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[26]Mentre lo conducevano via, presero un certo Simone di Cirène che veniva dalla campagna e gli misero addosso la croce da portare dietro a Gesù.

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Catechesi degli Adulti – Martedì 24 marzo 2020 Dal Vangelo di Luca – Capitolo 23

Sono le ultime tappe del grande viaggio di Gesù verso il Padre e verso i fratelli che hanno smarrito la via del ritorno. E in questo farsi prossimo e correre incontro all’uomo smarrito egli porta con sé tre amici, tre figure che appaiono nella Passione e che solo la passione poteva svelarci: il Cireneo, che è comune a Matteo e Marco, le donne che piangono, proprio solo di Luca, il più attento al valore della “femminilità”

con la sua innata capacità di empatia e compassione propria di Dio, e i malfattori che prendono diverse posizioni verso la croce.

Emergono nella passione di Luca alcuni tratti propri, che non ha in comune con gli altri evangelisti. Nel passaggio precedente la dichiarazione ferma di Pilato che egli era Giusto, e adesso il compianto delle donne che piangono il Giusto e più avanti la diatriba fra i 2 malfattori sulla giusta – ingiusta pena del supplizio. Questa sezione potremmo chiamarla Gesù il giusto. Concetto molto caro al mondo pagano: uomo secondo giustizia, retto, che ha assimilato la legge ed è quindi positivo, anzi addirittura eroico. Ma giusto nell’ambito biblico significa anche fedele. Il popolo pagano continua ad affermare che Gesù è giusto. Non solo perché non è pericoloso, ma perché è fedele. Vive della medesima fedeltà di quel Dio che ancora loro non conoscono.

Ma che evidentemente non conoscono anche gli ebrei, in quanto “non sanno quello che fanno”.

Un altro tratto è ancora il ruolo del popolo. Dopo essersi lasciato andare nella richiesta di condanna che ha portato alla sentenza, ora il popolo, così come per buoa parte del vangelo, è tornato dalla parte di Cristo. Si dice nella passione che lo seguono, non solo, ma che assistono allo spettacolo, letteralmente alla manifestazione suprema dell’amore di Dio. Stanno adorando e contemplando il Giusto – fedele che sconta per noi tutti che siamo ingiusti e infedeli, senza distinzione di nazionalità, ceto, cultura.

[26]Mentre lo conducevano via, presero un certo Simone di Cirène che veniva dalla campagna e gli misero addosso la croce da portare dietro a Gesù.

Simone aveva detto che avrebbe seguito il Signore fino alla morte. Ma non è questo Simone che troviamo dietro a Gesù. Il Cireneo è un casuale incontro del corteo della passione. Estraneo ai fatti e obbligato ad entrarvi. Egli è per costrizione quello che Gesù è per libera scelta. Ripensiamo a tutte le volte nelle quali per “caso” siamo entrati nostro malgrado, o ci hanno ficcato a forza, dentro situazioni che non abbiamo cercato e meritato. Ripensandoci capiremo cosa avrà detto il Cireneo. Egli è per obbligo quello che Gesù fa per scelta.

Avrà il tempo di impararlo rimanendo li. Quella situazione che egli – e noi – malediciamo diventa occasione di conversione. Capisce e sperimentai che il

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vero Cireneo del mondo è Gesù. Un povero Cristo. Sottratti alle nostre decisioni e ad essere i protagonisti della nostra vita salviamo il mondo per accettazione, più che per “preposizione”. Toccando la croce il Cireneo domani non può celebrare la pasqua ebraica. Ma sta già celebrando quella cristiana.

La resurrezione frutto della conversione. Ripensiamo cosa voglia dire essere discepoli. Non lo siamo perché abbiamo scelto. Ma perché siamo stati scelti, e continuiamo ad esserlo quando lasciamo che sia lui a scegliere quando farci intervenire o buttarci laddove non vorremmo andare. Ripensiamo ai tanti cirenei che portano il male che non hanno fatto. Questi Cristi sono la resurrezione e presenza di Dio nel mondo di oggi.

[27]Lo seguiva una gran folla di popolo e di donne che si battevano il petto e facevano lamenti su di lui. [28]Ma Gesù, voltandosi verso le donne, disse: «Figlie di Gerusalemme, non piangete su di me, ma piangete su voi stesse e sui vostri figli. [29]Ecco, verranno giorni nei quali si dirà: Beate le sterili e i grembi che non hanno generato e le mammelle che non hanno allattato.[30]Allora cominceranno a dire ai monti: Cadete su di noi! e ai colli: Copriteci! [31]Perché se trattano così il legno verde, che avverrà del legno secco?».

Il popolo ora tace. Non c’è altro da fare. Per rimediare alle parole non servono altre parole, ma gesti ben posti. Lo seguono. E più avanti si batteranno il petto.

Ora a battersi il petto ci sono le donne. Esse intessono un canto di lamento per lui. A chi era condannato a morte era vietato intessere alcun lamento pubblico.

Doveva sfilare nel distacco e nell’indifferenza più totale. Ecco che questo gesto di donne ci appare allora coraggioso ed eroico perché è una sfida al potere e un prendere posizione. Tra loro e Gesù si intesse ora un dialogo: il loro compatire Cristo diventa l’apertura per la quale il Cristo fa entrare il senso vero per cui bisogna piangere: perché il popolo di Dio non ha riconosciuto il tempo nel quale è stato visitato. Il Cristo non è preoccupato per se, ma per chi lo rifiuta. Nel dialogo con loro, unico nei vangeli, Gesù dice che non riconoscere Dio, perché un altro “dio” ha occupato completamente e pervertito il nostro cuore, è peggio della fine del mondo. È vera fine del nostro mondo. Noi finiamo li, quando diamo credito a questo dio, ma la possibilità di ridare vita a questo legno secco c’è sempre. Lui è qui per questo. Questo è il senso della sua morte. Uno dei malfattori lo capirà.

Qui Luca, a differenza degli altri è meno descrittivo. Gli altri mettono l’attenzione sul luogo, narrano con dovizia di particolari il fatto dell’aceto, e i soldati che giocano sulla sua veste. Luca su questo è strigato. Lo crocefiggono, e per aumentare la calunnia, insieme ad altri. Uno fra tutti, uno come tutti.

[ 32]Venivano condotti insieme con lui anche due malfattori per essere giustiziati. [33]Quando giunsero al luogo detto Cranio, là crocifissero lui e i due

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malfattori, uno a destra e l'altro a sinistra. [34]Gesù diceva: «Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno».

Uno che ha fatto il male di mettersi con quelli che fanno il male. Quindi è con noi, quando facciamo il male. Ha scelto di essere con noi sempre. Ma Luca ci rivela di una parola unica. La prima parola di Gesù in Croce. La preghiera sacerdotale e di intercessione per tutti quelli che fanno il male. “Pedonali”. Il perdono è la chiave di lettura di tutta la vicenda. Nessuna maledizione, nessuna vendetta, nessuna rivendicazione. (Nemmeno la Pasqua lo sarà). La croce è il trono o l’altare dal quale il vero giusto re o unico sacerdote impetra a costo di se stesse il perdono per i sicuramente ingiusti. Per coloro che non avrebbero mai potuto intuire o inventare un Dio e una Salvezza così. Ecco perché non sanno quello che fanno. E fanno quello che non sanno. Non sanno che questo è l’unico modo per conoscere ed entrare nella misericordia di Dio.

Queste parole sono di portata “assurda” anche per i contemporanei di Luca.

Alcuni manoscritti omettono le parole “perché non sanno ….” Sembrava eccessivo perdonare così. Sembrava eccessivo quello che invece per Gesù è essenziale.

35]Il popolo stava a vedere, i capi invece lo schernivano dicendo: «Ha salvato gli altri, salvi se stesso, se è il Cristo di Dio, il suo eletto».

Negli altri evangelisti qualcuno dei passanti interviene e “sfida”. Luca sceglie che il popolo ormai sia rapito in contemplazione. Egli guarda a Cristo come una illuminazione interiore. Vede ormai e intuisce tutto quello che Dio sta operando. Una sinfonia dirompente dell’amore. Solo ai capi è lasciato il giudizio negativo. Essi questa sinfonia non la odono. Infatti scherniscono. Ma lo scherno riprende la prima grande tentazione: “se sei il figlio di Dio….”

Allora deve succedere qualcosa. Dio come una riparazione, una esenzione, un privilegio, e così anche la religione. È la tentazione di usare Dio per se stessi.

Gesù aveva messo un piede sopra il corpo del Diavolo nel deserto, e ora mette l’altro piede sulla testa. Per iniziare il Regno di Dio, regno di misericordia, è necessario apparire religiosamente falliti

[36]Anche i soldati lo schernivano, e gli si accostavano per porgergli dell'aceto, e dicevano: [37]«Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso».

La soldataglia afferma la seconda tentazione: quella della forza che proviene al trono quando si allea con l’altare. Nessuna alleanza di poteri nessun abuso del nome di Dio per il potere degli uomini, e nessun aiuto da Dio per assicurare agli uomini il comando sugli altri uomini. Per distruggere al cuore questa tentazione occorre essere messia politicamente deboli ed inutili. Il fascino di avere un pezzetto di potere da spartire…rilacera ancora una volta

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il corpo di Cristo. Accolgo in me il suo corpo per rompere il fascino del potere.

Individuarne la portata, e annullarla nel servizio. Non siamo al soldo di nessuno.

38]C'era anche una scritta, sopra il suo capo: Questi è il re dei Giudei.

Ecco la terza tentazione. contemplare tutto il mondo e diventarne padrone inchinandosi al male. Al compromesso. Alla via breve ed indolore. Il cartello dice altro. Il viaggio è stato lungo: ma solo per permettere al cuore di dilatarsi a tal punto da offrirsi per tutti, senza possedere nessuno. Amare significa dare senza attendere nulla indietro. Nessuna coercizione.

[39]Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e anche noi!». [40]Ma l'altro lo rimproverava: «Neanche tu hai timore di Dio e sei dannato alla stessa pena? [41]Noi giustamente, perché riceviamo il giusto per le nostre azioni, egli invece non ha fatto nulla di male».

Quanto viene detto del “mal – fattore” è che lo insultava. Altri traducono bestemmiava. Bestemmiare significa andare contro Dio. Non riconoscerlo. La vera bestemmia è dissociare Dio dalla Croce. Dio dalla morte. Dio dalla difficoltà. Dio dalla prova. Dio dalla tentazione. o l’uno o l’altro. Questa è la bestemmia. Quante bestemmie in questi giorni di prova e sofferenza in chi pensa che questa epidemia sia “voluta – permessa – usata” da lui per noi. che bestemmia! Ma l’altro senso della bestemmia è non vedere che nella croce Gesù salva perché sa farsi vicino. Cerchiamo altrove la nostra salvezza.

Cerchiamo le nostre salvezze. Quelle che decidiamo noi. ci poniamo fuori dalla croce. Siamo del “mal – fattori” perché “mal credenti”.

Mentre Matteo e Marco non riportano questo dialogo e si limitano a dire che entrambi lo insultavano, Luca da’ la parola all’altro. Sì, perché anche se uno è mal fattore, non significa che si possa ostinare a difindere il suo operato. Lo può riconoscere come male. E se lo fa è perché è aperto “timoroso”- non nel senso che ha paura, ma è disponibile al fatto che Dio lo possa volere ancora con se. Mi domando se a volte peggio del peccato sono le nostre non

“assoluzioni”. Quado decidiamo che Dio non possa perdonarci. Non può.

Non lo può fare. Io non lo fare al suo posto. Ecco la bestemmia. Io non perdono perché io mi sono fatto Dio. Ma la croce ha smascherato anche questo, non solo in questa situazione nella quale non perdonarmi diventa più sofferente di peccare. Questo è l’inferno. E lo costruiamo noi. pietra dopo pietra. Con le nostre paure che i nostri peccati siano più grandi del suo perdono. (o del perdono degli altri)… perché noi faremmo così…. Ma il vero

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senso di Timore non è paura. Ma confidenza. Questo mal – fattore si accorge che il Cristo è già li. Nel suo peccato, nella sua vicenda. Non ci sono barriere.

Può rivolgergli la parola. E saprà di essere ascoltato perché Egli è giusto.

L’hanno detto tutti. È attento – fedele alla parola e alla vita dell’ingiusto. E così diventa “buon fattore”. Fa la cosa giusta. Lo chiama per nome. Unica volta in tutta la passione. Gesù. Il nome che scioglie tutto quanto. Dopo questa parola – nome, tutto il resto è superfluo.

[42]E aggiunse: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». [43]Gli rispose: «In verità ti dico, oggi sarai con me nel paradiso».

Il resto è chiarificazione ed esenzione di quello che c’è in questo nome. In questa persona che è vicino a me: colui che non dimentica o confonde il peccato con il peccatore, la cui ampiezza del regno corrisponde all’ampiezza dell’apertura delle braccia del Padre. A lui il Cristo risponde. Ma alla fine risponde a noi. La verità di Dio è che l’alleanza – patto nuziale – amicizia che il Signore stringe con noi ha già incluso, calcolato, perdonato, superato i nostri peccati. Impegnandoci a partecipare alla sua misericordia verso i nostri stessi compagni di viaggio, diventando così prolungamento dell’abbraccio del Padre.

Le prime e ultime Parole di Gesù dall’alto della Croce sono al Padre. Gesù sulla croce prega. Come ha fatto durante tutta la vita. Luca è l’evangelista che ci introduce in un Gesù perennemente orante. Pregare è il rapporto vitale di Gesù con il Padre. Egli lo fa in croce perché anche questo è un momento vitale e decisivo del suo essere Figlio, destinato alla moltitudine dei malfattori che devono diventare figli e fratelli.

Rivalutiamo e ritroviamo nella preghiera autentica, quella di accoglienza della volontà (scomoda) di Dio – e affidamento totale ad essa, il nostro senso di essere credenti e cristiani.

“salvi se stesso” è invece il ritornello, come una cantilena o una “contro preghiera”

che dal basso sale al crocefisso. Rappresenta la suprema aspirazione dell’uomo. Che mosso dalla paura della morte cerca di salvarsi a tutti i costi. Attaccandosi come un animale alle tre corde che li getta chi lo vuole in gabbia: l’avere, il potere, l’apparire.

Proprio questa ansia genera nell’uomo l’egoismo. Principio della vera morte. È vero, e lo sentiamo in questi giorni, Gesù non ci libera dalla morte. Ma ci libera, forse

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l’abbiamo dimenticato, dalla paura della morte. Questa paura ci avvelena la vita e ci blocca negli slanci di carità e di quotidiano eroismo. Gesù con la sua morte offerta per tutti e verso un Dio che non gode della morte di nessuno, svuota questa paura. Ci riconcilia con noi stessi. Capiamo che abbiamo nelle mani un potenziale enorme e che non dobbiamo artigliare nessuna salvezza. Per salvarci non dobbiamo mettere i piedi in testa a nessuno. Semmai chinarci ai piedi altrui. Questa è la forza dirompente e rivoluzionaria di Gesù. Noi dovevamo arrivare fin qui per capirlo. Qualcuno l’aveva ben capito: le donne che piangono, il cireneo che pian piano ci arriva, il buon ladrone.

Ma qualcuno proprio non ci vuole arrivare: i capi, la soldataglia, il cattivo ladrone. A noi la scelta quando la prova si affaccerà alla nostra vita, senza preavvisare.

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