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FOCUS GROUP. L organigramma aziendale: nuovi modi di disegnarlo

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Academic year: 2022

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L’organigramma aziendale: nuovi modi di disegnarlo

FOCUS GROUP

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Si parla di organigramma aziendale quando ci si riferisce allo strumento necessario per disegnare rapporti e ruoli

all’interno di un’organizzazione. 

L’ “habitat” naturale dell’organigramma è, da sempre,

l’azienda strutturata di grandi dimensioni. In questo contesto ci sono due dimensioni per le quali è indispensabile dedicare tempo alla stesura dell’organigramma aziendale:   

Dimensione “particolare”: definire ruoli, competenze

specifiche necessarie per poter ricoprire una determinata posizione ma anche, e forse soprattutto, avere ben chiari i progetti di crescita e carriera per ogni collaboratore. 

Dimensione “aziendale”: organizzare le interazioni che i team di lavoro dovranno avere tra loro non può

prescindere dal collocarli all’interno di un progetto più ampio, che preveda la definizione chiara e strategica della vision e degli obiettivi aziendali da raggiungere. 

DEFINIRE L’ORGANIGRAMMA:

DEFINIRE IL “WHY” 

(3)

Passando da un contesto strutturato a realtà più piccole come le PMI, ecco che l’organigramma si trasforma e cede il passo a nuove prospettive di organizzazione. 

Una piccola realtà imprenditoriale spesso non possiede dimensioni tali da poter gestire ruoli e funzioni in modo netto: si passa alla cosiddetta organizzazione liquida, un modello che passa da una visione gerarchica ad una

visione di lavoro per obiettivi.

Racchiudere tutte le competenze in rigidi ruoli

indipendenti non rispecchierebbe la quotidianità di lavoro di una PMI dove spesso le competenze ed i progetti si

intersecano tra loro, con team che collaborano sovrapponendosi e coordinandosi al bisogno. 

Per le attività di piccole dimensioni lo strumento più

adatto per delineare i ruoli è l’organigramma a matrice:

in questo tipo di struttura organizzativa le competenze dei collaboratori vengono condivise tra diversi dipartimenti e gruppi di progetto a seconda del bisogno emerso in quel determinato momento. 

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Terzo e ultimo scenario nel quale si potrebbe introdurre l’organigramma è quello degli studi professionali. 

Nelle situazioni concrete, oggi tipicamente uno studio professionale è composto da tre livelli di collaboratori: il professionista, le figure junior ed i collaboratori. 

Il professionista è colui che svolge l’attività intellettuale e spesso si interfaccia solo con altri professionisti, magari associandosi ad essi per dividere le spese. Il titolare dello studio è una figura che di organizzazione ed organigramma non ha quasi mai sentito parlare; si incarica in prima persona anche di molteplici compiti di management che esulano

dalla sua competenza e si ritrova molto spesso ad avere la sensazione di annegare tra scadenze e compiti di cui

conosce poco o nulla.

Le figure junior di uno studio professionale sono

tipicamente neo laureati o comunque persone che possono svolgere mansioni professionalizzanti ma che non hanno l’abilitazione alla firma o non sono iscritti all’Albo

professionale. A volte il titolare si interfaccia con loro ma sempre per questioni marginali e di carattere operativo.   

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Ultimi ma non ultimi i collaboratori, i

cosiddetti “impiegati” che si occupano di tutto ciò che concerne il back office. 

In un’organizzazione così apparentemente semplice,

l’organigramma potrebbe davvero rivelarsi uno strumento utilissimo per riuscire a gestire proficuamente le

relazioni e le interazioni che si creano in una realtà così contenuta. Lo studio

professionale, oggi più che mai,

dovrebbe trasformarsi in una piccola azienda anche dal punto di vista

gestionale. 

(6)

Che si tratti di una multinazionale, di una PMI o di uno studio professionale, quello che molto spesso fa la differenza nella gestione organizzativa è la capacità di delegare. 

Il concetto di delega spesso si interfaccia con quello di

“cliente interno”: lavorare e collaborare, anche delegando compiti ai colleghi, viene visto come dare aiuto a qualcun altro per potergli far svolgere al meglio il suo lavoro.  

L’organigramma è uno strumento che aiuta a definire il “chi fa cosa” ma poi serve sempre andare oltre al mero strumento HR e pensare che dietro ad ogni ruolo e dietro ad ogni elenco di mansioni si trovano delle persone.  

La dinamica della delega vede diverse casistiche:

—> ci sono gli imprenditori o i professionisti che non amano delegare o che lo fanno a prescindere da ciò che dice

l’organigramma, affidandosi sempre e solo a collaboratori di fiducia.

ONE MAN SHOW vs DELEGA 

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—> ci sono gli imprenditori che non si sentono all’altezza di ricoprire quel ruolo e quindi

delegano tutto a tutti limitandosi ad apporre la firma sul progetto

—> ci sono alcuni capi che abbracciano il

concetto “l’azienda dovrebbe funzionare anche senza di me” ed affidano compiti,

responsabilità e mansioni ai collaboratori in un progetto che dalla semplice delega vuole

passare ad essere uno strumento di

progettualità e crescita dell’intero team. 

La mera gerarchia dell’organigramma classico, con struttura “ad albero” sta cedendo il passo a strumenti differenti; si vedono organigrammi

“orizzontali” o “circolari”. Delegare in un’ottica di sviluppo condiviso e superare le rigidità di un tempo segna un importante cambiamento della strategia organizzativa: la priorità cambia, dalla gerarchia si passa alla cultura aziendale. 

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Un esempio concreto? Trasformare un momento di critica in opportunità. 

Se un capo particolarmente contrario alla delega scegliesse di controllare ogni flusso comunicativo dei propri collaboratori con i clienti e si accorgesse che in una mail si è data una risposta sbagliata, al posto di

pensare “lascia stare, faccio io”, ecco che si potrebbe attuare questo cambio di priorità.

 

Passare dalla gerarchia alla cultura

aziendale, al Knowledge Management interno potrebbe tradursi nel prendere il proprio collaboratore ed insegnarli, proprio a partire da quella mail, quale sarebbe stata la risposta corretta da dare.  

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Tempo, denaro e risorse vengono spesi ogni volta che si

decide di delineare un organigramma per la propria attività:

l’obiettivo da raggiungere con questo strumento è ottenere uno schema, una visione d’insieme di ruoli, gerarchie,

competenze e progetti di crescita e carriera desinati a ciascuna posizione. 

Una volta ottenuto l’organigramma però, la vera sfida di

chiunque venga scelto per ricoprire un ruolo di management sarà quella di farsi accettare ed apprezzare dal proprio team. 

In un mercato del lavoro così liquido, l’organizzazione fluida, la digitalizzazione e l’automazione dei processi hanno reso di fondamentale importanza, per qualunque imprenditore o

professionista, possedere buone doti di leadership. 

Interagire con collaboratori e colleghi, saper dare la giusta motivazione al team e spingerli a fare sempre del loro meglio sono diventate competenze base che ogni capo deve

OLTRE L’ORGANIGRAMMA: IL

LEADER

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Senza dubbio l’indole personale gioca un ruolo

importante ma per diventare un buon leader ci sono alcuni strumenti di cui potersi avvalere: innanzitutto una consulenza aziendale smart, in secondo luogo momenti di formazione e coaching dedicati a

rafforzare quelli che potrebbero essere dei punti deboli del proprio stile di leadership ed infine uno strumento potentissimo, di cui troppo spesso ci si dimentica; la propensione all’ascolto. 

Ascoltare sempre il proprio team ed i propri

collaboratori è davvero l’arma vincente per essere

riconosciuto come leader autorevole e per migliorare i flussi organizzativi aziendali. 

Porsi in ascolto non con il desiderio di rispondere ma con il desiderio di capire quali dinamiche reali ci siano all’interno della realtà aziendale o dello studio

professionale può portare vantaggi inaspettati: molto spesso infatti sono proprio i collaboratori ad avere “il polso” di come i clienti percepiscono l’azienda o lo studio. Il buon leader saprà discernere la lamentela dal consiglio utile e poter poi passare ad una fase più operativa, cercando soluzioni ed azioni strategiche da implementare per migliorare quel determinato flusso. 

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Lavorare per far crescere i propri collaboratori significa avere una visione su ogni persona, la definizione di un progetto di carriera gestito su ognuno.  

Naturalmente la motivazione del collaboratore è l’altra faccia della medaglia: saper gestire e mantenere

l’entusiasmo, essere collaboratori propositivi e dare ogni giorno il proprio contributo al progetto aziendale

trasforma davvero un’azienda in una squadra. 

I portatori di cambiamento più significativi in ogni realtà, aziendale o professionale, sono spesso o

collaboratori esterni che possono dare nuovi input, forti della loro visione imparziale oppure i giovani talenti.

Saper gestire e collaborare in sintonia tra “junior” e

“senior” potrebbe rivelarsi la vera strategia vincente per arricchirsi a vicenda e continuare a rispettare un

organigramma fatto di progettualità e valorizzazione del talento. 

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Hanno collaborato alla stesura di questo documento gli Esperti

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