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LE EMERGENZE ED URGENZE ODONTOIATRICHE: IL RUOLO DELL’OTORINOLARINGOIATRA

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LE EMERGENZE ED URGENZE ODONTOIATRICHE:

IL RUOLO DELL’OTORINOLARINGOIATRA

Giovanni Carlo Modugno*

La contiguità e continuità anatomica dei distretti anatomici che sono oggetto delle patologie di pertinenza odontoiatrica ed otorinolaringoiatrica condizionano spesso la necessità di un rapporto di collaborazione specialistica, anche al fine di un più idoneo inquadramento diagnostico e trattamento del caso clinico. Se questo tipo di collaborazione si instaura soprattutto per patologie di tipo infiammatorio ad esordio acuto o subacuto il cui sintomo prevalente è l’algia cranio-facciale, è utile ricordare come, in alcuni casi, l’evoluzione subdola di una patologia pre-esistente o misconosciuta od un evento iatrogeno possono costituire una vera e propria condizione di emergenza od urgenza nella quale l’otorinolaringoiatra si troverebbe a svolgere un ruolo prioritario. Fortunatamente questi ultimi eventi sono particolarmente rari e spesso, è proprio lo specialista otorinolaringoiatra, solitamente chiamato in causa come consulente dal medico di pronto-soccorso, che individua in una pre-esistente patologia specifica del distretto odontoiatrico, l’elemento che ha condizionato, solitamente in forma di complicanza infiammatoria, il quadro patologico d’urgenza. L’esempio classico di questa successione di eventi è l’ascesso odontogeno del cavo orale che si sviluppa nei tessuti molli del pavimento orale, condizionando, in taluni casi anche il rischio di complicanze maggiori per l’imponente edema infiammatorio delle mucose o l’insorgenza di un trisma da coinvolgimento diretto dei muscoli masticatori (quest’ultimo fattore può infatti rendere problematica l’evacuazione del pus dal

*Università di Bologna, Dipartimento di Scienze Chirurgiche ed Anestesiologiche, Sezione di Otorinolaringoiatria (Resp. UO, Dott. Prof. Alberto Rinaldi Ceroni).

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cavo orale). L’ascesso odontogeno del cavo orale deriva solitamente da una patologia infiammatoria del parodonto o da una patologia alveolare che si estende allo spazio periostale interno del mascellare inferiore. Anche le fasciti necrotizzanti del collo potrebbero trovare una origine odontogena ma (1), in questo caso, sono soprattutto altri (antibiotico resistenza per antibioticoterapia inadeguata, immunodeficienza acquisita, ecc.) i fattori che possono condizionare lo sviluppo di questa temibile complicanza che spesso impone un trattamento chirurgico di urgenza oltre ad un trattamento antibiotico mirato e terapeutico di supporto (terapia iperbarica).

Se si escludono i processi infiammatori acuti del cavo orale e del collo le uniche condizioni che potrebbero condizionare una emergenza odontoiatrica sono le emorragie post-estrattive ed il passaggio di corpi estranei nella via digestiva o respiratoria. Nel primo caso, in cui è spesso rilevabile il fattore concausale rappresentato dal trattamento farmacologico con cumadinici od antiaggreganti, è possibile che l’evento emorragico, solitamente non imponente e facilmente controllabile con le sole manovre di tamponamento, impegni l’otorinolaringoiatra (chiamato in causa dal medico di pronto soccorso) per la distanza temporale tra l’evento emorragico e l’evento causale vero e proprio (estrazione indaginosa con frattura alveolare, ecc.).

Per quanto concerne invece i corpi estranei, è utile ricordare che molto raramente questi impegnano ed occludono, seppure parzialmente, le alte vie respiratorie condizionando una reale emergenza di tipo respiratoria; il più delle volte il corpo estraneo segue la via digestiva superando l’asse esofageo, la cui perforazione, per contro, potrebbe favorire la temibile complicanza della mediastinite.

Il ruolo sicuramente prioritario dell’otorinolaringoiatra nella gestione delle urgenze ed emergenze “odontoiatriche” e la relativa rarità di queste condizioni patologiche contrastano d’altronde con il ruolo comunque non certo marginale che l’otorinolaringoiatra assume nella diagnosi e nella gestione terapeutica delle frequentemente sottostimate sinusopatie odontogene che, nonostante la

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possibile guarigione senza residui funzionali anche con il solo trattamento di tipo medico, necessitano spesso di un trattamento chirurgico e possono, in talune circostanze, aggravarsi significativamente potendo anche costituire un reale rischio per le funzioni sensoriali e cognitive (2).

La sinusite odontogena (SO) viene classificata nell’ambito delle sinusiti croniche caseose e costituisce circa il 10-12% dei casi di sinusite.

L’evento eziopatogenetico consiste nel coinvolgimento infiammatorio della mucosa del seno mascellare principalmente per 3 motivi:

a) la propagazione di un evento infiammatorio nato nella regione apicale o periapicale dei denti del mascellare superiore che sono in rapporto con il pavimento del seno mascellare;

b) un evento traumatico;

c) un evento iatrogeno (estrazione dentaria, corpi estranei rappresentati da frammenti di strumentario chirurgico o da materiale di riempimento o di tamponamento, posizionamento di impianto, osteotomie del mascellare in corso di chirurgia maxillo-facciale pre-protesica o di plastica sinusale). Studi recenti (3) avrebbero dimostrato che in circa l’80% dei casi l’elemento causale risiede in un trattamento canalare dove l’elemento istopatologico di base è rappresentato dalla necrosi pulpare e da una lesione apicale conseguente al trattamento canalare. Il processo infiammatorio si estende all’osso alveolare e può estendersi attraverso la via subperiostea fino a raggiungere altri distretti (orbita, seni etmoidali, ecc). Nel 2-5% dei casi l’elemento causale è rappresentato dalla presenza di corpi estranei di origine dentaria. Lo stato infettivo preesistente al trattamento odontoiatrico è dunque fondamentale per la genesi della sinusite e questo spiega pertanto la relativa rarità (1% circa) con cui si registra tale complicanza durante la chirurgia pre-protesica (lift-sinusale) (4).

È relativamente raro, d’altronde, che una infezione odontogena, peraltro

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particolarmente frequente, si propaghi spontaneamente al seno mascellare senza aver prima interessato i tessuti molli vestibolari in mancanza di particolari condizioni anatomiche (assenza della corticale ossea del pavimento sinusale in corrispondenza di una radice dentaria). Altre cause iatrogene di sinusite odontogena sono la dislocazione nel seno mascellare di una radice dentaria durante una manovra estrattiva o di materiale usato durante la terapia canalare e la frattura alveolare con formazione di una fistola oro-antrale (eventualmente favorita dal riassorbimento dell’osso alveolare conseguente a precedenti manovre estrattive su elementi dentari adiacenti).

I microrganismi più frequentemente isolati nella SO sono quelli tipici delle sinusiti acute ed in particolare lo S.pneumonia, l’H.influenza, e la Branhamella catarrhalis (5). Questi germi fanno parte della comune flora batterica presente sulla mucosa sinusale oltre allo S.viridans, gli streptococchi di gruppo A, lo Stafilococco aureus ed anche alcuni anaerobi e bacilli. È comunque importante rilevare che in caso di cronicizzazione del fenomeno infiammatorio, come nelle SO, si creano le condizioni ottimali (ostruzione degli osti di ventilazione e riduzione della tensione di ossigeno) per lo sviluppo di ceppi anaerobi (Bacterioides, Viellonella, Corynebacterium, Fusobacterium, Eikenella, ecc) che come è noto tendono a sviluppare maggiore antibioticoresistenza e possono pertanto rendere più complessa la fase terapeutica. Molti ceppi anaerobi, d’altronde, sono presenti in elevate concentrazioni nel cavo orale sia nelle secrezioni salivari che nella placca dentaria.

Anche la sovrainfezione fungina è un evento relativamente comune anche se solitamente è possibile registrare la presenza di ulteriori fattori di rischio (diabete, immunodeficienza acquisita, pazienti in trattamento con immunosopressori, ecc).

La clinica della SO è quanto mai variabile potendo cmprendere il classico corteo sintomatologico della sinusite acuta (algia cranio-facciale, ostruzione nasale, rinorrea purulenta, scolo di secrezioni nella rinofaringe, ecc) od avere un decorso silente (6) od un esordio sintomatologico paucisintomatico con prevalenza di un

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disturbo della sensibilità olfattoria transitorio in concomitanza con la manovra del

“soffiarsi” il naso. In casi rari l’esordio del fenomeno infiammatorio può invece coincidere con i sintomi che indicano l’ulteriore estensione del fenomeno infettivo (cellulite orbitaria, etmioidite, ecc) quali il coinvolgimento infiammatorio dei tessuti molli facciali e/o periorbitari, ptosi palpebrale, diplopia, ecc. Per quanto concerne l’aspetto diagnostico, oltre alle manovre ispettive (rinoscopia anteriore con decongestione nasale, endoscopia nasale, ecc) è sempre opportuno procedere a studio Tc ad alta risoluzione dei seni paranasali con ricostruzione assiale e coronale che consente di rilevare tutti gli elementi anatomici utili per una diagnosi corretta.

Il riscontro di un coinvolgimento monolaterale del seno mascellare e la presenza di alterazioni del pavimento sinusale sono elementi fortemente evocativi di una sinusite odontogena mentre la presenza di calcificazioni (corpi estranei dentari?) nel contesto del tessuto a densità molle contenuto nel seno mascellarare non consentirebbe una chiara differenziazione (7) tra la SO e la sinusite caseosa fungina, quadro clinico molto simile alla SO ma ancora scarsamente inquadrato da un punto di vista patogenetico, anche se è stato recentemente ipotizzato che lo sviluppo dell’infezione fungina (Aspergillus fumigatus) potrebbe essere indotto o favorito dallo zinco (in forma di ossido) contenuto nelle paste di riempimento per la terapia canalare (8).

L’evoluzione della SO è solitamente favorevole se viene impostato un adeguato programma terapeutico; sono estremamente rari i casi in cui il processo infettivo evolve verso ulteriori e più temibili complicanze (2). Il trattamento delle SO prevede una adeguata antibioticoterapia mirata (basandosi eventualmente su un esame colturale delle secrezioni nasali) di durata protratta (2-3 settimane) e la rimozione dell’agente infettante che può prevedere la cura o l’estrazione dentaria o l’asportazione del corpo estraneo endosinusale e del materiale caseoso e mucosale infetto. Se i dati clinicostrumentali fanno deporre per una SO indotta da una lesione periapicale anche estensiva, un trattamento conservativo endodontico potrebbe trovare un riscontro di per sé favorevole senza fare ricorso alla chirurgia

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estrattiva o periapicale (9). L’irrigazione sinusale con soluzioni saline attraverso il canale dentario avrebbe recentemente dimostrato un favorevole effetto terapeutico (10). Se per contro è certa una genesi connessa alla presenza di un corpo estraneo endosinusale s’impone un trattamento chirurgico di rimozione. Un primo tentativo di estrazione della radice può essere effettuato per via trans- alveolare laterale con il vantaggio di ridurre il rischio di un’ampia fistola oro-antrale (5). Se la dislocazione della radice dentaria non consente un approccio alveolare è possibile programmare un approccio al seno mascellare per via anteriore (Caldwell- Luc modificato) eventualmente con assistenza endoscopica. Per questo tipo di approccio è solitamente previsto il confezionamento di una antrostomia nasale anteriore (sotto il turbinato inferiore) per consentire l’adeguata ventilazione sinusale. A tale proposito è utile ricordare che recenti osservazioni sperimentali avrebbero messo in discussione l’utilità di quest’ultima procedura soprattutto in presenza di una integrità del complesso osteo-meatale naturale (5,10) a fronte del relativo rischio di incorrere in un danno iatrogeno a carico del dotto nasolacrimale.

Con questo tipo di approccio, comunque, il rischio di ricorrenza di fistola oro- antrale è relativamente elevato (dal 9% al 15%) soprattutto se l’intervento viene effettuato in fase di cronicizzazione del fenomeno infiammatorio connesso alla fistola (11).

È infine opportuno considerare che negli ultimi 10 anni si è ormai ampiamente diffusa ed affermata(3,5,6,12) la chirurgia endoscopia trans-nasale o ESS (endoscopic sinus surgery) attraverso la quale è possibile trattare ogni tipologia di patologia endosinusale annullando il rischio iatrogeno (rappresentato soprattutto dalla nevralgia trigeminale) degli approcci trans-orali e riducendo significativamente i tempi di recupero post-operatori (ostruzione nasale ed edema dei tessuti molli). Attraverso l’approccio endoscopico transnasale si accede al seno mascellare dopo aver effettuato la resezione per via retrograda del processo uncinato ed aver asportato per via retrograda la porzione della parete mediale del seno mascellare sita tra il canale nasolacrimale (anteriormente) ed il piano

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passante per l’ostio naturale del seno mascellare. In questo modo si ottiene un ampliamento “fisiologico” dell’ostio del seno mascellare attraverso cui è possibile con l’ausilio di ottiche rigide di 4 mm di diametro ed angolo di visualizzazione laterale (30°, 45°, 70°) e di uno specifico strumentario chirurgico (microdebrider, pinze a morso retrogrado, ecc.) controllare e bonificare anche la regione più anteriore del recesso alveolare. In presenza di una fistola oro-antrale è stato proposta una tecnica basata sull’adeguato curettage del tessuto di granulazione facendo passare il microdebrider attraverso la fistola sotto controllo endoscopico e chiudendo la stessa con plastica a più strati utilizzando lembi di rotazione di mucoperiostio. Questa tecnica si è dimostrata in grado di ridurre significativamente la percentuale di ricorrenza al 7%(12).

Da questo esposto è pertanto evidente come molti aspetti della SO, soprattutto inerenti i meccanismi eziopatogenetici ed il trattamento, non sono stati ancora sufficientemente chiariti. In considerazione della relativa elevata prevalenza di tali eventi, del sempre più diffuso ricorso alla implantologia ed alle cure odontoiatriche in generale anche in pazienti considerati “a rischio”, e delle importanti implicazioni sul piano medico-legale è evidente come debbano assumere un ruolo prioritario l’idoneo rapporto di collaborazione tra le diverse figure professionali coinvolte nella gestione di queste patologie (odontoiatra, otorinolaringoiatra, chirurgo maxillo- facciale) ed una sistematica opera di prevenzione basata su una esaustiva valutazione dei fattori predisponesti, anche facendo eventualmente ricorso a più approfondite indagini strumentali pre-trattamento, e su un idoneo rapporto medico-paziente.

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Bibliografia

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11) Gluckman JL. Oroantral fistola. In Donald PJ, Gluckman JL, Rice DH, eds, The Sinuses. New York: Raven, 599-606, 1995

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12) Lopatin AS, Sysolyatin SP, Sysolyatin PG, Melnikov MN. Chronic maxillary sinusitis of dental origin: Is external surgical approach mandatory? Laryngoscope 112:

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Riferimenti

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