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Ruolo dell'imaging preprocedurale nell'ablazione del substrato dei pazienti con fibrillazione atriale

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RUOLO DELL’IMAGING PREPROCEDURALE NELL’ABLAZIONE

DEL SUBSTRATO DEI PAZIENTI CON FIBRILLAZIONE ATRIALE

RELATORE

Dott.ssa Maria Grazia Bongiorni

CORRELATORE

Dott. Andrea Di Cori

CANDIDATO

Giovanni Serughetti

S

CUOLA DI

M

EDICINA

DIPARTIMENTO DI RICERCA TRASLAZIONALE E DELLE NUOVE

TECNOLOGIE IN MEDICINA E CHIRURGIA

CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN MEDICINA E CHIRURGIA

TESI DI LAUREA MAGISTRALE

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Indice

1 Introduzione... 1.1 Definizione di fibrillazione atriale ... 1.2 Epidemiologia... ... 1.3 Classificazione... . 1.4 Fattori di rischio... 1.5 Diagnosi e alterazione elettrocardiog rafiche... 1.6 Clinica... 1.7 Fibrillazione atriale e qualità della vita ... 1.8 Mortalità e morbilità... 1.9 Fisiopatologia della fibrillazione atriale ... 1.9.1 Innesco... ... 1.9.2 Mantenimento... 1.9.2a Attività focale... 1.9.2b Rientro multiplo... 1.9.2c Circuito madre ... 1.9.3 Rimodellamento... ... 2 Ablazione transcatetere con radio frequenze ... 2.1 Indicazioni... 2.2 Cenni storici... ... 2.3 Le vene polmonari come bersagli dell’ablazione: anatomia e fisiopatolo-gia... 2.4 Target alternativi alle vene polmonari ... 2.5 Radio frequenza e strumenti ... 2.5.1 Contact force sensing ... ... 2.6 Tecniche per ottenere l’isolamento permanente delle vene polmonari ... 2.7 Sistemi di mappaggio elettroanatomico ...

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2.8 Gestione periprocedurale : Screeninig preprocedurale per trombosi dell’auricola sinistra... ... 2.9 Outcome e recidiva dell’ablazione della FA ... ... 2.10 Complicanze... ... 3 Imaging nella ablazione della FA ... 3.1 Imaging preprocedurale ... 3.1.1 Tomografia computerizzat a... 3.1.2 Risonanza magnetica... ... 3.2 Imaging intraprocedurale e navigazione non fluoroscopica ... 3.2.1 EAM... 3.2.2 Fluoroscopia ... 3.3 Dose assorbita, dose efficace e rischio espositivo ... 4 Scopo della tesi... 5 Materiali e metodi... 6 Statistica... 7 Risultati... 8 Discussione... ... 9 Conclusione... 10 References... 11 Ringraziamenti...

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1. Introduzione

La fibrillazione atriale è la più frequente tra le aritmie, si associa ad un au-mento della mortalità e a un peggioraau-mento della vita.

Al trattamento farmacologico si è aggiunta l’ablazione, l’approccio endova-scolare e passato da semplice tecnica di studio elettrofisiologic o ad un vero e proprio trattamento.

Lo scopo dell’ablazione è quello di permettere l’isolamento elettrico delle vene polmonari attraverso la formazione di lesioni circonferenziali, transmu-rali e continue nella regione antrale delle vene.

Elemento fondamentale per la riuscita della procedura è la formazione di una lesione continua che può essere ottenuta solo se l’operatore conos ce la posi-zione del catetere nello spazio. Originariamente gli unici imaging disponibili durante l’ablazione erano la fluoroscopia e la venografia ; con l’evoluzione tecnologica sono state introdotte mappe elettro-anatomiche 3D che hanno ri-dotto l’esposizione intraoperatoria del paziente e dell’operatore, la durata della procedura e l’hanno resa più sicura. Le mappe elettro-anatomiche pos-sono essere integrate anche immagini 3D TC o RM (merging) incrementando ulteriormente la precisione del sistema.

1.1 Definizione di fibrillazione atriale

La fibrillazione atriale (FA) è una tachi -aritmia sopra -ventricolare caratte-rizzata da un’attivazione caotica ed irregolare dell’atrio, che comporta la perdita della attività contrattile degli atri e il disaccoppiamento atr io-ventri-colare, con le possibili conseguenze emodinamiche.

1.2 Epidemiologia

Incidenza: diversi studi hanno cercato di calcolare l’incidenza della FA nei paesi occidentali con risultati che vanno da 0,19% a 0,99%2 - 4, questa

etero-geneità è imputabile alle popolazioni studiate.5

In uno studio svoltosi nel Regno Unito, tra il 2001 e il 2013, ha riscontrato una incidenza di FA non valvolare di 0,67% negli over 45 anni ( 0.66 per gli uomini e 0,59 per le donne) con un’incidenza di 0,06 per pazienti di età

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compresa tra 45 e 49 anni, 0,43 tra i 60-69 anni, 1,16 tra i 70 -79 anni, 2,5 tra gli 80-89 anni e 4,06 al di sopra di 90 anni , dimostrando come l’incidenza sia correlata con l’età e il sesso.

L’incidenza è influenzata dalla razza, in ordine di frequenza abbiamo i bian-chi, gli asiatici e i pazienti di colore.

Prevalenza: La fibrillazione atriale è l’aritmia cardiaca sostenuta clinica-mente significativa più comune negli U.S.A6 e presenta significativa

morta-lità e morbimorta-lità.7 , 8

Uno degli studi più citati in letteratura, lo studio ATRIA,6 che si concentra

su una coorte di soggetti di età maggiore di 20 anni della California (U.S) , ha rilevato una prevalenza della FA pari a 0,95% della popolazione, con va-lori che oscillano da 0,1% tra i più giovani di 55 anni, 3,8 % oltre i 60 anni e 9,0% con età maggiore o uguale a 80 anni. Il sesso femminile risulta avere un’incidenza minore rispetto alla controparte (1,1% vs 0,8%) e la popola-zione di colore ha una minore prevalenza di FA.

Nella contea di Olmsted (Minnesota) tra il 1980 e il 2000 si è assistito ad un aumento dell’incidenza di FA, passando da un valore di 3,04 per mille abi-tanti ad un valore di 3,68 per mille abiabi-tanti, con un incremen to percentuale in 21 anni pari al 12.6% (0,6% per ogni anno). In base ai dati raccolti durante lo studio è stato ipotizzato che la prevalenza di FA nella popolazione U.S.A passerà da 5,1 milioni nel 2000 a 12,1 milioni nel 2050 se non si considera un ulteriore aumento dell’incidenza oltre l ’anno 2000 e a 15,9 milioni se si considera un incremento continuo dell’incidenza . Questo trend sarà attribui-bile, per il 35%, all’aumento dell’incidenza di FA e per il 65% alla crescita demografia e al invecchiamento della popolazione degli U.S .A3.

Tra i fattori responsabili ci sono: ipertensione, alterazioni valvolari, scom-penso cardiaco, diabete mellito, infarto del miocardio e aumento della so-pravvivenza dei pazienti affetti da queste patologie.

Osservazioni più approfondite sono state fatte sull’obesità (BMI > 30) , che è aumentata del 15% nella popolazione in studio durante il periodo di riferi-mento, contribuendo per il 60% all’aumento dell’incidenza aggiustata per età e sesso.3

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Nel 2050, secondo lo studio ATRIA, si avrà un aumento della prevalenza di 2,5 volte a causa all’invecchiamento della popolazione, la percentuale di pa-zienti con FA con età maggiore di 80 anni passerà da 37% a 52%, e il 50% di coloro che avrà FA sarà di sesso femminile a causa della maggiore aspettativa di vita.6

In contrapposizione a questo studio, un più recente trial canadese non ha rilevato un aumento dell’incidenza di FA fra il 2000 e il 2009, rimasta stabile a 32,4 per 10000 abitanti.2

Storia naturale: il 36% delle FA sono parossistiche, il 28% sono persistenti e il 36% permanenti, mentre il 19% sono di nuova insorgenza. Nello studio RECORDAF si è vista una progressione della patologia , da parossistica a persistente, nel 15% dei casi dopo un anno9 , 1 0.

Età, pressione diastolica, patologie coronariche, TIA, stroke, ipertensione e scompenso cardiaco, bronco -pneumopatia cronica ostruttiva sono fattori di rischi indipendenti per la progressione dalle FA.

Circa il 50% dei pazienti con uno score HATCH > di 5 è progredito verso una FA persistente, contro il 6% di progressione per coloro che avevano un pun-teggio pari a 0.1 0

Il trattamento volto al controllo del ritmo ha dimostrato minori probabilità di evoluzione della FA rispetto al controllo della frequenza.9

Tra coloro che hanno avuto una progressione di malattia si è riscontrato un numero maggiore di accessi presso strutture ospedaliere e p iù frequenti eventi avversi cardiovascolari.1 0

La dimensione dell’atrio sinistro (diametro >o uguale a 40 mm) e la durata filtrata dell’onda P (FPD > o uguale a 150 ms) sono dei fattori predit tivi indipendenti per evoluzione della FA verso la forma persistente. Nello studio di Koide at al il FPD si è dimostrato un miglior indice predittivo rispetto alla dimensione dell’atrio.1 1

Uno studio Canadese ha riscontrato che la frequenza con cui la FA progredi-sce verso la forma pe rsistente a 1, 5 e 10 anni è rispettivamente di 8,6%, 24,3%, 36,3%; e che a 10 anni dalla diagnosi di FAP il 50% dei soggetti è passato alla forma persistente oppure è morto1 2.

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La regressione da persistente a FAP avviene con una frequenza del 10%1 3

La progressione della FA si associa ad una diminuzione del la QoL (Quality of life).1 4

1.3 Classificazione

Molteplici sono le classificazioni della fibrillazione atriale, alcune si basano sulla clinica, altre sulla durata, altre ancora sull’eziologia. La necessità di diverse classificazioni è dovuta ai diversi aspetti che caratterizzano questa patologia e risultano ancora utili per la gestione clinica del paziente. Esistono FA Primarie e secondari e, dove per primitiva (isolata o lone) si intende quel disturbo che non ha una causa che la determini o delle condizioni che ne favoriscano l’insorgenza, siano esse cardiovascolari o meno, ed è tipica di soggetti al di sotto dei 60 . Molteplici sono invece i fattori che possono de-terminare la FA secondaria, alcuni di questi sono temporanei altri perma-nenti.

Rispetto alla clinica si possono classificale le FA in sintomatiche e asinto-matiche. In base alla frequenza di attivazione ventricolare si distinguono FA tachi-frequente, normo-frequente e bradi -frequente.

La classificazione proposta nel 2017 HRS/EHRA/ECAS/APHRS/ -SOLAECE distingue:

FA di nuova insorgen za: tutte le FA documentate per la prima volta, indipen-dentemente dalla durata e dalla gestione del trattamento. Non sempre questa è una diagnosi di passaggio, dato che la risoluzione di cause responsabili dell’aritmia può evitare il ripresentarsi della patologia.

FA ricorrente: quando si ha almeno una recidiva.

FA parossistica: tutte le FA che terminano spontaneamente o con intervento medico entro 7 giorni.

FA persistente: ne fanno parte tutte le FA che durano più di 7 giorni ma meno di un anno.

FA early persistent: FA che dura più di 7 giorni ma meno di 3 mesi, inserita nel consensus statement del 2017 per creare una sottopop olazione che ri-sponde meglio all’ablazione della FA.

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FA persistente di lunga durata: quando la FA ha una du rata maggiore di un anno.

FA permanente: comprende tutti i casi in cui non sono stati fatti tentativi di cardioversione o in cui la cardioversione non è stata efficace per mancato ripristino del ritmo sinusale o per recidiva precoce. (Incidenza di 0.17% all’anno tra gli abitanti del Regno Unito di età compresa tra 40 e 89 anni) .1 5

Questa categoria non si riferisce alla durata degli episodi di FA ma fa riferi-mento all’approccio clinico che è stato messo in atto nei confronti della pa-tologia, ovvero il non intervento.

Come si può vedere esistono innumerevoli classificazion i e queste ultime si sovrappongono; l’inqu adramento del paziente in una di queste classi viene fatto considerando quale è la manifestazione pi ù frequente dell’aritmia, non è definitivo e può cambiare nel tempo.

Classificazioni precedenti a quella del consensus statement 2017 considera-vano non solo la durata degli episodi ma anche se la risoluzione era spontanea o meno, ciò era responsabile di un maggior numero di pazienti con diagnosi di FA persistente1 6.

1.4 Fattori di rischio

Gli studi hanno confermato l ’esistenza di molteplici fattori di rischio inte-ressati nell’insorgenza e nella progressione della FA.

I principali fattori di rischio della FA sono: Invecchiamento, predisposizione genetica, sesso, ipertensione (IA), obesità, scompenso cardiaco (HF), coro-naropatia (CHD), diabete mellito tipo 2 (DMT2), patologia cardiaca di ori-gine valvolare, insufficienza renale cronica, consumo di alcool, bronco-pneu-mopatia cronica ostruttiva ed esercizio di resistenza intensa eccessivo cro-nico.1 7

Età: la FA risulta rara nel giovane e diventa più diffusa con il precedere dell’età, fino ad essere comune nell’anziano.

Genetica1 8: La FA è ereditabile, degli studi di associazione hanno evidenzi ato

16 loci associati alla FA, non è chiaro come le varianti genotipiche modifi-chino il rischio di FA né come interagiscano con i vari fattori di rischio. U n

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gene in particolare, posto sul locus 4b25, è associato ad un rischio del 27% più alto nei soggetti con età inferiore a 65 anni (OR 1,80 per età inferiore a 65, 1,45 per età superiore a 65): ciò suggerisce che la patogenesi della FA potrebbe cambiare con l’età nei soggetti di discendenza europea, ma non sono state rilevate correlazioni genetiche tra ses so, BMI, ipertensione e rischio di FA.

Obesità1 7: è un fattore di rischio indipendente per la FA che si associa ad un

rischio aumentato del 49% rispetto ai non obesi 1 9, con un aumento del 4%

per ogni aumento di 1 unità del indice di massa corporea (BMI). Per spiegare questa associazione sono state fatte diverse ipotesi , come l’aumento delle dimensioni dell’atrio sinistro e l’accumulo di grasso epicardico 2 0;

quest’ul-timo risulta inoltre un predittore di ricorrenza di FA post -ablazione2 1.

L’obe-sità (BMI>30) e l’obeL’obe-sità severa si associano ad un maggior rischio di pro-gressione, dove per progressione si intende passaggio da FA parossistica a FA persistente o permanente. La progressione correla con un maggior rischio di complicanze.1 0 Perdite di peso di almeno il 10%, a lungo termine, riducono

di 6 volte il rischio di recidiva, l’opposto succede con le fluttuazioni del 5% del peso corporeo .2 2

Apnee ostruttive nel sonno (OSA S)1 7 , 2 3: sono un fattore di rischio indip

en-dente della FA nei soggetti di età minore di 65 anni, oltre i 65 anni solo lo scompenso cardiaco può predire l’incidenza della FA. Le OSAS si associano spesso all’obesità ma, nello studio Gami el al.2 3, è stato dimostrato che OSA

e obesità aumentano il rischio di FA ma lo fanno indipendentemente l’una dall’altra. L’aumento del rischio è correlato con la diminuzione della satura-zione notturna dell’ossigeno del sangue. Il meccanismo che sta alla base della correlazione FA-OSA non è chiaro ma si ipotizzano: dilatazione dell’atrio sinistro con stiramento delle vene polmonari causato dalla diminuzione della pressione intra toracica, aumento del tono simpatico durante e aumento del tono vagale alla fine dell’apnea, alti livelli di siero amiloide e di proteina C reattiva e interleukina -6.

Forme severe di OSAS si associano a ridotta risposta a trattamento farmaco-logico con anti -aritmici, mentre i soggetti con OSA S hanno un maggior ri-schio di recidiva post-isolamento delle vene polmonari (31% di riri-schio di recidiva post ablazione in più rispetto a chi non ha OSA S).2 4

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Il trattamento con CPAP migliora la risposta ai farmaci e riduce il rischio di recidiva post -PVI2 5 portandolo a livelli di chi non soffre di apnee.

Ipertensione: l’incidenza dell’ipertensione nella popolazione è alta e insieme alla FA costituisce un fattore di rischio per patologie cardio -vascolari. Tra coloro che hanno la FA si ha un 60 -80% di soggetti con ipertensione. Molte-plici studi hanno tentato di spiegare come l’ipertensione aumenti il rischio di FA, si ipotizza che sia dovuto all’aumento della fibrosi miocardica, in-fiammazione, ipertrofia dell’atrio sinistro.2 6 Cambiamenti elettrofisiologici

sono stati visti in modelli murini , così come sono state riscontrate alterazioni strutturali nei canali del Ca+ dei cardiomiociti, aumento della giunzioni la-terali e diminuzione delle giunzioni end to end .2 7 L’ipertensione determina

delle alterazioni dell’atrio sinistro che nel loro complesso vengono denomi-nate cardiomiopatia atriale, la quale trova le sue cause in meccanismi emo-dinamici e non emoemo-dinamici; l’ipertensione, infatti, aumenta la rigidità (stiff-ness) e lo spessore (thick(stiff-ness) del ventricolo sinistro (LV), causando disfun-zione diastolica e ipertrofia che ripercuotendosi a monte induc ono aumento della pressione e stiramento del LA, favorendo l’insorgenza della FA. Uno studio su soggetti ipertesi ha rilevato che l’ipertrofia del LV si associa a un raddoppiamento del rischio di insorgenza di FA, mentre il diametro atriale sinistro è direttamente propo rzionale al rischio a 5 anni di sviluppare FA permanente. 2 8 Anche l’attivazione del Sistema renina -angiotensina

-aldoste-rone (RAAS) determina un aumento del rischio di FA, m a i risultati riguar-danti l’utilizzo di inibitori del RAAS nella prevenzione della FA sono con-trastanti; lo studio LIVE, per esempio, dice che nei pazienti ipertesi trattati con losartan, l’incidenza della FA di nuova insorgenza è minore (6,6 Vs 10,1 su 1000 all’anno) rispetto ai soggetti trattati con atelololo, anche se entrambi i gruppi avevano raggiunto lo stesso grado di controllo pressorio.

Molti studi si sono occupati di stabilire la relazione tra pressione sanguigna (BP) e rischio di FA, ma i risultati sono controversi; alcuni dicono che r isulta più attendibile la pressione differenziale rispetto alla BP2 9, altri invece hanno

riscontrato un andamento a U nella curva pressione -rischio3 0, con un rischio

aumentato per valori pressori < di 120 mmHg e > di 140mmHg. Altri studi invece hanno rilevato che l’aumento del rischio di FA è lineare all’aumento della BP.3 1

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Diabete mellito3 2: il 20% di coloro che ha la FA ha anche il diabete mellito

(DM)3 3, quest’ultimo determina un rimodellamento strutturale elettrico e

au-tonomico. È stato ipotizzato che la fibrosi indotta dal DM è il principale fattore responsabile della alterata conduzione interatriale alla base dell’ini-zio della FA3 4; gli elevati livelli di TGFβ e gli AGES (Advanced Glycation

End-products) comportano un eccessivo deposito di mat rice extracellulare e collagene portando a fibrosi.3 5 L’ipoglicemia, attivando il sistema

adrener-gico, e l’iperglicemia, caus ando uno stato infiammatorio, favoriscono la ge-nesi della fibrillazione, mentre le fluttuazioni glucidiche, comportando riten-zione idrica, aumentano il carico volumetrico dell’atrio sinistro3 2. È stato

dimostrato che il DM aumenta del 40%3 6 il rischio di sviluppare FA rispetto

ai controlli, anche se altri studi attest ano il rischio a percentuali minori. Inoltre è stato visto che il diabete incontrollato determina un risch io cre-scente all’aumentare dei valori di HbA1c3 7

Valvulopatie3 8: Le patologie valvolari aumentano il rischio di FA di 1,8-3,4

volte in ambo i sessi ,3 9 l’aumento della disfunzione valvolare, così come la

complessità della valvulopatia si associa no ad un rischio maggiore di FA.4 0

Scompenso cardiaco3 8: Scompenso cardiaco e FA spesso coesistono e uno

aumenta il rischio dell’altro creando un feed forward che si associa ad un aumento della mortalità.1 8 Una sintomatologia più severa dello scompenso

cardiaco correla con un aumento della probabilità di FA (<5-10% se hai sin-tomatologia di classe I secondo New York Heart Associa tion; 10-26% per la classe II e III della NYHA; 40 -50% per la classe IV della NYHA) .4 1 Non solo

lo scompenso sistolico, ma anche quello diastolico si associa ad una maggiore incidenza di FA e probabilmente questo è legato ai fattori di rischio condivisi come età ed ipertensione.3 8 I possibili meccanismi che sottendono alla genesi

della FA possono essere : l’attivazione del RAAS con il suo effetto pro -fibro-tico, l’ipertrofia ventricolare e l’attivazione adrenergica. Uno studio sulla funzione endoteliale e FA ha dimostrato che la disfu nzione endoteliale nei soggetti con scompenso cardiaco cronico è un buon predittore della FA4 2

Coronaropatia: La FA è una complicanza acuta dell’infarto acuto del miocar-dio4 3, ma non c’è un aumento di incidenza di FA nelle forme stabili di

coro-naropatia rispetto alla popolazione di controllo. Alcuni studi associano la FA con aumentato rischi di coronaropatia ostruttiva e non -ostruttiva.4 4

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Bronco-pneumopatia cronico ostruttiva: è un fattore di rischio indipendente per la progressione e la ricorrenza della FA, inoltre i pazienti con BPCO e FA hanno una prognosi peggiore di chi è in ritmo sinusale.4 5

1.5 Diagnosi e alterazioni elettrocardiografiche

La diagnosi della fibrillazione atriale viene fatta per mezzo di un’elettrocar-diografia e/o studio elettrofisiologico.

I criteri diagnostici sono:

1) Scomparsa delle onde P (onde di depolarizzazione atriale, originate dalla depolarizzazione degli atri indotta dal Nodo seno atriale (NSA)) e presenza di onde di fibrillazione (onde F), onde ad alta frequenza e basso voltaggio che rendono la linea isoelettrica tremolante. Le onde F sono irregolari nella forma, nel voltaggio e nella frequenza e quest’ultima oscilla da 400 a 600 battiti per minuto. La causa delle onde F è la caotica attivazione della parete degli atri e la sc arica con-temporanea di più regioni. In taluni casi le onde F risultano talmente piccole da non essere riconoscibili all’ECG , mentre altre volte, risul-tano uniformi in V1 simulando un flutter atriale.

2) Intervallo R-R irregolare. L’attività elettrica atriale, nonostante sia alterata, risulta comunque essere responsabile dalla stimolazione ven-tricolare, per cui sono gli impulsi atriali che , arrivando al nodo atrio ventricolare, ne inducono la depolarizzazione. L’irregolarità degli in-tervalli R-R è dovuta al fatto che non tutti gli impulsi atriali vengono condotti dal NAV; viene quindi condotto solo l’impulso che raggiunge il NAV nel momento in cui questo è eccitabile. La frequenza ventcolare risulta variabile, solitamente nel paziente anziano questa ri-sulta più bassa che nel giovane a causa della fibrosi del NAV. Ano-malie del sistema di conduzione cardiaco come la Wolff-Parkinson-White si associano a ritmi ventricolari più alti, anche maggiori di 250 bpm. Nelle FA con un ritmo ventricolare maggiore di 170 bpm l e ir-regolarità della distanza R -R si attenua e la diagnosi viene fatta in base alle onde F. Il blocco atrioventricolare (BAV) di terzo grado (completo), se ha un ritmo costante, si associa ad un intervallo R -R costante rendendo difficile l a diagnosi. L’intervallo R-R risulta

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altresì inutile nel caso in cui l’attivazione ventricolare è mediata da un device.

3) Lunghezza del ciclo, se visibile, solitamente minore di 200 ms. 4) Durata minima di 30 secondi.

1.6 Clinica

La maggior parte (69%) dei pazienti con FA sono sintomatici e più della metà (54%) di coloro che sono asintomatici ha presentat o i sintomi. Le forme per-manenti sono solitamente meno sintomatiche .4 6

I diversi sintomi con cui la patologia si presenta sono : dispnea, palpitazioni, sincope, pre-sincope, vertigini e dolore toracico. La maggio r parte degli studi statistici sui sintomi con cui si manifesta la FA sono basati su popolazioni caucasiche.

Nei reparti di emergenza i sintomi più frequentemente rilevati sono: palpita-zioni (16,2-78%), dispnea (7-51,8 %) e dolore toracico (10-34%), mentre la sincope e la pre -sincope sono meno frequenti (3 -18,8%).4 7 , 4 8. Al di fuori delle

condizioni di emergenze si è visto che la dispnea è più frequente nelle forme croniche e in quelle di recente insorgenza (46,8%), mentre nelle forme pa-rossistiche il sintomo principe sono le palpitazioni (79%).4 9 , 5 0

Sintomi

Totale

Parossistica

Cronica

Nuova insor.

Palpitazioni (%)

54,1 79 44,7 51,5

Dolore toracico (%)

10,1 13,2 8,2 11

Dispnea (%)

44,4 22,8 46,8 58

Sincope (%)

10,4 17,4 8 9,5

Fatica (%)

14,3 12,6 13,1 18

Altri (%)

0,9 0 1,8 0

Nessuno (%)

11,4 5,4 16,2 7

Frequenza dei sintomi nelle diverse forma di FA

51

Lo stroke, presentandosi nel 3,2 -5,1% dei casi come sintomo inizial e, può innescare l’iter diagnostico che porta alla diagnosi.5 2

La diagnosi di FA asintomatica avviene casualmente tramite ECG o in seguito ad uno stroke5 2. Uno studio che prevedeva il controllo telemetrico

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antiaritmico ha rivelato che, il 17% di questi, aveva avuto episodi asintoma-tici entro 6 mesi dall’inizio dello studio e prima di un evento sintomatico. La scarsa frequenza con cui si verificavano i controlli telemetrici fa ipotizzare che la percentuale di pazienti con FA asintomatica sia maggiore del 17%, in effetti nei Canadian Registry of Atrial Fibrillation si è riscontrato il 21% di FA asintomatiche.5 3 L’uso degli antiaritmici riduce la sintomatologia della

FA a causa del controllo del ritmo e della frequenza ventricolare .5 4

Propa-fenone e propanololo sono associati al 27% e 22% , rispettivamente, di FA asintomatica registrata durante un monitoraggio ambulatoriale di 24 ore.5 4

Diversi studi confermano l’Event Recorder come il miglior strumento per il riscontro della FA rispetto all’ECG Holter.5 5

Non si sa quali sono le conseguenze di episodi asintomatici di FA e quale durata minima debbano avere per causare danno 1 6

1.7 Fibrillazione atriale e qualità della vita

La FA risulta un importante modificatore della qualità della vita (QoL), nei diversi studi il questionario più usato per misurarla è stato lo SF-36 (short form-36). È stato visto che i pazienti con FA (parossistica, persistente, di nuova diagnosi etc.) hanno ottenuto un minor punteggio in tutti o in alcune delle categorie della SF -36 score rispetto ai gruppi di controllo sani, con patologia coronarica e alla popolazione generale; in aggiunta le donne hanno ottenuto punteggi più bassi degli uomini nelle categorie di salute fisica e funzionale.5 6 - 6 0

Il tipo di FA cambia l’impatto sulla QoL : infatti la FA persistente, avendo una gestione del trattamento più prevedibile , risulta meno invalidante ri-spetto alla FA parossistica; frequenza ventricolare e prevedibilità del per-corso di trattamento sono dei fattori che incidono positivamente sulla QoL5 7

La FA parossistica sintomatica non controllata farmacologicamente diminui-sce la QoL più di quella controllata farmacologicamente : nello studio di Gue-don-Moreau et al si dimostra infatti che un trattamento con flecainide a rila-scio controllato ha portato il punteggio d i questi pazienti a livelli paragona-bili al gruppo di controllo.6 1

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L’isolamento delle vene polmonari ha dimostrato un miglioramento della qualità della vita indipendentemente dal ri sultato della procedura (controllo della FA con e senza l’uso di farmaci o recidiva di FA).

In generale la qualità della vita di un paziente con FA è peggiore a quella di un soggetto con scompenso cardiaco, pregresso IMA o angioplasti ca corona-rica percutanea trans-luminale.5 8

1.8 Mortalità e morbilità

La FA si associa ad una mortalità annua di circa 25% più alta rispetto ai soggetti con ritmo sinusale3 8 e nonostante il miglioramento delle strategie

terapeutiche la mortalità non si è ridotta . La terapia anticoagulante ha dimo-strato di migliorare la sopravvivenza dei pazienti , mentre nello studio AC-TIVE A si è visto che, in pazienti che non tolleravano gli inibitori della vitamina K, l’associazione di aspirina e clopidogrel non modificava la mor-talità rispetto al gruppo con solo aspirina6 2

In questi pazienti si ha un rischio tromboembolic o di 3-6%, che nella maggior parte dei casi comporta un accidente cerebro -vascolare, questo rischi è in-fluenzato da: età, valvulopatie, ipertensione , pregresso infarto del miocardio o scompenso cardiaco.6 3 Uno studio ha messo in relazione il rischio di

trombo-embolismo con l’ AT/AF burden (definita come la durata totale più lunga di AT/AF in un dato giorno durante il precedente 30 gi orni): in base ai dati raccolti si è visto che la frequenza annua di TE era di 1.1% per 0 ore di TA/FA burden, 1,1% p er burden < di 5,5 ore e 2,4% per burden > di 5,5 ore ( il rischio di TE raddoppia superate le 5,5 ore)6 4

Il 20% di tutti gli stroke sono attribuibili alla FA,6 5 che determina un aumento

del rischio di 3-5 volte3 8. È stato visto che il rischio aumenta con l’aumentare

dell’età (da 1,5% tra i 50 -59 anni fino a 23,5% ad età di 80-89,7 anni).1 7

Questa complicanza tende a recidivare, ad avere una più alta morbilità e mor-talità associata rispetto alle forme non FA correlate .6 6

Nonostante la FA sia un fattore di rischio per lo stroke, nei soggetti con lone (isolata) FA il rischio è paragonabile alla popolazione generale. Lo score CHA₂DS₂-VASC è stato creato per stabilire chi ha scarso rischio di accidenti cerebrovascolari e non beneficerebbe di terapia anticoagulante orale . 6 7

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Tra le morbilità associate alla FA vi anche la demenza , che si presenta con un’incidenza di 2,3 volte maggiore rispetto ai soggetti con ritmo sinusale, così come vi è un rischio aumentato del 1,7 -3,3 in più di disabilità cogni-tiva.3 8 Le possibili cause di ciò possono essere: ip o-perfusione, micro

-embo-lismo, infiammazione, disfunzione piastrinica .

Come precedentemente detto lo scompenso cardiaco e la FA entrano in un feed forwand che porta l’una ad indurre l’altra, tra i meccanismi della FA che aggravano lo scompenso vi sono la tachicardia, che induce disfunzione miocardica, la riduzione del contributo atriale al riempimento ventricolare, la riduzione del tempo di diastole e elevate pressioni di riempimento.6 8

1.9 Fisiopatologia e meccanismi della FA

Due sono le condizioni che permettono l’insorgenza e il mantenimento della FA: la prima è una sorgente che scarica ad alta frequenza generando onde di depolarizzazione che si propagano attraverso gli atri, l’altra è il substrato miocardico atriale alterato che consente all’onda di depolarizzazione di as-sumere il carattere fibrillatorio e perpetuare l’aritmia.

Le alterazioni miocardiche sono frutto di fattori gen etici e fattori acquisiti che inducono fibrosi , blocchi unidirezionali, allungamento del periodo re-frattario, conduzione non omogenea etc.

Conoscere l’origine, il mantenimento e l’evoluzione della FA ci permette di capire il razionale dell’ablazione transcatetere e il suo outcome.

1.9.1 Innesco

All’origine della FA ci possono essere circuiti di rientro e focus ectopici ad alta frequenza localizzati nelle VP, nella vena cava superiore, nel legamento di Marshall o nel seno coronarico.

L’identificazione del focus di scarica e la sua eliminazione per mezzo di erogazione mirata di RF permette l’eliminazione dell’innesco ; ma la sua eli-minazione, in una aritmia capace di automantenersi, non elimina l’aritmia ma ne previene la recidiva.

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I “premature atrial complex” (PACs), ovvero i battiti prematuri di origine atriale, propagandosi attraverso un tessuto non ancor a ripreso dal precedente PdA sono responsabili della creazione di circuiti di rientro che portano alla genesi della FA.

1.9.2 Mantenimento

Una volta indotta, se non ci sono le condizioni per il suo mantenimento, la FA si esaurisce. Diverse teorie cercano di spiegare il meccanismo alla base del perdurare della FA, quelle più importanti sono: attività focale, circuito madre e rientri multipli.

1.9.2a Attivita focale

Si basa sul continuo “firing” di un focus ectopico che scarica ad alta frequenza, generando fronti d’onda che si propa-gano attraverso un tessuto parzialmente refrattario. Lo studio elettrofisiologico degli atri può permetterci di individuare il focus e attraverso l’erogazione di RF eliminarlo.6 9

Affinché la scarica ad alta frequenza ge-neri una fibrillazione, il focus deve sca-ricare ad una frequenza tale da far sì che non tutto il tessuto atriale possa rispon-dere con un rapporto 1:1 , causando un’attività atriale irregolare.7 0

Tipica-mente questa condizione è raggiunta quando la lunghezza del ciclo (CL) del driver risulta più piccola della durata del periodo refrattario del tessuto e vi è una variabilità spaziale del periodo refrattario.7 0

Le evidenze scientifiche e cliniche hanno ampiamente dimostrato c he il più frequente sito di origine di scariche ad alta frequenza si trova nelle VP (Fig.1), dove è possibi le trovare delle “sleeves” di mio-cellule atriali ad alto potere aritmogeno, separate da tessuto fibroso e con alto grado di anisotropia.

Figura 1 Attività trigger delle vene polmonari (rosso) e trigger non polmonari (verde). Calkins H, Hindricks G, Cappato R, et al. 2017

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Nelle cellule di questa regione è stato riscontrato un periodo refrattario ri-dotto7 1, capacità di generare post-potenziali ritardati (DAD) e attività trigger

in presenza di attivazione simpatica, stiramento acuto e stimolazione atriale rapida.7 2 Le cellule delle VP sono in grado di generare scariche rapide grazie

ad un anomalo rilascio di Ca+ e a Post -potenziali ritardati, causando la genesi di FA parossistica e persistente di lunga durata.7 3 , 7 4

Nel 10% dei casi i foci ectopici si possono localizzare in regioni come i l seno coronarico, il legamento di Marshall, la vena cava superiore e più raramente nella cresta terminale dell’atrio destro e la parete dell’atrio sinistro (Fig.1).7 5

Un’origine non polmonare dei trigger risulta pi ù frequente nelle forme non parossistiche e in pazienti che hanno subito isolamento delle vene polmo-nari.7 6

Attività trigger

L’attività trigger è causata dai post -potenziali, delle oscillazioni del poten-ziale di membrana che non sono causate dalla spontanea depolarizzazione della membrana, ma dal PdA che le precede.7 7

Esistono post-potenziali precoci (generati durante le fasi 2 e 3 della ripola-rizzazione) e tardivi (quando la me mbrana è completamente ripolarizzata ). I post-potenziali possono o meno raggiungere la soglia causando un PdA che a sua volta può essere seguito da un altro post -potenziale che può o meno raggiungere la soglia: il ripetersi di questo evento determina l’insorgenza di una tachi-aritmia sostenuta. 7 8

I post-potenziali ritardati (DAD) sono causati da un aumento della concen-trazione di Ca⁺ nella cellula.

Normalmente il calcio, durante il PdA, attraversa la membrana per mezzo dei canali L: il suo aumento nel citoplasma comporta attivazione del RyR (r ecet-tore della rianodina) che libera il calcio immagazzinato nel reticolo sarco-plasmatico. Alla fine del PdA il calcio viene estruso dalla cellula e accumu-lato nel sarcoplasma.

Il DAD si verifica quando il Ca+ nel sarcoplasma raggiunge un livello critico , tale da comportare la sua fuoriuscita dal sarcoplasma alla fine della

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ripolarizzazione. L’aumento della concentrazione intracitoplasmatica genera una corrente transitoria in entrata di sodio mediante lo scambiatore Na+-Ca2 +.

Dopo uno o più DAD la concentra zione di Ca+ intracitoplasmatica diminuisce grazie allo scambiatore Na+-Ca2 + e il potenziale di me mbrana smette di

oscil-lare.

L’azione delle catecolamine favorisce l’insorgenza dei DAD aumentando la corrente L del Ca2+, favorendo l’accumulo di calcio nel r eticolo, il suo rila-scio durante il PdA e incrementando l’attività dello scambiatore Na+-Ca2 +.7 9

Altri fattori che favoriscono i DAD sono alcuni polimorfismi del RyR e lo scompenso cardiaco 8 0

I post-potenziali precoci (AED) si verificano durante la fase 2 (plateau) e 3 della ripolarizzazione, in cui l’alta resistenza di membrana permette a piccole correnti ioniche di generare alterazioni del potenziale di membrana. Alla base dell’AED vi sono delle correnti in entrata che si contrappongo no a quelle in uscita tipiche della ripolari zzazione. In fase 2 il principale protagonista è la corrente L di Ca+ riattivata quando i canali per il sodio sono ancora in fase refrattaria. Nella fase 3 si ipotizza che sia la corrente generata dallo scam-biatore Na+-Ca2 + a generare la depolarizzazione c he, avvenendo a potenziali

di membrana più negativi, ha maggiore pro babilità di propagarsi alle cellule contigue.7 7

Gli EAD risultano essere la causa di episodi di FA precoci nella sindrome del QT lungo mentre gli DA D sono la più probabile causa della FA atriale indotta da trigger ectopico.

1.9.2b Rientro multiplo

Teoria proposta da Moe et al . nella quale si ipotizza che l’origine della FA risieda nella presenza di multipli circuiti di rientro funzionale, temporanei e non fissi che generano fronti d’onda che , incontrando tessuto atrial e in varie fasi di recupero, si frammentano. (Fig. 2)

Le molteplici onde generate dai circuiti , viaggiando attraverso un tessuto eterogeneo, vengono rallentate e frazionate in onde figli e che possono gene-rare ulteriori nuovi circuiti di rientro oppure scontrarsi annullandosi vicen-devolmente.

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Come nella precedente ipotesi , la rispo-sta atriale non è 1:1 a causa dei blocchi di conduzioni, dalla conduzione lenta e dei multipli fronti d’onda che portano ad una risposta irregolare degli atri.

Il mantenimento della fibrillazione di-pende dalla capacità del tessuto di man-tenere più circuiti di rientro, maggiore è il numero dei circuiti e minore è la pro-babilità che questi si annullino contem-poraneamente. Risultano fondamentali quindi la massa atriale, la durata del pe-riodo refrattario, gli ostacoli anatomici e la velocità di conduzione; le evi-denze dicono che una massa atriale elevata, un periodo refrattario corto e il ritardo di conduzione favori scano la persistenza della FA .8 1

1.9.2c Circuito madre

Secondo questa ipotesi la FA è mantenuta dalla presenza di un unico circuito stabile che genera un fronte d’onda che , a causa delle anomalie di condu-zione, viene frastagliato in onde figlie , comportando attivazione caotica degli atri.8 2 La conduzione fibrillatoria viene registrate prevalentemente a distanza

dal sito in cui si trova il circuito madre, quindi prevalentemente nel atrio destro.1

Il circuito madre può essere un rientro di tipo funzionale o anatomic o. Una forma particolare di circuito dominante è quella del rotore che si forma quando il fronte d’onda assume una forma di spirale che gira intorno ad una area circolare eccitabile ma non eccitata 8 3

Per spiegare la teoria del singolo circuito funzionale Allessie elaborò la teo-ria del leading circle, un circuito di rientro il cui fronte d’onda si propaga attraverso il miocardio, girando attorno ad una regione centrale (core) non eccitabile a causa del continuo bombardamento da parte delle onde centripete originatesi dal circuito stess o. (Fig. 3B) Il core, in un costante stato refrat-tario impedisce all’impulso di tagliare il circuito e in contrare il te ssuto an-cora refrattario. Secondo Allessie il leading circle, essendo un circuito fun-zionale, si stabilizza nel più piccolo percorso capa ce di mantenere il rientro,

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la cui lunghezza è pari alla distanza percorsa dall’onda durante il periodo refrattario.8 4 In questa ipotesi il fronte di depolarizzazione si propaga lungo

il miocardio ancora parzialmen te refrattario che rallenta la velocità di con-duzione dell’impulso. In questo specifico circuito non vi è un vero e proprio gap di tessuto eccitabile tra la coda dell’onda e il fronte, rendendolo meno suscettibile al reset, all’entrainment o alla terminazi one da parte di un battito prematuro.

Un'altra ipotesi che spiega come la FA possa originare da un unico rientro descrive la presenza di un ’onda spirale o rotore che genera un fronte che viene frammentato durante la propagazione negli atri (Fig 3C). Il rotore o onda a spirale è un fronte di depolarizzazione di forma spirale che si propaga attraverso il tessuto con direzione perpendicolare al fronte e con una velocità variabile; la velocità infatti, aumenta al diminuire della curvatura della spi-rale, ciò comporta che nel punto di massima curvatura la velocità di propa-gazione sia 0, e questo è il punto in cui il fronte di depolarizzazione si unisce con la coda dell’onda ( punto dove le cellule sono ritornate completamente eccitabili) che si chiama Phase Singul arity (PS) (Fig. 3E). La PS non è un punto fisso, ma si muove attorno ad una regione di miocardio di forma circo-lare che viene detta core e che è ecc itabile ma non viene eccitata.8 3 Il concetto

di rotore può essere anche un rientro anatomico quando la PS si muove at-torno ad un ostacolo anatomico come l’ostio di una VP8 5 , 8 6

Quindi le differenze tra il leading circle e il rotore sono che il secondo non si sviluppa in un circuito circolare, che il fronte e la coda dell’onda si toccano in un punto, che il core non è un tessuto refr attario8 7 e anche che il rotore

non dipende dalla lunghezza d’onda ma dal “source -sink relationship” tra il fronte di attivazione e il tessuto che deve essere attivato di fronte a esso1

Il termine rotore descrive la sorgente della FA: onda spirale è il termine per descrivere il vortice bidimensionale generato da un rotor,8 8 mentre il termine

usato per la sua rappresentazione tridimensionale è “scroll wave” (onda di scorrimento) (Fig 3D) e il suo centro di rotazione è un filamento cavo formato dalla rotazione della punta della spiral e.8 5

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La formazione dei rotor i si ha quando l’impulso, incontrando uno ostacolo, si frammenta secondo il fenomeno di vortex shedding8 5: a favorirne la

for-mazione possono essere regioni ad elevata anisotropia cosi come el ementi anatomici, che determinano la fo rmazione di rotori stabili. Lo studio CON-FIRM ha indagato sull’importanza di individuare ed eliminare i rotors per mezzo di RF, ma i risultati sono ancora poco chiari.8 9

Rientro

Il rientro non è altro che un circuito percorso da un potenziale d’azione che non si esaurisce ma perdura continuando a stimolare il miocardio circostante . La stimolazione del miocardio da parte del circuito di rientro genera le ta-chicardie da rientro.

I presupposti per la genesi e il mantenimento di un rientro sono:

• Un substrato miocardico che forma un circuito anatomico o funzionale o misto9 0

• Una zona centrale ineccitabile: tale zona può essere una regione cica-triziale o una regione ineccitabile a causa del bombardamento costante da parte delle onde centripete originate dal circuito stesso. La sua esi-stenza risulta fondame ntale per impedire al fronte d’onda di prendere una scorciatoia e incontrare il tessuto ancora refrattario.

Figura 3 A. Rientro anatomico. B Rientro funzionale. C. Rotore 2D. D. scroll wave 3D. E. elementi che costitui-scono il rotore. F simulazione computerizzata di un rientro . Pandit SV, Jalife J. Rotors and the dynamics of car-diac fibrillation. Circulation research 2013; 112(5): 849-62.

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• Il blocco unidirezionale, permanente o temporaneo, risulta fondamen-tale per l’iniziazione del rientro. Se l’onda ch e dà origine al rientro colpisce un ostacolo (core) il blocco unidirezionale di conduzione im-pedisce al fronte d’onda di percorrere le due branche del circuito, scontrarsi e azzerasi.9 1

• Il fronte d’onda, una volta percorso il circuito , deve trovare del tessuto eccitabile. La conduzione lenta, ovvero il rallentamento della velocità di propagazione , risulta importante per permettere al circuito di per-durare. A questo proposito bisogna parlare di lunghezza d’onda (WL) che è il prodotto tra la durata del periodo refrattario (RP) e la velocità di conduzione dell’impulso (CV). La WL definisce la grandezza che il circuito deve avere per mantenersi nel tempo, un circuito con un fronte che si sposta velocemente ha bisogno di un lungo percorso per poter ritornare al punto di partenza e trovare tessuto eccitabile, invece il rallentamento della conduzione permette la creazione di circuiti più piccoli e più facilmente realizzabili nel cuore. Secondo Allessie9 2 un

rientro funzionale si stabilizza nel più piccolo circuito capace di man-tenere il rientro, definito come la distanza che l’impulso percorre du-rante il PR.

• Per sostenere uno o più circuiti c’è bisogno di una massa di tessuto adeguata

• Un innesco, non sempre necessario per la genesi del rientro. L’ innesco non è altro che un battito prematuro che pr opagandosi in un atrio non completamente eccitabile, incontra zone di conduzione lenta e blocchi unidirezionali che permettono la genesi del rientro .9 3 L’innesco e il

rientro non necessariamente condividono lo stesso meccanismo di ori-gine e ciò risulta chiaro se si considera che la maggior parte dei sog-getti che hanno le condizioni per l’insorgenza di una tachiaritmia da rientro non la presentano perché i diversi meccanismi che stanno alla base dell’iniziazione e del mantenimento dell’aritmia non sono con-temporaneamente presenti.

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1.9.3 Rimodellamento

Risulta ormai chiaro che la FA è una patologia progressiva che passa dalla forma parossistica alla forma persistente ad infine evolve verso q uella per-manente, rendendo sempre più difficile il ristabilimento del ritmo sinusale con approccio farmacologico o elettrico.

Le evidenze elettrofisiologiche ed anatomo -patologiche hanno confermato che la FA determina delle modificazioni molecolari, cellu lari e tissutali che hanno come conseguenza il mantenimento e l’evoluzione della patologia : questi cambiamenti prendono il nome di rimodellamento, che altro non è che una forma di adattamento a stimoli stressogeni. In conclusione , viene comu-nemente accettato l’assunto secondo cui la FA genera FA.

Il rimodellamento elettrico è determinato dall’alterata espressione di canali ionici in risposta all’alta frequenza di scarica tipica della FA , che porta a modificazione del PdA quali accorciamento del periodo refr attario e ridu-zione dell’ampiezza del plateau.7 0

Nel soggetto con ritmo sinusale l’aumento della frequenza con cui il tessut o viene eccitato porta a riduzione della du rata del PdA, mentre nel so ggetto fibrillante, nonostante l’alta frequenza , il PdA non varia la sua durata e il periodo refrattario si accorcia permettendo di stabilizzare la FA ; infatti al diminuire della durata del PR diminuisce la WL stabilizzando i molteplici circuiti di rientro che sostengono l’aritmia. Le tachiaritmie portano alla for-mazione di gradienti spaziali di refrattarietà, presupposto per i rientri .9 4 Si

ipotizza che la diminuzione della corrente in entrata di Na+ e Ca2 + o le

cor-renti aumentate di K+ in uscita dalla cellula siano le responsabili della

varia-zione della durata del PdA; cosi come l’aumento del Ca citoplasmatico se-condario alla tachiaritmia induce una diminuzione della corrente ICaL e un aumento della corrente di K+ che favoriscono l’insorgenza di DAD.9 5

Il rimodellamento meccanico (calcio correlato) riguarda le modificazioni delle capacità contrattili della parete atriale, che, una volta riportata ad un normale ritmo sinusale , riprenderà la normale contrazione anche dopo giorni . Risulta di fondamentale importanza capire la genesi e la durata di tale para-lisi miocardica al fine di impostare una terapia anticoagulante di durata ap-propriata.1 6

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Il rimodellamento anatomico è dato dall’ipertrofia, dall’apoptosi dei cardio-miociti e dalla fibrosi che rimpiazza le cellule perse e aumenta l’anisotropia del miocardio. I fibroblasti hanno dimostrato un ruolo in questo tipo di rimo-dellamento essendo capaci di accoppiarsi elettricamente con il resto del tes-suto, rallentando la velocità di conduzione e favorendo il rientro e l’attività ectopica.

La fibrosi è indotta dall’azione dell’angiotensina II (AGII) e dal fattore tis-sutale beta 1(TGFβ1) che causando la riduzione del miRNA-26, l’aumento della proteina TRPC3 con aumento di calcio intracellulare e l’attivazione di kinasi portano alla trasformazione dei fibroblasti in miofibroblasti . Si ha an-che aumento dell’espressione di Nav 1.5 e diminuzione del canale Kv1.5.8 0

Anche il sistema autonomo contribuisce al rimodellamento : le scariche vagali inducono up regulation della corrente del K+ ACh dipendente, riducendo la

durata del potenziale di membrana e stabilizzando i rotori.9 6 Mentre i

recet-tori adrenergici promuovono i DAD.9 7

2. Ablazione transcatetere con radio frequenze 2.1 Indicazioni

Prima di dire quali sono le indicazion i alla ablazione della FA bisogna sot-tolineare come questa procedura risulti molto complessa e richieda operatori esperti e centri attrezzati per diminuire i rischi e aumentare l’outcome. L’ablazione non è priva di rischi che sommati al la possibilità di una recidiva possono fare desistere dall’utilizzo di questo trattamento . Risulta chiaro che bisogna valutare il paziente e i rischi per decidere con coscienza il tratta-mento migliore; tra i criteri per scegliere tra ablazione o terapia farmacolo-gica vi è anche l’opinione del paziente che, nell’ottica di una medicina “di condivisione”, deve esprimere la sua preferenza nella modalità di tratta-mento. Esistono pazienti che preferiscono un trattamento farmacologico piut-tosto che una procedura invasiva, mentre altri preferiscono l’approccio inter-ventistico per evitare una terapia di lunga durata.

Risulta chiaro come l’ablazione apporti un miglioramento della QoL ridu-cendo la presentazione dei sintomi, evento che ha reso la scelta

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interventistica sempre più importante nei pazienti sintomatici, nei confronti dei quali si sta ipotizzando l’ablazione come prima scelta terapeutica.

In merito a ciò, in una met a-analisi9 8 basata su studi prospettici (in cui i

pazienti venivano randomizzati in un gruppo trattato con terapia antiaritmica di tipo I o III e in un altro trattato con ablazione) ha dimostrato un’analoga frequenza ma un maggiore tempo libero da recidiva in chi era stato sottoposto ad ablazione, tra gli svantaggi dell’ablazione sono stati riscontrare una morte embolica legata alla procedura e il tamponamento cardiaco.

Nelle linee guida 2016 ESC, l’ablazione risulta essere una terapia di seconda linea dopo il fallimento della terapia farmacologica di tipi I o III (classe di raccomandazione I, livello di evidenza A). In pazienti con fallimento della terapia farmacologica e sintomatici l’ablazione ha una classe I raccomanda-zione e una LOE-A nel caso di FAP, nel la FA persistente ha una classe IIa e un LOE B-NR, mentre per la FA long standing la classe IIb e LOE C -LD. Secondo il consensus 2017 HRS/EHRA/ECAS/APHRS/SOLAECE1

l’abla-zione come prima approccio terapeutico in pazienti sintomatici con FAP è possibile, con una classe di raccomandazione IIa e con li vello di evidenza B. Nei pazienti sintomatici con FA persistente senza precedente fallimento di terapia antiaritmica l’ablazione ha una classe di raccomandazione IIa e un livello di evidenza B, mentre nei soggetti sintomatici con FA long standing senza precedente terapia antiaritmica la raccomandazione è IIb e l’evidenza B.

Esistono delle condizioni in cui l’ablazione risulta più raccomandata rispetto alla terapia farmacologica; per esempio la letteratura afferma che i pazienti con FAP e pause sintomatiche , se non presentano un pacemaker permanente , traggono beneficio dall’ablazione .9 9 Altro caso è quello degli sportivi

pro-fessionisti che risulterebbero svantaggiati da una terapia antiaritmica capace di riduce il picco della frequenza cardiaca .1 0 0

La FA spesso si associa allo scompenso cardiaco, il quale determinando fi-brosi e dilatazione atriale ne favorisce l’insorgenza, mentre la FA , generando un disaccoppiamento atrio -ventricolare e riducendo il riempimento diastolico del VS, peggiora la sintomatologia del paziente scompensato.

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Fatte queste premesse, si capisce come ci sia una sempre più ampia letteratura su quale possa essere il ruolo dell’ablazione in questi pazienti.

Una recente meta -analisi1 0 1 ha messo a confronto l’ablazione con la strategia

del controllo della frequenza, riuscendo a dimostrare che la prima si associa a un aumento della QoL e un aumento della LVEF medio del 8,5% senza alcun incremento di complicanze a lungo termine. Inoltre è stato riscontrato un aumento maggiore del picco di ossigeno consumato e della distanza percorsa nel “6-minute walk test” nei pazienti sottoposti a ablazione rispetto alla con-troparte. In conclusione si può affermare che l’ablazione risulta efficace, si-cura e apporta dei benefici nei pazienti con HF, la sua classe di raccomanda-zione è IIa.

L’ablazione ha un accettabile sicurezza ed efficaci a anche nella popolazione anziana (età >75/80 anni) sebbene l’età sia uno dei fattori che inficia la riu-scita della procedura a lungo termine, si è visto che per ogni 10 anni di età si ha un maggior rischio di ricorrenza, morte ed eventi cardiaci maggiori.1 0 2

Bisogna inoltre considerare che nei pazienti anziani vi è un maggior rischi di complicanze legate alla procedura, il mantenimento della terapia antiaritmica post-ablazione è più frequente e la terapia farmacologica con Amiodarone, che nel giovane non risulta esser e un sicuro approccio a lungo termine, nell’anziano risulta sicura .1 0 3 Il Consensus 2017 afferma che in alcuni

pa-zienti anziani selezionati si possono applicare le indicazioni dei papa-zienti più giovani (classe IIa, LOE B-NR).

Per quanto riguarda i pazienti asintomatici essi hanno un a QoL migliore ri-spetto ai pazienti sintomatici. Non è certo che l’ablazione apporti dei benefici al paziente; il consensus del 2017 suggerisce che nei pazienti asintomatici, dopo un adeguato colloquio in cui si comunicano i rischi e i benefici della procedura, l’ablazione può essere effettuata nei pazienti con FAP e con FA persistente se l’operatore ha un adeguata esperienza (classe IIb LOE C -EO). Caso a parte, invece, è la FA long standing che in generale ha una scarsa risposta positiva all’ablazione; è stato visto che episodi di FA che durano 2 o più anni comportano una drastica riduzione dell’efficacia dell’ablazione. Il paziente asintomatico rispetto al paziente sintomatico risulta ave re una QoL migliore, ma una uguale o peggiore prognosi1 0 4 e un rischio di stroke1 0 5

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Come già accennato , una FA continua di lunga durata rid uce la probabilità che il paziente si riconverta ad un ritmo sinusale ; ciò pone il medico di fronte alla scelta di non intervenire , rendendo i futuri interventi di cardioversione meno efficaci, oppure intervenire ed esporre il paziente asintomatico all’ablazione.

Diversi studi di piccole dimen sioni hanno confrontato l’ablazione tra pazienti asintomatici e sintomatici, dimostrando che anche nei primi vi è un miglio-ramento della QoL e dei valori di stress metabolico ,1 0 6 Un altro studio ha

notato che nei pazienti sintomatici l’ablazione risulta più efficace mentre negli asintomatici l’ablazione si associ va a episodi di TA.1 0 5

Va inoltre precisato che alcuni dei pazienti asintoma tici sono in realtà sinto-matici che riescono a compensare, quindi è diventato importante, ai fini di decidere se procedere ad un intervento, cardiovertire elettricamente o farma-cologicamente chi ha FA persistente asintomatica per verificare una even-tuale miglioramento della clinica. Un miglioramento potrebbe far accettare una manovra invasiva come l’ablazione anche in questo pool di soggetti.

2.2 Cenni storici

Dopo i successi della tecnica chirurgica MAZE 3 nella gestione della FA, furono fatti i primi studi sull’uso dell’ablazione con RF senza grandi risul-tati. I successivi studi cercarono di migliorare la procedura usando il map-paggio 3D o i cateteri multipolari.

Infine Haissaguerre, basandosi sulla teoria dell’attività trigger delle VP, mise a punto l’isolamento segmentale dell’ostio delle vene polmonari e Pappone integrò a questa tecnica il mappaggio 3D.1 0 7

L’elevata frequenza di stenosi delle VP e di recidiva dovuta a trigger antrali fece passare dall’isolament o ostiale delle VP a quello antrale.

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Nella pratica potevano essere isolate le singole vene polmonari oppure, attra-verso un’ampia lesione continua, en-trambi gli sbocchi delle vene polmonati ipsilaterali (wide -area circumferential ablation, WACA).1 0 7

L’alta probabilità di recidiva nella FA persistente e long standing portò all’in-dividuazione di ulteriori target come i foci extra polmonari, l’isolamento della LAA, l’ablazione dei potenziali frazio-nati (CFAE), delle cicatrici, delle attività rotazionali e le creazioni di lesioni lineari negli atri, sebbene non vi è tuttora certezza che l’aggiunta di queste lesioni riduca le recidive1 0 8

Ad oggi l’isolamento delle vene polmonari è un caposaldo del trattamento della FA. L’isolamento elettrico delle VP è raccomandato in quest a procedura (classe I, LOE A) così come l’eliminazione o la dissociazione dei potenziali registrati in vena.

2.3 Le vene polmonari come bersagli dell’ablazion e: anatomia e fisiopa-tologia

Le vene polmonari sono il principale bersaglio nell’ablazione e il loro isola-mento è fondamentale per la riuscita della procedura. (Fig.5)

Conoscere l’anatomia normale e le sue varianti risulta fondamentale per comprendere le possibili compli-canze procedurali; l’imaging prepro-cedurale ha il compito di permettere all’operatore di sapere in anticipo il pattern anatomico con cui dovrà

con-frontarsi.

Figura 4 isolamento delle vene polmonari1

Figura 5 ablazione transcatetere con isolamento delle

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Le vene polmonari nella maggior parte dei casi sono 4, 2 superiori e 2 infe-riori, 2 destre e 2 sinistre. Nel 60% dei casi si possono distinguere 4 osti delle vene polmonari, mentre nel 40% si hanno delle varianti anatomiche.1 0 9

Tra le varianti anatomiche, in ordine di frequenza, abbiamo la vena destra intermedia (9,5-27%), il tronco comune sinistro, multiple vene polmonari de-stre (<2%), il tronco comune destro (0 -2%), la vena polmonare inferiore co-mune (rara), la vena polmonare superiore destra, i l drenaggio anomalo di una vena polmonare (una vena che scarica in VCS).1 1 0

Nell’ 80% dei casi, tra la parete anteriore delle VP di sinistra e la LAA vi è il ridge (cresta), struttura che può rendere difficile il contatto stabile tra tes-suto e catetere.1 1 1

Gli osti delle vene polmonari sono ovali, con l’asse maggiore verticale e nei pazienti con FA sono stat i notati osti imbutiformi.

Le vene superiori si dirigono postero -superiormente, mentre quelle inferiori postero-inferiormente; le vene di sinistra passano tra la LAA e il tratto di-scendente dell’aorta, mentre a destra sono vicine all’atrio destro e alla VCS. La parete posteriore dell’atrio si nistro prende rapporti con la biforcazione bronchiale e con l’esofago. Le vene risultano più ampie negli uomini, nei soggetti con FA rispetto ai sani e sono più grandi nella FA persistente rispetto alla FAP.

Come in tutte le vene si riconoscono uno strato di endotelio, uno di musco-latura liscia ed uno di avventizia, ma la cosa che risulta fondamentale per spiegare il ruolo delle VP nella genesi e nel mantenimento della FA è la presenza di sleeves di miocardiocellule atri ali che circondano gli osti e ri-salgono con un andamento a spirale per un tratto di 1-3 cm. Le vene superiori hanno sleeves più grandi che si estendono per un tratto maggiore : ciò po-trebbe spiegare come mai siano prevalentemente queste la causa della FA .1 1 2

La muscolatura atriale è più spessa in prossimità dello sbocco della vena ed è maggiormente rappresentata nella parete inferiore delle vene superiori e in quella superiore delle vene inferiori. L’o rganizzazione dei due tipi di musco-latura risulta complessa: le fibre lisce, che percorrono longitudinalmente le vene, e le fibre miocardiche a spirale costituiscono una sorta di magli a; a questo livello si riscontra un alto grado di anisotropia, aumentato dalla pre-senza di tessuto fibroso che si interpone tra i fasci di muscolatura.

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Nelle VP umane sono state riscontrate cellule di miocardio specializzato 1 1 3

e marker tipici delle cellule del sistema di conduzione .1 1 4 Si è visto che le

cellule delle VP possono presentare un automatismo spontaneo, che associato allo scarso accoppiamento ne riduce le capacità di controllo da parte del PM principale favorendo l’attività trigger . Studi su cellule animali hanno dimo-strato un’attività trigger e un automatismo anomalo, inoltre il disaccoppia-mento post-ablazione può slatentizzare attività elettriche nelle vene.1 1 5

Si ritiene che le correnti di rettificatrice ritardata K₁ e le correnti in entrata di Ca₂₁ siano responsabili della minor durata del PdA delle cellule delle VP.1 1 6 - 1 1 8

L’eterogeneità nell’orientamento delle fibre e l’inattivazione dei canali del Na₁ (dovuti alla riduzione del potenziale di riposo ) favoriscono il fenomeno di rientro,1 1 3 mentre la giunzione atrio-polmonare può essere il centro attorno

al quale si muove un rotore.

2.4 Target alternativi alle VP

L’isolamento delle VP risulta un elemento imprescindibile per la gestione della FA, ma come precedentemente detto, l’efficacia di questa procedura diminuisce nelle forme persistenti, tanto da spingere gli operatori verso l’identificazione di target aggiuntivi.

La creazione di lesioni lineari al livello dell’atrio sinistro è uno dei metodi per migliorare la riuscita della procedura nei pazienti con FA persistente o persi-stente di lunga durata: le principali le-sioni lineari vanno dalla LSPV alla RSPV, dalla valvola mitralica alla LIPV e dalla valvola mitralica fino al tetto (Fig 6). Nella FAP tale procedura ha dato scarsi risultati mentre nelle forme più avanzate di FA il suo utilizzo è

con-troverso;1 1 9 alcuni studi infatti non

cor-relano un miglior outcome tra chi ha

Figura 6 isolamento delle vene polmonari, linea del tetto, istmo mitralico, linea che unisce l’anulus alla

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subito PVI e lesioni lineari rispetto al solo PVI.1 0 8 Si ipotizza che la causa

della scarsa efficacia dell’ablazione lineare sia dovuta alla creazione di linee discontinue, ecco perché risulta fondamentale mappare e stimolare lungo la lesione.

In alternativa alla creazione di lesioni lineari si può isolare la parete poste-riore dell’atrio sinistro con due linee che congiungono rispettivamente le VP superiori e inferiori (Fig 7). L’end point è quello di creare un blocco bi-direzionale tra l’atrio anteriore e il box posteriore. L’efficacia di questo ap-proccio risulta tuttora controversa.1 1 9

Altri target sono i trigger non polmo-nari che sono presenti nella VCS, nel CS, nel legamento di Marshall, nella LAA e nella cresta terminalis.7 6

L’identificazione e l’eliminazione dei trigger risulta utile soprattutto nei pa-zienti sottoposti a seconda procedura in cui le VP risultano ancora isolate; nel caso in cui non si riescano a trovare tali trigger non polmonari si può procedere all’ablazione empirica dei siti più frequentemente interessati (di solito la VCS). L’uso di alte dosi di isopr oterenol permette di attivare i ger favorendone la ricerca tramite il catetere di mappaggio. Nel caso di trig-ger in VCS si preferisce evitare un isolamento ampio della vena opta ndo per un approccio segmentale, al fine di evitare danni al nervo frenico e al nodo del seno. La stimolazione di ogni zona della VCS che deve essere sottoposta a RF permette di identificare il Nervo frenico ed evitarlo. I trigger posti nella parete posteriore del LA possono essere isolati con una lesione a box oppure con ablazione focale. I trigger posti nella LAA risulta no di più complessa gestione, infatti se si decide di isolare la zona bisogna informare i l paziente sulla profilassi anticoagulante a lungo termine post procedura. I trigger in auricola sinistra vengono identific ati come far field dal catetere posto in LSPV: non si inserisce il catetere nella zona indagata per evitare lacerazioni o attività ectopica indotta da catetere.1

Figura 7 Isolamento delle VP con carene, isolamento parete posteriore e della VCS, ablazione dell’istmo mitralico, dell’istmo destro e lesione lineare che

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Ablazione dei Complex Fractionated Atrial Electrogra ms (CFAE).

Sono un target alternativo alle vene polmonari e si presentano come zone con potenziali altamente frazionati, con ciclo d’onda molto corto e a basso vol-taggio (0,06-0,25 mV). Lo scopo dell’ablazione di queste regioni è quello di

ottenere la fine della FA o convertire la FA in AFL o ATA (Fig 8). Le limitazioni più impor-tanti di questa tecnica sono il numero di lesioni che, in taluni casi, devono essere fatte e che le cicatrici isolate nella parete possono creare un substrato per l’insorgenza di un flutter atriale. L’indicazione all’utilizzo di questo approccio è incerta: sono stati registrati solo benefici nel breve periodo e non è stato visto un migliora-mento dell’outcome nei pazienti trattati con PVI ed eliminazione dei CFAE.1 0 8 anche se

al-cuni autori riconosco un’utilità nella loro ablazione in soggetti con FA per-sistente alla prima o alla seconda procedura.

2.5 Radio Frequenza e Strumenti

Energia

La RF è una corrente elettromagnetica alternata con frequenza compresa tra 300 e 3000 kHz; ha le stesse frequenze della radio, ma a differenza di quest’ultima, che viene trasmessa nell’aria, la RF viene condotta come una corrente elettrica.

Attraversando un tessuto eccitabile come il cuore, si potrebbe pensare che le RF possano causare aritmie : ma ciò non avviene perché le oscillazioni sono talmente rapide da non indurre stimolazione del mi ocardio e del muscolo scheletrico.

Le frequenze usate nella pratica clinica vanno da 300 a 1000 kHz ; frequenze superiori si associano a maggiori rischi e a maggiore dispersione energe-tica.1 1 2

Le RF possono essere rilasci ata da un sistema unipolare, costituito dalla punta del catetere e l’elettrodo dispersivo posto sulla cute, oppure da un

Figura 8 immagine rappresentativa dell’ablazione dei siti dei CFEA e delle

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