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4. IL NEUTRALIZZATORE

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Academic year: 2021

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4.

IL NEUTRALIZZATORE

4.1 Introduzione

Il componente più critico dei propulsori ad effetto Hall è sicuramente il catodo, che deve assolvere alla duplice funzione di sorgente di elettroni primari per la ionizzazione del propellente nella camera di spinta e di sorgente di elettroni per la neutralizzazione del fascio ionizzato in uscita dal propulsore [ 4 ]. Le sue prestazioni incidono fortemente sulle prestazioni del propulsore come ad esempio l’efficienza, l’impulso specifico, la stabilità e la vita operativa stessa. Per queste ragioni e per ragioni di affidabilità, sino ad oggi si è preferito utilizzare il catodo neutralizzatore in configurazione ridondante.

I progetti russi, attualmente all’avanguardia in questo campo, utilizzano materiali e soluzioni progettuali non accettabili per le applicazioni spaziali occidentali (fonte: ESA). Basati sull’utilizzo del lantanio esaboride (LaB6), essi presentano problemi di fattibilità e durata, connessi con l’elevata temperatura di regime necessaria (almeno 1300°C) e con la complessità della tecnologia utilizzata che ha una notevole ricaduta sui costi [ 5 ]. Tuttavia la configurazione di base del catodo neutralizzatore è la stessa anche nei progetti occidentali; questi ultimi si differenziano dai primi essenzialmente per le soluzioni realizzative adottate e per la scelta dei materiali.

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4.2 Architettura del neutralizzatore

L’architettura più spesso utilizzata per il neutralizzatore, è quella del catodo cavo cilindrico con disco d’estremità dotato di un piccolo foro (orificed hollow cathode), illustrata in Figura 4-1.

Figura 4-1 Architettura di un neutralizzatore

Il tubo di materiale refrattario, all’interno del quale scorre il gas da ionizzare, presenta, all’estremità a valle, un disco forato (tip) anch’esso di materiale refrattario; all’interno del tubo si trova invece un inserto di materiale a bassa funzione di lavoro che emette elettroni per effetto termoionico (dispenser). Esternamente troviamo il riscaldatore che ha il compito di portare in temperatura l’inserto e favorirne l’attivazione.

L’inserto è fatto, in generale, di materiali drogati che, a parità di temperatura, riescono ad emettere una quantità maggiore di elettroni per effetto termoionico rispetto a qualsiasi altro materiale puro; pertanto permettono di ottenere la stessa corrente a temperature operative più basse. Per poter funzionare correttamente, è necessario seguire una procedura di attivazione dell’inserto almeno all’inizio della vita operativa del neutralizzatore. Questa procedura consiste nel riscaldare l’inserto secondo una ben precisa sequenza temporale di temperature, in modo da favorire la diffusione dei composti del drogaggio verso la superficie emittente [ 14 ]. Durante questa fase si è soliti far scorrere del gas all’interno del catodo in modo da evitare il surriscaldamento della superficie dell’inserto e per

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espellere eventuali residui dovuti al degassaggio dei materiali che potrebbero compromettere le capacità emissive dell’inserto stesso.

Il disco di estremità svolge un ruolo fondamentale all’interno del neutralizzatore: esso infatti, favorendo la ionizzazione del gas all’interno del catodo, contribuisce significativamente all’economia di esercizio del dispositivo.

4.3 Teoria del catodo cavo

I catodi cavi sono da anni utilizzati in vari campi di applicazione e nelle condizioni operative più disparate. Tutti questi dispositivi hanno però in comune una caratteristica fondamentale: il catodo presenta una cavità, racchiusa o almeno parzialmente confinata da pareti di materiale conduttore, refrattario e mantenute allo stesso potenziale del catodo. Il lato aperto del catodo è rivolto verso l’anodo così che il plasma presente nello spazio tra gli elettrodi possa penetrare all’interno della cavità catodica, assicurando una forte interazione tra il plasma e la superficie interna del catodo (Figura 4-2) [ 20].

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In generale questa interazione riguarda un’area estesa della parete del catodo (zona attiva); in prossimità di essa si forma una guaina con densità di carica positiva detta anche sheath catodico (Figura 4-2). In realtà, in presenza di una superficie emittente, come la superficie dell’inserto di un neutralizzatore, si forma in prossimità di essa un double sheath (Figura 4-3) in cui vicino alla parete si ha una prevalenza della densità elettronica su quella ionica, mentre al confine con il plasma (dove le densità ionica ed elettronica sono uguali) si ha una densità ionica maggiore della densità elettronica [ 15 ]. Nel caso in cui si possa trascurare l’emissione della parete il double sheath si riduce ovviamente ad uno sheath semplice. Il campo elettrico presente nella guaina è diretto verso la parete ed accelera fortemente gli ioni prima che essi si neutralizzino sulla parete del catodo. In presenza di una corrente sufficientemente alta (regime di scarica ad arco) si ha un riscaldamento della parete tale da favorire l’emissione di elettroni per effetto termoionico da parte della parete stessa; gli elettroni così emessi, accelerati dalla caduta di potenziale nella guaina, hanno un’alta probabilità di compiere urti anelatici con i neutri prima di uscire dalla cavità catodica accelerati dalla differenza di potenziale tra catodo e anodo.

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I catodi cavi assumono geometrie diverse in base alla geometria della scarica tra catodo ed anodo; si possono così distinguere due casi: configurazioni con scarica longitudinale (a sinistra in Figura 4-4) e configurazioni con scarica trasversale (a destra in Figura 4-4).

Figura 4-4 Varie configurazioni di elettrodi con catodo cavo.

Le prestazioni ottenute con i catodi cavi sono superiori a quelle ottenibili con catodi pieni (cilindrici o piani): a parità di pressione del gas, differenza di potenziale tra gli elettrodi e parametri geometrici, la corrente di scarica è maggiore per le configurazioni con catodi cavi. Questa è stata probabilmente la caratteristica che inizialmente ha suscitato l’interesse verso questo tipo di dispositivi; successivamente sono stati scoperti molti altri vantaggi.

Le ricerche sui catodi cavi inizialmente hanno riguardato il regime di scarica a bagliore (bassa corrente I ≤1A, differenza di potenziale alta

100

V V

∆ > , catodo freddo); solo successivamente è cresciuto l’interesse verso il regime di scarica ad arco (alta corrente I >5A, differenza di potenziale bassa ∆ <V 50V , temperatura del catodo T >2000° ). Data la C notevole diversità dei due regimi e a causa della diversa attrezzatura

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sperimentale richiesta, questi due campi di ricerca hanno costituito fino ad oggi due filoni distinti.

I primi risultati riguardanti catodi cavi con scarica ad arco sono stati presentati alla fine degli anni cinquanta. Fin da subito si notò che le prestazioni di questi dispositivi erano molto interessanti: la scarica creava un plasma esterno poco contaminato dal materiale del catodo, denso ( 1013 1014 3

e

n ∼ − cm− ) e altamente ionizzato (fino al 95%); inoltre il catodo presentava una vita operativa sufficientemente lunga, nonostante le alte densità di corrente e l’elevata temperatura di parete del catodo (superiori a 2500 K). Queste sono state le caratteristiche che hanno promosso il successivo approfondimento dello studio di questi dispositivi per le applicazioni più varie; infatti la possibilità di fornire correnti alte senza subire danni eccessivi ha fatto sì che vengano utilizzati per i laser a ioni, i propulsori a ioni, saldatura, generatori magneto-idro-dinamici (MHD), applicazioni chimiche.

Date le caratteristiche dei due tipi di scarica, ai fini della propulsione spaziale siamo interessati al regime ad arco e ad esso faremo riferimento d’ora in avanti; per quanto riguarda la configurazione degli elettrodi faremo riferimento a quella con scarica longitudinale e catodo cavo cilindrico a singolo canale.

4.3.1 Regimi operativi

Considerando un catodo cavo cilindrico con il foro d’uscita del gad rivolto verso un anodo piano, si possono incontrare vari regimi di funzionamento a seconda della combinazione dei parametri di scarica utilizzata; tali parametri sono i seguenti:

- pressione della camera a vuoto, p ; e

- portata di gas nel catodo, Q ;

- corrente di scarica, I .

Una classificazione qualitativa dei vari regimi operativi è riportata nella seguente Tabella 4-1

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Nome pe(torr) Q(cm3/secSTP) I(A) Regime normale <0.1 >10−2 >10

Regime a bassa Q <0.1 <10−2 >10

Regime a bassa I <0.1 indifferente <10

Regime ad alta pe > 1 indifferente indifferente

Tabella 4-1 Regimi operativi di un catodo cavo.

Regime normale

Questo tipo di regime è caratterizzato dalla presenza di una zona calda diffusa che si estende per qualche diametro interno del catodo, a partire dalla sezione di uscita. Questa è la zona in cui si attacca l’arco di corrente il quale, così come il plasma, penetra all’interno della cavità catodica. Il profilo in senso assiale della temperatura di parete del catodo, ha un andamento caratteristico che prevede la presenza di un picco di temperatura all’interno del catodo. All’interno della zona calda, detta anche zona attiva, la temperatura è sufficientemente alta da promuovere l’emissione di elettroni da parte della parete per effetto termoionico; questi ultimi, grazie al loro elevato contenuto energetico, ionizzano il gas che scorre nel catodo, per mezzo di urti anelatici con i neutri. A loro volta gli ioni così prodotti alimentano il bombardamento ionico della parete, mantenendone alta la temperatura, così che la scarica è in grado di auto-sostenersi. Gli elettroni prodotti dal processo di ionizzazione, assieme a quelli primari emessi dal catodo, trasportano invece la corrente verso l’anodo. E’ da sottolineare la mancanza di zone concentrate di emissione di corrente, che permette di limitare al minimo l’erosione del materiale del catodo a tutto vantaggio della vita operativa del dispositivo.

Regime a bassa portata

Diminuendo la portata a partire dal regime normale ma mantenendo invariate la pressione e la corrente, si osserva la transizione verso un nuovo tipo di regime, il regime a bassa portata. Questo regime è caratterizzato da un

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profilo della temperatura di parete monotono crescente verso l’uscita del catodo, sintomo di una scarsa penetrazione della colonna del plasma all’interno della cavità catodica. La diminuzione della portata, infatti, comporta una minore pressione del flusso di gas che a sua volta provoca una diminuzione della ionizzazione all’interno del catodo; in tali condizioni operative il cammino libero medio degli elettroni emessi per effetto termoionico, utile alla ionizzazione dei neutri, risulta essere troppo lungo e la maggior parte degli elettroni usciranno dal catodo senza produrre ionizzazione. Questo regime non è molto interessante perché richiede differenze di potenziale più alte rispetto al regime normale. La zona calda del catodo è meno estesa e quindi meno efficiente come sorgente termoionica, rispetto al regime normale a parità di temperatura massima di parete; inoltre, poiché il grado di ionizzazione all’interno del catodo è molto basso, è necessario che la ionizzazione avvenga anche nel plasma esterno per poter fornire la corrente di scarica richiesta.

Regime a bassa corrente

Questo regime può manifestarsi durante la fase di accensione dell’arco in presenza di una corrente troppo bassa. In tali condizioni, gli ioni che si formano nel plasma esterno penetrano nel catodo in quantità insufficiente ad un riscaldamento diffuso della parete, provocando una zona di emissione concentrata di corrente termoionica. Questa zona calda concentrata può muoversi circolarmente sulla superficie interna del catodo, oppure può muoversi casualmente lungo la superficie esterna, provocando grosse fluttuazioni del potenziale di scarica. In entrambi i casi provoca una significativa erosione del catodo. Per questo motivo si deve evitare questo regime durante l’accensione. Se invece si riduce la corrente a partire dal regime normale, non si corre il rischio di cadere nel regime a bassa corrente in quanto si provoca semplicemente lo spegnimento dell’arco.

Regime ad elevata pressione

Se la pressione della camera a vuoto viene aumentata oltre qualche decimo di torr, il massimo del profilo di temperatura di parete si sposta a valle; per pressioni dell’ordine di un torr si ha un profilo di temperatura

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moderate (fino a 10 torr), è simile al regime a bassa portata: il plasma infatti non si forma all’interno della cavità catodica. Tuttavia, se si aumenta la pressione della camera oltre qualche decina di torr fino alla pressione atmosferica ed oltre, si osserva che la zona calda si contrae fino a diventare una zona concentrata all’estremità del catodo; in tali condizioni si ha una massiccia e rapida erosione del catodo ed una elevata contaminazione del plasma esterno.

4.4 La funzione dell’orifizio

L’utilizzo del disco d’estremità ha la scopo di aumentare la densità di neutri in prossimità dell’inserto a bassa funzione di lavoro, in modo da favorire la ionizzazione; conseguentemente si riesce a limitare il consumo di gas in quanto si riesce a sfruttarlo più efficientemente [ 1 ], [ 2 ].

Questo componente consiste in un disco metallico recante un foro svasato al centro e viene saldato all’estremità a valle del catodo.

Le dimensioni fondamentali di questo componente sono due: il diametro del foro e la lunghezza della parte cilindrica dello stesso.

Si definiscono così due fattori di forma, uno per la sezione del foro (AR) e l’altro per la lunghezza del foro (AR’):

2 foro inserto d AR d ⎛ ⎞ = ⎜ ⎟ ⎝ ⎠ (4-1) ' foro foro l AR d = (4-2)

Nella figura seguente (Figura 4-5) è mostrato come cambia l’aspetto di questo componente al variare di AR’.

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Figura 4-5 Aspetto del disco di estremità al variare di AR’.

Lo studio della variazione delle prestazioni del catodo in funzione di questi due parametri è stato condotto da molti autori [ 7 ], [ 9 ].

In [ 9 ] è stato analizzato l’andamento della potenza assorbita dal catodo in funzione del fattore di forma AR’. Le previsioni teoriche fatte dagli autori con l’aiuto di un modello numerico, sono state confermate dai risultati sperimentali: la potenza assorbita decresce al diminuire di AR’ (Figura 4-6) e, a parità di AR’, un catodo avente un diametro dell’orifizio più grande consuma meno potenza.

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Figura 4-6 Potenza di scarica per una portata di 24 sccm di Xe.

In [ 7 ] è stata condotta un’analisi della scalatura del catodo cavo applicando un modello teorico basato sui principi fondamentali della fisica di questo dispositivo. In particolare sono stati riportati i risultati del modello per quanto riguarda l’influenza della variazione del fattore di forma AR sulle prestazioni del catodo. Innanzitutto si è notato che, a parità di diametro dell’inserto, la massima corrente di scarica raggiungibile aumenta all’aumentare di AR (Figura 4-7). La temperatura massima del catodo, a parità di AR e di diametro dell’inserto, aumenta con l’aumentare della corrente di scarica, mentre diminuisce all’aumentare del diametro dell’inserto a parità di AR e di corrente di scarica (Figura 4-8); fissati il diametro dell’inserto e la corrente di scarica, la temperatura massima dell’inserto diminuisce all’aumentare di AR.

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Figura 4-7 Influenza del diametro interno dell’inserto sulla corrente di scarica.

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4.5 I modi operativi del neutralizzatore

Le ricerche effettuate in [ 16] e [ 17 ] hanno mostrato l’esistenza di molti modi operativi per il catodo, specialmente quando provato nella configurazione a diodo. Tuttavia i modi operativi dominanti sono due e sono conosciuti come spot mode e plume mode. I due modi indicati dipendono fortemente dalla corrente estratta dal catodo e dalla portata del propellente; in Figura 4-9 sono riportati questi due modi operativi per neutralizzatori per motori a ioni, tuttavia è riportato anche l’andamento del modo plume per catodi più piccoli [ 3 ].

Figura 4-9 Illustrazione dei modi operativi.

A portate molto basse il tentativo di estrarre un’elevata corrente comporta solamente ad un voltaggio dell’anodo relativamente alto ed a disturbi elettrici significativi (curva O in Figura 4-9). La scarica è quindi molto luminosa intorno all’estremità del catodo e siamo in presenza del modo plume.

Aumentando la portata si rendono disponibili gradualmente correnti sempre più elevate (curva P). Improvvisamente si ha la transizione al modo spot in cui la corrente può essere aumentata fino al valore richiesto mentre il

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potenziale rimane basso (curva Q). Questa transizione include ovviamente una regione in cui la caratteristica elettrica ha pendenza negativa.

Nel modo spot si ha una luminosità generale minore, con la radiazione luminosa che viene emessa principalmente dall’orifizio del catodo che risulta molto brillante. Quando la portata viene ulteriormente aumentata la transizione si sposta verso correnti più basse (curva R). Alla fine, alle portate più elevate, il modo plume è completamente assente e i disturbi che lo accompagnano spariscono (curva S).

Almeno un altro modo operazionale può essere identificato, il neutraliser mode. Questo modo si manifesta quando sia la portata che la corrente sono basse e il catodo si trova in alto vuoto. Il catodo può così funzionare in modo molto stabile a temperature relativamente basse, ma si ha una generazione di disturbi significativa. Questo modo operazionale è quindi appropriato per scopi di neutralizzazione e implica che questo fenomeno sia la componente dominante dell’interferenza magnetica (EMI) prodotta dall’intero propulsore. Non è invece adatto all’impiego in motori SPT perché opera a bassa corrente, mentre in un motore di questo tipo il neutralizzatore svolge anche la funzione di sostentamento della scarica ed ha quindi bisogno di correnti più elevate. Il modo operazionale utilizzato per i neutralizzatori per motori HET è quindi il modo spot, il quale corrisponde al regime normale descritto nel paragrafo 4.3.1 all’interno della trattazione della teoria generale del catodo cavo.

Figura

Figura 4-1  Architettura di un neutralizzatore
Figura 4-2  Penetrazione del plasma nella cavità catodica.
Figura 4-3  Rappresentazione schematica del double sheath.
Figura 4-4  Varie configurazioni di elettrodi con catodo cavo.
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