• Non ci sono risultati.

Tribunale sez. II, Firenze, 21/02/2018, n. 1262

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2022

Condividi "Tribunale sez. II, Firenze, 21/02/2018, n. 1262"

Copied!
18
0
0

Testo completo

(1)

STAMPA

SENTENZA

Tribunale sez. II , Firenze, 21/02/2018, n. 1262 Intestazione

TRIBUNALE DI FIRENZE

SECONDA SEZIONE PENALE – COMPOSIZIONE MONOCRATICA

REPUBBLICA ITALIANA In nome del popolo italiano

Il Tribunale di Firenze in composizione monocratica nella persona del Giudice

dr. Rosa Valotta ha pronunciato la seguente

S E N T E N Z A nei confronti di:

A) (omissis) nato a (omissis) il (omissis) res.

in via (omissis) difeso

dall'avv. di fiducia (omissis) del foro di Firenze con studio in via (omissis)

B) (omissis) nato a (omissis) res. in via (omissis) difeso dall'avv. di fiducia

(omissis) del foro di Firenze con studio in (omissis)

C) (omissis) nato a (omissis) il (omissis) res. in via (omissis) – libero

presente - (omissis) difeso dall'avv. di fiducia (omissis) del foro di Firenze

con studio in via (omissis)

D) (omissis) nato a (omissis) il (omissis) res. in via (omissis) libero assente

presente - (omissis) difeso dall'avv. di fiducia (omissis) del foro di Firenze

con studio in via (omissis)

E) (omissis) di (omissis) e (omissis) con sede in (omissis) in persona del L.R.,

rappresentato e difeso dall'avv. di fiducia, (omissis)

(2)

IMPUTATI Vedi foglio allegato.

(omissis) in persona del legale rappresentante pro tempore, difensore avv.

(omissis) del foro di Firenze.

(omissis), nato in (omissis) il (omissis) residente a Firenze, via delle

(omissis) difeso dall'avv. (omissis) del foro di Firenze.

Le parti hanno concluso:

Pm: condanna per (omissis) imputati alla pena di mesi nove di reclusione; per

tutti gli altri condanna a mesi sei di reclusione. Per Capo B), esclusione della

responsabilità

Difesa (omissis) come da note scritte:

Difesa: per (omissis) assoluzione con formula di giustizia; in caso di condanna,

esclusione delle richieste risarcitorie; Difesa (omissis) esclusione della

responsabilità; per tutti gli altri imputati assoluzione con formula di

giustizia e quanto all'infortunio in danno di (omissis) assoluzione perché il

fatto non sussiste.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

A seguito del decreto ex art. 552 c.p.p., emesso il 22.06.2015, (omissis) e la (omissis), odierni imputato e responsabile amministrativo, venivano citati a comparire all'udienza dell'11.02.2016.

In tale data, rilevato il mancato rispetto dei termini di cui all'art. 552, co. 3, c.p.p.

il Giudice disponeva la rinnovazione della notifica e rinviava al 7.07.2016. In detta udienza il Giudice dichiarava aperto il dibattimento ed ammetteva le prove richieste dalle parti.

Il 26.01.2017 si procedeva all'escussione dei testi (omissis) e all'esame del C.T.

(omissis). Si acquisiva, sull'accordo delle parti, ex art. 493, co. 3, c.p.p. la relazione tecnica redatta da (omissis).

All'udienza del 13.04.2017, stante l'adesione dei difensori all'astensione dalle udienze indetta dall'associazione di categoria, si rinviava all'8.06.2017.

(3)

In tale data si procedeva all'esame di (omissis) e del CT (omissis) e si rinviava al 12.10.2017-

In tale udienza si esaminava il CT (omissis) e si rinviava all'11.01.2018, data in cui, esaurita l'istruttoria e dichiarate utilizzabili le prove assunte, il Giudice invitava le parti a rassegnare le proprie conclusioni; indi, si rinviava per eventuali repliche al 21.02.2018.

Il 21.02.2018 il PM depositava memoria scritta; il Giudice, dopo essersi ritirato in camera di consiglio, deliberava sentenza mediante lettura del dispositivo.

MOTIVI DELLA SENTENZA

Alla luce delle prove testimoniali e documentali assunte in dibattimento, la vicenda può essere così ricostruita.

Il 15.05.2014 il teste (omissis), in servizio presso i Vigili del Fuoco di Ponte all'Indiano, interveniva in Scandicci nei pressi del condominio di via (omissis), in seguito ad una segnalazione di infortunio. Giunto sul posto, notava che vi erano tre persone prive di coscienza nella camera di decantazione delle acque chiare.

Quindi, i Vigili del Fuoco intervenivano a portarli in salvo, con l'ausilio di autoprotettori. Il teste ha precisato che sul posto vi erano anche altre due persone, cui il 118 stava già prestando soccorso.

La p.o., (omissis), quel giorno stava lavorando in un cantiere di fronte al luogo dell'infortunio, quando sentiva delle grida di aiuto e decideva di prestare soccorso insieme ai suoi colleghi; in particolare il collega (omissis) scendeva nella fossa settica e sveniva. Per tale ragione si calava anche l'(omissis) che riusciva a trarlo in salvo; nel tentativo di soccorrere anche gli altri due soggetti svenuti nella fossa, anch'egli perdeva conosceva, stante il forte odore di gas. Il teste ha riferito che la fossa in cui si era calato non era completamente pulita, essendoci 40/50 cm di sostanza organica stagnante. Inoltre, ha precisato che la fossa in questione non era delimitata né segnalata in alcun modo, che la porta della recinzione del cantiere era aperta e che sul posto non vi erano maschere idonee per calarsi, ma soltanto quelle per la protezione dalla polvere. Di conseguenza, l'(omissis) veniva ricoverato in ospedale per più di settanta giorni (di cui, una settimana in coma); inoltre, a causa dell'accaduto, egli aveva perso la memoria, nonché la possibilità di continuare a svolgere il suo lavoro, non potendo più lavorare in altezza, in quanto soffriva di disturbi di equilibrio.

Il teste (omissis) ha confermato la ricostruzione dei fatti effettuata dall'(omissis) precisando che, intorno alle ore 11.00, si era calato nella fossa con l'ausilio di

(4)

una fune propria, non essendovi alcuno strumento idoneo sul posto per scendere attraverso la botola. Non ricordava cosa ci fosse all'interno di questa camera, in quanto era del tutto buia; sul fondo c'era un liquido, che però non riusciva a vedere.

Il teste (omissis) dipendente della (omissis) Spurghi, in merito ai fatti del 15.05.2014, ha riferito di essere stato inviato sul posto intorno alle ore 10.00, col collega (omissis), dal proprio datore di lavoro per svuotare la camera di decantazione di una fossa biologica, al fine di consentire ai muratori di riparare una perdita. Il teste ha precisato che al termine dello spurgo era comunque rimasto del liquido sul fondo, in quanto per pulire completamente la fossa erano necessarie attrezzature e personale specializzato; in particolare, on era nelle loro competenze aspirare i gas presenti nella fossa. Subito dopo le operazioni di spurgo, (omissis) e (omissis) si erano calati all'interno della fossa; tre-quattro minuti dopo, sentendo il (omissis) chiedere aiuto per i fratelli (omissis) anche il (omissis) si calava nella fossa, risvegliandosi direttamente in superficie.

Al suo arrivo sul luogo, non era presente nessuno a dare direttive per lo svolgimento del lavoro; le uniche persone presenti erano i muratori.

Il teste (omissis) ha raccontato che il 15.05.2014, immediatamente dopo aver terminato lo spurgo (omissis) si era calato nella fossa, indossando solo una maschera anti polvere; essendo svenuto, il fratello (omissis), dopo aver gridato aiuto, si calava, svenendo anch'egli. A tal punto interveniva e si calava nella fossa il (omissis) e sveniva anche lui; nel frattempo era sopraggiunto (omissis), momentaneamente allontanatosi, il quale, vedendo i propri figli in pericolo, si calava nella fossa legato con una corda; sveniva e veniva ritirato su. Dopo di che, erano giunti i Vigili del Fuoco a dare soccorso.

Il teste ha precisato che dopo il parziale svuotamento della fossa egli aveva avvertito una forte puzza e aveva fatto presente ciò al muratore.

Il CT del Pm, (omissis), ha esaminato alcuni sacchetti di aria prelevati nella fossa settica ove era avvenuto l'infortunio. Dall'esame analitico era risultata la presenza di acido solfidrico in tre dei quattro campioni analizzati; tale sostanza pericolosa si può trovare facilmente – a giudizio del CT – nelle fosse biologiche (si rinvia per i dettagli alla relazione depositata).

Il teste (omissis) ufficiale di PG dell'Azienda Sanitaria di Firenze, era intervenuto sul posto su chiamata del 118; aveva trovato le persone già estratte dalla fossa soccorse dal 118. L'amministratore del condominio in questione era (omissis), il quale aveva contattato la ditta Edil (omissis) per effettuare i lavori di riparazione della fossa biologica condominiale. Questa era un'impresa edile, in forma di s.a.s., di cui i soci accomandatari erano (omissis) e (omissis).

(5)

Il teste ha spiegato che, operando quel giorno più imprese, il (omissis), in qualità di committente, avrebbe dovuto nominare un responsabile della sicurezza chiamato a redigere un piano di sicurezza e coordinamento, come previsto dal D.Lgs. 81/2008. Tuttavia, come emerge anche dalla missiva, datata 19.05.2014, inviata dal (omissis) alla Asl, in atti, tale adempimento non era stato fatto, in virtù dell'urgenza e della modesta entità del lavoro. Inoltre, circa il controllo da parte del (omissis) sulla idoneità tecnico-professionale dell'impresa esecutrice Edil (omissis) questo non era stato effettuato, essendosi limitato il (omissis), a giustificare la scelta della ditta in virtù della pregressa conoscenza della medesima, avendole affidato in passato dei lavori.

Il teste ha riferito che l'amministratore del condominio non aveva accertato neanche il possesso di regolare DURC da parte della Edil (omissis) in quanto avrebbe dovuto essergli consegnato il giorno stesso dei lavori (cfr. missiva citata).

In merito al documento di valutazione dei rischi della Edil (omissis), esso non faceva riferimento al rischio biologico legato a lavori in fosse settiche, non rientrando questi nella tipologia di lavori da essa svolti; era prevista soltanto la valutazione del rischio chimico relativo alle sostanze utilizzate dai muratori. La (omissis) invece, era priva di tali documenti.

Circa l'adozione di dispositivi di protezione individuali, il teste aveva verificato che sul posto non erano presenti strumenti idonei alla prevenzione dei rischi legati alla presenza di sostanze asfissianti, né strumenti atti a soccorrere la persona calatasi nella fossa (vi erano soltanto dei guanti e delle mascherine antipolvere); tra l'altro, l'ingresso attraverso la botola era molto stretto, tanto da non consentire un agevole soccorso.

Per tali motivi, l'ufficiale di PG aveva contestato ai L.R. della Edil (omissis) la violazione degli artt. 18, comma 1, lett. d), 96, comma 1, lett. g) 109, comma 1 e 121, comma 2 del D.Lgs 81/2008, mentre al committente (omissis) la violazione dell'art. 90, commi 4 e 9 Dl.vo 81/08, per non aver nominato un coordinatore per l'esecuzione dei lavori e per non avere valutato l'idoneità tecnico-professionale della Edil (omissis).

L'imputato (omissis) ha riferito di essere stato contattato dall'amministratore (omissis) per risolvere un problema di infiltrazione di acqua nelle cantine del condominio di via (omissis). I giorni successivi alla chiamata, la ditta Edil (omissis) aveva effettuato un sopralluogo per verificare la causa della perdita, controllando sia le tubazioni dell'acqua, che i vari pozzetti e la fossa biologica.

(6)

Aperta la fossa, il (omissis) aveva notato che questa era fatiscente e, fatta presente la circostanza al (omissis) questi lo aveva incaricato di verificare, dopo la svuotatura, se l'infiltrazione provenisse o meno dalla stessa.

L'imputato ha evidenziato che nessuno della ditta Edil (omissis) era presente nel momento in cui la fossa veniva svuotata. Terminata la pulizia della fossa, il (omissis) con indosso una tuta, una mascherina con il filtro antipolvere, stivali di gomma e guanti, metteva una scaletta nella botola, vi entrava e perdeva subito i sensi. La fossa, precisava il (omissis) era bicamerale.

Non era la prima volta che l'imputato e il fratello (omissis) – a suo dire – eseguivano dei lavori all'interno di una fossa biologica. Tale tipologia di lavori poteva capitare mediamente una decina di volte l'anno e veniva eseguita sempre con le predette attrezzature.

Il prevenuto precisava di aver seguito, insieme al fratello, i corsi di aggiornamento per la sicurezza sul lavoro, avvalendosi sia della CNA, che di un'altra ditta che organizzava corsi specifici in tema di sicurezza.

In particolare, prima dell'incidente, i corsi seguiti dagli imputati erano stati quelli obbligatori di antincendio, primo soccorso e responsabilità, ad eccezione di quello relativo agli ambienti confinati. Solo un anno dopo l'incidente nella fossa settica, essi avevano ricevuto l'informativa di partecipare al corso sugli ambienti confinati.

Il responsabile del servizio di prevenzione e di protezione era il fratello.

In merito alla valutazione dei rischi, il prevenuto aveva informato l'ingegnere incaricato di redigere il DVR che la ditta Edil (omissis) si occupava di lavori di muratura in genere. Tuttavia, egli non ricordava se avesse fatto riferimento anche ai lavori nelle fosse biologiche, essendo trascorsi alcuni anni dalla costituzione della ditta, avvenuta nel 2011.

Prima dell'incidente, la Edil (omissis) aveva già lavorato nel condominio di via (omissis) per lo svolgimento di lavori edili di ordinaria manutenzione; ma non aveva eseguito lavori nel giardino in cui era ubicata la fossa, così come non sapeva dove erano ubicati gli scarichi.

La (omissis) Spurghi era una ditta di cui la Edil (omissis) si fidava e con cui quest'ultima lavorava volentieri; probabilmente la mattina dell'incidente era stata chiamata dal (omissis), in quanto quest'ultimo era presente sul posto, anche se talvolta capitava che venisse chiamata dai (omissis) e altre volte dall'amministratore.

(7)

Il CT di parte civile, (omissis) in data 22.04.2015, visitava l'(omissis) e, prendendo atto dei certificati, quantificava 73 giorni di assenza dal lavoro, nonché constatava come alla p.o. fossero rimasti disturbi da intossicazione.

Secondo il consulente, qualora l'(omissis) avesse avuto un'intossicazione maggiore, sarebbe morto.

Nello specifico, l'(omissis) aveva riportato solo delle lesioni iniziali, da cui erano derivati disturbi modesti da intossicazione acuta. Il consulente valutava i postumi nella misura del 6% in quanto presentava una sindrome postraumatica da stress, seguita da disturbi mnesici, riconducibili alla intossicazione subita e alla paura di morire in quella circostanza.

Il CT della difesa (omissis), chimico, ha redatto una relazione incentrata su due questioni. Nella prima si chiedeva di accertare se la fossa biologica fosse a norma, conformità che lo stesso accertava in occasione del sopralluogo effettuato in data 12.05.2015. Come precisato dal consulente, si trattava di una fossa bicamerale, diffusa sul territorio fiorentino: nella prima camera venivano depositate le acque nere, mentre nell'altra, comunicante con una sella posta in alto, si depositavano i liquidi, che poi fuoriuscivano verso la fognatura comunale.

L'altra questione si riferiva alla stesura del documento di valutazione dei rischi della Eddil (omissis) in questo documento, egli appurava che, in caso di affidamento di lavori interni ad imprese appaltatrici o lavori autonomi, l'appaltatore dovesse fornire le informazioni sui rischi specifici esistenti nell'ambiente e sulle emergenze. A ciò si aggiungeva una guida OPERATIVA (omissis) relativa ai rischi specifici che possono verificarsi per chi lavora e per chi si cala in una fossa biologica.

Sulla base di tale guida, era vietato l'accesso ai lavoratori in pozzi neri, fogne, camini, fosse, gallerie e ovunque fosse possibile il rilascio di gas deleteri, senza che prima fosse stato effettuato un risanamento dell'atmosfera mediante ventilazione o altri mezzi idonei. A detta del consulente, secondo il d.lgs. n. 81, nel caso di specie, l'amministratore condominiale aveva il dovere di informare la Edil (omissis) dei rischi, così come il datore di lavoro aveva precise responsabilità nei confronti dei propri dipendenti.

Egli evidenziava come detto quadro di osservazioni coincidesse con quanto era già stato detto dagli operatori A.S.L., A.R.P.A.T. e Vigli del Fuoco.

Sulla presenza di acido solfidrico all'interno della fossa biologica, il consulente ha spiegato che nella prima fossa, ancora piena di liquami e di solidi, avvenivano dei processi biochimici anossici da parte dei microrganismi predisposti alla degradazione, che portavano alla formazione, tra le altre

(8)

sostanze, di acido solfidrico. Detto gas è il principale responsabile dell'intossicazione.

Tale acido fuoriusciva dalla sella di comunicazione, finiva nella seconda camera ed, essendo più pesante dell'aria, si stratificava sul fondo della stessa.

Secondo il consulente, per provocare gli effetti verificatisi era sufficiente una quantità di 300 ppm circa; qualora detta quantità fosse stata superiore, l'infortunio sarebbe stato mortale.

Secondo il (omissis) laddove la prima camera fosse stata pienamente svuotata oppure fosse stata svuotata insieme alla seconda, le sostanze che hanno provocato l'infortunio non si sarebbero prodotte.

Il consulente tecnico ha chiarito che la pulizia delle fosse biologiche, di norma, avviene svuotando la prima camera, in quanto, ove la parte solida dovesse tracimare, non funzionerebbe nessun processo di degradazione. Ne consegue che la pulizia deve essere fatta ogni tre, quattro, cinque mesi, a seconda della grandezza della fossa e del numero di inquilini. Invece, nel caso che ci occupa, la seconda camera non veniva svuotata da trenta anni.

A prescindere dalla conformazione e dallo svuotamento della fossa, il rischio di asfissia e la perdita di conoscenza in fossa settica a causa della presenza di gas sono assolutamente prevedibili, a giudizio del CT; le maschere e le bombole di ossigeno sono indispensabili per entrare nella fossa. Detti rischi, però, non erano contemplati nel documento di valutazione della ditta Edil (omissis) poiché questa si occupava di un altro genere di lavori.

Per ulteriori precisazioni si rinvia alla relazione depositata all'udienza del 12.10.2017.

Valutazione delle prove e configur abilità dei reati

Alla luce delle risultanze probatorie, risulta pienamente provata la penale responsabilità di (omissis) in ordine ai reati loro ascritti al capo A) dell'imputazione nei termini esposti.

Posizione

Al (omissis) in qualità di committente dei lavori, è ascritto il profilo di colpa generica, consistito in imprudenza e imperizia, oltre che di colpa specifica, consistita nella violazione di cui all'art. 90, commi 4 e 9, Dlvo n. 81/08, per aver omesso di nominare il coordinatore per l'esecuzione dei lavori e di verificare l'idoneità tecnico-professionale delle imprese esecutrici Edil (omissis) e

(9)

(omissis) Spurghi; in tal modo, aveva cagionato lesioni personali gravi a (omissis) e (omissis).

Nella fattispecie è certamente ravvisabile – in primo luogo – a carico del (omissis) limitatamente agli infortuni nei confronti di (omissis) un profilo di colpa generica, consistito essenzialmente nell'avere affidato con condotta imprudente e imperita lavori pericolosi ad una ditta – la Edil (omissis) – che non aveva alcuna specifica competenza sullo svolgimento di lavori all'interno di fosse settiche, ove è ampiamente prevedibile, come affermato da tutti i tecnici di questo processo, la formazione di gas tossici, causa di gravi infortuni, di cui oggi la cronaca attesta purtroppo numerosi casi.

In secondo luogo, è ravvisabile a carico del (omissis) il duplice profilo di colpa specifica ipotizzata dal Pm nell'imputazione.

Da un lato, l'art. 90 D.Lgs. 81/2008, al comma 4 dispone che il committente, prima dell'affidamento dei lavori, in presenza di più imprese esecutrici, anche non contemporanee, designi il coordinatore per l'esecuzione dei lavori, in possesso dei requisiti di cui all'art. 98.

Nel caso di specie, il (omissis) come ammesso dallo stesso nella missiva suindicata, non aveva nominato alcun coordinatore per l'esecuzione dei lavori

“stante l'urgenza ed in considerazione della modestissima entità del lavoro che rientra nell'ordinaria amministrazione” (cfr. lettera del (omissis) all. all'ud.

26.01.2017); in realtà, in caso di più imprese operanti nel luogo di lavoro, anche non contemporanee, detto obbligo permane in capo al committente anche in caso di lavori edili non soggetti a premesso di costruire, come si evince dal comma 11 dell'art. 90 Dl.vo n. 81 del 2008; quindi, detta nomina si impone anche in caso di lavori di straordinaria manutenzione come quelli in oggetto.

D'altro lato, è parimenti configurabile nel caso di specie la violazione dell'art.

90, comma 9, che impone al committente di verificare l'idoneità tecnico- professionale delle imprese esecutrici in relazione alle funzioni o ai lavori da affidare, con le modalità di cui all'All. XVII, in quanto la tipologia di lavoro comportava rischi particolari di cui all'allegato 11.

Nel caso di specie, il (omissis) ha del tutto omesso tale valutazione di idoneità tecnica della ditta Edil (omissis), secondo quanto riferito dal teste (omissis), della Asl.

Nella missiva suindicata l'imputato ha riferito di avere conferito l'incarico alla Edil (omissis) perché si era già avvalso altre volte dell'opera della medesima.

(10)

Come emerso dalle dichiarazioni del teste (omissis) e dalla documentazione acquisita, il documento di valutazione dei rischi della Edil (omissis) non faceva alcun riferimento al rischio biologico legato all'ingresso in una fosse settica, non rientrando nella tipologia di lavoro della ditta in questione. E questo risultava già dal certificato di iscrizione della ditta alla Camera di Commercio. Il (omissis) infine, che aveva l'obbligo di acquisire tutti questi documenti, non aveva neppure acquisito il DURC della stessa ditta.

Come è noto, il DVR deve contenere la previsione di tutti i possibili rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori connessi all'attività lavorativa e le misure di tutela a protezione di tali beni.

Le misure generali di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro, che implicano a norma dell'art. 15 dls. 81/2008 la valutazione preventiva e l'eliminazione dei rischi in relazione ai lavori da eseguire, posti a carico del committente, fin dalla fase di progettazione dell'opera, pongono specifiche cautele prescritte dall'art. 90, comma 9, del medesimo decreto, fra cui nei cantieri temporanei l'obbligo della verifica dell'idoneità tecnico professionale della ditta esecutrice dei lavori. E a tal fine, non è neppure richiesto il perfezionamento di un contratto di appalto, sia perché trattasi di lavori preliminari alla stipula, sia perché la norma in esame (art. 90) parla di

“affidamento di lavori”, ben potendo la commissione esaurirsi in una mera prestazione d'opera, alla quale devono presiedere le cautele previste. Pertanto, già sulla base di tali documenti, qualora acquisiti, egli avrebbe potuto escludere l'idoneità tecnica della Edil (omissis) a svolgere i lavori commissionati, poiché nulla prevedevano sui rischi di intossicazione nelle fosse settiche e sulle misure di prevenzione, ivi compresa la disponibilità di idonee attrezzature; egli, quindi, aveva commissionato i suddetti lavori, nonostante fossero da ritenersi pericolosi sulla base delle convergenti dichiarazioni di testi e dei consulenti tecnici, perché largamente probabile il rischio di intossicazione dovuta alla presenza di gas nocivi.

Secondo la giurisprudenza della S.C., la verifica dell'idoneità tecnico professionale dell'impresa rappresenta un adempimento, preliminare e necessario, del committente e deve essere fatta in relazione all'attività che dovrà essere svolta nella fase esecutiva (Cass. n. 10014/2017).

Tali profili di colpa, causalmente connessi con l'evento, fondano l'indubbia responsabilità per culpa in eligendo del (omissis) quanto all'infortunio dei lavoratori (omissis) e (omissis), per cui si impone sentenza di condanna.

Riguardo alle lesioni subite da (omissis), estraneo alla ditta (omissis), si ritiene, invece, che l'amministratore del condominio debba essere assolto, in quanto il profilo colposo che è stato direttamente causa dell'infortunio dell'(omissis) non

(11)

è ascrivibile al (omissis), bensì ai datori di lavoro della ditta Edil (omissis), come si dirà in seguito. Né si può ritenere che le condotte colpose sopra esaminate, che hanno dato causa all'infortunio di (omissis) si pongano in diretto rapporto causale con l'infortunio di colui che, estraneo all'impresa esecutrice dei lavori, è intervenuto nel cantiere solo in via del tutto occasionale in soccorso dei fratelli (omissis).

Sulla posizione di (omissis)

I tre odierni imputati sono stati citati a giudizio nel presente processo riguardo alle lesioni cagionate rispettivamente a (omissis), oltre che all'estraneo alla ditta, (omissis), in qualità di soci accomandatari e legali rappresentati della ditta Edil (omissis) e, quindi, di datori di lavoro.

Sul punto occorre subito precisare che ai fini dell'applicazione delle disposizioni di cui al D.lvo n. 81/08, il socio accomandatario è considerato a tutti gli effetti datore di lavoro, cui spettano gli obblighi di prevenzione e protezione dei lavoratori, compresi gli stessi soci accomandatari, i quali esplichino attività lavorativa nell'azienda.

Ciò premesso, ai predetti, in qualità di datori di lavoro, è ascritto il profilo di colpa generica, consistito in imprudenza e imperizia, e quello di colpa specifica, consistita nella violazione di cui all'art. 96, comma 1, lett. g), D. Lgs. 81/2008, per aver omesso di redigere il piano operativo di sicurezza di cui all'art. 89, comma 1, lett. h) dello stesso decreto, nonché per aver omesso di dotare i lavoratori di idonei dispositivi di protezione individuale e di salvataggio di cui all'art. 121, comma 2, D.Lgs. 81/2008.

Entrambi i profili colposi, ad avviso di questo giudice, sono sussistenti.

Quanto alla colpa generica, essa è configurabile nella condotta imprudente e imperita di avere accettato lo svolgimento di lavori pericolosi, per cui la ditta Edil (omissis) non aveva alcuna competenza, né alcun dispositivo di protezione individuale per simili lavori.

Quanto alla colpa specifica, l'art. 96, comma 1, lett. g), del citato decreto impone ai datori di lavoro delle imprese esecutrici che operino in cantieri temporanei o mobili, anche nel caso in cui nel cantiere vi sia una sola impresa, di redigere un piano operativo di sicurezza di cui all'art. 89, comma 1 lett. h); il comma 1 bis di tale articolo 96 stabilisce poi che la previsione di cui al comma 1, lett. g), ovvero l'obbligo di redigere il POS, non si applica alle mere forniture di materiali o attrezzature, per le quali trovano comunque applicazione le disposizioni di cui all'art. 26 Dl.vo 81/08.

(12)

Tale norma impone, dunque, al datore di lavoro nelle condizioni di cui sopra, anche in caso di lavori di manutenzione straordinaria, come quelli in oggetto, l'obbligo di redigere il POS.

Tale adempimento, cui erano tenuti gli imputati, sulla base delle risultanze processuali non è stato adempiuto dai legali rappresentanti della ditta (omissis).

L'art. 121, comma 2, Dl.vo citato, prescrive poi che “quando sia accertata o sia da tenere la presenza di gas tossici, asfissianti o la irrespirabilità dell'aria ambiente e non sia possibile assicurare una efficiente areazione e una completa bonifica, i lavoratori devono essere provvisti di idonei dispositivi di protezione individuale delle vie respiratorie, ed essere muniti di idonei dispositivi di protezione individuale collegati ad un idoneo sistema di salvataggio, che deve essere tenuto all'esterno dal personale addetto alla sorveglianza. Questo deve mantenersi in continuo collegamento con gli operai all'interno ed essere in grado di sollevare prontamente all'esterno il lavoratore colpito dai gas”.

Sulla base delle testimonianze e delle consulenze assunte in questo processo è da ritenersi provato che le fosse biologiche sono luoghi in cui è altamente probabile la presenza di gas tossici, al pari di tutti i luoghi cd. “confinati”, quali cisterne, pozzi fognari, silos ect.; purtroppo, anche in tempi recenti le cronache attestano il verificarsi di infortuni mortali con notevole frequenza in occasione di lavori in ambienti confinati con la stessa dinamica di quella occorsa nel caso che ci occupa, ossia del primo lavoratore che accede all'ambiente inquinato senza idonee protezioni e perde conoscenza, accorrono gli altri lavoratori, rimanendo anche essi intossicati.

Nella fossa in questione dalle analisi eseguite sui campioni di aria prelevata dal C. è risultata la presenza di acido solfidrico, gas potenzialmente letale, in ben tre campioni su quattro.

Nello specifico, dalla relazione tecnica depositata dal C., oltre che dalla sua deposizione, è emerso che nelle fosse bicamerali la prima vasca, che contiene le acque nere, è quella in cui avvengono le principali reazioni di degradazione delle sostanze organiche, che portano alla formazione di acido solfidrico. Nelle sacche di aria comprese tra il liquame e la sommità delle fosse biologiche, le concentrazioni di tale acido sono elevatissime; l'esposizione dell'uomo a tale sostanza può portare, a seconda della concentrazione, dal mero sentore di uova marce a immediato collasso con soffocamento, paralisi e morte.

Il 15 maggio 2014 la vasca delle acque nere non era stata del tutto svuotata, residuava una quantità di liquami pari a circa 40 – 50 cm, sulla base delle testimonianze assunte; questa circostanza ha fatto sì che quantità rilevanti di

(13)

acido solfidrico passassero da questa alla seconda fossa, stratificandosi sul fondo; secondo il C. non è ipotizzabile altra causa di immissione di tale gas nella fossa settica. Lo stesso ha poi sottolineato che, a prescindere dalla conformazione della fossa e dallo svuotamento della stessa, il rischio di asfissia e la perdita di conoscenza sono assolutamente prevedibili.

Sulla base di tali circostanze, la ditta Edil (omissis) non avrebbe dovuto prudenzialmente accettare lo svolgimento dei lavori in questione, perché essi non rientravano nella sua specifica competenza; ma una volta accettati, era dovere dei datori di lavoro prevedere i rischi connessi a tali ambienti e a tale lavorazione e dotare i lavoratori di idonei dispositivi di sicurezza, quali maschere antigas e imbracature di sorveglianza all'esterno della fossa in caso di emergenza.

Nella fattispecie, nessuno di tali strumenti è stato adottato; dalle testimonianze è emerso chiaramente che gl unici mezzi a disposizione dei lavoratori erano delle semplici maschere antipolvere. Nessun altro dispositivo di protezione individuale delle vie respiratorie era in uso ai lavoratori, così come completamente assenti erano i dispositivi di salvataggio atti a sollevare prontamente e portare all'esterno il lavoratore intossicato dai gas; in proposito, il teste (omissis) ha rappresentato di essersi calato nella fossa con l'ausilio di un fune propria, non essendovi alcuno strumento idoneo sul posto.

In proposito, fermo restando che dalla visura camerale della ditta Edil (omissis) non risulta in alcun modo provato che la ditta in questione svolgesse lavori in ambienti confinati, quali le fosse settiche, le dichiarazioni dell'imputato (omissis), il quale ha riferito di avere svolto almeno una decina di tali interventi in fosse fognarie nell'arco di un anno, restano del tutto generiche e prive di ogni riscontro, non avendo egli indicato né documentato dove li avesse svolti.

Si impone, quindi, sentenza di condanna nei termini di cui al dispositivo.

Quanto all'infortunio in danno di (omissis), gli odierni imputati devono essere ritenuti parimenti responsabilità sulla base delle considerazioni che seguono.

(omissis), impegnano in altro cantiere, era accorso nel luogo dove si stavano svolgendo i lavori attirato dalle urla dei fratelli (omissis), che giacevano in fondo alla fossa. Con una condotta tempestiva, quanto generosa, si era calato senza alcun mezzo di protezione in loro soccorso attraverso la botola ed era rimasto sul fondo privo di coscienza, riportando le lesioni di cui alla documentazione medica in atti.

Deve ritenersi provato da quanto emerso nel dibattimento, ivi compresi i rilievi fotografici, che il luogo ove si stavano svolgendo i lavori all'interno della fossa

(14)

biologica non era stato transennato dalla ditta Edil (omissis) in modo da impedire l'accesso ad estranei, né era stato collocato personale di sorveglianza, nonostante lo svolgimento di lavori pericolosi, che impedisse l'accesso ad estranei all'interno del luogo di lavoro.

L'(omissis) sentite le urla, trovato il varco aperto e nessun divieto di accesso alla botola o alcuna persona a presidio dei luoghi, che gli impedisce di scendere nella fossa, era andato in aiuto dei fratelli G. che giacevano sul fondo, privo di qualsiasi dispositivo di protezione, restando gravemente intossicato anche lui.

Peraltro, sul luogo in questione, egli non aveva trovato nessun dispositivo idoneo per calarsi, né alcun respiratore per proteggersi dalla presenza di gas.

Tali omissioni – sia in punto di assenza di dispositivi di protezione individuali sia in punto di assenza di qualsiasi delimitazione dell'area o qualsivoglia divieto – si pongono in nesso di causa con l'evento dannoso subito dall'(omissis) per cui fondano un giudizio di responsabilità a carico dei legali rappresentanti della ditta Edil (omissis).

Quanto alla individuazione di profili colposi non specificamente indicati nell'imputazione da parte del giudice, nella specie assenza di delimitazione dell'area e di divieto di accesso o di personale a presidio della fossa, occorre evidenziare che in tema di reati colposi, la giurisprudenza della S.C. ha statuito con orientamento consolidato che non sussiste la violazione del principio di correlazione tra l'accusa e la sentenza di condanna se la contestazione concerne globalmente la condotta addebitata come colposa, essendo consentito al giudice di aggiungere agli elementi di fatto contestati altri estremi di comportamento colposo o di specificazione della colpa, emergenti di fatto contestati altri estremi di comportamento colposo o di specificazione della colpa, emergenti dagli atti processuali e, come tali, non sottratti al concreto esercizio del diritto di difesa (cfr. Cass. Sez. IV n. 35943 del 7.0.2014).

Sul tema della tutela del terzo estraneo al luogo di lavoro, la giurisprudenza della S.C. è costante nell'affermare che le norme antinfortunistiche non sono dettate soltanto per la tutela dei lavoratori nell'esercizio della loro attività, ma anche a tutela dei terzi che si trovino nell'ambiente di lavoro, per cui ove si verifichino infortuni in tali luoghi a danno di terzi, è sufficiente che sussista tra la violazione stessa e l'evento dannoso un legame causale e la presenza del terzo al momento dell'infortunio non rivesta carattere di anormalità, atipicità ed eccezionalità (cfr. Cass. n. 956 del 13 gennaio 2014); in altra recente pronuncia, la S.C. ha inteso per ambiente di lavoro anche quello di passaggio, non solo dei lavoratori ma anche di terzi estranei, non debitamente delimitato o

(15)

recintato dal datore di lavoro (cfr. in caso analogo Cass. n. 14775 dell'11 aprile 2016).

Alla luce di tali principi, i legali rappresentanti della ditta (omissis) erano tenuti ad adottare le cautele suesposte nei confronti di terzi estranei al cantiere; né la presenza sul luogo dell'(omissis) può reputarsi “abnorme”, atteso che la persona offesa era accorsa sul luogo richiamato dalle urla di aiuto degli stessi fratelli (omissis), nel tentativo di portarvi soccorso, non avendo trovato alcun impedimento all'accesso.

Trattamento sanzionatorio.

Valutati i criteri di cui agli artt. 133 c.p., stimati pena equa, avuto riguardo all'entità della condotta e delle lesioni riportate dagli infortuni, per (omissis) la pena di euro 2.000,00 di ammenda, così determinata: pb. euro 1.500,00 di ammenda, aumentata d euro 2.000,00 ai sensi dell'art. 590, co. 5, c.p.;

(omissis) la pena finale di euro 3.000,00 così calcolata, p.b. euro 2.250,00 aumentata di euro 250,00 per ciascuno dei tre lavoratori infortunati, ai sensi dell'art. 590, co 5, c.p..; per (omissis) e (omissis) la pena finale di euro 2.500,00 così calcolata: p.b. euro 2.000,00, aumentata di euro 500,00 per il secondo lavoratore infortunato, ai sensi dell'art. 590,00 co. 5 c.p.

Sussistono le condizioni di legge per il riconoscimento del beneficio della sospensione condizionale della pena e della non menzione della condanna nel certificato del casellario, trattandosi di persone incensurate, nei cui confronti la prognosi di astensione dal commettere altri delitti è favorevole.

Statuizioni civili

Sulla richiesta della parte civile, (omissis) va accolta la richiesta di condanna al risarcimento dei danni nei confronti di (omissis) in quanto il reato ha sicuramente cagionato danni morali, non patrimoniali, ed anche patrimoniali alla persona offesa (omissis); in particolare, (omissis) ha riportato un apprezzabile danno alla persona e alla sua integrità fisica e morale, come dai certificati medici allegati in atti e dalla consulenza tecnica in atti, cui si rimanda; egli ha subito un periodo di ricovero ospedaliero, di cui alcuni giorni in coma, con pericolo di vita, per il quale il Ct ha riconosciuto una invalidità permanente pari al 6%.

Tuttavia, questo Giudice non può determinare in via definitiva l'entità del risarcimento dei danni spettante all'(omissis) in assenza di precisi elementi di prova sul quantum, per cui si impone condanna generica al risarcimento e la rimessione dinanzi al giudice civile per la determinazione esatta del danno. Va accolta, invece, la richiesta di una provvisionale, essendo la misura del danno

(16)

sicuramente provata quanto a parte del danno morale e di quello patrimoniale e non patrimoniale nei riguardi del (omissis) si ritiene pertanto possibile al momento, in via provvisoria e con pronuncia immediatamente esecutiva ai sensi dell'art. 542 c. 2 c.p.p. una parte del risarcimento dovuto, nella misura di euro 10.000 (diecimila) in favore di (omissis)

Tale somma dovrà quindi essere pagata immediatamente dagli imputati (omissis) e (omissis) in solido tra loro.

Quanto alla parte civile Inail, va accolta la domanda di condanna al risarcimento dei danni patrimoniali subiti dall'Ente nei confronti di tutti gli imputati relativamente ai lavoratori infortunati e quanto al (omissis) limitatamente ai danni patiti dall'Inail riguardo ai lavoratori (omissis) e (omissis).

In proposito, la parte civile Inail ha subito senza dubbio un danno patrimoniale, determinato dagli accertamenti medici conseguenti al sinistro e dagli esborsi sostenuti in occasione di tale evento.

La determinazione del risarcimento del danno dovuto alla P.C. Inail deve però essere rimessa al giudice civile che le parti vorranno adire, non essendo stata sufficientemente dimostrata la sua entità e neppure introdotti gli elementi necessari per detta prova, ad esempio depositando attestazioni circa le spese sostenute in relazione all'evento.

Gli stessi soggetti, in solido tra loro, devono essere poi condannati, ai sensi dell'art. 541 c.p.p., al pagamento delle spese processuali in favore delle predette parti civili, come da dispositivo.

Sulla contestazione dell ' illecito amministrativo

Sul punto, la richiesta di esclusione della responsabilità amministrativa della ditta, formulata dal Pm, deve essere accolta.

Nel caso di specie, i profili personali di colpa dei legali rappresentanti della ditta Edil (omissis) non si estendono alla società in questione, atteso che non paiono corrispondere a scelte aziendali di risparmio sui costi di impresa, né ad una intenzionale e sistematica violazione delle norme a presidio della salute e sicurezza dei lavoratori, quanto piuttosto ad una evidente e colposa sottovalutazione dei rischi derivanti dai lavori da effettuare in ambienti confinati.

Si impone, dunque, la formula di cui al dispositivo.

P.Q.M.

(17)

Visti gli artt. 533 e 535 c.p.p., dichiara

(omissis) colpevole del reato a lui ascritto, commesso in danno di (omissis) e lo (omissis)

condanna

alla pena di euro 2.000,00 di multa, oltre che al pagamento delle spese processuali,

dichiara

(omissis) colpevole del reato a lui ascritto, commesso in danno di (omissis) e lo (omissis)

condanna

alla pena di euro 3.000,00 di multa, oltre che al pagamento delle spese processuali

dichiara

(omissis) colpevole del reato a lui ascritto, commesso in danno di (omissis) e lo (omissis)

condanna

alla pena di euro 2.500,00 di multa, oltre che al pagamento delle spese processuali.

Visto l'art. 163 c.p.

Ordina che la suddetta pena sia sospesa per tutti gli imputati nei termini e alle condizioni di legge.

Visto l'art. 175 c.p.

Dispone la non menzione della condanna per tutti gli imputati nel certificato del casellario spedito a richiesta di privati.

Visto l'art. 539 c.p.p.

condanna

(18)

gli imputati al risarcimento dei danni patrimoniali patiti dalla Parte Civile costituita, INAIL, quanto a (omissis) limitatamente all'infortunio in danno di (omissis) a liquidarsi in separata sede, oltre al pagamento delle spese di costituzione e rappresentanza della medesima Parte Civile, che si liquidano in complessivi euro 1.500,00 oltre agli accessori di legge;

condanna

(omissis) al risarcimento dei danni in favore della parte civile costituita (omissis) da liquidarsi in separata sede, nonché al pagamento di una provvisionale immediatamente esecutiva, che liquida in complessivi euro 10.000,00, oltre che al pagamento delle spese di costituzione e rappresentanza della medesima Parte Civile, che si liquidano nella somma di euro 1.500,00 oltre agli accessori di legge.

Visto l'art. 530 c.p.p.

assolve

(omissis) dal reato a lui ascritto, commesso in danno di (omissis) perché il fatto non costituisce reato.

Visto l'art. 66 Dlvo n. 231 del 2001,

dichiara che l'illecito amministrativo contestato in danno della ditta Edil (omissis) sas di (omissis) non sussiste.

Alla redazione dei motivi si provvederà, sussistendo le condizioni di cui al comma 3 dell'art. 544 c.p.p. entro il termine di giorni 90.

Così deciso in Firenze, il 21 febbraio 2018

La motivazione è stata redatta con la collaborazione della dott. Maria Giovanna Bernardo e della dott.ssa Elena Giunti, in tirocinio presso questo Ufficio.

centr7718 CENTRO SERVIZI BIBLIOTECARI

© Copyright Giuffrè Francis Lefebvre S.p.A.

2018 16/12/2018

Riferimenti

Documenti correlati

VISTA la delibera dell’Amministratore Unico p.t. 23, adottata in data 01.04.2020, con la quale sono stati conferiti gli incarichi dirigenziali, previa parziale modifica

• di approvare il primo elenco delle imprese che hanno confermato l’iscrizione risultando ammesse ai Progetti Integrati di Filiera per l’anno 2018 e gli

Nello specifico caso dell'adesione del difensore alla astensione dalle udienze proclamata dagli organi di rappresentanza della categoria forense - che pur non concerne un

di rispondere ai quesiti di cui in premessa affermando che: 1) il presidente del Tribunale ha facoltà di rendere pubblici anche i dati relativi agli acconti ed ai compensi conferiti

autori - Davide Montin, Agostina Marolda, Francesco Licciardi, Francesca Robasto, Silvia Di Cesare, Emanuela Ricotti, Francesca Ferro, Giacomo Scaioli, Carmela

Gas: tipologia: sottotraccia, alimentazione: metano, rete di distribuzione: non rilevabile, condizioni: non rilevabile, conformità: rispettoso delle vigenti normative

dal 04.02.1977 Iscritto all'Ordine degli Ingegneri della Provincia di Venezia al n. Vito Saccarola che se ne riserva tutti i diritti di legge.. file: CuITEU_2019.pdf - Rcv..

18 della suddetta legge professionale prevede l’incompatibilità dell’iscrizione all’Albo (e quindi ne impedisce anche la permanenza) con qualsiasi altra attività