana a Nord si trovano ad altitudini variabili tra 300 m e 350 m s.l.m.. Il fondovalle pianeggiante presenta quote altimetriche variabili tra 250 e 260 m s.l.m., assai inferiori a quelle di sommità del crinale che lo circonda (Fig. 9). Il notevole dislivello esistente tra il crinale e il fondovalle, determina la presenza di un reticolo con elevate pendenze fino all’inizio della zona pianeggiante, che da qui si riducono sensibilmente generando la piana alluvionale.

Il versante collinare, compresa la parte del Piano, è destinato ad area agricola, mentre gli

insediamenti dell’area industriale sono dislocati lungo la S.P. di Casole d’Elsa n. 27 e la

strada provinciale per Cavallano.

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Cap 1- Inquadramento Territoriale

Figura 9 - Inquadramento Geologico per la zona "Il Piano"

Il bacino complessivo dei corsi d’acqua che insistono sull’area del Piano e che vanno a comporre più a valle il Botro degli Strulli, presenta una superficie di circa 8 kmq, valutata fino alla sezione di chiusura dei tratti esaminati nello Studio Idraulico: Fosso Strada, Borro di Fontelata e Botro Maestro Casole (Tav. 1: “Delimitazione dei bacini dei corsi d’acqua per lo studio idrologico”).

Il suddetto bacino è composto da 4 sottobacini principali, che corrispondono a 3 corsi d’acqua individuati (Borro di Fontelata, Fosso Maestro e Botro Maestro Casole). Il quarto sottobacino, privo di reticolo ben definito, si trova nella parte Nord dell’area industriale, che comprende il versante di Lucciana e parte del versante Nord - Est di Cavallano.

La zona Il Piano fa parte del comprensorio di bonifica n. 3 Medio Valdarno. L’immagine, di seguito riportata (Fig.10), è un estratto del reticolo idraulico (aste in blu) di gestione affidato al Consorzio di Bonifica secondo la L.R. n. 79/2012, che riguarda gran parte delle aste studiate nella presente tesi così come visibile nella Tav. 1.

“Il Piano”

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Figura 10 - Reticolo di gestione secondo la L.R. 79/2012 per la zona “Il Piano”

1.2 Descrizione dei sottobacini principali e del relativo reticolo

Il Borro di Fontelata proviene dal versante Sud di Cavallano, attraversa più a valle il corpo principale dell’area industriale fino ad incontrare la S.P. n. 27 di Casole. In esso confluiscono varie aste del reticolo minore, la maggior parte delle quali si sviluppa da Sud- Ovest verso Nord Est. In particolar modo sono state analizzate le aste “Affluente 1” e

“Affluente 2” del Borro di Fontelata (Tav. 1).

Il Fosso Maestro è un altro affluente del Borro di Fontelata il quale presenta caratteristiche geomorfologiche diverse dagli affluenti sopra descritti, in quanto ha un bacino imbrifero di notevoli dimensioni, meglio descritto in seguito.

Tabella 3 - Caratteristiche del sottobacino principale: Borro di Fontelata

Superficie (Kmq) 1.815

Lunghezza Asta Principale (Km) 2.63

Pendenza Media Bacino (%) 4.2

Quota Massima Bacino (m) 381.1

Quota Sezione di Chiusura (m) 248.13

Affluenti (da monte verso valle) Affluente 1 del Borro di Fontelata; Fosso

Maestro; Affluente 2 del Borro di Fontelata.

(18)

Cap 1- Inquadramento Territoriale

Il Fosso Maestro e il Botro Maestro Casole sono corsi d’acqua “semi-pensili” che provengono da Sud, scendendo rispettivamente dal versante della Loc. Il Merlo e dal versante del capoluogo. Essi attraversano, in direzione da Sud-Ovest a Nord-Est, l’area del Piano, ricongiungendosi al Borro di Fontelata il primo all’altezza dell’area industriale ed il secondo a valle di essa. Dalla confluenza tra Borro di Fontelata e Botro Maestro Casole nasce il Botro degli Strulli.

Tutto il fondovalle risulta prevalentemente lavorato ai fini agrari e pertanto presenta un reticolo minore di fossi assai complesso che scorrono in direzione da Sud-Ovest a Nord- Est ricongiungendosi ai suddetti Fosso Maestro e Botro Maestro Casole verso valle, poco a monte dell’area industriale o in corrispondenza di essa, dove i due corsi d’acqua perdono le caratteristiche di pensilità e tornano a quote di piano campagna; alcuni di questi fossi minori non confluiscono nei due fossi suddetti, ma sfociano direttamente nel Borro di Fontelata, come detto sopra. Questo reticolo idraulico molto complesso è stato oggetto di analisi approfondita e ne è stata ricostruita la geometria in un modello idraulico estremamente articolato.

Tabella 4 - Caratteristiche del sottobacino principale: Fosso Maestro

Superficie (Kmq) 1.974

Lunghezza Asta Principale (Km) 3.23

Pendenza Media Bacino (%) 7.5

Quota Massima Bacino (m) 416.8

Quota Sezione di Chiusura (m) 250.77

Affluenti (da monte verso valle) Affluente 1 del Fosso Maestro

Tabella 5 - Caratteristiche del sottobacino principale: Botro Maestro Casole

Superficie (Kmq) 2.14

Lunghezza Asta Principale (Km) 3.06

Pendenza Media Bacino (%) 5.3

Quota Massima Bacino (m) 416.8

Quota Sezione di Chiusura (m) 248.16

Affluenti (da monte verso valle) Affluente 2 del Botro Maestro Casole;

Affluente 1 del Botro Maestro Casole;

Affluente 3 del Botro Maestro di Casole.

Il quarto sottobacino posto a Nord dell’area industriale, sul versante di Lucciana, è privo di

chiaro reticolo superficiale. Il motivo è da attribuirsi: alle caratteristiche geolitologiche del

terreno del versante di Lucciana e quello di Cavallano a Nord-Ovest con terreno molto

(19)

permeabile (calcare cavernoso) e presenza di dolina; all’antropizzazione del territorio con la presenza di numerosi tratti tombati. I corsi d’acqua riconoscibili sono: un fosso proviene da Nord-Ovest e attraversa la parte di area industriale ai piedi di Lucciana, per poi intubarsi e proseguire il suo corso sotto le fabbriche; un altro è il fosso di guardia, che scorre seguendo la direzione Nord-Ovest / Nord-Est, lungo la strada per Cavallano, e rappresenta l’ asta principale del sottobacino, dove confluisce il suddetto fosso intubato.

Tabella 6 - Caratteristiche del sottobacino principale: zona Nord Area Industriale

Superficie (Kmq) 1.35

Lunghezza Asta Principale (Km) 0.877

Pendenza Media Bacino (%) 8.7

Quota Massima Bacino (m) 332.1

Quota Sezione di Chiusura (m) 248.42

Affluenti (da monte verso valle) Fosso Area Industriale

Figura 11- Suddivisione dell'area di studio nei quattro sottobacini principali

(20)

Cap 1- Inquadramento Territoriale

1.3 Inquadramento normativo

Per lo sviluppo del presente lavoro sono stati analizzati i vari strumenti urbanistici (stabiliti dalla L.R.T. n.1/2005), a partire dalla fase di pianificazione urbanistica assegnata al

“P.T.C.P. – Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale”, fino alla fase di definizione dell’assetto del territorio destinata al “P.S. – Piano Strutturale” e al “R.U. - Regolamento Urbanistico”.

Inoltre è stata analizzata la previsione di pericolosità idraulica nel “P.A.I. – Piano di Assetto Idrogeologico” del fiume Arno.

Il “P.T.C.P. – Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale” della Provincia di Siena

Il Piano territoriale di coordinamento provinciale è lo strumento fondamentale della pianificazione e programmazione territoriale di area vasta e costituisce l'atto di raccordo fra le politiche territoriali regionali e la pianificazione urbanistica comunale.

La Provincia di Siena, con deliberazione del Consiglio provinciale n. 109 del 20 ottobre 2000, ha approvato il Piano territoriale di coordinamento provinciale. La revisione al Piano, avviata nel 2005, si è conclusa nel 2011 con l'approvazione da parte del Consiglio provinciale di Siena (DCP n.124 del 14 dicembre 2011). Il P.T.C.P. è in grado di orientare in maniera adeguata lo sviluppo della provincia per i prossimi anni attraverso una strategia di area vasta che fissa limiti all'uso delle risorse naturali - con disposizioni in materia di tutela dell'acqua, dell'aria, del suolo e del paesaggio - ma al tempo stesso dà risposte concrete alla necessità di aumentare la capacità produttiva del territorio.

In particolare dal SIT del P.T.C.P. si evincono, per la zona oggetto di studio, i seguenti vincoli:

Ambientale, relativamente al vincolo idrogeologico, applicato ai sensi del R.D. n.

3267/1923 “Riordinamento e riforma della legislazione in materia di boschi e di terreni montani”, nel quale si intendono sottoposti al suddetto vincolo terreni di qualsiasi natura e destinazione che, per effetto di forme di utilizzazione contrastanti con le norme di cui agli articoli 7, 8 e 9, possono con danno pubblico, subire denudazioni, perdere la stabilità o turbare il regime delle acque (Fig.12).

Paesaggistico ai sensi del D.Lgs. n. 42 /2004 “Codice dei beni culturali e del paesaggio”,

relativamente agli immobili ed aree di notevole interesse pubblico (art. 136) ed alle aree

(21)

tutelate per legge come i territori coperti da foreste e da boschi (art. 142, comma g) (Fig.13).

Figura 12 - Vincolo Idrogeologico secondo R.D. n. 3267/1923 – PTCP Siena-anno 2011

Figura 13 - Vincoli Paesaggistici secondo D.Lgs. 42 /2004: Immobili ed aree di notevole interesse pubblico (giallo); territori coperti da foreste e da boschi (verde) – PTCP Siena-anno 2011

(22)

Cap 1- Inquadramento Territoriale

I vincoli sopra menzionati coinvolgono solo parzialmente l’area interessata dallo studio idrologico (area complessiva dei bacini imbriferi delimitati nella Tav.1); mentre è totalmente assente da vincoli l’area interessata dallo studio idraulico (Tav.3).

Il “P.A.I. – Piano di Assetto Idrogeologico” del fiume Arno

Le Autorità di Bacino competenti individuano nei “P.A.I. - Piani di Assetto Idrogeologico”:

aree a pericolosità idraulica;

aree a pericolosità geomorfologica e per frana.

Le suddette aree sono soggette a particolari vincoli di trasformabilità dipendenti dalla pericolosità dell’area stessa e devono essere recepite dagli strumenti urbanistici comunali.

Qualora vengano individuate ulteriori situazioni di pericolosità idraulica e/o geomorfologica, queste vanno sottoposte alla verifica delle A.d.B. competenti.

La zona oggetto di studio ricade nel bacino idrografico del fiume Arno di competenza dell’omonima Autorità di Bacino.

Il Piano di Assetto Idrogeologico approvato dal D.P.C.M. del 06.05.2005, tra le altre norme, indica in 2 cartografie la “Perimetrazione delle aree con pericolosità idraulica – Livello di sintesi in scala 1:25.000” e la “Perimetrazione delle aree con pericolosità idraulica – Livello di dettaglio in scala 1:10.000”, di cui all’Articolo 5 del P.A.I., riportato di seguito.

Art. 5 Elaborati del PAI

“Perimetrazione delle aree con pericolosità idraulica - Livello di sintesi in scala 1:25.000”.

Nella cartografia la pericolosità è così graduata:

pericolosità idraulica molto elevata (P.I.4), così come definita nel Piano Straordinario approvato con delibera del Comitato Istituzionale n. 137/1999;

pericolosità idraulica elevata (P.I.3), corrispondente alla classe B.I. così come definita nel Piano Straordinario di cui sopra;

pericolosità idraulica media (P.I.2) relativa alle aree inondate durante l’evento del 1966 come da “Carta guida delle aree inondate” di cui al Piano di bacino, stralcio relativo alla riduzione del “Rischio Idraulico”;

pericolosità idraulica moderata (P.I.1): rappresentata dall’inviluppo delle alluvioni storiche sulla base di criteri geologici e morfologici.

“Perimetrazione delle aree a pericolosità idraulica - Livello di dettaglio in scala 1:10.000”.

Nella cartografia la pericolosità è così graduata:

(23)

pericolosità idraulica molto elevata (P.I.4) comprendente aree inondabili da eventi con tempo di ritorno TR 30 anni e con battente h 30 cm;

pericolosità idraulica elevata (P.I.3) comprendente aree inondabili da eventi con tempo di ritorno TR 30 anni con battente h < 30 cm e aree inondabili da un evento con tempo di ritorno 30 < TR 100 anni e con battente h 30 cm;

pericolosità idraulica media (P.I.2) comprendente aree inondabili da eventi con tempo di ritorno 30 <TR 100 anni e con battente h < 30 cm e aree inondabili da eventi con tempo di ritorno 100 <TR 200 anni ;

pericolosità idraulica moderata (P.I.1) comprendente aree inondabili da eventi con tempo di ritorno 200 <TR 500 anni.

Di seguito sono mostrati gli estratti delle carte di “Perimetrazione delle aree con pericolosità idraulica- livello di sintesi (1:25.000), Fogli n. 135, 143. In entrambi i casi le aree oggetto di studio sono classificate a pericolosità idraulica moderata (P.I.1).

Figura 14 - Estratto della Carta della Pericolosità Idraulica del P.A.I. livello di sintesi in scala 1:25.000 (Foglio n. 135), relativo alla zona dell’area industriale Il Piano

Figura 15 - Estratto della Carta della Pericolosità Idraulica del P.A.I. livello di sintesi in scala 1:25.000 (Foglio n. 143), relativo alla zona dell’area industriale Il Piano

(24)

Cap 1- Inquadramento Territoriale

In particolare dal SIT del Piano Rischio Idraulico dell’Arno, non è prevista la realizzazione di opere strutturali (casse di espansione in linea o derivazione, ecc…) per la zona “Il Piano” nel comune di Casole d’Elsa.

Il “P.S. – Piano Strutturale”

Nel 2011 il comune di Casole d’Elsa ha provveduto ad aggiornare il piano strutturale al fine di rispondere alla necessità di adeguare lo strumento urbanistico alla vigente normativa nazionale, regionale e provinciale in tema di governo del territorio, soprattutto facendo riferimento al D.P.G.R. N. 26/R del 2007 “Regolamento di attuazione dell’articolo 62 della legge regionale 3 gennaio 2005, n. 1 (Norme per il governo del territorio) in materia di indagini geologiche”. Il D.P.G.R. sopra descritto definisce il contenuto del piano strutturale e le modalità di redazione, tra le altre, della carta geologica, geomorfologica e della pericolosità idraulica.

La pericolosità idraulica indica il potenziale o reale rischio per le opere già esistenti e l’idoneità alle trasformazioni previste o prevedibili in aree di valle in posizione morfologicamente sfavorevole rispetto ai corsi d’acqua.

Qui di seguito si riporta la carta della pericolosità idraulica da piano strutturale (Tav. 2.5 a), nella quale si evidenziano, per la zona oggetto di studio, due classi di pericolosità e, precisamente, quella elevata in colore azzurro (I.3), che ricopre la maggior parte dell’area, e quella media in grigio (I.2), che ricopre un’area assai più ridotta rispetto alla precedente, ai sensi del D.P.G.R. 26/R/2007.

Per le aree a pericolosità idraulica elevata e molto elevata ricadenti all’interno delle unità

territoriali organiche elementari (UTOE) potenzialmente interessate da previsioni

insediative, dovranno essere allegati al regolamento urbanistico specifici studi idraulici

sulla base della piena con tempo di ritorno duecentennale e secondo le specifiche tecniche

dettate dall’Autorità di Bacino competente.

(25)

Figura 16 - Estratto della Carta della Pericolosità Idraulica dal Piano Strutturale della zona “Il Piano”

Il “R.U. - Regolamento Urbanistico”

Nel mese di Aprile del corrente anno, il comune di Casole d’Elsa ha approvato la variante n. 25 al Regolamento Urbanistico al fine di adeguarla a quella del piano strutturale (approvato nel corso del 2011) ed al D.P.G.R. n. 53/R del 2011 (che sostituisce il D.P.G.R.

N. 26/R del 2007), e ad aggiornare la cartografia regionale risalente al 1997, attraverso il confronto con le ortofoto 2007/2010.

Per quanto riguarda l’adeguamento del Regolamento Urbanistico al D.P.G.R. n. 53/R del

2011, sono stati effettuati degli studi idrologici-idraulici riguardanti le principali aree di

fondovalle del territorio comunale, dove si era già a conoscenza delle problematiche di

carattere idraulico e, allo stesso tempo, dove si collocano previsioni di riqualificazioni o

trasformazioni urbanistiche, al fine di determinarne la pericolosità idraulica secondo il

suddetto D.P.G.R. (come riportato nell’allegato A “Direttive per le indagini

geologico/tecniche” art. C.2 e come visibile nelle Fig. 19-20-21) e i criteri del Piano di

Assetto Idrogeologico dell’Autorità di Bacino del Fiume Arno (livello di dettaglio, come

precedentemente descritto e come visibile nella Fig. 17-18).

(26)

Cap 1- Inquadramento Territoriale

Art. C.2 Aree a pericolosità idraulica

Pericolosità idraulica molto elevata (I.4): aree interessate da allagamenti per eventi con Tr 30 anni. Fuori dalle UTOE potenzialmente interessate da previsioni insediative e infrastrutturali, in presenza di aree non riconducibili agli ambiti di applicazione degli atti di pianificazione di bacino e in assenza di studi idrologici e idraulici, rientrano in classe di pericolosità molto elevata le aree di fondovalle non protette da opere idrauliche per le quali ricorrano contestualmente le seguenti condizioni:

vi sono notizie storiche di inondazioni;

sono morfologicamente in situazione sfavorevole di norma a quote altimetriche inferiori rispetto alla quota posta a metri 2 sopra il piede esterno dell'argine o, in mancanza, sopra il ciglio di sponda.

Pericolosità idraulica elevata (I.3): aree interessate da allagamenti per eventi compresi tra 30<TR< 200 anni. Fuori dalle UTOE potenzialmente interessate da previsioni insediative e infrastrutturali, in presenza di aree non riconducibili agli ambiti di applicazione degli atti di pianificazione di bacino e in assenza di studi idrologici e idraulici, rientrano in classe di pericolosità elevata le aree di fondovalle per le quali ricorra almeno una delle seguenti condizioni:

vi sono notizie storiche di inondazioni;

sono morfologicamente in condizione sfavorevole di norma a quote altimetriche inferiori rispetto alla quota posta a metri 2 sopra il piede esterno dell'argine o, in mancanza, sopra il ciglio di sponda.

Pericolosità idraulica media (I.2): aree interessate da allagamenti per eventi compresi tra 200<TR< 500 anni. Fuori dalle UTOE potenzialmente interessate da previsioni insediative e infrastrutturali, in presenza di aree non riconducibili agli ambiti di applicazione degli atti di pianificazione di bacino e in assenza di studi idrologici e idraulici rientrano in classe di pericolosità media le aree di fondovalle per le quali ricorrano le seguenti condizioni:

non vi sono notizie storiche di inondazioni;

sono in situazione di alto morfologico rispetto alla piana alluvionale adiacente, di norma a quote altimetriche superiori a metri 2 rispetto al piede esterno dell'argine o, in mancanza, al ciglio di sponda.

Pericolosità idraulica bassa (I.1): aree collinari o montane prossime ai corsi d'acqua per le quali ricorrono le seguenti condizioni:

non vi sono notizie storiche di inondazioni;

(27)

sono in situazioni favorevoli di alto morfologico, di norma a quote altimetriche superiori a metri 2 rispetto al piede esterno dell'argine o, in mancanza, al ciglio di sponda.

Figura 17 – Studio idraulico-Tavola di adeguamento al piano di assetto idrogeologico dell’ Autorità di Bacino del Fiume Arno - area industriale Il Piano - da Variante al RU (Tav. e.9) – scala 1:2000

Figura 18 - Legenda della Tavola precedente (Tav. e.9) al fine di renderla leggibile

(28)

Cap 1- Inquadramento Territoriale

Figura 19 - Carta della Pericolosità idraulica ai sensi del D.P.G.R. n. 53/R del 2011 - UTOE II

"Lucciana-Il Piano" - da Variante al RU (Tav. g.1.3) – scala 1:2000

Figura 20 - Carta della Pericolosità idraulica ai sensi del D.P.G.R. n. 53/R del 2011 - UTOE II "Il Piano" - da Variante al RU (Tav. g.1.4) – scala 1:2000

(29)

Figura 21 - Legenda delle due Tavole precedenti (Tav. g. 1.3-1.4) al fine di renderli leggibili

1.4 Informazioni storiche

Per l’area oggetto di studio esistono alcune informazioni storiche riguardanti mappe catastali e mappe geometriche, dalle quali si evince la geometria del reticolo idraulico delle epoche di riferimento.

L’informazione storica più antica che è stata reperita è la mappa del “Catasto Leopoldino”, risalente al periodo 1820-1825, dalla quale si è potuto osservare la suddivisione particellare, il reticolo idraulico e stradale dell’epoca. Tale informazione fa parte del progetto CASTORE (Catasti Storici regionali) promosso dalla Regione Toscana in collaborazione con gli Archivi di Stato toscani, nel quale sono state riprodotte in forma digitale ad alta risoluzione oltre 12.000 mappe catastali ottocentesche, la loro schedatura e la loro georeferenziazione.

Tramite l’utilizzo di tecnologie di rete si è resa possibile la diffusione e la valorizzazione di un patrimonio di grande interesse e valore storico; le mappe, infatti, sono reperibili via Internet, sia come singole riproduzioni degli originali d'archivio, con la relativa scheda informativa, sia come mosaico di mappe georeferenziate consultabili con continuità territoriale e confrontabili con le cartografie moderne in ambiente Web-GIS.

Dal foglio di unione con identificativo 071QUI, in scala 1:40.000, risalente al 1821 (Fig.6),

si rilevano i codici dei fogli di dettaglio, in scala 1:5.000, tra i quali si evidenziano i fogli

B, C, D e Z relativi alla zona oggetto di studio e descritti in sintesi nella tabella sottostante

(Tab.7).

(30)

Cap 1- Inquadramento Territoriale

Tabella 7 - Scheda sintetica dei Fogli del Catasto Leopoldino

Foglio Identificativo Sezione Anno Stesura

B 077_B01I Lucciana 1824

C 077_C01I Piano di Casole 1820

D 077_D01I Rofena 1820

Z 077_Z01I Pusciano 1824

La simbologia utilizzata nella comunità per rappresentare graficamente gli oggetti geografici è la seguente: azzurro per l'idrografia (con disegno e spessore differenziati per importanza del corso d'acqua), marrone chiaro o doppio tratto senza colore per la viabilità (differenziazione in base all'importanza della strada non sempre riconoscibile), rosso per gli insediamenti. In molte mappe, e sempre nel caso degli sviluppi, è possibile individuare gli edifici con specifica destinazione (chiese, mulini, fornaci, ecc.). I confini delle particelle catastali sono rappresentati con tratto nero fine, quelli dei fogli in rosso-arancio e quelli comunali in blu chiaro.

La georeferenziazione delle mappe storiche ha permesso il confronto tra il reticolo idraulico ottocentesco e quello estratto dalla Carta Tecnica Regionale, in scala 1:2.000, della Regione Toscana aggiornata al 1997. L’impianto dei corsi d’acqua principali sembra essersi conservato nel tempo, per quanto riguarda il Borro di Fontelata, l’ Affluente 4 Borro di Fontelata (sul catastale storico il reticolo è riportato in azzurro, ma la nomenclatura non è presente, a differenza degli altri corsi d’acqua per i quali viene indicata la nomenclatura), l’ Affluente 1 del Fosso Maestro denominato “Borro detto di Gonga”, il Fosso Maestro denominato “Borro Maestro”, il Botro Maestro di Casole denominato

“Borro di Casole”, l’Affluente 2 del Botro Maestro di Casole denominato “Borro detto

Stiattiano”, l’Affluente 1 del Botro Maestro di Casole-parte Campo fotovoltaico

denominato “Borro detto Agresto” e l’Affluente 3 del Botro Maestro di Casole

denominato “Borro della Peschiera”. Il tratto finale di quest’ultimo affluente è stato

modificato, rispetto al reticolo originario, in seguito alla realizzazione della zona

industriale. Invece non esiste traccia sul catastale storico di tutti gli altri tratti esaminati

nello studio idraulico come: AF1 BF, AF2 BF, AF3 BF, Fstr, Fai, AF5 BMC, AF4 BMC

(Tav. 1 per le codifiche dei tratti in questione).

(31)

Figura 22- Foglio di Unione del Catasto Leopoldino per la zona “Il Piano” in scala 1:40000

Figura 23- Ritaglio dei Fogli B, C, D, Z del Catasto Leopoldino per la zona “Il Piano” in scala 1:5000

(32)

Cap 1- Inquadramento Territoriale

Figura 24- Paragone tra il reticolo del 1820-1824 e reticolo attualmente studiato (in azzurro)

Un’ulteriore informazione storica, è la “Carta Geometrica della Toscana in scala 1:100000 del 1846 prodotta dall’astronomo, geodeta e cartografo Giovanni Inghirami.

In realtà il manoscritto completo non si compone di 92 elementi cartografici, come risulta da una superficiale lettura del quadro di unione della carta (Fig. 25), bensì di 63 piccoli fogli, divenuti in seguito 60 per la mancanza di tre esemplari.

Sulla carta (Fig. 26) si notano colorazioni diverse riferiti a: centri abitati e strade in rosso;

idrografia in azzurro; la toponomastica in nero.

Il documento, pur contenendo al completo tutte le informazioni relative all’edificato, alla rete viaria, all’idrografia, alla toponomastica, ai confini amministrativi interne al granducato ed ai limiti di stato, era però privo di riferimenti per quanto atteneva alla vegetazione ed all’orografia, che potrebbero far ritenere la carta un’opera incompiuta.

L’assenza della descrizione orografica del territorio costituisce piena prova

dell’interruzione del lavoro ad uno stato di avanzata realizzazione e dà conferma di come

il disegno delle forme del terreno sia stato l’ostacolo principale alla pubblicazione della

carta, per la particolarità della sua espressione in forma cartografica.

(33)

Figura 25- Foglio di Unione della Carta Geometrica della Toscana di G. Inghirami

Dall’analisi del ritaglio del Foglio 43 per la zona oggetto si studio, si può notare come il reticolo idraulico principale nelle aste Fosso Strada, Borro di Fontelata, Botro Maestro Casole, Fosso Maestro e Affluente 1 del Fosso Maestro rispecchia l’andamento planimetrico già visto nei fogli del Catasto Leopoldino.

Figura 26 - Ritaglio del Foglio 43 "Colle-Casole", in scala 1:100000 – anno 1846

(34)

Cap 1- Inquadramento Territoriale

Tra i corsi d’acqua oggetto di studio ve ne sono alcuni che risultano inseriti nell’elenco delle acque pubbliche fin dalla prima stesura (1899): BOTRO DEGLI STRULLI E BOTRO MAESTRO cod. SI471 ambiti AB.

La Regione Toscana ha messo a disposizione alcune ortofoto che ritraggono la zona oggetto di studio a partire dal 1954 sino al 2013. Dall’analisi delle suddette ortofoto si può notare la progressiva urbanizzazione lungo la S.P. di Casole d’ Elsa n. 27 e la strada provinciale per Cavallano, caratterizzata soprattutto da insediamenti di tipo industriale.

Tale urbanizzazione potrebbe essere una delle cause dei frequenti episodi di allagamento della zona, ad esempio l’evento meteorico avvenuto il 21/10/2013, in quanto comporta un aumento dell’afflusso meteorico e quindi un aumento dei tiranti idrici nel reticolo idraulico.

Figura 27-Ortofoto per la zona "Il Piano", Casole d’Elsa (SI): solo campi agricoli -anno 1954

(35)

Figura 28 - Ortofoto per la zona "Il Piano", Casole d’Elsa (SI): presenza dei primi insediamenti industriali -anno 1978

Figura 29 - Ortofoto per la zona "Il Piano", Casole d’Elsa (SI): aumento dell’urbanizzazione nei pressi della zona industriale -anno 1996

(36)

Cap 1- Inquadramento Territoriale

Figura 30 - Ortofoto per la zona "Il Piano", Casole d’Elsa (SI): realizzazione delle 3 rotatorie sulla S.P.

27 di Casole - anno 2007

Figura 31 - Ortofoto per la zona "Il Piano", Casole d’Elsa (SI): stato attuale, con la realizzazione dei 3 Parchi Fotovoltaici -anno 2013

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