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INTERPRETAZIONI PRETESTUOSE DI FATTI LONTANI E VICINI. Anche in questo mese di

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Fondato a Pola il 29.7.1945 - Organo dell’Associazione del “Libero Comune di Pola in Esilio” - Via Silvio Pellico, 2 - 34122 Trieste Direttore responsabile: Silvio Mazzaroli - Redazione: via Malaspina 1 - 34147 Trieste - Telefono e Fax 040.830294 - sito web:www.arenadipola.it

Quote associative annuali per l’Italia e per l’Europa: € 30 - Per le Americhe € 60 - Per l’Australia € 66 - da versare sul Conto Corrente Postale n. 38407722 intestato a L’Arena di Pola - Trieste Le copie non recapitate vanno restituite al CPO di Trieste per la restituzione al mittente previo pagamento resi

L’ARENA DI POLA - Registrata presso il Tribunale di Trieste n. 1061 del 21.12.2002 ANNO LXIV - 3299 - Mensile n. 7 del 28 luglio 2008

TAXE PERÇUE TRIESTE

TASSA RISCOSSA ITALY

“POSTE ITALIANE SPA - SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE - D.L. 353/2003 (conv.in L. 27/02/2004 n°

46) art. 1, comma 2, DCB TRIESTE”

STAGIONE DIFFICILE

Iniziativa realizzata

con il contributo del Governo italiano ai sensi della Legge 193/2004

ALL’INTERNO

ANVGD: costituito un gruppo di minoranza Dal Maestral al Barbara***

Crociera in Dalmazia dei “veci muli de Pola”

di Lucia Bellaspiga Il cappotto rosso***

di Gabriella Kmet Gioghi e mularia***

de altri tempi di Silvia Lutterodt Sizzi

Su e zo per le scale***

di Edda Garimberti La favola***

della via Carpaccio di Veniero Venier Don Bonifacio, primo***

Beato vittima delle Foibe Decreto di Benedetto XVI

Biblioteca***

A Trieste un monumento***

per Geppino Micheletti Lettere in redazione***

risponde Silvio Mazzaroli

INTERPRETAZIONI PRETESTUOSE DI FATTI LONTANI E VICINI

Non rimuovere la memoria

Q

ualche giorno fa ho partecipa- to ad un dibattito sui temi pro- posti dal volume La cultura civile della Venezia Giulia, edito dalla Li- breria Editrice Goriziana. Torno sull'argomento anzitutto perché è mia convinzione che il centro sini- stra debba far proprio il tema del re- visionismo storico sottraendolo al- l'uso strumentale del centrodestra. Il nostro è un Paese dove funziona una civile democrazia dell'alternan- za.In un Paese dove i due poli sono avversari politici, ma non nemici mortali (che brandiscono storie che spaccano il Paese, legittimano una parte e delegittimano l'altra), la "vi- sione condivisa della nostra storia recente", di cui ha parlato Michele Salvati e di cui c'è bisogno, deve es- sere comune a centrodestra e cen- trosinistra, deve essere una storia accettata da tutti. Infatti, il bipolari- smo genera buon governo solo se opera in un contesto in cui le due parti condividono un'ampia area di valori e obiettivi; genera un pessi- mo governo se le due parti si com- portano come Guelfi e Ghibellini, senza alcun riguardo per il bene del Paese. Un segmento di questo pro- blema complessivo riguarda in mo- do diretto il Pd. Non basta essere in grado, come riformisti, di fare insie- me un ragionevole programma di governo, di pensare insieme al futu- ro. Anche il passato ha un peso ed è impossibile costruire un partito in cui ognuno si senta a casa propria,

se le persone che abitano la nuova casa si portano appresso diverse let- ture (e i risentimenti e le diffidenze che traggono origine da queste di- verse letture) dei rapporti che hanno avuto nella prima Repubblica, quando abitavano case diverse. Co- me ha scritto Salvati, "che la vittoria della Dc e di De Gasperi nel 1948 sia stata una fortuna per il paese non deve essere una considerazione che i leader si bisbigliano all' orecchio, ma va proclamata e spiegata apertis verbis. E che, sulle questioni che veramente contano, sull'idea di so- cialismo e su molte delle politiche economiche per il nostro Paese, Craxi avesse ragione e Berlinguer torto, va anch'esso proclamato e spiegato. Come va proclamato e spiegato che rubare un po' meno forse non sarebbe stato male".

Insomma, delle vicende della pri- ma Repubblica va fatta storia comu- ne, nella quale ex comunisti, ex so- cialisti ed ex democristiani, possono riconoscersi senza riserve di fondo.

Ma c'è dell'altro. Barbara Spinelli, in un bel libro di qualche anno fa, ha descritto "una malattia della mente che impedisce all'Europa e alla sua cultura di apprendere le lezioni del passato". Il titolo del libro è Il sonno della memoria. L'Europa dei totali- tarismi, quelli che, appunto, si vor- rebbero dimenticare, si vorrebbero rimuovere dalla coscienza, senza guardarvi dentro, senza ricercarvi colpe, errori, fraintendimenti, con il risultato di dar luogo a un presente incerto, privo di radici, con uno sguardo corto sul futuro.

Le voci degli intellettuali giuliani raccolte nell'antologia curata da Stelio Spadaro rimandano a questa vicenda europea.Alla critica ai tota- litarismi e alla loro rimozione dalla memoria dei partiti europei.A"tutte quelle pagine, omesse poiché sco- mode, della storia d'Italia e d'Europa", che, come ha scritto Fa- bio Forti nella prefazione del volu- me, "vanno riscritte e portate a co- noscenza alle nuove generazioni".

Per questo è importante soffermarsi su questa tradizione civile a lungo sottovalutata. La rimozione dalla memoria può avere conseguenze di- sastrose. Uno dei grandi vecchi del- la Spd, Richard Lowenthal, ha la- mentato che nei suoi sforzi per favorire la distensione, l'esta- blishment social-liberale è stato in- cline a sottolineare ciò che univa l'Est e l'Ovest più di ciò che li divi- deva. La conseguenza però è stata che "gran parte della generazione più giovane ha perduto coscienza del fatto che il conflitto con l'Unione sovietica non è stato sol- tanto un conflitto tra due grandi po- tenze e i loro alleati, ma anche un conflitto tra libertà e tirannide". E verso la fine degli anni 70 lo storico cecoslovacco Myharik, ha dato ini- zio a Praga a un dibattito molto inte- ressante e utile, affermando che l'espulsione dei tedeschi dai Sudeti nell'immediato dopoguerra da parte del governo cecoslovacco non co- munista di allora, è stata "il primo atto di totalitarismo nel nostro pae- se".

SEGUE A PAGINA2

A

nche in questo mese di luglio si è parlato di noi esuli sui quotidiani na- zionali, purtroppo, non per le co- se che più ci stanno a cuore, ma perché coinvolti in una delle con- suete, inconsistenti ed ingiustifi- cate polemiche che periodica- mente assillano il nostro paese.

Oggetto della polemica: le im- pronte digitali. Come noto, il

“pacchetto sicurezza” del Gover- no prevede che esse siano prese inizialmente ai Rom e successi- vamente, dal 2010, a tutti i citta- dini italiani, quale sicuro (quasi) strumento d’identificazione per- sonale. E’un provvedimento nor- male in molti paesi, ma da noi ha costituito pretesto per rivolgere al Governo accuse di antidemo- craticità e di discriminazione raz- ziale. E noi che c’entriamo?

C’entriamo perché, in risposta ad un articolo apparso sul periodi-

co “Famiglia cristiana”, in cui si asseriva che l’ex Democrazia cri- stiana mai avrebbe concepito una

“sciocchezza” del genere, l’On.

Giovanardi, ex DC e UDC oggi Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio in forza al PdL, per sostenere l’azione di governo, ha confutato l’affermazione citando la circolare ministeriale n.

224/17437 del 15 maggio 1949, a firma dell’allora Ministro degli interni Mario Scelba, con cui per motivi di sicurezza - timori per possibili infiltrazioni di agenti se- greti di Tito (allora a centinaia in libera circolazione in Italia con ben altre coperture) - si disponeva la schedatura e la raccolta delle impronti digitali a tutti gli italiani profughi dall’Istria, Fiume e Dal- mazia. Il fatto è citato anche nel li- bro di Padre Rocchi - L'Esodo dei 350 mila Giuliani, Fiumani e Dal- mati - dove si legge, altresì, che Mons. Radossi, già Vescovo di Parenzo e Pola e allora Vescovo a Spoleto, essendo stato egli stesso oggetto del provvedimento, scris- se una lettera indignata a De Ga- speri, in cui definiva lo stesso:

“…un fatto inspiegabile… che si

traduce in un atto di sfiducia umi- liante nella forma più cruda per chi ha già tanto sofferto” e rivela- tore “di mancanza di tatto politico e specialmente di carità evangeli- ca non compatibile con un gover- no democristiano”, pregando di farlo immediatamente rientrare.

De Gasperi lo fece, presentando le proprie scuse al Prelato. Nelle more dell’ordine e contrordine, molti esuli furono comunque schedati.

Nella polemica sono intervenu- ti anche alcuni dirigenti della Anvgd. In particolare, il suo Pre- sidente che, confermando la pre- detta schedatura, ha aggiunto che gli esuli accettarono diligente- mente l’iniquo provvedimento, per patriottismo e spirito di servi- zio e, perché avendo tutto sacrifi- cato pur di rimanere italiani, era giusto rispettare gli ordini dello Stato italiano; ordini, dovuti a motivi di sicurezza perché, oltre alle infiltrazioni titine, c’era il pericolo della formazione di mo- vimenti eversivi che potevano strumentalizzare la rabbia e la sofferenza degli istriani.

SEGUE A PAGINA2 di Silvio Mazzaroli

di Alessandro Maran

Calle veneziana?

No, piazza a Spalato

...in corsivo

Con grande gioia annuncio alla Chiesa Cattolica che è in Trieste, alle Chiese Sorelle di Capodistria e di Parenzo-Pola ed alle altre Chiese e Comu- nità cristiane presenti a Trie- ste che il Santo Padre Bene- detto XVI in data 3 luglio 2008 ha riconosciuto il marti- rio del venerabile Servo di Dio don Francesco Bonifacio, morto in odium fidei l'11 set- tembre 1946.

Attendiamo con serena fidu- cia che venga concordato e comunicato il luogo e la data della solenne beatificazione di don Francesco Bonifacio, pre- sbitero della nostra Chiesa Tergestina e solerte formatore di giovani all'apostolato delle file dell'Azione Cattolica.

EUGENIORAVIGNANI Vescovo di Trieste Trieste, S. Tommaso ap.

3 luglio 2008

Don Francesco BONIFACIO,

martire

e santo

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2

L’ARENA DI POLA N.7 del 28 luglio 2008

INTERPRETAZIONI

PRETESTUOSE DI FATTI LONTANI E VICINI

Non rimuovere la memoria

F LASH

A CURA DELLA REDAZIONE CON LA COLLABORAZIONE

DEI LETTORI

Ricordato il sacrificio dei Volontari irredenti nel 93° Anniversario della battaglia

del Podgora

Il 19 luglio, ancora una volta l'Unione degli Istriani, il Libero Co- mune di Pola e la Lega Nazionale, si sono ritrovate sulle pendici del M.te Calvario per rendere omaggio allo Stele che ricorda il sacrificio dei vo- lontari irredenti caduti nella Batta- glia del Podgora, esattamente 93 an- ni fa. In quel cruento scontro, oltre a molti regi carabinieri, caddero 10 nostri conterranei, tutti fanti appar- tenenti al Battaglione Volontari.

Questi i loro nomi: Pio Riego Gam- bini, da Capodistria; Ettore Uicich, da Pisino; Gino de Zotti, da Paren- zo; Emo Tarabochia, Claudio Suvi- ch, Enrico Elia ed Armando Bed- nawski, da Trieste; Edgardo Bolaf- fio e Carlo Furlani, da Gorizia; Er- manno Geromet, da Cormons.

Nel 90° Anniversario della Vitto- ria ricordiamo che i volontari giulia- ni, istriani e dalmati accorsi a servi- re il Tricolore furono ben 2107, di cui 1030 ufficiali e 1077 graduati ed uomini di truppa. Divisi per le pro- vincie di allora, i volontari furono 1047 da Trieste, 410 dall'Istria (55, in particolare, da Pola, seconda alla sola Capodistria con 63), 327 da Gorizia, 111 da Fiume e 215 dalla Dalmazia. I morti complessivi, tra giustiziati dall'Austria, caduti sul campo e morti per ferite o per ma- lattie contratte in guerra furono 302 ed i feriti 332.

Si tratta di numeri significativi che sottolineano l'indiscussa italia- nità delle nostre terre e che appaio- no ancor più dolorosi in relazione all'inutilità, a soli 30 anni di distan- za, di cotanto sacrificio.

I predetti numeri sono stati illu- strati dal Presidente Lacota nel cor- so della sua breve allocuzione, alla quale ha presenziato anche il Prefet- to di Gorizia, dr. Roberto De Loren- zo, che ha poi voluto rivolgere agli esuli presenti parole di apprezza- mento per il loro vissuto e d'augurio per il futuro.

stance Research Center of Lithua- nia” ha concluso un accordo di coo- perazione e di mutua collaborazione con il Direttore del sodalizio. Sono state inoltre concordate alcune atti- vità in comune per la creazione di una rete internazionale di informa- zione sulle problematiche ancora aperte nel continente ed è stato assi- curato dalle istituzioni lituane il massimo sostegno alla richiesta del- la UESE per la designazione di una commissione straordinaria perma- nente presso l’UE sul problema dei profughi e la soluzione dei conten- ziosi in atto. La delegazione è stata ricevuta anche dall'Ambasciatore italiano, Giulio Prigioni, e dal Nun- zio Apostolico, l'arcivescovo Peter Stephan Zurbriggen. Il successo del- la visita è un'ulteriore conferma di come il progetto cui si sta lavorando susciti interesse e sia destinato ad ampliarsi ulteriormente.

Ossero, lapide

a ricordo dei militari italiani fucilati

Ad Ossero, il 23 aprile del '45, 28 giovani militari italiani, perlopiù ap- partenuti alla X Mas ed originari da diverse regioni italiane, avendo ri- fiutato la resa, furono fucilati dai partigiani di Tito e sepolti in una fos- sa comune, probabilmente da essi stessi scavata e rimasta da allora pri- va di alcun segno di riconoscimento.

Nel tardo pomeriggio di sabato 12 luglio, il parroco di Ossero, don Vjekoslav Martincic, autorizzato dal vescovo di Veglia, ha benedetto il terreno, esterno al locale cimitero, dove, secondo alcune testimonian- ze, si trova la fossa. Sul posto è stata scoperta; alla presenza di alcuni su- perstiti del reparto e di una rappre- sentanza dell'Unione degli Istriani, una lapide che, posta a spese della Comunità degli esuli di Lussinpic- colo, riporta questo testo:

"In questo luogo, nelle prime ore del 23 aprile 1945, vennero stronca- te ventotto giovani vite, italiani vitti- me della barbarie della guerra, pos- sano ora riposare in pace. Alla loro memoria le Comunità dei Lussini, di Neresine e di Ossero in Italia, nel mondo. Luglio 2008".

La cerimonia è stata resa possibile dalle appassionate ricerche, con sole finalità umanitarie e religiose, con- dotte del Cap. Federico Scopinich, nativo di Lussino e residente a Geno- va, e di FlavioAsta, di origine neresi- notta, che hanno anche portato a co-

cerne l'acquisto di immobili. Lo si apprende dal documento che il Mi- nistro degli Esteri, Gordan Jan- drokov, ha inviato a Vesna Pusi, pre- sidente del Comitato nazionale per il monitoraggio dei negoziati di ade- sione con l'UE, dove si legge che, da detta data, “in base all'articolo 60 dell'Accordo di stabilizzazione e as- sociazione tra la Croazia e l'UE, i cittadini dell'UE avranno lo stesso trattamento dei cittadini croati, nella compravendita di immobili”. I citta- dini dell'UE potranno, dunque, ac- quistare case e appartamenti in Croazia senza sottostare alle attuali lungaggini burocratiche, mentre per gli altri stranieri rimarranno in vigo- re le norme vigenti. La predetta libe- ralizzazione non riguarda né i terreni agricoli né i boschi. Per le zone agri- cole, la Croazia ha chiesto una mo- ratoria di 12 anni dalla data dell'en- trata nell'UE.

Polemica per

l'intitolazione dell'unico cinema di Pola ad Alida Valli

Le autorità cittadine di Pola, in oc- casione del “Pola film festival” tenu- tosi nel corrente mese, hanno deciso di intitolare adAlidaValli - squisita fi- gura di attrice italiana appartenente all'albo dei più grandi nomi della ci- nematografia mondiale, nativa di Po- la - l'unica sala cinematografica della città oggi funzionante a seguito di un recente restauro. La decisione è stata ferocemente contestata dal locale pre- sidente della HDZ che ha accusato l'attrice di sentimenti antislavi, sino a rifiutare la cittadinanza onoraria di

“artista croata” (BRAVA!), e di aver dichiarato nella sua ultima intervista al Giornale: "Troppe volte, come la mia città, avevo cambiato pelle, ma ero nata e sarei morta italiana. Scrive- telo sulla mia tomba”.

SEGUE DALLA PRIMA PAGINA

La cosa, messa così, ha però suscitato altre polemiche, questa volta interne agli esuli. Qualcuno, senz’altro con maggior realismo, ha tenu- to a sottolineare che non di accettazione si trattò bensì di un oltraggioso sopruso dovuto subire, null’altro potendo fare. Peraltro, ritenendo im- probabile che Mons. Radossi potesse essere sospettato di essere una spia di Tito o un pericoloso eversivo, ci sorge il dubbio che le motiva- zioni politiche alla base di quel provvedimento potessero essere anche, e forse soprattutto, altre. Per la vulgata di allora, non eravamo forse tut- ti dei pericolosi criminali fascisti? Perché non denunciarlo a chiare let- tere? Perché non prendere spunto dall’orgogliosa fermezza e determi- nazione del Vescovo Radossi? Una dimostrazione la Sua che talvolta un’onesta e dignitosa ribellione è più pagante che non il supino allinea- mento al potere politico.

Polemica soft, ma indicativa dell’insofferenza di parte degli esuli per il costante ripetersi di quegli atteggiamenti di sudditanza al potere che, da sempre, ci stanno penalizzando.

Non è stata, però, questa la sola turbolenza che ha interessato il mon- do degli esuli. Una ben più grave, rigorosamente interna, ha interessato una sua componente maggioritaria, l’Anvgd; ne è un saggio la lettera, rivolta a tutti gli esuli, pubblicata a pag. 3 e che mai avreste letto su

“Difesa Adriatica”. La cosa avrebbe potuto anche non riguardarci e avremmo, quindi, potuto astenerci dal pubblicarla; lo spunto, però, ci è venuto da un articolo, a firma di Guido Brazzoduro, pubblicato su “La voce del popolo” (?), organo di stampa dell’Unione Italiana d’oltreconfine (visionabile on line nell’archivio del giornale, sotto la data del 24 luglio u.s.), in cui ci si invita a “guardare in casa propria”

prima di criticare gli altri. Un invito che rimandiamo al mittente!

Nello stesso, a proposito di critiche, la nostra Associazione e l’Unione degli Istriani, vengono attaccate per la “sintonia” (non suddi- tanza e, comunque, limitata alle sole problematiche di nostro interesse) delle stesse con l’IdV che “potrà rendere visibili le questioni degli esu- li ma non certo favorire soluzioni condivise dalla maggioranza degli at- tuali schieramenti politici”. In altre parole, se gli esuli non otterranno nulla dall’attuale governo, la responsabilità sarà nostra. Si tratta, evi- dentemente, della sfacciata ricerca di un alibi aprioristico. Il buon sen- so suggerisce, infatti, che qualsiasi maggioranza di governo, seriamen- te intenzionata a promuovere un qualsivoglia provvedimento, sarebbe ben contenta di avere all’opposizione una forza pronta a sostenerla.

Poiché queste erano le finalità della nostra ricerca di dialogo con l’On.

Di Pietro, che in questo senso ha voluto recentemente rinnovare, anche pubblicamente e personalmente, il proprio impegno, la sola cosa che sembra far difetto e che dovrebbe, pertanto, preoccupare tutti, è la vo- lontà del Governo di affrontare seriamente le nostre questioni.

Per concludere, in entrambi i casi, esponenti di vertice di ciò che ri- mane della Federazione degli esuli hanno dato una lettura pretestuosa di fatti “storici” e di attualità a conferma, purtroppo, che l’azione delle nostre associazioni, pur correndo su binari paralleli che tendono ad uno stesso obiettivo, hanno difficoltà ad incontrarsi. In tale ottica, ciò che maggiormente preoccupa, è una sorta di progressiva balcanizzazione dell’Anvgd, e con essa della Federazione, nell’evidente ricerca di fan- tomatici nemici esterni per compattarsi al proprio interno. L’esempio, a noi così vicino, dell’ex Jugoslavia dovrebbe rappresentare più che un semplice campanello d’allarme. Più che inventarsi “nemici” - che non ci sono, quantomeno non dove strumentalmente li si indicano - sareb- be opportuno che questi signori si aprissero al dialogo ed al confronto (non siamo solo noi a chiederlo) cercando, senza pregiudizi ed aspira- zioni egemoniche, di trarre profitto da quanto ogni singola componente associativa è in grado di offrire. Ne beneficeremmo tutti.

SILVIOMAZZAROLI

L'Unione Europea degli Esuli

e degli Espulsi avvia contatti in Lituania

L'UESE ha condotto, ai primi di luglio, una visita di tre giorni in Li- tuania. La delegazione, guidata dal Segretario Generale Massimiliano Lacota, ha avuto numerosi colloqui nella capitale Vilnius e nella città di Kaunas, incontrando associazioni ed organismi degli esuli lituani e dei de- portati durante il periodo dell'occu- pazione sovietica, mentre nella sede centrale del “Genocide and Resi-

noscere i nomi di molti dei caduti. La cerimonia ufficiosa ha visto una mo- desta partecipazione dei residenti. Sa- rebbero in atto trattative bilaterali tra Italia e Croazia per riesumare le sal- me e dar loro una più degna sepoltura.

Immobili agli stranieri, a febbraio cadono gli ultimi ostacoli

Il primo febbraio del 2009 entrerà in vigore la disposizione dell'accor- do di stabilizzazione e associazione in base alla quale i cittadini stranieri, dell'Unione Europea, saranno equi- parati a quelli croati, per ciò che con-

SEGUE DALLA PRIMA PAGINA

Nelle sue famose Note sul nazionalismo, Orwell scrive che "per chi nutre nella mente fedeltà e odii nazionalistici, certi fatti, anche se sono notoriamente veri, sono inammissibili". Ovviamente, non manca- no gli esempi di "fatti inammissibili" per il naziona- lismo italiano come per quello sloveno o croato. Per il nazionalismo sloveno non è ammissibile che la Ve- nezia Giulia sia qualcosa di diverso da un'invenzione del fascismo. Per il nazionalismo italiano non è am- missibile che essa sia plurale, la "casa comune" di italiani, sloveni e croati. Dico questo anche perché da un po' di tempo in qua, spesso in relazione a pro- getti di cooperazione transfrontaliera, si è tornati a parlare di nuovo di Mitteleuropea. Ma le voci che in Europa (negli anni ‘80) hanno dato avvio a questo dibattito, quando parlano di Europa centrale si riferi- scono a qualcosa di più ampio e profondo che ai mo- bili Biedermeier e al mito della principessa Sissi. Se esiste un terreno comune centroeuropeo, possiamo piuttosto scoprirlo nei saggi politici di Vaclav Havel, Gyorgy Konrad, Adam Michnik. Le voci indipen- denti di Praga, Budapest, Varsavia che hanno riaffer- mato le premesse fondamentali dell'individualismo giudaico cristiano rovesciando l'ordine tradizionale del socialismo, attribuendo priorità non allo Stato o alla società, ma all'essere umano individuale. Alla sua coscienza, alla sua soggettività, al suo dovere di

vivere nella verità. Perché, come scriveva Havel a proposito del regime comunista, il principale pilastro del sistema è quello di vivere nella menzogna; è que- sto tessuto di menzogne che tiene unito il sistema e tiene la società soggiogata allo Stato. Havel, Mich- nik e Konrad sono eredi di una tradizione presente in Europa centrale e orientale fin dall'Illuminismo, quella della sua componente rivolta a Occidente, co- smopolita, secolare, umanista, razionalista. Una mi- noranza. Com'erano minoranza le voci raccolte nel volume pubblicato dalla Leg. Ma in entrambi i casi si tratta di voci forti dei valori emersi dalla loro spe- cifica esperienza, che hanno trovato un terreno di coltura proprio in quelle condizioni di avversità. Le voci di chi si è battuto per conservare il proprio patri- monio intimo, storico e culturale; di chi ha scelto di

"vivere nella verità" e di affermare una cultura "inti- mamente e tenacemente liberale e democratica".

Perché come scriveva lucidamente Scipio Slataper

"soltanto un sano liberalismo può essere l'unica ga- ranzia delle subminoranze europee". Questi valori (anche dopo il no degli irlandesi al Trattato) contano più della geografia e delle frontiere: chiunque li con- divide e si batte per essi fa parte dello stesso proget- to, è cittadino europeo.

ALESSANDROMARAN

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L’ARENA DI POLA N.7 del 28 luglio 2008

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Comunicazione ai Lettori

Si rende noto che nel mese di agosto la Redazione dell'Arena di Pola sarà chiusa. Rimarranno comunque in funzione la segreteria telefonica ed il servizio fax.

L'Arena di agosto uscirà regolarmente.

Si formulano agli affezionati lettori i più sinceri auguri di buone vacanze.

Rinnovato impegno dell’Italia dei Valori a favore degli Esuli

I

nformiamo tutti gli Esuli che si è creata una profonda divisione nella nostra As- sociazione, anche se il Presidente, i Vi- ce Presidenti e l'Esecutivo nazionale attual- mente in carica volutamente ignorano e mi- nimizzano l'attuale grave situazione. La no- stra mancata presenza in sede Congressuale e l'affidare i nostri pensieri e riflessioni a que- sto documento congiunto è una forma di pro- testa ferma e decisa, ma allo stesso tempo è il modo limpido che vogliamo fare arrivare per non creare polemiche dannose e contropro- ducenti.

La convocazione di un Congresso Nazio- nale Straordinario con un ordine del giorno comprendente due punti tecnici da votare e che non includesse una relazione dettagliata del lavoro svolto (o non svolto) a metà del mandato ricevuto, ha lasciato perplessi. Il Congresso e gli iscritti hanno il diritto di es- sere informati, ed hanno altresì il diritto di dare il proprio parere anche esprimendolo con il voto.

Dovrebbero essere analizzati obiettiva- mente gli insuccessi ottenuti in questo anno e mezzo ed i danni arrecati agli Esuli, non es- sendo stati gli attuali dirigenti in grado di contrastare i provvedimenti legislativi che l'ultima legge finanziaria ha emanato a no- stro danno (pensioni, immobili e liquidazio- ne indennizzi). Ma non solo. Anche il Tavolo aperto alla Presidenza del Consiglio dei Mi- nistri è stato un fallimento, i nostri rappre- sentanti si sono presentati divisi, senza aver concordato una minima strategia preventiva, senza una traccia scritta da seguire con tena- cia e perseveranza, senza incalzare la contro- parte con richieste e proposte tanto da obbli- garla a dire sì e no netti e decisi. Il Tavolo ha messo in evidenza la frammentazione della Federazione delle Associazioni, rottura san- cita da insulti e offese reciproche a nostro av- viso insanabili.

Il Presidente ANVGD inoltre ha deciso, in- credibilmente ed unilateralmente, che al Ta- volo non avessero diritto di partecipare i tre Vicepresidenti da lui designati, forse perché questi rappresentavano una A.N.V.G.D. trop-

po forte, compatta ed in grado come già di- mostrato nei fatti e non solo nelle parole, di ottenere risultati concreti, oscurando la Fede- razione e chi la presiede.

Queste divergenze hanno fatto si che il Presidente Nazionale al Consiglio di Padova abbia accantonato i Vicepresidenti operativi, sostituendoli con il Presidente della Federa- zione e con il Sindaco del Libero Comune di Fiume in Esilio, che inANVGD non presiede nemmeno un Comitato. Ma non contento, ha nominato un Esecutivo nel quale alcuni com- ponenti non hanno neppure la presidenza di un comitato e altri non sono Esuli. In questo modo magistrale è riuscito a spaccare l'A.N.V.G.D., la Federazione ed a far fallire il Tavolo alla Presidenza del Consiglio dei Mi- nistri.

Le scelte errate e la mancata trasparenza erano già incominciate al Congresso di Ro- ma del novembre 2006, quando alcuni con- gressisti (che oggi sono Vicepresidenti) per la prima volta si sono presi l'onere e

“l'onore” di distribuire bigliettini confiden- ziali (i pizzini) con indicati i nomi di chi do- veva essere votato e chi invece escluso. Il triumvirato che ha fatto proprie le cariche A.N.V.G.D. e Federative si è preso grandi re- sponsabilità che richiedono impegno costan- te e duro lavoro a tempo pieno per ottenere risultati concreti, un sacrificio che non tutti possono sostenere, anche perché distratti da altri impegni che costantemente, come un deja vù, hanno regolarmente la precedenza sui problemi degli Esuli (chi scrive libri, chi produce filmati, chi è impegnato a ristruttu- rare aziende, altri che sono politici di profes- sione e altri ancora che passano più tempo con i rimasti oltreconfine che con i propri corregionali).

Non abbiamo avuto la fortuna di leggere nessun documento, nessuna iniziativa da par- te della nostra dirigenza per sviluppare e po- tenziare le iniziative legislative e parlamen- tari a favore degli Esuli, è stata abbandonata la coltivazione di quella rete di parlamentari che, nei vari partiti, conoscono i nostri pro- blemi e che ci permetteva di avere un discre-

to potere contrattuale associativo.

E' bene che si sappia che chi non condivide la linea del Triumvirato è sottoposto a inda- gini ed iniziative disciplinari, subisce so- spensioni e velate minacce senza che il Con- siglio di Disciplina si sia espresso o sia stato investito da questo compito.

Ci pare doveroso e rispettoso segnalare che l'attuale dirigenza è distante dagli Esuli e dal- le loro esigenze ed aspettative, e questo at- teggiamento ci ha fatto a nostra volta prende- re le distanze da coloro dai quali invece, per carica, ci saremmo aspettati un confronto, un incontro, anche scontri (ma sempre nell'am- bito del rispetto reciproco) per trovare solu- zioni diverse dall'attuale immobilismo. Nel loro fragoroso silenzio i messaggi che ci in- viano sono quelli affidati al Segretario Na- zionale (che non è il segretario di tutti) il quale non perde occasione di evidenziare con commenti anche caustici e giudizi stizziti, a volte al limite dell'insulto, gli avvenimenti che ci riguardano, evidenziando a volte ini- ziative di chi è ostile all' A.N.V.G.D. pur di sminuire quello che con dedizione e spirito di servizio, senza risorse e basandosi solo sul volontariato, molti di noi hanno costruito e portano avanti nei territori in cui operano.

Considerando l'insuccesso al Tavolo del Governo e l'insuccesso della Finanziaria, è doveroso, nell'interesse degli Esuli, che qual- cuno scenda dalla torre eburnea in cui si è in- nalzato e torni con i piedi per terra senza se e senza ma. Al momento nessuno di noi è pre- sente negli organi direttivi A.N.V.G.D. e se continueranno questi atteggiamenti saremo costretti ad uscire anche dal Consiglio Na- zionale.

Per questi ed altri motivi e dopo una serie di incontri, i firmatari sottoelencati e tutti quelli che desiderano e desidereranno condi- videre con noi un percorso di nuove strade e modi diversi e concreti di operare, hanno de- ciso di costituire il gruppo di minoranza al- l'interno dell'A.N.V.G.D. Nazionale, antici- pando ciò che avverrà al prossimo Congresso Nazionale. Questo gruppo mette a disposi- zione dell'Associazione le proprie conoscen-

ze e capacità con l'obiettivo di poter dare quel contributo necessario alla risoluzione dei problemi che angustiano gli Esuli e che da troppo tempo languono. Tra di noi non ci sono gerarchie, ognuno di noi per la specifi- cità del suo ruolo sarà protagonista nel pro- prio ambito. Siamo fiduciosi che il Presiden- te Toth, il Consiglio Nazionale e l'Esecutivo ai quali è indirizzata la presente non alzino un muro di indifferenza dall'alto delle loro cariche ma si prestino ad un sano e democra- tico confronto. Abbiamo preparato una Leg- ge Quadro e la modifica dello Statuto è quasi pronta, sono argomenti di tutti gli Esuli, an- che di quelli che noi rappresentiamo, e come sempre i tempi per incidere sul Governo e sulla Finanziaria sono stretti.

Gli interlocutori designati a rappresentarci sia per la risposta alla presente, sia per even- tuali incontri, sono stati da noi individuati in quei tre VicePresidenti designati dal Presi- dente Toth al Congresso Nazionale di Roma del 2007, coloro i quali furono presenti alla prima riunione del tavolo alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, i quali garantivano equilibrio associativo dal punto di vista ope- rativo, territoriale e sociale tra le componenti Istriana, Fiumana e Dalmata, quei tre Vice- Presidenti inspiegabilmente sostituiti per ti- more di ragionare, decidere, operare in un contesto condiviso di una pluralità operativa ed indipendente, una formula che aveva già portato concreti e tangibili risultati agli Esuli, ma che a più di qualcuno aveva dato evidente fastidio.

Tanto sentivamo di comunicare, per mette- re a conoscenza voi tutti di come stanno le cose, con la schiettezza e l'onestà con le quali abbiamo operato in questi anni.

Firmato:Aquilante Fulvio, Boniciolli Bruna, Brugna Marisa, D'Agostini Gigi, De Petronio Maria Elena, Godeas Gianan- tonio, Maisani Eugenio, Nardozzi Marina, Trevisan Sergio, Rubessa Luciano, Sardos Albertini G.P., Serravallo Gianfranco, Spa- da Mario, Tarticchio Piero,Vatta Antonio, Zoia Oliviero e altri.

COSTITUITO

IN SENO ALL’ANVGD UN GRUPPO

DI MINORANZA

«A

bbiamo candidato Sil- vio Mazzaroli e ci sa- rebbe piaciuto molto che entras- se in Parlamento e portasse diret- tamente lui la voce degli esuli.

Le cose sono andate diversamen- te, ma quella voce la porteremo noi». L'On. Antonio Di Pietro, ha così esordito in occasione dell'in- contro avvenuto, presente la stampa, presso l'Unione degli Istriani lo scorso 7 luglio. Dando seguito alla promessa fatta dal suo portavoce On. Massimo Do- nadi nel corso della campagna elettorale, il leader dell'Italia dei valori, ha voluto interloquire per- sonalmente con i vertici dell'U- nione degli Istriani e del Libero Comune di Pola in Esilio per rin- novare il proprio impegno a so- stegno della causa degli esuli.

Una dimostrazione di serietà che si aggiunge all'impegno scritto a suo tempo depositato presso la Segreteria dell'Associazione.

Nel corso del faccia a faccia, il Presidente Lacota ha illustrato all'ospite le aspettative degli esu- li in merito agli insoluti problemi relativi a: restituzione, quanto meno, dei beni disponibili non

gendo il Governo a manifestare con chiarezza le proprie intenzio- ni nei confronti degli stessi. Le indicazioni sinora emerse al ri- guardo sono, peraltro, poco pro- mettenti. Da quanto appreso dal Presidente Lacota convocato, di- sgiuntamente dai rappresentanti dell'attuale Federazione, al Mini- stero degli Interni lo scorso 25 maggio - interlocutore il Sottose- gretario Nitto Francesco Palma - non ci sarà alcun tavolo di con- certazione governo-esuli ed i rap- presentanti delle due anime degli esuli saranno, caso mai, chiamati separatamente per trattare le que- stioni di esclusiva competenza di quei Ministeri che dimostreranno di volersene interessare. Maz coperti dai trattati e ribadito la

necessità della denuncia italiana del Trattato di Roma; equo e defi- nitivo indennizzo, consegnando una bozza aggiornata della pro- posta di legge in materia già pre- sentata anche ai precedenti go- verni; trattamenti pensionistici, richiamando l'attenzione sul ma- ramaldesco colpo di mano attuato dal governo Prodi con la Finan- ziaria 2008 nei confronti della L.

140/85, e previdenziali a favore di talune categorie di esuli. Sulle predette questioni, Lacota ha ri- chiesto l'avvio di un dialogo con l'auspicabile coinvolgimento del- le forze di governo e di opposi- zione.

L'On. Di Pietro, ponendo l'ac- cento sulle ridotte possibilità d'azione dell'opposizione, ha co- munque ribadito l'impegno di

IdV per quanto riguarda: la de- nuncia del suddetto Trattato e per la richiesta di un arbitrato inter- nazionale circa la restituzione dei beni ancora disponibili; un vaglio approfondito, possibilmente bi- partisan, della bozza di legge pre- sentatagli e delle problematiche relative ai trattamenti pensioni- stici e previdenziali, alla ricerca di possibili soluzioni. In concre- to, ha assicurato che presenterà, in tempi ristretti, una richiesta scritta sulle restituzioni al Mini- stro degli Esteri, On. Frattini, che dovrà avere risposta nel corso di una “question time” in Parlamen- to, alla quale sarà invitata a pre- senziare anche una delegazione dell'Unione degli Istriani, e che chiederà di mettere all'ordine del giorno di una discussione parla- mentare la bozza di legge sugli

indennizzi. Ha indicato, infine, l'On. Carlo Monai come referente per tutte le suddette problemati- che.Quanto precede, naturalmente, non autorizza ad alimentare so- verchie illusioni in merito alla ri- soluzione dei nostri problemi; ga- rantisce, però, che anche nella presente legislatura si parlerà dei nostri problemi, magari costrin-

Pubblichiamo, di seguito, la comunicazione rivolta a tutti gli esuli, ri- scontrabile sul sito ufficiale del Comitato Provinciale dell’Associazio- ne Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia di Torino (www.

ANVGD.com), i cui contenuti non ci sorprendono, perché in larga mi- sura conformi a tanti giudizi critici da noi stessi in precedenza formula- ti.Cogliamo l'occasione per ribadire la nostra disponibilità a riprendere il dialogo e la collaborazione con chiunque abbia a cuore gli interessi reali degli Esuli, purché il quadro di situazione subisca quei cambia- menti che lo stesso neo costituito gruppo di minoranza auspica.

Rimaniamo, per questo, in attesa di conoscere i futuri sviluppi.

SILVIOMAZZAROLI Sindaco del Libero Comune di Pola in Esilio

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4

L’ARENA DI POLA N.7 del 28 luglio 2008

Il

“Maestral” ormai è solo un (bel) ricordo: il veliero con cui due anni fa navigammo da Abbazia a Sebenico questa esta- te ha lasciato il posto al maestoso

“Barbara”: tre alberi anziché due, cabine di lusso (con aria condizio- nata!), pranzi e cene a bordo (carne di giorno, pesce la sera), lettini sul ponte, idromassaggio, insomma…

una vacanza a quattro stelle.

Quanto all'itinerario, chi - come me - pensava di aver già visto il massimo si è dovuto ricredere: al bello non c'è mai limite, specie quando si veleggia sulle coste della Dalmazia, con unica occupazione gettarsi nelle acque color smeraldo all'ordine del comandante, respira- re profumo di mare e tutt'al più do- versi alzare dalla sdraio per filmare i salti di un delfino… Eh sì, vita du- rissima, a bordo del Barbara!

Prima tappa, Spalato

Arrivati alla spicciolata un po' da tutta Italia, ci siamo dati appunta- mento alla stazione di Trieste a mezzogiorno del 27 giugno e la se- ra, grazie al nostro Andrea che gui- dava il pullman, eravamo a Spalato, già sede dell'imperatore romano Diocleziano, di cui siamo stati ospi- ti: Salvatore e Graziella, perfetti or- ganizzatori del nostro viaggio, ave- vano, infatti, prenotato l'hotel co- struito dentro le mura perimetrali del Palazzo imperiale! La mattina dopo, un giro nella magnifica città (lì se lo ricordano ancora di essere stati “cives” romani; ci sono più finti centurioni a Spalato che da- vanti al Colosseo!), poi l'imbarco alquanto rocambolesco: i velieri usano ormeggiare uno affiancato all'altro, così se il tuo è l'ultimo (e il nostro lo era) devi passare di barca in barca, con armi e bagagli. Ma niente paura: il nostro gruppo - era- vamo una trentina, parecchi sopra gli ottanta - alla fine del viaggio aveva stupito anche l'equipaggio croato per entusiasmo, grinta e grande sportività (io, la più giovane a bordo, per calarmi in mare pren- devo la scaletta, chi aveva il doppio dei miei anni si tuffava!).

Aria di casa

Questa la vita di bordo. Ma ogni giorno il nostro veliero ci conduce- va alla scoperta di baie nascoste, una più incantevole dell'altra, tra le isole di Brazza, Lesina, Curzola, Meleda, o sulla costa di Makarska e Almissa.

Che dire? Ci si sentiva a casa no- stra. E non era la nostalgia, era pro- prio che le pietre, le case, le chiese, i campanili, in fondo anche tanti volti, ci parlavano una lingua che aveva le nostre radici. Secoli di Re- pubblica veneziana, infatti, non si cancellano, come pure secoli di ro- manità. Ovunque arrivassimo, in ogni cittadina c'era un Leone di San Marco che ci accoglieva, inu- tilmente feroce ed accigliato, dai

bastioni di un forte, o dalle porte della città, o più sem- plicemente da un piccolo vi- colo nascosto.

Il signor Padovan

L'episodio più gustoso al riguardo è accaduto a Curzo- la, vero assaggio di Paradiso:

182 chilometri di costa, 195 splendide baie, più della metà del territorio coperto da pinete e ulivi, circondata da 48 isolette e dal mare trasparente dell'arcipelago… Que- sto dicono i depliant. Ma quello che vedono gli occhi e che l'anima qui respira è difficile descriverlo:

la cittadina sorge su uno sperone di perfetta forma ovale, battuta sem- pre dal vento e dalle onde, i gabbia- ni si librano nell'aria e si tuffano nel mare per uscirne con il pesce appena pescato nel becco. Le stra- de di pietra lucida, levigate da se- coli di popoli in cammino, portano alla cattedrale medievale, bella da lasciarci il fiato. Arrivi persino in quella che qui propagandano come la casa di Marco Polo… Una leg- genda, probabilmente, ma certo ve- neta era la gente che ci viveva all'e- poca: sembra un piccolo scorcio di Venezia. E i nomi delle strade tra- discono la stessa origine: ulica (via) don Depola, ulica San Polo…

E' qui, sedute in una “konoba”

(osteria) tra i massicci bastioni, a un metro da mare e gabbiani, che con Beatrice e Mariuccia ci sedia- mo a bere un buon vino bianco, at- taccando bottone col proprietario.

Sua è la konoba, sua - anzi, “dei miei nonni, o forse dei bisnonni” - la casa in pietra bianca, con bifore veneziane. Sei mesi vive qui, gli al- tri sei ad Amsterdam, dove lavora in un “delfinario” (quando si dice una bella vita…). Poi ci spiega con fierezza nazionalista che lì di entra- re in Europa non ne vogliono sape- re: niente euro, niente leggi restrit- tive, niente obblighi, solo paradiso (difficile dargli torto…). Poi dice anche di essere croato fino al mi- dollo, e pure di questo va fiero. Fi- ne della conversazione, ci si stringe la mano, arrivederci… Qual è il suo nome? “Padovan, Mario Pado- van”. Lo guardiamo e tra noi sorri- diamo. Lui se ne accorge: “Beh, sì, i miei vennero dall'Italia, ma era tanto tempo fa. Novecento anni fa…”. Inutile, anche in certi volti c'è aria di famiglia. Che lo ammet- tano o meno.

Un bastimento carico di…

Tante vite portava con sé il no- stro bel veliero, tante vicissitudini.

Un bastimento carico di storia, spesso dolorosa. Chi mi ha raccon- tato dell'esodo, chi dei propri cari trucidati da Tito, chi (più o meno tutti) della loro Casa, quella con la

“C” maiuscola, quella “abbandona- ta”, come dice la legge sui beni per- duti in Istria e Dalmazia. Ma se ci pensi bene il termine è così ingiu-

sto: l'abbandono è un atto quasi col- pevole, volonta- rio, ha un che di crudele. Gli esuli istriani non

l'avrebbero mai “abbandonata”

quella loro casa. “Strappata”, que- sto si dovrebbe dire. Della sua mi ha parlato Mia Valdemarin: “Tornai a vederla nel 1961. Metà era stata buttata giù e la mia camera da letto ora è l'entrata di un grande magaz- zino. E' peggio di un terremoto: in macerie non vanno i muri, ma il cuore”. E Maria Laura Pussini:

“Dieci anni fa ci ho portato i nipoti- ni. Uno di loro mi ha accarezzato la mano e mi ha chiesto 'nonna, ma la tua casa era bella una volta?'… Già allora era tutta scrostata”. E Salva- tore Palermo: “Il mio paradiso per- sonale era lo Scoglio Sant'Andrea:

pineta, mare, vento, cicale! La mia casa era là. Ora faccio fatica a rag- giungerla, bisogna farsi largo tra rovi e cespugli”.

Sentite Sonia Vlacci, partita a so- li quattro anni da Pola: “Di quel passato non ricordo nulla ed è il mio grande cruccio. La mia casa?

Mai più rivista, ho come un blocco, non è un incontro facile. Però l'altro giorno ho visto una casa tipi- ca istriana ed è stato un lampo: era la 'mia' casa che tornava. Su questo veliero, poi, sento i più anziani che raccontano, sento dire delle cose che… non so, mi riemerge qualco- sa dal buio totale che mi è rimasto dentro”. E' il vero senso di questo viaggio di esuli che tornano.

“Magnalucheti”

Anche Uccio De Caro era molto piccolo: il “Toscana” lo depositò sull'altra sponda dell'Adriatico tra le braccia di sua madre quando aveva nove mesi. Seguirono nove anni nella caserma “Ugo Botti” di La Spezia insieme ad altri 1.300 profughi, senza porte, con bagni in comune e divisori al posto delle pa- reti: “Ricordo che sentivo tutto di tutti, far l'amore o bisticciare”. Cer- to del veliero è l'unico che non ha ricordi pre-esodo, ed è qui per que- sto, “cerco qualcuno che mi rac- conti, voglio sapere… In quella ca- serma eravamo in tanti, ci sarà qualcuno che teneva un diario, sa- rebbe importante! Scrivetelo su L'Arena di Pola!”. L'anno scorso a La Spezia per la celebrazione del Sessantesimo molti esuli tornarono

La crociera in Dalma zia dei “veci muli de Pola” 2008

DAL MAESTRAL AL BA RBARA

Almissa

Lesina

Curzola Macarska Pucisca

Milna

alla “loro” caserma. E' lì che Uccio fu riconosciuto grazie al suo antico soprannome:

“Ti xe ti, el Magnalucheti!”, gli disse qualcuno. Il discolo aveva animato la vita della ca- serma, infatti, ingoiandosi niente- meno che un lucchetto!

Il mistero dello svizzero

Enrico, detto “lo svizzero”, ha in- vece animato il nostro viaggio con i suoi dotti racconti, ma soprattutto con un finale a suspense. L'ultima mattina - 5 luglio - stiamo appro- dando a Spalato quando con orrore ci accorgiamo che manca uno di noi: Enrico - classe 1927 - a cola- zione non si presenta. La sua cabina è chiusa e lui non risponde. Entria- mo con la chiave del capitano: vuo- ta, letto sfatto. Panico. Che fare?

Mentre ci scervelliamo, il veliero ormai entra nel porto di Spalato e sulla banchina - berrettino bianco e calzette beige - c'è proprio lui, sera- fico, che a gesti partecipa alle ope- razioni di attracco dando consigli ai marinai. Potete immaginare: ap- plausi, grida, gioia da parte di tutti.

Ma come poteva essere lì prima di noi? E con cosa era venuto? “Enri- co, cossa te ga fato?”. E lui, allar- gando le braccia: “Mi avete lascia- to là…”.Alle sei del mattino adAl- missa era sceso per una passeggia- ta e quando il veliero è salpato l'ha visto allontanarsi. Senza scompor- si ha preso un pullman di linea per Spalato e, da bravo svizzero… è arrivato prima di noi.

Finale

Difficile il rientro. Per giorni, forse settimane, anche a Milano ho sognato di svegliarmi al canto delle cicale e allo sciabordio che entrava dal mio oblò… Passerà un anno intero prima che si pos- sa, speriamo, salpare di nuovo.

Intanto, in questi mesi che ver- ranno, continueremo a “naviga- re” tra ciacole e ricordi sulle pa- gine dell'Arena di Pola, la nostra voce, l'unico vero legame che tiene insieme una città in esilio, un tam tam che di casa in casa ci fa popolo.

Grazie al suo direttore, Silvio Mazzaroli, sindaco di una Pola sempre viva.

LUCIABELLASPIGA (inviato di “Avvenire”) P.S.: Lucia, ci ha dedicato una bella pagina su l’Avvenire del 24 luglio. Merita leggerla!

Magnalucheti

Un grazie a Graziella e Salvatore

Brindisi dal sior Padovan Lettura dell’Arena

a bordo A spasso nel Parco naturale di Meleda Cantando Scalinada

Cena a bordo

Lo svizzero Nel sole

Pomena Spalato

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L’ARENA DI POLA N.7 del 28 luglio 2008

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La

causa di beatificazio- ne era stata avviata sin dal lontano 1957 su iniziativa dell'arcivescovo An- tonio Santin. Ci sono voluti ben cinquantun’anni, la fine del co- munismo, la dissoluzione dell'ex Jugoslavia, l'impegno dei Vesco- vi di Trieste Lorenzo Bellomi e Eugenio Ravignani e ben undici anni di esami (1998-2008) dei fatti che hanno riguardato la figu- ra di Don Francesco Bonifacio (vi ha concorso in maniera deter- minante Don Ettore Malnati), perché la Congregazione vatica- na delle Cause dei Santi sottopo- nesse alla firma del Papa il decre- to di beatificazione.

Don Francesco Bonifacio è il primo dei numerosi sacerdoti istriani ucciso dai partigiani di Tito nella tragica vicenda delle foibe ad essere proclamato beato.

La notizia è stata riportata, senza toni polemici, anche sulla stampa croata.

La biografia di Don Bonifacio

Nato a Pirano, in Istria, il 7 set- tembre 1912, secondogenito di sette tra fratelli e sorelle, di fami- glia semplice e povera, France- sco Bonifacio viene ordinato pre- te nella Cattedrale di San Giusto il 27 dicembre 1936. Dopo il pri- mo ministero a Pirano e a Citta- nova, don Francesco diventa cap- pellano nel 1939 nella Curazia di Villa Gardossi che conta circa 1300 anime distribuite in tante piccole frazioni o casolari. Con- divide con la sua gente le tragedie

a Trieste il prossimo 4 ottobre nella Cattedrale di San Giusto, la stessa dove il Beato fu ordinato sacerdote. La cerimonia sarà pre- sieduta dal cardinale Josè Saraiva Martins, Prefetto della Congre- gazione vaticana delle Cause dei Santi. Concelebrerà il vescovo di Trieste Eugenio Ravignani.

In precedenza, l'11 settembre (ricorrenza del martirio), il Co- mune di Trieste, in collaborazio- ne con le Associazioni degli esu- li, ricorderà il suo sacrificio in Largo Don Bonifacio. Alla ceri- monia saranno invitati anche rap- presentanti religiosi della Chiesa slovena e croata.

Con tale atto s'intende sia sot- tolineare il riconoscimento uffi- ciale di quanto occorso alle genti istriane e dalmate sia dare impul- so al dialogo per il superamento degli asti interetnici risalenti al II° Conflitto mondiale.

RED.

A Trieste un monumento per Geppino Micheletti

Don Bonifacio primo Beato

vittima delle Foibe:

il decreto firmato da Benedetto XVI

che si consumano dopo l'8 set- tembre 1943, in una terra stretta tra gli occupatori tedeschi e il fronte titino di liberazione. Don Francesco si prodiga per soccor- rere tutti, per impedire esecuzioni sommarie, per difendere persone e beni, diventando così un “prete scomodo”, da eliminare “per di- sperdere il suo gregge”. Ma egli non pare tenere nel debito conto le necessarie prudenze. Continua a predicare con chiarezza il Van- gelo, a curare la catechesi nella sua comunità, a stupire per il suo coraggio, a convincere con la for- za della sua fede. L'11 settembre 1946, dopo essersi recato a Grisi- gnana per la confessione, ritorna verso casa. Lungo la strada - co- me confermato da parecchi testi- moni - viene avvicinato e fermato da alcune guardie popolari, la mi- lizia jugoslava. Viene portato in un bosco e scompare per sempre.

Ucciso, a soli 34 anni.

Il fratello, che lo cercò imme- diatamente, venne incarcerato con l'accusa di raccontare delle falsità. Per anni la vicenda è ri- masta sconosciuta, finché qual- cuno è riuscito a contattare una delle guardie popolari che aveva- no prelevato don Bonifacio. Que- st'ultimo ha raccontato che il sa- cerdote era stato caricato su un'auto, picchiato, spogliato, col- pito con un sasso sul viso e finito con due coltellate prima di essere gettato in una foiba (forse, quella di Martines).

La testimonianza del fratello Giovanni

«È uno dei più bei giorni della mia vita, che ho aspettato e so- gnato per tanto tempo. Chi non ha vissuto il dramma dell'esodo e delle foibe non può capire cosa sto provando. Don Francesco non è solo mio fratello. È un sim-

bolo per tutti gli istriani e i dal- mati». «Di mezzo c'è solo la fede.

La politica non c'entra niente.

Mio fratello è stato fatto sparire perché era scomodo: era un sa- cerdote vero, che ha voluto resta- re vicino ai suoi fedeli anche nel pericolo e sotto le minacce; per- ché aiutando la gente ostacolava i titini e la diffusione delle loro dottrine ateiste». «Fu Monsignor Santin ad invitarlo a restare a pro- teggere le sue pecorelle e lui ri- mase. Venne minacciato per due anni, ma non abbandonò mai la sua gente, fino a quell'11 settem- bre in cui, alle 19.30, lo vidi per l'ultima volta, prima che venisse rapito, torturato e infoibato».

La cerimonia di beatificazione

La cerimonia ufficiale di beati- ficazione di Don Francesco Boni- facio, martire istriano, avrà luogo

II 18 agosto 2008 nel Parco di piazzale Rosmini a Trieste, nel 62° anniversario della strage di Vergarolla, l'Unione degli Istriani in collaborazione con il Libero Comune di Pola in Esilio e la Famiglia Polesana inaugu- rerà un Monumento dedicato alla figura simbolo di tutti i polesani esuli, Geppino Micheletti.

La sua realizzazione, curata dall’architetto Ennio Cervi, ha comportato un iter burocratico protrattosi per ol- tre due anni.

Dopo lo scoprimento, lo stele sarà donato dagli Esuli al Comune di Trieste che, oltre a dare il patrocinio, ha messo gratuitamente a disposizione il terreno su cui lo stesso è posto.

G

eppino Micheletti, nato a Trieste il 18 luglio 1905, completa i propri studi a Peru- gia dove nel 1928 si laurea in medicina presso la locale Uni- versità, trovando poi immediato impiego presso l'Ospedale Civi- le "Santorio" di Pola, raggiun- gendo la propria famiglia colà nel frattempo trasferitasi. Nel corso degli anni '30 si specializ- za in chirurgia a Padova e in or- topedia e traumatologia a Bolo- gna, pur rimanendo sempre in forza all'ospedale del capoluogo istriano. Esercita la professione medica a Pola sino ai primi me- si del '47 quando, come la quasi totalità dei suoi concittadini, è costretto ad intraprendere la tri- ste strada dell'esodo. Dopo un breve soggiorno a Trieste, Mi- cheletti si trasferisce con la mo- glie a Narni dove, dal 1947 alla morte, opererà quale primario di chirurgia e direttore presso il locale Ospedale degli Infermi.

Il dott. Geppino Micheletti si spegne a Narni l'8 dicembre 1961. Riposa, assieme alla mo- glie Jolanda e, idealmente, ai sui figli Carlo e Renzo, nella tomba di famiglia nel cimitero di Sant'Anna a Trieste.

Per tutti gli italiani di Pola l'eroica figura di Micheletti è le- gata all'episodio criminale dello scoppio di Vergarolla, avvenuto il 18 agosto del 1946. Egli, nono- stante la notizia che tra i morti nell'esplosione ci fossero anche i suoi due bambini, Carlo (9 anni) e Renzo (6 anni), dei quali non vennero mai trovati i resti, si prodigò indefessamente per soc- correre e curare i numerosissimi bagnanti feriti che per ore conti- nuarono a giungere presso il no- socomio del capoluogo istriano.

Per questo suo encomiabile ge- sto di umana pietà ed elevata eti- ca professionale, al dott. Miche- letti, durante l'occupazione allea- ta di Pola, venne conferita dalla locale Municipalità la qualifica di “Cittadino benemerito” e, suc- cessivamente, dalla Repubblica Italiana la Medaglia d'Argento al Valor Civile. Per il suo compor- tamento, egli è soprattutto assur- to a simbolo degli alti valori mo- rali e dell'altissimo senso civico della gente istriana, nel cui ricor- do rimarrà indelebile. La sua fi- gura, peraltro, per desiderio dei

“Rimasti” è ricordata anche da una piccola targa bronzea che, nel 2007, è stata posta ai piedi

del cippo che ricorda l'eccidio a lato del Duomo di Pola.

Si invitato tutti gli istriani inte- ressati a presenziare alla cerimo- nia di inaugurazione che si terrà, presumibilmente il pomeriggio di lunedì 18 agosto, a contattare la segreteria dell'Unione degli Istriani per i dettagli della mani- festazione.

Con l'occasione s'informano, altresì, gli interessati che l'annuale celebrazione, tradizio- nalmente tenuta a Pola, avrà que- st'anno il seguente svolgimento di massima: sera di domenica 17 agosto, S. Messa nel Duomo di Pola; mattina di lunedì 18 agosto, deposizione di una coro- na sul luogo dello scoppio e lan- cio di una piccola corona nel ma- re antistante Vergarolla. A que- st'ultimo riguardo, trattandosi di un'area tuttora soggetta a vincoli militari, l'accesso sarà consentito ad una rappresentanza di persone a ciò autorizzate. I dettagli orga- nizzativi, che non dipendono esclusivamente da noi, al mo- mento di andare in stampa, non sono purtroppo ancora noti.

L’immagine della stele viene proposta stilizzata per non sminuire l’emozione all’atto dello scoprimento

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A cura della Redazione di Milano diretta da Piero Tarticchio L’ARENA DI POLA N.7 del 28 luglio 2008

ma no volevo darghe el gusto de vederlo vinser. Po’ el se ga ribaltà sensa fià disendo che nol iera stado lui a andar so ma la tera a vegnirghe incontro. E subito dopo... lo stesso per mi. Ma intanto gavevo vinto!

La tera, girarme intorno? Ma mi la vedevo balar in tute le diressioni, senpre in senso circolar, sì, ma an- che de sbiego, de fianco, soto, so- ra... Più tardi, co’ mama me gaveva ciamà per la sena, gavevo ricuperà un poco, ma caminavo dura, dritta, come se gavessi ingiotì el manigo dela scova per via che la testa no la me continuassi a girar... e la sena la gavevo lassada quasi intata. Mama, sicura che gavessi fato indigestion de fruti, la gaveva pensà ben de rifi- larme l’oio de rissino, con el solito cine per l’ocasion: guantarme a tra- dimento prima che rivassi a scan- parghe e a sconderme soto el leto, sgnacarme in un angolo dela cusi- na, la cichereta sa pronta su un tavolineto, pie- na de cafe’ ne- ro amaro con dentro l’oio, e po’ farme be- ver de forsa quel liquido di- sgustoso con drio, subito, li- mon strucado in boca per far- me passar el voltastomigo.

Ah i gloriosi ricordi del’in- fansia! Altri tenpi! Xe qual- che letor che’l ga nostalgia de l’oio de rissi- no? S.L.S.

C

o’ iero muleta e giogavo nel grande prà davanti a Casa Ziz. Pativo ‘ssai a no esser svelta de corer come l’altra mularia e che no riessivo a far bei salti oltra le bariere de spini che cresseva sul davanti del prà e ne serviva anche per giogar ale casete. Riessivo ben in altri gioghi, e ghe ne gavevimo tanti! Iero brava de britolin (che ie- ra de esclusiva conpetensa dei ma- s’ci) de manete - gioghi che se fas- seva de sentadi. Però, co’ se iera in tanti e se dividevimo in squadre, i me fasseva star fora dele manete perché i diseva che cominciavo ben sì, ma po’ sbaliavo tropo lassando cascar i sasseti e fassendoghe per- der punti. Un giogo che me piaseva iera quel de far star una lunga cana in equilibrio sula punta de un dito e poi passarla de

una man alal- tra. A mi me riessiva de far- la balar drita su tuti i diti pas- sandola abil- mente tra le mani. Una gara che fassevimo a tenpo perso e riessivo spesso a vinser iera de far un lungo tragito saltan- do su una gan- ba sola. E me ricordo che una de noi sta- va fora, scufa- da sul’erba se- ca, per assicu- rarse che qual-

che gnampolo no stassi metendo per un momento l’altro pie per tera.

E po’ resistevo più de tuti a andar dentro el «cespulio de spini (cardi

‘ssai alti) a ganbe nude e sentirme sponser de tute le parti. Mia mama no podeva capir come che gavessi podudo gaver le ganbe tanto sgrafa- de co’ tornavo dei gioghi e la iera sicura che corendo fossi cascada dentro le graie. Una volta una mu- leta che gaveva fato tanti giri intor- no per veder la cotola ingrespada gonfiarse come un balon, ala fine la se gaveva butà sul’erba e la me ga- veva dito: «A girarse tanto, poi te par che la tera te giri intorno co’ti te fermi.» Sul serio? Dito e fato. Se gavevimo messo subito tuti quanti a girar come trotole fassendo a chi che durava de piu’. Ala fine ierimo restadi in due, mi e un altro muleto.

Gaveria voludo butarme per tera

P O E S I A

l’angolo di OTELO

immagine tratta da un’opera di Piero Tarticchio

di Silvia Lutterodt Sizzi Poesie di Otelo tratte dalla pubblicazione «frammenti in inverno»

2007, edizioni «tempo sensibile». L’opera, in tiratura limitata, è di- sponibile presso l’autore al costo di € 5,00 -

Scrivere a Casella postale 132 - 28100 Novara.

NELLA CONTA DELLE ORE

L’albero perde una ad una le sue foglie e io perdo ogni giorno il mio mattino superando l’ora greve a mezzogiorno, e quelle in ascesa al pomeriggio giungendo così al soglio della notte guardando più oltre l’ora del risveglio con l’alba che si intreccia al mio cammino e mi fa strada, continua a farmi strada faticosa-mente.

FRAMMENTI IN INVERNO

Caduta è la neve fiocco dopo fiocco colorando di bianco ogni profilo intorno e attutendo nell’aria ogni mio sospiro che si condensa e in trasparenza muore, rinascendo e rinascendo ancora

in cadenze di fiato e battiti del cuore.

Caduta è la neve fiocco dopo fiocco coprendo di bianco conforto l’innocenza scomparsa col sorriso dell’ estate

e frammentata nel ricordo a pieno inverno.

PASSAGGIO

Vorrei vivere in villa a San Michele e aprire le persiane sulla piana per vedere le due strade come Dante destinate a Promontore e Medolino piene ancora di sarcofaghi e cimeli.

Ben lo so che è solo un’astrazione che non segue velleitarie riconquiste ma vorrei che ogni piede di croato lasci impronta di sola superficie con la polvere che sempre si riposa a ogni mossa di biblico passaggio.

Poesia inedita, datata Novara 20 febbraio 2008

E

hilà, gioventù! I invidiosi che i vadi pur sul Za- ro, ma mi son propio contento. Eh, sì! Adeso no ne manca propio gnente, orco dindio! Ga- vemo parfin el Magheto!

Còcolo, co’ la sua bela

flaida, el capelin e la bachetina.

Però sta bachetina me paressi che la ga bisogno de un fià de oio. Co- sa no? Le scovasse xe più alte de prima, e la cordata, dove xe sta cordata? Gnanche la corda per su- gar la lissia! Ga dito siora mada- ma Tacer: Non ci capisco come si può governare un paese se no se riva tegnirlo neto. I inglesi se sa che i ne ga sempre tegnù per mo- colosi, e lori? I ghe fa el siampo al gato in scafa, e dopo i resenta el matovilz. Visto coi mii oci!

Tornando al Magheto, come se pol andarghe domandar a quel muso duro african che sempre ba- ti cassa, come che el ga fato a re- star lider tanti ani! Ale, co’ rispeto parlando, no stemo far ste figure davanti al mondo, peso de la mo- lie de Piton! E andarghe pitocar una giacheta bianca sul stampo de quele ala Josip Bros! Mi digo che el Duce soto tera, del nervoso, ghe gavarà ciapà el balo de san Vito.

E ala Frau regalarghe quel clinz de salame! Cossa la xe? la parona de una stube, in dinderle e traver- seta? E dopo qualchedun disi che Nando xe greso.

Ma nanche quei che ga perso, par conto mio, no i ga fato bula fi- gura: tuti mufii e sbatui, come che i gavessi ciolto l’oio. Me xe vegnù inamente quei che a mesanote va su e so pel coridoio…

Però, me son ingrassà come ma- to a veder che certi lugheri de sete colori i xe restai come galine sbro- vade! I gavarà finì, mi spero, de dir monade come quela dela mu- mia de Lenin, che i la voleva por- tar in Italia, povera creatura. A far cosa, la mumia pelegrina, che Dio li imbàlsami, in giro per i club del partito?

Girotondo de qua, girotondo de là, el circo Zavata el va a tuta for- sa, a kanzegraf, come che diseva mia povera mama defonta.

I xe tornai a ofender, sparlazar- se, tirarse drio bucai, peso dele ba- be de via Castropola. I ciapa den- tro tuti, e no ghe basta i fanti.

E fin che Tonin sufia sula sene- re, che la camini, ma qualche vol- ta, prima de parlar bisognassi su- fiarse ‘l naso, per sentir ben de che parte che vien la spussa.

Però el me piasi quando che‘l se impiza, che parfin el tartaia come Macario. «Caro el mio sior Ma- gheto, con me non mi ci azzec- chi», el ghe ga dito ampiamente,

«conoso le tue trapole!»

Bravo muso!

Perché anca mi, co’ se trata de trapole, no go gnente de imparar:

trapole per sorsi, per pantigane, per usei, per talpe. Cosa ridè, tùm- bani? Per talpe, sì. Mio povero cu- gin defonto che stava a Monte Zo- ta, el ga volù che ghe le mando de

l’Italia, per posta: quele vràise talpe federative calade sò de la Slavonia per bonificar la tera fas- sista, le ghe arava le va- nese del radicio per di- speto.

Indiferente.

«Ogi bisogna saver vender, omo mio», me diseva giu- sto ieri mio compare Poldo. «Ara le mule, le mostra tuto: chi non mostra non vende, le disi. Re- clam, la gente vol reclam! Le più bele strade, sensa gnanca ‘na pisa- dina de usel, dove ti le vedi? I più bei bunìgoli, i più bei paraurti! E po’, se inpara. Chi ‘ndava mai sa- ver che quele morbinose de coci- nele fa tuto quel remitur de amori de grupo, co’ la musica, ste mo- strice, se no i ghe faseva reclam?

E i più bei mas’ci? Undise al col- po, lustri, tressadi, con le sue bele robete a posto, che se ti ghe fa la pantigana sul bicipite salta fora un babau: ti vol che le babe no lati come mate? I stilisti ghe voleva a meterli in giornal in toples, par vender mudande co’ l’astico scri- to»! «Parole sante», ghe go rispo- sto. «Altro che quele schifose ca- notiere e tirache, che ierimo tuti come Fantozi baloneri, che ancora me vergogno».

«Perché, adeso cosa ti porti?», me ga dito Poldo. Che domande!

Ogi se ciama boxer, no? Ma cosa volè far box a ‘sta età, che xe co- me quela de «Pindolin che pindo- lava e Mustacin che lo vardava».

Son ‘sai curioso se la savè tuta, come ve la contava vostra povera nona defonta, bruti cativeriosi!

Morte al canarin de mar, e viva

la sepa! Nando

Gioghi e mularia de altri tempi

Gioghi e mularia de altri tempi

Riferimenti

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